Sociologia del Cambiamento nell’Era Digitale Dispensa PDF

Summary

This document is a sociology study guide about social change in the digital era exploring topics such as social interaction, sociological methods, and related disciplines. Topics discussed include the basics of sociology, the sociological method, the role of social facts, and various related social disciplines: anthropology, ethnology, demographics, economics, psychology, psychoanalysis, statistics, and history.

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Sociologia del Cambiamento nell’Era Digitale 25/09/2024 - lezione 1 La Sociologia, la Società e i Metodi di Ricerca Introduzione La nostra vita quotidiana è fatta di interazioni sociali basate su regole, convenzioni e abitudini condivise. Quando ci relazioniamo con gli altri, cerchiamo di adattarci...

Sociologia del Cambiamento nell’Era Digitale 25/09/2024 - lezione 1 La Sociologia, la Società e i Metodi di Ricerca Introduzione La nostra vita quotidiana è fatta di interazioni sociali basate su regole, convenzioni e abitudini condivise. Quando ci relazioniamo con gli altri, cerchiamo di adattarci ai ruoli richiesti dalla circostanza usando ciò che abbiamo imparato attraverso la socializzazione. La realtà sociale ci sembra familiare, quindi non ci poniamo troppe domande, tuttavia, capiamo che questi modelli sono culturalmente definiti e non universali. Riconosciamo che il nostro è solo uno dei tanti mondi possibili, determinato culturalmente, simbolicamente e semioticamente. La riflessione sociologica inizia con domande sulle nostre e altre società: per comprendere la nostra, dobbiamo guardare al passato, capire l'evoluzione dei nostri codici morali e considerare che la nostra realtà sociale è il risultato delle nostre azioni e di quelle di chi ci ha preceduto. La Sociologia come Scienza La sociologia è la scienza che studia la società. Il termine fu creato da Auguste Comte e deriva dal latino “sociare” (unire) e dal greco “logos” (pensiero, ragione, scienza). La sociologia nacque nella prima metà dell’800, un periodo segnato dalla rivoluzione industriale e dalla sfiducia nel metodo scientifico. Comte, padre del Positivismo, credeva che la sociologia potesse migliorare la qualità della vita studiando scientificamente il progresso umano e sociale. A differenza di filosofi come Platone, Aristotele, Hobbes e Rousseau, che immaginavano società ideali, la sociologia di Comte si concentra sullo studio delle società reali. Comte vedeva la sociologia come una scienza sintetica, simile alla matematica, e, in quanto tale, priva di giudizi morali. Un esempio del metodo scientifico dell’epoca è Sherlock Holmes, il detective creato da Conan Doyle, che applicava lo stesso metodo di indagine a diversi campi di studio. Il fatto sociale Secondo Emile Durkheim, che si è formato nella scuola positivista di Comte, il sociologo deve analizzare la società come farebbe Sherlock Holmes: determinando correttamente i fatti da studiare. Ma quali sono questi fatti sociali? Durkheim afferma che un fatto sociale comprende tutti i processi che attraversano la società e che hanno un interesse sociale; in pratica, qualsiasi evento umano può essere considerato sociale. I fatti sociali sono esterni all'individuo e hanno una forza imperativa e coercitiva che si impone indipendentemente dalla volontà del singolo. Ad esempio, l'educazione impone al bambino modi di vivere, sentire e agire che non adotterebbe spontaneamente. Fin dai primi anni, il bambino è obbligato a comportarsi con decoro, calma e obbedienza. Più tardi, viene indotto a rispettare gli altri e le convenzioni sociali. Col tempo, questa costrizione diventa un'abitudine: l'abitudine collettiva si esprime in formule trasmesse attraverso l'educazione e fissate per iscritto. In sintesi, secondo Durkheim, il fatto sociale è tutto ciò che nella società è esterno all'individuo, come la famiglia, l'istruzione, la lingua, i costumi, il diritto, la moda, le organizzazioni religiose, e così via. Questi fatti possono essere analizzati oggettivamente e non sono riconducibili a fenomeni psicologici, biologici o fisici, ma costituiscono una realtà autonoma e distinta. Le discipline affini Il soggetto di studio della sociologia è l’essere umano. Questa non è una disciplina unica perché può avere diversi oggetti e usare metodi diversi (questionari, interviste, documenti storici, dati statistici, osservazioni partecipanti, ecc.). - antropologia → studia le diverse realtà umane (primitive) nel tempo e nello spazio. Bronislaw Malinowski, nelle isole Trobriand, scrisse "Gli argonauti del Pacifico occidentale", spiegando l'antropologia, il suo metodo e il suo oggetto. L'antropologia si divide in culturale, sociale e fisica. Cesare Lombroso applicò l'antropologia per studiare i criminali. - etnologia → legata all'antropologia, compara culture e società. Claude Lévi-Strauss ne è un importante esponente. L'etnografia supporta l'etnologia osservando e analizzando gruppi umani per fornire dati comparativi. - demografia → si concentra sui dati quantitativi della popolazione (immigrazione, natalità…) - economia → studia produzione, distribuzione e consumo di beni e ricchezze. Economia e sociologia possono studiare gli stessi argomenti, ma da prospettive diverse. Ad esempio, l'economista analizza il tasso di disoccupazione, mentre il sociologo indaga cause e conseguenze sociali dovute ad essa. - psicologia → studia i meccanismi che portano all'azione, analizzando la condotta degli individui; la sociologia si occupa delle conseguenze sociali di queste azioni. La psicologia sociale combina elementi di psicologia e sociologia. Ad esempio, Theodor W. Adorno studiò la personalità autoritaria, mostrando che il razzismo deriva da atteggiamenti autoritari in famiglia. - psicoanalisi → fondata da Sigmund Freud, il quale ha dimostrato che agiamo mossi da spinte inconsce. La psicoanalisi comprende tre aspetti: analisi dei processi mentali inconsci, psicoterapia basata su questa analisi, e teorie sul funzionamento psichico dell'individuo. - statistica → usata per raccogliere dati utili alla ricerca sociale. - storia → rappresenta la memoria organizzata dell'umanità. È importante studiare sia le strutture sociali storiche che quelle contemporanee. La storia e la sociologia sono simili perché entrambe studiano il passato, ma lo storico si concentra su un'epoca specifica e sull'unicità degli eventi, mentre il sociologo studia i meccanismi ricorrenti dietro gli eventi. Altre discipline che la sociologia utilizza includono diritto (è limitante nella sua regolazione delle azioni umane), ecologia, etica, filosofia, semiotica, linguistica e biologia. Microsociologia e Macrosociologia La sociologia si divide in due grandi filoni: - microsociologia → studia le relazioni interpersonali, le dinamiche dei piccoli gruppi e le interazioni tra membri di un’organizzazione. Analizza aspetti della vita associata non legati alle strutture principali della società. Segue la prospettiva di Max Weber, che considera le azioni degli individui e le loro interazioni come elementi che determinano e modificano la struttura sociale. Studiosi noti: Goffman, Simmel, Homans (teoria di scambio), Garfinkel (etnometodologia), Blumer (interazionismo simbolico → agire e interpretare la realtà attraverso simboli). - macrosociologia → analizza l’intera società o le sue strutture principali come politica, economia, stato, stratificazione sociale, religione, famiglia e istruzione. Costruisce teorie generali sulla società e spiega il cambiamento sociale. Segue la scia di Durkheim, analizzando le strutture sociali come autonome dalle azioni dei singoli, ma influenzate da queste strutture. Principali tendenze: funzionalismo e teorie del conflitto. Microsociologia → interazione fra soggetti ↓ Dimensione Meso → aggregazioni di interazioni fra soggetti ↓ Macrosociologia → interazione fra le precedenti aggregazioni Il Sociologo, come capire la società? Il sociologo è una persona appassionata dei comportamenti umani: studia dove le persone si incontrano, le loro istituzioni, la storia e le passioni. Non cerca il significato ultimo delle azioni umane, ma osserva le azioni come esempi della varietà del comportamento umano. In base all’oggetto di indagine, il sociologo ha a disposizione diversi strumenti e metodologie per analizzare l’imminente piccolo (le persone) o l’imminente grande (la struttura sociale). Il sociologo deve essere spinto da: - curiosità sociologica guardare l’abituale come insolito, scoprire ciò che è nascosto, guardare le altre culture dall’interno e la priorità dell’esterno. - immaginazione sociologica interpretazione, chiedersi il perché di certi fenomeni. Secondo Charles Mills, l’immaginazione sociologica aiuta a capire perché le persone si formano idee errate sulla loro posizione sociale. Essa collega il disagio personale a problemi più ampi della società, trasformando l’indifferenza pubblica in interesse per questioni sociali. Ogni individuo vive in una società che contribuisce a formare, e la sua biografia si intreccia con la storia e le istituzioni. Bere un Caffè Bere un caffè, a livello funzionale, non è solo un gesto per idratarsi: - ha un significato simbolico, sociale ed economico; - è legato ai rituali quotidiani e spesso il rito di bere un caffè è più importante della bevanda stessa, diventando un momento di incontro e interazione sociale; - la caffeina ha un effetto stimolante, tanto che in alcune culture il caffè è considerato una “droga socialmente accettabile”, simile all’alcol; - il caffè è un prodotto globalizzato, coltivato nei paesi poveri ma consumato prevalentemente nei paesi ricchi, con un forte impatto economico e sociale. Non si tratta quindi solo di soddisfare un bisogno fisiologico: dietro le nostre azioni ci sono altre motivazioni e circostanze, come norme sociali, abitudini culturali, o l’interazione con altre persone. A livello microsociologico, la nostra percezione della realtà è selettiva: in una città, ad esempio, alcune cose attirano la nostra attenzione mentre altre passano inosservate. Questo riflette come la nostra esperienza del mondo sia influenzata da ciò che ci colpisce e da quello che ignoriamo. La società (microsociologia) La realtà è indubbiamente fatta di persone, che sono fondamentali, ma solo perché vivono all’interno di una determinata società. Da dove bisogna iniziare l’analisi, quindi? Prima occorre studiare le persone, ma successivamente anche il contesto in cui vivono. Se le persone sono plasmate dai processi di socializzazione della società, allora è necessario analizzare prima la struttura sociale. L’obiettivo rimane lo stesso: comprendere l’essere sociale, che si scelga di partire dall’individuo o dalla struttura. Costellazioni → Simmel parte da una domanda di fondo: “Com'è possibile la società?" e la affronta a livello microsociologico, studiando le relazioni tra gli "atomi sociali" e fenomeni come i sensi, la moda, la vergogna e la gratitudine. Nel suo excursus "Com'è possibile la società", Simmel distingue tre a priori sociologici: 1. Interazione tra l'ego e l'altro: la società si forma attraverso l'interazione tra individui basata su aspettative legate ai ruoli. 2. Individuo e ruolo: l'individuo non si esaurisce nei ruoli che svolge nella società. 3. Stratificazione sociale: ogni individuo, per le sue peculiarità appare destinato a un determinato posto nel sistema sociale. Secondo Simmel, le stelle e le costellazioni fisiche sono proiezioni della nostra cultura, che crea realtà sociali basate sulle esigenze di armonia logica. La società, secondo lui, non esiste di per sé, ma è un insieme di individui concreti, e come osserviamo questi individui dipende dal punto di vista che adottiamo: la realtà oggettiva appare mutabile e cambia a seconda delle prospettive adottate. La sua sociologia inoltre viene descritta come una "sociologia della crisi”, in grado di analizzare una società in crisi di certezze e valori. Configurazioni di danza → Viene introdotta l’immagine della “configurazione” sociale attraverso l’esempio di una danza collettiva. L’idea, sviluppata da Norbert Elias, sostiene che la società non è un’astrazione, ma una rete di interdipendenze tra individui. Questa configurazione può essere rappresentata attraverso le danze sociali, in cui gli individui sono interdipendenti, proprio come nella società: non esiste una danza senza la pluralità di individui che agiscono insieme (non ci sono limiti di libertà). Reti → Un altro strumento della microsociologia per spiegare le relazioni sociali è il modello delle reti: ogni persona conosce altre persone e mantiene con loro legami di varia intensità, durata e frequenza. Le reti possono essere a maglia larga o stretta, a seconda della vicinanza tra le persone (una persona in un piccolo paese probabilmente ha reti più strette, dove le persone che conosce si conoscono tra loro). La ricerca sociologica La ricerca si avvia spesso di un’idea per indagare le cause di un evento o comportamento, formulando ipotesi di lavoro verificate empiricamente. Gli elementi analizzati sono: - fatti: osservazioni verificabili che portano alla ridefinizione delle teorie; - teoria: analisi sistematica delle relazioni tra fatti; - concetti: strumenti per collegare fenomeni verificabili empiricamente. I metodi I metodi di una ricerca possono essere quantitativi e qualitativi: la distinzione tra questi metodi si basa sulla portata del campione e sugli strumenti usati: come le statistiche per i quantitativi e i valori per i qualitativi, spesso con gruppi ristretti. - qualitativo: quando il ricercatore non ha o non può avere una conoscenza preliminare del fenomeno indagato (indagine esplorativa: non si vuole fare una esplorazione scientifica o matematica, l’obiettivo è comprendere il fenomeno, non spiegarlo). Il termine “qualitativo” fa riferimento alla forma con cui sono espressi i risultati, impossibili da rappresentare con dati numerici o relazioni quantitative fra variabili; - quantitativo: si basa su misurazioni oggettive, su dati numerici e su metodi statistici: l’obiettivo è spiegare il fenomeno, trovando relazioni causa-effetto o associazioni tra variabili. Molto spesso si assiste ad un’integrazione tra i due approcci, al fine di fornire una visione completa senza perderne la scientificità. A questi si aggiunge anche un approccio biografico: questo ricostruisce percorsi personali e storici di individui o gruppi, verificando relazioni e eventi specifici. Gli strumenti più spesso utilizzati per raccogliere informazioni sono interviste e questionari: le interviste permettono maggior approfondimento, mentre i questionari sono più standardizzati. Analisi dei documenti Si tratta di un metodo qualitativo che, come fa lo storico, studia documenti che forniscono prove oggettive e recuperabili attraverso altri strumenti. - Un esempio di analisi dei documenti è lo studio di William Thomas e Florian Znaniecki su 754 lettere scambiate tra emigranti polacchi in America e le loro famiglie in patria. Attraverso queste lettere, i ricercatori hanno analizzato i cambiamenti sociali nei paesi di origine e l’organizzazione interna dei gruppi di immigrati negli Stati Uniti. - Un altro esempio è quello di Bernard Cousin, che nel 1979 ha esaminato tavolette votive (ex voto) donate a un santuario. Analizzando gli elementi delle figure rappresentate, Cousin ha mostrato come si sia evoluto il rapporto con il sacro. Oggi, oltre ai documenti tradizionali come libri e leggi, vengono studiati anche materiali moderni come pubblicità, audio, video e contenuti di Internet. Osservazione partecipante Utilizzata da antropologi ed etnologi, prevede l’inserimento del ricercatore nel gruppo da studiare per osservare il comportamento quotidiano degli individui senza influenzarli troppo. Il ricercatore può rivelare il suo ruolo, generando reazioni legate alla sua presenza, oppure assumere un’identità fittizia per rilevare dati più spontanei, ma diventando parte attiva del gruppo. Un esempio di interferenza dell’osservatore è l’effetto Hawthorne, osservato da Elton Mayo nel 1927. Durante uno studio sulla relazione tra illuminazione e produttività nelle fabbriche di Hawthorne, si scoprì che la produttività aumentava nonostante la riduzione della luce, a causa dell’attenzione ricevuta dalle operaie. Questo evidenziò l’importanza dei fattori psicologici, portando alla nascita del movimento delle Human Relations, che valorizza la comunicazione e la soddisfazione lavorativa per aumentare la produttività. Tuttavia, oggi l’uso dell’osservatore in incognito è limitato dai codici etici che proteggono la privacy. Esperimento L’esperimento di laboratorio ha avuto grande importanza, in particolare in psicologia, perché permette di controllare le variabili da analizzare. Tuttavia, il suo uso è stato ridotto a causa di preoccupazioni etiche sull’impiego di persone come cavie. Esempi rilevanti sono gli esperimenti di Stanley Milgram, che studiò l’obbedienza all’autorità, e di Philip Zimbardo, che indagò l’influenza dell’ambiente sul comportamento umano. Serendipity Il termine “serendipity” indica l’influenza accidentale della ricerca empirica sulla teoria sociologica. Deriva da una fiaba di Ceylon, e descrive quelle scoperte scientifiche casuali, come la famosa storia della mela di Newton che portò alla formulazione delle leggi della gravità. Profezie autoverificatesi Per il sociologo, non è importante solo ciò che le persone fanno in una società, ma anche come percepiscono la realtà. Secondo William Thomas, se una situazione viene considerata reale, le sue conseguenze saranno reali. Ad esempio, basta creare fiducia in una persona o progetto affinché questi abbiano successo, e al contrario, ansia e paura collettiva possono influenzare le azioni umane. Robert Merton ha evidenziato il concetto di “profezia che si autoverifica”, dove un’ipotesi errata o un pregiudizio possono concretizzarsi proprio perché creduti veri. Un esempio è l’episodio del 1932, in cui una banca americana, nonostante fosse in buona salute, subì una crisi perché i clienti, spinti da una voce infondata, prelevarono i loro soldi, portando la banca realmente in difficoltà. Circoli viziosi Il circolo vizioso descritto da Gunnar Myrdal nel suo studio “An American Dilemma” riguarda il legame tra pregiudizi razziali e povertà degli afroamericani. Myrdal spiega che il pregiudizio dei bianchi mantiene gli afroamericani in una condizione di inferiorità, che a sua volta rafforza il pregiudizio. Questo ciclo si autoalimenta: cambiamenti positivi in uno dei due fattori, come l’istruzione o il lavoro, potrebbero interromperlo migliorando la vita degli afroamericani. Un esempio opposto è l’“effetto Pigmalione”, dove le aspettative degli insegnanti influenzano le performance degli studenti. In un esperimento, un gruppo di bambini scelti casualmente fu descritto agli insegnanti come particolarmente intelligenti, e l’anno seguente quei bambini ottennero effettivamente risultati migliori. Jane Elliott ha dimostrato che il rendimento degli studenti è legato al rispetto che ricevono, e l’effetto Pigmalione si manifesta anche in ambito lavorativo, influenzando le relazioni tra capi e dipendenti. Relazioni casuali La sociologia, sebbene nelle intenzioni dei suoi fondatori come Durkheim dovesse essere una scienza esatta, incontra difficoltà nel verificare oggettivamente le relazioni di causa-effetto tra fenomeni sociali. A volte ciò che sembra essere la causa di un fenomeno può invece esserne l’effetto, oppure può intervenire un terzo fattore non previsto. Un esempio è il caso delle cicogne e dei bambini: si notava che ogni volta che nasceva un bambino, una cicogna si appollaiava sul tetto. In realtà, la correlazione era dovuta al fatto che, con la nascita di un bambino, si accendeva più spesso il camino, e le cicogne cercavano calore. Non era un rapporto di causa-effetto, ma solo una correlazione. 25/09/2024 - lezione 2 Caso: Leggere la Società, Il Sole 24Ore Durante la discussione del caso abbiamo analizzato l’mportanza delle indagini di mercato e la comunicazione aziendale, trattando vari aspetti della raccolta e analisi dei dati, oltre a strategie di comunicazione e misurazione delle campagne. Indagini di Mercato Le indagini di mercato sono fondamentali per permettere alle aziende di prendere decisioni informate, migliorare i propri prodotti o servizi e sviluppare strategie di comunicazione efficaci. Esistono due principali approcci alla ricerca: - Ricerca quantitativa: raccoglie dati numerici per analisi statistiche, utile per ottenere informazioni precise e verificabili. - Ricerca qualitativa: esplora argomenti nuovi e cerca di comprendere fenomeni complessi tramite dati descrittivi, come interviste o osservazioni. Strumenti di Raccolta Dati Le principali tecniche di raccolta dati sono: - Sondaggi: usati per ottenere informazioni da un campione di persone tramite questionari. - Interviste: utili per raccogliere informazioni attraverso domande, in maniera strutturata o meno. - Gruppi di discussione: coinvolgono più persone per ottenere opinioni approfondite su un argomento. - Analisi dei social media: osserva e analizza l’attività degli utenti sui social, utile per comprendere percezioni e tendenze. Analisi dei Dati Dopo la raccolta, i dati numerici vengono analizzati con software statistici per ottenere informazioni utili. Per i dati qualitativi, si applicano tecniche specifiche di interpretazione per cogliere opinioni e comportamenti. Strategie di Comunicazione Un efficace piano di comunicazione di mercato include: - Messaggi pubblicitari che riflettano correttamente l’immagine del marchio. - Canali di comunicazione adeguati al target, come pubblicità, relazioni pubbliche e marketing diretto. - Pubblico di destinazione, identificato tramite ricerche di mercato. Canali Comunicativi Tra i canali comunicativi principali troviamo: - Pubblicità: utilizza messaggi a pagamento per raggiungere il pubblico. - Relazioni pubbliche: gestisce l’immagine dell’azienda attraverso il dialogo con media e pubblico. - Marketing diretto: invia comunicazioni personalizzate, come email o SMS, direttamente ai clienti. Misurazione delle Campagne L’efficacia delle campagne viene valutata attraverso l’analisi delle vendite e le risposte dei clienti. Il monitoraggio di queste risposte può avvenire tramite sondaggi o l’analisi delle interazioni sui social media. Come Condurre un’Intervista Il documento offre una guida pratica su come preparare ed effettuare un’intervista: - Preparazione: informarsi sull’intervistato e creare una scaletta di domande concise. - Esecuzione: creare empatia, iniziare con domande semplici e ascoltare attentamente per poter improvvisare nuove domande. Made in Italy Summit Infine, sono presentati interventi di esperti al Made in Italy Summit, con temi come l’importanza dei giovani per il futuro dell’Italia, le competenze nell’era dell’intelligenza artificiale e il percorso per diventare giovani imprenditori. 26/09/2024 - lezione 3 La vita è una rappresentazione teatrale La società come teatro Erving Goffman, nella sua teoria drammaturgica, descrive la società come un teatro. In quest’ottica, uomini e donne recitano delle parti, esattamente come fanno gli attori. La sua opera più famosa, “La vita quotidiana come rappresentazione” (1956), è una riflessione su come le persone interagiscono nella vita quotidiana, assumendo dei “ruoli” sociali. Questi “attori” sono contemporaneamente sia pubblico che attori, a seconda delle situazioni in cui si trovano. Goffman introduce anche il concetto di persona, che deriva dal termine latino maschera, come quella indossata dagli attori greci: nella vita sociale, ogni persona indossa una “maschera sociale” che cambia a seconda del contesto e delle aspettative degli altri. Goffman ha ricevuto critiche riguardo la sua opera, soprattutto perché utilizza esempi letterari in modo irriverente, e alle quali non ha mai esplicitamente risposto. Tuttavia, il suo contributo principale è stato quello di far luce sulle strutture dell’interazione sociale e di sottolineare l’importanza di studiare il comportamento sociale. Secondo Goffman, il mondo è un teatro in cui ogni individuo interpreta una parte nella “scena” della vita quotidiana, dando così forma alla propria identità. Ogni azione svolta in una situazione sociale può essere vista come una rappresentazione. Nell’interazione faccia a faccia, gli individui si influenzano a vicenda attraverso le proprie azioni e impressioni, cercando di presentarsi in modo efficace agli altri. In questo tipo di interazione, non si trasmette solo il messaggio verbale, ma anche quello non verbale, come i gesti e i comportamenti fisici. Al contrario, nel caso di una comunicazione telefonica o via messaggio, l’unico canale che può veicolare informazioni è la voce o il testo, perdendo quindi buona parte di quelle impressioni che possono essere colte di persona. Nei contatti scritti, come le email o le lettere, si perde quasi del tutto questa componente interattiva. Gli attori della vita quotidiana ripetono determinati comportamenti finché questi diventano una routine. Sebbene il termine “routine” sia spesso considerato in modo negativo, Goffman lo interpreta come qualcosa di positivo, in quanto offre sicurezza e rassicurazione. La facciata Goffman definisce la “facciata” come la parte della rappresentazione di un individuo che serve a definire la situazione per chi osserva. Questa facciata è composta da elementi espressivi che l’individuo usa volontariamente o involontariamente durante la propria interazione. Si divide in due parti principali: - l’ambientazione include l’arredamento, gli oggetti di scena, e tutto ciò che circonda l’azione; è solitamente stabile, e l’azione si svolge solo all’interno di certi spazi; - la facciata personale comprende caratteristiche fisiche e comportamentali dell’individuo, come aspetto, portamento, modo di parlare, espressioni facciali e gesti; alcuni elementi, come le caratteristiche fisiche, sono fissi; altri, come le espressioni del viso, sono variabili e dipendono dalla situazione. La facciata personale si può dividere ulteriormente in: - apparenza si riferisce agli elementi che indicano lo stato sociale o la condizione dell’individuo in un determinato momento; - maniera riguarda gli atteggiamenti e il modo in cui l’individuo si comporta, segnalando il ruolo che intende assumere. Goffman sottolinea che, nelle interazioni, è importante che non ci siano contraddizioni tra ambientazione, apparenza e maniera. Quando queste contraddizioni si manifestano, soprattutto in persone note, diventano oggetto di critica o derisione, alimentando curiosità o scandalo. Un esempio moderno è il modo in cui gli utenti sui social network costruiscono la propria “maschera sociale” usando filtri e modifiche alle immagini per offrire una rappresentazione idealizzata di sé. Parlando di rappresentazione sociale, più precisamente di ambientazione, Goffman al suo interno definisce un territorio: luogo con confini al di là dei quali la relazione tra attori e pubblico non viene percepita. Questo si distingue in: - ribalta luogo dove si svolge la rappresentazione pubblica, dove l’individuo segue norme di comportamento, come cortesia e decoro, per mantenere una buona immagine (esempio della commessa che deve mantenere un comportamento impeccabile anche quando non interagisce con i clienti); - retroscena , non è determinata da atteggiamenti: è il luogo dove l’individuo può rilassarsi, abbandonare la sua facciata e comportarsi in modo più informale: pensiamo allo smart working, dove si poteva lavorare non tendendo un decoro o maniere che si addicevano alla rappresentazione che si svolgeva. Goffman nota che in alcuni casi i confini tra ribalta e retroscena possono essere sfumati, ad esempio in ristoranti dove le cucine sono visibili al pubblico (mode orientali). Inoltre, territori come un ufficio possono essere sia ribalta (per l’arredamento che comunica lo status) sia retroscena (dove ci si comporta più informalmente con i colleghi). Le difficoltà possono sorgere quando si pensa di essere in un retroscena, ma in realtà si è osservati, come nei casi di pareti sottili che fanno trapelare i rumori tra abitazioni. Infine, alcuni spazi possono trasformarsi in retroscena temporanei, come gli assistenti di volo che si rilassano su sedili vuoti durante un volo o i camerieri che mangiano in un angolo del ristorante. Goffman introduce poi il concetto di équipe, ossia un gruppo di persone che collaborano per mettere in scena una rappresentazione. La fiducia e la solidarietà tra i membri dell’équipe sono fondamentali, poiché ciascuno può compromettere la rappresentazione con comportamenti inappropriati, ecco perché qui è importante il concetto di “segreto”: tutti devono mantenere una linea collettiva e coprire eventuali errori fino a quando il pubblico non è più presente. In ambienti autoritari, come nelle forze armate o nelle scuole, i superiori devono apparire sempre uniti di fronte ai sottoposti. Solo in privato, possono esprimere critiche o dissensi. I gruppi si comportano come équipe di attori, passando dal retroscena al palcoscenico per intrecciare relazioni e presentarsi al pubblico. Tuttavia, il pubblico può interpretare male gesti involontari, come inciampi o espressioni nervose, attribuendo significati imbarazzanti. Goffman sottolinea che il pubblico è generalmente disposto ad accettare la rappresentazione, ma può essere sospettoso, soprattutto quando l’apparenza può nascondere inganni. Gli attori rischiano di essere smascherati, con gravi conseguenze sulla loro reputazione. A volte, però, si tende a confondere i ruoli interpretati con la vera identità delle persone, come dimostrano esempi di individui che, pur non essendo chi sembrano, riescono a convincere gli altri grazie al contesto o agli oggetti che portano con sé. Rottura della Routine Alfred Schutz, uno dei principali esponenti della fenomenologia, analizza cosa accade quando si interrompe la routine quotidiana a seguito di un allontanamento dalla propria vita familiare e dal contesto abituale. Egli utilizza il mito di Ulisse per distinguere tra il reduce, colui che torna a casa, e lo straniero. A differenza dello straniero, il reduce, come Ulisse, dopo un iniziale smarrimento, riesce a riconoscere il proprio ambiente grazie alla memoria, e crede di possedere gli strumenti per reintegrarsi facilmente e riprendere il ruolo che occupava prima della partenza. Per Schutz, “tornare a casa” significa rientrare in un mondo familiare, dove le azioni seguono una routine organizzata fatta di tradizioni, abitudini, orari e istituzioni condivise. In questo contesto, ogni membro del gruppo è in grado di comprendere le azioni e le intenzioni degli altri, e anche le situazioni straordinarie sono affrontate secondo schemi prevedibili. "Essere a casa” implica anche il poter stabilire relazioni sociali immediate, basate sulla conoscenza reciproca e la condivisione di spazi e tempi comuni. Le espressioni facciali, i gesti e le azioni degli altri sono facilmente interpretabili, e questo consente un alto grado di comprensione e intimità. Tuttavia, per chi si allontana da casa, le cose cambiano. Lontano dall’ambiente familiare, i ricordi prendono il posto delle esperienze vive, e ciò porta a una perdita di intimità con le persone e con le cose lasciate indietro. Schutz sottolinea che, proprio a causa del cambiamento delle circostanze, nuove esperienze e valori emergono sia per chi è partito sia per chi è rimasto. Chi torna a casa spesso sperimenta una sorta di “nostalgia” e il desiderio di ristabilire l’antica intimità, ma questa non può essere pienamente recuperata. Nel frattempo, chi è rimasto si è adattato ai cambiamenti nel proprio ambiente, vivendo in modo diretto le trasformazioni, e quindi continua a dominare la vita quotidiana attraverso un sistema interpretativo che non si è mai interrotto. In particolare, Schutz evidenzia come chi ritorna da un’esperienza come quella della guerra affronti una dissonanza tra le proprie esperienze e quelle di chi è rimasto a casa. I concittadini non riescono a comprendere pienamente le sue esperienze e lui stesso mette in discussione le convenzioni e il senso comune che prima dava per scontati. Questo riflette l’irreversibilità del tempo interiore: le esperienze vissute cambiano il nostro modo di pensare e interpretare il mondo, e quando torniamo, anche se il contesto esterno appare lo stesso, ha per noi un nuovo significato. Schutz conclude che il reinserimento nella routine richiede un certo sforzo, poiché ogni assenza ci trasforma e modifica la nostra percezione del mondo, rendendo impossibile ritrovare esattamente ciò che abbiamo lasciato. Questo processo si manifesta non solo in contesti estremi come la guerra, ma anche in situazioni quotidiane come il ritorno da un viaggio o una vacanza, dove adottiamo temporaneamente nuovi stili di vita che influenzano il nostro modo di vedere la realtà al rientro. 02/10/2024 - lezione 4 Individuale, locale e globale Esiste la natura umana? L’idea di una “natura umana” universale è un errore perché ignora la diversità sociale e storica che è fondamentale per comprendere l’uomo. In realtà, sappiamo poco sull’essere umano e quel poco non riesce a eliminare del tutto il mistero che circonda la varietà umana, come mostrato dalla storia e dalle biografie. Nonostante ciò, come occidentali, ci avviciniamo allo studio di questa diversità con la nostra prospettiva. L’antropologa Ruth Benedict, nel suo libro “Modelli di cultura” del 1934, sostiene il relativismo culturale contro l’etnocentrismo occidentale, affermando che ogni cultura ha la sua dignità e non può essere classificata in modo gerarchico rispetto alle altre. Sottolinea che i costumi non sono solo comportamenti comuni e banali, ma rappresentano una varietà sorprendente e influenzano profondamente l’esperienza e il pensiero umano. Ogni individuo vede il mondo attraverso il filtro della sua cultura e tradizione, inclusi i concetti di verità e falsità. Benedict evidenzia inoltre che la storia personale di ciascuno è il risultato del modo in cui si adatta ai modelli della propria comunità. L’umanità ha sempre difeso la propria unicità, ma oggi si tende a difendere soprattutto la superiorità delle istituzioni e dei risultati della propria civiltà, in particolare quella occidentale, che si è diffusa globalmente spesso imponendo i suoi modelli come universali. Relativismo Culturale Il relativismo culturale riconosce che ogni cultura è valida e deve essere compresa nel suo contesto. - L’etnia è un concetto impreciso, non basato sulla biologia, che definisce una comunità con una cultura comune, spesso legata da lingua e storia, ma che può estendersi oltre i confini nazionali. - La nazione è una comunità unita da territorio, lingua, cultura, religione e interessi comuni, ma è un concetto più astratto rispetto allo Stato o al popolo. Il popolo, invece, è legato a caratteristiche più oggettive come lingua e tradizioni condivise. - La razza, secondo la biologia moderna, non ha basi scientifiche reali poiché le popolazioni umane si sono sempre mescolate geneticamente, senza confini chiusi tra i gruppi. Le merci superano i confini Ralph Linton dimostra quanto sia difficile separare nettamente le culture, usando come esempio la diffusione delle invenzioni. Le merci superano facilmente le barriere culturali e nazionali, persino in Paesi con ideologie ostili, e favoriscono il cambiamento sociale. Oggi, la produzione di beni come i jeans o l’iPhone coinvolge diversi Paesi sparsi in più continenti, dimostrando l’interconnessione globale. Le distanze non si misurano più in chilometri, ma in ore di trasporto, e ciò rende i consumatori sempre più simili in tutto il mondo, come si vede nella moda e nei prodotti tecnologici. Tuttavia, anche se la globalizzazione omologa i consumi, persistono differenze locali. Ad esempio, nel 2018, solo il 34% degli africani usava Internet, contro il 73% negli Stati Uniti e l’80% in Europa. Anche nelle città, sempre più simili per via dei grattacieli, si valorizzano elementi locali come le cabine rosse di Londra o i lampioni di Parigi. All’espansione dei fast-food si è risposto con movimenti come lo slow-food e mercatini a km zero. Lo stesso avviene con la musica: mentre le star mondiali dominano le classifiche, si valorizzano anche tradizioni locali come la pizzica o i Mamuthones sardi. Questo fenomeno viene chiamato “glocalizzazione”, ovvero la reazione alle forze globali attraverso il recupero delle identità locali. Invenzione e Globalizzazione Ralph Linton descrive come la vita quotidiana dell’americano medio sia piena di influenze straniere, spesso senza che egli se ne renda conto. Nonostante il patriottismo, molti oggetti e abitudini di uso comune provengono da altre culture. Per esempio, il pigiama ha origini indiane, il letto è di origine persiana, e i tessuti come il cotone e la seta vengono dall’Asia. Anche in bagno, i servizi igienici moderni derivano da invenzioni egiziane, romane e cinesi. La stessa cosa vale per gli abiti: il vestito attillato deriva dai nomadi asiatici, i bottoni dall’Europa preistorica, le scarpe dall’antico Egitto e la cravatta dai Croati del XVII secolo. Persino il cappello di feltro e l’ombrello hanno origini straniere. Linton usa questi esempi per mostrare come la globalizzazione e lo scambio culturale influenzino ogni aspetto della vita quotidiana, rendendo impossibile attribuire certi oggetti o pratiche a una sola cultura, dimostrando che l’identità culturale è sempre il risultato di molte influenze globali. Oggi siamo connessi a livello globale, abbiamo un livello di spettacolo equiparato nel mondo, come dimostra Netflix con il suo concetto di #netflixeverywhere, permettendoci di accedere a contenuti da diverse nazioni. La tecnologia ha infatti ridotto le distanze, rendendo la comunicazione quasi istantanea; tuttavia porta anche sfide, come i detriti spaziali che minacciano le missioni nello spazio, o ancora, con l’infrastruttura necessaria a supportare la connettività globale, come cavi sottomarini e altre tecnologie, abbiamo invaso e modificato gli ecosistemi marini. Anche la situazione politica internazionale sta cambiando con l’espansione del BRICS, un gruppo che include attualmente Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica e che sta accogliendo nuovi membri. Questo ampliamento offre a questi paesi maggiore influenza economica e politica a livello globale. L’Europa, di fronte a questo sviluppo, desidera avere un ruolo significativo nel panorama internazionale, cercando di far sentire la propria voce. Tuttavia, all’interno di queste grandi nazioni, ci sono ancora conflitti sociali e tensioni interne. Molti cittadini possono percepire la globalizzazione come una minaccia, piuttosto che un’opportunità. Questo può portare a sentimenti di diffidenza verso gli stranieri e a un desiderio di proteggere le proprie identità culturali, con conseguenti richieste di chiusura delle frontiere e politiche più nazionaliste. Mteriale integrativo obbligatorio: The Lewis Model Il Modello di Lewis, descritto nel libro When Cultures Collide (1999), classifica le culture in tre categorie principali: 1. Linear-active: Le persone di queste culture (come tedeschi, svizzeri e britannici) sono organizzate, pianificatrici e orientate al compito. Lavorano seguendo un ordine preciso e preferiscono la comunicazione diretta e razionale. 2. Multi-active: In queste culture (come italiane, spagnole e latinoamericane), le persone sono più flessibili, tendono a fare più cose contemporaneamente e danno priorità alle relazioni sociali. La comunicazione è emotiva e coinvolgente. 3. Reactive: Le culture reactive (come giapponese, cinese e coreana) privilegiano l’ascolto, la riflessione e l’armonia. La comunicazione è più rispettosa e diplomatica, evitando il conflitto diretto. Queste categorie descrivono diversi stili di gestione del tempo, lavoro e interazioni sociali. Anche se ogni cultura ha uno stile dominante, le persone possono manifestare tratti di più categorie a seconda del contesto lavorativo e professionale. Le personalità si affievoliscono in un continuum fino a raggiungere il polo successivo. Questo modello viene utilizzato durante i colloqui di lavoro. Si possono adattare i comportamenti e valorizzare le persone. —— Gruppi e tipi di immigrati Gruppi Primari - Disorganizzazione e Riorganizzazione William Thomas e Florian Znaniecki, nella loro ricerca “Il contadino polacco in Europa e in America”, analizzano l’impatto della migrazione sugli immigrati polacchi in America. Studiano i gruppi primari, considerati fondamentali per la vita sociale. Questi gruppi, presenti in tutte le società e classi sociali, rappresentano una struttura sociale spontanea che soddisfa la maggior parte degli interessi umani attraverso relazioni dirette. Anche se meno rilevanti nelle grandi città, i gruppi primari restano centrali nelle comunità rurali e in molte altre parti del mondo. La loro diminuzione nelle città è percepita come un effetto negativo dell’evoluzione sociale. Le comunità contadine polacche, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, erano chiuse e autosufficienti. I primi contatti con il mondo esterno portarono a una disorganizzazione interna, poiché le nuove influenze esterne generarono comportamenti e sentimenti che non potevano essere controllati dalle vecchie strutture sociali. Inizialmente, la comunità cercò di difendersi rafforzando le regole tradizionali, ma questa strategia si dimostrò inefficace man mano che i contatti esterni aumentavano. Dopo la migrazione, gli studiosi analizzarono i processi di riorganizzazione sociale che emergevano tra i polacchi emigrati, utilizzando diverse fonti, tra cui lettere tra emigrati e i loro familiari rimasti in patria. Caratteri e tipi di Immigrati William I. Thomas, studiando gli immigrati negli Stati Uniti, sviluppa una tipologia basata sulla “definizione della situazione” da parte dei diversi gruppi. Propone sei tipi di immigrati, ognuno dei quali porta con sé una combinazione di desideri che definisce il loro carattere. Questo carattere è influenzato sia da qualità innate che dalle esperienze e influenze sociali. Thomas sottolinea che i gruppi immigrati non sono omogenei: ad esempio, un intellettuale di un gruppo potrebbe avere più in comune con un intellettuale di un altro gruppo che con i membri del proprio. Differenze profonde, come quelle tra un polacco intellettuale e uno contadino, indicano che non si può caratterizzare un gruppo in blocco. La ricerca evidenzia quindi la varietà di atteggiamenti individuali e collettivi tra gli immigrati: 1. Colono stabile: lascia il paese d’origine a causa di una crisi economica o sociale. Emigra per “assicurarsi da vivere” e decide di fare dell’America la sua nuova patria, specialmente se i valori del paese di origine sono simili a quelli americani. 2. Colono temporaneo: rimane fedele al paese d’origine, considerandolo sempre la sua vera patria. Esempi sono inglesi, tedeschi e francesi che, pur vivendo in America, mantengono i valori della loro nazione. 3. Idealista politico: appartiene a nazionalità europee oppresse. Vede l’America come un luogo per sostenere la causa nazionale, mantenendo una lealtà assoluta alla patria d’origine. 4. “Tutto va bene”: si adatta opportunisticamente alla società americana, accettandone le regole ma rinunciando agli ideali della propria comunità nazionale e familiare. 5. Cafone: isolato e disinteressato sia alla comunità d’origine che alla società americana, non cerca integrazione ed è spesso disprezzato dai connazionali. 6. Intellettuale: si adatta con difficoltà alla società americana, ma può contribuire alla cultura del paese grazie alla sua educazione superiore (“fuga di cervelli”). Thomas mostra come queste differenze di atteggiamento siano riscontrabili anche oggi, con generazioni successive che affrontano l’integrazione in modi diversi. L’immigrazione verso un sogno Negli anni ‘50, in Italia, si verifica una grande migrazione interna dalle campagne alle città, e dal Sud al Nord. Francesco Alberoni osserva che questa nuova ondata migratoria è diversa dalle precedenti: le persone non fuggono dalla fame, ma sono attratte dalle opportunità di benessere e futuro. Questi migranti non rimpiangono la loro terra, ma arrivano con sogni e speranze, cercando di integrarsi nella nuova vita urbana. Sanno già cosa li aspetta, sono già “socializzati in modo anticipatorio". A differenza di altre comunità come i cinesi (“Chinatown”) o gli italiani (“Little Italy)” all’estero, non formano quartieri separati ma cercano di imitare chi è già integrato. Alberoni sottolinea che l’integrazione diventa più difficile quando ci sono grandi differenze culturali tra il luogo d’origine e quello di arrivo. Le differenze culturali possono causare ostacoli da entrambe le parti, e l’immigrato può scegliere di adattarsi completamente o ritirarsi nel proprio gruppo. Il processo di integrazione dipende anche da come la società ospitante accoglie i nuovi arrivati: diffidenza reciproca e pregiudizi possono alimentare tensioni. Alberoni crede che l’integrazione debba essere uno scambio reciproco di esperienze, arricchendo sia l’immigrato che la comunità ospitante. Rapporti sociali Nelle società in trasformazione, gli individui stabiliscono due tipi di rapporti: - primari, cioè legami affettivi e stabili con persone vicine; - secondari, basati su relazioni più impersonali e funzionali. Alberoni osserva che l’immigrato, proveniente da una società stazionaria, ha difficoltà a capire e adattarsi ai rapporti secondari della nuova società. Si sente spesso etichettato con termini freddi come “signor Rossi” o “terrone”, invece di essere riconosciuto come individuo unico. Questo crea un bisogno di legami primari e vicinanza, a volte cercati nella religione. La difficoltà a inserirsi nei rapporti sociali secondari porta alla nascita di leader di transizione, come i boss tra gli italiani in America, facilitando fenomeni come il clientelismo e il nepotismo. Integrazione Negli anni ‘60 si sviluppano studi sull’integrazione, che viene vista come uno scambio reciproco tra immigrati e società ospitante. Il processo di acculturazione avviene quando una persona o un gruppo adotta elementi di una nuova cultura, abbandonando parte della propria, volontariamente o per costrizione. L’adattamento si riferisce alle modifiche per trovare equilibrio con l’ambiente, mentre il consenso riguarda la condivisione di valori e credenze comuni, essenziale per sociale, come teorizzato da Durkheim. L’integrazione è definita come la capacità di coordinare azioni mantenendo i conflitti a un livello tollerabile. Diverse teorie spiegano come si realizza: attraverso l’interiorizzazione di valori morali tramite l’educazione, come afferma Pareto, o come un accordo per trarne vantaggi. I marxisti vedono l’integrazione come imposta dall’esterno, mentre Durkheim distingue tra solidarietà meccanica nelle società primitive e organica nelle società moderne, basata sull’interdipendenza creata dalla divisione del lavoro. Infine, la teoria dello scambio considera l’integrazione come risultato di scambi di beni e cultura tra individui o gruppi. Mutamenti sociali Dopo la prima ondata migratoria, nel 1963 si avviano nuovi processi che rallenteranno l’integrazione. I nuovi immigrati, meno motivati e qualificati rispetto ai primi, seguono strade già battute e sono più vulnerabili. Questo influisce anche sulla comunità ospitante: quando troppi immigrati si stabiliscono in un quartiere, i vecchi residenti se ne vanno, creando un ambiente di transizione senza valori stabili. I movimenti sociali degli anni ‘60 e “l'autunno caldo” operaio sono in parte conseguenza del clima sociale generato dall’immigrazione nelle città. ——— Le metropoli e i cittadini Per spiegare il nostro ambiente di vita dobbiamo partire dalla casa: centro del nostro vissuto. Oltre all’abitazione c’è lo stabile, con il quale abbiamo un rapporto ambivalente: questo è percepito o come il prolungamento della nostra abitazione, oppure come qualcosa di negativo (da vandalizzrae). C’è poi l’isolato: lo sentiamo ancora parte di noi. Oltre a questo, c’è il quartiere: questo ci caratterizza. Alcuni sociologi distinguono gli abitanti delle città da quelli dei villaggi, sottolineando le caratteristiche uniche della vita urbana. Max Weber afferma che “l’aria di città rende liberi”, mentre Georg Simmel, nel suo saggio “La metropoli e la vita dello spirito”, descrive le città come il luogo dello straniero e dell’individuo sradicato, ma libero, esposto a rischi e stimoli unici. La vita urbana sviluppa una personalità “metropolitana”, caratterizzata da esperienze sociali complesse e un’interdipendenza basata sull’economia monetaria, che porta a relazioni più fredde e calcolate rispetto ai legami affettivi dei villaggi. La puntualità, l’esattezza e la calcolabilità sono essenziali nella vita urbana per evitare il caos, poiché la città richiede una struttura precisa per funzionare. Inoltre, le metropoli, grazie alla loro grandezza e complessità, sono luoghi di cosmopolitismo e crescita continua, con relazioni economiche e sociali che si espandono oltre i loro confini fisici, dando loro peso e responsabilità. In questo modo, una città esiste non solo nello spazio che occupa, ma negli effetti che si propagano nel tempo e nello spazio. Le relazioni sociali in città Aristotele, nella Politica, osservava che un aumento eccessivo del numero di abitanti avrebbe influenzato le relazioni sociali e il carattere della città. Un numero elevato di abitanti porta a una maggiore varietà di personalità, occupazioni e idee rispetto alla campagna, ma comporta anche una diminuzione dei legami personali e affettivi. Invece di relazioni basate su parentela e vicinato, come nei villaggi, nelle città i rapporti diventano più impersonali, superficiali e frammentati. Questo porta a una crescente dipendenza da meccanismi di competizione e controllo formale, piuttosto che da legami di solidarietà. Louis Wirth, nel 1938, definì la città come un insediamento ampio, denso e socialmente eterogeneo. Con l’aumento degli abitanti, le relazioni sociali diventano meno personali e più basate su ruoli specifici e frammentati, con meno dipendenza da singoli individui. Gli abitanti delle città tendono a relazionarsi in modo utilitaristico e distaccato, cercando di “immunizzarsi” contro la superficialità dei contatti urbani. Questo comportamento porta a una maggiore razionalità e sofisticazione, ma anche a un senso di isolamento e vuoto sociale, fenomeno che Durkheim definisce come anomia. Infine, la divisione del lavoro e la specializzazione delle professioni nelle città crea un’estrema interdipendenza e instabilità. Complessità sociale e crisi d’identità Georg Simmel osservava nel 1922 che, con lo sviluppo della civiltà, l’individuo entra a far parte di molti “cerchi sociali” diversi, che lo rendono unico ma anche simile agli altri che condividono quelle stesse esperienze. Nella società urbana, le persone sperimentano continuamente nuovi ruoli e posizioni sociali, in modo simile all’adolescenza, e questo rende difficile avere una visione chiara e stabile della società in cui vivono. George Herbert Mead sottolineava che questa continua oscillazione di ruoli sociali può influenzare negativamente l’autostima, poiché la posizione sociale è una parte importante dell’identità. Mentre nelle società contadine l’identità si basa su caratteristiche fisiche e psicologiche, nelle città moderne è definita dai ruoli sociali, che però possono cambiare rapidamente. Nelle società più stabili o burocratizzate, come nell’esercito, i ruoli sono meglio definiti e più facilmente riconoscibili. In una società urbana complessa, chi è nato in quel contesto si adatta più facilmente alla varietà di ruoli sociali, mentre chi proviene da ambienti diversi può incontrare difficoltà di adattamento. Se queste difficoltà non vengono affrontate, possono portare a problemi psicologici come angoscia, depressione o spersonalizzazione. La vita nelle città La vita quotidiana La microsociologia si concentra sulla vita quotidiana, considerandola una parte fondamentale della cultura. Gli studiosi analizzano ciò che è ordinario e implicito, come i vissuti e i dettagli della vita sociale. La città diventa un luogo privilegiato di studio, dove si osservano le interazioni umane quotidiane. Geografi come Ash Amin e Nigel Thrift propongono di superare le barriere disciplinari e ripensare il fenomeno urbano, riconoscendo che la vita quotidiana è un aspetto fondamentale della comunità urbana. Essi sostengono che la routine quotidiana, visibile negli spazi comuni come case, giardini e orti, è il punto d’incontro delle diverse attività umane e sociali. Le strade come luogo d’incontro La città non è solo un luogo di caos e conflitti, ma anche uno spazio dove è possibile interagire con gli altri mantenendo la propria indipendenza. Gli incontri sociali avvengono spesso in luoghi intermedi come caffè, balconi e marciapiedi, piuttosto che all’interno delle case: le strade, svolgono un duplice ruolo: collegano fisicamente diversi luoghi, ma al contempo, dal punto di vista sociale, possono dividere le persone, creando una separazione tra diverse aree o gruppi sociali: uniscono gli estremi della città, ma separano ciò che c’è nel mezzo. Inoltre, il dilemma se la città sia un luogo di incontro o di solitudine emerge nell’osservazione di spazi pubblici come i marciapiedi. Jane Jacobs li descrive come spazi di aggregazione, dove le persone si incontrano, interagiscono e creano un senso di comunità. Tuttavia, in altre circostanze, la città può essere vissuta anche in modo isolato, come un luogo di solitudine. A differenza dei piccoli centri, le grandi città offrono più opportunità di socializzazione; infatti, sebbene la comunicazione digitale sia diffusa, il bisogno di incontri diretti e rituali collettivi rimane. Anche gli spazi vuoti e costruiti rivestono un importante significato simbolico, tuttavia, la paura del crimine e la privatizzazione degli spazi pubblici possono creare isolamento e diffidenza. La città, secondo Louis Wirth, è un insediamento: - vasto, - denso, - duraturo; - composto da persone socialmente eterogenee. Queste caratteristiche rendono complessa la città, caratterizzata da interazioni tra: - individui e individui; - individui e oggetti; - oggetti e oggetti; Queste relazioni contribuiscono a creare l’atmosfera della città, un insieme di esperienze difficili da descrivere a parole, come evidenziato da Woody Allen, che trova complicato esprimere la natura della città attraverso il linguaggio. Il cittadino, secondo Simmel, viene descritto attraverso varie figure e concetti: - straniero: vive in città ma rimane distaccato, non appartenendo completamente alla comunità. - blasé: il cittadino diventa indifferente a ciò che lo circonda, un meccanismo di difesa contro l’eccesso di stimoli. - flâneur: un osservatore che esplora la città con libertà, senza fretta né coinvolgimento diretto. - straordinario ma libero: ogni cittadino è unico e ha la libertà di scegliere i gruppi e le situazioni che rispecchiano la propria identità. - economia monetaria: le relazioni urbane sono spesso mediate dal denaro, influenzando i rapporti e i valori. - dominio di intelletto: nella città, l’intelletto e la razionalità prevalgono sull’emotività, necessari per affrontare la complessità urbana. - puntualità: la vita urbana richiede precisione e organizzazione, poiché il tempo è regolato rigorosamente. Simmel sottolinea inoltre che, nella città, l’individuo è più unico rispetto a una comunità semplice (come la famiglia o i colleghi di lavoro). In una società urbana differenziata, il cittadino partecipa a molti contesti sociali diversi, sviluppando una personalità unica e complessa, formata da un “mosaico” di esperienze. La città permette all’individuo di scegliere liberamente i gruppi sociali a cui appartenere, a differenza delle comunità tradizionali più statiche. Tipologie di cittadini Quando le amministrazioni prendono decisioni sulla città, devono considerare l’impatto delle loro scelte su diversi gruppi di cittadini, che possono avere esigenze e interessi differenti. La vita urbana, infatti, è estremamente diversificata, e il cittadino non è una figura monolitica ma piuttosto un insieme di individui con ruoli, interessi e modi di vivere unici. Tra questi gruppi ci sono: - commuters; - city user; - tourists; - business people; - studenti; - immigrati; - nomadi digitali. Materiale integrativo obbligatorio: Nomadi Digitali Chi sono i nomadi digitali? Sono persone che lavorano da remoto sfruttando la connettività internet globale, vivendo e viaggiando in diverse città o paesi. Questo stile di vita è stato reso possibile dalle tecnologie digitali e ha guadagnato popolarità grazie alla gig economy e allo smart working, accelerati dalla pandemia di Covid-19. Spesso sono freelancer, imprenditori o professionisti del settore tecnologico. Vantaggi del nomadismo digitale - maggiore flessibilità nel lavoro: permette ai nomadi di esplorare nuove culture e ambienti, e di adottare uno stile di vita più dinamico e bilanciato tra lavoro e tempo libero. - attrattività dei territori: molte città europee, come Barcellona e Lisbona, stanno adottando misure per attirare i nomadi digitali, offrendo incentivi fiscali, spazi di co-working e una buona qualità della vita. Anche l’Italia, con i suoi borghi e piccole città, è vista come una meta attraente per via del clima, della cultura e delle bellezze naturali. - ripopolamento dei piccoli centri: il nomadismo digitale è visto come un’opportunità per rivitalizzare i piccoli borghi italiani, che soffrono di spopolamento. L’Italia sta investendo nella digitalizzazione per rendere questi luoghi più adatti ai nomadi digitali. - bisogni tecnologici: per attrarre i nomadi digitali, le città devono offrire una buona connessione internet, spazi di lavoro collaborativi, accesso ai servizi essenziali (sanità, trasporti) e una buona qualità della vita. ——— Tempo libero e turismo Il tempo libero Negli ultimi decenni il tempo libero è aumentato, ma le persone lo percepiscono come insufficiente. In passato, lavoro e riposo erano separati in momenti definiti, ma oggi il tempo libero è organizzato in modo rigido, togliendo spazio alla gestione personale. Anche attività quotidiane come spostamenti e compiti domestici riducono il tempo realmente “libero”. Per distinguere questo tempo, alcuni studiosi hanno parlato di “tempo liberato”, ossia tempo senza obblighi. Le vacanze, vissute come “trionfo” del tempo liberato, sono organizzate per migliorare la vita quotidiana e sono un’esperienza ricercata da persone di tutte le età, compresi i pensionati. Turismi e turisti Il turismo è sempre più visto come un bisogno, simile alle ferie o vacanze. Mentre per i turisti è un’esperienza personale, per l’industria è una fonte di lavoro per milioni di persone di diverse età e competenze. Oltre al valore economico, il turismo ha un impatto sociale importante: favorisce lo scambio di culture, stili di vita, idee politiche e religiose. Il turismo è un fenomeno globale, difficile da stimare, perché soggetto a cambiamenti rapidi dovuti a eventi internazionali, come gli attacchi terroristici dell’11 settembre o altri conflitti. Si è diffuso in tutto il mondo, con cinesi e indiani che si affacciano al turismo di massa, anche se mantiene ancora una forte impronta occidentale. Cambiano anche le forme di viaggio e ospitalità, con la diffusione della sharing economy, come lo scambio di case o il couchsurfing. Nonostante i rischi legati a eventi globali, le persone continuano a viaggiare, spinte dal desiderio di esplorazione e avventura. Esistono diverse motivazioni per viaggiare: per cultura, per scoprire nuovi luoghi, per mettersi alla prova, per solidarietà, per socializzare, o per cercare benessere fisico e spirituale. Ci sono anche viaggi legati al lavoro, vissuti come un premio personale, o altri obbligati, vissuti come una condanna. Il turismo, dunque, riflette una vasta gamma di esperienze e necessità, adattandosi continuamente ai cambiamenti della società. I movimenti slow I movimenti “slow” nascono come reazione al ritmo frenetico della vita moderna e all’invadenza di ambienti artificiali, come le città, dove le esperienze si moltiplicano, ma la qualità delle relazioni umane diminuisce. La cultura della velocità domina la nostra società: fast food, speed dating, messaggi rapidi, tutto è accelerato. Questo stile di vita ha portato a stress e alienazione, spingendo molte persone a cercare una connessione più profonda con gli altri e con la natura. Il movimento “slow” inizia negli anni ‘80, in Italia, come risposta all’apertura di un McDonald’s a Roma, con la creazione di Slow Food, che promuoveva cibo di qualità e uno stile di vita più lento e consapevole. Da qui nascono altri movimenti come Slow Travel, Slow Work e Slow Living, tutti con l’obiettivo di rallentare e vivere meglio. Carl Honoré, giornalista e autore del libro “Elogio della lentezza”, è uno dei principali promotori del movimento, che critica il superlavoro e lo stress moderno. Anche figure come Sten Nadolny, autore di “La scoperta della lentezza”, hanno sottolineato i benefici della lentezza come fonte di creatività, riflessione e benessere. Il movimento “slow” si è diffuso a livello globale, con comunità come Slow Food, Cittaslow e altre iniziative che promuovono una vita più equilibrata e meno frenetica. Si celebra ogni anno la Giornata Mondiale della Lentezza, per ricordare l’importanza di rallentare per vivere meglio. Lo Slow Travel Lo Slow Travel, o viaggiare lento, è una risposta alla cultura della velocità e del turismo di massa. Nasce dal desiderio di rallentare e apprezzare ogni aspetto del viaggio, contrapponendosi all’idea di raggiungere la meta il più velocemente possibile. L’uso di mezzi di trasporto lenti come bicicletta, treno o camminate favorisce incontri e scambi culturali più profondi con le comunità locali. Questo approccio è legato a valori ecologisti e anticonformisti, cercando di valorizzare le tradizioni e la cultura dei luoghi visitati. Si oppone al turismo di massa, dove si visitano velocemente molte mete senza poterle vivere appieno. Slow Travel promuove un turismo responsabile, arricchendo chi lo pratica e creando un’esperienza più autentica e consapevole. L’obiettivo è vivere il viaggio come un’esperienza sensoriale e personale, prendendosi il tempo per godere dei luoghi, delle persone e delle piccole cose, in armonia con la filosofia della lentezza. Il turismo creativo Il turismo creativo si basa sull’interazione attiva del viaggiatore con la cultura locale. A differenza del turismo lento, che si concentra sul viaggio e sull’immersione nelle tradizioni durante il percorso, il turismo creativo si svolge nella destinazione, dove i turisti partecipano ad attività pratiche, come corsi di cucina, artigianato o pittura, in collaborazione con i residenti. Questo approccio permette ai viaggiatori di apprendere facendo e di sviluppare nuove abilità, avvicinandosi così alla cultura locale in modo più profondo. L’esperienza creativa trasforma il classico souvenir in un oggetto carico di significato, spesso realizzato dal turista stesso. Il turismo creativo si differenzia dal tradizionale turismo culturale, che è più passivo, offrendo un coinvolgimento diretto nella cultura locale attraverso attività pratiche. Questo tipo di turismo sta crescendo anche grazie al patrimonio eno-gastronomico e alle attività artigianali che caratterizzano molte destinazioni, come l’Italia. È inoltre favorito da nuove forme di ospitalità, come agriturismi, Airbnb e social dining, e viene promosso da iniziative come la rete delle “Città Creative” dell’UNESCO, che mira a valorizzare la creatività locale e a condividerla a livello globale. Le OTA L’avvento di Internet ha rivoluzionato il settore turistico, con quasi la metà dei viaggiatori che preferisce pianificare le proprie vacanze online. Le agenzie di viaggio online (OTA) come Booking.com ed Expedia.com permettono ai turisti di prenotare autonomamente hotel, voli e altri servizi, eliminando gli intermediari tradizionali. Queste piattaforme offrono soluzioni personalizzate grazie a sofisticati algoritmi che profilano gli utenti e propongono offerte su misura. Le OTA rendono la prenotazione semplice e sicura, con informazioni dettagliate e politiche di prezzo trasparenti, permettendo confronti tra le tariffe. Offrono anche suggerimenti personalizzati basati sul comportamento dell’utente. Tuttavia, la disintermediazione, ovvero il contatto diretto tra turista e albergatore, consente una maggiore fidelizzazione e libertà per l’albergatore. Le agenzie di viaggio tradizionali sono ancora utilizzate per viaggi lunghi o di nozze, poiché offrono un’interazione personale, creando fiducia e offrendo un supporto diretto, un valore aggiunto rispetto alle piattaforme online. Materiale integrativo obbligatorio: Milano Week Model Il Milano Week Model, non è solo un modello di gestione degli eventi che rende Milano un punto di riferimento per la cultura, l’economia e l’innovazione sociale, ma anche un sistema che promuove crescita, innovazione e sviluppo sostenibile, coinvolgendo attivamente aziende, cittadini e visitatori. Si basa infatti sulla stretta collaborazione tra enti pubblici, privati e la società civile, permettendo alla città di organizzare eventi come la Fashion Week, Design Week e altre, con un impatto positivo sia a livello locale che internazionale. Punti Chiave: - collaborazione e sinergia: Gli eventi coinvolgono attori diversi e hanno un ritorno tangibile per la città, come visibilità internazionale, sviluppo economico e partecipazione comunitaria. - innovazione continua: Milano viene vista come un “laboratorio urbano” che sperimenta nuove idee e soluzioni, utilizzando le “Week” come piattaforme di crescita. - partecipazione delle imprese: Le aziende partecipano attraverso “call” (bandi) che permettono di contribuire con risorse e tecnologie, ottenendo in cambio visibilità, networking e la possibilità di sperimentare nuove soluzioni. - impatto economico: Le “Week” generano benefici economici per vari settori, come hotel, ristoranti, trasporti, negozi e cultura, migliorando anche la qualità dei servizi in città. - inclusività e accessibilità: Eventi come il Fuorisalone (evento di design parallelo al Salone del Mobile) coinvolgono vari quartieri della città, trasformando Milano in una galleria a cielo aperto e permettendo al grande pubblico di partecipare. Sfide: - impatto sulla mobilità: Durante le “Week”, la città subisce modifiche alla viabilità e aumenta il traffico, ma vengono potenziati i trasporti pubblici per compensare. - effetti sull’urbanistica: Gli eventi portano alla riqualificazione di aree dismesse, ma possono anche causare gentrificazione e aumento dei prezzi degli immobili. Materiale integrativo obbligatorio: Cittadini e Impatto Turistico Il documento riguarda l’impatto del turismo sulla vita quotidiana dei residenti nei comuni italiani e come viene percepito il turismo in relazione alla qualità della vita. Il peso economico del turismo Contribuisce significativamente all’economia italiana, apportando circa il 13% del valore aggiunto nazionale. Tuttavia, in alcune località eccessivamente turistiche come Venezia, sorgono problemi legati all’overtourism, gentrificazione e degrado ambientale. Opienioni dei residenti Le percezioni sul turismo variano. In località altamente turistiche, i residenti riconoscono i benefici economici, ma notano anche problemi legati al sovraffollamento e alla perdita dell’identità culturale. Nei comuni meno turistici, invece, il turismo è visto come un’opportunità per migliorare l’economia locale e la coesione sociale. Turismo e identità culturale Uno degli aspetti critici sollevati è la tendenza di alcune destinazioni a diventare “cattedrali del consumo”, cioè luoghi eccessivamente orientati al consumo turistico, con una perdita dell’autenticità e della cultura locale. Questo fenomeno è accentuato dalla gentrificazione, che ha trasformato i centri storici in aree commerciali di lusso, privandoli di una componente residenziale stabile Effetti positivi del turismo per i residenti - Stimolo economico: Crea posti di lavoro e nuove opportunità per i residenti. - Conservazione ambientale: Promuove la sostenibilità e la protezione delle risorse naturali. - Diversità culturale: Favorisce lo scambio culturale e valorizza le tradizioni locali. - Miglioramento delle infrastrutture: Investimenti in strade, trasporti e spazi pubblici che beneficiano anche i residenti. Segmentazione della popolazione in 5 cluster La ricerca ha individuato cinque cluster principali che rappresentano i diversi atteggiamenti dei cittadini nei confronti del turismo: 1. Pessimisti No-Tourism (Sgrunty): È il gruppo più negativo nei confronti del turismo, prevalentemente composto da persone anziane e meno istruite, residenti in aree poco turistiche. Questi individui percepiscono in modo negativo sia la vivibilità che la sicurezza del loro comune, e vedono il turismo come un elemento invasivo e poco utile. 2. Giovani Economisti del Turismo (Yuppies): Composto da giovani residenti in aree molto turistiche, vedono nel turismo un’opportunità economica e un fattore di miglioramento della qualità della vita. Sono più materialisti e orientati ai benefici concreti del turismo, pur riconoscendone alcuni effetti negativi. 3. Disinteressati al Turismo (Indifferenti): Questo gruppo non mostra particolari opinioni o interesse per il turismo, vivendo in zone non turistiche. Non percepiscono né benefici né problematiche legate al turismo e mantengono un atteggiamento neutrale. 4. Giovani Sostenibili Pro-Tourism (Yes-Tourism): Sensibili alla sostenibilità ambientale e sociale, vedono il turismo come una forza positiva per la crescita economica e la qualità della vita. Questo gruppo è particolarmente attento all’equilibrio tra turismo e conservazione del patrimonio naturale e culturale. 5. Ambivalenti Urbani: Vivono nelle grandi città e sono ambivalenti verso il turismo. Pur riconoscendone i vantaggi economici, sono preoccupati per il sovraffollamento e la proliferazione di attività come gli Airbnb, che peggiorano la qualità della vita nei centri urbani. Inoltre, quando si parla di turismo è importante una gestione responsabile per evitare problemi legati all’overtourism e alla perdita di identità locale. La sfida per le località turistiche è mantenere un equilibrio tra i benefici economici e i potenziali impatti sociali e ambientali, favorendo un turismo sostenibile che valorizzi il territorio senza danneggiarlo. 02/10/2024 - lezione 5 Caso: Popolazioni urbane, residenti e non residenti - Caratteristiche e conflitti potenziali Analizziamo le dinamiche e i conflitti tra diverse categorie di persone che vivono e frequentano le città. Le città ospitano residenti (questi raddoppiano, aumentano circa del 50% al giorno a Milano), e non residenti, questi ultimi comprendono: - commuters: pendolari; questi hanno un atteggiamento razionale e strutturale nei confronti della città: vivono guardando l’orologio; - city user: frequentano la città di tanto in tanto per lavoro o svago; - tourists: abbiamo un’idea numerica imprecisa di essi; il turismo infatti non prevede una forma precisa di registrazione; sono frettolosi: hanno la volontà di visitare la città il più rapidamente possibile; - business people: lavorano nell’editoria, nel campo della moda…si muovono in città per fiere, mostre, manifestazioni, convegni; hanno una capacità di consumo più alta rispetto ai commuters; sono nella città per conto dell’azienda per la quale lavorano; - studenti: fuori sede, solitamente in affitto. Questi gruppi interagiscono quotidianamente, creando tensioni e conflitti legati all’uso degli spazi e delle risorse urbane; conflitti: - spaziali: I turisti e i city users spesso monopolizzano aree della città, limitando l’accesso ai residenti. - economici: La globalizzazione ha intensificato le disuguaglianze economiche nelle città, rendendo insostenibile il costo della vita per le classi più deboli. - accesso ai servizi: Le differenze tra residenti e non residenti si riflettono nell’accesso ai servizi, creando frustrazione e competizione. - culturali: L’ascesa di un’élite globale ha portato a nuove forme di esclusione culturale per chi non riesce ad adattarsi ai cambiamenti. - fiscali: I residenti devono pagare le tasse per migliorare le infrastrutture, anche se queste vengono utilizzate principalmente dai non residenti, come i turisti. - politici: Le multinazionali e gli interessi economici esterni possono influenzare le politiche locali, lasciando i residenti privi di potere decisionale Tipologie di quartieri - Business district: Aree frequentate principalmente da non residenti durante il giorno (es. uomini d’affari), che si svuotano la sera. - Dormitory district: Quartieri dove risiedono principalmente lavoratori che tornano a casa solo la sera e la notte. - Tourist district: Aree che attraggono turisti, ma con una bassa presenza di residenti permanenti. “Finiamo in forma di self service ciò che ci viene fornito a metà.” La Città Segmentata (Giampaolo Nuvolati) Il testo analizza la crescente complessità delle città contemporanee, dove la frammentazione spaziale, sociale e temporale crea una nuova configurazione urbana. 1. Quartieri: i quartieri non sono più entità stabili e chiaramente definite. Il fenomeno della “città dei 15 minuti”, emerso con lo smart working e il Covid-19, ha rafforzato l’autosufficienza locale, ma la città resta fluida, con costanti flussi di persone (pendolarismo, gentrificazione). Le periferie si evolvono, diventando poli alternativi al centro grazie a università e istituzioni culturali. 2. Popolazioni: l’eterogeneità della popolazione urbana è aumentata. Accanto ai residenti, troviamo city users, pendolari, turisti e lavoratori in settori come la gig economy. Si delineano nuove divisioni sociali, con un crescente squilibrio tra ceti benestanti, che usufruiscono dei servizi, e lavoratori poco qualificati che li forniscono. Questo crea una polarizzazione sociale alimentata dalla globalizzazione. 3. Tempi di vita: Le città cambiano volto in base ai momenti della giornata e agli eventi che attirano diverse popolazioni. Ad esempio, alcuni quartieri sono vivi solo di giorno (business district) e si svuotano la sera, mentre altri sono attivi solo durante la notte (dormitory district). La segmentazione temporale definisce l’identità dei quartieri. 03/10/2024 - lezione 6 Movimenti e istituzioni Alberoni e la sua teoria della storia Lo Stato Nascente Francesco Alberoni, sociologo e medico studioso di movimenti collettivi, ha sviluppato una teoria centrata sul concetto di “stato nascente”, contrariamente ai pensatori anglosassoni che vedono le istituzioni originate da accordi razionali. Alberoni sostiene che i movimenti sociali siano alla base delle istituzioni. La sua teoria si è formata attraverso l’osservazione di fenomeni come i “culti del cargo” in Melanesia, dove l’incontro tra culture ha portato a disordini sociali e alla nascita di nuovi movimenti (disordine che derivante dall’introduzione da parte dei bianchi di oggetti di consumo all’interno di queste popolazioni = le merci, infatti, oltre alla vita quotidiana possano mettere in crisi la tradizione di una popolazione che non ha mai avuto contatti con l’esterno). Quando le regole sociali diventano disfunzionali, le persone cercano nuove strade, generando “fenomeni collettivi di aggregato”. In un momento di crisi, il disordine può trasformarsi bruscamente in un nuovo ordine, creando opportunità di cambiamento e una ristrutturazione sociale. Questo processo, caratterizzato da emozioni forti e nuove solidarietà, culmina in un nuovo assetto sociale, diverso da quello precedente. Questa situazione di conflitto malesiana infatti, viene risolta illudendo la popolazione che i beni importati fossero in realtà beni donati loro degli antenati —> ciò innesca la speranza di nuovi beni. Lo “stato nascente”, cambiamento drastico e improvviso, è il punto di partenza di un movimento, caratterizzato da un’intensa emozione e da una promessa di rinnovamento. Inizialmente, questo stato evolve in un movimento e poi in un’istituzione: - lo stato nascente prevede una quotidianità priva di valori e sclerotizzata, - l’istituzione prevede una quotidianità portatrice dei nuovi valori nati con il movimento. Tuttavia, nel tempo, le istituzioni tendono a distaccarsi dal sogno originale e necessitano di un nuovo movimento per essere rivitalizzate, completando così il “Grande Ciclo Collettivo”. Nel 1968, Alberoni riconosce che le caratteristiche dello stato nascente si ritrovano anche nell’innamoramento. Lo stato nascente è caos, non disordine; li distingue affermando che il caos, pur apparendo disordinato, segue regole specifiche. Nel suo lavoro “Movimento e Istituzione”, aggiornato nel 2014, Alberoni riceve riconoscimenti per la sua teoria, che trova analogie in strutture narrative di fiabe e in analisi sociologiche di autori come Durkheim e Merton. Chi entra in Stato Nascente? Alberoni sostiene che le persone più predisposte a trovarsi in uno “stato nascente” sono quelle frustrate da un ordine sociale che non ha soddisfatto le loro aspettative, nonostante la loro lealtà verso di esso. Questa frustrazione genera insoddisfazione e un desiderio di cambiamento. Tuttavia, perché questo sentimento si trasformi in una ribellione collettiva, deve coinvolgere intere categorie di persone, come le classi sociali in declino o in ascesa, che condividono le stesse delusioni. Un esempio storico di questo processo è la Rivoluzione Francese, dove la piccola nobiltà e l’intellettualità, frustrate dal sistema, spinsero per un cambiamento. Nelle fasi iniziali di uno stato nascente, le prime a muoversi sono le cosiddette “fasce di confine” della società, persone che, pur integrate, riconoscono che l’assetto sociale esistente della quotidianità non risponde più alle aspettative. Questi individui, spesso vitali e dinamici, insistono per una trasformazione. Non sono gli emarginati, ma persone ben inserite che vedono la necessità di un cambiamento. Per esempio, Buddha e Maometto, malgrado la loro posizione, furono figure che guidarono trasformazioni profonde. Nel caso della Rivoluzione Francese, la “fascia di confine” era rappresentata dalla borghesia, che, pur essendo equiparata al popolo, sentiva il bisogno di un’ascesa sociale. Di fronte a un’aristocrazia che cercava di mantenere lo status quo, fu proprio la borghesia a guidare il cambiamento, dando origine alla rivoluzione. Dallo Stato Nascente al Movimento Questo passaggio avviene attraverso il concetto di “unità di movimento”, che identifica piccoli gruppi in stato nascente che si uniscono per formare movimenti più grandi e complessi, capaci di generare nuove istituzioni. Ogni movimento, che può essere rivoluzionario (usano la violenza per il cambiamento) o riformisti (cercano cambiamenti graduali), coinvolge profondamente gli individui e i loro valori. È importante non confondere la natura di un movimento con le istituzioni che produce. Lo stato nascente è un’esperienza che provoca una trasformazione sociale significativa, creando una nuova solidarietà e rompendo le strutture esistenti. È un processo di destrutturazione e ristrutturazione sociale, in cui i nuclei di stato nascente si uniscono e mobilitano settori più ampi della popolazione. La loro riuscita dipende dalla capacità di rispondere alle sfide storiche. Parlando di movimento (di per sé un fenomeno collettivo) Alberoni distingue tra due tipi di fenomeni collettivi: 1. fenomeni collettivi di aggregato: come mode o panico, non generano una vera solidarietà sociale; ci si sente parte di un gruppo ma i partecipanti non si riconoscono come un collettivo e non subiscono un mutamento della persona; 2. fenomeni collettivi di gruppo: creano un’interazione che modifica la cultura e la solidarietà tra i partecipanti, portandoli a percepirsi come un “noi”; spesso sono disposte a rinunciare alla propria individualità per il gruppo. Questa distinzione è importante perché solo i fenomeni di gruppo sono in grado di generare un movimento. Approfondimento del Libro Differenza tra: - comportamento collettivo è un’azione spontanea e non organizzata di un gruppo che reagisce a una situazione incerta, guidata da emozioni come paura, ostilità e gioia (di aggregato o di gruppo); - movimento sociale è più strutturato e duraturo, e mira a cambiare l’ordine sociale. Coinvolge molte persone e introduce nuovi valori e ideologie (rivoluzionari o riformisti). L’Esperienza Fondamentale Alberoni descrive lo stato nascente come un’esperienza fondamentale e metastorica, in cui un gruppo esplora le opportunità del contesto storico per massimizzare la propria esperienza e solidarietà. Questo processo porta il gruppo a organizzarsi e affrontare le sfide storiche, fino a diventare un’istituzione. Lo stato nascente può apparire a diversi livelli sociali: 1. Individuo isolato: un cambiamento interiore profondo, come una conversione. 2. Diade: l’innamoramento, un momento intenso e rischioso. 3. Gruppo: come un gruppo di seguaci attorno a un leader. 4. Communitas: formazioni religiose, politiche o ideologiche. 5. Movimento politico: un processo spontaneo di incontro e discussione. 6. Massa: nasce da mobilitazioni collettive, sia religiose che rivoluzionarie. Il Capo Carismatico Nel movimento, il capo carismatico diventa portavoce delle sue istanze, ma, secondo Alberoni, non è il fondatore principale. L’elemento chiave è il piccolo gruppo di individui che si riconoscono e iniziano a collaborare. La solidarietà nasce dalla condivisione di un’esperienza comune, non dall’amore per il capo. Questa esperienza è uguale per tutti, indipendentemente da età, razza o cultura. Quando abbastanza persone condividono la stessa esperienza, formano un gruppo solidale, capace di affrontare difficoltà e sfide, creando un movimento forte e duraturo. Da Movimento a Istituzione Alberoni spiega come un movimento si sviluppa e si trasforma in istituzione. Inizia con una scoperta o una nuova prospettiva che viene condivisa da un gruppo di persone che elabora regole e ideologie per costruire un nuovo modo di vivere e una nuova solidarietà. Tuttavia, col tempo, il movimento può irrigidirsi e perdere la sua spinta iniziale, trasformandosi in un’istituzione che si distacca dalla sua origine. Il passaggio dallo stato nascente all’istituzione è un processo lungo e graduale, mentre il passaggio opposto è esplosivo. L’istituzione, pur mantenendo elementi dello stato nascente, diventa un’entità diversa e più stabile. Ci sono vari tipi di istituzioni, ma solo un tipo di stato nascente. Inoltre, quando un movimento emerge, il suo destino è incerto; può: - estinguersi: vi era una prima predisposizione al cambiamento, abbandonata in seguito all forte sofferenza e perdita di forza generate di fronte al movimento; - essere represso (Repressione nel Sangue); - evolversi in istituzioni democratiche o dittatoriali —> Istituzionalizzazione*; - Fiammata Illusoria. Le istituzioni possono derivare inoltre da: - un contratto sociale razionale; - nel caso di istituzioni oppressive, dal carisma di un leader che diventa un despota. Chi si trova nello stato nascente spesso ha dubbi su ciò che vuole veramente e quanto è disposto a lottare per ottenerlo. La “prova di verità” è un esame interiore per distinguere tra ciò che è essenziale e ciò che non lo è. Le persone cercano continuamente conferme da parte del gruppo, del capo o del partner. Un esempio di questo è la storia di Abramo nella Bibbia, dove Dio lo prova chiedendogli di sacrificare suo figlio Isacco. Questa richiesta rappresenta un “punto di non ritorno” e mette in discussione l’amore di Abramo per Dio. Se Abramo avesse accettato di sacrificare Isacco, sarebbe diventato un fanatico. Anche in una convivenza sana, si stabilisce un “patto” che riconosce l’inviolabilità di questi punti di non ritorno, fondamento della democrazia. Nelle istituzioni dispotiche, che non prevedono patti, non ci sono limiti alle richieste, ma si crea l’illusione di una solidarietà totale a scapito del singolo. Esistono anche istituzioni di reciprocità e di dominio: anche se il capo guida il gruppo, può spingerlo a oltrepassare i valori inalienabili che definiscono la nostra moralità (superamento dei punti di non ritorno), trasformando gli individui in fanatici asserviti (assertivismo morale —> nazismo). Partiamo dall’inizio… Freud, nella sua Teoria Dinamica della Libido, evidenzia come l’essere umano sia mosso da due forze fondamentali: l’Eros (amore) e il Thanatos (odio). L’Eros rappresenta la capacità di costruire e amare, mentre il Thanatos porta verso l’aggressività e la distruzione. Le persone investono le loro pulsioni su oggetti esterni, che possono essere appunto sia oggetti d’amore sia oggetti verso cui indirizzano aggressività. Esiste un principio di reciprocità, per il quale tendiamo ad amare chi ci ama (il piacere in questo senso non va inteso necessariamente con un’accezione perversa), e odiare chi ci odia. Questi investimenti, inoltre, possono essere individuali o collettivi, e più sono intensi, più si manifesta una ambivalenza: proviamo contemporaneamente amore e odio verso lo stesso oggetto, generando una sofferenza interiore. Per ridurre questa ambivalenza, le persone spesso ricorrono a meccanismi di difesa. Uno di questi è lo spostamento della colpa su un terzo oggetto, per preservare l’oggetto d’amore e abbassare la tensione (meccanismo di persecuzione). Un altro meccanismo è il meccanismo depressivo, in cui l’individuo carica su di sé l’ambivalenza, ma questo può portare a un sovraccarico emotivo (soglia oltre la quale il meccanismo depressivo entra in sovraccarico e fallisce = meccanismo della soglia) che, se non risolto, genera una trasformazione interna. Questo momento di crisi porta a uno stato nascente, una fase di cambiamento in cui la persona inizia a vedere il mondo con occhi diversi, segnando un passaggio evolutivo. Lo stato nascente quindi, è solo il momento di liberazione. In definitiva, tanto Freud quanto Alberoni concordano sul fatto che i grandi cambiamenti, sia personali sia sociali, nascono da una rottura dell’equilibrio e dall’ambivalenza tra amore e odio. Questa crisi crea le condizioni per uno scatto evolutivo, che spinge l’individuo o il gruppo a una nuova consapevolezza e a una ridefinizione della realtà. Questi movimenti si sono sviluppati anche grazie all’influenza di testi come “No Logo” della scrittrice canadese Naomi Klein. Il libro, pubblicato nel 1999, denuncia le pratiche delle grandi aziende globali, concentrandosi sullo sfruttamento del lavoro, la perdita di identità culturale e l’invadenza della pubblicità. “No Logo” è diventato un “ordinatore culturale”, ovvero un testo fondamentale che ha dato coerenza e forza alle idee del movimento no global, offrendo una base teorica e pratica per le loro proteste. Esempio di movimento —> Il Femminismo Negli ultimi secoli, il movimento femminista ha giocato un ruolo centrale nella lotta per l’uguaglianza di genere, anche se il suo cammino è stato lungo e tortuoso. Se il femminismo come movimento sociale nasce ufficialmente dopo la Rivoluzione Francese, la sua genesi intellettuale risale già al XV secolo. Durante la Rivoluzione, le donne hanno partecipato attivamente alle lotte per la libertà, ma i diritti acquisiti vennero rapidamente cancellati da Napoleone, e le rivendicazioni femministe furono a lungo trascurate. Con la Rivoluzione Industriale e i cambiamenti sociali del XIX secolo, le donne iniziarono a ottenere maggiore visibilità, soprattutto attraverso il lavoro in fabbrica, sebbene le condizioni fossero di profonda disuguaglianza. In questo contesto si svilupparono le prime correnti femministe, con una spaccatura; il movimento prende INFATTI due direzioni: - una più conservativa e moralistica: coloro che si battevano per l’istruzione, e per il lavoro; in particolare negli Stati Uniti, dove le donne si facevano portatrici di cause di altri (es. le lotte abolizioniste e i diritti civili); - una più radicale: nel Regno Unito, dove le suffragette adottavano metodi di protesta più estremisti per ottenere il voto (Suffragio Universale). In Italia, il femminismo subì ritardi a causa dell’influenza della Chiesa e del potere monarchico, che relegavano la questione femminile in secondo piano. Fu solo alla fine del XIX secolo che il movimento prese forza, incanalato soprattutto su attività filantropiche e sull’educazione femminile di ordine religioso. Il Risorgimento contribuì all’emergere di una stampa femminile, ma le riviste spesso riflettevano visioni maschili. Dopo l’Unità, le lotte per il suffragio femminile e l’istruzione trovarono ostacoli interni, con il movimento diviso tra femministe della classe alta e le socialiste. Con la Prima Guerra Mondiale, la figura femminile fu chiamata, dagli stessi che l’hanno relegata al ruolo di donna di casa, a lavorare come sostituta all’uomo all’interno delle fabbriche. Ma, con la fine della guerra, tutto torna come prima. Più tardi, nel 1945, 21 nazioni accordano il diritto al voto (la Nuova Zelanda, nel 1893, fu la prima concederlo). Il periodo tra le due guerre infatti, vide alcuni successi, ma il femminismo subì un duro colpo nei regimi autoritari, dove le donne vennero relegate nuovamente a ruoli tradizionali. Solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, con il contributo delle donne ai movimenti di Resistenza, venne finalmente concesso il voto sia in Italia che in Francia. La seconda ondata del femminismo, basata su “Il secondo sesso” di Simone de Beauvoir, iniziata negli Stati Uniti negli anni ’60 con l’opera di Betty Friedan, segnò una svolta. Si parla di “sorellanza”: le donne non si chiedevano più solo uguaglianza, valorizzavano le differenze di genere, ponendo l’accento su una ridefinizione dei ruoli. In Italia, il movimento femminista degli anni ‘70 ottenne importanti vittorie legislative, come la legge sul divorzio e quella sull’aborto. Una peculiarità del movimento femminista, è il suo allenarsi con altri movimenti e poi venirne traditi: in generale possiamo dire che hanno fallito. Tuttavia, la loro eredità è stata enorme nella vita sociale, tanto che le donne, ancora oggi, nel 21 secolo si battono per: - la questione della parità salariale; - la violenza di genere; - sull’equa divisione dei diritti all’interno della famiglia; - la rappresentazione della donna nei media; - per l’ecologia, la pace, la libertà, i diritti delle minoranze e contro le forme di prevaricazione politica. L’attivismo digitale, attraverso movimenti globali come #MeToo, ha permesso di amplificare le voci delle donne in tutto il mondo, segnando un nuovo capitolo nella storia della lotta per i diritti femminili. Ogni movimento lascia sempre il segno! Approfondimento del libro: “Femminismo” Il termine “femminismo” fu coniato nel 1870 in ambito medico per descrivere un maschio adulto che non ha sviluppato la sua virilità. Alexandre Dumas figlio lo usò nel 1872 per definire il movimento che rivendica la parità di diritti tra donne e uomini. Il femminismo indica sia la scelta individuale di una donna di non conformarsi ai modelli maschili, sia i movimenti che perseguono questo obiettivo. Si sono sviluppati principalmente due movimenti: - movimenti di emancipazione (prima ondata, XIX secolo): chiedono pari diritti senza contestare i valori maschili e operano attraverso gruppi di pressione politica e istituzioni. - movimenti di liberazione (seconda ondata): sono più radicali, puntano a far affermare la donna come soggetto e a creare nuovi ruoli, piuttosto che adattarsi a quelli maschili. 09/10/2024 - lezione 7 L’evoluzione della coppia e l’amore 2.0 Sesso, genere e gender. Quale differenza? L’espressione “Noi non vogliamo violare la legge, vogliamo fare la legge” riprende esattamente il concetto di tabula rasa alla base i dei movimenti secondo la concezione di Alberoni. Il movimento femminile infatti, non si dà mai un solo capo carismatico —> le donne non richiedono l’uguaglianza, ma insistono sulle differenze di genere. Tuttavia, spesso vi è la confusione tra sesso e genere. Oggi si parla frequentemente di “genere” (o “gender”). Storicamente, la tradizione biblica ha sempre diviso l’umanità in uomini e donne, associando a queste differenze biologiche specifici ruoli sociali, oggi definiti come “differenze di genere”: le donne si occupavano della casa e dei figli, mentre gli uomini si dedicavano a lavori all’esterno. Negli anni ’60 del Novecento, si è iniziato a mettere in discussione questa cultura dominante, facendo emergere la distinzione tra “sesso” e “genere”. Si è cominciato a riconoscere che le differenze sessuali non devono necessariamente corrispondere a differenze sociali, viste come discriminazioni. Alcuni scienziati hanno proposto di ampliare la classificazione dei sessi (da 5 a 11), mentre la Chiesa continua a sostenere la distinzione binaria. In diversi Stati europei, è stato riconosciuto il diritto di non identificarsi rigidamente come uomo o donna; infatti, la sentenza della Cassazione del 2015 ha consentito a chiunque di dichiarare il proprio sesso all’anagrafe, anche senza ricorrere ad interventi chirurgici. L’“identità di genere” è vista quindi come qualcosa che si esprime attraverso atti come il modo di vestire e comportarsi, influenzando così la percezione del sesso biologico. Questa discussione è sostenuta principalmente dai gruppi LGBT. Materiale Integrativo Obbligatorio: A proposito del caso Khelif – Il silenzio delle femministe Il caso della pugile Angela Carini, che ha abbandonato il match contro l’algerina Imane Khelif a causa della sua forza, ha sollevato molte discussioni. Khelif, intersessuale e con alti livelli di testosterone, ha fatto emergere questioni su equità e inclusione nello sport. Il dibattito è stato influenzato dalle idee politiche: la destra ha detto che il combattimento non era equo, mentre la sinistra ha difeso l’inclusione. Tuttavia, c’è un problema: se si dice che il sesso è un continuum con molte sfumature, bisogna allora decidere dei limiti per gareggiare nelle competizioni femminili. Questo problema riguarda solo le donne, poiché nessun uomo trans chiede di gareggiare con gli uomini. Paola Concia ha proposto di trovare un equilibrio tra inclusione ed equità, sostenendo che le donne non dovrebbero essere penalizzate. Sorprendentemente, le organizzazioni femministe italiane non hanno preso posizione, forse perché il tema dell’invasione degli spazi femminili è difficile da affrontare. Dall’innamoramento alla formazione della coppia Francesco Alberoni, uno dei più importanti studiosi dei sentimenti, con la sua opera “Innamoramento e Amore”, inizia uno studio sistematico sulla scienza dell’amore. L’innamoramento Freud vede l’innamoramento come il risultato di una pulsione sessuale repressa, che crea un legame attraverso il piacere ripetuto (ci parla di identificazione: processo con cui assimiliamo i tratti di chi un altra persona, e ci modelliamo intorno ad essa —> da qui il Complesso di Edipo). Alberoni critica questa visione, considerando l’innamoramento non come una regressione, ma come una forza vitale orientata al futuro. Alberoni evidenzia inoltre che l’amore non è un fenomeno individuale, ma un movimento collettivo, uno “stato nascente” che trasforma la coppia, rendendo la vita più autentica e significativa. Secondo lui la coppia (lo stato nascente) è il più piccolo dei movimenti collettivi (piccolo : esclusivo —> comprende non più di due individui). L’innamoramento non nasce in una sola persona, è bilaterale, e crea un’istituzione. Alberoni dice che l'innamoramento è sempre esistito ed è universale. Individua tre tipi di legami amorosi: - legami deboli: in cui siamo coinvolti sentimentalmente o sessualmente, ma sono fini a se stessi, non mutano il nostro comportamento; - legami medi: come l’amicizia; tuttavia questa può rompersi e il rapporto diventa irreversibile, non tornerà come prima; - legami forti: legami indissolubili —> di sangue (tra genitori e figli o tra fratelli) e l’innamoramento; non possiamo disconoscere questo tipo rapporto in caso di incomprensioni. Di chi ci innamoriamo? - La psicoanalisi sostiene che, quando ci innamoriamo, cerchiamo inconscia

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