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Questo documento fornisce una panoramica di citologia e istologia, spiegando le parti principali delle cellule e dei tessuti. Vengono descritti i processi cellulari e i tipi di tessuti, insieme alle loro funzioni e caratteristiche.

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Per citologia si intende lo studio delle cellule, ossia l’unità organizzativa di base del nostro organismo: queste sono costituite da carboidrati lipidi e proteine, separati dall’ambiente esterno mediante una membrana plastica, composta da fosfolipidi e proteine che formano un doppio strato, definit...

Per citologia si intende lo studio delle cellule, ossia l’unità organizzativa di base del nostro organismo: queste sono costituite da carboidrati lipidi e proteine, separati dall’ambiente esterno mediante una membrana plastica, composta da fosfolipidi e proteine che formano un doppio strato, definita elettrondensa in quanto possiede una porzione idrofilica dotata di teste polari, al contrario lo strato centrale è definito idrofobico con le teste rivolte internamente. Vi sono delle proteine che fungono da recettori all’esterno della cellula, mentre altre consentono di creare dei piccoli canali per far entrare, o uscire, piccole molecole: lo scambio di piccole molecole può avvenire per scambio attivo, quindi con consumo di energia, o scambio passivo, ossia senza consumo di energia, mediante i processi di diffusione, osmosi e filtrazione. Il trasporto attivo prevede l’utilizzo di ATP per trasportare ioni o molecole da un sito minore ad uno maggiore, oppure si può utilizzare il fenomeno della polarizzazione di membrana mediante le pompe proteiche. Definiamo endocitosi quel processo di invaginazione mediante vescicole a livello della membrana, per trasportare materiale extracellulare di dimensioni notevoli: nella fagocitosi delle estroflessioni, ossia gli pseudopodi, circondano la particella per poi fondersi e formare la vescicola per poi essere degradata dai lisosomi, mentre la pinocitosi prevede l’ingresso di piccole vescicole contenenti molecole proteiche. L’esocitosi è il processo inverso dell’endocitosi, in quanto trasporta all’esterno mediante vescicole secretorie. La membrana svolge un ruolo fondamentale nelle interazioni con altre cellule, distinguendo tre tipi di giunzioni: le tight junction prevedono la parziale fusione delle porzioni lipidiche della membrana, impedendo il passaggio dell’acqua e di altre molecole. La zonala adherens in cui le proteine del citoscheletro sono unite da ioni o proteine tramite l’interposizioni di proteine leganti, per arrivare al desmosoma, ossia le giunzioni ancoranti altamente specializzate, facendo interagire tra di loro le proteine integrali di membrana di due cellule adiacenti. Come detto, la membrana plasmatica separa la cellula dall’esterno: all’interno troviamo il citoplasma, diviso in una parte acquosa definita citosol, ed organuli presenti al suo interno. I ribosomi sono composti da RNA e proteine, sintetizzati dal nucleolo, il quale consentono la sintesi proteica. Questi possono essere liberi o fissi in cisterne del reticolo endoplasmatico, dando origine al RER. I mitocondri rappresentano la base energetica della cellula, costituiti per la maggior parte da proteine che si occupano della fosforilazione ossidativa, ossia il processo di conversione dei metaboliti cellulari in ATP mediante una membrana mitocondriale interna tramite il trasporto di elettroliti. I lisosomi sono deputati a digerire i materiali di scarto della cellula mediante enzimi detti idrosilasi acidi, mentre i perossisomi sono vescicole delimitate da membrana contenenti catalisi ed enzimi ossidativi. Il reticolo endoplasmatico rappresenta una rete intricata di membrane che formano ampie cisterne interconnesse in relazione alle richieste metaboliche della cellula. Questo viene definito liscio (REL) se privo di ribosomi, o rugoso (RER) se presenti sulla superficie esterna. Le vescicole poi raggiungeranno l’apparato di Golgi, suddiviso in una parte cis, ossia quella adiacente al RER, ed una parte trans, ossia rivolta verso la superficie della cellula. Questo rappresenta un’insieme di cisterne che costituiscono la stazione di modificazione e smistamento di proteine e lipidi tramite l’aggiunta di zuccheri, oltre alla proteolisi e fosforilazione di peptidi, per poi creare, mediante gemmazione, i lisosomi. Il citoscheletro rappresenta l’impalcatura proteica intracellulare, il quale conferisce una forma ed un sostegno alla cellula. È composto da tre tipi di componenti: i microfilamenti, rappresentanti dall’actina, ubiquitarie, sono responsabili della forza contrattile e del movimento lento cellulare, conferendo una forma e sostegno alla membrana. I filamenti intermedi sono strutture intracellulari con funzione di consolidamento e rinforzo della posizione degli organuli, garantendo la resistenza alla trazione cellulare. I microtubuli sono costituiti da tubulina, il quale conferisce resistenza e rigidità alla cellula, oltre a formare il fuso mitotico durante la mitosi, consentendo la distribuzione dei cromosomi alle estremità opposte della cellula. I microtubuli sono i principali componenti dei centrioli, ciglia e flagelli: i centrioli sono composti da triplette di microtubuli, rappresentando il centro organizzativo dei microtubuli, occupandosi di formare il fuso mitotico, consentendo quindi la divisione cellulare (proprio qui agiranno dei farmaci per bloccare la mitosi). La crescita dei microtubuli è associata alla divisione cellulare ed al movimento, al cui controllo sono preposte delle proteine associate ai microtubuli, ossia la chinesina e la dineina, il quale formano l’assonema 9+2, il quale consente il movimento cellulare. Le ciglia sono strutture mobili proiettate all’esterno della cellula, il quale costituiscono specializzazioni del dominio apicale: le ciglia oscillano in maniera matecrona, consentendo un movimento continuo di fluidi e secrezioni presenti sulla superficie cellulare. I flagelli, invece sono presenti esclusivamente negli spermatozoi, e consentono il loro movimento nel fluido in cui sono contenuti. Il nucleo è il più grande compartimento intercellulare, contenente il DNA, e composto da una doppia membrana, che presenta dei pori nucleari che stabiliscono la comunicazione tra il citosol e l’interno del nucleo, consentendo il trasporto di molecole o RNA. In Interfase contiene la cromatina, ossia DNA e proteine, il quale, a secondo della compattazione del DNA, si divide in: eurocromatina poco compatta, contenente geni trascritti ma è inattiva, quindi non producono proteine, ed eterocromatina, meno elettrondensa e più compatta, rappresenta la forma attiva presente in cellule in cui avviene la trascrizione del DNA in mRNA, quindi che producono le proteine. Sempre in questa fase, il nucleo contiene il nucleolo, ossia l’area nucleare per la sintesi di rRNA, il quale non codifica nessuna proteina, ma nel momento in cui si assembla con proteine ribosomiali, forma i ribosomi. La divisione cellulare avviene per mitosi e meiosi: la differenza principale è che la mitosi riguarda la divisione di cellule germinali, che tende a produrre cellule figlie che possiedono un patrimonio cromosomico identico a quello della madre, come risultato della divisione di una cellula madre con patrimonio cromosomico diploide, al contrario della meiosi, che avviene dall’incontro di due cellule germinali che possiedono un patrimonio cromosomico aploide, che porteranno a produrre quattro cellule figlie con patrimonio cromosomico aploide, in cui il prodotto cromosomico è dato dall’incrocio dei cromosomi del sesso maschile e di quello femminile. La mitosi è caratterizzata, come la meiosi, da un’interfase, ossia la fase nella quale la cellula si prepara a duplicarsi, composta da una fase G1, in cui la cellula aumenta la sintesi proteica per sfruttarla alla fase successiva, la fase S in cui si duplica il DNA ( è sparso, per poi condensarsi e formare i cromosomi, fatto da cromatidi legati da un centromero) , e la fase G2 in cui i prodotti proteici sono polimerizzati per poi arrivare alla mitosi propriamente detta, composta da 5 fasi: profase, prometafase, metafase, anafase e telofase. Nella profase i cromosomi sono visibili nel nucleo, ma ancora sparsi, in cui cominciano a duplicarsi i centrioli (fanno parte del citoscheletro, punto di partenza dei microtubuli) e spostarsi ai poli della cellula, e nella prometafase la membrana nucleare si frammenta in micro vescicole mediante esocitosi, accentrandosi nel fuso mitotico, ed i cromatidi cominciano a portarsi nella porzione centrale della cellula formando la piastra metafasica, per poi arrivare in anafase dal momento in cui i centrioli cominciano a spostarsi ed allungare il fuso mitotico affinché il centromero separi i singoli cromatidi, ed in telofase i cromosomi ritornano completi, in cui si riforma la membrana nucleare ed il nucleolo, il tutto mediante la citodieresi, ossia alla separazione della cellula in due uguali, il quale possiedono stesso patrimonio della cellula madre. In meiosi trovo una cellula diploide che forma quattro cellule aploide: definiamo gamete la cellula germinale, e come tale possiede un corredo cromosomico aploide (23 XX o XY). Nella meiosi si mescola l’informazione del gamete maschile con quello femminile, e da questo processo si ottiene una cellula figlia con patrimonio cromosomico aploide. Le cellule somatiche (quindi quelle non germinali) possiedono un numero specifico di cromosomi, sempre in coppia: i cromosomi che formano una coppia vengono definiti omologhi, definendo autosomi i cromosomi non sessuali. I due cromosomi omologhi portano i geni che controllano le stesse caratteristiche ereditarie alla stessa popolazione in determinati locus (spazi), che porteranno a formare specifiche proteine. I gameti possiedono un assetto cromosomico singolo, quindi aploidi, al contrario delle cellule somatiche che possiedono un assetto cromosomico diploide. La meiosi è composta da meiosi I in cui i cromosomi omologhi si appaiano, ed i cromatidi si scambiano alcuni segmenti, dando origine al crossing over, mentre la meiosi II rappresenta la citodieresi, in quanto trova le cellule che possiedono già un patrimonio cromosomico aploide, ed i cromatidi fratelli si separano: in meiosi I, la profase, metafase ed anafase rappresentano la mitosi, solo lavorato su un patrimonio cromosomico aploide, attuando poi il crossing over, in cui si arriverà in meiosi II dove si applicherà una citodieresi doppia. Per istologia si intende lo studio dei tessuti. Questi si dividono in tessuto epiteliale, tessuto connettivo, tessuto muscolare e tessuto nervoso. Il tessuto epiteliale è suddiviso in epitelio di rivestimento, l’epitelio ghiandolare e l’epitelio sensoriale (retina, cellule di Corti): l’epitelio di superficie, ossia l’insieme di cellule disposte in uno o più strati, poggiati su una membrana basale, una membrana fatto di connettivo prodotta dalla matrice cellulare (dai fibroblasti connettivali), interposto tra l’epitelio ed il connettivo, formando un supporto cellulare e permettendo la diffusione di nutrimento. Tutte le superfici corporee sono coperte da rivestimento, tranne le cavità articolari. Tra le caratteristiche di questo epitelio notiamo l’assenza di vasi (il nutrimento arriva per diffusione), la facilità nella riproduzione (a causa della morte delle cellule molto rapida), presentano una polarità (presenza di un polo basale ed uno apicale, con cellule specializzate). Tra le sue funzioni evidenziamo la protezione, l’assorbimento, trasporto superficiale, di secrezione e sensoriale. La classificazione degli epiteli si effettua mediante alla forma cellulare, il quale potranno assumere una forma piatta, cubica o cilindrica, suddivisi in un monostrato, pluristratificate o pseudostratificato (non si tratta di un epitelio pluristratificato, ma sono le forme delle cellule ad assumere una determinata forma). Vi sono classificazioni secondo la specializzazione di superficie, ossia ciglia e microvilli, oltre la cheratina. Gli epiteli derivano dai foglietti embrionali, ossia: - Ectoderma, il quale origina l’epidermide, l’epitelio della cornea ed il sistema nervoso centrale e periferico - Mesoderma, il quale origina l’epitelio renale, gli organi genitali maschili e femminili - Endoderma, il quale origina l’epitelio che riveste l’apparato digerente, le ghiandole gastriche ed intestinali con le ghiandole annesse all’apparato digerente Gli epiteli di rivestimento sono 8, 4 semplici e 4 stratificati: - Piatto monostratificato, anche detto squamoso semplice, in quanto è formato da una sola fila di cellule piatte, il quale rivestono gli alveoli polmonari, il mesotelio (costituisce le pleure, il peritoneo ed il pericardio, tutte membrane sierose) e piccoli dotti escretori - Cubico semplice isoprismatico, con funzione secernente, riveste dotti e tuboli delle ghiandole esocrine, principalmente le ghiandole salivari maggiori e minori - Epitelio cilindrico, riveste le superfici secretorie e di assorbimento, quindi allocato nell’intestino, nella colecisti - Cilindrico pseudostratificato, posto sulla membrana basale, allocato nelle vie respiratorie, quindi possiede delle specializzazioni sul dominio apicale - Epitelio stratificato, suddiviso in cheratinizzato e non cheratinizzato - Epitelio cubico stratificato, si alloca nei dotti, e serve per la secrezione - Epitelio cilindrico stratificato, allocato solo nella laringe e nell’uretra maschile (dotti di malpighi) per formare il liquido precoitale - Epitelio di transizione, ossia le cellule a clava e le cellule ad ombrello, presente nell’epitelio della vescica L’epitelio ghiandolare è secernente, quindi presenta gruppi di cellule preposte ad una secrezione endocrina (riversato nel circolo ematico) ed esocrina, suddivisi a secondo della morfologia (numero di cellule), al tipo di apparato secretivo ed alla natura di secrezione. Le ghiandole unicellulari sono rappresentate dalle cellule caliciformi dell’apparato secernente, il quale rappresentano loro stessi cellule, mentre le ghiandole multicellulari sono le tubulari semplici, ossia una ghiandola che presenta un fondo ed un tubulo, che potrebbe presentare un gomitolo sul fondo (come nel caso delle sudoripare), le ghiandole alveolari ramificate (per la produzione di sebo), tubolari ramificate (cardias). Le ghiandole esocrine hanno tre tipi di secrezione: - Mucoso, secerne la mucina - Sieroso, secerne una secrezione chiara che possiede delle proteine - Misto, il quale possiede una secrezione mucosa e sierosa La tipologia di secrezione può essere olocrina (quando la cellula secerne sé stessa, come nel caso delle ghiandole sebacee), melocrina (prevede l’esocitosi di un prodotto della cellula) ed apocrina (in cui il dominio apicale si frammenta, e proprio questo rappresenta la secrezione propriamente detta). Le cellule caliciformi secernono la mucina, e servono a lubrificare il lume nel quale viene secreta: sono allocate tra le cellule ciliate della trachea ed i bronchi, ma anche nell’intestino. I dotti delle ghiandole esocrine non sono dotti passivi, con epitelio cubico. Le ghiandole endocrine sono le ghiandole il cui secreto è riversato a livello ematico: quindi possiedono un meccanismo di intensa vascolarizzazione con un microcircolo intraparenchimale (all’interno della ghiandola), in cui tra le fenestrature del microcircolo il secreto ghiandolare potrà entrare nel circolo ematico. Le cellule possiedono poco reticolo rugoso, possiede ribosomi liberi. L’epitelio sensoriale presenta pochi elementi cellulari che fungono da sostegno: questi servono a ricevere e trasmettere stimoli, con la presenza di neuroni bipolari. Per consentire la trasmissione è presente una giunzione cito-neurale, quindi tra un elemento cellulare e la fibra nervosa afferente (centripeta) Il tessuto connettivo connette altri tessuti, diviso in connettivi specifici (tessuto cartilaginei, tessuto osseo, sangue e linfa) e connettivi propriamente detti, ossia i tessuti trofo-meccanici (consente la morfologia ed il movimento). Origina dal mesoderma, prevalentemente dal mesenchima, ossia la componente all’interno del trofoblasto che originerà il sangue, i connettivi, l’apparato circolatorio, il tessuto osseo e cartilagineo. Questo tessuto fornisce supporto e nutrimento agli altri organi e tessuti: è fatto prevalentemente da una sostanza intercellulare, ossia la sostanza fondamentale, fatta di fibre. I connettivi formano una continuazione con gli altri tessuti, conducendo i vasi e lo scambio di nutrienti, rivestono gli organi formando L’avventizia (una tunica sottile di rivestimento per gli organi pieni), supporto per cute e tendini, oltre ad essere l’impalcatura dello scheletro e difesa immunitaria, consentendo anche la riparazione dei tessuti (dirige le cellule quando vi è una lesione). Le cellule del connettivo sono rappresentate dai fibroblasti, dai macrofagi, dalle cellule del plasma, dagli adipociti, dalle cellule della cartilagine (condrociti e condroblasti), cellule dell’osso (osteociti ed osteoblasti) e cellule del sangue: i fibroblasti sono le cellule che producono la matrice fibrosa, fisse ed ubiquitarie, quindi metabolicamente attive. Questi producono la sostanza fondamentale, fatta di fibre. Esistono fibroblasti attivi, quindi associati alle fasce di fibre collagene, allora pieni di RER e Golgi, e quelli al riposo, più piccoli e con componenti interni meno sviluppati, ed hanno una citochinesi che gli consentono dei piccoli movimenti medianti gli pseudopodi, consentendogli il movimento nelle zone in cui è maggiormente richiesto la produzione di fibre. I mastociti sono cellule del connettivo legato alle reazioni allergiche, in quanto produce l’istamina e l’eparina. Questi si trovano nel derma, nell’avventizia dei vasi. I macrofagi fagocitano residui che vengono degradati all’interno dei lisosomi, e si occupano di formare le proteine del complemento, ossia un elemento del sistema immunitario assieme agli anticorpi, preso in causa nella difesa umorale: derivano dai monociti ematici, e si muovono all’interno dell’organismo in quanto consente la digestione dei materiali di scarto. Le cellule del plasma sono cellule migranti, originati dai linfociti B, e servono ad acquisire la risposta immunitaria (quindi lavorano in sinergia con i macrofagi), producono e rilasciano le immunoglobuline G (ossia quelle della memoria passata). Sono presenti nel connettivo lasso e nei tessuti linfonodi. Tra le fibre del connettivo troviamo le fibre collagene e le fibre elastiche: le fibre collagene più diffuse sono quelle di tipo I, il quale si trova nel derma conferendogli forza e resistenza, oltre che la flessibilità, e nei legamenti (rinforzo di un'articolazione, quindi tra muscolo ed osso) en l’osso, il tipo II nella cartilagine ed il tipo III nella lamina reticolare, il tipo IV nella membrana basale. Le fibre elastiche sono fatte di elastina, una proteina sintetizzata dai fibroblasti che conferisce elasticità: si trovano nelle arterie, nelle vene (in composizione diversa) e nell’epidermide. Le fibre reticolari servono a supportare i capillari ed i nervi, ma soprattutto forma le capsule degli organi e le fascine proprie degli organi, fatte da fibre muscolari. La matrice cellulare contiene queste fibre e la sostanza fondamentale, ossia un gel costituito da glicosaminoglicani (acido ialuronico), proteoglicani e glicoproteine (servono a dare la forma del connettivo). Il connettivo, quindi, viene diviso in lasso areolare, in connettivo denso irregolare, connettivo regolare fibroso denso, in connettivo reticolare: l’areolare lasso è fatto da molta sostanza fondamentale e poche fibre, allocata nel sottocutaneo e nell’impalcatura degli organi, oltre che nella lamina propria delle mucose, in quanto serve a mediare la risposta immunitaria, dato che contiene prevalentemente cellule di sostegno e macrofagi. Il connettivo denso irregolare, in quanto le fibre sono disordinate, si trova nel derma e nel periostio (riveste le ossa, serve per il nutrimento). Il connettivo denso regolare presenta una struttura più ordinata, quindi riveste strutture che avranno delle funzioni specifiche, come i tendini, nei legamenti ed aponeurosi (tendine largo). Il connettivo reticolare è composto da cellule reticolari sparse, e forma prevalentemente le impalcature degli organi. Il tessuto adiposo rappresenta un connettivo specializzato, diviso in bianco uniloculare e bruno multiloculare: quello bianco è più vascolarizzato, in cui vi sono i trigliceridi nel citoplasma, quindi allocato nella sottocute, nel canale midollare delle ossa lunghe (il midollo emopoietico scompare, diventando grasso), intorno ai reni (loggia peri renale di Gerota) e sotto la pianta dei piedi, mentre il tessuto bruno è pieno di mitocondri, e serve a creare calore ( quindi presente nei neonati), non rappresentando una forma di energia a rapido rilascio, ma lento, in quanto la dissipa. Il tessuto cartilagineo è un tessuto elastico, formato da sostanza fondamentale, ossia gel fatto di proteine e cellule, che in questo caso sono i condrociti e condroblasti, e le fibre, ossia il collageno e l’elastina. La vascolarizzazione della cartilagine non è interna, ma esterna, data da diffusione all’interno della matrice: questa è formata da condrociti, il quale loro stessi la producono. Esistono tre tipi di cartilagine: - Cartilagine ialina, una cartilagine vetrosa, in cui sono presenti collageno di tipo II e condroblasti. Questa riveste le superfici articolari, rivestendo i capi ossei che entrano in una capsula articolare, la trachea e le coste. È fatta da condoblasti, condrociti e condroclasti: i condroblasti sono cellule attive, il quale costruiscono, mentre i condrociti sono condroblasti quiescenti, quindi immobili, ma possiedono la stessa attività, ed i condroclasti sono un sincizio della linea monocito-macrofagica, quindi nella linea immunitaria. La cartilagine è rivestita da pericondrio, ossia fibre reticolari - Cartilagine fibrosa, composta da fibroblasti, quindi collageno di tipo I - Cartilagine elastica, composta da fibre elastiche, ossia il padiglione auricolare, oppure la tuba uditiva e l’epiglottide Queste cartilagini si trovano nei dischi intervertebrali, ma se quest’ultima fuoriesce dalla cavità che la contiene, si tratterà di un’ernia. Si trovano anche nei menischi e nelle zone di inserzione tra il tendine e l’osso. Il tessuto osseo è un connettivo specializzano in cui le cellule sono contenute all’interno di cavità scavate nella sostanza intercellulare, sono che questa è mineralizzata. Le cellule di questo tessuto specializzato sono gli osteoblasti, gli osteoclasti e gli osteociti: gli osteoblasti sono cellule non mature che producono la sostanza fondamentale, in cui poi la matrice si mineralizzerà, mentre gli osteociti rappresentano la maturazione dell’osteoblasto, e gli osteoclasti rappresentano sincizi che si occupano di riassorbimento osseo durante i processi di rimodellamento. Come detto, nella sostanza amorfa la matrice è mineralizzata da dei cristalli: si tratta dei cristalli di idrossiapatite, principale costituente del tessuto osseo, dello smalto e della dentina, rappresentante della quasi totalità del calcio presente nel corpo. Definiamo l’osso compatto l’insieme di lamelle appiattite, il quale sono disposte in circonferenze concentriche che lasciano al centro una cavità, ossia la cavità di Haverz, una cavità intra lamellare che contiene i vasi sanguigni dopo aver superato il periostio, ossia un connettivo con funzione di nutrimento ed irrorazione. Le lamelle concentriche con il canale al centro prende il nome di osteone, rappresentando l’unità morfofunzionale dell’osso, in cui ogni osteone è connesso con un altro osteone, creando un ponte, definendo in questo modo i canali di Folkmann, consentendo il passaggio di capillari venosi ed arteriosi. Al contrario, se queste lamelle sono distanziate da degli spazi, si definisce l’osso compatto spugnoso. Le ossa hanno un’organizzazione macroscopica: - Ossa lunghe, in cui la parte superiore è definita epifisi prossimale, quella inferiore invece epifisi distale, mente tra le due epifisi si trova la diafisi. Al di sotto del collo dell’epifisi è allocata la cartilagine di accrescimento, definendo in questo modo la metafisi. La diafisi è cava, in quanto contiene il midollo osseo emopoietico fino ai 18-20 anni, sostituito da tessuto adiposo - Ossa brevi, in cui non vi è la prevalenza di un diametro sull’altro: presenta un rivestimento esterno composto da osso compatto lamellare, mentre all’interno questo è spugnoso (ossa del carpo) - Ossa irregolari, il quale possiede caratteristiche intermedie tra osso lungo ed osso breve, quindi all’interno presenta osso spugnoso rivestito da osso compatto, con associati delle protrusioni ossee definiti processi, il quale al loro interno presentano una piccola quota di midollo emopoietico. - Ossa piatte, ossia le ossa del neurocranio, con una prevalenza del diametro trasversale rispetto a quello longitudinale, costituite da due lamine di osso compatto, una interna ed una esterna, il quale all’interno contengono osso spugnoso colmo di midollo rosso emopoietico: questo rappresenta la diploe - Ossa sesamoidi, ossia la rotula, in cui notiamo come questa non sia contenuta in una cavità, ma in uno sdoppiamento del tendine del quadricipite femorale, ma anche alla base del metatarso e metacarpo: vengono definite sesamoidi in quanto contenute all’interno di un tendine, quindi libere ma ancorate - Ossa pneumatiche, sono ossa che hanno al loro interno cavità rivestite di mucosa secernente (cellule caliciformi), che comunicano l’une con le altre drenando al livello delle cavità nasale. L’insieme delle ossa pneumatiche forma i seni paranasali Il sangue rappresenta un connettivo fluido, in quando presenta una parte liquida ed una parte corpuscolare: la parte liquida è definita plasma, il quale al suo interno presenta dei sali inorganici e proteine, mentre la parte corpuscolare è rappresentata da eritrociti, leucociti e piastrine. Gli eritrociti possiedono una forma a lentina schiacciata, circa 4-6 milioni per mm3 nel maschio, 4,5 milioni nella femmina: questi portano l’ossigeno dai polmoni ai tessuti, portando la CO2 dai tessuti ai polmoni (per ematosi si intende il processo di scambio tra ossigeno ed anidride carbonica nei polmoni). Durante la fase di differenziazione espellono il nucleo, in cui all’interno contengono una proteina, ossia l’emoglobina, il cui gruppo principale è definito eme, contenente il ferro che dovrà trasportare l’ossigeno. Vengono prodotti nel midollo osseo rosso emopoietico (emopoiesi), mentre la loro morte avviene nella milza e nel fegato (emocateresi, circa 120 giorni di vita per l’eritrocita). La stimolazione della crescita dei globuli rossi nel midollo osseo è mediata dall’eritropoietina, prodotta dai fibroblasti, allocata nella corticale del rene, al livello dall’apparato iuxtaglomerulare. L’emocromo rappresenta la conta degli elementi corpuscolari, in cui ematocrito (HT) rappresenta la percentuale di volume di sangue occupata dagli eritrociti, in cui l’emoglobina (Hb) si misura in grammi per decilitro, e va dai 13,1 ai 17,5 nel maschio, dai 12 ai 15,5 nella femmina. Per quanto riguarda i leucociti, sono cellule mature nucleate che viaggiano sia nei vasi del sangue che nei vasi del sistema linfatico. Sono granulociti e monociti che garantiscono l’immunità innata, mentre i linfociti rappresentano le cellule dell’immunità acquisita. Derivano dall’emocitoblasto, un precursore multipotente che, in base alla forma del nucleo ed alla presenza di granuli nel citoplasma definisce i granulociti, polimorfoucleati basofili, neutrofili ed eusinofili, oltre ai leucociti, che possono essere mononucleati o agranulocitati, che a loro volta si differenziano in monociti, linfociti e cellule NK: i monociti appartengono alla linea monocito-macrofagica, quindi della difesa cellulo mediata e digestione. I linfociti servono per l’immunità acquisita, divisi in linfociti T e linfociti B. I leucociti si misurano per microlitro o mm3, con una media di 4500. Le piastrine sono frammenti cellulari del megacariocita, il quale subisce una cariodieresi, ossia la divisione del nucleo, che però non è seguita da una citodieresi, portando alla gemmazione del citoplasma formando dei frammenti, ossia le piastrine, il quale maturano nel sangue per rimanerci all’interno circa 10gg. Questi servono prevalentemente a formare il tappo piastrinico. Il plasma contiene acqua, proteine e sali minerali: trasporta glucosio, lipidi, ormoni, ossigeno ed anidride carbonica prodotta, il tutto trasportato secondo gradiente di concentrazione definite. La linfa rappresenta un’ultrafiltrato del plasma, in cui per capillarità riassorbono l’ultra filtrato, il che costituisce la linfa: è basico, e circola all’interno dei vasi linfatici, il quale arrivano ad aumentare la propria portata, con movimento unidirezionale a causa delle valvole a nido di rondine. Questi mettono capo ai linfonodi, ossia noduli fatti di tessuto linfatico, in cui se dovesse essere presente un’antigene circolante, questo si contatta con i linfociti T interni ai linfonodi. I linfonodi drenano la linfa prodotta da settori topografici distinti. Il tessuto muscolare è diviso in liscio e striato: il tessuto muscolare striato viene definito in questo modo data la presenza di striature a livello microscopico, al contrario di quello liscio, rappresentato da un sincizio, veicolato dall’innervazione motoria. Il tessuto muscolare striato può essere scheletrico e cardiaco: quello scheletrico è volontario, mediante una contrazione volontaria partita dai centri sovrassiali della corteccia motoria principale (area 4), e si inserisce nello scheletro. Il muscolo cardiaco è striato, ma involontario. La muscolatura liscia è involontaria, con caratteristica di una contrazione continua, al contrario della striata che possiede una contrazione rapida e potente. La striatura è trasversale, con la formazione di bande: la striatura è dovuta dalla disposizione degli elementi contrattili, ossia dalla fibra muscolare, un sincizio fusiforme rivestito dal sarcolemma (ossia la membrana plasmatica), il quale contiene il citoplasma con gli organuli, e delle strutture con la capacità contrattile, ossia le miofibrille, costituite a loro volta da microfilamenti proteici, ossia l’actina e la miosina. I nuclei sono periferici, ed ogni fibra muscolare è dotata di una placca motrice, ossia la derivazione assonale di un neurone motorio, che va direttamente sulla fibrocellula muscolare striata portando la sua innervazione mediata da un neurotrasmettitore, ossia l’acetilcolina. Oltre ad avere un sarcolemma, le fibre sono rivestite da un connettivo, ossia l’endomisio, in cui, se raccolte più fibrocellule, saranno rivestite da un perimisio, e se questi formeranno un muscolo, quest’ultimo sarà rivestito da un epimisio. Il sarcomero rappresenta l’unità morfofunzionale per la contrazione, rappresentate dalle proteine contrattili: una fibra muscolare striata è composta da una linea Z, ossia una linea posta all’estremità di un sarcomero, e servono ad ancorare i filamenti sottili. È composta da delle bande, ossia la banda I e la banda A: la banda I è la regione che comprende solo filamenti sottili, mentre La banda A è una fascia trasversale composta da filamenti più spessi, al centro del sarcomero. Si crea così la zona H, ossia una zona chiara contenente i filamenti spessi e contenente la linea M, il quale accoglie i filamenti spessi affiancati, andando a formare il reticolo sarcoplasmatico, ossia una rete di rivestimento del sarcomero che contiene gli ioni calcio. La cisterna terminale rappresenta la terminazione del reticolo sarcoplasmatico, mentre il tubulo trasverso serve a condurre il potenziale d’azione, ed infine il sarcolemma che riveste il tutto. Definiamo triade del sarcomero il punto di ancoraggio delle miofibrille, in cui tali filamenti sono composti da tre tipi di proteine: - Contrattili, ossia l’actina e la miosina, che agiscono in contemporanea: l’actina è una proteina globulare a doppia elica, struttura di base dei filamenti sottili, stabilizzata dalle proteine regolatrici, e la miosina che si trova nei filamenti spessi, formata da due code, e due teste, il quale producono energia mediante l’idrolisi dell’ATP, e l’altra si lega all’actina per contrarsi - Regolatrici, ossia la tropomiosina e la troponina - Strutturali, serve a mantenere stabile la membrana plasmatica, consentendo alle proteine funzionali di ancorarsi per far avvenire lo scambio di ioni calcio, rappresentate dalla nebulina e dalla timina, andando a formare un citoscheletro fusiforme, dando un orientamento alle proteine contrattili La contrazione avviene mediante l’avvicinamento della linea Z, in cui sono allocate le code della miosina, consentendo l’accorciamento del sarcomero mediante l’idrolisi dell’ATP derivante da una delle due teste della miosina, mentre l’altra testa si lega all’actina. L’accorciamento del sarcomero si sommerà a tutti gli altri accorciamenti, consentendo la contrazione del muscolo. La testa della miosina si trova vicino ad un filamento spesso, che non interagisce con la miosina in quanto dall’idrolisi dell’ATP, e durante la contrazione, l’actina si lega alla seconda testa della miosina, ruotando e spingendolo indietro, accorciando l’actina ed accorciando il sarcomero. Esiste una distinzione morfologica macroscopica dei muscoli scheletrica striata volontaria: - Muscoli fusiformi, in cui la parte definita carnosa è a forma di fuso, con gli estremi prossimale e distale che si vanno ad inserire sui capi ossei, mediata dal tendine. Viene definito monocipite, bicipite o tricipite (il tricipite è un muscolo estensore, il bicipite è un muscolo flessore, al contrario per i muscoli della coscia) - Muscolo digastrico, quindi presenti due ventri muscolari, situati nella regione anteriore del collo - Muscoli pennati, ossia i muscoli dell’avambraccio e peronieri, in cui la maggior parte è tendine - Muscoli retti, ossia muscoli poligastrici, in cui trasversalmente vi sono iscrizioni tendinee - Muscoli larghi, o piani, il quale presenta l’aponeurosi - Muscoli triangolari, ossia il deltoide Il tessuto muscolare liscio è un tessuto muscolare viscerale, quindi rappresenta l’impalcatura muscolare dei visceri: è una muscolatura involontaria priva di striature. Questa tipologia di muscolatura è composta da due tipi di fibrocellule muscolari, ossia il muscolo liscio multiunitario, ossia quando vi sono molte fibre distinguibili l’una dall’altra, con una contrazione singolare data la singola innervazione nervosa, al contrario del muscolo liscio unitario, il quale si contrae tutto assieme date delle giunzioni comunicanti l’una con l’altra nel sarcolemma. In questa tipologia di muscolatura non vi sono le bande trasversali, quindi è priva di striatura, in cui le proteine sono ancorate ad addensamenti nel citoplasma, e la contrazione cambia la forma della fibrocellula. La contrazione avviene mediante variazione del potenziale di membrana, stimoli meccanici e stimoli chimici. Il muscolo cardiaco presenta caratteristiche intermedie, con fibre unite da giunzioni definite dischi intercalari, il quale rispondo al livello elettrico e meccanico. Condivide la striatura ed i meccanismi contrattili della muscolatura striata, e le cellule vengono divise in due tipi: le cellule muscolari cardiache, nel loro insieme, formano il miocardio, ossia un muscolo involontario mediato da una contrazione ritmica finalizzato ad un risultato. Le cellule muscolari, per consentire questa ritmicità, possiedono un punto di partenza, iniziando da delle cellule appartenenti al miocardio specifico mediata da un’innervazione derivante dal sistema orto e parasimpatico, consentendo un passaggio elettrico all’interno del cuore. Il meccanismo di contrazione è il medesimo, ma essendo involontaria deve esser necessariamente veicolata da impulsi elettrici. Altre cellule cardiache le troviamo nella superficie interna della parete dei ventricoli, il quale non si tratta di una muscolatura specializzata alla propagazione dell’onda elettrica, ma alla conduzione rapida finalizzata alla contrazione totale dell’area. Il tessuto nervoso è fatto da neuroni e cellule della neuroglia: il neurone riceve e trasmette impulsi, mentre le cellule della neuroglia rappresenta l’insieme di cellule che servono a nutrire e sostenere il tessuto nervoso. Il neurone è fatto da un copro cellulare, ossia il pirenoforo, il quale presenta il nucleo ed il citoplasma colmo di ribosomi, che presenta un prolungamento definito assone che presenta, a sua volta, dei piccoli prolungamenti, ossia i dendriti. L’assone rappresenta la fibra nervosa e, come tale, termina con il bottone sinaptico. Nell’assone sono veicolate le efferenze che dal pirenoforo vanno alla periferia, mentre nei dendriti sono veicolate le afferenze, quindi in senso contrario, dalla periferia al pirenoforo. I dendriti presentano delle protuberanze definite spine, il cui poi dall’assone si terminerà con il bottone sinaptico. Sono present diversi tipi di neuroni, tra cui: il neurone unipolare, che presenta un solo assone privo di dendriti, i neuroni pseudounipolari, il quale presenta un corpo a forma di goccia con un assone che fuoriesce e si divide a formare una T, in cui una branca si dirige in periferia mentre l’altra rientra nel SNC, in quanto questi si trovano all’interno di gangli, ossia un’unità anatomica macroscopicamente distinta formata da neuroni, intercalati sui nervi sensitivi, ed i neuroni bipolari, il quale presenta un corpo fusiforme con un assone ed un dendrite ai due poli, quindi presenti negli epiteli neuro sensoriali, ed infine i neuroni multipolari, composti da un assone colmo di dendriti. Per sinapsi si intende la comunicazione tra un neurone e qualsiasi cosa che deve ricevere l’informazione affinché possa compiere il suo compito, e si dividono in: - Sinapsi chimica, in cui prevede che il bottone sinaptico del neurone abbia delle vescicole presinaptiche, il quale, mediante l’esocitosi, le micro-vescicole entrano nello spazio intersinaptico, ed allora il neuromediatore è rilasciato nello spazio intersinaptico, pronto ad essere endocitato (esempio della placca motrice) - Sinapsi elettrica, prevalente nei vertebrati superiori, che si utilizza per finalizzare delle azioni mediante il potenziale d’azione, in cui il passaggio delle informazioni si attua soltanto mediante una gap junction, tipica dei riflessi e delle azioni singole, e consente la variazione del potenziale d’azione Le cellule gliali non sono neuroni, e si trovano nel SNC e nel SNP: servono a dare il trofismo al sistema nervoso, e fornire nutrimento ai neuroni con cui si connettono (astrociti che formano la barriera ematoencefalica). Gli oligodendrociti nel SNC, e le cellule di Schwann nel SNP, formano la mielina, ossia una struttura bianca attorno agli assoni che funge da isolante, ma a volte si interrompono per dare vita ai nodi di Ranvier, alla base della teoria saltatoria della trasmissione nervosa. L’anatomia si studia in posizione ventrale (o frontale), in ortostatismo con i palmi delle mani rivolte ventralmente, con il primo dito laterale (tutto ciò che si allontana dalla linea mediana viene definito laterale, tutto ciò che si avvicina invece mediano). Definiamo porzione prossimale tutto ciò che si trova al di sopra, mentre distale tutto ciò al di sotto. Abbiamo anche un piano coronale, per cui tutto ciò che sarà anteriore sarà ventrale, tutto ciò posteriore sarà dorsale, tutto ciò laterò- posteriore sarà frontale, e tutto ciò postero-prossimale sarà rostrale. Dividiamo lo scheletro in: - Assile, ossia cranio, colonna vertebrale, gabbia toracica e bacino - Appendicolare, ossi gli arti superiori ed inferiori Il cranio rappresenta l’insieme di ossa piatte, brevi ed irregolari ancorate mediante articolazioni fisse, ossia le suture (tranne quella tra l’osso temporale e la mandibola, ossia l’articolazione tempro-mandibolare). È suddiviso in due porzioni: - Neurocranio, o scatola cranica, in cui in visione frontale presenta l’osso frontale, e posteriormente forma un’ovoide - Splancno cranio, o massiccio faciale, il quale è connesso agli organi splancnici Il neurocranio presenta 8 ossa: - Un osso frontale, impari anche se embriologicamente si forma da due abbozzi, è un’osso pneumatico che si articola posteriormente con le due parietali mediante la sutura coronarica, frontalmente delinea i tetti delle cavità orbitarie, in cui si alloca il bulbo oculare con i suoi muscoli estrinseci, medialmente forma la radice del naso ed i seni paranasali. Qui troviamo il solco che consente il passaggio al seno venoso della dura madre, il quale arriva alla protuberanza occipitale interna (la vena si chiama seno venoso della calvaria). I due abbozzi che embriologicamente la formano, nel momento in cui non si chiuderanno prenderanno il nome di fontanella. - 2 ossa parietali, articolate nella volta cranica con la sutura sagittale, formano i lati ed il tetto del cranio - Osso occipitale, impari, si trova posteriormente. È un’osso piatto che si articola con le due parietali formando la sutura lambdoidea. Presenta il grande forame occipitale su cui fuoriesce il bulbo e le radici dell’11 paio di nervi cranici (nervo accessorio spinale), in cui poi vi entra il tronco basilare che porta l’irrorazione arteriosa. Presenta le faccette articolari dell’occipitale, articolandosi con la 1 vertebra del rachide (atlante), e presenta delle fosse cerebrali ed occipitali, separati dall’eminenza crociata che forma i solchi per i seni venosi della dura madre. - 2 ossa temporali, sono irregolari con componente di osso piatto, cave in quanto accoglie l’orecchio medio e l’orecchio esterno (presenta il foro per il meato uditivo esterno) presenta poi uno spazio per il passaggio del 7 e 8 paio di nervi cranici (nervo faciale e stato acustico). Presenta oltretutto il processo stiloidieo in cui si trovano i legamenti che stabilizzano la mandibola e la lingua. Posteriormente presenta le mastoidi del temporale, in cui si inserisce il muscolo sterno-cleido mastoideo, mentre sulla faccia inferiore presenta la faccetta articolare della tempro-mandibolare - L’osso etmoide, il quale presenta una lamina verticale, il quale da inserzione ad una piega della dura madre che divide i due emisferi, e che distalmente scende nella cavità nasale formando con il vomere il setto nasale osseo, una lamina orizzontale, il quale presenta dei fori che danno alla lamina il nome di lamina cribrosa, in cui passano i filamenti del 1 paio di nervi cranici (nervo olfattivo), mentre le due celle laterali sono rappresentati da osso pneumatico - Osso sfenoide, il quale possiede un corpo centrale e due prolungamenti laterali larghi (grandi ali dello sfenoide) e due piccoli (piccole ali dello sfenoide). Il corpo contiene un’escavazione, ossia la sella turcica, in cui è contenta l’ipofisi. Anterioremente alla sella turcica si trova il chiasma dei nervi ottici, in cui si alloca il 2° paio di nervi cranici, ossia il nervo ottico (origina dalla retina), oltre a delle fessure orbitali superiori, in cui passa il 3° paio (nervo oculo motore), il quale veicola informazioni viscero effettrici, e ci passa anche il 4° paio (nervo trocleare), oltre al 5° paio, ossia il nervo trigemino, il quale presenta una branca oftalmica, mascellare e mandibolare: dei tre passa solo la branca oftalmica. Oltretutto, passa anche il 6° paio (nervo abducente). Presenta vari fori sulla grande ala: il foro rotondo, il quale fa passare il nervo mascellare, un nervo misto che innerva l’arcata superiore Il foro ovale, per il nervo mandibolare, il quale innerva l’arcata inferiore Foro spinoso, in cui passa l’arteria meningea media Le ossa dello splancnocranio sono 14: presenta le cavità orbitali, la cavità nasale e l’apertura della cavità orale. La mandibola è composta da un corpo ed un angolo mandibolare, in cui presenta il muscolo massetere (consente di alzare ed abbassare la mandibola), un processo condolideo ed il muscolo temporale (muscolo masticatore). Le cavità orbitarie contengono i bulbi oculari con i muscoli estrinseci dell’occhio, oltre i muscoli del tessuto adiposo, un ganglio ciliare (sistema nervoso parasimpatico) che consentono la miosi e midriasi dell’occhio. Il pavimento delle cavità orbitarie è composto dalle ossa mascellari, in cui nella parete mediale si trovano le ossa lacrimali, il quale presenta un punto lacrimale che convoglia le lacrime nel canale naso-lacrimale, buttandola poi nella cavità nasale, fatto da ossa mascellari ed ossa nasali (che compongono il tetto), in cui si presenta l’unico esempio di sutura dritta (ossia la sutura armonica), che presenta dei turbinati: al di sopra presenta dei plessi che riscaldano l’aria inspirata, con un foro sopra orbitario da cui fuoriesce il nervo fuori-orbitario, branca dell’oftalmico, un nervo infra-orbitario sull’osso mascellare (ramo del nervo mascellare) ed un foro mentoniero su cui fuoriesce il nervo mentoniero. Il cranio presenta delle fosse: sulle fosse del cranio anteriore poggiano i lobi frontali ed i bulbi olfattivi, il quale si incontrano al di sopra della lamina cribrosa dell’etmoide, in cui l’osso pneumatico entra nel neurocranio con i filamenti del primo nervo cranico, ossia il nervo olfattivo, un nervo sensitivo puro: La sua origine reale si trova al livello della mucosa olfattoria, in cui si trovano delle cellule che fanno sinapsi con assoni che metteranno capo alla faccia inferiore del bulbo olfattivo, estensione prossimale del tratto olfattorio, che giace a livello osseo lateralmente alla lamina cribrosa, portandosi posteriormente a livello della sostanza perforata anteriore, dividendosi in stria olfattoria mediale e stria olfattoria laterale (la prima si dirige alla commessura anteriore e al fornice, mentre quella laterale si dirige al sistema limbico). La fossa cranica media, rappresentata dall’80% dall’osso sfenoide, il quale presenta la sella turcica in cui si alloca l’ipofisi, presenta vari fori: - Foro ottico, in cui passa il 2° paio di nervi cranici, ossia il nervo ottico, un nervo sensitivo puro bipolare, la cui origine reale è rappresentata dalla retina, in cui i neuroni metteranno degli assoni che si raggruppano in fasci nervosi, per dare vita a due nervi ottici, che attraversano il foro ottico, situato nell’osso sfenoide, formando il chiasma ottico, consentendo l’incrocio delle emiretine nasali, in cui poi le fibre posteriormente continueranno come tratto ottico, il quale circondano il mesencefalo, arrivando a mettere capo ai corpi genicolati laterali, che fanno parte della porzione posteriore dei talami, il quale tramite i bracci genicolati, mettono capo ai tubercoli quadrigemelli superiori, che fanno parte del mesencefalo, ed una volta preso le afferenze dai nuclei che permettono la mobilità oculare, si ritorna ai corpi genicolati in cui partirà la radiazione ottica di Gratiolet, che metterà capo all’area 17 nella scissura calcarina del lobo occipitale - Foro rotondo, in cui passa la branca mascellare del trigemino, è un nervo misto, ossia motore (per la lateralità della masticazione), sensitivo (per l’arcata alveolare superiore) e viscero effettore (mediante il ganglio sfenoide palatino con innervazione delle ghiandole salivari) - Foro ovale, in cui passa la branca mandibolare del trigemino - Foro spinoso, in cui passa l’arteria meningea media - Fessura orbitaria superiore, in cui passa: 3° paio, ossia il nervo oculo motore, nervo motore, sensitivo e viscero effettore: a livello viscero effettore controlla i movimenti oculari dello sfintere pupillare per la miosi (restringimento pupilla, è un riflesso), ed il muscolo ciliare (per la convessità del cristallino, per il sistema delle lenti). A livello motorio innerva i muscoli retti superiore, l’elevatore della palpebra e retto inferiore dell’occhio 4° paio, ossia nervo trocleare, nervo motore puro in quanto consente il movimento laterale del bulbo oculare La branca oftalmica del 5° paio, ossia nervo trigemino: questa branca si tratta di un nervo sensitivo puro, che presenta un’innervazione sensitiva 6° paio, ossia nervo abducente, nervo motore puro in quanto porta dalla situazione laterale a quella mediale il bulbo oculare La fossa cranica posteriore presenta il grande forame occipitale, il quale consente il passaggio del tronco encefalico (mesencefalo- tronco-bulbo, in cui da C1 a L2 vi è il sistema nervoso centrale), e presenta dei fori: - Foro stato acustico, che consente il passaggio del: 7° paio, ossia nervo faciale, nervo motore, sensitivo e viscero effettore: origina a livello reale nel solco bulbo pontino, in cui la componente Motor-somatica si distribuisce ai muscoli mimici, mentre la radice anteriore porta la viscero-effetricità: Si dirige alle ghiandole sottomandibolari e sottolinguali (no alla parotide), ed alla ghiandola lacrimale, portando la sensibilità gustativa al palato molle e della lingua 8° paio, ossia il nervo stato acustico (o vestibolo cocleare), un nervo misto sensoriale per la presenza della componente cocleare (per gli stimoli sonori) e vestibolare per la variazione dell’equilibrio: possiede dei recettori periferici, ossia le cellule capellute, situate nella scala timpanica, in cui origina la branca cocleare, innervate dalle cellule bipolari del ganglio spinale di corti, situato nella coclea. La branca vestibolare prende afferenze propriocettive che derivano dall’orecchio interno, con cellule ciliate innervati da suoni che provengono da cellule bipolari del ganglio vestibolare di scarpa, dal quale originerà la branca vestibolare, che si unirà con la branca cocleare all’interno del canale uditivo interno della nube petrosa del temporale, mettendo capo al solco bulbo-pontino, dando vita ai nuclei vestibolari e cocleari situati nel 4° ventricolo - Foro lacero posteriore, per il passaggio del 9° paio, ossia nervo glosso faringeo, nervo motore, sensitivo e viscero effettore, che porta l’innervazione alla lingua ed alla faringe: possiede un’origine apparente nel bulbo, e possiede una componente Motor-somatica (nel costrittore superiore del faringe), sensitiva-somatica (cute del padiglione auricolare e tuba uditiva), oltre che viscero-effettrice (innerva la parotide) e sensitiva-viscerale (innerva il terzo posteriore della lingua) - 10° paio, ossia nervo vago, un nervo misto, viscero effettore, motore, sensitivo ed escretore. Motore in quanto si occupa dell’innervazione parasimpatica di alcune cellule striate, il quale scende dietro il collo innervando la tiroide e consente di far vibrare le corde vocali, innerva il pericardio, le cellule pacemaker, pleure e bronchi, terminando poi nello spazio sopramesocolico (addome) incontrando l’innervazione simpatica formando, quindi, il plesso solare. esce dal cranio attraverso il foro lacero posteriore, discendendo nel collo. Possiede dei gangli sensitivi, ed innerva il costrittore inferiore del faringe, i muscoli intrinseci della faringe, e la porzione superiore dell’esofago. Nella faringe riesce ad innervare anche a livello viscero-effettrice, mentre davanti fornisce innervazione al crico- faringeo, che si occupa della motilità delle corde vocali. Successivamente il nervo vago si mette tra trachea ed esofago, formando un plesso esofageo finché il nervo di sinistra si porta in posizione anteriore, mentre quello di destra passa posteriormente: a livello anteriore cominceranno ad originare i nervi basali esterni che vanno ai visceri dell’addome, mediante plessi parasimpatici ed orto simpatici (come il plesso solare) - Grande forame occipitale, il quale consente il passaggio del: 11° paio, ossia il nervo accessorio spinale, nervo motorio puro in quanto si dirige al deltoide ed allo sterno cleido mastoideo 12° paio, ossia il nervo ipoglosso, un nervo viscero effettore e misto, che porta l’innervazione ai nervi intrinseci della lingua: fuoriesce dal canale ipoglosso, nervo moto-somatico, che innerva i muscoli linguali ed alcuni muscoli sopraioidei Le fosse esocraniche si dividono in: - Fossa temporale, in cui troviamo l’osso temporale e l’osso parietale, in cui alloggia il muscolo temporale e decorre l’arteria temporale, ramo laterale dell’arteria carotide esterna - Fossa infratemporale, in cui escono tutte le brache del trigemino - Fossa pterigo-maxillo-palatina, che contiene l’arteria mascellare interna ed il ganglio sterno palatino, con i rami pregangliari che vanno alle ghiandole salivari maggiori e minori - Cavità nasale, composta da: Tetto, ossia la lamina cribrosa dell’etmoide Laterali, fatte dall’osso mascellare, le celle dell’etmoide ed il cornetto inferiore, ossa irregolari che consentono di creare i turbinati, rivestiti di mucosa e molto vascolarizzati Pavimento, ossia l’osso mascellare e l’osso palatino Apertura nasale anteriore, in cui posteriormente presenta le coane che permettono all’aria di scendere nella laringe La mandibola è composta da un corpo e due branche montanti, oltre un angolo mandibolare: davanti si alloca il muscolo massetere, che consente l’elevazione e l’abbassamento della mandibola. Posteriormente si trova il processo condiloideo, in cui davanti a questo vi è il processo coronoideo, il quale da inserzione al muscolo temporale, altro muscolo masticatore. Il rachide, o colonna vertebrale, rappresenta l’insieme di metameri, ossia segmenti simili in senso prossimo distale, definite vertebre. In posizione frontale, il rachide deve essere dritto, e nel momento in cui presenta delle curvature si tratterà di scoliosi. Lateralmente la colonna deve presentare delle curvature fisiologiche, con una lordosi cervicale (convessità ventrale), una cifosi toracica (curvatura a convessità posteriore), ed infine una lordosi lombare ed una cifosi sacro coccigea. I metameri sono 7 cervicali, 12 toraciche, 5 lombari, 4/5 vertebre sacrali e 4/5 vertebre coccigee fuse nel coccige. La vertebra è un osso irregolare, il quale presenta ventralmente un corpo vertebrale, posteriormente presenta due peduncoli vertebrali suddivisi in un processo trasversale (laterale) e lamina vertebrale (mediale), il quale si fondono dando origine al processo spinoso. La faccia posteriore con i due peduncoli e le lamine circoscrivono il foro vertebrale, in cui la giusta sovrapposizione dei fori vertebrali forma il canale vertebrale, in cui si alloca il midollo spinale, parte integrante del SNC. La prima vertebra cervicale è definita atlante: presenta due faccette articolari che rappresentano i processi condiloidei, che si trovano sulla superficie esterna dell’osso occipitale, attuando in questo modo l’articolazione atlanto-occipitale. L’atlante non presenta un corpo vertebrale, ma un arco, ed a sua volta è privo di un processo spinoso, e proprio come le successive 5 vertebre, presenta un foro intertrasversario, su cui passano le arterie vertebrali da C6 a C1 entrando nel neurocranio mediante il grande forame occipitale, attuando l’irrorazione dell’encefalo. La seconda vertebra è definita epistrofeo, e presenta un processo spinoso abbozzato con un corpo più presente: presenta due processi articolari per ancorarsi all’atlante, ed i processi trasversi presentano i fori Inter trasversali, oltre ad un processo prossimale definito dente dell’epistrofeo, in modo da realizzare l’articolazione atlante-epistrofica (gingillo assiale) per permettere la lateralità del capo rispetto al rachide. Da C3 a C6 si comincia ad avere un corpo vertebrale, ed il processo spinoso è bifido, fino a C7, in cui il processo diventa unico e sancisce la fine delle vertebre cervicali. Successivamente si trovano le vertebre toraciche, in cui il corpo vertebrale comincia a diventare a cuore di carta da gioco, con un unico processo spinoso piccolo, ed i processi trasversi presentano delle faccette articolari per le coste. Tra i peduncoli vertebrali di una vertebra e l’altra si formano un foro a destra ed uno a sinistra: si tratta dei fori di coniugazione, da cui ci escono i nervi spinali. Le vertebre lombari presentano un corpo più prorompente, con i processi spinosi che si vanno ad assottigliare ed i processi trasversi tozzi, in quanto sono alloggiati i muscoli erettori della colonna vertebrale, ma mano mano il foro vertebrale riduce il suo calibro, in quanto il midollo spinale non percorre tutta la colonna, ma si ferma a livello di L2, ed al di sotto ci saranno le radici che, assieme, formano la cauda equina. L’osso sacro è la risultante della fusione delle vertebre sacrali: i processi trasversi si sono ormai fusi, dando origine alle ali del sacro. Nella superficie posteriore troviamo la cresta sacrale mediana, fusione dei processi spinosi: all’interno delle vertebre sacrali si trova il canale sacrale, in cui i fori di coniugazione li troviamo per lato, raddoppiati a causa della fuoriuscita dei rami posteriori ed anteriore per innervare i muscoli del dorso ed ogni segmento posteriore, non attendendo la divisione del nervo in quanto già troviamo i rami finali. Distalmente l’osso sacro si articola con il coccigee, ossia la fusione delle vertebre caudali, il cui corpo rappresenta la vestigia dei processi articolari, privo di canale coccigeo, ma presenta una concavità anteriore e, al livello dell’apice del coccige, si inserisce un tendine che fornisce inserzione ad ulteriori tendini. I nervi coccigei possiedono una radice coccigea che fuoriescono dall’apice del sacro. Nello scheletro assile rientra anche la gabbia toracica: si tratta di un’insieme di segmenti ossei rappresentati dalle vertebre toraciche posteriormente e laterò anteriormente dalle coste e dallo sterno (sono ossa piatte). Le coste sono 12, articolate con le 12 vertebre toraciche, anteriormente articolate, dalla prima alla decima, con lo sterno, al contrario delle ultime due definite coste fluttuanti. Le coste sono divise in vere, false e fluttuanti: le coste vere possiedono una propria cartilagine costale, tramite la quale riescono ad effettuare un’articolazione condro-costale e condro-sternale. Queste vanno dalla prima alla settima, da cui poi si articoleranno, dall’ottava alla decima le coste false, ossia coste che sfruttano la cartilagine della settima formando l’arco costale. La costa possiede una testa che si articola con il corpo della vertebra, un tubercolo che si articola con i processi trasversi: la costa piega medialmente ed inferiormente, formando un margine superiore liscio ed un margine inferiore tagliente, in quanto sulla superficie interna, inferiormente, si trova il solco costale, all’interno del quale passa il fascio vascolo-nervoso intercostale, ossia arteria, vena e nervo intercostale. Le prime due coste si articolano al di sotto della clavicola, dato che danno inserzione ai muscoli respiratori accessori, il quale servono ad innalzare la gabbia toracica. La clavicola possiede un estremo laterale, ossia l’estremo acromiale per l’articolazione acromion- clavicolare, ed un estremo sternale, in cui si articola l’articolazione sterno-clavicolare: queste articolazioni perché la clavicola porta in alto la gabbia toracica e, se usata come perno di inserimento dei muscoli accessori, rappresenta il punto fermo di questi. Nel margine inferiore della clavicola passano l’arteria e la vena succlavia. Lo sterno è composto da tre elementi articolati a formare un angolo ottuso posteriormente: al livello prossimale si trova il manubrio, che presenta l’incisura sternale su cui fondo si alloca la trachea con la cricoide, e la tiroide. Lateralmente all’incisura sternale troviamo le due bozze per l’articolazione sterno-clavicolare, avviando poi l’articolazione con il corpo, ossia la parte inferiore, che forma un angolo ottuso, il quale ci consente di trovare gli organi di riferimento. Inferiormente troviamo il processo xifoideo che si alloca davanti al ventricolo sinistro del cuore, il quale è cartilagineo fino all’età adulta. Il bacino, o pelvi, è un’insieme di ossa: posteriormente troviamo l’osso sacro, mentre lateralmente troviamo l’osso iliaco, il quale deriva dalla fusione di tre segmenti (ileo, pube ed ischio). Le due ali iliache anteriormente presentano due spine, ossia le spine iliache anteriori superiori, dalla quale si inseriscono il muscolo sartorio, quadricipite, muscoli larghi dell’addome e tendini. Questo osso permette il passaggio da una posizione ortostatica ad una posizione clinostatica, mantenendo, mediante l’articolazione coxo-femorale, la posizione eretta. L’ala iliaca possiede, nella parte interna, la fossa iliaca, all’interno della quale passa il muscolo ileo-psoas, ed una superficie esterna definita glutea, che consentono l’inserzione dei muscoli del gluteo, oltre un foro otturatorio, coperto dalla membrana otturatoria, che consente l’inserzione dei muscoli otturatori esterni ed interni, ossia i muscoli extrarotatori ed intra rotatori del femore: le due branche pubiche sono articolate al centro mediante la sinfisi pubica. Lo scheletro appendicolare è rappresentato dagli arti superiori ed inferiori: l’arto superiore è composto da scapola, omero, ulna (mediale) e radio (laterale), ossa del carpo, ossa del metacarpo e falangi. La scapola, assieme alla componente prossimale dell’omero costituisce lo scheletro osseo della spalla, l’omero lo scheletro osseo del braccio, ulna e radio dell’avambraccio, le ossa del carpo del polso, le ossa del metacarpo del palmo della mano, mentre le falangi lo scheletro osseo delle dita. La scapola è un’osso piatto, con una superficie anteriore definita fossa sotto scapolare, ed una posteriore divisa dalla spina della scapola in una fossa sopraspinosa ed una fossa infraspinosa. La spina termina con l’acromion, il quale si articola la clavicola. Il margine laterale viene definito ascellare, il quale guarda il cavo laterale: questo margine accoglie la cavità glenoidea, su cui si articola la testa dell’omero, protetta dall’acromion e dal processo coracoideo. La scapola è appoggiata sulla superficie posteriore della gabbia toracica, e tra le coste e la scapola troviamo il muscolo sotto scapolare e muscoli che permettono la rotazione della spalla, ossia la cuffia dei rotatori. L’omero è un’osso lungo che presenta l’epifisi prossimale definito testa dell’omero, ed un’epifisi distale che presenta delle caratteristiche per l’articolazione del gomito. La testa dell’omero, e l’epifisi distale dell’acromion e del condilo sono coperti dalla cartilagine articolare, per l’articolazione scapolo-omerale. Al di sotto della testa si trova un collo anatomico, e scendendo si trovano due tuberosità che inscrivono un solco, il quale consente il passaggio del tendine del capo lungo del bicipite, muscolo flessore. Al di sotto l’epifisi distale presenta una troclea ed un condilo: la troclea, con il condilo, entrano all’interno di processi dell’ulna e del radio consentendo l’articolazione del gomito. Attorno all’omero troviamo dei rami arteriosi, ed al livello del collo chirurgico troviamo la cartilagine metafisaria per l’accrescimento. Lo scheletro dell’avambraccio è rappresentato dall’ulna e dal radio: l’ulna presenta un‘epifisi prossimale con un processo definito olecrano, il quale entra alla fossa olecranica su cui passa il tendine del tricipite, il tutto mediante l’incisura troclrare, che consente il movimento di flesso estensione, o ginglimo angolare. Il radio presenta l’epifisi prossimale a forma di capitello, permettendo la prono-supinazione dell’avambraccio mediante un ginglimo assiale, e distalmente, insieme all’ulna, si articolano con le ossa del carpo, ed il radio presenta il processo stiloideo del radio su cui decorre l’arteria radiale. Le ossa del carpo sono ossa brevi, e sono 8, composto da due file poste a conca, ossia il tunnel carpale, da cui decorro tendini dei muscoli flessori delle dita della mano, l’arteria ulnare ed il nervo mediano, il quale innerva i muscoli dell’eminenza tenar, gli interpalmari ed interdigitali, oltre le prime tre dita. Il metacarpo è composto da 5 ossa metacarpali: sono ossa lunghe, e rappresentano lo scheletro del palmo della mano. Successivamente troviamo le falangi, scheletro osseo delle dita, in cui il primo dito è composto da due falangi, mentre le altre dita da tre falangi. L’arto inferiore possiede il femore come scheletro osseo della coscia, tibia e perone come scheletro della gamba: il femore è un’osso lungo che presenta un’epifisi prossimale che possiede una testa con un collo, ed i due tubercoli prendono il nome di grande trocantere e piccolo trocantere. La testa del femore si inserisce nella cavità dell’acetabolo della pelvi, formando l’articolazione coxo- femorale, rivestita di cartilagine articolare. Il corpo presenta una sezione prismatica cava per il passaggio del midollo rosso, e presenta i due condili con al centro una superficie rotulea: sulla superficie rotulea troviamo la fossa intercondiloidea, in cui si inseriscono i legamenti crociati. La rotula è un osso sesamoide che protegge l’articolazione del ginocchio nella posizione eretta: questa è compresa all’interno del tendine di inserzione distale del muscolo quadricipite femorale, su cui si può elicitare il riflesso rotuleo. La tibia è mediale, in cui lateralmente si inseriscono i muscoli flessori del dorso e delle dita del piede: la tibia supporta il peso del corpo, con un’epifisi prossimale definita piatto tibiale sul quale poggiano i due condili del femore, mentre distalmente presenta il malleolo mediale, in cui posteriormente passa l’arteria tibiale ed i tendini che mi permettono di estendere le dita del piede. Il perone è laterale, in cui distalmente forma il malleolo laterale: consente l’inserzione dei muscoli peronieri, che mi permettono di extra ruotare il piede, la flessione e l’ampliamento delle dita del piede, e la flessione plantare del piede. Il piede presenta lo stesso numero di falangi delle mani, ma passando dal metacarpo al metatarso, mentre cambieranno le ossa del tarso: ci sarà un osso posteriore che poggia sul suolo definito calcagno, molto spesso e resistente, articolato con l’astragalo prossimalmente, che si articola prossimalmente con la tibia, mentre in avanti è sono presenti il clavicolare, il cuboide e tre cuneiformi, che si articolano con le ossa del metatarso per formare l’arco plantare. L’artrologia studia le articolazioni, ossia la connessione mediata tra due cavi ossei mediante una capsula articolare. Questa articolazione può essere divisa in base alla struttura ed alla funzione: in base alla struttura troviamo articolazioni fisse, mobili ed articolazioni che hanno le caratteristiche delle fisse e delle mobili. Le articolazioni fisse si chiamano sinartrosi, ossia le suture craniche, mentre le articolazioni mobili vengono definite diartrosi, come nel caso del gomito. Le anfiartrosi invece presentano le caratteristiche delle fisse e delle mobili, come i dischi intervertebrali, il quale possiedono movimenti limitati ma non nulli (come anche la sinfisi pubica che durante il parto si allarga, consentendo l’ampliamento delle ossa del bacino). Dal punto di vista strutturale troviamo articolazioni fibrose, cartilaginee e sinoviali: le articolazioni fibrose sono tenute insieme da connettivo denso, come nel caso della sinfisi pubica. Le articolazioni cartilaginee, come nel caso della condro-costale, mentre le sinoviali possiedono una capsula articolare piena di una membrana sinoviale che produce il liquido sinoviale, come nel caso della scapolo-omerale. Le articolazioni fibrose sono, a loro volta, divise in gonfosi, suture e sindesmosi: l’unica gonfosi esistente è quella tra la radice del dente e la cavità alveolare, mentre la sindesmosi vede l’insieme di membrane che uniscono due ossa parallele, ossia quella tra ulna-radio e tibia-perone, in cui la membrana è interossea. Le articolazioni cartilaginee sono invece sincondrosi e sinfisi: la prima è rappresentata da un segmento di cartilagine ialina, mentre la sinfisi prevede dei capi ossei rivestiti da cartilagine ialina. Le articolazioni fibrose sono rappresentate invece da sindesmosi, suture, sinfisi e sinostosi: presentano un movimento limitato o nullo, in cui la sinostosi è rappresentata dalla fusione embrionale tra ischio e pube nella vita embrionaria, quando l’ossificazione dello strato cartilagineo. Le suture sono le articolazioni tra le ossa piatte del cranio, in cui alla nascita non sono completamente ossificate, dando origine alle fontanelle. La diartrosi è un’articolazione mobile, per definizione sinoviale, ossia presenta due capi ossei affrontati all’interno di una capsula articolare, fatta da tessuto fibroso denso rafforzata dai legamenti propri o a distanza, mentre all’interno troviamo la capsula articolare propriamente detta, il quale riveste i capi articolari, sempre rivestita da cartilagine articolare, permettendogli di non avere attriti durante lo sfregamento. La capsula articolare riveste il tutto, ed all’interno presenta un’ulteriore capsula, sul quale è attaccata la membrana sinoviale alla capsula sinoviale: la membrana sinoviale è un connettivo specializzato che riveste l’interno della cavità articolare, ed ha una funzione protettiva sullo strato più interno in quanto produce il liquido sinoviale, in cui uno strato della membrana sinoviale è definito intimale, fatto da sinoviociti di due tipi, in cui uno secerne i prodotti proteici, ossia l’acido ialuronico, permettendo la protezione della capsula articolare, mentre l’altro secerne macrofagi, ed uno strato profondo in cui passano i vasi sanguigni per l’irrorazione. Le articolazioni sinoviali sono di 6 tipi: - Artrodia, in cui le faccine articolari sono piatte, e consentono solo i movimenti di scivolamento, come nel caso delle vertebre - Enartrosi, ossia l’articolazione coxo-femorale, anche detta sferartrosi in quanto uno dei due capi è a forma sferica, mentre l’altro rappresenta il negativo della forma sferica - Condiloartrosi, dove abbiamo dei piani ellissoidali, ossia i condili, come nel caso della mandibola - Articolazione a sella, in cui abbiamo piano concavo e l’altro convesso, come l’articolazione trapezio (ossa del carpo) -metacarpiale - Ginglimo angolare, o troclea, in cui si viene a realizzare dove vi è una troclea che ruota all’interno di un negativo - Ginglimo assiale, o trocoide, il quale si viene a realizzare a livello dell’articolazione radio- ulnare prossimale, permettendo il movimento di prono-supinazione La tempro-mandibolare è composta da una capsula articolare divisa in due da una lamina orizzontale, in cui è presente un menisco, ossia una lamina di connettivo fibroso denso che presenta un foro per il ricircolo del liquido sinoviale. Il rachide presenta articolazioni intrinseche ed estrinseche: quelle intrinseche si trovano tra i metameri, mentre quelle estrinseche sono tra i processi articolari, con legamenti a distanza che li tengono assieme, come nel caso dell’articolazione atlanto-occipitale ed atlante-epistrofica. Si trovano anche articolazioni tra le faccette articolari, ossia le artrodie. La miologia è lo studio dei muscoli: la muscolatura striata viene definita scheletrica in quanto si inserisce sul periostio mediante i tendini. Il capo presenta un'aponeurosi, ossia la galea capitis, il quale unisce il muscolo frontale al muscolo occipitale: i muscoli del capo vengono definiti mimici, o faciali, innervati dal nervo faciale. Il muscolo pellicciaio si inserisce prossimamente sull’arco mandibolare arrivando distalmente sulle clavicole: questo muscolo tende la fascia cervicale anteriore, il quale protegge i vasi superficiali del collo e della faccia, ossia la vena giugulare esterna e l’arteria carotide esterna, oltre a veicolare l’innervazione che dalla faccia scende sul collo. Il muscolo buccinatore si trova sulla regione malare, il quale consente la suzione mediante l’integrità del muscolo con l’orbicolare della bocca. Questo muscolo è attraversato dal dotto di Stenone. Sul collo sono presenti i muscoli sopra e sottoioidei: lo ioide ancora questa muscolatura per permettere la costituzione dello scheletro muscolare profondo del collo, all’interno del quale si trova l’apparato respiratorio alto e l’apparato fonatorio, il decorso vascolare profondo del collo e del nervo vago. La colonna vertebrale è composta da muscoli motori, che permettono la mobilità della colonna vertebrale, e muscoli intrinseci che permettono la stabilità della colonna vertebrale. I muscoli motori sono: - spino articolari, tra rachide ed arto superiore, ossia il trapezio, il quale innalza le articolazioni scapolo-omerali, innervato dal nervo accessorio spinale, ed il grande dorsale, il quale si inserisce sull’omero - spino costale, tra il rachide e le coste, sono muscoli intrinseci che consentono di mantenere la colonna dritta - spino dorsali, il quale rimangono sulla colonna, che, come gli spino costali, consentono di mantenere il rachide dritto I muscoli lunghi della testa e del collo, con i muscoli retti anteriori consentono di mantenere il rachide cervicale ed il capo dritto: i muscoli scaleni possiedono un'inserzione prossimale nei processi trasversi delle vertebre cervicali, mentre l’inserzione distale, intermedia e posteriore si trova sulla prima e seconda costa. Si tratta di un muscolo respiratorio accessorio, in quanto innalza la gabbia toracica, e, davanti allo scaleno anteriore decorre la vena succlavia, e tra lo scaleno anteriore e lo scaleno medio passa l’arteria succlavia ed il plesso brachiale. Sulla superficie anteriore del muscolo scaleno anteriore decorre il nervo frenico, ramo terminale del plesso cervicale. I muscoli del torace sono i muscoli intrinseci, e quindi rimangono nel torace, ed estrinseci, divisi in toraco-appendicolari e toraco-addominali: i muscoli estrinseci sono rappresentati dal grande pettorale, il quale si inserisce sulla clavicola, sterno e dalla 5° all’8° costa, e lateralmente si articola con l’omero. Al di sotto del grande pettorale troviamo il piccolo pettorale, muscolo respiratorio puro, ed il dentato, rappresentato da dieci digitazioni muscolari che posteriormente si inseriscono sulla scapola, ed anteriormente sulle coste, il quale, contraendosi, si allarga aumentando gli spazi intercostali, aumentando il volume toracico. Il diaframma è un muscolo che presenta dei tendini con inserzione periferica, oltre un tendine centrale, ossia centro frenico del diaframma: il diaframma si mette a cupola, facendo si che in alto ci sia il centro tendineo del diaframma, mentre inferiormente i tendini periferici. Posteriormente si inserisce sulla colonna lombare, e con degli archi tendinei sullo psoas e quadrato dei lombi si inserisce sull’arco costale e sullo sterno. Il diaframma presenta delle fessure, tra cui: - iatus della vena cava inferiore, ossia la vena più grande del corpo che porta il sangue refluo al cuore. Si trova tra la fogliola centrale e quella di destra, quindi dove poggia l’atrio destro del cuore - Iatus esofageo, ossia il tratto in cui l’esofago continua per poi superare il cardias e diventare stomaco, passa nello iato, perforando il diaframma per entrare nella cavità addominale. Si trova anteriormente all’aorta, circondato da un fascio di muscoli circolatori diaframmatici, ossia lo sfintere esofageo inferiore - Iatus aortico, in cui l’aorta da toracica discende nell’addome proprio attraverso lo iatus aortico, affiancato alla colonna toracica, in cui poi ci passa anche il dotto toracico e la vena azigos I muscoli dell’addome si distinguono in retti e larghi: i muscoli antero-laterali sono muscoli retti poligastrici, mentre i muscoli larghi sono tre, composti da un’aponeurosi laterali che li unisce gli uni agli altri, ossia il muscolo grande obliquo esterno, piccolo obliquo interno ed il muscolo trasverso. La parete posteriore dell’addome è fatta da due muscoli, ossia il quadrato dei lombi, su cui appoggiano i reni, ed il muscolo psoas, il quale dalla colonna lombare scende, entra in fossa iliaca ed incontra il muscolo iliaco, formando il muscolo ileo-psoas, il quale si inserisce sul piccolo trocantere del femore. I muscoli della spalla sono rappresentati dai muscoli della cuffia dei rotatori, enartrosi che mi permette di compiere un movimento a 360°. Il deltoide riveste il tutto, e contraendosi mi permette di effettuare l’abduzione dell’arto superiore rispetto al tronco. I muscoli del braccio presentano nella loggia anteriori il muscolo bicipite, flessore con innervazione derivante dal nervo mediano, oltre al muscolo coraco-brachiale ed il brachiale anteriore. Nella loggia posteriore il muscolo tricipite, estensore con innervazione derivante dal nervo radiale. I muscoli dell’avambraccio presentano nella loggia anteriore i muscoli flessori delle dita e del polso, mentre quelli della loggia posteriore sono estensori, ed al livello della membrana interossea si trovano i muscoli pronatore rotondo e pronatore quadrato, che consentono la prono-supinazione. La pelvi presenta un diaframma pelvico, ossia l’insieme di muscoli che chiude la cavità pelvica: in fondo si trovano i muscoli elevatori dell’ano, fatto da una componente pube-coccigea, ileo- coccigea ed ischio-coccigea, per poi andare a convergere davanti al coccige nel centro tendineo del perineo. Esternamente non viene definita pelvi, ma perineo, in cui troviamo i muscoli ischio- cavernosi nel perineo femminile, e bulbo cavernosi, che vanno a costituire lo scheletro muscolare delle grandi labbra, mentre nel maschio la muscolatura ischio-cavernosa e bulbo-cavernosa è più rappresentata, permettendo l’erezione e consentono di buttare al di fuori lo sperma. I muscoli della coscia compiono l’opposto di quelli del braccio, quindi in loggia anteriore troviamo gli estensori, ossia il quadricipite innervato dal nervo femorale che deriva dal plesso lombare. Il muscolo sartorio, gracile e semitendinoso formano un tendine sul condilo mediale. Nella regione posteriore troviamo il bicipite femorale, muscolo flessore innervato dal nervo ischiatico. I muscoli della gamba presentano, nella loggia anteriore i muscoli tibiali, ed i muscoli estensori delle dita e dell’alluce, nella regione laterale i peronieri, che mi permettono i movimenti di lateralità del piede, e nella regione posteriore troviamo uno strato superficiale ed uno profondo rappresentato dal muscolo gastrocnemio, in cui in profondità presenta il soleo, che, insieme, terminano con un tendine, ossia il tendine d’Achille

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