LE PAROLE CHIAVE DELLA STORIA CONTEMPORANEA: IL NOVECENTO PDF

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Vincenzo Barra

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Questi appunti trattano le parole chiave della storia contemporanea del Novecento. Sono un'analisi di diversi concetti importanti riguardanti il periodo. Gli appunti sono un testo accademico per studenti universitari.

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“LE PAROLE CHIAVE DELLA STORIA CONTEMPORANEA: IL NOVECENTO” PROF. VINCENZO BARRA Università Telematica Pegaso Le parole chiave della storia contemporanea: il Novecento Indice 1 APPEASEMEN...

“LE PAROLE CHIAVE DELLA STORIA CONTEMPORANEA: IL NOVECENTO” PROF. VINCENZO BARRA Università Telematica Pegaso Le parole chiave della storia contemporanea: il Novecento Indice 1 APPEASEMENT --------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3 2 CENTRISMO ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 4 3 COMPROMESSO STORICO ----------------------------------------------------------------------------------------------- 6 4 TOTALITARISMO ------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 7 5 WELFARE STATE ----------------------------------------------------------------------------------------------------------- 10 BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 12 Università Telematica Pegaso Le parole chiave della storia contemporanea: il Novecento 1 Appeasement Il termine “appeasement” è di difficile traduzione in italiano, ma il suo senso potrebbe essere dato dalla parola “acquiescenza”. Infatti, connesso al concetto di appeasement vi è anche la concessione di alcuni obiettivi di un antagonista o di un nemico. In senso propriamente storico il termine si riferisce in genere alla politica britannica e francese nei confronti di Hitler e della Germania nazional-socialista che consistette nel contenere l’aggressiva politica tedesca assecondandone le richieste, fintanto che queste fossero state ritenute in un certo senso “ragionevoli”, considerando che per esse non sarebbe valsa la pena scatenare una guerra a livello europeo. Il culmine di questa politica di appeasement viene ritenuta la Conferenza di Monaco del settembre 1938. In essa il primo ministro inglese N. Chamberlain (1869-1940) e il primo ministro francese E. Daladier (1884-1970) accettarono l’occupazione da parte della Germania, in cambio di una semplice promessa di pace da parte di Hitler, di quella regione della Cecoslovacchia popolata da tedeschi (i Sudeti). L’occupazione nazista segnò poi, l’inizio della dissoluzione e dello smembramento dello stato cecoslovacco. La politica di appeasement, in generale, rappresenta un’acquiescenza alle pretese di un imperialismo, e in questo senso non è da considerarsi un compromesso diplomatico alla pari tra le parti in causa. Il contrario dell’appeasement è invece la “politica di contenimento”, cioè di resistenza alla politica imperialistica, senza alcun tipo di compromesso. Storicamente, l’appeasement è stato giudicato negativamente, come un cedimento alla Germania nazista e come l’inizio di quel percorso che avrebbe portato allo scoppio della Seconda guerra mondiale. In realtà, tanto in Francia quanto soprattutto in Gran Bretagna, erano presenti larghi settori dell’opinione pubblica vivamente propensi al compromesso con Hitler. Non a caso al ritorno dalla Conferenza di Monaco sia Chamberlain che Daladier furono accolti con manifestazioni popolari entusiastiche, e considerati i salvatori della pace. Solo W. Churchill (1874-1965) a capo di una corrente minoritaria interna al partito conservatore si oppose decisamente alla politica dell’appeasement. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 12 Università Telematica Pegaso Le parole chiave della storia contemporanea: il Novecento 2 Centrismo Il termine “centrismo” deriva da “centro”, cioè la posizione intermedia dello schieramento politico basato su una divisione destra-sinistra o conservazione-cambiamento. In Italia il termine è venuto ad indicare la particolare formula di governo quadripartitica composta da Democrazia Cristiana, Partito Liberale, Partito Social-Democratico e Partito Repubblicano. Questa maggioranza, e la formula centrista, fu alla base di tutti i governi del dopoguerra fino ai primi anni Sessanta, quando fu sostituita dal centro-sinistra. Il centrismo iniziò con la vittoria della Democrazia Cristiana alle elezioni del 18 aprile 1948, in cui ottenne il 48,5 per cento dei voti e la maggioranza assoluta dei seggi. Pur potendo A. De Gasperi (1881-1954) dare vita ad un governo “monocolore”, e cioè formato e sostenuto solo dalla Democrazia Cristiana, egli preferì allearsi con gli altri partiti minori di centro per escludere da un lato la sinistra, socialisti e comunisti, e dall’altro la destra dei neofascisti e monarchici. Grazie al ruolo di partito egemone che la DC ricopriva all’interno della coalizione centrista i partiti minori potevano entrare e uscire dalla maggioranza di governo conferendo sfumature programmatiche diverse agli stessi governi senza che il ruolo di De Gasperi e quello della DC fossero mai messi in discussione. Per molti versi il centrismo fu una nuova versione, adattata alla nuova realtà della Repubblica dei partiti, del sistema che possiamo definire in senso lato «trasformista» e che si basa, appunto, sull’unione di tutte le forze legittimate a governare in un’unica maggioranza che può mutare i suoi equilibri interni […] ma non può mai spezzarsi in due tronconi, pena la cessione di un peso determinante alle forze considerate, non importa se a torto o ragione, antisistema.1 In effetti il passaggio all’opposizione dei due partiti di sinistra, già nel 1947, segnò l’inizio di una situazione che aveva solo l’apparenza di competizione bipolare venendo a ricreare una condizione del sistema politico per molti versi simile a quella dell’Italia liberale e pre-fascista. Ma sarebbe scorretto individuare una continuità con il trasformismo liberale, il cui 1 G. Sabbatucci, Il trasformismo come sistema, Laterza, Bari 2003, pagg.77-78. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 12 Università Telematica Pegaso Le parole chiave della storia contemporanea: il Novecento modello originario si fondava su maggioranze mobili costruite attraverso gli accordi con i singoli deputati o con i gruppi di interesse locale: il tutto in assenza di schieramenti politici e di gruppi parlamentari fortemente strutturati. Quello della «Repubblica dei partiti» è invece un modello rigido i cui equilibri sono in larga parte predeterminati in base alle intese di vertice tra le segreterie.2 Il centrismo entrò in crisi con la progressiva erosione del consenso elettorale a partire dalle elezioni amministrative del 1951. Il tentativo di blindare la maggioranza centrista con una legge elettorale che assegnava un premio di coalizione a chi ottenesse il 50 per cento più uno dei voti (la cosiddetta “legge truffa”) fallì nelle elezioni del 1953, quando per alcune migliaia di voti il premio di maggioranza non scattò. Ma la forma politica del centrismo sopravvisse alla morte di De Gasperi e durò fino all’avvio del centro-sinistra, con l’ingresso dei socialisti nella maggioranza, insieme a Democrazia Cristiana, Partito Repubblicano e Partito Social-democratico. 2 Ivi, pag.78. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 12 Università Telematica Pegaso Le parole chiave della storia contemporanea: il Novecento 3 Compromesso storico L’espressione indica la politica iniziata dal segretario del Partito Comunista Italiano E. Berlinguer (1922-1984) all’inizio degli anni Settanta e che consisteva nella necessità di stringere un accordo fra le principali forze politiche italiane: Partito Comunista, Partito Socialista e Democrazia Cristiana, con lo scopo di scongiurare il pericolo che la crisi economica e politica sfociasse in soluzioni di tipo autoritario e antidemocratico sul modello di ciò che era successo in Cile con il colpo di stato di Pinochet. La strategia del compromesso storico fu esposta da Berlinguer in tre articoli pubblicati sulla rivista “Rinascita”. La linea politica di Berlinguer si concretizzò nell’avvicinamento progressivo tra Partito Comunista e DC guidata da Moro (1916-1978). Nel 1976, il PC ottenne il maggior consenso elettorale della sua storia riportando il 34,4 per cento dei voti alla Camera. Il compromesso storico si realizzò con l’ingresso graduale del PC nella maggioranza di governo nella fase della “solidarietà nazionale”, tra il 1978 e il 1979. In seguito all’assassinio di Moro da parte delle Brigate Rosse il calo di consensi riscontrato dal PC alle elezioni del ’79 provocarono l’uscita dei comunisti dal governo, l’abbandono della strategia del compromesso storico e il ritorno alla contrapposizione con la Democrazia Cristiana e tutti i suoi alleati, compresi i socialisti. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 12 Università Telematica Pegaso Le parole chiave della storia contemporanea: il Novecento 4 Totalitarismo “Totalitario” e “totalitarismo” sono due termini di cui s’iniziò a parlare in Italia verso la metà degli anni Venti (l’usò per primo l’antifascista Giovanni Amendola nel 1923) per definire le caratteristiche del governo fascista, di tipo nuovo contrapposto a quello liberale. In un articolo sul giornale liberale “Il Mondo”. Amendola usò il termine “totalitario”, dopo che alle amministrative il fascismo aveva presentato sia la lista di maggioranza sia quella di opposizione. Così nacque l’aggettivo “totalitario”, per indicare, in altre parole, il governo di un partito-milizia che si era impadronito del monopolio del potere, usando la propria organizzazione armata e gli stessi strumenti statali, per eliminare gli altri partiti e imporre la propria ideologia come interprete unica ed esclusiva della nazione, considerando nemico dell’Italia chi non era fascista o non lo diventava. Dal 1925 in poi lo stesso fascismo s’impadronì del termine nuovo di totalitarismo, per indicare con compiacimento il regime nuovo istaurato in Italia, lo “Stato nuovo” vale a dire lo Stato di partito. Nello stesso tempo, in senso generale, si passò ad intendere con l’aggettivo “totalitario” le caratteristiche comuni alle dittature mono-partitiche fascista, nazista e comunista. In generale il termine era nato per indicare una forma dittatoriale nuova, propria delle moderne società di massa, caratterizzata da sistemi a partito unico, sorta da movimenti di massa rivoluzionari antidemocratici e antiliberali, con ideologie integraliste. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale furono formulate teorie più compiute sul totalitarismo, tra le quali esercitò maggiore influenza quella elaborata da Hanna Arendt (filosofa tedesca, allieva di Martin Heidegger), che pubblicò nel 1951 «Le origini del totalitarismo», la sua opera più nota, poi divenuta un classico della letteratura politica. Il totalitarismo per H. Arendt è una forma dittatoriale radicalmente nuova, propria delle società di massa industrializzate e urbanizzate, in cui il potere politico diventa in grado di penetrare in profondità nella società civile e dominarla integralmente. Il totalitarismo è dunque’ un dominio in grado di isolare gli individui e di porli alla mercé di un potere senza limiti. Questo illimitato potere è caratterizzato, secondo la Arendt, da una combinazione di due elementi essenziali: 1° l’ideologia. Le ideologie, cioè il comunismo e il nazismo, sono definite dalla Arendt come quegli «ismi che per la soddisfazione dei loro aderenti possono spiegare ogni cosa e ogni Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 12 Università Telematica Pegaso Le parole chiave della storia contemporanea: il Novecento avvenimento facendoli derivare da una singola premessa»3. In questo senso l’ideologia presume di spiegare con assoluta certezza il passato, comprendere il presente e, in base a ciò, pretende di dominare il corso della storia e del futuro, prescindendo dalla esperienza o dalla realtà, ma solo in virtù della logica intrinseca alla loro idea. Il pensiero ideologico, quindi, è staccato dalla realtà e costruisce un mondo fittizio ma coerente logicamente con le sue proprie convinzioni. Anzi, cerca di piegare la realtà stessa a quelle convinzioni ideologiche. 2° il terrore. Il terrore poliziesco viene utilizzato come strumento sistematico di governo: non solo per piegare gli avversari, ma anche e soprattutto per controllare le azioni, le opinioni e la vita privata dei singoli individui. La stessa polizia segreta, nello Stato totalitario, non ha il compito di scoprire gli autori dei crimini, ma quella di essere pronta quando il governo decide di arrestare una certa categoria di popolazione. Difatti il totalitarismo stabilisce, già prima di conquistare il potere, quali siano i suoi nemici «oggettivi», in base alla propria ideologia. Il concetto di «nemico oggettivo» è fondamentale per il totalitarismo: Se si trattasse soltanto di sterminare gli ebrei o i borghesi, tali regimi potrebbero ritornare, dopo un unico crimine colossale, alle regole della vita normale e ai normali metodi di governo. Invece la categoria dei nemici oggettivi sopravvive ai primi nemici del movimento, determinati ideologicamente. Prevedendo il completamento dello sterminio degli ebrei, i nazisti avevano già adottato le misure necessarie per la liquidazione del popolo polacco, e Hitler progettava addirittura la decimazione di certe categorie di tedeschi. 4 Di volta in volta, dunque, il capo individua delle categorie di “nemici” ideologici da sterminare, in un modo che sembra non solo arbitrario ma anche casuale, tanto che alla fine nessuno possa più sentirsi al sicuro e il terrore sia diffuso ad ogni livello della società. 3 H. ARENDT, Le origini del totalitarismo, Edizioni di Comunità, Milano 1997, pag. 641. 4 Ivi, pag. 581. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 12 Università Telematica Pegaso Le parole chiave della storia contemporanea: il Novecento Da questo binomio essenziale “ideologia-terrore” discendono poi tutte le altre caratteristiche del regime totalitario: il partito unico, il capo che lo guida (sola fonte della legge e del potere), la polizia segreta, il controllo dei mezzi di informazione, l’isolamento degli individui ecc. Il fine ultimo del totalitarismo è privare l’uomo del proprio io, trasformare l’uomo e la sua natura, e creare un uomo nuovo. Lo scopo della ideologia e del terrore è, dunque, essenzialmente quello di creare il paradiso terrestre per una nuova umanità, di “ricreare” l’uomo. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 12 Università Telematica Pegaso Le parole chiave della storia contemporanea: il Novecento 5 Welfare State Il termine si può tradurre in italiano come “Stato del benessere” oppure “Stato assistenziale”. Esso è lo Stato che garantisce standards minimi di reddito, alimentazione, salute, abitazione, educazione, assicurati ad ogni cittadino come diritto politico, non come carità.5 A questi principi si ispirò la politica realizzata in Gran Bretagna dalla Seconda guerra mondiale, che consistette nell’approvazione, nel 1942, del piano Beveridge che garantì l’assistenza sanitaria gratuita per tutti, indipendentemente dal loro reddito, e l’estensione della previdenza sociale ai cittadini meno abbienti. Queste misure furono poi realizzate dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Ma la nascita ufficiale di politiche assistenziali ispirate ai principi del Welfare State si fa risalire agli anni Trenta del Novecento quando negli Stati Uniti, nel New Deal inaugurato da F. D. Roosevelt (1882-1945), furono adottate leggi riguardo la previdenza e la tutela sociale. La grande crisi del ’29, infatti, che aveva aumentato le tensioni sociali, l’inflazione e la disoccupazione, comportò l’inizio di un massiccio intervento dello Stato nell’economia. Del resto già la Prima guerra mondiale rese possibile l’intervento diretto dello stato sia nella produzione dell’industria bellica sia nella distribuzione di alimenti e generi sanitari. Dopo la Seconda guerra mondiale tutti gli stati industrializzati estesero la rete dei servizi sociali, istituirono prelievi fiscali progressivi e intervennero per sostenere l’occupazione e il reddito. Nel Welfare State, infatti, la spesa pubblica viene impiegata proprio a sostegno dei servizi sociali, dell’occupazione e degli aiuti ai bisognosi. Ma in realtà, a distinguere lo Stato del benessere da altri tipi di stato, non è tanto l’intervento diretto delle strutture pubbliche per migliorare il livello di vita della popolazione, quanto il fatto che tale azione è rivendicata dai cittadini come un diritto6. 5 H. L. Wilensky, 1975 6 N. BOBBIO, N. MATTEUCCI, G. PASQUINO (diretto da), Dizionario di politica, Torino 1983, pag. 1137. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 12 Università Telematica Pegaso Le parole chiave della storia contemporanea: il Novecento Alla fine degli anni Sessanta l’aumento del deficit pubblico provocò una crisi fiscale dello Stato, in particolare là dove era più ampia la copertura delle assicurazioni sociali, come in Gran Bretagna. L’aumento del deficit pubblico, infatti, insieme alla crisi del sistema finanziario e a quella petrolifera degli anni Settanta, iniziò poi a provocare instabilità economica e sociale, con forti spinte inflazionistiche. Negli anni Ottanta si affermarono, inizialmente negli Stati Uniti, nuove teorie liberiste che posero le premesse per un ripensamento generale di buona parte del sistema del Welfare State e delle tutele che ne erano alla base. L’amministrazione di R. Regan (1911-2004) a partire dal 1980 e il lungo governo conservatore di M. Thatcher (1925-2013), dal 1979 al 1990, operarono un doloroso ridimensionamento del Welfare, la cui grande estensione era diventata un onere finanziario eccessivo per lo Stato. A differenza degli Stati Uniti, in Gran Bretagna lo stato sociale era molto più sviluppato, e per trentacinque anni i suoi valori non erano stati mai messi in discussione. In più c’era la presenza di forti sindacati. Perciò in Gran Bretagna la politica thatcheriana ebbe caratteri di spietatezza maggiore di quella di Regan, collegandosi ai primordi del capitalismo inglese. La vittoria della Thatcher nel lungo conflitto con i sindacati dei minatori e dei portuali segnò in tal senso un evento epocale. Si trattò, infatti, del più lungo sciopero di massa dell’Occidente dai tempi della Prima guerra mondiale: un anno esatto fra il marzo ’84 e quello dell’85. Nelle brughiere di Scozia, Galles, Yorkshire e Kent si fronteggiarono per mesi 165.000 minatori e alcune decine di migliaia di poliziotti. Alla fine si conteranno 2 morti, 1750 feriti ufficiali, 11.312 arresti, 5.653 processi per direttissima e un migliaio di licenziamenti, e i minatori sarebbero stati costretti a cedere, con costi comunque altissimi per tutti. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 12 Università Telematica Pegaso Le parole chiave della storia contemporanea: il Novecento Bibliografia  N. BOBBIO, N. MATTEUCCI, G. PASQUINO (diretto da), Dizionario di politica, Torino 1983  F. CAMMARANO, M. S. PIRETTI (a cura di), Parole chiave della storia contemporanea, Roma  R. ESPOSITO, C. GALLI, (diretta da), Enciclopedia del pensiero politico, Roma-Bari 2000  H. ARENDT, Le origini del totalitarismo, Edizioni di Comunità, Milano 1997  A. LEPRE, C. 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