Il Ruolo del Fitness Trainer PDF
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Summary
Questo documento descrive il ruolo del fitness trainer all'interno di un centro fitness, le competenze necessarie, le relazioni con i clienti, e l'importanza dell'etica professionale. Viene menzionato anche il Registro Europeo degli Istruttori di Fitness (EREPS) e i suoi standard. Il documento non è un documento esaminativo.
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Il ruolo del fitness trainer Il fitness trainer ricopre un ruolo molto importante all’interno del centro fitness. La professionalità con cui il fitness trainer svolge il proprio lavoro, influenza direttamente la qualità del servizio offerto dall’azienda. Il cliente percepisce la qualità del serviz...
Il ruolo del fitness trainer Il fitness trainer ricopre un ruolo molto importante all’interno del centro fitness. La professionalità con cui il fitness trainer svolge il proprio lavoro, influenza direttamente la qualità del servizio offerto dall’azienda. Il cliente percepisce la qualità del servizio acquistato sulla base di diversi fattori, tra cui i più importanti sono la cura degli ambienti, l’attrezzatura a disposizione e l’assistenza ricevuta. Per l’azienda, contare su personale competente, attento e cortese, rappresenta un efficace strumento per fidelizzare i clienti. Un professionista, per essere percepito come tale, deve assolvere nel migliore dei modi al suo compito, adottando un approccio al lavoro etico e scientifico. Etico, impegnandosi ad affrontare la professione con onestà, rispetto e grande dedizione. Scientifico, fondando su basi scientifiche le scelte tecniche che adotterà nella programmazione dell’allenamento. Oltre a ciò, il fitness trainer deve possedere buone capacità comunicative, deve sapersi approcciare in modo corretto con i clienti e soprattutto deve sempre trasmettere l’impressione di avere sotto controllo tutti i clienti presenti in sala. A questo scopo è necessario adottare un atteggiamento vigile e cercare di interagire con tutti i clienti, correggendoli quando necessario, incoraggiandoli o gratificandoli per il corretto stile con cui eseguono l’esercizio. Quando si lavora con gruppi di persone oppure in sala attrezzi, l’attenzione va distribuita su tutti i presenti in egual modo, soltanto il personal trainer deve focalizzare tutta l’attenzione su di un singolo cliente. Dedicare un po’ di attenzione a tutti e non solo alle persone più simpatiche, attraenti o interessanti, fa del fitness trainer un professionista. Per le persone chiuse, introverse, che spesso faticano a socializzare, notare anche solo che qualcuno si ricorda il loro nome e si interessa a loro, produce un sorprendente effetto positivo, che influirà sulla loro esperienza in palestra. Inoltre non bisogna dimenticarsi che anche il fitness trainer rientra in quel gruppo di figure professionali che hanno il compito di educare i propri clienti a condurre uno stile di vita il più possibile sano e salutare, incoraggiandoli ad abbandonare le cattive abitudini. 7 Cos’è EREPS? European Register of Exercise Professionals (EREPS) è un sistema indipendente di registrazione di tutti gli istruttori, allenatori e docenti che lavorano in Europa nell’industria del fitness. EREPS è regolata dal Europe Active Standards Council attraverso uno schema ufficiale europeo di riferimento per le qualifiche professionali, il quale definisce le conoscenze, le attitudini e le competenze professionali necessarie all’ottenimento della registrazione. Scuola Nazionale Personal Trainer, visti gli alti standard dei suoi corsi, ha raggiunto l’importante traguardo di entrare a far parte di Europe Active. Completando il percorso formativo con il periodo di Formazione Lavoro1, i diplomati SNPT potranno richiedere la registrazione ad EREPS e vedere la propria qualifica professionale riconosciuta in tutta Europa. Per un professionista entrare a far parte di EREPS equivale a soddisfare standard professionali di eccellenza, inclusa l’adozione del seguente Codice di Etica Professionale, e a migliorare tali standard attraverso un processo di crescita professionale continuo. Codice Etico È importante creare, pubblicizzare e mantenere gli standard attraverso un comportamento etico nella pratica dell’insegnamento del fitness, per proteggere il pubblico e i propri clienti affinché si rivolgano solo a servizi professionali. Questo codice etico definisce cosa sia meglio nella pratica della professione nel settore del fitness in merito ai diritti, alle responsabilità, alle relazioni e alle competenze. I membri di EREPS devono rispettare la legislazione dello stato in cui svolgono la propria attività professionale e possedere un’adeguata assicurazione di responsabilità civile. Di seguito i quattro principi del Codice: Principio 1 – Diritti ‘I professionisti saranno rispettosi dei loro clienti e dei loro diritti come individui’ In accordo con questo principio è necessario che i professionisti mantengano gli standard professionali adeguati alla loro relazione con tutti i clienti, dimostrando di: 1. Rispettare le differenze e diversità individuali; 1https://www.snpt.it/formazione-lavoro 8 2. Combattere contro la discriminazione e l’ingiustizia; 3. Trattare con discrezione le informazioni confidenziali dei propri clienti. Principio 2 – Relazioni ‘I professionisti coltiveranno relazioni sane con i propri clienti e con gli altri professionisti sanitari’ In accordo con questo principio i professionisti devono sviluppare e mantenere dei rapporti con i loro clienti basati sull’onestà, sulla sincerità, sulla fiducia reciproca e sul rispetto, dimostrando: 1. Consapevolezza nel porre le esigenze dei clienti come priorità, promuovendo il loro benessere e i loro migliori interessi prima di ogni altra cosa quando pianificano un programma di allenamento appropriato; 2. Chiarezza in tutte le forme di comunicazione con i clienti, i colleghi e i professionisti sanitari, garantendo onestà, accuratezza e cooperazione quando si stringono accordi, evitando di rilasciare false dichiarazioni o di generare qualsiasi conflitto di interessi tra i rapporti con i cliente e quelli professionali; 3. Integrità adeguata ad un professionista del settore, riconoscendo la posizione di fiducia dettata dal proprio ruolo, che consenta di evitare qualsiasi comportamento inappropriato nelle relazioni con il cliente. Principio 3 – Responsabilità professionali ‘I professionisti dimostreranno e promuoveranno un stile di vita e una condotta limpida e responsabile’ In accordo con questo principio i professionisti dovranno adottare una condotta personale appropriata per tutto il tempo, dimostrando: 1. Gli elevati standard di condotta professionale adeguati ai rapporti con tutti i loro gruppi di clienti, che riflettono l’immagine e le aspettative al ruolo del professionista che opera nel settore del fitness: non fumando, non bevendo alcolici o assumendo qualsiasi tipo di droga ricreativa prima o durante l’attività d’istruttore; 2. Che non difendano o legittimino mai l’uso di droghe proibite o altre sostanze vietate per migliorare la prestazione; 3. La comprensione delle proprie responsabilità legali quando trattano con il pubblico e la consapevolezza della necessità di onestà e precisione nelle proprie affermazioni quando promuovono il proprio servizio in pubblico; 9 4. Un comportamento responsabile per la sicurezza e l’incolumità dei clienti nel luogo in cui si svolge l’allenamento e per la pianificazione dello stesso, al fine che entrambi siano appropriati con i bisogni dei clienti; 5. Che vi sia un’adeguata e appropriata assicurazione sulle responsabilità civili per tutelare i propri clienti e prevenire qualsiasi controversia legale tutte le volte che si svolge la propria attività; 6. La cura assoluta del proprio ambiente di lavoro, in modo da essere preparati e capaci d’intervenire nei casi d’emergenza, proteggendo se stessi, i colleghi e i clienti. Principio 4 – Competenze professionali ‘I professionisti cercheranno di raggiungere il più alto livello imposto dagli standard professionali nel proprio lavoro per la valorizzazione della propria carriera’ In accordo con questo principio occorre che il professionista si impegni ad ottenere le qualifiche appropriate attraverso la formazione continua, dimostrando: 1. Intraprendenza nelle attività volte a migliorare le proprie conoscenze e le proprie abilità professionali al fine di mantenere uno standard qualitativo del servizio offerto e riflettendo su quali siano in suo possesso e su quali debbano essere maggiormente sviluppate, in un processo continuo di miglioramento; 2. Buona volontà nell’accettare i propri doveri ed essere responsabile nelle decisioni e nelle azioni professionali, ma allo stesso tempo saper valutare i propri limiti e capire quando è necessario rivolgersi ad un altro specialista; 3. Responsabilità nel mantenere il proprio ruolo e rispettare i limiti della propria professione per il quale ci si è formati e accreditati presso EREPS. 10 Malattie della civilizzazione Il Global Burden of Disease (Bilancio Mondiale della Salute) è una relazione elaborata su richiesta dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) con il compito di monitorare malattie, violenze, incidenti e disturbi di qualsiasi entità che minacciano la salute della popolazione mondiale. Uno degli obiettivi era capire quali fossero le malattie a causare il più alto tasso di mortalità o a compromettere maggiormente il nostro stato di salute fisico e mentale, riducendo la qualità della vita. Informazioni preziose ed essenziali per chi si troverà ad elaborare le politiche sanitarie dei prossimi decenni. Sorprendentemente quello che è emerso da questa relazione è che, per la prima volta nella storia, le patologie legate alla cattiva alimentazione e alla mancanza di attività fisica, indicate sempre più spesso con il nome “malattie della civilizzazione”, hanno acquisito un peso più rilevante rispetto alle malattie dovute dalla malnutrizione. In pratica ci sono sempre più persone che si ammalano a causa di una dieta priva di frutta e di verdura e sempre meno individui che si ammalano perché non hanno nulla da mangiare. Questo non è un fenomeno da sottovalutare, in quanto tra alcuni anni, in luoghi in cui 15 o 20 anni fa ci si ammalava per la mancanza di cibo, a breve si riscontreranno sempre più casi di patologie dovute a diete ipercaloriche. Un recente studio2 ha dimostrato come in Italia la vita media dal 1970 al 2014 si è allungata, passando da 61,2 a 84,4 anni per le donne e da 56,4 a 79,6 anni per gli uomini. Sebbene questa possa sembrare una buona notizia è ancora ben lontana dall’esserlo. Infatti se si vanno ad osservare i valori che indicano l’aspettativa di vita in buona salute (54,3 anni per gli uomini e 51,5 per le donne) si osserva immediatamente che saremo destinati a vivere circa un terzo della nostra esistenza malati. Molte delle patologie che 20 o 30 anni fa provocavano un alto numero di decessi dopo pochi anni dalla loro diagnosi, oggi non rappresentano più un grande ostacolo alla longevità, soprattutto per i grandi progressi messi in campo dalla medicina moderna. Pertanto, se durante il secolo scorso si è vinta una grande sfida riducendo i tassi di mortalità infantile e permettendo un allungamento della vita media, nei prossimi anni ci si pone una nuova prova da superare: riuscire a migliorare la qualità della vita della popolazione mondiale, così da consentire una vita più lunga e soprattutto in salute. 2 Fonte: ISTAT, dicembre 2014 12 Fattori di rischio Due decessi su tre nel mondo sono imputabili a malattie croniche non trasmissibili (cardiopatie, diabete, tumori) e strettamente correlate con l’alimentazione o più in generale imputabili ai cosiddetti fattori di rischio. Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità il rischio è inteso come “una probabilità che comporta conseguenze negative per la salute o un fattore che aumenta tale probabilità”. Ogni anno l’OMS pubblica il “World Health Report”, una fotografia sullo stato di salute del mondo che ha portato all’individuazione di 10 rischi sanitari: basso peso e mal nutrizione rapporti sessuali non protetti ipertensione arteriosa fumo di tabacco alcol acqua non potabile e carenze igieniche ipercolesterolemia fumo prodotto da combustione in ambienti chiusi carenza di ferro obesità. Tali fattori nel loro insieme sono responsabili annualmente di circa un terzo dei decessi mondiali, ovvero circa 19 milioni di morti sui 56 complessivi. L’incidenza dei diversi fattori di rischio varia a seconda che si prenda in considerazione i Paesi in via di sviluppo o i Paesi sviluppati. Nei primi, malnutrizione, rapporti sessuali non protetti, acqua non potabile e carenze igieniche, avranno un’incidenza maggiore rispetto ai secondi, in cui il fumo di tabacco, abitudini alimentari scorrette e l’alcol saranno le prime cause di morte. Negli ultimi anni, tra i fattori di rischio è stata inserita anche l’inattività fisica. Infatti è oramai dimostrato che l’attività fisica svolga un ruolo chiave nella prevenzione delle malattie della civilizzazione e che una sua mancanza pregiudichi inevitabilmente la qualità della vita. 13 Inattività fisica e malattie Negli ultimi 40 anni è stato ampiamente dimostrato che la quantità di attività fisica svolta settimanalmente ha un’incidenza diretta sulla probabilità di sviluppare svariate patologie riconducibili ad uno stile di vita dannoso, quali: Malattie cardiovascolari (infarto, ipertensione, trombosi, aneurisma, ictus, ecc..) Sono le prime cause di morte prematura nei paesi più sviluppati, rappresentando un’importante voce di spesa nei crescenti costi del sistema sanitario a causa delle spese di ospedalizzazione dei pazienti durante le fasi acute e alla somministrazione di farmaci o di assistenza domiciliare durante le fasi riabilitative. Solo in Italia nel 2006 i costi legati a malattie cardiovascolari sono stati di 21,8 miliardi di euro3.. Sovrappeso e obesità Possono avere conseguenze negative assai gravi sulla salute. Il numero di persone sovrappeso e obese nel mondo, secondo l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), sono raddoppiate negli ultimi trent’anni e il tasso di crescita è in continuo aumento, anche nei Paesi più poveri si sta osservando un progressivo aumento di casi di obesità, spingendo l’OMS a parlare di una vera e propria epidemia globale. L’obesità seppure sia una patologia multifattoriale, nella gran parte dei casi è causata da un eccessivo apporto calorico e da una ridotta attività fisica: solo in un numero limitato di casi è infatti provocata principalmente da caratteristiche genetiche o malattie psichiatriche. Diabete di tipo 2 (o insulino-resistente) Risulta essere una delle patologie croniche più diffuse nei Paesi industrializzati, rappresentando una delle malattie socialmente più costose del nostro tempo. Abitudini alimentari profondamente scorrette nel corso di alcuni anni portano ad un’alterazione del metabolismo degli zuccheri, i quali non riuscendo ad entrare più nella cellula, si accumulano nel flusso ematico, causando danni ai tessuti sottoposti al sovradosaggio glucidico. Ogni anno si registrano 7 milioni di nuovi casi di diabete, se questo trend dovesse proseguire, nel 2025 circa il 7% della popolazione mondiale (380 milioni di persone) risulteranno diabetiche4. Malattie tumorali Rappresentano la seconda causa di morte in Europa, nonostante la ricerca medica negli ultimi anni abbia permesso a circa il 50% delle persone a cui è stata 3 Fonte: European cardiovascular disease statistics 2008, British Heart Foundation 4 Fonte: Diabetes Atlas, International Diabetes Federation, 2009 14 diagnosticato un tumore di riprendere la propria vita. Le forme tumorali che provocano il maggior numero di decessi sono: tumore ai polmoni, allo stomaco, al colon-retto e al fegato. Si stima che circa il 40% dei decessi per malattie tumorali potrebbero essere prevenute agendo su fattori di rischio, quali fumo, abuso di alcol e scarsa assunzione di frutta e verdura5. A dimostrazione dell’importanza di svolgere una regolare attività fisica è sufficiente pensare ai programmi realizzati in Europa e Stati Uniti, il cui obiettivo primario era proprio quello di incentivare uno stile di vita più salutare e attivo. Infatti l’unica possibilità per ridurre la spesa sanitaria pubblica è investire in progetti di prevenzione, al fine di ridurre i fattori di rischio e quindi l’incidenza di numerose malattie che hanno un forte costo per la collettività come quelle sopra elencate. Se i costi per il mantenimento del Sistema Sanitario Nazionale dovessero continuare a crescere come negli ultimi 30 anni, a breve rappresenterebbero la prima voce della spesa pubblica fino a diventare insostenibili, potendo minare anche la stabilità economica dei ricchi Paesi industrializzati. Per queste ragioni nel 20086 la Comunità Europea ha emesso nuove linee guida, sulla base delle direttive del OMS (vedi box sotto), sul tipo di attività fisica da svolgere al fine di migliorare la salute dei cittadini comunitari, che conducono una vita sempre più sedentaria. L’Unione Europa ha inoltre esortato gli Stati membri ad agevolare la pratica di attività fisica da parte dei propri cittadini. Raccomandazioni europee: almeno 30 minuti di attività fisica ad intensità moderata7 5 giorni a settimana oppure 20 minuti ad alta intensità 3 giorni alla settimana; l’attività fisica può essere accumulata in blocchi di almeno 10 minuti; si consiglia di eseguire 2 o 3 giorni alla settimana allo sviluppo della forza muscolare e della resistenza. 5 Fonte: World Health Organization 6 EU Working Group “Sport and Health” (2008) EU Physical Activity Guidelines 7 Permoderata viene definita un’attività paragonabile a 3500 gradini in 30 min. per adulti o individui di mezza età o 2500 gradini per persone anziane. Mentre per alta intensità si identifica un’attività paragonabile a 4500 gradini per adulti o 4000 per gli anziani in 20 min. 15 Aspetti psico-sociali della attività fisica Oltre ai benefici più noti sulla salute degli individui, l’attività fisica regolare produce dei benefici psico-sociali meno noti, ma non per questo meno importanti. Numerosi studi condotti con bambini e adolescenti hanno dimostrato da svolgere attività fisica con regolarità per alcune settimane permette di: imparare a gestire lo stress e l’ansia ridurre la depressione migliorare l’autostima incrementare il rendimento scolastico ridurre la delinquenza minorile sviluppare il carattere Questi studi non definiscono quanta attività fisica o che tipo di attività svolgere. Per queste ragioni un bravo PT deve essere in grado di calibrare il volume e l’intensità dei work-out, non solo basandosi sulle risposte organiche del proprio cliente, ma valutando anche l’effetto psichico che queste possono produrre e ridurre il carico di lavoro se si osserva uno stress fisico e/o psicologico eccessivo. Porre degli obiettivi irrealistici o comunque troppo ambiziosi, rappresenta un grave rischio. Le probabilità che il cliente fallisca sono troppo grandi e qualora dovessero concretizzarsi, causerebbero una perdita di autostima e di motivazione del nostro assistito, portandolo ad un’interruzione prematura del rapporto professionale. Quindi, se da un lato occorre mettere i nostri clienti di fronte a delle sfide per dar loro riprova dei miglioramenti che gli allenamenti svolti hanno prodotto, di contro dobbiamo sempre essere sicuri che tali sfide siano ampiamente alla portata delle capacità acquisite dai nostri clienti, in modo che, con il giusto impegno e motivazione, rappresentino degli ostacoli sormontabili. Il Personal Trainer spesso si trova a dover gestire clienti che, sebbene si affidino ad un professionista per migliorare la propria vita, sono poco predisposti al cambiamento e quindi restii a modificare le abitudini che ostacolano il raggiungimento dei loro obiettivi. Spesso non è sufficiente spiegare ad un individuo quale sia il suo problema e indicargli la strada da intraprendere affinché egli sia in grado di risolverlo. Occorre, infatti, che sia 16 prima l’individuo ad acquisire consapevolezza del problema da cui ha origine la propria condizione. Esistono diversi metodi che possono aiutare un professionista a condurre un cliente lungo un processo di cambiamento profondo. La maggior parte di essi possono essere schematizzati secondo il modello transteorico di Prochaska e Di Clemente che si articola in 6 livelli: 1. Precontemplazione: il cliente non ha mai contemplato la possibilità di avere un problema. Il ruolo del PT è insinuare in lui un dubbio, fornendo informazioni e sottolineando gli svantaggi delle attuali abitudini. 2. Contemplazione: il cliente riflette sul problema, ma non ha ancora intrapreso la via del cambiamento. Dovrà essere il PT ad indicargli la giusta direzione, aiutandolo a riconoscere i pensieri disfunzionali, migliorando la sua autostima e autoefficacia. 3. Determinazione: il cliente manifesta la volontà di cambiare, ma non sa come. Il PT in questo caso ha il compito di fornire delle opportunità per attuare il cambiamento, preparandolo alla sfida. 4. Azione: il cliente modifica il comportamento per risolvere il problema. Il PT lo aiuta a mettere in atto il cambiamento. 5. Mantenimento: il cliente deve rendere stabile il cambiamento prevenendo un’eventuale ricaduta. Il PT suggerisce delle strategie per prevenire che ciò accada. 6. Ricaduta: qualora dovesse accadere (eventualità non affatto remota) il PT ha il compito di riavviare il processo dal livello della “contemplazione”. Durante le diverse fasi il professionista deve evitare di imporsi in modo autoritario. È indispensabile infatti, che a vincere sia sempre un condizionamento interno all’individuo e non un’imposizione esterna. Inoltre va ricordato che il cambiamento non è un fenomeno del tipo “tutto o niente”, ma un processo graduale. Occorre dunque capire i giusti tempi necessari al nostro cliente per attraversare le diverse fasi e qualora dovesse avvenire una ricaduta, non viverla come una sconfitta professionale o farla vivere come una sconfitta personale del nostro cliente. Il PT dovrà invece spronare il proprio cliente a continuare ad impegnarsi nel processo, che in quanto ciclico, contempla delle eventuali ricadute. 17 Componenti per uno stile di vita sano e attivo 1. Inserisci nell’alimentazione frutta, verdura di stagione e cereali. Cereali, legumi, frutta e verdura di stagione sono alimenti indispensabili e imprescindibili per un’alimentazione sana e ben bilanciata, favorendo il giusto apporto di carboidrati, fibre e sali minerali. I carboidrati infatti rappresentano circa il 50% delle calorie totali giornaliere introdotti con l’alimentazione, quindi è opportuno saperli scegliere correttamente. Per queste ragioni occorre evitare gli zuccheri semplici come quelli presenti nelle bevande e nei dolci realizzati con farine troppo raffinate, meglio prediligere prodotti integrali che possiedono carboidrati complessi, che aiutano a regolare e stabilizzare la glicemia ematica. 2. Bevi il giusto. Siamo fatti fondamentalmente d’acqua, circa il 60% del peso del nostro corpo è costituito dall’acqua. Ognuno di noi dovrebbe bere almeno 5 bicchieri d’acqua al giorno (1 bicchiere= 200/250 ml), naturalmente tale fabbisogno cresce in funzione di vari fattori, come la temperatura ambientale o l’attività fisica svolta. Sebbene il consiglio comune sia quello di bere 1,5/2 litri d’acqua al giorno, bisogna sempre ascoltare il proprio corpo: bere tutte le volte che se ne sente il bisogno. 3. Limita i grassi. I grassi sono indispensabili, in quanto le loro azioni specifiche nel corpo sono preziosissime per il corretto funzionamento dei processi metabolici: assorbimento delle vitamine liposolubili (A, D, E, K), produzione energetica e regolazioni ormonali, solo per citarne alcune. Quindi non vanno demonizzati, ma bisogna imparare a riconoscerli, i grassi insaturi presenti nel pesce, nei cereali e nei semi sono senz’altro da preferirsi a quelli saturi provenienti da alimenti di origine animale, un cui eccesso può favorire l’insorgenza di malattie cardiovascolari. 4. Non eccedere con il sale. Un eccesso di cloruro di sodio nella propria dieta causa un aumento della pressione arteriosa, accrescendo le probabilità di infarto e ictus. Quindi seguire una dieta povera di sale è consigliabile anche per chi non soffre di ipertensione. 5. Modera il consumo di bevande alcoliche. L’etanolo presente nelle bevande alcoliche viene metabolizzato dal fegato, un uomo adulto è in grado di metabolizzare fino ad un massimo di 36 g di etanolo al giorno (1 bicchiere e mezzo di vino rosso), valore che scende a 24 g per la donna e a 12 g per gli anziani. Naturalmente questi valori sono soggetti a variazioni da parte del proprio medico in caso di particolari condizioni fisiche. 6. Diversifica la dieta. È importante seguire una dieta il più possibile varia, per consentire un apporto ottimale di vitamine e minerali e per appagare la propria mente. La correlazione tra cibo e umore è molto forte, regimi alimentari troppo 18 restrittivi e proibitivi non possono essere mantenuti per lunghi periodi, rischiando così di smarrire la retta via. Concedersi delle eccezioni e modificare la propria dieta è sicuramente un buon modo per rispettare il più a lungo possibile i consigli di una sana e corretta alimentazione. 7. Non consumare troppa carne. L’International Agency for Research on Cancer (IARC) è l’agenzia attraverso la quale l’Organizzazione Mondiale della Sanità conduce e coordina la ricerca sulle cause del cancro. L’ultimo importante studio pubblicato nell’ottobre del 2015 ha definito la carne rossa come probabilmente cancerogena (classe 2A) e la carne rossa lavorata, come insaccati e salumi, sicuramente cancerogena (classe 1A)8.. Questo non significa che la carne rossa provoca il cancro, ma che un eccessivo consumo di questo alimento, sempre più diffuso nelle diete dei paesi industrializzati, gioca un ruolo chiave nello sviluppo di numerose forme tumorali. Per questa ragione, ma anche per l’alto contenuto di grassi saturi e di additivi dovuti alle lavorazioni industriali di conservazione, bisognerebbe limitare l’assunzione di questo alimento, mantenendosi al di sotto dei 500 grammi alla settimana. 8. Monitora il tuo peso corporeo. Il peso non deve essere un’ossessione, non occorre pesarsi tutti i giorni, in quanto preso da solo non è un buon indicatore della condizione fisica. È dunque sufficiente pesarsi una volta al mese, naturalmente al mattino, a digiuno e senza vestiti. Qualora si desiderasse avere una visione più completa e soddisfacente della propria composizione corporea è possibile sottoporsi ad una bioimpedenziometria in un centro medico. 9. Fai attenzione a cosa mangi. Non bisogna lasciarsi trarre in inganno della grafica e dalle scritte sulle confezioni alimentari, che spesso non rispecchiano le indicazioni presenti sulle etichetti retrostanti. 10.Pratica una giusta attività fisica. Per mantenere in salute il nostro organismo occorre svolgere quotidianamente un’attività fisica moderata. Tuttavia capire quale sia l’attività fisica più adatta per ciascuno di noi e quanta bisognerebbe svolgerne, non è un compito facile. Per queste ragioni, è opportuno prima di iniziare, rivolgersi a degli specialisti per monitorare il proprio stato di salute e la propria condizione fisica, così da farsi consigliare come cominciare al meglio. L’attività fisica, inoltre, dovrebbe essere volta a migliorare la condizione fisica degli individui e non dovrebbe quindi focalizzarsi su un aspetto specifico, ma spaziare trasversalmente su tutte quelle che sono le componenti che caratterizzano l’idoneità 8 http://monographs.iarc.fr/ENG/Classification/index.php 19 fisica: capacità cardiovascolare, forza muscolare, resistenza, flessibilità e capacità coordinative. Pertanto la programmazione di un allenamento deve prevedere tempi e metodologie per incrementare ciascuna di queste componenti, sempre in funzione del livello di condizionamento fisico posseduto dal singolo, consentendo un adattamento progressivo all’attività svolta. L’allenamento come stimolo stressorio Nel paragrafo precedente si è parlato di “giusta attività fisica” per sottolineare come praticare semplicemente dell’attività motoria non abbia sempre e solo un’accezione positiva. L’allenamento rappresenta uno stimolo stressorio esterno che sposta il nostro organismo dalla condizione di omeostasi9 così come definito da Selye nel 1936. Di per se stesso tale stimolo non possiede né una valenza positiva né tanto meno negativa, è l’effetto che questo induce sull’organismo a classificarlo. Si definisce, quindi, distress quello stress negativo che produce una riduzione della condizione fisica dell’individuo, come ad esempio una malattia; mentre, al contrario, l’eustress rappresenta quello stress positivo che innalza la condizione fisica del soggetto. L’allenamento, pertanto, se mal somministrato nei modi, nei tempi e nell’intensità dello sforzo richiesto può rappresentare a tutti gli effetti un distress, in grado di sommarsi a tutti gli altri stimoli stressori negativi che caratterizzano la vita quotidiana (attività lavorative logoranti, insonnia, lutti, ecc.). Il compito di un bravo trainer risulta quello di proporre allenamenti che siano in linea con le capacità fisiche e psicologiche dei propri clienti, affinché questi non solo possano guadagnare dei miglioramenti fisici e prestativi, ma anche psicologici, trovando nell’allenamento una valvola di sfogo per gli stress negativi accumulati. Per quest’ultimo aspetto, inoltre, è consigliabile svolgere delle attività in grado di ridurre lo stress negativo accumulato, come: saune, massaggi, meditazione, yoga, attività di rilassamento muscolare o stretching. Il distress, con il tempo, si accumula nell’organismo portando ad un’alterazione permanente della condizione fisica, anche quando gli stimoli stressori che l’hanno prodotto sono cessati. Oltre ad un certo limite, diverso da individuo a individuo, lo stress 9 In biologia, la capacità degli organismi cellulari nel conservare le proprie caratteristiche al modificarsi delle condizioni ambientali esterne attraverso processi di autoregolazione. 20 non può più essere fronteggiato dai meccanismi compensatori dell’organismo, si ha quindi un crollo psico-fisico (breakdown) che si manifesteranno attraverso dei veri e propri stress patologici. Il F.I.T.T.A. principle Un modo per redigere un programma di allenamento adeguato ad un nostro cliente e assicurarsi che questi svolga una “giusta attività fisica” è ricordarsi di rispettare il principio F.I.T.T.A.: F = Frequenza: quanto spesso la persona deve allenarsi settimanalmente; I = Intensità: quanto duramente il cliente dovrà impegnarsi per portare a termine il proprio allenamento; T = Tempo: la durata del proprio allenamento, la quale dipende dal quantitativo di esercizi presenti nella scheda di allenamento; T = Tipo: la tipologia di allenamento che il cliente svolge (allenamento cardiovascolare stazionario o a intervalli, allenamento contro resistenza per il miglioramento della forza, dell’ipertrofia, ecc.) A = Aderenza: descrive quanto l’allenamento sia mentalmente sostenibile e stimolante per il cliente. Partendo dal fondo troviamo una componente spesso sottovalutata dai trainer, in quanto si da per scontato che ciascuno di noi si alleni per le stesse ragioni. In realtà, ciò che spinge una persona ad allenarsi varia da individuo ad individuo e cambia nel corso del tempo per lo stesso individuo. Un bravo trainer deve, quindi, capire quali siano le leve motivazionali su cui appoggiarsi per fissare degli obiettivi che spingano il cliente a cambiare stile di vita, praticando attività fisica con regolarità. Gli altri punti di questo principio verranno trattati nel capitolo sulla “programmazione dell’allenamento muscolare”. Integrare l’attività fisica nella vita quotidiana I ritmi della vita quotidiana lasciano poco tempo agli individui per trovare facilmente del tempo per se stessi, spesso occorre organizzarsi per riuscire a ritagliare tre o quattro ore a settimana da dedicare all’attività fisica. 21 Nella gran parte dei casi questi ostacoli rappresentano degli alibi per numerose persone, le quali pensano che svolgere attività fisica sia inconciliabile con il proprio stile di vita. In questi casi un istruttore deve essere un abile motivatore, capace di trovare i giusti argomenti su cui far leva per esortare i propri clienti ad adottare uno stile di vita salutare nel tempo. Con il termine motivazione generalmente si intende: ”un processo di attivazione dell’organismo finalizzato alla realizzazione di un determinato scopo in relazione alle condizioni ambientali”10. Tuttavia negli individui le origini della spinta motivazionale sono quasi sempre imputabili ad una serie di fattori, ciascuno con il proprio peso. Praticare attività fisica rappresenta una libera scelta individuale, che si articola in tre fasi: la scelta, la decisione e l’attuazione11. Spesso chi opera nel settore sportivo si trova a relazionarsi con persone che hanno già preso questa scelta, ma che devono evitare che subentri una quarta fase: l’abbandono. Tra i numerosi studi svolti tra gli anni ’70 e ’80 è emerso che le motivazioni alla base della partecipazione sportiva sono principalmente: sviluppare competenze fisiche (acquisendo nuove abilità, migliorando quelle già possedute e raggiungendo degli obiettivi); guadagnare il consenso sociale (instaurando nuovi rapporti sociali, entrando all’interno di un gruppo); migliorare la propria forma fisica e l’aspetto; godere di nuove esperienze e sensazioni (divertimento, benessere). Ovviamente tali ragioni singolarmente non sono sufficienti a guidare la scelta, che invece dipende da una mediazione delle ragioni sopra citate. In maniera del tutto analoga, l’abbandono può essere causato dalla disattesa di una o più ragioni che avevano condotto alla scelta oppure al sopraggiungimento di nuove motivazioni in contrasto con le prime. Tuttavia tra le varie motivazioni alla base della scelta vi è senz’altro il divertimento. Sarà pertanto questa la leva su cui un istruttore dovrà cercare di focalizzare i propri sforzi creando allenamenti sempre diversi e stimolanti per i propri clienti, rispettando gli obiettivi prefissati. Infatti il raggiungere gli obiettivi o evitare gli insuccessi sono due 10 Anolli e Legrenzi (2001) 11 Giovannini e Savoia (2002) 22 motivazioni che svolgono un ruolo fondamentale nella dedizione con cui le persone praticano l’attività fisica. Occorre inoltre ricordare ai propri clienti che svolgere attività fisica non significa necessariamente recarsi in una palestra, ma già solo acquisire delle buone abitudini come: ridurre il più possibile le attività sedentarie (guardare la tv o usare il pc); svolgere delle attività ricreative all’aria aperta almeno 2 o 3 volte alla settimana (giardinaggio, lunghe passeggiate, sedute di stretching, tai chi o yoga). Tali abitudini possono già produrre delle ricadute positive sulla salute e rappresentare un buon punto di partenza per migliorare la propria vita. 23 L’apparato locomotore in breve I muscoli L’apparato locomotore è costituito dall’insieme della strutture anatomiche deputate principalmente al movimento. Il sistema muscolare, che prende contatto con le ossa attraverso i tendini, è responsabile della generazione del movimento. I muscoli sono costituiti da fasci di cellule allungate e affusolate, dette fibre muscolari, la cui lunghezza varia da pochi micron a diversi centimetri. Ognuna di queste fibre racchiude un gruppo di elementi filiformi disposti longitudinalmente: le miofibrille. La contrazione consiste nello scorrimento l’una sull’altra di due filiere di filamenti proteici (actina e miosina) disposti longitudinalmente lungo le miofibrille. Ciò determina l’accorciamento delle miofibrille e di conseguenza delle fibre muscolari. L’accorciamento delle fibre muscolari genera una forza di trazione sulle strutture ossee a cui sono collegate, dando luogo al movimento di queste ultime. La fonte energetica che permette tutte le reazioni cellulari negli organismi viventi è chiamata ATP (adenosintrifosfato). 25 L’ATP fornisce l’energia necessaria alla contrazione alle fibre muscolari sollecitate da un impulso nervoso prodotto da una cellula nervosa situata nel midollo spinale, il motoneurone. Dal motoneurone si dirama un assone, il quale nella parte terminale si dirama in una fitta rete di rami nervosi che trasmettono l’impulso alle fibre muscolari. La struttura anatomica con cui il sistema nervoso si connette ai muscoli prende il nome di placca motrice. Dalla placca motrice l’impulso nervoso si propaga alla massa muscolare con l’effetto di una contrazione. Cessato l’impulso, il muscolo torna allo stato di rilassamento. Il gruppo formato da: motoneurone, assone, terminazioni nervose, placche motrici e fibre muscolari innervate prende il nome di unità motoria. Questa rappresenta l’unità funzionale minima del sistema neuromuscolare e regola la contrazione muscolare mediante la cosiddetta legge de “tutto o nulla”. Un’unità motoria, infatti, potrà trovarsi unicamente in due stati: attiva o spenta, in cui, rispettivamente, o tutte le sue fibre muscoli sono contratte o nessuna di essa lo è. Pertanto, la regolazione della contrazione muscolare ad opera del sistema nervoso, non avviene direttamente su ogni singola fibra muscolare, ma dall’attivazione dei singoli motoneuroni e quindi dal reclutamento dell’intera unità motoria. Le tipologie di tessuto muscolare Possiamo distinguere tre principali tipi di tessuto muscolare che differiscono sia morfologicamente che funzionalmente: Il tessuto muscolare liscio ha un aspetto ed un colore uniforme. Comprende i muscoli involontari, detti così perché, essendo innervati dal sistema autonomo vegetativo, si contraggono e si rilasciano indipendentemente dalla volontà. Il tessuto muscolare striato è caratterizzato da zone di colore più chiaro, alternate da zone di colore più scuro. Comprende invece i muscoli volontari, detti così perché, essendo innervati dal sistema nervoso somatico, compiono movimenti dipendenti dalla volontà dell’individuo. Il tessuto muscolare cardiaco forma il cuore. È un tessuto molto simile a quello striato, ma compie movimenti involontari. 26 Classificazione delle fibre muscolari Il tessuto muscolare striato è composto da due categorie principali di fibre muscolari: le fibre rosse lente o ST (Slow Twitch) e le fibre bianche veloci FT (Fast Twitch). Le fibre ST rispondono a bassi picchi di tensione degli stimoli nervosi e hanno un lungo tempo di contrazione, quindi possiedono un’elevata capacità di resistere a sforzi prolungati. Per questa ragione vengono attivate per sforzi fisici lievi, protratti nel tempo. Le fibre FT rispondono ad elevati picchi di tensione e vengono reclutate quando vi è una richiesta massiccia di forza, ma si esauriscono più velocemente delle ST. Di queste fibre esiste un’ulteriore sottoclassificazione: FTx (o b): le fibre veloci per antonomasia, sono coloro che si attivano per generare le contrazioni più rapide e forti che il muscolo può produrre; FTa: dette fibre intermedie, in quanto le caratteristiche chimico-fisiche le pongono a metà strada tra le FTx e le ST; FTc: cellule satellite che si attivano in caso di processi riparativi conseguenti a microlesioni del tessuto muscolare. I tendini I muscoli si inseriscono sulle ossa per mezzo di tendini, formazioni fibrose biancastre avvolte da un’esile membrana detta guaina sinoviale. I tendini fungono da trasduttori, cioè trasferiscono la forza generata dalla contrazione muscolare allo scheletro, generando così i movimenti del corpo. 27 Le ossa Le ossa che compongono lo scheletro, oltre a permettere il movimento grazie all’azione dei muscoli, hanno funzione di sostegno e protezione degli organi interni. Possono avere dimensioni notevolmente diverse: dal femore, che può superare il mezzo metro, ai minuscoli ossicini dell’orecchio medio, lunghi solo pochi millimetri. La colonna vertebrale, detta anche rachide, è il supporto centrale del corpo umano. Poggia sul bacino e si articola alla gabbia toracica. Il bacino e la gabbia toracica si articolano a loro volta rispettivamente con gli arti inferiori e, attraverso la clavicola e la scapola, con gli arti superiori. Osservando lateralmente la colonna vertebrale, si possono individuare quattro caratteristiche curve fisiologoche, due lordosi (con convessità rivolta all’interno) e due cifosi (con convessità rivolta all’esterno). In ordine, dall’alto, si incontrano la lordosi cervicale, la cifosi dorsale, la lordosi lombare e la cifosi sacrale. Le prime tre curve permettono un certo grado di mobilità mentre la cifosi sacrale è fissa. 28 La colonna vertebrale è costituita da vertebre impilate una sull’altra, intervallate da dischi intervertebrali, la cui funzione principale è quella di sopportare la compressione a cui è sottoposta la colonna vertebrale. I dischi intervertebrali sono soggetti a fenomeni traumatici e degenerativi che causano le cosiddette discopatie. Articolazioni e legamenti Si chiama articolazione quella struttura anatomica in cui due o più ossa vengono a contatto. La superficie dell’osso che partecipa ad un’articolazione è rivestita di cartilagine articolare. La cartilagine articolare è un tessuto più morbido, dalla superficie liscia e lucida, che ha la funzione di favorire lo scorrimento tra i due capi e assorbire le sollecitazioni. In corrispondenza delle articolazioni si trovano i legamenti; delle fasce di tessuto fibroso, poco elastico, che impediscono alle ossa di allontanarsi l’una dall’altra. Strutture anatomiche: illustrazioni 29 Terminologia convenzionale per definire la posizione anatomica I piani anatomici Al fine di localizzare con precisione una determinata parte anatomica sono stati convenzionalmente definiti tre piani immaginari perpendicolari tra loro. Il piano sagittale Corrisponde alla linea mediana del corpo e lo divide in parte destra e parte sinistra. 32 I termini specifici per indicare la posizione di una parte anatomica rispetto ad un punto di riferimento Mediale Parte anatomica più vicina alla linea mediana del corpo. Laterale Parte anatomica più lontana dalla linea mediana del corpo. Prossimale Parte anatomica più vicina al centro del corpo qualunque sia il piano di riferimento. Distale Parte anatomica più lontana dal centro del corpo qualunque sia il piano di riferimento. Superficiale Parte anatomica più vicina alla superficie del corpo. Profondo Parte anatomica più lontana dalla superficie del corpo. 35 Terminologia convenzionale per definire il movimento Adduzione Movimento che avvicina un arto o una parte di esso alla linea mediana del corpo. 36 Classificazione funzionale delle azioni muscolari Muscoli agonisti Due o più muscoli sono chiamati agonisti quando producono lo stesso movimento. Ad esempio il bicipite brachiale, il brachiale ed il brachioradiale sono tutti responsabili della flessione dell’avambraccio sul braccio (sono detti flessori del braccio). Muscoli antagonisti Due o più muscoli sono chiamati antagonisti quando compiono azioni tra loro opposte. Ad esempio, il bicipite brachiale (flessore del braccio) ed il tricipite brachiale (estensore del braccio). Muscoli sinergici Due o più muscoli sono chiamati sinergici quando concorrono ad un determinato atteggiamento di un segmento scheletrico o ad un movimento complesso. Un salto è il risultato dell’azione simultanea di più muscoli sinergici (la catena estensoria). Muscoli stabilizzatori Sono chiamati stabilizzatori quei muscoli che stabilizzano le articolazioni e permettono al corpo di mantenere equilibrio e stabilità durante l’esecuzione dei movimenti. Sono quasi sempre attivi, per questo sono composti prevalentemente da fibre Slow Twitch (dette anche lente o rosse), che hanno un elevato grado di resistenza. Possono essere classificati secondo l’articolazione che interessano (es. stabilizzatori della spalla, del ginocchio, del tronco, ecc.). 45 Nota: Core Training Di recente è stata posta particolare attenzione alla muscolatura stabilizzatrice del cosiddetto “CORE” o nucleo centrale del corpo, che comprende la colonna vertebrale, il bacino e la parte prossimale degli arti inferiori. L’allenamento dei più importanti muscoli del “CORE”, tra cui quelli della cintura addominale, i paravertebrali, gli estensori ed i flessori dell’anca, è ritenuto determinante per diverse discipline sportive e risulta essere un efficace metodo per contrastare le patologie del rachide. 46 Anatomia descrittiva (semplificata) dei più importanti distretti muscolari Al fine di facilitare la comprensione del posizionamento dei principali distretti muscolari, le sedi dei punti di origine e delle inserzioni sono state, ove possibile, semplificate. Se si divide concettualmente un osso in tre porzioni uguali, è possibile distinguere un terzo prossimale (più vicino al centro del corpo), un terzo mediale ed un terzo distale (più distante dal centro del corpo). Nell’omero, ad esempio, che si congiunge con il resto del corpo attraverso l’articolazione della spalla, il terzo prossimale è quello più vicino a quest’ultima, mentre il terzo distale è quella porzione di osso più vicina a radio e ulna. È possibile anche dividere concettualmente un osso in due metà: una prossimale ed una distale. 47 Grande pettorale Origine Capo clavicolare, dal terzo prossimale e terzo mediale del margine anteriore della clavicola. Capo sterno costale, dalla superficie anteriore dello sterno, sino alle sei cartilagini costali superiori e aponeurosi12 del muscolo obliquo. Inserzione Terzo prossimale dell’omero. Azione Adduzione e intrarotazione dell’omero. 12 Aponeurosi: tessuto connettivo fibroso dalla forma appiattita, del tutto simile al tendine per composizione e funzione. 48 Grande Dorsale Origine Processi spinosi delle vertebre toraciche settima e dodicesima, dalla fascia toraco- lombare, dal terzo posteriore della cresta iliaca, dalla decima e dodicesima costa, dall’angolo inferiore della scapola. Inserzione Terzo prossimale dell’omero. Azione Adduzione, intrarotazione dell’omero e retroposizione della spalla. 49 Trapezio Origine Linea nucale superiore, processi spinosi dalla settima vertebra cervicale alla dodicesima toracica. Inserzione Terzo distale della superficie posteriore della clavicola, acromion e spina della scapola. Azione Elevazione, rotazione verso l’alto, adduzione e abbassamento della scapola; estensione e rotazione del capo. 50 Deltoide Origine Terzo distale della clavicola, acromion e spina della scapola. Inserzione Terzo prossimale dell’omero. Azione Abduzione della spalla (nei primi 30° di movimento l’abduzione è totalmente a carico del deltoide, oltre i 30° interviene il trapezio che contribuisce circa al 50 % del movimento, fino alla massima abduzione); flessione ed estensione dell’omero. 51 Sovraspinato (cuffia dei rotatori) Origine Fossa sopraspinosa della scapola. Inserzione In prossimità della testa dell’omero. Azione Abduzione ed extrarotazione del braccio e stabilizzazione dell’omero. 52 Sottospinato (cuffia dei rotatori) Origine Fossa sottospinosa della scapola. Inserzione In prossimità della testa dell’omero. Azione Extrarotazione del braccio e stabilizzazione dell’omero. 53 Piccolo rotondo (cuffia dei rotatori) Origine Parte superiore del bordo laterale della scapola. Inserzione In prossimità della testa dell’omero. Azione Extrarotazione e adduzione del braccio e stabilizzazione dell’omero. 54 Sottoscapolare (cuffia dei rotatori) Origine Fossa sottoscapolare. Inserzione In prossimità della testa dell’omero. Azione Intrarotazione e adduzione del braccio e stabilizzazione dell’omero. 55 Tricipite Brachiale Origine Il capo lungo, dalla scapola, in prossimità dell’articolazione scapolo-omerale; il capo laterale dalla superficie posteriore laterale della metà prossimale dell’omero; il capo mediale origina dalla superficie posteriore della metà distale dell’omero. Inserzione Estremità prossimale dell’ulna. Azione Estensione dell’avambraccio. Il capo lungo partecipa all’estensione della spalla. 56 Bicipite Brachiale Origine Il capo lungo, dalla scapola, in prossimità dell’articolazione scapolo-omerale, il capo breve da una protuberanza caratteristica della scapola, chiamata processo coracoideo. Inserzione Terzo prossimale del radio. Azione Flessione e supinazione dell’avambraccio. Il capo lungo partecipa all’abduzione del braccio, mentre il capo breve concorre al movimento di flessione di spalla. 57 Brachiale Origine Metà distale della superficie anteriore dell’omero. Inserzione Terzo prossimale dell’ulna. Azione Flessione dell’avambraccio. 58 Brachioradiale Origine Terzo distale dell’omero. Inserzione Terzo distale del radio. Azione Flessione dell’avambraccio. 59 Retto dell’addome Origine Parte inferiore dello sterno e dalla quinta alla settima costa. Inserzione Pube. Azione Flessione del tronco. 60 Obliquo esterno Origine Dalla quinta alla dodicesima costa. Inserzione Linea alba13, pube e metà anteriore della cresta iliaca. Azione Flessione laterale e rotazione del tronco verso il lato opposto. 13 Linea alba: congiunzione tra le aponeurosi dei muscoli addominali (obliquo interno, esterno e trasverso dell’addome), localizzabile visivamente come la fascia bianca che separa i due retti addominali. 61 Obliquo interno Origine Cresta iliaca, fascia toracolombare e legamento inguinale. Inserzione Margini inferiori delle ultime tre coste. Azione Flessione e rotazione del tronco verso il proprio lato. 62 Trasverso dell’addome Origine Faccia interna delle ultime sei coste, fascia toracolombare, cresta iliaca e legamento inguinale. Inserzione Linea alba e aponeurosi del muscolo obliquo interno. Azione Compressione e sostegno dei visceri. 63 Quadrato dei lombi Origine PARTE ANTERIORE: processi trasversi delle ultime quattro vertebre lombari (L2 – L5). PARTE POSTERIORE: legamento ileo-lombare e labbro interno della cresta iliaca. Inserzione PARTE ANTERIORE: margine inferiore della dodicesima costa. PARTE POSTERIORE: margine inferiore della dodicesima costa e margini dei processi trasversi delle prime quattro vertebre lombari (L1 – L4). Azione Estensione e stabilizzazione laterale della colonna vertebrale; flessione laterale del tronco. 64 Psoas Origine Dalla dodicesima vertebra toracica alla quinta vertebra lombare. Inserzione Terzo prossimale del femore. Azione Flessione della coscia a livello dell’articolazione dell’anca. Extraruota il femore ed inclina lateralmente il tronco. 65 Retto femorale (quadricipite) Origine Ileo. Inserzione Attraverso la rotula, sul terzo prossimale della tibia. Azione Flessione dell’anca, estensione dell’articolazione del ginocchio. 66 Vasto laterale (quadricipite) Origine Terzo prossimale del femore. Inserzione Attraverso la rotula, sul terzo prossimale della tibia. Azione Estensione dell’articolazione del ginocchio. 67 Vasto mediale (quadricipite) Origine Terzo prossimale del femore. Inserzione Attraverso la rotula, sul terzo prossimale della tibia. Azione Estensione dell’articolazione del ginocchio. 68 Vasto intermedio (quadricipite) Origine Superficie anteriore del femore. Inserzione Attraverso la rotula, sul terzo prossimale della tibia. Azione Estensione dell’articolazione del ginocchio. 69 Grande gluteo Origine Ileo, cresta iliaca, sacro e coccige. Inserzione Terzo prossimale del femore e fascia lata14. Azione Estensione ed extrarotazione della coscia. 14 Fascia lata: spessa fascia di tessuto connettivo che avvolge lateralmente la coscia. 70 Semitendinoso (ischiocrurali) Origine Ischio. Inserzione Lato mediale della tibia. Azione Flessione del ginocchio, estensione ed intrarotazione dell’anca. 71 Semimembranoso (ischiocrurali) Origine Ischio. Inserzione Terzo prossimale posteriore della tibia. Azione Flessione del ginocchio, estensione ed intrarotazione dell’anca. 72 Bicipite femorale (ischiocrurali) Origine Il capo lungo, dall’ischio; il capo breve, dalla superficie posteriore del terzo mediale del femore. Inserzione Terzo prossimale laterale della tibia e testa del perone. Azione Estensione della coscia, flessione dell’articolazione del ginocchio ed extrarotazione della gamba. 73 Gastrocnemio Origine Il capo laterale, dalla faccia postero-laterale del terzo distale del femore; il capo mediale, dalla faccia postero-mediale del terzo distale del femore. Inserzione Calcagno. Azione Flessione plantare della caviglia e flessione del ginocchio. 74 Soleo Origine Facce posteriori di tibia e perone. Inserzione Calcagno. Azione Flessione plantare della caviglia. 75 L’apparato cardiocircolatorio in breve Il movimento del sangue, che trasporta per tutto il corpo ossigeno, ormoni e sostanze nutritive ai tessuti e rimuove da essi i rifiuti derivanti dal metabolismo cellulare, si chiama circolazione. L’insieme degli organi e dei tessuti che provvedono al funzionamento di questo processo, prende il nome di apparato cardiocircolatorio o cardiovascolare. Il cuore Nell’uomo l’apparato cardiocircolatorio è un sistema chiuso che comprende il cuore, organo cavo costituito prevalentemente da un robusto tessuto muscolare involontario, detto miocardio. Il cuore si trova al centro dell’apparato cardiovascolare nel torace, tra i due polmoni, appoggiato sul diaframma posteriormente allo sterno. 76 Funziona come una pompa che, con le contrazioni delle sue pareti, imprime una spinta al sangue mettendolo in movimento. Ai movimenti di contrazione del cuore si dà il nome di sistole, mentre a quelli di distensione, quello di diastole. I vasi Il sangue scorre in un sistema di vasi: Le arterie, che trasportano il sangue dal cuore alle diverse parti del corpo. Le vene, che riportano il sangue dalla periferia al cuore. Durante la sistole il sangue carico di ossigeno viene spinto nelle arterie, fino ai tessuti. Durante la diastole il sangue carico di anidride carbonica viene aspirato nelle vene. Il sangue venoso ed il sangue arterioso non si mescolano mai. Le arterie ramificano in vasi di sezione sempre più piccola, fino a costituire una fitta rete di capillari in cui la pressione è molto bassa, dove il sangue scorre lento agevolando gli scambi vitali. È infatti attraverso i capillari che le sostanze nutritive e l’ossigeno possono diffondersi nei tessuti e che i prodotti di rifiuto del metabolismo passano nel sangue per essere poi eliminati. 77 Il ciclo cardiaco Il cuore presenta una parete interna, il setto, che lo divide in una metà destra e una metà sinistra. Ciascuna metà è formata da una cavità superiore, atrio, e da una inferiore più ampia, ventricolo. Gli atri comunicano con i sottostanti ventricoli tramite un’apertura atrio- ventricolare corredata da una valvola atrio-ventricolare. Il cuore destro riceve il sangue povero di ossigeno, di ritorno dai tessuti, e lo spinge verso i polmoni dove il sangue si arricchisce nuovamente di ossigeno e ritorna al cuore sinistro. Il sangue arterioso viene poi distribuito a tutti i tessuti. Nel dettaglio: Il sangue arriva all’atrio destro tramite le vene cave inferiore e superiore, da qui attraversa la valvola atrio-ventricolare destra, passa il ventricolo destro e raggiunge i polmoni tramite l’arteria polmonare, dove cede l’anidride carbonica e si carica di ossigeno. Dai polmoni il sangue torna all’atrio sinistro per passare poi al ventricolo sinistro, attraverso la valvola atrio-ventricolare sinistra. 78 Dal ventricolo sinistro il sangue viene espulso tramite l’arteria aorta nella circolazione sistemica, in modo da portare ossigeno a tutti i tessuti del corpo e ritornare carico di anidride carbonica all’atrio destro. La parte di circolo compresa tra il ventricolo destro e l’atrio sinistro è chiamata piccola circolazione o circolazione polmonare. La piccola circolazione è la porzione dell’apparato cardiocircolatorio che collega il cuore ai polmoni. La parte di circolo compresa tra il ventricolo sinistro e l’atrio destro è chiamata grande circolazione o circolazione sistemica. La grande circolazione è la porzione dell’apparato cardiocircolatorio che dal cuore porta il sangue alla periferia del corpo umano e da qui nuovamente al cuore. 79 Respirazione polmonare Per arrivare al sangue ed essere trasportato nel nostro corpo dalla circolazione sanguigna, l’ossigeno deve prima entrare nell’organismo attraverso le vie aeree e raggiungere i polmoni per mezzo della ventilazione (o respirazione) polmonare. L’aria inalata attraverso il naso e la bocca raggiunge la trachea, la quale provvede alla filtrazione, all’umidificazione e alla regolazione termica, innalzandone la temperatura fino a quella corporea di circa 37 °C. Al termine della trachea si trova una biforcazione, da cui originano i due bronchi che conducono l’aria al polmone destro e a quello sinistro, rispettivamente. I gas attraversano una serie di condotti sempre più piccoli e ramificati, i bronchioli fino a raggiungere i dotti alveolari ed infine gli alveoli polmonari, le unità terminali dei polmoni. I polmoni contengono più di 600 milioni di alveoli dal diametro di 0,3 mm l’uno e rappresentano la superficie di scambio che consente il passaggio dei gas tra sangue e polmoni. Una fitta rete di capillari, in cui confluisce tutto il sangue proveniente dal corpo, avvolge gli alveoli. Le superficie che separa alveoli e capillari è detta barriera emato-aerea ed è la sola 80 porzione di tessuto a frapporsi tra il sangue e la cavità alveolare e il suo ridotto spessore consente la diffusione dei gas dal sangue ai polmoni e viceversa. Il sangue proveniente dal ventricolo destro e dall’arteria polmonare, cede l’anidride carbonica agli alveoli e riacquista ossigeno, raggiungendo poi le vene polmonari e quindi il cuore, dove tramite il ventricolo sinistro può essere spinto in tutto l’organismo. In una condizione di riposo, circa 250 ml di ossigeno passano in un minuto dagli alveoli al sangue e circa 200 ml di anidride carbonica diffondono in senso opposto. Negli atleti di resistenza di élite questi scambi possono aumentate fino a 25 volte in una condizione di massimo sforzo, così da mantenere costanti le concentrazioni di ossigeno e anidride carbonica nello spazio alveolare. I polmoni I polmoni sono organi spugnosi a forma conica situati nella cavità toracica, delimitata anteriormente, posteriormente e lateralmente dalla parete toracica e inferiormente dal diaframma. Il diaframma è una lamina muscolofibrosa che separa la cavità toracica da quella addominale. La sua forma è quella di una doppia cupola con convessità superiore, convergente centralmente in un corpo tendineo appiattito a forma di trifoglio. È il principale muscolo respiratorio del corpo umano, la contrazione delle sue fibre produce un abbassamento della cavità toracica generando un aumento del volume polmonare. I polmoni sono avvolti esternamente da membrane sierose dette pleure, formate da due foglietti sovrapposti: quello interno aderisce sulla superficie esterna dei polmoni, mentre quello esterno sulle pareti della cavità toracica e sul diaframma. Lo spazio tra le due pareti è detta cavità pleurica in cui è presente il liquido pleurico, il quale genera una pressione negativa e permette alle pleure di restare in contatto tra loro. Il ruolo delle pleure è quello di facilitare lo scorrimento dei polmoni nella cavità toracica durante la respirazione e di garantirne l’espansione durante la fase inspiratoria. 81 Meccanica respiratoria La respirazione è composta da due fasi: l’inspirazione e l’espirazione. Durante l’inspirazione, il diaframma si contrae e si abbassa verso la cavità addominale per circa 10 cm, mentre gli scaleni, gli intercostali esterni, gli elevatori delle scapole e lo sternocleidomastoideo ruotano e sollevano lo sterno e le coste, portando queste ultime orizzontali al pavimento15. L’allungamento e l’allargamento della gabbia toracica provoca l’espansione dei polmoni e conseguentemente la riduzione della pressione interna al di sotto di quella atmosferica, permettendo l’ingresso dell’aria. L’espirazione, in una condizione di riposo, è un’azione passiva, che avviene per rilassamento della muscolatura inspiratoria sopra menzionata e il naturale sgonfiamento dei polmoni. Tuttavia, quando svolgiamo dell’attività fisica, occorre velocizzare e regolarizzare questa fase. Per questo deve intervenire la muscolatura espiratoria: muscoli intercostali interni e muscolatura addominale, che accelera la discesa delle coste e la risalita del diaframma, andando così a comprimere i polmoni con conseguente aumento della pressione interna e fuoriuscita dell’aria. I muscoli espiratori partecipano anche nello svolgere azioni naturali, quali la tosse e lo starnuto, o azioni volontarie necessarie ad irrigidire la cavità addominale e toracica, come la manovra di Valsalva (o espirazione a glottide chiusa) tecnica adoperata nella pesistica per compiere sforzi fisici rapidi e intensi. Nella pratica si esegue una espirazione forzata massimale, mantenendo chiusa la glottide, ossia la porzione più stretta della laringe. L’aria intrappolata produce un rapido aumento della pressione intratoracica e addominale, limitando la mobilità delle due aree. La rigidità del tronco così ottenuta facilita l’azione dei muscoli agonisti impegnati nell’esecuzione del gesto atletico. Diversamente da quello che si crede, tale manovra non accresce di molto la pressione sanguigna, anzi i suoi effetti sono esattamente opposti. Questa, infatti, può produrre una rapida riduzione della pressione arteriosa, che diminuisce l’afflusso di ossigeno al cervello provocando fenomeni quali stordimento, visione a macchie e perdita di coscienza. Per questa ragione va pratica solo da persone che godono di una buona condizione fisica e con una discreta esperienza nell’allenamento con sovraccarichi. 15 Solitamente si paragona il movimento delle coste a quello di un manico di un secchio. 82 Il metabolismo Per metabolismo si intende il complesso di trasformazioni chimiche che, interagendo tra loro, permettono la vita. Si suddivide in due processi: Il catabolismo, ovvero il processo di demolizione delle molecole organiche in molecole più semplici, con liberazione di energia che viene utilizzata nelle molteplici attività dell’organismo. Il catabolismo è il processo metabolico responsabile della disgregazione di tessuti a scopo energetico. L’anabolismo, ovvero il processo di sintesi di molecole complesse a partire da molecole più semplici, con dispendio di energia. L’anabolismo è il processo metabolico responsabile della generazione di nuovi tessuti. 83 Il sistema endocrino Il corpo umano è dotato di un sistema di comunicazione tra gli organi chiamato sistema endocrino. Il sistema endocrino è costituito da un insieme di ghiandole in grado di produrre particolari molecole chiamate ormoni, che, una volta rilasciate nel sangue, raggiungono gli organi bersaglio al fine di regolarne alcune funzioni. Gli ormoni hanno un ruolo fondamentale nella regolazione dei processi metabolici. Si può fare una distinzione tra ormoni anabolici, come l’ormone della crescita, il testoterone e l’insulina e ormoni catabolici come il cortisolo, le catecolamine e il glucagone. I principali ormoni anabolici Ormone della crescita (Growth Hormone) Conosciuto anche come GH, esercita diverse funzioni: Promozione della sintesi proteica. Funzione anticatabolica. Funzione lipolitica. Crescita ossea e dei tessuti molli. È prodotto da una ghiandola situata alla base del cranio, chiamata ipofisi. Testosterone Il testosterone è responsabile dello sviluppo degli organi sessuali e delle caratteristiche sessuali secondarie (peli, barba, abbassamento del tono della voce...). Favorisce la comparsa delle calvizie, dell’acne giovanile e influenza la libido e l’aggressività. Inoltre, ha un effetto spiccato sulla sintesi proteica e sulla forza. È prodotto principalmente dai testicoli. Insulina L’insulina abbassa la glicemia ed ha un’azione anabolizzante. L’eccesso di insulina, prodotta dopo l’assunzione di pasti abbondanti o ricchi di carboidrati, favorisce l’accumulo di adipe. 84 È prodotta dal pancreas. I principali ormoni catabolici Cortisolo Conosciuto come “l’ormone dello stress” proprio perché la sua produzione aumenta sensibilmente in condizioni di forte stress psicofisico, è l’ormone catabolico per eccellenza. Esercita diverse funzioni, tra cui una spiccata azione catabolica sul tessuto muscolare scheletrico. È prodotto dalle ghiandole surrenali. Glucagone È considerato un antagonista dell’insulina. Interviene durante il digiuno per ripristinare i livelli ottimali di glicemia. È prodotto dal pancreas. Catecolamine La produzione delle catecolamine (adrenalina e noradrenalina) è stimolata dal meccanismo di difesa che si instaura quando l’organismo percepisce una situazione di pericolo. Entrambe aumentano la forza e la frequenza delle contrazioni cardiache, la pressione arteriosa e la frequenza degli atti respiratori. Inoltre, grazie alla loro azione catabolica, aumentano la disponibilità di risorse energetiche pronte per essere utilizzate dall’organismo. Sono prodotte dalle ghiandole surrenali. 85 L’apparato digerente L’apparato digerente è un insieme di organi cavi contigui che formano un lungo tubo aperto alle estremità. Per questa ragione viene anche chiamato tubo digerente. Lungo il tubo digerente il cibo viene ingerito e digerito, i principi nutritivi vengono assimilati e le sostanze residue vengono espulse. Il processo digestivo ha luogo nello stomaco. La digestione è l’insieme di processi fisici e chimici con cui avviene la demolizione delle sostanze complesse contenute negli alimenti, che vengono ridotte a composti di piccole dimensioni facilmente assorbibili. L’assorbimento di questi composti avviene attraverso la mucosa del primo tratto di intestino tenue, che li trasferisce al sangue. Attraverso il sistema circolatorio, i principi nutritivi vengono poi distribuiti a tutte le cellule del corpo umano. Le sostanze non assorbite vengono concentrate nell’ultima parte dell’intestino crasso, dove avviene la formazione delle feci, per essere infine espulse all’esterno dell’organismo. 86 I sistemi energetici La contrazione muscolare avviene in presenza di ATP. Tale composto, però, può essere accumulato soltanto in piccole quantità nelle cellule, perciò, durante l’esercizio fisico, va continuamente risintetizzato. A seconda dell’intensità del lavoro svolto, entrano in gioco diversi meccanismi di produzione di ATP che intervengono contemporaneamente, ma in proporzioni variabili, alla richiesta di energia. Il meccanismo anaerobico alattacido La produzione di ATP avviene dalla scissione della fosfocreatina16 presente nella cellula, in assenza di ossigeno. Questo processo metabolico non produce acido lattico17 e consente di ottenere rapidamente ATP per un esercizio ad altissima intensità, ma di brevissima durata (6 – 8 secondi). 16 Fosfocreatina: molecola particolarmente presente nel tessuto muscolare che rappresenta un’importante riserva di energia per l’organismo. 17 Acido lattico: sottoprodotto del metabolismo anaerobico lattacido. 88 Il meccanismo anaerobico lattacido L’ATP è prodotta dalla trasformazione del glucosio muscolare in assenza di ossigeno, con conseguente generazione di acido lattico. Il meccanismo anaerobico lattacido consente di svolgere un esercizio ad alta intensità, per una breve durata (60 – 180 secondi). L’accumulo di acido lattico, infatti, interferisce con il meccanismo di contrazione muscolare, determinando la cessazione dell’esercizio. 89 Il meccanismo aerobico La produzione di ATP avviene in presenza di ossigeno, utilizzando due substrati energetici, i carboidrati e i grassi. Non genera acido lattico. Il meccanismo aerobico, attingendo direttamente alle riserve di grasso corporeo, interviene nelle attività di moderata intensità protratte nel tempo. 90 Valuta il tuo livello di preparazione Sai definire le strutture che costituiscono l’apparato locomotore? Quanti e quali tipi di tessuto muscolare esistono? Sai usare correttamente la terminologia anatomica convenzionale per definire l’orientamento la posizione e il movimento? Conosci l’azione dei principali gruppi muscolari? sapresti indicarne l’origine e l’inserzione? Sai indicare quali sono le porzioni dell’apparato circolatorio definite grande e piccola circolazione? Dove avviene lo scambio gassoso tra polmoni e circolo sanguigno? Qual è il principale muscolo della respirazione polmonare? Che cos’è la manovra di Valsalva e perché la si esegue? Quali sono i principali ormoni anabolici? e quelli catabolici? Sai indicare in quali tratti del tubo digerente avvengono rispettivamente la digestione, l’assorbimento dei nutrienti e la formazione delle feci? Sai indicare qual’è il meccanismo di sintesi dell’ATP che interviene in modo prevalente, a seconda della durata e dell’intensità dell’esercizio svolto? 91 I nutrienti Ogni giorno devono essere introdotte nell’organismo adeguate quantità di sostanze nutrienti, che assolvono a tre funzioni principali: Funzione energetica. Funzione plastica o costruttiva. Funzione regolatrice o protettiva, a cui assolvono le sostanze che consentono il regolare svolgimento delle reazioni chimiche cellulari e proteggono l’organismo. 93 I grassi o lipidi I grassi sono sostanze ad alto valore energetico, circa 9 kcal/g. Gli alimenti più ricchi di grassi sono gli oli vegetali, il burro, i formaggi ed alcuni tipi di carni. Queste sostanze, durante la digestione, vengono lentamente assorbite per l’azione di determinati enzimi. Nel corpo umano più del 10% del peso corporeo è composto da grasso (nei soggetti obesi supera il 30%). È distribuito in tutti gli organi e tessuti del corpo, costituisce la principale riserva energetica dell’organismo. 94 I carboidrati o glucidi I carboidrati sono la fonte energetica primaria utilizzata dai muscoli e dal cervello. Durante il lavoro muscolare, i carboidrati immagazzinati nei muscoli sotto forma di glicogeno vengono utilizzati come fonte energetica. Il loro potere calorico è di 4 kcal/g e sono in grado di trattenere nelle cellule muscolari 3 grammi di acqua per ogni grammo di carboidrati. I carboidrati semplici sono costituiti da un solo monosaccaride e sono rapidamente assimilabili (es. glucosio). I carboidrati complessi, formati dall’unione di due o più monosaccaridi, sono a lenta assimilazione, costituiscono quindi una fonte di energia più a lungo termine (es. amido). I carboidrati complessi non assimilabili, come la cellulosa, l’emicellulosa e la pectina sono un’importante componente della fibra alimentare, una sostanza indigeribile, che favorisce il senso di sazietà e aiuta a prevenire alcune patologie, tra cui il cancro al colon. Cibi particolarmente ricchi di carboidrati sono i cereali, i tuberi e la frutta. 95 Indice e carico glicemico L'indice glicemico e il carico glicemico sono concetti sviluppati per analizzare il comportamento del cibo durante la digestione. Nello specifico, permettono di classificare i cibi ricchi di carboidrati in base alla velocità del loro effetto sul livello di glucosio nel sangue ovvero la glicemia. L’indice glicemico (o GI) è una misura di quanto velocemente il glucosio presente nel cibo viene assorbito e viene espresso in funzione della velocità di assorbimento del glucosio (che per convenzione possiede GI= 100). Il carico glicemico (o GL) è una misura del glucosio totale che viene assorbito dal cibo in funzione dell’indice glicemico dell’alimento e della quantità di carboidrati in esso contenuti. Nell’analisi dell’impatto che un alimento ha sull’organismo, valutarlo esclusivamente in base all’indice glicemico può risultare forviante. Infatti presi due alimenti con stesso indice glicemico (GI= 60) come la pasta e le albicocche, si osserva che questi stessi alimenti non possiedono il medesimo carico glicemico: 100g di pasta contengono 79 g di carboidrati: GL = (60 x 79)/100 = 47,4 100 g di albicocche contengono 11 g di carboidrati: GL = (60 x 11)/100 = 6,6 Pertanto mangiare 100 g di pasta non equivale a mangiare 100 g di albicocche, in virtù del diverso carico glicemico dei due alimenti. 96 Le proteine Le proteine sono formate da una sequenza di 20 amminoacidi di cui 8 sono essenziali, quindi non sintetizzabili da parte dell’organismo. Le proteine hanno prevalentemente una funzione plastica, entrando in gioco nei processi riparativi e di rimaneggiamento proteico18, che avvengono soprattutto a livello muscolare. Inoltre possiedono anche una funzione energetica con un potere calorico di 4 kcal/g. Le fonti principali di proteine sono: la carne, il pesce, le uova, il latte e i latticini e alcuni alimenti vegetali. Il valore biologico delle proteine è determinato dalla quantità di amminoacidi essenziali in Valori di riferimento (UE) dosi giornaliere raccomandate di vitamine Vitamina A µg 800 Vitamina D µg 5 Vitamina E mg 10 Vitamina C mg 60 Vitamina B1 (tiamina) mg 1,4 Vitmina B2 (riboflavina) mg 1,6 Vitamina B3 (niacina) mg 18 Vitamina B6 (piridossina) mg 2 Vitamina B9 (acido folico) µg 200 Vitamina B12 µg 1 Vitamina H (biotina) mg 0,15 Acido Pantotenico mg 6 esse contenute. Le proteine animali sono considerate ad alto valore biologico, quelle vegetali invece sono considerate a basso valore biologico. Alimenti come i cereali e i legumi si pongono a metà strada e vengono considerati a medio valore biologico, ma se ben combinati tra di loro, 18 Rimaneggiamento proteico: è il costante processo di rinnovamento cellulare dei tessuti corporei, caratterizzato dalla continua distruzione e dalla risintesi delle proteine di cui sono composti. Viene anche chiamato turnover proteico. 97 Le vitamine Le vitamine sono sostanze inorganiche, che non hanno potere calorico. Hanno funzione regolatrice e protettiva. Di aspetto simile a quello degli enzimi, sono classificabili in idrosolubili e liposolubili. Le vitamine idrosolubili si sciolgono in acqua e quindi possono esser smaltite facilmente dal corpo in caso di eccesso, mentre le liposolubili si sciolgono nei grassi, per cui un loro eccesso può portare a stati di ipervitaminosi. La maggior parte delle 13 vitamine conosciute non è sintetizzabile dal corpo umano, devono quindi essere introdotte con l’alimentazione. 99 I sali minerali I sali minerali sono importanti per la regolazione dell’equilibrio idrico all’interno dell’organismo. Inoltre, svolgono molteplici funzioni, tra cui il mantenimento dell’equilibrio strutturale delle ossa. La sudorazione durante l’allenamento determina un consumo di sali minerali, che varia in funzione dell’intensità dell’attività fisica, della sua durata e delle condizioni ambientali. La perdita di sali minerali deve essere compensata con un adeguato consumo di liquidi e con l’alimentazione. Valori di riferimento (UE) dosi giornaliere raccomandate di sali minerali Calcio mg 800 Fosforo mg 800 Ferro mg 14 Magnesio mg 300 Zinco mg 15 Iodio µg 150 100 Relazioni tra i nutrienti e apporto proteico Una corretta alimentazione si ottiene mantenendo l’equilibrio tra i diversi principi nutritivi. Secondo le linee guida emanate dalla Società Italiana di Nutrizione (1996), l’introito calorico nel sedentario dovrebbe essere così ripartito: 55-65% carboidrati, 25-30% lipidi, 10-15% proteine. In alcune diete però, come la Dieta a Zona, la quantità dei carboidrati è più bassa. In questo caso, per compensare il mancato apporto dei carboidrati, la percentuale proteica è aumentata al 30%. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito che l’apporto massimo giornaliero di proteine non deve superare gli 0,75 g per kg di peso corporeo (approssimato convenzionalmente a 1 g). Un apporto superiore, infatti, potrebbe causare un eccesso di proteine, che verrebbe utilizzato a scopo energetico, attraverso un processo che produce scorie azotate. Queste ultime potrebbero sovraccaricare i reni, con rischi anche gravi, soprattutto in un soggetto che presenta delle disfunzioni renali. Si riscontra però una carenza di studi scientifici che dimostrino che un apporto proteico anche doppio, porti dei danni di qualunque genere in un soggetto perfettamente sano. È dimostrato, invece, che chi pratica sport ha un fabbisogno proteico maggiore rispetto al sedentario. Nei maratoneti, ad esempio, il consumo proteico derivante dal catabolismo muscolare è molto alto. Da studi svolti su atleti olimpionici, è emerso inoltre che un apporto proteico superiore al fabbisogno giornaliero, nell’ordine di 1,4 g di proteine per kg di peso corporeo, porta ad un netto miglioramento della massa muscolare. 101 Integratori alimentari Per integratori alimentari si intendono quelle sostanze che possono essere assunte per compensare una o più carenze che difficilmente possono essere colmate con l’alimentazione. Nel fitness e nello sport in genere, gli integratori vengono spesso utilizzati più che per compensare delle carenze, per produrre effetti anabolici, dimagranti, per migliorare le prestazioni e favorire il recupero. Di seguito sono descritte le principali caratteristiche dei più diffusi integratori utilizzati in ambito sportivo. Aminoacidi ramificati Gli aminoacidi ramificati sono: leucina, valina e isoleucina. Fanno parte degli aminoacidi essenziali non sintetizzabili dall’organismo e rappresentano circa il 33% delle scorte aminoacidiche muscolari. Gli aminoacidi ramificati favoriscono la sintesi proteica e svolgono un’azione anticatabolica sul tessuto muscolare. Sono molto utilizzati in palestra sia nel pre-workout che nel post-workout. Carnitina Si tratta di un aminoacido che favorisce un maggior utilizzo dei grassi a scopo energetico. La quantità di carnitina assunta attraverso l’introduzione di cibi animali è normalmente sufficiente, tuttavia, nello sportivo, un’integrazione può risultare utile per migliorare l’efficienza del metabolismo dei grassi. Creatina Si tratta di una molecola proteica, presente normalmente nei nostri muscoli. La creatina, oltre ad essere prodotta dall’organismo, è presente nel cibo. In particolare nella carne, nel pesce e in misura minore in certi vegetali. Questa sostanza, sebbene non sia in grado di favorire la sintesi proteica, produce dei miglioramenti della prestazione tramite l’aumento della concentrazione di creatinfosfato nel tessuto muscolare. 102 Questo integratore, quindi, si può considerare utile per favorire l’aumento della forza, del volume muscolare e del recupero, ma può dare alcuni effetti collaterali, come ritenzione idrica e disturbi gastrointestinali. In commercio esistono varie formulazioni di creatina. Le nuove formulazioni di creatina, risultano meglio assimilabili rispetto ai vecchi prodotti, che in molti casi davano sintomatologie da intolleranza. Proteine in polvere In commercio, esistono tre tipi di proteine in polvere. Sono le proteine ricavate dal latte, dalla soia e dall’uovo. Assunte dopo l’allenamento o tra i pasti principali, hanno un effetto moderatamente anabolico sui tessuti muscolari. In relazione alla diversa origine della proteina che si assume e dal metodo di lavorazione, cambiano sia il valore biologico sia il tempo di assorbimento. Il latte è considerato la migliore fonte da cui ottenere le polveri proteiche, che si dividono in due categorie principali: Proteine del siero di latte a rapido assorbimento: molto utili la mattina appena svegliati, per contrastare il catabolismo delle ultime ore notturne o dopo l’allenamento, insieme ad una fonte di carboidrati veloci, per velocizzare la sintesi proteica. Caseine ad assorbimento lento: utili prima di coricarsi o nei momenti in cui tra un pasto e l’altro intercorre molto tempo. Le ultime formulazioni di proteine della soia (che vengono arricchite degli aminoacidi essenziali mancanti) e le proteine dell’uovo, costituiscono una buona alternativa al fine di evitare possibili intolleranze provocate dalla continua assunzione di proteine derivanti dal latte. Termogenici Gli integratori ad effetto termogenico sono generalmente composti da sostanze stimolanti in grado di provocare un lieve incremento della temperatura corporea basale, con un conseguente modesto aumento del consumo calorico. Sono generalmente composti da una miscela di caffeina e fitoestratti. 103 L’efficacia di questo genere di integratori è direttamente proporzionale agli effetti collaterali che possono provocare. Integratori a base di vitamine e sali minerali Vitamine e sali minerali svolgono il ruolo importantissimo di catalizzatori biologici ed intervengono in numerose reazioni biochimiche. Per garantire all’organismo il giusto quantitativo di vitamine è necessario privilegiare l’introduzione nell’alimentazione di frutta e ortaggi freschi di stagione. Più i cibi subiscono trattamenti e raffinazioni, maggiore è la perdita del contenuto di principi nutritivi. Di norma un vegetale prodotto in serra con l’utilizzo di sostanze chimiche, quali antiparassitari e fertilizzanti, spesso colto molto in anticipo rispetto alla maturazione, può contenere anche la metà dei nutrienti presenti invece in un prodotto biologico. Un’alimentazione ben equilibrata, che tenga conto anche della qualità degli alimenti, dovrebbe coprire il fabbisogno giornaliero dell’organismo. Nello sportivo o in situazioni di stress, risulta invece utile servirsi di un integratore in grado di sopperire al deficit di micronutrienti. Sembra comunque che le vitamine presenti negli alimenti siano più efficaci, perché accompagnate dalla giusta miscela di nutrienti e altri elementi che ne favoriscono l’assorbimento. Le sostanze presenti nei cibi naturali risultano essere combinate e dosate secondo un equilibrio compatibile con le esigenze nostro organismo. A conferma di questa tesi, esistono studi scientifici che dimostrano come alcune sostanze presenti in diversi cibi salutari per l’uomo, se manipolate e associate in un OGM, possano diventare addirittura pericolose per la salute. Pertanto l’assunzione di un pool vitaminico o di una singola vitamina può essere utile in alcuni casi, ma non può sostituire i benefici derivanti da un’alimentazione naturale. I sali minerali intervengono direttamente in diverse funzioni organiche. Sono costituenti di diversi tessuti, regolano l’osmosi cellulare, l’eccitabilità nervosa, il volume ematico, l’equilibrio idrico dell’organismo e l’acidità del sangue. Le perdite di sali minerali indotte dall’attività fisica e dalla sudorazione in genere, possono essere normalmente reintegrate bevendo acqua. L’uso di integratori a base di sali minerali si rende necessario soltanto se la perdita di liquidi è particolarmente abbondante, come negli sport di endurance. 104 L’allenamento cardiovascolare in genere viene svolto in palestra, con l’ausilio di macchine elettromeccaniche come il tapis roulant, la cyclette, lo step, ecc.. ma nulla vieta l’ausilio di esercizi a corpo libero o l’impiego di sovraccarichi. È da sempre considerato erroneamente come un metodo di allenamento dagli effetti per lo più dimagranti. Questo falso mito, ha fatto sì che la maggior parte dei praticanti e degli istruttori di fitness e di bodybuilding ne facesse un utilizzo errato. Il cardiotraining, infatti, non è il metodo più efficace per dimagrire. La funzione più importante del cardiotraining è, invece, quella di produrre degli adattamenti fisiologici positivi all’apparato cardiovascolare e respiratorio. Inoltre è ritenuto un ottimo metodo di riscaldamento pre-workout e defaticamento post-workout. L’allenamento aerobico a bassa intensità, nonostante utilizzi come fonte energetica primaria il grasso corporeo, produce degli effetti dimagranti minimi e limitati alla durata della sessione di allenamento. Pertanto, se pur importante per la salute dell’organismo, non può essere considerato come un efficace metodo per dimagrire. Un allenamento ad alta intensità, invece, oltre a richiedere un maggiore dispendio calorico, induce degli adattamenti nell’organismo che producono effetti positivi e duraturi sul metabolismo e sull’apparato cardio-respiratorio. 107 La composizione corporea Il corpo umano è composto da diversi costituenti, in ambito medico-sportivo, tuttavia, si tende a suddividerlo in due componenti principali: Massa grassa, quali il grasso viscerale, sottocutaneo (o adipe) e i trigliceridi muscolari. Massa magra, a sua volta costituita da: - ossa e minerali (calcio, magnesio, sodio, potassio,…); - tessuto muscolare; - acqua. L’acqua rappresenta il 70-80% del corpo umano e si suddivide in una componente extracellulare (il plasma e il liquido interstiziale) e una componente intracellulare. Il grasso ricopre principalmente il ruolo di riserva energetica e viene indicato con il termine di deposito, ma una piccola percentuale svolge anche importanti funzioni fisiologiche e viene definito essenziale (o primario). Il grasso essenziale è maggiore in percentuale nella donna (8-12%, nell’uomo 3-5%) a seguito dei depositi presenti nella mammella e nell’utero. In generale, una donna, rispetto ad un uomo di pari statura e peso, presenta una maggiore percentuale di massa grassa per sostenere la produzione ormonale e per motivi riproduttivi. Oltre alla quantità di grasso, è molto importante osservare dove questo si distribuisce. Infatti, i depositi addominali sono molto più pericolosi per la salute, rispetto agli accumuli di grasso negli arti. Questo perché il grasso viscerale può essere ceduto più facilmente alla circolazione sanguigna e provocare malattie cardiovascolari. Misurazioni corpore Esistono diversi strumenti di misurazione per stabilire la composizione corporea, come la pesa idrostatica, la scansione a raggi X (o DEXA), gli ultrasuoni o la bio-impedenziometria. Questi strumenti sono molto costosi e complessi nel loro utilizzo, per questo si trovano in strutture specializzate (laboratori di ricerca, ospedali o studi medici) e richiedono personale qualificato per il loro utilizzo. 108 Tuttavia, è possibile stimare la composizione corporea con una discreta affidabilità attraverso misurazioni antropometriche, quali le circonferenze corporee e le pliche19. Questi valori, mediante tabelle o equazioni specifiche permettono di ricavare una stima sulla composizione corporea dell’individuo. Qualora si superino i valori di riferimento di massa grassa per statura, età e sesso, la persona viene classificata in sovrappeso o obesa a seconda dell’entità dello scostamento. Grasso Età Sottopeso Normopeso Sovrappeso Obeso Essenziale 20 - 39 3 - 4% 5 - 6% 7 - 19% 20 - 26% >27% UOMO 40 - 59 4 - 5% 6 - 7% 8 - 22% 23 - 29% >30% >60 4 - 6% 7 - 10% 11 - 24% 25 - 31% >32% 20 - 39 10 - 11% 12 - 15% 16 - 27% 28 - 36% >37% DONNA 40 - 59 11 - 12% 13 - 16% 17 - 30% 31 - 39% >40% >60 11 - 12% 13 - 18% 19 - 32% 33 - 41% >42% Il dimagrimento Il consumo di grasso corporeo è il risultato di un bilancio negativo tra le calorie introdotte e quelle consumate. Pertanto la corretta alimentazione è una condizione essenziale per ottenere il dimagrimento. L’allenamento in generale, cardiovascolare o con sovraccarichi, aumenta il consumo calorico e favorisce l’ossidazione dei grassi, ma l’aumento della massa muscolare, conseguente ad un periodo di allenamento con sovraccarichi finalizzato all’ipertrofia, incide in modo più significativo sul metabolismo basale (consumo calorico giornaliero a riposo) e di conseguenza sulla diminuzione della massa grassa. 19 La plica è una piega della cute presa in punti specifici del corpo da parte di un operatore, il quale, munito di un particolare calibro (plicometro), ne misura lo spessore per eseguire una plicometria e ricavare la percentuale di grasso corporeo. 109 Da: Aldo Mariani Costantini, Carlo Cannella, Gianni Tomassi, Alimentazione e nutrizione umana. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore 2011. Il grafico in figura mostra le ripartizioni del metabolismo totale di un individuo: 60 - 75% del metabolismo basale; 15 - 30 % dipendente dall’attività fisica o lavorativa; 7 - 13% dall’Azione Dinamico Specifica per la digestione e assimilazione dei nutrienti introdotti con l’alimentazione. Attraverso l’allenamento e l’alimentazione si può agire su tutte e tre queste componenti.