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Università degli Studi di Torino

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Questo documento descrive concetti fondamentali di diritto pubblico, come le norme giuridiche, la sovranità dello Stato, la struttura delle norme giuridiche, la variabilità storica e geografica del diritto, le formazioni sociali e la produzione del diritto, la giurisprudenza, la dottrina, la Corte Costituzionale e una breve storia del diritto italiano.

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DIRITTO PUBBLICO 0.1 l Norme giuridiche e sociali Def. Il diritto è un insieme di norme giuridiche Le norme giuridiche si distinguono dalle norme sociali (come quelle morali, religiose o etiche) per il fatto di essere coattive. La coattività rappresenta l'obbligatorietà della norma giuridica, ossia...

DIRITTO PUBBLICO 0.1 l Norme giuridiche e sociali Def. Il diritto è un insieme di norme giuridiche Le norme giuridiche si distinguono dalle norme sociali (come quelle morali, religiose o etiche) per il fatto di essere coattive. La coattività rappresenta l'obbligatorietà della norma giuridica, ossia il suo essere imposta e prevedere una sanzione se non rispettata. Le norme giuridiche sono sanzionate dallo Stato, l’unico soggetto che detiene il monopolio della forza legittima, ovvero la forza pubblica. Lo Stato, in quanto sovrano, ha il compito di garantire il rispetto delle leggi e di applicare sanzioni in caso di violazione. Questo significa che, sul territorio italiano, le norme giuridiche vanno rispettate indipendentemente dalla volontà individuale. La coattività della norma giuridica si manifesta proprio nel fatto che la cittadinanza non è una scelta discrezionale. Contrariamente le norme sociali sono frutto di adesione volontaria, che presuppone quindi una scelta (al contrario io non scelgo se voglio essere un cittadino italiano o no, lo sono e stop, è qui che risiede la differenza) a un determinato gruppo sociale/religioso/…. Ad esempio, in un gruppo di amici, si può stabilire la regola di essere sempre puntuali, ma questa non è una norma giuridica poiché non prevede una sanzione legale. 0.2 | Struttura della norma giuridica Una norma giuridica si compone di due elementi: il precetto e la sanzione. - precetto: indica il comportamento che deve essere seguito dai destinatari della norma (istituzioni o individui). - sanzione: è la conseguenza della violazione del precetto e viene applicata dallo Stato. Le sanzioni sono comminate dal potere giudiziario, che agisce come braccio esecutivo della legge. 0.3 | Sovranità dello Stato e produzione del diritto Lo Stato è l’unico soggetto che detiene il monopolio della forza legittima, il che è espressione della sovranità. Né le regioni né altri enti territoriali detengono questa prerogativa. Perché uno Stato possa esistere, sono necessari tre elementi fondamentali: sovranità, popolo e territorio. La sovranità implica che lo Stato non riconosca un’autorità superiore a sé stesso: il potere dello Stato è costituente e non costituito, cioè fondativo e non derivato da altre fonti. 0.4 | Variabilità storica e geografica del diritto Il diritto è strettamente legato al contesto storico e geografico. Questo significa che comportamenti oggi sanzionati o permessi potrebbero essere stati regolati diversamente in passato o in altri luoghi. Per esempio, un tempo l'adulterio femminile era considerato un reato ed era inserito nel codice penale e dunque veniva sanzionato. Oggi, invece, non esiste più alcuna differenza legale tra adulterio maschile e femminile, ed entrambi non sono più considerati reati. Analogamente, il diritto varia anche in base al contesto geografico: ad esempio in Afghanistan le donne non hanno diritto all'istruzione, mentre in Italia l’istruzione è obbligatoria e garantita per tutti fino a una certa età, non essendo un privilegio, ma un diritto che lo Stato assicura a tutti i cittadini. 0.5 | Variabilità storica e geografica del diritto Il diritto è strettamente legato al contesto storico e geografico. Questo significa che comportamenti oggi sanzionati o permessi potrebbero essere stati regolati diversamente in passato o in altri luoghi. Per esempio, un tempo l'adulterio femminile era considerato un reato ed era inserito nel codice penale e dunque veniva sanzionato. Oggi, invece, non esiste più alcuna differenza legale tra adulterio maschile e femminile, ed entrambi non sono più considerati reati. Analogamente, il diritto varia anche in base al contesto geografico: ad esempio in Afghanistan le donne non hanno diritto all'istruzione, mentre in Italia l’istruzione è obbligatoria e garantita per tutti fino a una certa età, non essendo un privilegio, ma un diritto che lo Stato assicura a tutti i cittadini. 0.6 | Formazioni sociali e produzione del diritto Già la parola “formazioni” fa comprendere che non ci si trova davanti a un singolo ma a unna pluralità; difatti le formazioni sociali sono gruppi che lo Stato riconosce e a cui consente di produrre diritto sempre però entro i limiti stabiliti dallo Stato stesso. Lo Stato consente di formare delle regole anche ad altri enti territoriali come città metropolitane, comuni e regioni, le quali - da un punto di vista normativo - possono produrre solo regole e ordinanze ma solo nella misura in cui lo Stato lo permette. Le leggi possono essere emanate solo dallo Stato o dalle regioni, che esercitano questo potere attraverso i consigli regionali, sempre rispettando i limiti fissati dallo Stato. 0.7 | Giurisprudenza e dottrina Il diritto non è un sistema rigido, ma si arricchisce anche attraverso la giurisprudenza e la dottrina, che ci aiutano a capire il significato del diritto e attuarlo alla casistica corrente. - giurisprudenza = è l'insieme delle interpretazioni delle leggi da parte dei giudici, i quali non hanno funzione creatrice ma chiarificatrice: quando una norma è ambigua, spetta ai giudici adattarla e applicarla ai casi concreti correnti, contribuendo così a chiarirne il significato per le volte successive. - dottrina = consiste nelle interpretazioni degli studiosi del diritto (come i professori universitari, ecc…). Questi danno un’interpretazione propria le norme non chiare, contribuendo a loro volta all'evoluzione del diritto. Esempio concreto “Eleggibilità del Presidente della Repubblica e interpretazione della Costituzione” Quando Carlo Azeglio Ciampi terminò il suo settennato come Presidente della Repubblica, gli fu proposto di ricandidarsi in quanto era considerato uno molto bravo, garantiva la coesione delle forze politiche, dando quindi stabilità politica allo Stato. Tuttavia, non era chiaro se la Costituzione permettesse un secondo mandato presidenziale, poiché l’art. 85 non conteneva indicazioni precise in merito. Gli studiosi di diritto costituzionale (parte della dottrina) interpretarono il testo costituzionale e, dopo aver consultato anche le bozze preparatorie, conclusero che non vi era alcun divieto per una rielezione, in quanto non vi era specificato niente di contrario in tal senso + hanno dato il via libera anche perché per tutte le altre figure era possibile. 0.8 | Corte Costituzionale e qualche parola sulla Costituzione La Costituzione italiana è entrata in vigore il 1° gennaio 1948 e ha 139 articoli. La Corte Costituzionale ha il compito di garantire che le leggi siano conformi alla Costituzione. Essendo che la Costituzione è stata redatta nel 1948, si pone il problema nel far sì che, nonostante sia stata scritta 76 anni fa, sia sempre attuali e si adatti alle esigenze nascenti. Essa deve essere interpretata e aggiornata per affrontare le nuove sfide sociali e tecnologiche: difatti nel 1948 non si parlava di privacy (non esistevano le banche dati) o di tutela dell'ambiente, poiché questi temi non erano ancora insorti all’epoca. Si pensi che la prima conferenza mondiale che toccò le tematiche ambientali si tenne solo poi nel 1972 a Stoccolma. Ci si può dunque domandare “ma allora i diritti non scritti non sono tutelati? Come si fa?” Ci sono due strade: si può o modificare la costituzione o si prendono le norme giuridiche già scritte e le si adattano alle casistiche. Ad esempio ’art. 9 della Costituzione, che originariamente si occupava solo della tutela del paesaggio, è stato modificato per includere anche la tutela dell’ambiente. Prima che venisse proprio modificato l’articolo costituzionale in sé, l’ambiente era comunque tutelato mediante l’interpretazioni di altri articoli, come l’art.32, che garantisce il diritto alla salute, e ovviamente se uno vive in un ambiente inquinato non potrà essere sano, e dunque si va a parare sulla faccenda della tutela dell’ambiente. 0.9 | Breve storia del diritto In Italia, il sistema giuridico è un sistema di diritto scritto, cioè basato su leggi codificate, e questo deriva storicamente dall'influenza del Codice Civile Napoleonico e dalla tradizione giuridica del diritto romano. → Influenza del diritto romano: Il concetto di diritto scritto ha radici profonde nel sistema giuridico dell'antica Roma, che sviluppò un vasto corpo di norme giuridiche scritte. Il Corpus Iuris Civilis di Giustiniano, compilato nel VI secolo, fu uno dei più importanti esempi di questa tradizione. Questi testi rappresentano la base del diritto civile, che fu poi ripreso e reinterpretato in tutta Europa nei secoli successivi, diventando una delle principali fonti del diritto nei paesi dell'Europa continentale, inclusa l'Italia. Il Codice Napoleonico: un momento cruciale per la nascita del sistema di diritto scritto moderno fu l'introduzione del Codice Civile Napoleonico nel 1804 in Francia. Napoleone Bonaparte, dopo aver preso il potere, decise di uniformare e semplificare il sistema giuridico, che fino a quel momento era frammentato e basato su consuetudini locali, leggi feudali e principi aristocratici. Il Codice Civile Napoleonico rappresentava una raccolta organica di leggi scritte che regolavano i rapporti tra i cittadini in maniera chiara, accessibile e uniforme. Il Codice si basava su principi chiave come: uguaglianza davanti alla legge, proprietà privata, laicità dello stato, semplicità e chiarezza delle leggi. Questi principi influenzarono profondamente molti paesi europei, inclusa l'Italia. → Influenza napoleonica in Italia: l'Italia subì l'influenza diretta del Codice Napoleonico durante il periodo delle conquiste di Napoleone, quando diverse parti della penisola italiana furono annesse o trasformate in Stati satelliti dell'Impero francese. Ad esempio, il Regno d'Italia (1805-1814), creato da Napoleone e che includeva parte dell'attuale Italia settentrionale, adottò il Codice Civile Napoleonico. Allo stesso modo, anche il Regno di Napoli, sotto il dominio napoleonico, implementò il codice. Quando, con il Congresso di Vienna (1815), l'Italia ritornò sotto il controllo degli antichi regimi, il Codice Civile fu formalmente abbandonato in alcune aree, ma la sua influenza rimase forte. Le idee di uguaglianza giuridica e la centralità delle leggi scritte continuavano ad avere un grande impatto. → Il Risorgimento e l’unificazione italiana: anche in risposta ai moti del 1848 i Savoia redattero lo Statuto Albertino (1848) e con l'unificazione d'Italia nel 1861, si pose il problema di creare un sistema giuridico uniforme per tutto il nuovo Stato. Il Regno di Sardegna aveva già adottato un sistema di leggi codificate ispirate a quello francese, e dopo l'unificazione questo modello fu esteso a tutto il paese. Nel 1865, l'Italia unita adottò il Codice Civile del Regno d'Italia, che era fortemente ispirato al Codice Napoleonico. La principale differenza tra la Costituzione di oggi e lo Statuto di 100 anni prima è che quest’ultimo era una sorta di Costituzione ma concessa dal sovrano, infatti è ottriato, invece la Costituzione di oggi non è ottriata, infatti non è stata concessa da alcun sovrano, bensì è stato il popolo. Questo sistema è parte del più ampio modello di civil law (diritto civile), comune in molti paesi dell'Europa continentale, dove la fonte principale del diritto è la legge scritta, piuttosto che i precedenti giudiziari, come avviene nei sistemi di common law (diffusi in paesi come il Regno Unito e gli Stati Uniti). 1 ll NORME GIURIDICHE Def. La norma giuridica è una singola regola precostituita da un corpo sociale e che disciplina in astratto la condotta dei consociati. Con “precostituita” s’intende costituita prima, ossia che prima si fissano le regole e dopo si applicano i comportamenti previsti da tale regola che, se non seguita, provvederà una sanzione. Parti di una norma giuridica È importante distinguere norma e disposizione. La disposizione è l’enunciato della norma scritta dal legislatore, invece la norma è il vero e proprio significato/l’interpretazione della proposizione normativa/enunciato linguistico. norma = significato di una proposizione normativa o enunciato linguistico attraverso la sua interpretazione disposizione = è l’enunciato scritto del legislatore Contenuti di una norma giuridica La norma può contenere regole o principi. La differenza tra regole e principi all'interno di una norma sta principalmente nel livello di specificità e flessibilità che offrono. Le regole sono prescrizioni precise, rigide e puntuali che indicano in modo chiaro ciò che deve essere fatto o ciò che è vietato. Non lasciano molto spazio all'interpretazione. Se si violano, c'è generalmente una conseguenza diretta o una sanzione. Es. *Codice della strada* : “Non superare i 50 km/h in centro abitato.” Questa è una regola chiara: o si rispetta il limite di velocità, o si infrange la legge e si subiscono sanzioni. I principi sono più generali e ampi, indicano una direzione o un valore che deve essere rispettato ma lasciano spazio a una certa interpretazione e applicazione a seconda dei contesti. Sono flessibili e possono essere adattati a diverse situazioni. Es. *Costituzione* : “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo.” Questo è un principio fondamentale che non stabilisce direttamente un’azione specifica ma funge da guida per interpretare e applicare altre norme. La differenza chiave tra le due risiede nel fatto che le regole ti dicono esattamente cosa fare, mentre i principi ti dicono cosa dovresti considerare e valorizzare, lasciando maggiore discrezionalità nella loro applicazione. Caratteri di una norma giuridica generalità = la norma giuridica è rivolta a tutti, indistintamente. Non possono esserci norme ad personam, le regole valgono per tutti, sono appunto generali. Le norma ad personam non ci possono essere in quanto l’Italia è uno stato democratico, altrimenti se fossero ad personam ci sarebbero favoritismo o abusi. astrattezza = vuol dire che descrive situazioni astratte. La norma non può scrivere tutte le possibile casistiche, ma si scrive un caso generale. Es. Mario ruba la macchina / Guido ruba una mela / Francesco ruba un ombrello → La regola sarà “non si ruba”, quindi è una regola astratta che si applica agli n casi concreti che vedono applicato quel determinato comportamento da una persona verso un oggetto. novità = si pone una regola quando quest’ultima è nuova, il legislatore non rifà una regola già vista, ma semmai introduce una nuova forma di regolazione. coercibilità o coattività = spiegato precedentemente Effetti prodotti da una norma giuridica Situazioni giuridiche di svantaggio dovere = comporta la necessità di soddisfare, con il comportamento imposto, un interesse generale, cioè un interesse della comunità intera. Ho un dovere, tengo il comportamento imposto (che a me crea uno svantaggio perché ad esempio non mi piace essere tassato) ma che soddisfa un interesse alla comunità (fornendo ad esempio la scuola pubblica, gli ospedali, ecc...) obbligo = indica la necessità di soddisfare, con il comportamento imposto, l’interesse specifico di uno o più soggetti determinanti. Il vantaggio, nel caso di un obbligo, non va alla comunità, ma va a dei soggetti specifici. Es. l’obbligo dei genitori di mantenere i figli è rivolto a tutti i genitori ma interessa e giova solo ad alcuni soggetti della comunità, ossia a coloro che rivestono la veste di figlio. onere = per la soddisfazione di un interesse proprio e non altrui; è un comportamento che, pur non essendo obbligatorio, è indispensabile tenere se si vuole conseguire un determinato risultato. Es. *onere della prova*: per chi vuole dimostrate l’esistenza di un fatto, deve fornire delle prove dell’esistenza del fatto stesso. Obblighi e doveri sono sanzionabili, diverso però è l’onere, infatti è nel proprio interesse mantenerlo, ma se un soggetto non lo fa, è affar proprio. Situazioni giuridiche di vantaggio diritti soggettivi = il diritto soggettivo è il potere di uno o più soggetti di esercitare determinate facoltà con la protezione dell’ordinamento giuridico. Sono diritti soggettivi per esempio il diritto di essere pagati per il lavoro svolto, il diritto a essere risarciti per un danno ingiusto, ecc... interessi legittimi = è l’interesse del soggetto che gli organi della pubblica amministrazione svolgano la loro funzione e agiscano nei confronti del cittadino nel rispetto delle norme giuridiche poste per disciplinare la loro attività Ad esempio se una professoressa prepara un esame più semplice per uno studente e uno più difficile per una studentessa, la studentessa può esercitare l’interesse legittimo di essere sottoposta a un esame regolare e imparziale. potestà = def. La potestà è un complesso di poteri accordati a un soggetto per la tutela di un interesse altrui. Si pensi alla potestà che i genitori esercitano nei confronti dei figli minorenni. La potestà consiste nell’esercitare non nell’interesse proprio, ma per tutelare un altro soggetto. Ad esempio i genitori hanno la potestà di educare e istruire i figli. Soggetti destinatari delle norme giuridiche persone fisiche = queste hanno capacità giuridica e capacità di agire capacità giuridica; è la capacità di essere titolari di diritti e doveri. Ogni persona fisica la acquisisce alla nascita e la conserva fino alla morte. È un concetto generale e astratto: tutti gli individui hanno diritti e doveri semplicemente perché esistono. capacità di agire; è la capacità di esercitare in prima persona i propri diritti e compiere atti giuridici validi. Si acquisisce generalmente con la maggiore età, quando la legge presume che una persona abbia la maturità per capire le conseguenze delle proprie azioni. La capacità di agire può essere persa, ossia si può ricevere un’interdizione, ad esempio a seguito di una condanna o per infermità mentale. In sintesi, tutti hanno capacità giuridica, ma non tutti hanno capacità di agire, in particolare i minorenni o chi è dichiarato incapace di intendere e di volere. Es. Ogni essere nasce con il diritto di voto (capacità giuridica), ma può esercitarlo (capacità di agire) solo dai 18 anni in poi. persone giuridiche = entità immateriali a cui l’ordinamento giuridico attribuisce la soggettività giuridica. Si tratta quindi di persone non fisiche (Stato, regione, associazioni, enti del 3 settore, ecc) che possono esercitare i diritti. Es. Lo Stato ha il diritto di proprietà e può esercitarlo stipulando un contratto di compravendita Chi produce le norme giuridiche? organi dello Stato apparato = lo Stato apparato si riferisce allo Stato come insieme di organi e istituzioni che esercitano il potere pubblico, ovvero l’apparato organizzato dello Stato che è incaricato di governare e amministrare. Gli organi dello Stato apparato sono le entità che esercitano materialmente le funzioni dello Stato, come il Parlamento, il Governo, il Consiglio dei Ministri, ecc. Questi organi hanno la funzione di produrre norme giuridiche. Ad esempio, il Parlamento legifera e approva le leggi, mentre il Governo può emettere decreti legge in determinate circostanze. In questo contesto, lo Stato è visto come un organismo funzionale, composto da soggetti che rappresentano l’autorità pubblica e agiscono per garantire l’ordine giuridico. soggetti dello Stato ordinamento = lo Stato ordinamento si riferisce allo Stato inteso come insieme di norme e soggetti giuridici. Non è solo un insieme di organi, ma è anche un ordinamento giuridico in cui vari soggetti (pubblici o privati) agiscono e possono essere autorizzati a produrre norme. In questo contesto: -​ i soggetti dello Stato ordinamento sono le Regioni, i Comuni, le Province, che fanno parte dello Stato, ma godono di un certo grado di autonomia normativa. Questi soggetti possono emanare norme giuridiche in specifici ambiti previsti dalla Costituzione e dalle leggi nazionali. Ad esempio, le Regioni hanno competenza legislativa su materie come la sanità, l’istruzione e il trasporto locale. -​ lo Stato ordinamento stabilisce se e come questi soggetti possono emanare norme, e quindi stabilisce i limiti e i poteri che i soggetti territoriali hanno all’interno dell’ordinamento. soggetti esterni all’ordinamento nazionale = i soggetti esterni all’ordinamento nazionale, come l’Unione Europea, sono entità sovranazionali che hanno il potere di emanare norme che hanno effetto all’interno degli Stati membri. L’Unione Europea produce regolamenti, direttive, decisioni, che gli Stati membri sono tenuti a recepire e applicare. Gli Stati che entrano nell’Unione Europea accettano di cedere parte della loro sovranità in determinati ambiti (es. economia, commercio, ambiente) e sono vincolati alle norme prodotte dagli organi dell’UE, come la Commissione Europea e il Parlamento Europeo. Per uscire dall’Unione Europea, uno Stato deve seguire la procedura prevista dall’articolo 50 del Trattato sull’Unione Europea, che regola il recesso volontario di un Paese dall’UE (come è successo con la Brexit). Riepilogo: - stato apparato: è lo Stato inteso come sistema di organi (Parlamento, Governo, ecc.) che esercitano il potere e creano norme giuridiche. - soggetti dello Stato ordinamento: sono gli enti territoriali (Regioni, Comuni, Province) che fanno parte dello Stato e hanno una certa autonomia normativa. - soggetti esterni: entità sovranazionali, come l’Unione Europea, che emettono norme vincolanti per gli Stati membri. Lo schema descrive come le norme giuridiche sono prodotte da vari soggetti interni ed esterni al contesto nazionale, tutti operanti all’interno di un quadro regolamentato. Pluralità degli ordinamenti giuridici generali / particolari originari / derivati common law / civil law Il termine pluralità degli ordinamenti giuridici si riferisce alla coesistenza di più ordinamenti giuridici all’interno di uno stesso contesto sociale o politico. Non esiste un solo ordinamento giuridico, ma diversi ordinamenti che regolano vari aspetti della vita collettiva. Questi ordinamenti possono coesistere a diversi livelli (nazionale, sovranazionale, locale) e possono essere sia pubblici che privati. Ogni ordinamento giuridico è un insieme di norme giuridiche che disciplinano il comportamento dei soggetti all’interno di una determinata comunità o istituzione. Gli ordinamenti giuridici hanno un carattere complesso (perché costituiti da molte regole e autorità) e stabile (perché durano nel tempo e non mutano facilmente). Tipi di ordinamenti giuridici 1. Ordinamenti giuridici generali e particolari -​ gli ordinamenti giuridici generali sono quelli che regolano l’intera collettività e perseguono obiettivi generali per il benessere sociale, come gli Stati nazionali (es. Stato italiano), le regioni, i comuni, o l’Unione Europea. -​ gli ordinamenti giuridici particolari invece si occupano di una sfera ristretta di individui o settori specifici. Un esempio è l’ordinamento giuridico sportivo, che regola solo l’ambito delle attività sportive e i soggetti che vi partecipano. 2. Ordinamenti giuridici originari e derivati -​ gli ordinamenti giuridici originari sono quelli che derivano la loro legittimità direttamente da sé stessi, cioè non dipendono da nessun altro ordinamento giuridico. Ad esempio, lo Stato italiano è un ordinamento originario perché si è costituito da solo e non riconosce autorità superiore. -​ gli ordinamenti giuridici derivati dipendono invece dalla legittimazione di un altro ordinamento giuridico. Per esempio, gli ordinamenti giuridici regionali, provinciali e comunali sono derivati dall’ordinamento statale, così come l’Unione Europea dipende dalla volontà degli Stati membri che hanno sottoscritto i trattati europei. 3. Ordinamenti giuridici di civil law e common law: -​ gli ordinamenti civil law sono tipici dell’Europa continentale e derivano dalla tradizione del diritto scritto, come i codici di leggi. Il giudice, in questi ordinamenti, non crea il diritto, ma lo applica interpretando le norme esistenti. -​ gli ordinamenti common law sono diffusi nei paesi di tradizione anglosassone e si basano sul principio dello stare decisis, per cui i giudici possono creare precedenti giuridici vincolanti attraverso le loro decisioni. In questo sistema, le sentenze dei giudici hanno un ruolo fondamentale nella formazione del diritto. Caratteristiche della pluralità degli ordinamenti giuridici - coesistenza; esistono più ordinamenti giuridici a diversi livelli, dal nazionale al sovranazionale (come l’UE), fino a ordinamenti locali (regioni, comuni) e particolari (ordinamento sportivo). - autonomia; ogni ordinamento può avere un certo grado di autonomia nel produrre le proprie norme, ma gli ordinamenti derivati dipendono da quelli originari per la loro esistenza e legittimità. - relazione tra ordinamenti; gli ordinamenti giuridici spesso interagiscono e possono sovrapporsi. Ad esempio, le norme europee prevalgono su quelle nazionali in determinate materie, mentre le regioni e i comuni hanno competenze in aree specifiche stabilite dall’ordinamento statale. 2 ll LE FONTI DEL DIRITTO Le fonti del diritto sono il cuore di un ordinamento giuridico: da esse sorgono - come da una sorgente - le norme che l’ordinamento riconosce come proprie; a esse ci si deve rifare per sapere quale norma applicare in un caso concreto. Si chiamano fonti del diritto i fatti o gli atti che l’ordinamento giuridico abilita a produrre norme giuridiche. La teoria delle fonti del diritto si occupa sia delle regole che individuano quali sono le fonti normative, sia delle regole che stabiliscono come sono prodotte le norme giuridiche. Si chiamano fonti di produzione de diritto oggetti quei fatti o quegli atti ai quali l’ordinamento attribuisce la capacità di produrre norme giuridiche che esso riconosce come proprie. Si chiamano fonti sulla produzione quelle norme che disciplinano i modi di produzione del diritto oggettivo, individuando i soggetti titolari di potere normativo, i procedimenti di formazione, gli atti prodotti. Sono fonti di produzione gli atti normativi posti in essere nel rispetto delle fonti sulla produzione da esso previste. Inoltre alle fonti di produzione è affidata la funzione di individuare i modi mediante i quali le norme prodotte sono portate a conoscenza dei destinatari. Si parla a riguardo di fonti di cognizione; queste sono quindi dei mezzi attraverso i quali le norme giuridiche vengono portate a conoscenza del pubblico, come le pubblicazioni ufficiali (Gazzetta Ufficiale) o testi normativi. Queste fonti non producono norme, ma le rendono accessibili ai cittadini e agli operatori giuridici. Le fonti di produzione possono essere di due tipi: si tratta di fonti atto quando la norma è prodotta da un soggetto istituzionale portatore di una precisa volontà espressa seguendo le procedure stabilite dalle norme sulla produzione; si tratta di fonti fatto quando vengono presi - appunto - dei fatti (eventi storici o sociali) che l’ordinamento riconosce come influenti per creare nuove regole (es. consuetudini). La fonte fatto per eccellenza è la consuetudine. Essa ha due elementi necessari: un comportamento ripetuto nel tempo la convinzione da parte del corpo sociale che ripetere quel comportamento sia giuridicamente dovuto. Ove questa convinzione non vi fosse, saremo di fronte a una semplice prassi: comportamento ripetuto ma senza che sia considerato vincolante, e dunque derogabile in qualsiasi momento. Le consuetudini per essere valide devono essere consuetudo secundum legem, ossia conformi alle norme di legge o di regolamento che vi fanno rinvio. Sono altresì valide le consuetudini praeter legem: queste operano nelle materie non regolate da leggi e regolamenti, ossia al di fuori di qualsiasi norma scritta. Sono vietate, e perciò invalide, le consuetudini contra legem, ossia in contrasto con norme legislative o regolamentari. Consuetudini costituzionali: diverse sono invece le norme di correttezza costituzionale, che nel loro insieme costituiscono quello che si potrebbe definire il “galateo” dei rapporti tra gli organi costituzionali. Esse sono espressione di un più ampio principio di leale collaborazione istituzionale. Le fonti del diritto possono anche essere categorizzate come fonti interne - ossia quelle che derivano dal sistema giuridico di uno specifico Stato od ordinamento (ad esempio, le leggi, i regolamenti emanati dal parlamento o da altre autorità nazionali) - e fonti esterne, ossia quelle che derivano da ordinamenti o enti sovranazionali, come trattati internazionali, regolamenti o direttive dell’Unione Europea. NB: Anche se il nostro ordinamento - che è civil law - sposa una tradizione che vuole che le fonti di produzione del diritto siano fonti scritte (sotto influenza soprattutto del Codice Napoleonico), talvolta si possono avere anche dei fatti. Interpretazione delle fonti L’interpretazione delle fonti consiste nell’estrapolare il significato delle norme giuridiche. I giudici sono i principali soggetti incaricati di interpretare e applicare le norme (a ogni modo anche i cittadini devono essere in grado di comprendere le leggi per rispettarle). Attività interpretativa: attività che, partendo dal testo degli atti normativi, mira alla ricostruzione del loro significato. I criteri che regolano l'interpretazioni del diritto sono quelli indicati dall'articolo 12 delle preleggi e quelli elaborati dalla dottrina e dalla giurisprudenza. I principali metodi di interpretazione sono: interpretazione letterale: in base al senso “fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse”. Semplificando, si basa sul significato delle parole usate nella norma, ossia alla norma non viene dato altro significato se non quello dato dalle parole che compongono la stessa. interpretazione teleologica: si cerca di comprendere l’intenzione e lo scopo del legislatore tramite lo studio degli atti preparatori. Un esempio concreto riguarda la rielezione del Presidente della Repubblica. L’art. 83 della Costituzione non esplicita un limite, e tramite un’interpretazione teleologica si conclude che la rielezione è possibile. interpretazione analogica: utilizzata quando non esiste una norma diretta; si applica per analogia con casi o materie simili. interpretazione sistematica: in assenza di soluzioni tramite i criteri precedenti, il giudice fa riferimento ai principi generali dell’ordinamento giuridico, quindi si colloca l’atto o la disposizione nel contesto dell’ordinamento complessivo. Dall'attività di interpretazione vista fino a questo punto va tenuta distinta l'interpretazione autentica, ossia l'interpretazione effettuata dal legislatore stesso con riferimento a un precedente testo legislativo di dubbio o controverso significato. Dunque l’interpretazione autentica è quella fornita dal legislatore che ha creato la norma per chiarirne il significato. L’interpretazione autentica non ammette dubbi, può essere data dall’unico soggetto che detta la legge. Def. è detta interpretazione autentica l'interpretazione della legge effettuata dal medesimo organo che ha posto in essere l'atto normativo I criteri per ordinare le fonti del diritto Si parta da una riflessione: davanti a questa moltitudine di fonti del diritto, cosa succede se due norme contenute in due fonti del diritto diverse sono in contrasto, cioè dicono due cose diverse? Risposta: Vi sono dei criteri di risoluzione Si parla di sistema delle fonti perché gli elementi che lo compongono (cioè i diversi tipi di fonte), sono tutti ordinati in base ad alcuni criteri, quali: criterio della gerarchia delle fonti, criterio cronologico, criterio di competenza e criterio di specialità. Per antinomia si intendono i contrasti tra norme, le cui disposizioni esprimono significati tra loro non compatibili, ossia le norme qualificano lo stesso comportamento in modi contrastanti. È compito dell'interprete risolvere le antinomie, individuando la norma applicabile al caso seguendo i 4 princìpi di risoluzione. criterio gerarchico; in base al criterio della gerarchia, conflitto tra norme imposte da due fonti del diritto differenti, prevale la regola posta in essere dalla fonte superiore. In sostanza, il criterio gerarchico presuppone un ordinamento piramidale a gradi delle fonti normative, cioè presuppone che sia possibile individuare fonti superiori e fonti inferiori in una scala basata sulla diversa forza degli atti normativi, e quindi - in sostanza - sulla base della diversa efficacia (o forza) che le fonti hanno, si possono distinguere fonti di grado superiore e fonti di grado inferiore e - chiaramente - la fonte di grado superiore prevarrà sulla fonte di grado inferiore. Quando si parla della forza (o efficacia) di una fonte, s’intende la sua capacità di produrre nuovo diritto quindi di innovare il diritto (forza attiva) e allo stesso tempo - facendo riferimento al passivo - la capacità di una norma di resistere all’innovazione portata da un atto diverso. Quindi, attraverso la forza che ha una fonte del diritto, possiamo collocare quest’ultima tra le fonti di grado superiore o fonti di grado inferiore. Se si volesse rendere al meglio il carattere gerarchico, si potrebbe utilizzare un’immagine che è quella di una piramide in cui collocare le fonti del diritto e collocandole in modo tale da ordinarle. Gerarchia delle fonti del diritto sulla base della forza 1.​ principi supremi 2.​ fonti costituzionali (Costituzione + leggi costituzionali) 3.​ fonti primarie (leggi statali e regionali, atti aventi forza di legge, referendumabrogativo) 4.​ fonti secondarie (regolamenti governativi, ministeriali, regionali, di enti locali) 5.​ fonti terziarie (consuetudini - è diritto non scritto) Bisogna dunque vedere qual è la posizione che occupano le fonti da un punto di vista gerarchico, quindi è necessario vedere le fonti che hanno prodotto la norma e dove sono collocate in questa ipotetica piramide. È ovvio che se sono collocate a livelli differenti, la scelta ricadrà sulla norma prodotta dalla fonte di livello più alto, e la norma prodotta dalla fonte di livello inferiore verrà dichiarata invalida e sarà annullata (l’annullamento è un istituto giuridico attraverso cui un atto invalido viene completamente eliminato dal sistema normativa, ossia quell’atto non è più valido e non produce più effetti per il futuro ma anche tutto ciò che ha prodotto in passato viene a meno, cioè si dice che gli effetti dell’annullamento sono verso tutti (erga omnes) perché questa legge non si applicherà più a nessuno. L’annullamento è anche ex tunc “da allora” cioè dal momento in cui si è creata l’antinomia, anche tutto quello è successo precedentemente viene meno, perché appunto l’atto è invalido perché viola la norma superiore. Da quando la norma viene annullata, non sono i suoi effetti futuri non saranno prodotti, ma anche gli effetti che ha prodotto nel passato - dalla sua nascita in avanti, fino all’annullamento - verranno meno. Ci sono poi i principi supremi che sono un caso particolare in quanto resistono anche alla revisione costituzionale, ovvero: c’è una parte della Costituzione che può essere cambiata con leggi di revisione costituzionali, mentre c’è una parte di Costituzione che è intoccabile, che non può essere cambiata e questi sono i principi supremi, ossia principi che sono al di sopra di tutte le fonti del diritto e nessun’altra fonte del diritto può contrastarli (i principi supremi non possono neanche essere cambiati da leggi di revisione costituzionali, cioè non possono essere cambiati neanche se vanno in contrasto con delle leggi contenute nella costituzione stessa di cui essi fan parte → difatti le fonti costituzionali sono al secondo posto nella piramide, proprio perché son sotto i principi supremi e non possono cambiarli). criterio cronologico; si applica quando ci si trova davanti a due norme in contrasto che però sono prodotte da fonti di eguale grado gerarchico. In questo caso quella entrata in vigore per ultima prevale sulla prima. In questo caso però, la conseguenza non sarà l’annullamento perché non c’è un fenomeno patologico per l’ordinamento giuridico (non c’è alcuna “patologia” da eliminare), ossia una fonte inferiore che cerca di contrastarne una superiore, bensì un fenomeno fisiologico, ossia il decorso del tempo (una legge non può essere scritta al fine di valere per sempre, deve adattarsi al mutare della realtà, allo scorrere dei decenni), e perciò la conseguenza sarà l’abrogazione, ossia la legge successiva prende il posto della precedente senza però eliminarla (dal momento in cui viene abrogata, una legge non produce più effetti nel futuro, ma permangono quelli prodotti nel passato, cioè è una legge ex nunc “da ora in avanti”). NB: vi sono diversi tipi di abrogazione: espressa, tacita e implicita, e riguardano il modo in cui una norma giuridica viene eliminata o resa non più valida. - abrogazione espressa: il legislatore annulla una norma precedente in modo chiaro e diretto, indicandola specificamente nel nuovo atto normativo. Caratteristica: viene utilizzato un linguaggio esplicito per identificare le norme che non devono più essere applicate. Esempio: una legge nuova include una clausola come “L’articolo 5 della legge X è abrogato”. - abrogazione tacita: avviene quando una nuova norma è incompatibile con una norma precedente, anche se non la menziona esplicitamente. L’incompatibilità implica che la norma più recente prevale. Caratteristica: non c’è un riferimento esplicito alla norma precedente, ma la contraddizione tra le norme indica che quella vecchia è superata. Esempio: Se una nuova legge introduce limiti di velocità diversi da quelli di una legge precedente, senza menzionare la vecchia legge, si presume che la nuova norma abbia abrogato quella precedente. - abrogazione implicita: avviene quando una nuova normativa disciplina interamente una materia già regolata in precedenza, senza fare riferimento specifico alla norma precedente. La copertura totale della materia sostituisce implicitamente la legge precedente. Caratteristica: Anche se non viene menzionata la vecchia normativa, la nuova regola tutta la materia in modo completo, rendendo superflua la normativa precedente.Esempio: L’adozione di un nuovo codice legislativo per un settore specifico (ad esempio, un nuovo codice penale) annulla tutte le leggi precedenti che trattavano quel settore. Recap.​ espressa: il legislatore dichiara direttamente quali norme vengono abrogate. tacita: una norma precedente è abrogata perché incompatibile con la nuova. implicita: una norma precedente è superata quando una nuova disciplina completa la stessa materia, anche senza una menzione diretta. In breve, l’abrogazione espressa è dichiarata esplicitamente, la tacita si basa su conflitti normativi, e l’implicita si verifica quando la nuova normativa copre in modo totale la materia trattata precedentemente. criterio di competenza; si applica quando all’interno dello stesso grado gerarchico vi sono delle suddivisioni spiegabili a livello di competenza, quindi si applica alle relazioni che intercorrono tra fonti dello stesso rango e allo stesso tempo anche alle relazioni fra diversi ordinamenti giuridici. Dunque, qual’ora vi sia un antinomia tra due regole poste tra due fonti del diritto differenti ma sullo stesso livello gerarchico, il criterio di competenza vuole che prevalga la regola posta dalla fonte competente. Si applica principalmente nei seguenti contesti: 1.​ all’interno dello stesso grado gerarchico = quando due atti normativi si trovano allo stesso livello (ad esempio, leggi dello Stato e leggi regionali), si deve verificare quale di essi ha la competenza per trattare una specifica materia. La competenza, in questo caso, è suddivisa tra le fonti che si occupano di differenti ambiti o aree tematiche. Non si considera quale norma è più “alta” nella gerarchia, ma quale fonte ha la competenza specifica in quella materia. 2.​ relazioni fra ordinamenti diversi = il criterio di competenza opera anche nelle relazioni tra ordinamenti giuridici distinti, come quello nazionale rispetto a quello europeo o regionale. Organizzazione del sistema delle fonti: la Costituzione assegna competenze specifiche a diversi enti per trattare determinate materie (es. lo Stato, le regioni, l’Unione Europea). Se esiste un conflitto tra due norme, prevale quella emessa dall’autorità competente. La violazione del criterio di competenza - ossia quando una norma viene emanata da un’autorità che non ha la competenza per farlo - provoca un’irregolarità da cui deriva l’invalidità dell’atto normativo e il suo annullamento. criterio di specialità; in caso di contrasto tra due norme, si deve preferire la norma speciale a quella generale, anche se questa è successiva. La norma speciale deroga quella generale; derogare significa che resta valida e che continua a produrre i suoi effetti, soltanto che per quella circostanza specifica non viene applicata. Quindi si ha: -​ prevalenza della norma speciale: quando due norme entrano in conflitto, la norma speciale ha la priorità su quella generale, anche se la norma generale è stata emanata in un momento successivo. La norma speciale è quella che si applica a casi o materie specifiche, mentre la norma generale si applica in modo più ampio. Es. se esiste una legge generale che regola il traffico stradale e successivamente viene emanata una legge che riguarda specificamente le motociclette, quest’ultima (la norma speciale) prevale quando si tratta di questioni relative alle motociclette, anche se la legge generale è più recente. -​ deroga della norma generale: la norma speciale deroga (ossia, modifica o sospende parzialmente) la norma generale nei casi specifici che tratta. Questo significa che, in quei casi, la norma speciale è quella che deve essere applicata, limitando così l’efficacia della norma generale. Validità ed efficacia di una norma La validità e l’efficacia di una norma giuridica sono due concetti distinti, ma entrambi fondamentali per comprendere il funzionamento del sistema normativo. - La validità di una norma si riferisce alla sua conformità rispetto alle norme che la disciplinano. In altre parole, una norma è valida se è stata creata seguendo correttamente le procedure previste dall’ordinamento giuridico e da un’autorità competente. La validità è quindi una questione formale e riguarda il processo di creazione della norma. Una norma può essere dichiarata invalida, ad esempio, se è stata adottata da un organo non competente o se non ha rispettato le procedure richieste. Esempio: se una legge regionale è emessa su una materia che è riservata esclusivamente alla competenza statale, quella legge può essere considerata non valida perché non rispetta le regole di competenza stabilite dalla Costituzione. - L’efficacia di una norma indica la sua capacità di produrre effetti giuridici, cioè di creare, modificare o estinguere diritti e obblighi. Una norma efficace è una norma che entra in vigore e viene applicata per regolare situazioni concrete. Es. una legge appena approvata dal Parlamento diventa valida nel momento in cui è firmata dal Presidente della Repubblica, ma può diventare efficace solo dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e trascorso il periodo di “vacatio legis” (tempo necessario prima dell’entrata in vigore). Efficacia delle norme del tempo Si concentra su un principio fondamentale del diritto: la irretroattività delle leggi. Divieto di efficacia retroattiva (art. 11 disp. prel. c.c.) → irretroattività delle fonti; Questo principio stabilisce che le leggi e le norme non possono essere applicate retroattivamente, cioè non possono influire su situazioni o fatti che si sono verificati prima dell’entrata in vigore della legge stessa. Art.11 disp. prel. c.c. : “La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”; questo articolo delle disposizioni preliminari del codice civile italiano sancisce chiaramente il principio di irretroattività, stabilendo che le leggi sono valide solo per il futuro, a partire dal momento in cui entrano in vigore, e non possono modificare situazioni già consolidate nel passato. Principio di irretroattività è derogabile; sebbene l’irretroattività sia un principio generale, esso può essere derogato in alcuni casi specifici, tuttavia in ambito NON penale. Ciò significa che, in determinate circostanze, il legislatore può decidere di rendere una norma retroattiva, purché tale scelta sia espressamente indicata nella legge stessa e non violi altre disposizioni costituzionali. Irretroattività delle leggi penali (art.25 Cost.); l’articolo 25 della Costituzione italiana stabilisce il principio di irretroattività delle leggi penali, con una protezione ancora più forte. In ambito penale, infatti, non è consentito applicare retroattivamente una legge sfavorevole (cioè una legge che introduce o inasprisce una pena). Tuttavia, se una nuova legge è favorevole all’imputato, può essere applicata retroattivamente, garantendo maggiore tutela ai diritti individuali. Efficacia nelle norme nello spazio Territorialità del diritto → Principio di territorialità: le norme giuridiche di uno Stato si applicano a tutte le persone, gli atti e i fatti che si trovano o avvengono all’interno del suo territorio. Ciò significa che chiunque si trovi in un determinato Stato è soggetto alle leggi di quel Paese, indipendentemente dalla cittadinanza. Due eccezioni alla territorialità - extraterritorialità: alcuni luoghi, come le navi e gli aerei militari, seguono le leggi dello Stato di appartenenza anche quando si trovano in acque o spazi aerei di un altro Stato. Es. una nave da guerra italiana che naviga nelle acque territoriali di un altro Paese è soggetta al diritto italiano, non a quello dello Stato in cui si trova. - immunità territoriale: alcune aree situate all’interno di uno Stato sono esenti dall’applicazione delle sue leggi, in base a regole internazionali. Le sedi diplomatiche (come le ambasciate) godono di immunità territoriale, il che significa che, pur essendo fisicamente all’interno del territorio di un altro Stato, non sono soggette alla sua giurisdizione. L’ambasciata italiana a Parigi, ad esempio, non è soggetta alla legge francese, ma a quella italiana. Queste eccezioni derivano dal diritto internazionale e sono necessarie per garantire l’autonomia degli Stati in specifiche situazioni e la protezione delle relazioni diplomatiche. 3 ll FORME DI STATO E FORME DI GOVERNO La forma di stato è il rapporto che sussiste tra governanti e governati. La forma di governo è il modo in cui si distribuisce il potere politico fra i vari organi dello Stato. Es. Italia, Francia e Stati Uniti sono stati democratici, ma hanno forme di governo differenti: in Italia la forma di governo è parlamentare, in Francia la forma di governo è semipresidenziale. FORME DI STATO Per forma di Stato si intende il rapporto che esiste tra governanti e governati. La prima forma di Stato che si venne a creare è lo Stato assoluto: l’elemento che lo contraddistingue è la concentrazione del potere nelle mani di un solo soggetto. Ad esempio nel caso di Luigi 14esimo, che è considerato il re assoluto per eccellenza e affermava l’état c’est moi “lo Stato sono io”. Il rapporto tra governanti e governati è un rapporto re-suddito; questi sudditi non godono certo di diritti e libertà, ma sono al servizio al sovrano assoluto, che ha uno strapotere e può compiere abusi e favoritismi come vuole. Momento di drammatica svolta nell’Europa continentale fu la Rivoluzione Francese (1789), che segna il passaggio da uno Stato assoluto a uno Stato liberale, che si fonda su due principi base: la separazione dei poteri e il riconoscimento dei dirtti e delle libertà. Si ricordi lo slogan simbolo della Rivoluzione: liberté, égalité, fraternité ossia “libertà, uguaglianza, fratellanza”. Il potere si suddivide tra vari organi, che in qualche modo vengono limitati a tutto vantaggio e a favore dei cittadini (ora non più sudditi) ai quali si iniziano a riconoscere delle libertà; si parla soprattutto di libertà negative, ossia di libertà DALLO Stato: libertà di circolare liberamente, libertà di domicilio, la libertà personale, ecc… Il passaggio successivo fu lo Stato democratico-costituzionale. Qual è la grande differenza con lo Stato liberale? Anche nello Stato democratico-costituazionale (anche per quello odierno italiano ad esempio) si parla di divisione dei poteri e di riconoscimento dei diritti e delle libertà, ma con la differenza che lo Stato democratico-costituzionale è uno stato innanzitutto non più monoclasse (bourgeois non esisteva il suffragio universale, votava solo il ceto borghese in quello liberale), bensì pluriclasse, quindi è uno Stato che riconosce il suffragio universale: tutti i soggetti sono politicamente attivi. Si ha quindi il riconoscimento dei diritti con confronti di TUTTI (anche quello di voto - suffragio universale) indipendentemente dalla classe sociale a cui appartengono. In questa forma di stato si inizia a parlare di diritto di maggioranza (cioè che le decisioni sono prese dalla maggioranza) e di tutela delle minoranze, e non solo da un punto di vista religioso/linguistico, ma anche da un punto di vista politico perché una minoranza - attraverso il sistema politico delle elezioni - può diventare una nuova maggioranze politica, e rendere minoranza la precedente maggioranza e quindi arrivare a decidere al posto della maggioranza politica pregressa. Stato democratico-costituzionale è l’attuale Stato italiano, ma lo sono ad esempio anche Francia, Regno Unito, ecc… Poi si possono incontrare altre forme di Stato, come lo Stato sovranista (com’era il vecchio Stato dell’Unione sovietica, con un solo parito). Ancora oggi si parla di Stato socialista/comunista per quanto riguarda la Cina o Cuba, perché non c’è la libertà dal punto di vista dei pariti politici: c’è un solo partito che decide. Un’altra forma è lo Stato totalitario, com’era ad esempio lo Stato fascista. Si tratta di una forma di stato in cui il rapporto governante/governati è caratterizzato soprattutto da una regola: i singoli in funzione dello Stato e non lo Stato in funzione dei singoli. Diritti e libertà non sono garantiti, il potere si concentra nelle mani di un singolo e quindi è uno stato caratterizzato dalla privazione di libertà. NB: Le differenze principali tra uno Stato assoluto e uno Stato totalitario 1. Concentrazione del potere = in entrambi i casi, il potere è concentrato in un’unica figura o in un gruppo ristretto. Tuttavia, nello Stato assoluto il sovrano detiene il potere per diritto divino o ereditario, mentre nello Stato totalitario il potere è spesso legato a un’ideologia specifica, portata avanti da un leader carismatico o da un partito unico. 2. Rapporto tra governanti e governati - Stato assoluto: il rapporto è di tipo re-suddito, dove il sovrano governa senza dover rispondere a nessuno. L’autorità è personale e deriva dalla figura del monarca. - Stato totalitario: il rapporto è collettivo e ideologico. Lo Stato totalitario si impone come un’entità superiore a cui tutti devono sottomettersi per il “bene comune”, e i cittadini devono adeguarsi all’ideologia dominante. 3. Finalità del potere - Stato assoluto: il potere è esercitato per il beneficio del sovrano e dei suoi interessi personali o dinastici. - Stato totalitario: il potere è esercitato per realizzare un’ideologia specifica; lo Stato ha una missione ideologica che pretende di migliorare la società secondo una visione collettiva. 4. Diritti e libertà - Stato assoluto: i sudditi non godono di diritti o libertà, ma il sovrano può concedere privilegi o favori a seconda della sua volontà. - Stato totalitario: i diritti e le libertà sono negati in nome dell’ideologia dominante, e c’è un controllo totale sulla vita sociale, politica ed economica dei cittadini. 5. Legittimazione del potere - Stato assoluto: la legittimazione viene dal potere dinastico o dalla volontà divina. - Stato totalitario: la legittimazione viene dalla capacità di interpretare e realizzare una visione ideologica specifica. In sintesi, lo Stato assoluto si basa sul potere di un singolo sovrano con autorità personale, mentre lo Stato totalitario è caratterizzato dal controllo collettivo e ideologico, che mette l’individuo al servizio dello Stato e della sua visione politica. Poi si ha un altro stato: lo Stato confessionale, dove in questo caso si mescola la sfera religiosa con la sfera civile. Come ad esempio l’Iran o - più vicino - lo Stato del Vaticano, dove il diritto è anche un diritto che arriva per l’appunto dalla religione. Nell’ambito degli stati democratici-costituzionali, con riguardo alla modalità di decentramento o meno del potere, si può possono individuare due tipi di Stato: si lo stato unitario o lo stato decentrato/composto. Uno Stato unitario è caratterizzato dalla concentrazione del potere politico e amministrativo in un’unica autorità centrale. Le decisioni più importanti vengono prese a livello nazionale e le autorità locali hanno un’autonomia limitata, spesso dipendendo dalle disposizioni del governo centrale. Anche se ci può essere una certa decentralizzazione amministrativa, la struttura resta fondamentalmente centralizzata. La Francia è un classico esempio di Stato unitario. Anche se ci sono diverse regioni e dipartimenti con funzioni amministrative, il potere decisionale principale resta centralizzato a Parigi. Le decisioni fondamentali su leggi, finanze e politiche pubbliche vengono prese dal governo centrale. Uno Stato decentrato è quello in cui il potere è suddiviso tra il governo centrale e le autorità locali (regioni, cantoni, lander, comunità autonome), che hanno una certa autonomia legislativa, amministrativa e a volte fiscale. Questo sistema consente una maggiore flessibilità e adattamento alle esigenze locali, mantenendo comunque un’unità statale. Ad esempio - la Germania è uno Stato federale, dove il potere è suddiviso tra il governo centrale e i 16 Länder. Ogni Land ha il proprio parlamento e governo con competenze legislative autonome in diversi settori (educazione, polizia, cultura, ecc.), mentre le competenze nazionali sono gestite dal governo federale. - la Svizzera è uno Stato federale composto da 26 cantoni, ciascuno con un’ampia autonomia. I cantoni hanno la loro costituzione, leggi e governo, e sono molto indipendenti dal governo centrale. - la Spagna è uno Stato decentrato con le sue Comunità Autonome, ciascuna con un diverso grado di autonomia. Alcune regioni come la Catalogna o i Paesi Baschi hanno competenze significative in materia di educazione, sanità e polizia, mentre altre comunità hanno meno poteri. Il caso dell’Italia → L’Italia si colloca tra uno Stato unitario e uno Stato decentrato. Formalmente, è uno Stato unitario con un alto grado di decentramento regionale. Con la Costituzione del 1948, l’Italia ha istituito 20 regioni, di cui 5 sono a statuto speciale (Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia) che godono di maggiore autonomia. Le regioni a statuto ordinario hanno una serie di competenze in materia di sanità, trasporti, sviluppo economico e altro, ma restano subordinate al governo centrale su questioni di interesse nazionale. Negli ultimi decenni, con la riforma del Titolo V della Costituzione (2001), si è cercato di aumentare l’autonomia delle regioni, avvicinandosi a un modello più decentrato. Tuttavia, è errato parlare di Stato federale per l’Italia in quando a oggi non c’è mai stato un vero e proprio federalismo fiscale che appunto faccia si che l’Italia possa essere individuata come Stato federale. In conclusione: l’Italia è formalmente uno Stato unitario, ma con un marcato decentramento regionale, specialmente per le regioni a statuto speciale. Uno Stato decentrato può essere distinto in Stato federale o Stato regionale a seconda del modo in cui il potere è distribuito tra il governo centrale e le entità territoriali interne. Lo Stato federale e lo Stato regionale prevedono la distribuzione del potere tra il governo centrale e i governi locali/regionali. In entrambi i casi, le autorità locali hanno una certa autonomia in vari settori (es. educazione, sanità, trasporti). Entrambi godono anche di un’autonomia legislativa e amministrativa, permette agli enti territoriali di legiferare e gestire in modo autonomo determinate materie, sebbene con livelli di autonomia differenti (prima differenza tra i due: lo Stato federale ha più autonomia). Inoltre, entrambe le tipologie di Stato hanno più centri di potere, permettendo una gestione più vicina alle specificità locali, con una maggiore attenzione alle esigenze delle comunità locali. Come accennato, lo Stato federale e regionale si differenziano per il grado di autonomia: nello Stato federale ogni entità (come Stati, Länder o Cantoni) ha una propria costituzione e ampi poteri legislativi e amministrativi. Le regioni federali godono di un’alta autonomia e il potere centrale non può intervenire facilmente nelle loro competenze. Le decisioni centrali richiedono spesso la collaborazione delle entità federate. Mentre nello Stato regionale le regioni hanno un’autonomia più limitata rispetto a quelle di uno Stato federale. Le competenze delle regioni sono definite dalla costituzione nazionale e il governo centrale può intervenire in determinate circostanze o su questioni di interesse nazionale. I due stati differiscono anche per origine storica, difatti lo Stato federale spesso nasce dall’unione di entità preesistenti che decidono di federarsi per costituire un’unica entità statale (es. Stati Uniti, Germania, Svizzera). C’è una volontà originaria di mantenere ampie autonomie locali. Lo Stato regionale invece è il risultato di uno Stato unitario che ha concesso un certo grado di autonomia a entità locali, spesso per rispondere a esigenze regionali specifiche o pressioni politiche interne (es. Spagna, Italia). Ad ogni modo - come visto - non è sempre facile discernere uno Stato regionale da uno Federale, anche se tendenzialmente si può affermare che gli Stati Federali dovrebbero avere una maggiore autonomia e soprattutto (vedi il caso ad esempio degli Stati Uniti d’America - che è lo stato federale per antonomasia) un maggior accentramento. Nonostante ciò il confine tra stato regionale e stato federale è molto labile e non è semplice da definire. La confederazione di Stati è un’organizzazione in cui più Stati sovrani decidono di unirsi per perseguire obiettivi comuni, come difesa, cooperazione economica o politica estera, mantenendo tuttavia la propria sovranità e indipendenza. A differenza di una federazione, la confederazione non dà vita a una nuova entità statale: non c’è un governo centrale con poteri diretti sui cittadini, ma solo un accordo tra Stati che agiscono insieme su questioni specifiche. In una confederazione, le decisioni comuni vengono prese tramite il consenso o accordi tra gli Stati membri, e questi mantengono il diritto di uscire dall’organizzazione. La mancanza di una forte autorità centrale rende la confederazione meno vincolante rispetto a una federazione. In sintesi, la confederazione è un’unione volontaria e più flessibile tra Stati, senza la creazione di un nuovo Stato centrale sovrano come accade invece nelle federazioni. Dopo aver chiarito il concetto di Stato, dopo aver visto le forme che lo Stato può assumere sulla base della differente interazione tra governanti e governati, per cui - a secondo di come interagiscono - possiamo parlare di una forma di Stato anziché di un'altra, possiamo adesso provare a tratteggiare sinteticamente le caratteristiche di quella che è la forma di Stato italiana contemporanea: una forma di Stato democratico-costituzionale che - in particolar modo con riferimento alla forma di Stato italiana contemporanea - possiamo definire essere una forma di Stato pluralista, democratica, costituzionale e anche sociale. stato pluralista; l’ordinamento giuridico è composto da una pluralità di soggetti e gruppi, ciascuno con la possibilità di partecipare attivamente alla vita politica. Esistono diversi gruppi e opinioni che convivono e influenzano le decisioni politiche. È possibile innanzitutto parlare dell'Italia come di uno stato pluralista, in cui viene garantita, riconosciuta e tutelata la plurisoggettività dell'ordinamento giuridico statale. Il che vuol dire che viene riconosciuta l'esistenza di soggetti o gruppi di soggetti diversi a cui si riconosce la capacità di essere politicamente attivi, ossia: a essere politicamente attivi sono soggetti o gruppi di soggetti profondamente diversi tra loro e questo fa si che, siccome tutti possono partecipare alla vita politica del Paese ed evidentemente ognuno è portatore di un'istanza, istanze diverse eterogenee possono essere messe in discussione sul piano politico. Questo lo differenzia dallo stato liberale pregresso, che era uno stato monoclasse, dove quindi c’era una sola classe politicamente attiva e riconosciuta: la borghesia. Il che valeva a dire che i soggetti che godevano di diritti politici erano selezionanti mediante il suffragio limitato, con la conseguenza che erano fortemente omogenei: stessa cultura, appartenenza sociale e dunque interessi economici. In sostanza le istanze che affioravano erano quelle di una sola classe, cioè quella borghese, che era quella che poteva partecipare alla vita politica. Con l’allargamento del suffragio, che diventa dunque universale, tutti possono votare, tutti possono essere eletti, e quindi così si consente a ciascun soggetto di poter portare avanti la propria istanza; così iniziano a essere portate avanti diverse istanze da diversi soggetti giuridici dell’ordinamento statale. stato democratico; Esiste una corrispondenza tra governanti e governati, basata sul principio che il popolo è sovrano (art. 1, comma 2, Costituzione). Le decisioni vengono prese secondo il principio di maggioranza, garantendo però la tutela delle minoranze. Quando si parla di democrazia si fa riferimento a una tendenziale corrispondenza tra governanti e governati; il principio della corrispondenza è espresso dall’art.1 della Cost. dove viene detto che la sovranità spetta al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Il fatto che la sovranità spetti al popolo (concetto di sovranità popolare) non è un concetto che contrasta con il concetto di sovranità statale: quando si parla di sovranità popolare si fa riferimento al fatto che il popolo è sovrano in maniera indiretta, perché ha il potere di determinare - come corpo elettorale - i soggetti titolari dei poteri di governo, e dunque individuerà i propri rappresentanti che agiranno per conto suo (inteso del popolo). In alcuni casi (ecco le famose limitazioni della Costituzione) il popolo eserciterà la sovranità direttamente. Si fa riferimento in questo caso all’istituto di democrazia diretta perché ci si trova nel caso del referendum, attraverso il quale il popolo direttamente esercita la propria sovranità perché direttamente decide, non decide più attraverso i rappresentanti. Quando si parla di democrazia si fa anche riferimento al riconoscimento del Principio di maggioranza, cioè le decisioni sono prese dalla maggioranza, ma allo stesso tempo vengono tutelate le minoranze, nella fattispecie le minoranze politiche. In che modo ciò avviene? Consentendo alle minoranze di poter, un domani, diventare una maggioranza. Attraverso che cosa? Le libere elezioni; con quest’ultime quella che oggi è una minoranza potrà diventare in futuro una maggioranza. stato costituzionale; L’Italia ha una Costituzione rigida, il che significa che la sua modifica richiede un procedimento speciale e più complesso rispetto alle leggi ordinarie. Inoltre, c’è un controllo di costituzionalità per garantire che le leggi rispettino la Costituzione. Lo Stato italiano è uno stato costituzionale. Si noti bene che già lo Stato liberale dell’800, dopo la rivoluzione francese, è uno stato che si dà una Costituzione (ne parla per la prima volta l’art.16 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, 1789), dove si legge uno stato ha una costituzione, e si ha la separazione dei poteri, ecc… Quindi di costituzione se ne parla già nell’800 con lo Stato liberale, solo che in questo caso si parla di Stato costituzionale perché la costituzione è una costituzione a cui viene riconosciuto il carattere di legge suprema, cioè superiore a tutte le altre fonti del diritto, cioè in sostanza ne viene riconosciuta la rigidità. stato sociale L’Italia è uno Stato interventista, impegnato a ridurre le disuguaglianze sociali (art. 3, comma 2, Costituzione). Lo Stato promuove politiche attive per garantire i diritti sociali, come il diritto all’istruzione (art. 34, comma 1, Costituzione). I diritti sociali sono rivolti a chi si trova in condizioni di bisogno e non sono più lasciati alla beneficenza privata, ma realizzati attraverso interventi pubblici e politiche di bilancio. Lo Stato italiano è anche uno stato sociale, cioè uno stato che si caratterizza per non essere uno stato minimo (cioè con compiti limitati) bensì è uno stato interventista, cioè in sostanza che esercita dei compiti. D’altra parte ciò si ricava dall’art.3 comma 2 Cost. dove si legge il Principio dell'uguaglianza sostanziale, secondo cui è compito preciso dello stato rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che di fatto limitano la libertà e l'uguaglianza dei consociati. Quindi sostanzialmente lo stato rimuove gli ostacoli, quindi interviene per mitigare le differenze economico-sociali: da qui la nascita dei diritti sociali, ossia dei diritti non più associati a iniziative filantropiche o solidariste private, ma diritti garantiti attraverso vere e proprie politiche di bilancio. D’altra parte, quando si parla di diritti sociali, si pensa all’art34 che al terzo comma dispone che tutti i capaci e i meritevoli devono poter raggiungere i gradi di studio più alti, che possano permetterselo o meno. L’art34, comma 3 sancisce inoltre il diritto di raggiungere i più alti gradi degli studi per i capaci e per i meritevoli, anche se privi di mezzi, dunque tramite borse di studio o assegni alle famiglie, ecc... attribuiti secondo il principio meritocratico. Elementi costitutivi dello Stato Lo Stato si definisce attraverso tre elementi fondamentali: Popolo, territorio e sovranità. La mancanza di uno di questi elementi implica che non si possa parlare di Stato vero e proprio, quindi si parla di Non-Stato. 1. Popolo (elemento soggettivo/personale) Il popolo è l’insieme dei cittadini di uno Stato, ossia le persone fisiche che possiedono la cittadinanza. La cittadinanza è il legame giuridico che conferisce il diritto di esercitare diritti civili, sociali e politici, come il diritto di voto. Anche i cittadini italiani residenti all’estero mantengono questo diritto e sono considerati a tutti gli effetti parte del popolo. Come si acquisisce la cittadinanza italiana? Ius sanguinis: si è cittadini italiani per nascita se si ha almeno un genitore italiano, indipendentemente dal luogo di nascita. Ius soli (in casi limitati): può ottenere la cittadinanza chi nasce in Italia da genitori apolidi o se vi risiede legalmente e ininterrottamente fino ai 18 anni, con richiesta al compimento della maggiore età. Naturalizzazione: chi è cittadino extracomunitario può richiedere la cittadinanza dopo 10 anni di residenza legale in Italia; per i cittadini dell’Unione Europea il requisito è di 4 anni. Matrimonio: chi sposa un cittadino italiano può richiedere la cittadinanza dopo 2 anni di residenza in Italia. Distinzione tra Popolo, Popolazione e Nazione: il Popolo è l’insieme dei cittadini di uno Stato. La popolazione comprende sia i cittadini sia gli stranieri residenti in uno Stato. Gli stranieri, pur non essendo cittadini, contribuiscono alla vita economica e sociale del Paese, ad esempio al PIL. Nazione si riferisce a una comunità unita da patrimonio culturale, lingua e tradizioni comuni. Esistono Stati multinazionali, come il Canada e il Belgio, che ospitano più nazioni. 2. Territorio (elemento materiale dello Stato) Il territorio è lo spazio fisico su cui si esercita la sovranità dello Stato e dove valgono le sue leggi. Comprende la terraferma e il sottosuolo all’interno dei confini dello Stato + lo spazio aereo fino al limite dell’atmosfera + il mare con le acque entro le 12 miglia nautiche dalle coste, oltre le quali si trovano le acque internazionali. Territtorio fluttuante - navale/aereo civile: quando si solca il cielo italiano o naviga il mare entro le 12 miglia, bisogna seguire le leggi di quello Stato (a cui appartiene il territorio). - navale/aereo militare: continua a battere la bandiera di Stato anche quando si trova all'interno di un territorio straniero Due eccezioni alla territorialità - extraterritorialità: alcuni luoghi, come le navi e gli aerei militari, seguono le leggi dello Stato di appartenenza anche quando si trovano in acque o spazi aerei di un altro Stato. Es. una nave da guerra italiana che naviga nelle acque territoriali di un altro Paese è soggetta al diritto italiano, non a quello dello Stato in cui si trova. - immunità territoriale: alcune aree situate all’interno di uno Stato sono esenti dall’applicazione delle sue leggi, in base a regole internazionali. Le sedi diplomatiche (come le ambasciate) godono di immunità territoriale, il che significa che, pur essendo fisicamente all’interno del territorio di un altro Stato, non sono soggette alla sua giurisdizione. L’ambasciata italiana a Parigi, ad esempio, non è soggetta alla legge francese, ma a quella italiana. 3. Sovranità La sovranità è il potere esclusivo, originario e indipendente dello Stato di governare se stesso e il proprio territorio. Questo potere si manifesta sia all’interno dello Stato, attraverso il potere di imporre leggi e mantenere l’ordine, sia all’esterno, con l’indipendenza da altri Stati. L’Italia, come Stato membro dell’Unione Europea, ha ceduto alcuni aspetti della sua sovranità in settori specifici, ad esempio la politica monetaria con l’adozione dell’euro. Tuttavia, resta uno Stato sovrano e democratico, dove il potere appartiene al popolo e viene esercitato attraverso le istituzioni rappresentative, come il Parlamento. FORME DI GOVERNO Per forma di governo s’intende il modo in cui si distribuisce il potere politico fra i vari organi dello Stato. Quindi se la forma di Stato fa riferimento alla relazione che intercorre tra governanti e governati, laddove invece ci si concentri sul primo dei due elementi (i governanti) e si osservi come viene distribuito il potere tra i governanti e come questi agiscono tra di loro, sulla base di questa interazione si formano diverse forme di governo. Concentrandosi sulla forma di stato democratico-costisuzionale, all’interno di essa è possibile operare una distinzione tra varie forme di governo, in particolar modo vi sono stati democratici-costituzionali che hanno una forma di governo parlamentare, altri presidenziali, altri ancora forma di governo semipresidenziale e poi c’è anche la figura del governo direttoriale. Con particolare riguardo alla monarchia costituzionale, essa è una forma di governo passata perché si afferma nel passaggio dallo Stato assoluto allo Stato liberale, dunque “caratterizza” la fase di avvio dello Stato liberale (non si può parlare di forma di governo nel caso dello Stato assoluto siccome tutti i poter sono concentrati nel sovrano; invece quando si afferma lo Stato liberale - e con esso il principio della separazione dei poteri tra diversi organi - da quel momento in avanti si può parlare di forma di governo in quanto si può parlare di interazione tra diversi organi). La monarchia costituzionale si contraddistingue per una netta separazione dei poteri, tra quello che era il re e il parlamento; il governo sottostava al sovrano, fino a quando - a un certo punto - il governo non ha incominciato a staccarsi dal re e legarsi al parlamento, stabilendo con esso un rapporto di fiducia (passaggio da monarchia costituzionale a governo parlamentare). Prima di procedere ad analizzare le caratteristiche delle singole forme di governo che può assumere lo Stato democratico-costituzionale, si precisi ancora una volta che per “forma di governo” s’intende il modo di interagire tra di loro dei governanti e come si distribuisce il potere politico soprattutto tra gli organi costituzionali di vertice, in particolar modo come interagiscono Parlamento, Governo e Capo di Stato. Quando si parla di organi costituzionali, è necessario precisare che cos’è un organo costituzionale: un organo costituzionale non è solamente un organo che è previsto dalla Costituzione (perché in essa sono previsti anche organi che non sono costituzionali). E quindi quali sono le caratteristiche degli organi costituzionali? Ossia quali son quelle caratteristiche che rendono un organo, previsto dalla Costituzione, un organo costituzionale? 1. sono organi necessari allo Stato = la mancanza di uno di essi prevede l’arresto della complessiva attività statale. Es. se viene a mancare il Parlamento, lo Stato non può più funzionare perché manca l’organo deputato a fare le leggi 2. sono elementi indefettibili dello Stato = non può esserci la loro soppressione/sostituzione con altri organi senza determinare un mutamento dello Stato. Es. se venisse soppresso il Parlamento, non solo si arresterebbe l’attività statale, ma addirittura cambierebbe la forma di stato, infatti non si sarebbe più uno Stato democratico-costituzionale (che prevede di eleggere un parlamento a cui poi dare la potestà legislativa) 3. hanno struttura interamente dettata dalla Costituzione = significa che le caratteristiche, le funzioni, i poteri e le modalità di funzionamento di questi organi sono definite e regolate direttamente dalla Costituzione. In altre parole, è la Costituzione stessa a stabilire quali sono gli organi costituzionali (es. Parlamento, Presidente della Repubblica, Governo, Corte Costituzionale) e le loro competenze (es.il Parlamento legifera, il Governo esegue e amministra, il Presidente della Repubblica rappresenta l’unità nazionale, ecc.), e stabilisce i rapporti tra gli organi (cioè stabilisce come questi organi interagiscono tra loro) e le modalità di nomina e funzionamento (cioè definisce come vengono eletti o nominati i membri degli organi costituzionali, la loro durata in carica e le regole per il loro funzionamento. Ad esempio che il mandato del Presidente della Repubblica è di 7 anni, il Parlamento è eletto ogni 5 anni, ecc.). Questa caratteristica garantisce che gli organi costituzionali operino all’interno di un quadro prestabilito e rigido, che può essere modificato solo seguendo il procedimento previsto per la revisione costituzionale, rendendo quindi difficile cambiare la struttura dello Stato senza un ampio consenso politico. 4. condizione di parità giuridica = dire che gli organi costituzionali hanno una condizione di parità giuridica significa che, pur avendo funzioni diverse, nessuno di questi organi è gerarchicamente superiore agli altri. In altre parole, ogni organo costituzionale gode di una propria autonomia e indipendenza, ed è posto sullo stesso piano giuridico rispetto agli altri. Sono quindi caratterizzati da una certa autonomia (ciascun organo svolge le sue funzioni senza interferenze da parte degli altri. Ad esempio, il Parlamento legifera in modo autonomo, il Governo esegue le leggi, la Magistratura applica la legge, e il Presidente della Repubblica rappresenta l’unità nazionale), dall’equilibrio dei poteri (gli organi costituzionali collaborano tra loro, ma nessuno può imporre la propria volontà sugli altri, rispettando il principio di separazione dei poteri. Ad esempio, il Governo è responsabile di fronte al Parlamento, ma il Parlamento non può svolgere le funzioni del Governo) e da controlli reciproci (pur essendo in condizioni di parità giuridica, gli organi si controllano reciprocamente per evitare abusi di potere. Questo garantisce un bilanciamento e previene la concentrazione del potere in un’unica istituzione). In sintesi, la parità giuridica tra gli organi costituzionali è un principio che assicura che ciascuno operi con uguale dignità e indipendenza, nel rispetto delle proprie competenze, evitando che uno prevalga sugli altri e mantenendo così l’equilibrio istituzionale previsto dalla Costituzione. Nella forma di governo presidenziale, il corpo elettorale (cioè i cittadini) elegge direttamente il presidente e il Parlamento, e il presidente è allo stesso tempo Capo di Stato e Capo del Governo, quindi svolge una duplice funzione: quella di essere Capo di Stato, e dunque rappresentare l’unità nazionale, ma allo stesso tempo è anche Capo del Governo, e cioè a capo dell’esecutivo. Il parlamento non può sfiduciare il presidente, cioè non esiste un rapporto di fiducia tra presidente inteso capo del governo e parlamento. Allo stesso tempo però il presidente non può sciogliere il parlamento. In una forma di governo presidenziale è molto netta la separazione dei poteri, dato che il parlamento - non potendo sfiduciare il presidente - non potrà far valere la responsabilità politica del presidente stesso. Quindi in questa forma di governo si ha un presidente molto forte (duplice ruolo + non può essere sfiduciato). Nella forma di governo parlamentare, il corpo elettorale elegge solo ed esclusivamente il Parlamento (il popolo italiano va a eleggere i componenti del parlamento Italiano). Il capo di stato (in Italia il Presidente della Repubblica) è eletto dal Parlamento e si caratterizza perché ha funzione limitate: il nostro capo di Stato non ha come negli Stati Uniti una duplice funzione, in Italia il capo di Stato è nettamente distinto dal Capo del Governo. Il capo di stato è garante della Costituzione. L’esecutivo, ossa il Governo con il suo Primo Ministro e il Consiglio dei Ministri, si contraddistingue perché si poggia sul rapporto di fiducia col Parlamento. I due aspetti salienti che contraddistinguono il governo parlamentare sono: la figura di un Capo di Stato con funzioni limitate, cioè senza indirizzo politico (non esiste la politica di Mattarella o la politica di Napolitano, mentre negli USA esisteva, c’era la politica di Trump o la politica di Obama) e il fatto che il governo è legato da un rapporto di fiducia al parlamento (rapporto fiduciario parlamento-governo). In questa forma di governo i 3 organi Capo di Stato, Governo e Parlamento intergiscono in maniera diversa rispetto alla forma presidenziale. Parlamento = funz. legislativa Governo = funz. esecutiva Capo di Stato = funz. di soggetto che è garante e rappresenta l’unità nazionale Es. Italia; Spagna; Regno Unito - al posto di Mattarella ci sono i Windsor; anche il caso del cancellierato tedesco va fatto rientrare in una forma di governo parlamentare (è una repubblica parlamentare federale). Nella forma di governo semipresidenziale, il corpo elettorale elegge il Presidente e il parlamento (simile a presidenziale). Il presidente ha funzioni rilevanti (simile a presidenziale), solo che nella forma di governo presidenziale questo è al contempo Capo di Stato e Capo dell’esecutivo, mentre nella semipresidenziale il presidente ha funzioni importanti anche di indirizzo politico, però governa accanto a un Primo Ministro, quindi si parla di un esecutivo bicefalo, ossia a due teste, e quindi si parla di un Capo di Stato che è forte perché esercita la funzione di indirizzo politico e a fianco ha un Primo Ministro da lui scelto. Si tenga conto che il presidente nomina il Primo Ministro, quindi - ovviamente - il Presidente nominerà un Primo Ministro che sia del suo stesso orientamento politico, in modo tale che di fatto quest’ultimo segua le indicazioni del Presidente; ne risulta quindi che il Presidente ha un ruolo parecchio potenziato, a discapito del Primo Ministro, che ne risulta in qualche modo “““fantoccio”””. MA ATTENZIONE! Il fatto che il Presidente possa scegliersi da solo il Primo Ministro è possibile solo se anche il Parlamento fa parte dello stesso orientamento politico del Presidente, perché se è vero che si ha un forte Presidente, è altrettanto vero che si ha un rapporto di fiducia tra il Primo Ministro e il Parlamento; allora è vero che il Capo di Stato sarà libero di scegliersi il PM che vuole, ma solo se anche il Parlamento - che dovrà esprimere la fiducia su quel Primo Ministro - appartiene allo stesso orientamento politico. Ma se capita (ed è capitato) che il Capo di Stato faccia parte di un orientamento politico e in Parlamento si ha una maggioranza di un altro orientamento politico, allora in questo caso il Presidente dovrà scegliersi un PM che piaccia al Parlamento, e quindi non sarà più così autonomo nella scelta, e presumibilmente sceglierà un PM che faccia parte dell’orientamento politico della maggioranza parlamentare, che però è appunto diverso dal suo → in questo caso allora davvero l’esecutivo diventa bicefalo e si parla anche di coabitazione, perché veramente coabitano due soggetti con due testi pensanti in maniera differente (questo capitò in Francia sotto un governo Chirac “shirak”, che vedeva quest’ultimo come presidente; ma poi il popolo venne chiamato a votare per il Parlamento (si votano Presidente e Parlamento in maniera sfalsata) e ne risultò una maggioranza socialista e il Capo di Stato Jacques Chirac (centro-destra) si trovò a governare di fianco al Primo Ministro Lionel Jospin (fortemente socialista). Il Parlamento può sfiduciare il Governo, e il Presidente può sciogliere il Parlamento. La forma di governo direttoriale, unica nel suo genere, la troviamo in Svizzera. Si contraddistingue perché il corpo elettorale elegge il Parlamento, la figura di Capo dello Stato e Capo del Governo sono nelle mani della stesso soggetto, che però - si noti bene - non è un soggetto individuale, bensì un direttorio (ecco spiegato perché “direttoriale”), quindi è un organo collegiale a essere al contempo Capo di stato e Capo dell’esecutivo ed è eletto dal parlamento. Il parlamento non può sfiduciare il governo, cioè il direttorio, e a sua volta il direttorio non può sciogliere il parlamento. La forma di governo parlamentare è un sistema in cui il potere esecutivo (il governo) dipende dalla fiducia del potere legislativo (il Parlamento). Esistono diverse varianti di questo modello, che si distinguono per il diverso equilibrio tra governo e Parlamento. Esistono quindi diversi tipi di parlamentarismo: il parlamentarismo maggioritario favorisce la stabilità con un’alternanza tra pochi partiti forti, mentre il parlamentarismo compromissorio dipende da coalizioni che possono essere fragili. Il parlamentarismo razionalizzato cerca di evitare l’instabilità con regole costituzionali che garantiscono un funzionamento efficiente del sistema parlamentare, in particolare dopo esperienze storiche di crisi politiche (ascesa dei partiti antisistema). Il parlamentarismo maggioritario è un tipo di parlamentarismo dominato da pochi partiti principali, spesso due, che formano dei poli antagonisti. C’è quindi un sistema politico bipolare con un’alternanza tra i due partiti nei ruoli di maggioranza e opposizione (minoranza). Questa alternanza garantisce stabilità al governo, poiché uno dei partiti (o coalizione) ha una maggioranza chiara in Parlamento. Emerge qui il concetto di governo ombra: l’opposizione è strutturata come un governo alternativo, pronta a subentrare nel caso di vittoria alle elezioni successive. Quindi il governo ombra è un governo strutturato, con dei veri e propri ministri ombra che diventeranno - qual’ora nella successiva legislatura sia così - governo di maggioranza. Esempi tipici di questo sistema si trovano nel Regno Unito, dove il sistema bipartitico ha favorito stabilità e una chiara divisione tra governo e opposizione. Il parlamentarismo compromissorio è caratterizzato da una pluralità di partiti (sistema multipolare) che formano coalizioni di governo. La caratteristica principale è dunque l’avere una spiccata partitocrazia, dove nessun partito ha una forza dominante, quindi la stabilità del governo dipende dal mantenimento di compromessi tra diversi partiti di maggioranza (l governo non è nelle mani di un solo partito forte, ma di più pariti); qual’ora il compromesso saltasse, il governo va in crisi (quante volte il PD ha minacciato i 5stelle e viceversa). Questo modello è quindi più esposto a crisi di governo se le alleanze tra i partiti non reggono, poiché il governo non è nelle mani di un solo partito forte. La frammentazione politica può portare a una maggiore instabilità. L’Italia è un esempio classico di questo tipo di parlamentarismo, dove le coalizioni di governo sono spesso composte da partiti con posizioni diverse che devono trovare un accordo per mantenere la stabilità. Il parlamentarismo razionalizzato nasce dall’esigenza di evitare che la debolezza e l’instabilità dei governi sfocino in crisi politiche. L’esperienza storica, in particolare dopo la Seconda Guerra Mondiale, ha mostrato come governi deboli e instabili possano favorire l’ascesa di partiti antisistema (come il fascismo in Italia e il nazismo in Germania). Pertanto, si sono introdotti meccanismi per stabilizzare il sistema parlamentare. Questo approccio consiste nel tradurre in disposizioni costituzionali precise le regole del funzionamento parlamentare, per rendere il sistema più stabile. In Italia, il parlamentarismo è considerato debolmente razionalizzato, cioè vi sono alcune regole per favorire la stabilità, ma non sono così stringenti come in altri Paesi. Un esempio è l’articolo 94 della Costituzione, che disciplina la fiducia e la sfiducia al governo. In Germania, invece, il parlamentarismo è più “razionalizzato” con regole più rigide per evitare crisi di governo. Nei sistemi parlamentari come quello britannico, più “puri” e meno razionalizzati, non è stato necessario introdurre tante misure di stabilizzazione perché il sistema bipolare ha storicamente garantito una maggiore stabilità (infatti in UK non c’è stato l’avvento dei pariti antisitemici/regimi totalitari). Art.94 Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale. Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia. Il voto contrario di una o d’entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni. La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione. 4 ll COSTITUZIONE La Costituzione della Repubblica Italiana è la legge fondamentale dello Stato italiano, e si posiziona al vertice della gerarchia delle fonti nell'ordinamento giuridico della Repubblica. Considerata una costituzione scritta, rigida, lunga, votata, compromissoria, laica, democratica e tendenzialmente programmatica, è formata da 139 articoli e da 18 disposizioni transitorie e finali. Approvata dall'Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947 e promulgata dal capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola il 27 dicembre seguente, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 298, edizione straordinaria, dello stesso giorno, ed entrata in vigore il 1º gennaio 1948, legge fondamentale di un Paese: la Costituzione è la base del sistema giuridico e politico di uno Stato. Stabilisce i principi e i valori fondamentali su cui si fonda l’intera organizzazione sociale e politica. Essa definisce i limiti entro cui devono operare le autorità e le istituzioni, assicurando un equilibrio dei poteri. legge superiore a tutte le altre: la Costituzione è considerata “superiore” rispetto a tutte le altre leggi. Ogni altra norma deve conformarsi ai principi costituzionali, altrimenti può essere dichiarata incostituzionale e annullata. Nessuna legge ordinaria può entrare in contrasto con la Costituzione. diritti dei soggetti verso l’autorità: la Costituzione stabilisce e tutela i diritti fondamentali dei cittadini (come libertà, uguaglianza, diritti civili e politici). Questi diritti limitano il potere dell’autorità, che non può violarli legalmente. primato dei diritti e della persona: la Costituzione afferma che i diritti dei cittadini e il valore della persona sono prioritari rispetto all’autorità dello Stato. Questo principio significa che il potere pubblico è subordinato alla dignità e ai diritti dell’individuo, e non può abusare del suo potere per ledere la libertà e i diritti personali. Quindi di diritti vengono prima del potere e la persona viene prima dell’autorità. rigidità della Costituzione: la rigidità costituzionale indica che la Costituzione non può essere modificata con la stessa facilità delle leggi ordinarie. È richiesta una procedura speciale (di solito più complessa e con maggioranze qualificate) per apportare modifiche, al fine di garantire la stabilità dei principi fondamentali dello Stato. La Costituzione è quindi rigida (Principio di rigidità costituzionale): con ciò si sta a intendere che la Costituzione non può essere modificata come una legge ordinaria. Le norme costituzionali hanno una stabilità maggiore rispetto alle leggi ordinarie, e per modificarle è necessaria una procedura specifica, più complessa, che generalmente coinvolge una maggioranza qualificata (ad esempio, i due terzi del Parlamento). Questo principio di rigidità si contrappone all’onnipotenza parlamentare. In altre parole, mentre in un sistema senza una Costituzione rigida, il Parlamento può decidere qualsiasi cosa senza limiti particolari, in una democrazia costituzionale il Parlamento è vincolato dalla Costituzione e non può modificarla facilmente. Le Costituzioni dal dopoguerra: da semplici garanzie a Costituzioni di valori e indirizzo In passato, le costituzioni erano spesso limitate a stabilire solo alcuni principi di base per garantire libertà e diritti, lasciando molta libertà ai governi nel definire le politiche e i fini da perseguire (es. Statuto Albertino). Queste costituzioni erano considerate di “mera garanzia”. Le costituzioni moderne, come quella italiana del 1948, non sono solo strumenti di garanzia, ma anche di indirizzo e valori. La Costituzione italiana, ad esempio, include principi e obiettivi precisi, come l’uguaglianza, la giustizia sociale, e il diritto al lavoro. Non è solo un documento che limita il potere statale, ma fornisce anche una direzione etica e politica per l’azione del governo. Si noti come la Costituzione italiana del dopoguerra è molto diversa dallo Statuto Albertino (1848), che era la costituzione del Regno di Sardegna, poi estesa a tutta Italia. Lo Statuto Albertino era una costituzione flessibile e breve, che lasciava ampi spazi al Parlamento e al governo, senza particolari vincoli di indirizzo etico o sociale. Al contrario, la Costituzione italiana del 1948 è molto più articolata e definisce valori fondamentali che lo Stato deve perseguire. Inoltre, nel passato si pensava che la società avrebbe trovato un ordine naturale attraverso l’equilibrio spontaneo dei diversi interessi, senza bisogno di una forte guida o regolamentazione esterna. Questo era il principio del liberalismo classico, che promuoveva la libertà individuale e credeva che un “ordine spontaneo” sarebbe nato dall’interazione libera e naturale delle persone. Ma dopo le guerre mondiali questa fiducia nell’ordine spontaneo è diminuita. Si è capito che senza una guida e dei principi chiari, le società rischiano il caos o l’ingiustizia. Da qui nasce l’idea che serve creare un ordine artificiale, cioè stabilire regole chiare che garantiscano diritti e promuovano valori comuni (come l’uguaglianza e la solidarietà). La Costituzione diventa quindi un “progetto” per costruire una società giusta e ordinata (fine della fiducia in un ordine naturale e spontaneo, necessità di creare un ordine artificiale). Caratteristiche principali La Costituzione è - scritta: ciò significa che è raccolta in un unico documento formale approvato in un preciso momento storico (1948). Al contrario, esistono costituzioni “non scritte” che non sono contenute in un unico testo, come quella britannica. - votata: la Costituzione italiana è stata approvata dai rappresentanti eletti democraticamente dall’Assemblea Costituente, subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Questo la distingue dallo Statuto Albertino (1848), che era una “costituzione ottriata”, cioè concessa dal re Carlo Alberto ai suoi sudditi, e quindi non frutto di una scelta popolare. - rigida: una costituzione rigida è difficile da modificare, poiché richiede una procedura complessa e una maggioranza speciale in Parlamento, a differenza delle leggi ordinarie che possono essere cambiate con maggiore facilità. - lunga: la Costituzione italiana è ricca di articoli (139 in totale) e tratta molti aspetti della vita sociale, politica ed economica dello Stato, definendo non solo i diritti e i doveri dei cittadini, ma anche i principi fondamentali su cui si fonda la Repubblica, gli organi dello Stato, il rapporto con le Regioni, ecc. A differenza dell’Italia, la Gran Bretagna ha una costituzione “non scritta” nel senso che non è raccolta in un unico documento. La costituzione britannica si fonda su vari documenti storici come la Magna Charta (1215), il Bill of Rights (1689) e numerosi altri atti e tradizioni giuridiche, che insieme formano le regole fondamentali dello Stato. Questo sistema rende la costituzione britannica flessibile e più facilmente modificabile. Revisione costituzionale La rigidità della Costituzione italiana comporta che per modificarla si deve seguire un procedimento aggravato, regolato dall’articolo 138 della Costituzione. Questo articolo stabilisce che una modifica costituzionale richiede due passaggi di approvazione in ciascuna delle due Camere del Parlamento, e con una distanza temporale di almeno tre mesi tra i passaggi. Inoltre, la seconda votazione richiede una maggioranza qualificata dei 2/3 dei membri. Se questa maggioranza dei 2/3 non viene raggiunta, ma si ottiene solo la maggioranza assoluta, la modifica può essere comunque approvata, ma può essere richiesto un referendum confermativo dai cittadini per decidere se accettarla o meno. Nonostante esista una procedura per modificare la Costituzione, ci sono alcuni limiti: - limiti espliciti: sono quei limiti scritti chiaramente nella Costituzione stessa. Un esempio è l’articolo 139, che dichiara che la forma repubblicana dello Stato non può essere oggetto di revisione costituzionale. Ciò significa che non si può cambiare la Repubblica in monarchia attraverso una modifica della Costituzione. Corte costituzionale, sentenza n1146/1988 “ La Costituzione italiana contiene alcuni principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale. Tali sono tanto i principi che la stessa Costituzione esplicitamente prevede come limiti assoluti al potere di revisione costituzionale, quanto i principi che pur non essendo espressamente menzionati tra quelli assoggettabili al procedimento di revisione costituzionale, appartengono all'essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana. ” - limiti impliciti: sono limiti non espressamente scritti nella Costituzione, ma che si deducono dai suoi principi fondamentali. Ad esempio, si ritiene che alcuni diritti inviolabili della persona e i principi democratici non possano essere eliminati o modificati, anche se non è esplicitamente dichiarato. Questi limiti derivano dal rispetto dei valori e dei principi fondamentali sui quali si basa la Costituzione italiana e, più in generale, un ordinamento democratico. Alcuni limiti impliciti sono: -​ Principio democratico (art.1 Cost.) -​ Principio lavorista -​ Principio dell’inviolabilità della persona umana (art.2 Cost) -​ Principio dell’uguaglianza (art.3 Cost) -​ Principio dell’unità ed indivisibilità della Repubblica (art.5 Cost) -​ Principio della libertà -​ Principio della tutela e del rispetto delle minoranze L’articolo 138 prevede due percorsi per modificare la Costituzione, con o senza referendum, a seconda del consenso parlamentare ottenuto nella seconda votazione. Tappe del procedimento aggravato per la modifica. Esso prevede una duplice lettura da parte di ciascuna camera (Camera dei Deputati e Senato). 1. Le due Camere (Camera dei Deputati e Senato) approvano in prima deliberazione con maggioranza semplice, cioè con la maggioranza dei votanti presenti (se non c’è la maggioranza, ovviamente non si passa agli steps successivi). 2. Intervallo di 3 mesi (pausa riflessiva) 3. Le due camere approvano in seconda deliberazione a.​ la maggioranza assoluta dei membri di ciascuna Camera (cioè, la maggioranza di tutti i membri e non solo dei presenti) → eventuale referendum b.​ la maggioranza dei 2/3 dei membri di ciascuna Camera. Raggiungere i due terzi significa ottenere un consenso molto ampio. Nel caso a. di maggioranza assoluta, il progetto di legge viene pubblicato in Gazzetta Ufficiale col solo scopo di dare notizie dell'avvenuta approvazione, senza essere immediatamente promulgato dal Presidente della Repubblica. Dal giorno della pubblicazione, infatti, decorrono tre mesi entro cui 1/5 dei componenti di una Camera o 5 consiglieri regionali o 500.000 elettori possono richiedere che la legge approvata sia sottoposta referendum costituzionale. Richiesto il referendum, la legge costituzionale è promulgata solo se è stata approvata dalla maggioranza dei voti validi. Naturalmente, qualora il termine di 3 mesi spiri senza che nessuna richiesta di referendum venga presentata, si procede alla promulgazione e pubblicazione della legge costituzionale. Invece, nel caso b. di maggioranza dei 2/3, quest’ultima è una maggioranza talmente ampia e dunque rappresenta il fatto ch

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