Riassunto Tradizione Giuridica Occidentale PDF
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This document provides a summary of the Western legal tradition, focusing on the origins of civil law. It discusses the historical development of civil law in continental Europe, from the 11th and 12th centuries, including the establishment of universities and the rediscovery and study of Roman law. It also details the rise of the legal renaissance and the key figures like the Glossators.
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lOMoAR cPSD| 10899632 Riassunto Tradizione Giuridica Occidentale lOMoAR cPSD| 10899632 Tradizione di CIVIL LAW (pag 109-190) Sezione I – Le origini Formazione storica del civil law. Il diritto, e la sua crisi, nei sec 6°-11°. La tradizio...
lOMoAR cPSD| 10899632 Riassunto Tradizione Giuridica Occidentale lOMoAR cPSD| 10899632 Tradizione di CIVIL LAW (pag 109-190) Sezione I – Le origini Formazione storica del civil law. Il diritto, e la sua crisi, nei sec 6°-11°. La tradizione di civil law ha, fin dalle origini, il suo centro in Europa continentale, e qui mantiene il suo centro primario, anche se si è verificato un notevole fenomeno di migrazione e di recezione in altri continenti. Di tradizione giuridica di civil law si può parlare in senso proprio solo a partire dalla fine del 11° sec, inizi del 12°. È in questo periodo che vengono istituite le prime università (Bologna viene fondata intorno al 1100) ed è in queste università che il diritto viene riscoperto, insegnato e studiato come scienza, ossia come corpo di conoscenza separato e distinto, retto da una propria metodologia. Prima del 12° sec, il sistema giuridico si fondava sulle consuetudini, dato che la caduta dell’Impero romano aveva spinto al declino non solo le istituzioni politiche, ma anche quelle giuridiche, appunto, il diritto romano. Circolarono compilazioni scritte del diritto romano, quali le compilazione giustinianea in Oriente e in Italia, e la Lex Romana Visigothorum o Breviarium Alaricii (506) in Francia e Spagna. Nel 6° sec si cominciarono a redigere anche compilazioni di leggi barbariche, e il processo continuerà fino all'11° sec. Tuttavia, tali compilazioni non rappresentavano il diritto applicato dell'Europa medioevale, o perchè regolavano settori marginali della vita sociale (es: leggi barbariche), o perchè sono troppo complicate (es: leggi romane). Il diritto dei testi scritti aveva perso la sua funzione, venendo progressivamente sostituito da quello “volgare”, cioè spontaneamente applicato dalle popolazioni e basato sul principio della personalità del diritto. Il diritto “volgare” è un diritto non scritto, si tratta sempre di regole locali. Il contesto in cui comincia a formarsi la tradizione di civil law, quindi, si caratterizza per la sua fisionomia disorganica e per lo stato di arretratezza in cui versa il diritto. Tale contesto è il prodotto delle condizioni politiche (manca un'autorità forte e il potere appare diffuso fra una molteplicità di organismi locali), della società e dell'economia (che sono agricole, chiuse, autosufficienti, poco inclini ai traffici e agli scambi). Il Rinascimento giuridico La scienza giuridica rinasce in stretto collegamento con la situazione storica nel suo complesso, e, infatti, il periodo di rinascimento giuridico si inserisce in un periodo (poco dopo l'anno 1000) caratterizzato da un profondo rinnovamento in tutti i campi, legato allo sviluppo delle città e dei commerci. L'economia curtense ed agricola declina, c'è un forte sviluppo demografico; un forte flusso migratorio si dirige verso le città, che diventano il fulcro dell'economia in cui assumono un ruolo primario le attività mercantili. In questo nuovo e caotico contesto solo il diritto romano (e non più solo gli ideali cristiani) si mostra in grado di assicurare l’ordine e la sicurezza di cui il progresso ha bisogno. Rinascimento giuridico vuol dire rinascimento dello studio del diritto romano. Quale diritto romano? Il diritto romano preso in analisi è il diritto del Corpus Juris Civilis (CJC), voluto da Giustiniano e pubblicato tra il 529 e il 534. Tale Corpus si articola in 4 parti: 1. il Codex, che consiste in una raccolta dei decreti imperiali. 2. i Digesta (o pandette), che consiste in una raccolta delle opinioni di 39 giureconsulti (fra i quali spiccano Paolo, Ulpiano, Papiniano e Modestino) e si tratta della soluzione dei casi concreti. 3. le Istitutiones che sostituisce l’analoga opera di Gaio risalente al 2° sec e, come quella, articolata in 3 parti (persone, cose, azioni); è dotato di valore normativo. 4. le Novellae, che raccolgono gli atti normativi promulgati dopo la pubblicazione del CJC, tra il 534 e il 565. Relativamente al diritto romano, tuttavia, devono essere messe in evidenza alcune riflessioni: la codificazione giustinianea, come i grandi codici ottocenteschi, si propone come una rottura con il passato, dato che tutto il diritto precedente viene spazzato via. il giurista di civil law rinasce come interprete di un testo autorevole: il giurista è tale perché studioso di un testo, non perché si interessa dei conflitti da risolvere. la tradizione del civil law ha nella dottrina il suo fulcro principale, come testimonia, fin dalle origini, l’attribuzione di forza di legge alle opinioni dei giureconsulti e alle Istitutiones. Perché il diritto romano. Nell’Europa del 12° sec erano presenti molteplici fonti normative che impedivano la formazione di un forte potere centralizzato, tipico, al contrario, dell’Inghilterra (potere che i sovrani normanni usarono per perseguire l’unificazione giuridica, politica e la formazione di un diritto comune per tutto il regno). Per superare i vari diritti locali, il diritto comincia a essere concepito e insegnato nelle Università come un modello di organizzazione sociale, che indicava ai giudici ciò che bisognava fare, non ciò che si fa in pratica; procedura e prove vennero inizialmente trascurate, perché interessavano i pratici e i politici. L'importante era trovare le regole giuste e insegnarle in modo da diffondere di nuovo l'ideale di una società fondata sul diritto. Per capire il motivo per cui, tra i vari diritti, è quello romano che comincia ad essere concepito come il fulcro della cultura di civil law, occorre considerare i seguenti elementi: lOMoAR cPSD| 10899632 il diritto romano, data la sua ricchezza e la sua raffinatezza, è dotato di un grande prestigio ed è accessibile in quanto scritto nella lingua della Chiesa, il latino. il diritto romano è collegato con l’ideologia imperiale, in quanto tende ad esaltare una concezione volontaristica e legislativa del diritto che è utile all’impero: il diritto romano è valido perché deriva da una manifestazione di volontà dell’imperatore, è uno strumento della sua autorità. il diritto romano, data la sua concezione autoritaria e statuaria, ben si sposa con i disegni di predominio della Chiesa anche sul piano temporale. Ruolo e struttura delle UNIVERSITÀ. Il rinascimento giuridico è legato all’insegnamento che si impartisce nelle università, da quella di Bologna, forse la più antica (1088), a tutte le altre che su quel modello vennero fondate in Europa. L’Università era organizzata nel seguente modo: gli studenti, riuniti in corporazioni, assumevano e pagavano personalmente i professori. Bologna costituisce l’archetipo dell’istruzione di cultura dominata e controllata dagli studenti, in contrasto con l’Università di Parigi, dominata invece dai professori. L’”universitas” degli studenti aveva ricevuto da Federico Barbarossa nel 1158 una serie di privilegi ed immunità, in virtù dei quali poteva stipulare contratti con i professori, regolare gli affitti, determinare il tipo di corsi ed il loro contenuto, fissare il periodo di vacanza ed il calendario delle lezioni. i professori, riuniti in una propria associazione, il Collegium Doctorum, avevano il diritto di esaminare e ammettere i candidati al dottorato e di imporre le relative tasse. A Bologna, in particolare, emerse un professore, chiamato Irnerio, vissuto tra il 1055 e il 1130, attorno al quale si raccolsero studenti provenienti da ogni parte d’Europa. All’inizio, prima di finire sotto il controllo della Chiesa (è del 1219 il decreto del Papa che sanciva il principio secondo il quale nessuno poteva essere ammesso alla funzione di docente senza essere esaminato anche dall’Arcidiacono di Bologna), l’università era un’istituzione libera e un centro di cultura autonoma. La struttura di Bologna fu esportata dai suoi ex studenti, divenuti dottori, in molte altre Università dell’Europa del 12° e 14° sec. Perfino in Inghilterra, ad Oxford, si insegnò diritto romano per opera di Vaccario, dottore dell’Università di Bologna, a partire dalla metà del 12° sec, con molto successo. Scuole di giuristi fiorite nelle UNIVERSITÀ. I giuristi che hanno maggiormente contribuito alla rinascita e alla diffusione del diritto romano possono essere riuniti in 4 scuole principali: 1) I Glossatori Glossa significa annotazione interlineare o marginale a un testo della tradizione biblica o giuridica. La glossa però non è solo un‟opera di chiarificazione del testo, svolta con la preoccupazione di restare fedeli al valore dei verba. L‟esegesi analitica dell‟opera dei glossatori fu sempre animata da uno spirito di sintesi. I singoli passi del CJC furono considerati nei loro rapporti reciproci, in riferimento al complesso del sistema giuridico. Nelle loro fila vi sono grandi giuristi quali Irnerio, fondatore della Scuola bolognese, Vaccario, Martino, Bulgaro, Piacentino, Azzone e Accursio. I giuristi bolognesi ebbero sempre l’idea del diritto come complesso unitario e armonico. I principali metodi di cui si avvalevano i glossatori erano: i luoghi paralleli, che mirano a stabilire la connessione fra le fonti e a conciliare le contraddizioni; le quaestiones, che trattavano quesiti che non era possibile regolare sulla base delle norme comprese nel CJC; le summulae, note a margine in cui il glossatore riassumeva il contenuto giuridico di un testo normativo; i tractatus, che mirano a dare ordine a materie le cui disposizioni si trovano sparse in vari luoghi; le summuae, che sono la riunione di più summulae, precedute da un prologo e con un ulteriore aggiunta di elementi; quest’ultimo si svolge per conto suo e raggiunge una trattazione sempre più distaccata dal testo normativo, quasi autonoma. Avevano una concezione autoritaria del diritto romano, che rende il loro atteggiamento simile a quello del teologo di fronte alle scritture, con tutti i limiti necessariamente imposti allo sviluppo creativo e libero della ragione. Le novità della glossa connessa con la premessa autoritaria è lo studio dei testi integri e genuini della codificazione giustinianea e il consolidamento e il rafforzamento del carattere del diritto come manifestazione di autorità. Il rapporto tra diritto romano e diritti locali viene risolto dai glossatori a favore di quello romano, centro ideale intorno al quale devono ruotare le fonti particolari perchè si possa determinare il loro significato ed il loro valore giuridico. Il culmine dell‟opera dei glossatori, ma anche il motivo della crisi del loro metodo, è costituito dalla Magna Glossa o Glossa Ordinaria di Accursio, alla metà del 12° sec, una raccolta di circa 96.000 glosse, opera di semplificazione e punto di arrivo, che, di fatto, sostituisce il Corpus Iuris Civilis, divenendo esso stesso il fulcro di ogni insegnamento (e non più il CJC). Di qui il fenomeno della compenetrazione fra glossa e diritto romano al punto che la recezione del diritto romano in Europa fu, in gran parte, recezione della glossa. lOMoAR cPSD| 10899632 2) I Canonisti Parallelamente all'opera dei glossatori si sviluppa quella dei canonisti. Nel panorama medioevale spicca l‟importanza della Chiesa come istituzione politica forte. La chiesa è custode vigile della tradizione e della cultura che provengono dal mondo romano, come della lingua; si presenta come istituzione gerarchica, dotata precocemente di un‟organizzazione centralizzata ed efficiente, votata per sua natura a una dimensione sopranazionale in un mondo feudale fatto di istituzioni politiche frammentate. Una struttura di questo tipo è coerente con l‟ idea di diritto che si esprimeva nella codificazione giustinianea. I canonisti si segnalano per un lavoro di riorganizzazione delle fonti canoniche, ad opera soprattutto di Graziano da Chiusi, monaco che visse a Bologna e che, a pochi anni dalla morte di Irnerio, fra il 1139 e il 1142, pubblicò la Concordiantia Discordantium Canonum, poi nominato Decretum Magistri Gratiani (1140), la prima consolidazione del diritto della Chiesa che costituisce la base del diritto canonico, via via arricchita dalle successive decretali pontificie, rimasta in vigore fino al primo Codex Iuris Canonici (1917). Deve essere sottolineato il contributo che il diritto della Chiesa dette alla costruzione dello ius commune, la cui recezione fu appunto favorita dalla diffusione del diritto canonico, e alla definizione del processo, di cui i civilisti poco si interessano; nelle corti ecclesiastiche si plasmò il processo caratterizzato da scrittura, segretezza, inquisitorietà, dalla lontananza dei giudici dal fatto per ovviare alla loro debolezza di fronte a pressioni esterne, il processo nella struttura che divenne poi tipica di tutto il continente europeo e che funge da veicolo per la diffusione dello ius commune. 3) I Commentatori Con la scuola dei commentatori, l’approccio al diritto romano cambia: a differenza della glossa, che consisteva in una semplice chiarificazione dei testi, il commento è diretto a mettere in luce il sensus, ovvero il principio giuridico racchiuso nel testo, e a richiamare l’attenzione sulla pratica del diritto. L‟impulso creativo risulta più accentuato e deciso. La novità del commento risalta se viene messa in collegamento con la “tirannia della glossa”; il periodo della decadenza della scienza giuridica fra il 1250 e il 1300 che, per il crollo dei presupposti politici sui quali i glossatori avevano poggiato la propria costruzione intellettuale, scende a soddisfare i bisogni della pratica; la cultura giuridica tende a liberarsi della soggezione alla romanità imperiale. La novità è lo spirito di libertà, non più attaccamento ai testi, ma lettura dei testi per costruire principi giuridici nuovi. Il rapporto tra diritto romano e iura propria viene ribaltato, in modo tale che al primo viene attribuito un carattere semplicemente sussidiario. A dimostrazione di quanto detto, il centro di principale fioritura del commento è la Francia (le Università di Orleans e di Tolosa, soprattutto), caratterizzata da un ordinamento giuridico con vaste aree di prevalenza del diritto consuetudinario sul diritto romano, e conseguente maggiore indipendenza dei giuristi. Sono molti i maestri autorevolissimi del commento: Pierre de Belleperche, Jacques de Révigny, i maestri italiani, Azzone, Cino da Pistoia, Baldo degli Ubaldi e Bartolo da Sassoferrato, che esprimono sulle varie questioni la communis opinio doctorum che, soprattutto quelle di Bartolo e Baldo, dovevano essere seguite in assenza di altra disciplina di legge, sicché l’opera dei giuristi finì per essere rigidamente vincolata dai pronunciamenti autoritari dei loro predecessori. 4) Gli Umanisti La scuola degli umanisti, dei giuristi culti, espresse la reazione all‟ appiattimento provocato dalla communis opinio. Sorta in Francia nel 16° secolo, e in particolare nell‟Università di Bourges, si diffonde in tutta Europa e, attraverso l’Olanda, anche in Sud Africa. Contrapposti ai commentatori, sono caratterizzati da un diverso approccio allo studio del diritto romano. Fra i suoi esponenti di maggior spicco figurano Jacobus Cujacius, Andrea Alciato, Hugo Donellus e Ulrich Zasius, giuristi che si ispirano al cd mos gallicus; il loro obiettivo è di restituire al diritto romano la sua portata autentica e il senso originale, sistemare il diritto romano così ricostruito per estrarre lo spirito e la filosofia, recuperare l’originale eleganza linguistica. L‟importanza di tale scuola sta nell‟aver anticipato l‟idea della codificazione ottocentesca: dato che il CJC era così incrostato di glosse e di interpolazioni che era ormai impensabile il recupero del testo originale, l‟unica soluzione era rappresentata da una nuova codificazione, intesa a disciplinare organicamente materie determinate; questa era l’idea racchiusa nell”Antitribonien (1567) di Francis Hotman. Anche i giuristi tedeschi dei secoli 16°-18°, un‟epoca in cui la Germania continua ad essere profondamente divisa sotto il profilo politico e religioso, subirono l‟influenza degli umanisti ma non rinunciarono ai metodi e ai modelli del mos itallicus jura docendi. Lex mercatoria. Accanto al diritto delle scuole, c’è un’altro diritto che è alle radici del civil law, il diritto dei mercanti (lex mercatoria). Nei grandi centri mercantili italiani dell’epoca, quali, per esempio, Firenze, Venezia, Genova, le corporazioni dei mercanti gettano le basi di un sistema di diritto commerciale terrestre e marittimo -pratiche e consuetudini via via raccolte in “statuta mercatorum”, spesso confermate dal sigillo reale- più aperto alla libertà contrattuale e amministrato da corti speciali secondo procedure meno costose, meno lente e meno complicate della procedura romano-canonica. La lex mercatoria, nata come diritto di una comunità particolare, diviene ben presto un diritto commerciale comune a tutta l’Europa. lOMoAR cPSD| 10899632 Fenomeno della RECEZIONE. Nonostante abbia seriamente rischiato di farlo, il diritto romano non è mai rimasto semplice conoscenza accademica, ma si è saputo calare nella realtà. L”amministrazione della giustizia si tecnicizzò, divenne compito esclusivo dei giuristi colti, formati nelle Università, e quindi nello studio del diritto romano; in tal modo, il diritto insegnato nelle Università cominciò ad esercitare una notevole importanza sulla pratica del diritto. Il diritto romano peraltro, dato che era il miglior diritto esistente secondo il giudizio di autorevoli giuristi, non è mai stato imposto, quanto piuttosto recepito come idea. In tale fenomeno di recezione hanno svolto un ruolo più o meno importante principalmente tre elementi, ovvero le consuetudini (1), la legislazione (2) e la giurisprudenza (3). Ruolo delle Nel fenomeno della recezione del diritto romano un ruolo fondamentale è stato svolto dalle consuetudini (1). consuetudini, la cui difficile affermazione in una realtà socio-economica nuova ha indotto i sovrani a promuovere delle grandi compilazioni del diritto consuetudinario stesso (es. lo Specchio Sassone in Germania e la Siete Partidas della penisola iberica). Tuttavia se tali consuetudini vengono redatte per iscritto ed organizzate in un sistema normativo, questo dovrà sicuramente essere ispirato al modello del diritto romano. Questo delle grandi compilazioni delle consuetudini è uno dei fattori decisivi per la vasta recezione del diritto romano in tutta Europa, compresa la Francia, dove i paesi del Nord erano caratterizzati un droit contumier e il diritto romano aveva un ruolo sussidiario e di arricchimento, soprattutto in settori quali quelli delle obbligazioni, del matrimonio e della filiazione. Accade così che anche sovrani fortemente diffidenti dal vecchio Sacro Romano Impero, quali quello francese o quelli dei paesi nordici, fecero della compilazione scritta delle consuetudini un forte strumento di recezione del diritto romano. Ruolo della Nel fenomeno della recezione il ruolo della legislazione è piuttosto marginale. Essa, infatti, legislazione (2). si occupa quasi esclusivamente di diritto pubblico, dato che, nelle materie privatistiche, il diritto romano rappresenta la risposta più valida e immediata per la regolamentazione dei rapporti. Ruolo della La giurisprudenza, svolgendo un ruolo secondario, ha favorito la recezione del diritto giurisprudenza (3). romano nei seguenti paesi: in Germania, dove la frammentazione politica susseguente alla disgregazione del Sacro Romano Impero ha portato indubbiamente a favorire la recezione del diritto romano (nel ‘700 si contano circa 300 stati sovrani, 39 ancora all’indomani del Congresso di Vienna). Dato che in Germania non vi era un diritto privato comune, non erano presenti né sistemi di corti di diritto comune né fratellanze di giuristi (a differenza della Francia e Inghilterra), e dato che mancavano anche organi centrali amministrativi, capaci di gettare le fondamenta di un diritto tedesco, la giurisprudenza poteva avere una qualche importanza solo a livello locale, non certo a livello nazionale. Tale mancanza ha così portato alla naturale e totale romanizzazione del diritto privato tedesco, di cui la Scuola Storica è stata poi la dimostrazione; per essa, infatti, il diritto romano è da considerarsi parte della civiltà nazionale. nei paesi latini, dove la giurisprudenza, essendo troppo debole, non è mai riuscita ad affermarsi; anche qui la recezione del diritto romano è pressoché totale. A dimostrazione di tale debolezza basta considerare che solo con il 18° secolo i giudici saranno liberi dall’obbligo di seguire la communis opinio doctorum. In sostanza c’è in Europa una giurisprudenza debole, che non è in grado di sottrarsi all’influenza del diritto romano. Fa eccezione la Francia, il primo stato moderno del continente, che, al contrario, crea il vero diritto comune proprio attraverso la giurisprudenza dei suoi Parlaments, che partecipano al governo del Regno e non sono legate nè al diritto comune nè alle consuetudini, che, ricorrendo al concetto di equità, possono temperare il diritto romano. Quindi, il vero diritto comune è dato proprio dalla giurisprudenza dei Parlaments, raccolta in “repertori” fin dal 14° secolo. lOMoAR cPSD| 10899632 Premesse storiche alla CODIFICAZIONE. Come detto, il diritto romano esercita una notevole influenza, particolarmente marcata in Germania e nei paesi latini, ma non si sostituisce mai alle varie fonti locali, come al contrario avvenne per la common law che schiacciò i particolarismi locali e costruì sentenza dopo sentenza un diritto uniforme per tutta l’Inghilterra. Ciò che caratterizza l’organizzazione giuridica europea fino alla Rivoluzione Francese (1789) è la permanenza di una molteplicità di fonti giuridiche - diritti locali, compilazioni delle consuetudini, interventi dei sovrani, norme del diritto comune, diritto canonico, lex mercatoria- che, giusto fino al 1789, permangono in misura maggiore o minore anche nei più compatti e moderni stati assoluti. La caratteristica più saliente di questo periodo è il “particolarismo giuridico”, con quel che ne segue in termini di confusione e contraddittorietà delle norme. La stessa Francia, pur essendo il simbolo dello Stato moderno, vive una situazione di estremo particolarismo giuridico, sia perché i paesi del nord sono maggiormente fedeli al diritto consuetudinario, mentre i paesi del sud al diritto romano, sia perché il diritto è diverso a seconda dell”ordine cui si applica (es. c’è un sistema giuridico per la nobiltà, uno per il clero, uno per il borghese). Emblematica è la situazione in cui versa il diritto penale, dove vi è assoluta mancanza di principi chiari e la pena varia a seconda di chi sia il colpevole, di quale sia il bene danneggiato o di chi sia la vittima del reato; infine vi era grande varietà delle pene e sproporzione tra reato e pena. Una tale situazione di particolarismo e incertezza, per quanto difesa dai valori dell’ancien regime, era fortemente contrastata dalla nascente classe borghese, bisognosa della certezza del diritto. Crisi dei metodi scientifici tradizionali. La scienza giuridica tradizionale, strumento fondamentale per l’evoluzione del diritto comune, non ha più la forza per fornire risposte certe, non riesce più ad adattare l’ordinamento alle mutate circostanze. Crisi della situazione politico-sociale tipica del medioevo. Nel 17° secolo emerge uno Stato assoluto che tende a livellare i particolarismi, accentrato, e a mostrarsi insofferente nei confronti degli organismi autonomi e della molteplicità delle fonti giuridiche. Il sovrano, in particolar modo quello francese, vuole raggiungere la razionalizzazione del sistema giuridico cioè il processo di semplificazione delle fonti e l’autoritaria riconduzione allo stato (ossia al sovrano) dell’intera attività di produzione e applicazione del diritto; per farlo deve necessariamente potenziare non solo l’apparato legislativo, ma anche il controllo dell’amministrazione della giustizia. Proprio a tale scopo, in Francia vengono pubblicate le famose ordinanze di Luigi 14°, con le quali egli sancisce il monopolio della legislazione sul processo (in sostanza si toglie potere ai giuristi in nome della certezza del diritto). In Francia, sin dal 16° sec, emergono alcune caratteristiche: si tende a limitare le autonomie e il potere dei nobili. si tende a costruire uno Stato centralizzato, che abbia una burocrazia ed un’economia nazionale ed un unico corpo di leggi. si critica l’idea umanistica che il diritto romano comune possa essere eterno ma appartiene al passato e, al contrario, si esalta la creazione di un nuovo diritto che si imponga a livello nazionale, più aderente alle caratteristiche dei popoli e dei luoghi. si ha l’affermazione di un ceto potente di giuristi pratici, soprattutto intorno ai Parlaments di Parigi, composto da giuristi di professione vicini al sovrano, e che appare estremamente sensibile al richiamo di un diritto nazionale. Si afferma una nuova scuola del diritto naturale, ovvero il giusnaturalismo (attraverso le opere di Puffendorf, Thomasio, Domat, Potier, Grozio), che si muove in nome della fiducia nella ragione umana e che si basa sul soggettivismo, vede il diritto come una norma umana, sganciata da ogni presupposto oggettivo e manifestazione della ragione. I diritti soggettivi naturali, o innati (proprietà, vita, libertà) sono al centro della preoccupazione dei giusnaturalisti. Tale movimento porta avanti gli ideali di laicità del diritto, la limitatezza del potere sovrano, il ruolo dell’individuo e il principio dell”uguaglianza fra individui e di funzione garantista dello Stato. Si preparano così gli schemi ideali della codificazione ispirata a chiarezza, semplicità, uniformità, certezza. In definitiva si arriva in tempo breve alla CODIFICAZIONE grazie a: movimento rivoluzionario del 1789, movimento giusnaturalista, dottrina della separazione dei poteri, alla fede nel razionalismo, al principio liberalistico e principio nazionalistico, che, in particolare, vede nel sistema giuridico l’espressione di idee nazionali e dell’unità della cultura nazionale. lOMoAR cPSD| 10899632 Sezione II – L’epoca delle codificazioni (1) Code civil Il Code civil del 1804, il primo vero codice dell’età moderna, rappresenta il modello delle codificazioni privatistiche dei sistemi a base romanistica. Tale codice rappresenta una svolta rispetto ai precedenti, des Français non solo perché riformula i rapporti civili con scelte sistematiche, ma anche perché assume il modello del 1804 garantistico a guida di una coerente organizzazione del diritto, segnando così il trionfo dell’ideologia della classe borghese, usciti vittoriosi dalla Rivoluzione. Il Code civil vuol essere un atto di rottura con il passato (art. 7 della legge del 30 ventoso dell’anno 12° abroga tutto il diritto precedente) e costituisce il rifiuto del modo di produrre diritto proprio del droit coutumier: con esso il diritto non provenire più dal basso, ma si pone dall’alto, assumendo il carattere di diritto nazionale unico, completo ed esclusivo. Con il codice quindi, dato che la legge diventa l’unica fonte capace di esprimere la volontà generale e il principe esprime con la legge lo spirito della nazione, si passa dal concetto di droit a quello di loi. Tale codice deve essere considerato come il risultato di vari fattori: la Rivoluzione del 1789, intesa in senso non solo storico-politico ma anche intellettuale. la volontà di Napoleone. una lunga evoluzione, sintesi dell’esperienza germanica (pays de droit contumier) del nord e di quella romana (pays de droit écrit) del sud. l’esigenza, presente sin dal 1454 (ordinanza di Montils les Tours) di creare un diritto consuetudinario francese comune attraverso la redazione delle consuetudini. la presenza di un ceto di giuristi potente e rispettato. una dottrina dotata di grande prestigio, che coltivò a lungo l’idea di unità di fondo del diritto francese, rendendo così possibile l’opera di codificazione. La Rivoluzione e il droit intermediare Tra la 1° riunione dell’Assemblea nazionale (1789) e la presa del potere di Napoleone (1799), in Francia si impose un diritto rivoluzionario, noto con l’espressione di diritto intermedio, che sconvolse l’ancien regime, sostituendovi la concezione di una società illuminata centrata sull’individuo (diritto alla libertà di pensiero, di credo, di attività economica) e sullo stato (che ha il dovere di liberare i cittadini dai vincoli posti dalle autorità feudali, ecclesiastiche, familiari al fine di concedere gli stessi diritti a tutti). Contemporaneamente l’impulso dato alla codificazione, che l’Assemblea costituente aveva annoverato fra i suoi espliciti obiettivi, produsse 3 progetti: 1. un primo progetto fu predisposto da Cambacérès (1793), ma fu respinto perché considerato troppo complesso, in quanto composto da 697 articoli. 2. un secondo progetto (1794), formato da 297 articoli, fu respinto perché troppo sintetico. 3. un terzo progetto fu ripresentato da Cambacérès nel 1799, ma le discussioni su di esso furono interrotte dalla presa del potere da parte di Napoleone. L’impulso di Napoleone alla codificazione Napoleone nominò subito una nuova commissione composta da 4 membri (2 rappresentanti dei paesi del nord e 2 rappresentanti dei paesi del sud), che in soli 4 mesi terminò i lavori. Il progetto, tuttavia, doveva essere approvato da vari organi, tra i quali il Tribunato che, essendo ostile a Napoleone, respinse il progetto. Nel 1803, invece, in seguito al rinnovamento della composizione del Tribunato, il progetto fu approvato, con 36 atti normativi riuniti in una sola legge il 31 marzo del 1804 sotto il nome di “Code Civil des Français”, che entrò in vigore il 1 gennaio 1806. Tale progetto era una , caratterizzata da 3 elementi principali: un potere politico deciso a volere la codificazione. una scelta favorevole a regole di ampio respiro, a carattere non casistico, non frammentario e non provvisorio. una matura elaborazione di queste regole ad opera della dottrina. Stile e struttura. Il Code civil è redatto in uno stile semplice ed elegante, in teoria per poter essere compreso anche dal non giurista, elemento questo che ha fortemente contribuito alla sua ampia circolazione. Lo stile utilizzato influenza anche il modo in cui la norma è formulata: essa si colloca a metà tra i principi generali e le regole casistiche, di dettaglio, che lascia a “leggi speciali o atti amministrativi generali”. Per quanto riguarda la struttura, si compone di 2281 articoli, distribuiti in titolo introduttivo e 3 libri: titolo introduttivo, di soli 6 articoli, le cui norme principali sono: o art. 4, che dispone il divieto di non liquet (divieto di non giudicare). Il giudice infatti deve sapersi muovere nelle regole poste dal legislatore, e deve sempre decidere la controversia; non si trovano specifiche norme dei criteri che devono essere seguiti nel ricercare la soluzione concreta ma si ritiene pacifico che il giudice si avvalga dei canoni dell’interpretazione letterale, logica, analogica e teleologica. o art. 5, che, vietando al giudice di sostituirsi al legislatore, vieta anche di risolvere le controversie sulla base di decisioni precedenti. Tale articolo, quindi, pone il principio che le sentenze del giudice non possono avere effetti al di là dei casi in cui sono rese. lOMoAR cPSD| 10899632 1. primo libro, dedicato alle persone, in cui si segnala in particolare l’art. 8, secondo il quale il titolare dei diritti civili è “tout français”, elemento questo che sottolinea il forte carattere nazionale della codificazione. L’altra importante riflessione contenuta nel primo libro è quella relativa alla centralità dell’individuo: fra questo e lo Stato non risulta esserci più posto per gruppi intermedi, eccezion fatta per la famiglia, quella patriarcale. 2. secondo libro, che ruota intorno ai beni e al dogma della proprietà (art. 544 “la proprietà è il diritto di godere e disporre delle cose nella maniera più assoluta”), il valore cardine della nascente classe borghese vittoriosa sull’ancien regime, con la previsione di diritti reali a numero chiuso. 3. terzo libro, che contiene la disciplina assai poco omogenea di istituiti che sarebbero collegabili dal fatto di essere diversi modi di acquisto della proprietà. I pilastri del terzo libro sono il dogma della libertà contrattuale e i 5 articoli relativi alla responsabilità da atto illecito. Processo di adeguamento del Codice. Il Code civil, presenta come l’archetipo dei codici borghesi del 19° secolo, riflette la struttura economica e sociale del suo tempo (es. manca una disciplina del rapporto di lavoro, il diritto di famiglia ruota intorno alla figura del padre/marito). Come può dunque sopravvivere un codice entrato in vigore 2 secoli fa? Partendo dal presupposto che il Code civil costituisce un monumento della cultura giuridica francese, qualche tentativo di riforma è stato fatto, ma è sempre fallito. Molti, invece, sono stati gli interventi adeguatori, che hanno permesso al codice di rimanere, almeno in parte, al passo con i tempi. Tali interventi sono stati operati: dal legislatore, che è intervenuto in particolare sul diritto di famiglia, riformato per rispondere alle esigenze prospettate dal nuovo ruolo della donna, e sul diritto dei contratti, limitato fortemente nella sua autonomia. dalla giurisprudenza, che ha contribuito ad adeguare le norme del Code civil alle nuove esigenze attraverso un’interpretazione evolutiva favorita dal particolare livello semantico di alcune disposizioni del codice, come i 5 articoli relativi alla disciplina dell”illecito civile, ossia il principio della colpa. Le norme sulla responsabilità extracontrattuale hanno subito solo modifiche insignificanti, tuttavia, sebbene la facciata del codice sia rimasta quella che era, la prassi ha operato in modo profondamente diverso relativamente alla disciplina della responsabilità. Sull’esempio della cultura del common law, troviamo dunque una giurisprudenza , che, sfruttando gli spazi lasciati aperti dal legislatore, ha superato il criterio tradizionale della colpa. dalla dottrina, che ha contribuito in maniera crescente all’adeguamento del codice. Nei primi decenni successivi alla sua entrata in vigore, la dottrina visse un periodo poco fertile, dominato dalla scuola dell’exégèse, in cui si limitò ad effettuare, appunto, un’esegesi grammaticale e logica del testo legislativo e ad ignorare le decisioni giudiziarie. Nonostante i dettami di questa scuola, tuttavia, la realtà era diversa, e dunque i giudici e la dottrina dovevano comunque provvedere a colmare le lacune che, a prescindere da quanto veniva dichiarato, erano presenti. Verso la fine del 19°, infine, il quadro mutò: l’esegesi non era più in grado di fornire ai giudici gli strumenti sufficienti a far evolvere il Code, e dunque si sviluppò una nuova scuola, quella della libera ricerca scientifica, che favoriva un’interpretazione che tenesse conto delle esigenze di una società in continua trasformazione. La diffusione del modello del Code civil. Il Code Civil ha avuto una larghissima circolazione e diffusione. Così come accadde per il diritto romano, anche il Code civil, pur avendo inizialmente conosciuto una diffusione ratione auctoritatis, deve la sua diffusione all’auctoritatis ratione. Esempi di tale diffusione: il Belgio, che, pur con modifiche e differenti interpretazioni, ha mantenuto il modello francese anche dopo l’indipendenza ottenuta nel 1830. l’Olanda, che ha visto l’affermazione del modello francese fino alla approvazione del nuovo codice civile. l’Italia, il modello a cui fortemente si ispira il codice del 1865 è quello francese. la Spagna, che ha visto l’affermazione del modello francese nonostante la forte imposizione delle consuetudini locali, che in molteplici materie sovrastavano il codice. il Portogallo, dove il modello francese ha resistito fino al nuovo codice, principalmente di matrice svizzera. i paesi del centro e del sud America: i codici di Bolivia e Messico sono per larghi tratti mere traduzioni del testo francese, mentre di quelli di Cile e Argentina, pur basandosi sul modello francese, sono caratterizzati da una buona dose di originalità. la Louisiana e il Quebec, dove, nonostante la forte influenza della common law, resiste l’impostazione francese, la cui portata, tuttavia, è attualmente di difficile identificazione. i paesi africani e asiatici colonizzati dalla Francia e l’Egitto, nonostante non sia stato dominato dalla Francia. lOMoAR cPSD| 10899632 (2) Codice Gli Stati tedeschi portano al fenomeno della codificazione un contributo perfettamente autonomo, che non sfocia mai, come in Francia, nella rivoluzione. civile La prima esperienza codicistica, denominata ALR, è quella prussiana del 1794 che si presenta nei suoi prussiano 17.000 articoli in maniera molto differente dal Code civil: il codice prussiano, infatti, si segnala come il del 1794: prodotto più genuino del diritto della ragione e, cercando di prendere in esame TUTTE le fattispecie possibili, pretende di disciplinare non solo la materia civilistica del diritto privato, ma anche il diritto ALR costituzionale ed ecclesiastico. Correvano ancora i primi anni del 18° secolo quando Federico 2° tentò di dare vita ad un progetto di codificazione che dovette poi abbandonare forzosamente a causa dello scoppio della guerra dei 30’anni. Si deve così attendere il 1780 perché il cancelliere Von Carmer dia inizio a quel progetto di codice che, dopo 14 anni di rielaborazioni, sfocerà nell’ALR (1794), sotto l’Imperatore Federico Guglielmo 2°. Il Codice civile prussiano, dominato dai principi di chiarezza e completezza, può essere definito come la traduzione prussiana del tardo assolutismo illuminato europeo. Tale codice consta di 3 parti: l’Introduzione, contenente norme generali di più evidente matrice giusnaturalista, la prima parte, relativa ai diritti reali, la seconda parte, relativa alle associazioni. I limiti sono: la sua acritica fede nella ragione, la sua sfiducia nei confronti dell’autoresponsabilità dei cittadini, la sua visione ormai superata della realtà, la fede nella possibilità di un diritto perfettamente giusto, la presunzione di poter regolare TUTTI i possibili rapporti intersoggettivi e, soprattutto, la sua accozzaglia disomogenea di materie; si è discusso se sia veramente possibile collocare l’ALR tra i codici ottocenteschi o se, invece, sia maggiormente corretto collocarlo fra le raccolte di leggi del ‘700. Dobbiamo tuttavia constatare che la buona formulazione, il buon collegamento e la concisione lo avvicinano molto alle codificazioni moderne. Accanto a tutto questo dobbiamo poi riconoscere il fatto che, nonostante tale opera sia di sicura ispirazione giusnaturalista, sono ancora pesanti le incrostazioni feudali (es. il riconoscimento dei diritto a seconda del ceto cui il soggetto appartiene). Alla luce di quanto detto, comunque, è evidente che il Codice prussiano ebbe un’influenza molto inferiore ai suoi meriti ed al suo valore intrinseco: l’ALR ebbe infatti vita breve, in quanto fu sostituito dal BGB, e diffusione modesta, dato che al di fuori dei confini prussiani era costretto a soccombere di fronte ai ben più solidi modelli francese e austriaco. Dato infine che l’ALR aveva voluto consapevolmente ridurre la dottrina e la giurisprudenza a semplici guardiani di legge, la scienza giuridica, in particolare la Scuola Storica, attaccò i codici illuministici come questo e Savigny lo definì nel 1816 “per forma e contenuto un mucchio di spazzatura”. (3) Codice Anche in Austria la codificazione trova le sue origini nel giusnaturalismo razionalista dei sovrani illuminati. La prima commissione venne incaricata da Maria Teresa d’Austria, che regnò dal 1740 al civile 1780, che impartì l’ordine di tener conto sia del diritto romano che del diritto della ragione, in modo tale da austriaco del unificare il soggetto del diritto. Nacque così, dopo un primo rifiuto della stessa Maria Teresa del Codice 1811: Theresianuse ed il susseguente incarico di una nuova commissione, il primo progetto, detto Codice Giuseppino. A questo, nel 1796, fece seguito il Codice di Von Martini che dapprima fu promulgato in via ABGB sperimentale in Galizia. Forte dei risultati ottenuti durante la sperimentazione, una commissione finale dette vita nel giugno del 1811, dopo ben 3 riesaminazioni, al. Si tratta di un codice ovviamente diverso da quello francese, ma ad esso molto legato dal principio di statalismo e dalla vocazione liberale, nonché dall’ideologia garantista, esposta a partire dal Preambolo, dove lo stesso Imperatore Francesco I° impone il rispetto del nuovo testo. Possiamo poi riconoscere una marcata matrice kantiana, in particolar modo dove si afferma l’uguaglianza dei cittadini tra di loro e nei confronti dello Stato. 4 i riferimenti che possiamo fare per evidenziare il richiamo al giusnaturalismo: per colmare le lacune legislative, dopo l’analogia, il codice consente il ricorso ai principi del diritto naturale. il legislatore ha voluto categoricamente escludere la consuetudine dalle fonti del diritto. il legislatore riconosce all’uomo una serie di diritti innati. il legislatore attribuisce un rilievo assoluto al diritto di proprietà. L’ABGB si compone di 1502 articoli; è breve rispetto ai 2281 art del Code Civile e ai 2385 art del Codice tedesco, è chiaro e intelleggibile; la brevità è causa di lacune, che verrano colmate negli anni successivi da 3 Novelle del 1914-1916, influenzate dal diritto tedesco; è suddiviso in 3 parti: anticipate da un’Introduzione, la prima dedicata al Diritto delle persone, la seconda ai Diritti sulle cose, la terza alle Disposizioni comuni (es. la Costituzione, la modificazione e l’estinzione dei diritti e degli obblighi). È tuttavia doveroso ricordare che il codice austriaco dimostra uno stridente contrasto con la realtà sociale austriaca del 1811: nonostante venga riconosciuta la libertà della persona come diritto innato, fino al 1848 persiste la servitù della gleba. lOMoAR cPSD| 10899632 nonostante venga stabilito il principio per cui i rapporti tra proprietari terrieri sono regolati dalle disposizioni di legge, sono ancora riscontrabili molti privilegi feudali. Sebbene l’ondata rivoluzionaria del 1848 intervenga per sedare queste contraddizioni, essa causa anche una serie di passi indietro, specialmente in materia familiare, dove il matrimonio dei cattolici torna sotto al regime del diritto canonico e le relative controversie ai tribunali ecclesiastici, e in materia di istruzione, che viene sottomessa al controllo ecclesiastico. L’influenza di questo Codice all’estero è veramente minima e si limita al Centro Europa, ai Balcani ed al Lombardo Veneto, dove resta in vigore fino all’unità d’Italia. (4) Codice La Germania, nel 1815, anche all’indomani del Congresso di Vienna, conserva ancora le sue caratteristiche medievali che ostacolano la rielaborazione delle consuetudini e, di conseguenza, la graduale civile tedesco costruzione di un diritto privato tedesco: del 1900: il potere imperiale, ancora debole, comporta che la Germania sia ancora divisa in 39 stati sovrani. BGB il diritto romano costituisce in molti Stati una delle fonti principali. non esiste una giustizia regia forte, dato la mancanza di una corte superiore con poteri effettivi e penetranti. La funzione unificante, dunque, è riscontrabile nella sola dottrina, spinta dall’ideale dell’unità culturale giuridica tedesca. Non a caso infatti, la scienza giuridica, svolge un ruolo di primaria importanza, preparando ed anticipando la codificazione tedesca. La “scienza giuridica”: Scuola Storica e Pandettistica. Secondo la nuova idea romantica, il vero diritto non è il prodotto di una legislazione nazionale (nozione illuministica), ma è il diritto consuetudinario, i cui portatori il popolo e, come suoi rappresentanti, i giuristi. Questa è la radice della Scuola storica, il cui fondatore, Savigny, in polemica con Thibaut, sosteneva che il diritto non potesse essere cristallizzato nelle formule di un codice, data la sua natura fortemente mutevole, prodotta dal Volksgeist, ovvero dallo spirito del popolo. Oltre alle consuetudini, a cui attribuisce il ruolo di fonte primaria, per la Scuola storica assumeva un’importanza fondamentale il diritto romano, in particolare quello di fonte giustinianea. Tale diritto era visto come espressione di un mondo spirituale e concettuale superiore, suscettibile di essere eterno e adottato come modello vigente, una volta riordinato in maniera sistematica e dogmatica. Lo sforzo di elaborare un ordine fu compiuto soprattutto dai successori di Savigny, ossia, ad esempio, da Puchta e da Windscheid, esponenti della nuova Scuola Pandettistica, che aveva come unico obiettivo. Il giurista tedesco, essendo tenuto non tanto a creare regole giuridiche, quanto piuttosto a predisporre gli strumenti di conoscenza del diritto, seguiva un metodo che si ispirava alla matematica e ad altre scienze esatte: concettuale: identificazione dell’elemento concettuale costitutivo, in presenza del quale le ipotesi da considerarsi rientrano nella categoria oggetto di definizione e viceversa. dogmatico: i concetti definiti non ammettono eccezioni ma solo dogmi. sistematico: in presenza di più definizioni, la più corretta è quella che si armonizza bene con le altre del sistema (principio della coerenza). Il giurista tedesco, dunque, muovendo dal Corpus iuris civilis lacunoso ed oscuro, razionalizza ed esplica i concetti in esso contenuti e ne deduce le regole pratiche, esprimendosi in un linguaggio scientifico e ricco di neologismi. Processo di codificazione. L’unificazione politica nel Reich del 1870 costituisce il presupposto politico che conduce la Germania alla codificazione. Dopo un lungo lavoro progettuale di due successive commissioni il Codice civile tedesco fu promulgato nel 1896, entrando poi in vigore il 1 gennaio del 1900. Esso è il frutto maturo della pandettistica tedesca e comprende alcune “clausole generali” che rinviano ai buoni costumi, alla buona fede, ecc di maggiore apertura sociale. Il BGB, composto da 2385 articoli, si suddivide in 5 libri: 1. la Parte generale contiene i caratteri concettuali comuni dei rapporti giuridici. Il senso è che le norme comuni a tutte le relazioni giuridiche devono essere fissate una sola volta. I libri da 2 a 5, tuttavia, contengono un numero considerevole di eccezioni a tali regole generali. In questa prima parte, comunque, consacrazione della dottrina pandettistica tedesca, si trovano le norme generali sulle persone, fisiche e giuridiche, alcune definizioni riguardanti i beni e il concetto di negozio giuridico, culmine dell’astrattezza del BGB (concetto amplissimo in cui rientra tutto, dal contratto, al matrimonio, al testamento). 2. il secondo libro, sulle obbligazioni, concerne i rapporti obbligatori, e pertanto la disciplina dei contratti e quelle delle obbligazioni nascenti da atto illecito, distaccandosi vistosamente dal Code Civil francese. 3. il terzo libro è dedicato ai diritti sui beni e contiene la disciplina dei diritti reali e della proprietà, ancora solidamente ancorata alla concezione individualistica. 4. il quarto libro disciplina il diritto di famiglia, ispirato alla concezioni conservatrice e patriarcale analoga a quella del Code civil (forte subordinazione della donna e netta discriminazione tra figli legittimi e naturali). lOMoAR cPSD| 10899632 5. il quinto libro regola le successioni. Filosofia del BGB. Il BGB, codice fortemente conservatore, rappresenta un mondo in via di dissoluzione. Il fatto che non attribuisca alcun compito sociale al diritto privato si riflette su vari ambiti, dalla struttura patriarcale della famiglia al rapporto di lavoro ignaro del sindacalismo, dal controllo sociale del privato allo sfavore nei confronti dei gruppi intermedi, forze capaci di indebolire l’autorità sociale. Il BGB aspira a prospettare un sistema chiuso, caratterizzato da: definitività, in quanto la costruzione dogmatica si avvale di concetti immutabili e conclusivi. completezza, in quanto si nega che possano esistere lacune. esclusività, in quanto l’interprete può riferirsi a precetti diversi dalla legge in casi tassativi. Questi elementi comportano l’esclusione della consuetudine e il primato assoluto della legge, una drastica identificazione fra diritto e legge, non più intesa in senso illuministico ma come manifestazione della ragione dello Stato. La valvola di sfogo di questo sistema è costituita dalle Generalklausen, le clausole generali che sono direttive, indirizzate al giudice al fine di vincolarlo al principio generale lì espresso e, al tempo stesso, di renderlo più libero. Con il rinvio a tali clausole (es. buona fede, buoni costumi, usi del traffico, giusta causa, sproporzione), il legislatore ha reso la sua opera più adattabile ai mutamenti e più duratura di quanto avrebbe potuto prevedere. Le clausole generali, tuttavia, nascondono un pericolo: nel caso si allenti l’apparato dogmatico, infatti, potrebbe presentarsi il rischio della , facile in periodi di dittature o di crisi dello Stato di diritto. Evoluzione del diritto tedesco dopo la codificazione. Pur essendo stato il baluardo borghese del 19° secolo piuttosto che il preludio del 20° secolo, il BGB, dopo aver attraversato le più svariati vicissitudini politiche, è arrivato fino ai giorni nostri. Fino al 1918 è rimasto pressoché intatto, coerentemente alla prassi tipica dei periodi appena successivi alle codificazioni, ovvero quelli dominati dal positivismo, dalla teoria pura del diritto e dalla stretta aderenza al testo del codice. Il periodo della Repubblica di Weimar, dal 1918-20 fino alla nomina di Hitler come Cancelliere nel 1933, è stato caratterizzato da profondi interventi di modifica, sia del legislatore (ha dovuto mettere mano, da un lato, alla materia del diritto del lavoro, intervenendo a tutela dei lavoratori, e dall’altro alla disciplina della proprietà privata, passando da una protezione completa del titolare alla concezione ) che della giurisprudenza (ha fatto largo uso delle clausole generali per adeguare il codice alle mutate condizioni economiche e sociali). Con il nazionalsocialismo, un movimento totalitario, razzista e rivoluzionario, tali elementi ebbero una forte ripercussione sulla sfera giuridica, anche se occorre distinguere tra i propositi giuridici del nazismo e la loro concreta traduzione in diritto positivo. Il nazismo, infatti, non è riuscito in 12 anni a distruggere completamente il BGB, che di fatto è uscito vittorioso dagli anni più bui della storia tedesca. Possiamo comunque individuare quelli che furono gli elementi giuridici più caratteristici del regime nazista: l’espansione dell’ideale secondo cui il diritto non può che essere un mezzo di salvaguardia, di garanzia e di sviluppo della comunità razziale del popolo. la nuova teoria delle fonti del diritto che, mentre da un lato rifiuta la preminenza della legge, dall’altro riconosce nel Fuhrer quel soggetto che proclama il diritto nascente dalla nuova , costituita dalla razza e dall’appartenenza al popolo tedesco. le leggi razziali di Norimberga del 1935, che furono il vero manifesto normativo del movimento nazista. la giurisprudenza che, nonostante una latente opposizione, tende ad un atteggiamento di compromesso con il regime e comincia ad interpretare le clausole generali in chiave fortemente nazionalsocialista. Diritto tedesco nel 2° dopoguerra La Costituzione del 1949 costituisce il principale motivo ispiratore della riforma del diritto tedesco. 2 elementi assumono un’importanza preminente: l’intervento del legislatore, caratterizzato da una forte apertura sociale e da uno spirito egualitario, liberale e umanitario. Un’importante riforma del 2002 ha sostanzialmente riscritto per intero il libro 2, concernente la materia delle obbligazioni, in modo da tale da dare luce ad un tessuto normativo maggiormente adeguato ai tempi. il ruolo determinante assunto dalla Corte costituzionale federale che, garantendo il rispetto dei principi fondamentali della Costituzione e dei diritti dell’individuo, contribuisce non poco al ringiovanimento dell’impianto giuridico tedesco. Diffusione del modello del BGB. La diffusione del BGB è stata modesta e limitata nel tempo, eccezion fatta per la pesante influenza che il testo giuridico tedesco ha avuto in Grecia. Questo non deve certo sembrarci strano, dato che durante tutta la dominazione bizantina il diritto praticato in Grecia è stato quello romanico bizantino. L’attuale codice civile greco, quindi, data la sua evoluzione storica, la sua sistematicità e il suo contenuto, può essere senza dubbio considerato come appartenente ai sistemi germanici. lOMoAR cPSD| 10899632 (5) Codice Nel 18° secolo il diritto elvetico consisteva essenzialmente nelle consuetudini di origine germanica che gli venivano dall’essere stato nell’orbita del Sacro Romano Impero. Quando con le conquiste di Napoleone civile venne a formarsi uno stato unitario, cominciò a prospettarsi l’ipotesi di un diritto privato unitario, svizzero del tuttavia, in seguito al Congresso di Vienna, si creò un sistema federale in cui ciascun cantone manteneva 1912: la propria indipendenza e autonomia. L’ideale illuministico della codificazione, tuttavia, aveva ormai preso piede e, a prescindere dalle divisioni politiche, i cantoni svizzeri decisero, uno dopo l’altro, di introdurre ZGB un proprio codice civile. Sorsero però delle divisioni circa il modello da seguire: nella zona meridionale ed occidentale fu seguito il Code civil, nella zona centrale fu seguito il modello austriaco, nel cantone di Zurigo, fu promulgato un codice redatto da giuristi locali formati presso la Scuola storica di Savigny. Codificazione svizzera. Per quanto la Svizzera tenesse al suo isolamento, intorno alla metà del 19° secolo si cominciò ad avvertire l’esigenza di rendere unitario il sistema, al fine di risolvere il problema della frammentarietà del diritto, elemento grave in un’epoca di grandi trasformazioni economiche e sociali. Il cammino verso un codice unitario si svolse attraverso alcune tappe importanti: nel 1848 la Confederazione raggiunse l’integrazione nazionale. nel 1874 entrò in vigore la costituzione federale, con la quale si ampliavano i poteri centrali. nel 1881 entrò in vigore una codificazione unitaria del diritto delle obbligazioni (OR). nel 1898 una modifica costituzionale estese la potestà legislativa della Federazione a tutto il diritto civile. Solo la procedura civile rimase di competenza cantonale, tale rimase fino al 2009. Il protagonista assoluto della codificazione svizzera fu Eugen Huber, professore a Basilea, la cui personalità dominò tutto il lavoro di preparazione e di redazione. Huber, in seguito ad una ricognizione del diritto civile dei vari cantoni, nel 1894 fu incaricato di preparare un progetto; nel 1900 era già pronto per essere sottoposto ad una valutazione. Tale progetto, lo ZGB, fu approvato ed entrò in vigore nel 1912. Struttura e caratteristiche del ZGB. Lo ZGB, dal momento che rifiuta il modello romanistico ed eccessivamente dotto del BGB, utilizza uno stile che tende a seguire la lingua comune, ad evitare l’uso eccessivo di termini tecnici e a non ricorrere troppo spesso ai rinvii tra i vari articoli. Tale Codice, composto da 1600 paragrafi (a differenza dei 2385 del BGB), oltre che da una breve introduzione di 10 paragrafi, è composto da 4 libri (diritto delle persone, di famiglia, delle successioni, diritti reali), a cui si aggiunge un 5, l’OR, il diritto delle obbligazioni. Tra le caratteristiche dello ZGB spicca la , in quanto si presuppone che spetti al giudice elaborare la regola da applicare, seguendo comunque le linee tracciate dal codice. Anche lo ZGB, come il BGB, fa leva su “clausole generali”, ma diversamente dal BGB, in questo caso il legislatore attribuisce espressamente un ruolo centrale alla giurisprudenza, che è chiamata a svolgere una decisiva funzione di integrazione del diritto codicistico, ponendo l’accento sul carattere popolare del diritto svizzero: è evidente una nuova impostazione antidogmatica e antipositivista del rapporto tra giudice e legislatore (art 1 comma 2°:“ nei casi non previsti dalla legge il giudice decide secondo la consuetudine e, in difetto di questa, secondo la regola che egli adotterebbe come legislatore”). Il fatto, tuttavia, che tale impostazione non sia stata utilizzata di frequente mostra sia l’irresistibile declino del diritto consuetudinario, sia la propensione dei giudici di civil law ad integrare le lacune mediante l’analogia e l’interpretazione estensiva, piuttosto che mediante a libera ricerca della soluzione più adatta. Successo e diffusione dello ZGB. Occorre ricordare due dei vari giudizi positivi che sono stati dati allo ZGB: per Zweigert e Kotz il successo dello ZGB e la sua ampia diffusione sono attribuibili a molteplici fattori: la modernità delle soluzioni adottare, l’equilibrio tra il difficile concettualismo del BGB e l’apparente chiarezza del Code civil e il riconoscimento del potere creativo della giurisprudenza. Tali caratteristiche portano i due autori ad auspicare che lo ZGB possa essere preso a modello per un futuro codice europeo di diritto privato. per Wieacker la codificazione svizzera ha il merito di essersi imposta più del BGB all’attenzione degli stati desiderosi di riforme. Tale successo è misurabile dal fatto che tutti gli ordinamenti nei quali si è proceduto a codificare dopo l’entrata in vigore dello ZGB ne hanno tenuto conto. Un esempio, al riguardo, è dato dalla Turchia, che si è rivolta al modello svizzero quando ha voluto adottare un codice per modernizzare il proprio diritto durante la rivoluzione culturale guidata da Ataturk. Il Codice civile turco del 1926, ricalcando lo ZGB, ha portato alla laicizzazione del diritto della Turchia. (6) Dopo la Restaurazione, grossa parte degli Stati preunitari adottarono dei codici civili fortemente ispirati al Code civil, eccezion fatta per il Lombardo Veneto, a cui venne esteso l’ABGB austriaco, e per lo Stato Codificazioni Pontificio e la Toscana, in cui continuava a vigere il diritto comune. italiane All’unificazione politica doveva assolutamente seguire anche l’unificazione legislativa, compito che non fu molto difficile, in quanto la disciplina giuridica era all’epoca pressoché omogenea in tutto il Paese e il Codice del Code civil rappresentava un valido esempio cui ispirarsi, la diffusione del modello francese in Italia 1865. prepara il terreno alla rapida codificazione del 1865, da un lato, per la sua origine romanistica e, dall’altro, gli ideali del codice ben si sposavano con le idee della borghesia della penisola che costituiva il fulcro della società. L’unificazione italiana, inoltre, era stata possibile proprio grazie all’aiuto dei francesi contro i nemici austriaci, il cui codice di conseguenza, era visto con diffidenza. Il Codice civile del 1865 è filiazione diretta del codice napoleonico, che per larghi tratti si presenta come lOMoAR cPSD| 10899632 una mera traduzione del Code Civil, presenta come fulcro centrale il concetto dell’individualismo. I divieti e gli obblighi che sono stabiliti nel codice, infatti, non sono volti a soddisfare interessi collettivi, quanto piuttosto a consentire che la libertà dell’uno coesista con quella dell’altro. Ci sono alcune caratteristiche del nostro codice che concorrono a differenziarlo dal testo francese: si fa espressamente riferimento alla possibilità di colmare le lacune attraverso l’analogia ed i principi generali, mentre il Code Napoleon tace completamente l’argomento. si apre la possibilità di attribuire personalità giuridica anche agli enti morali. si amplia l’esercizio dei diritti civili anche allo straniero, senza condizioni di reciprocità. si stabilisce l’indissolubilità del matrimonio. Per quanto concerne la struttura, il Codice civile viene suddiviso in 3 libri: 1. il primo dedicato alle persone. 2. il secondo dedicato ai beni, alla proprietà ed alle sue modificazioni. 3. il terzo dedicato ai modi di acquistare e di trasmettere la proprietà e gli altri diritti sulle cose. È piuttosto comprensibile che non si faccia alcun riferimento al diritto del lavoro, dato che, in un’Italia in cui la rivoluzione industriale è ancora agli albori (1865), non appare necessario. Codice del Il Codice del 1865, pur presentando tutte le caratteristiche di un codice astratto e quindi predisposto alla longevità, non riesce a sopravvivere alla trasformazione economica e politica che investe l’Italia unificata 1942 negli ultimi anni del 19° secolo. Se in risposta alle nuove necessità economiche del Paese qualcosa riesce a fare il codice di commercio del 1882, grossi problemi persistono invece sul piano sociale. Questo è il motivo per cui nel 1923 il Governo delega una commissione per la risistemazione dei primi 3 libri del codice e parallelamente una commissione mista italo-francese si propone di realizzare una legislazione uniforme per i 2 paesi in materia di obbligazioni e contratti, senza peraltro ottenere alcun tipo di risultato. I primi 2 libri del Codice, rispettivamente e furono promulgati nel 1939 e nel 1940, mettendo in evidenza: un”impostazione tradizionalista dell”istituto familiare, con una larga possibilità di intervento dello Stato sia sotto il profilo patrimoniale che sotto quello dei rapporti personali; innovative furono la disciplina delle associazioni e fondazioni e la disciplina dei diritti della personalità (destinata a produrre i suoi migliori frutti dopo la caduta del fascismo); un”impostazione altrettanto tradizionalista della materia successoria, con la riscoperta di anacronistici istituti, anche se in questa materia è difficile innovare se ci si tiene agganciati al principio della trasmissione dei beni mortis causa e della efficacia della volontà privata del testatore. I giuristi che misero a punto il nuovo testo riuscirono a conservare quella “neutralità del giurista” che ha permesso al codice stesso di salvarsi nel post-regime fascista; le concessioni al regime furono sostanzialmente verbali sicché, con un lavoro non troppo complesso, non fu troppo difficile ripulire il codice di molte delle sue incrostazione fasciste. Tanto più che il vero manifesto fascista risultò essere la Carta del Lavoro, un”enfatica ma vuota petizione di principio, che i giuristi si sono rifiutati di codificare. La maggiore innovazione del nuovo codice civile è rappresentata dall”UNIFICAZIONE DEL DIRITTO PRIVATO, che ha permesso di estendere a tutti i rapporti le regole esclusive del commercio. Alla sua promulgazione il Codice del 1942 si presenta così suddiviso in 6 libri, con un totale di 2969 art: 1. 2. 3. , il 3° libro, che, a livello concettuale, risulta essere il più distante dal Code Civil: la proprietà è percepita in funzione della persecuzione di un interesse pubblico e non più come un diritto assoluto, si elencano i limiti del proprietario e i suoi obblighi. 4. , il 4° e più ampio libro, dedicato al rapporto obbligatorio in generale ed alle fonti di obbligazione. 5. , il 5° e più innovativo, ma anche quello più colpito dall’impostazione del regime. 6.. Possiamo sostenere che il Codice civile del 1942 non rappresenti una svolta epocale paragonabile a quella del codice napoleonico. Il nostro codice, infatti, nasce in un periodo in cui le vecchie idee sono ormai superate e quelle nuove non sono ancora mature per essere codificate. Fin dalla sua nascita, quindi, il codice ha dovuto fare i conti con quel processo irreversibile di “DECODIFICAZIONE” che vede come suoi fattori principali: 1. la Costituzione del 1948 (la sua entrata in vigore ha portato nuova linfa alla legislazione speciale, in quanto le ha attribuito il potere di intervenire per dare effettività a grosse parti del testo costituzionale, che nel codice non trovavano spazio) 2. la giurisprudenza (che ha svolto un ruolo fondamentale, in particolare la Corte costituzionale. Esempi sono: il riconoscimento del danno biologico, che supera una concezione patrimonialistica; il riconoscimento del danno esistenziale, che estende l’invocazione del danno a situazioni a contenuto non patrimoniale e prive di contenuto medicalmente rilevante; il riconoscimento della risarcibilità dei danni agli interessi legittimi, con la conseguente eliminazione dell’immunità della PA, indispensabile alla luce del diritto comunitario) 3. la legislazione speciale (è lo stesso codice ad attribuire un ampio rilievo alla legislazione speciale, portatrice di autonomi principi regolatori). lOMoAR cPSD| 10899632 Sezione III – Le fonti del diritto Premessa. La nozione di norma giuridica. Il Codice rappresenta una rottura con il passato (determina la fine della vicenda plurisecolare del dottrinato, che costituisce i suoi schemi senza essere condizionato da un potere politico contingente). Il CODICE introduce caratteri fortemente innovatori: con il Codice si afferma il MONOPOLIO DEL LEGISLATORE, che esprime nelle democrazie la sovranità popolare ed il Codice diventa espressione di uno Stato preciso, definito e spaziale. con il Codice si consolida la DISTINZIONE TRA DIRITTO PUBBLICO E PRIVATO, che resta uno dei tratti caratteristici nella tradizione civil law anche se, tuttavia, recentemente, ha perso notevolmente di significato e numerose sono le ipotesi di commistione e crisi di distinzione tra diritto pubblico e privato. il Codice impersona l”IDEALE DI NORMA GIURIDICA ESPRESSO NELLA TRADIZIONE DI CIVIL LAW che viene concepita come regola dotata di quella generalità che le consente di situarsi fra le decisioni delle liti, caratterizzate dalla concretezza, e i principi, caratterizzati, invece, dall’astrattezza. Tale GENERALITÀ spiega come: il compito del giurista di CIVIL law sia solo quello di interpretare le formule legislative, utilizzando, di conseguenza, la sua attività creatrice solo in un modo tendenzialmente nascosto. al contrario, nei paesi di COMMON law, la norma giuridica ha un carattere più dettagliato e si pone ad un livello semantico molto più concreto, la tecnica giuridica è caratterizzata dal procedimento delle distinzioni. Si capisce come il tema delle FONTI del diritto sia sempre stato tra i più considerati al fine di comprendere le differenze e le similitudini tra le varie famiglie giuridiche e, in particolare, tra civil law e common law. La REGOLA DI DIRITTO non può essere concepita allo stesso modo dappertutto: nei paesi di CIVIL law la regola è sufficientemente ampia da lasciare un certo margine di libertà all”interprete (sistema chiuso); il sistema giuridico tendenzialmente chiuso, è certamente più facilmente conoscibile ma meno prevedibile, per certa libertà del’interprete. nei paesi di COMMON law la regola è formulata in modo molto preciso (sistema aperto); in un sistema giuridico tendenzialmente aperto, l’interprete procede per distinzioni. Se il diritto è inteso come COSTANTE RICERCA DI GIUSTIZIA, sembra potersi desumere 2 diversi modi di interpretare questa ricerca: nella CIVIL law si cerca la soluzione di giustizia con una tecnica che ha come punto di partenza la legge, nella COMMON law la si cerca prendendo le mosse dal caso concreto e dalla decisione giurisprudenziale. I diversi approcci alla ricerca della regola conforme a giustizia conducono ad una DIVERSA IDEA DELLA REGOLA DI DIRITTO: nella CIVIL law la regola è concepita nella formula prevalentemente legale e dottrinale; nella COMMON law la regola è concepita in forma prevalentemente giurisprudenziale. Tuttavia, a proposito della configurazione della common law come diritto sostanzialmente giurisprudenziale in contrapposizione alla civil law come diritto , si osserva ormai una certa CONVERGENZA: nelle esperienze di civil law la legge non può più considerarsi la sola fonte del diritto, essendo ormai ampiamente riconosciuto anche il ruolo della giurisprudenza. Nei sistemi di common law, con riferimento soprattutto all’esperienza statunitense, si parla di “staturotification” per descrivere il notevolissimo aumento della produzione legislativa e non mancano neppure esempi di codici, norme sistematicamente organizzati. Il funzionamento della REGOLA DEL PRECEDENTE non può più essere considerato come un fattore determinante per la distinzione, dato che: mentre le corti di civil law sono ormai piuttosto attente al valore dei precedenti, le corti di common law hanno sviluppato tecniche che possono rendere elastico il significato della regola stare decisis. Quindi, tra un sistema che, pur senza dichiararlo apertamente, rispetti di fatto le decisioni precedenti, ed un sistema che, pur proclamando di volerle rispettare in linea di principio, appone delle eccezioni, le differenze tendono ad attenuarsi notevolmente. Gerarchia delle fonti. L’attuale gerarchia delle fonti si presenta molto più complessa di quanto non faccia intendere, ad esempio, l’art. 1 delle nostre Preleggi. Un ruolo fondamentale, infatti, è stato acquisito: dalle Costituzioni e dai trattati internazionali, che tendono a prevalere sulla legge. dalla giurisprudenza e dalla dottrina. dal nuovo diritto della globalizzazione che tende a sottrarre allo Stato gran parte del suo potere di produzione del diritto, quel potere monopolistico che dopo la rivoluzione si esprime nel codice e nella legge. Il nuovo diritto, dunque, si presenta come un diritto non più necessariamente legato allo Stato, la cui fonte principale, i principi, sono in continuo divenire ad opera della prassi e della dottrina. lOMoAR cPSD| 10899632 Costituzioni (1). I paesi appartenenti alla tradizione di civil law presentano tutti, al vertice della gerarchia, costituzioni scritte alle cui disposizioni si riconosce un prestigio particolare, che si riflette nelle previsioni di speciali procedure di revisione e di controllo di legittimità. Tali costituzioni diventano il punto di riferimento dell’ordinamento, al quale devono ispirarsi legislatori, giudici, amministratori e cittadini. Occorre considerare alcune osservazioni di carattere generale svolte a proposito della relatività di qualsiasi considerazione degli ordinamenti giuridici: nonostante la presenza di una costituzione scritta sia un tratto caratteristico degli ordinamenti contemporanei di civil law, tali documenti non mancano anche nei paesi di common law (es. Stati Uniti fin dal 1787). nonostante il diritto privato tedesco appartenga inevitabilmente al sistema germanico, il suo diritto costituzionale può far parte di un altro sistema, formato Stati Uniti, Italia, Spagna, Austria e, appunto, Germania, in considerazione del fatto che in questi ordinamenti è previsto un controllo di costituzionalità delle leggi che, invece, nella sua veste giurisdizionale, mancava fino al 2008 in Francia, paese appartenente alla cultura del civil law. Le PROCEDURE DI REVISIONE. Le costituzioni RIGIDE si definiscono tali perché per essere modificate sono richieste procedure aggravate rispetto alle ordinarie procedure legislative. L’aggravamento non ha solo l’obiettivo di rendere più difficile la revisione, ma anche quello di ricercare un consenso più vasto e meditato. Il potere di revisione viene spesso, non sempre, affidato all’Assemblea legislativa ordinaria. In Italia, per esempio, l’art. 138 Cost stabilisce che le leggi di revisione devono essere adottate da ciascuna Camera con 2 successive deliberazioni e devono essere approvate a maggioranza assoluta nella 2° votazione. È inoltre possibile sottoporle a referendum laddove ne facciano richiesta 1/5 dei membri di una Camera, 500mila elettori o 5 consigli regionali. Anche in Germania si prevede che la Legge Fondamentale tedesca possa essere modificata solo con l’approvazione dei 2/3 dei membri del Bundestag e dei 2/3 dei membri del Bundestrat. In Spagna il procedimento è ancora più complesso. Le Costituzioni, tuttavia, non sempre possono essere modificate in ogni loro parte: talvolta si pongono limiti al potere di revisione. Per esempio, l’art. 139 Cost stabilisce che la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione; analoga la situazione francese e la Legge Fondamentale tedesca stabilisce che non è ammissibile una modifica che incida sull’articolazione della Federazione in Lander, sul principio della partecipazione dei Lander alla legislazione e sui diritti fondamentali tutelati dalla legge. Il CONTROLLO DI COSTITUZIONALITÀ: La presenza di un controllo di costituzionalità delle leggi, ossia di un sistema attraverso cui viene giudicata la conformità ai principi costituzionali delle leggi ordinarie, rappresenta un elemento caratterizzante di un ordinamento. Tradizionalmente si individuano 2 grandi modelli di controllo giurisdizionale di costituzionalità, che si sono poi imposti in numerosi paesi europei ed extraeuropei: il sistema DIFFUSO, detto perché realizzato per la 1° volta negli Stati Uniti con la sentenza Malbury vs. Madison del 1803,, dove il potere di controllo spetta a tutti gli organi giudiziari ordinari che lo esercitano incidentalmente, ossia in occasione della decisione di una controversia concreta. Il giudice, quindi, disapplica le leggi che ritiene in contrasto con la costituzione e tale decisione, tranne che in casi particolari; ha efficacia inter partes ed è di tipo successivo, perché si svolge su una legge che è già nel pieno del suo vigore. il sistema ACCENTRATO, detto perché l’archetipo è stato realizzato nella Costituzione austriaca del 1920, dove il potere di controllo è attribuito ad un solo organo giudiziario appositamente istituito. Tale controllo di costituzionalità viene esercitato in via principale sulla base della richiesta di organi politici e dunque è astratto, non essendo connesso con una controversia concreta; può avvenire anche in via incidentale quindi legata al caso concreto, laddove se rimessa alla decisione della Corte Costituzionale e ritenuta rilevante per decidere la controversia a quo; ha efficacia erga omnes ed ex nunc. Sono molte le varianti dei sistemi diffuso ed accentrato, le cui particolarità possono riguardare sia la composizione della corte, sia le sue competenze e il tipo di atti sottoposto al suo controllo, sia i soggetti legittimati a presentare la questione di costituzionalità, sia l’efficacia della pronuncia del giudice costituzionale (es. per l’Italia si è parlato di un sistema IBRIDO). Se si vuole completare la prospettiva comparatistica e considerare anche un controllo di carattere tendenzialmente politico, è necessario fare riferimento al caso francese. Sebbene, come detto, in Francia non sia contemplato un controllo propriamente giudiziario di costituzionalità delle leggi, la costituzione della 5° Repubblica (1958) ha affidato al Conseil constitutionnel un potere ad esso assimilabile. Le differenze sono evidenti dato che tale controllo di costituzionalità, soltanto preventivo, non può sindacare una volta che la legge è entrata in vigore, tuttavia, a partire dagli anni ’70, il potere del Conseil è stato ulteriormente ampliato, in quanto tale organo è venuto a proporsi anche come garante dei diritti fondamentali. L’elemento centrale di questa trasformazione sta nel fatto che il controllo di costituzionalità ha cominciato a comprendere anche altri testi normativi, cosa che ha permesso al Conseil di superare il ruolo marginale che gli era stato originariamente riconosciuto. lOMoAR cPSD| 10899632 Trattati internazionali (2). In alcune costituzioni continentali, si riconosce espressamente ai trattati internazionali un valore superiore alle leggi ordinarie. La Francia costituisce un caso emblematico: la Cour de Cassation, infatti, ha stabilito che i giudici hanno il potere di disapplicare una legge successiva contrastante con un trattato internazionale regolarmente ratificato. Tale potere consiste non tanto in una forma di controllo di costituzionalità delle leggi, quanto piuttosto in una tipica funzione dei giudici, ossia l’interpretazione delle norme. La questione della collocazione dei trattati internazionali nella gerarchia delle fonti ha acquisito una notevole importanza con riferimento al rapporto tra diritto comunitario e diritto degli stati membri UE. Come è noto, la Corte di Lussemburgo ha elaborato una giurisprudenza ormai consolidata in base alla quale le norme comunitarie direttamente applicabili, o atte a produrre effetti diretti negli ordinamenti degli stati membri, prevalgono sulle leggi interne successive, che devono dunque essere disapplicate dai giudici. Leggi (3). Tra le fonti del diritto la legge è quella che la tradizione legata alla Rivoluzione e alle codificazioni colloca al vertice della gerarchia, dove resta fino all’avvento delle costituzioni. Il codice, pur essendo, di fatto, una legge come tutte le altre, si pone in un rapporto particolare rispetto alla legislazione speciale: questa è tenuta ad intervenire al fine di disciplinare tutta una serie di nuove esigenze, non contemplate dal codice, dettate dallo sviluppo economico, sociale e tecnologico. La rapidità con cui questi settori si sviluppano. sconsiglia di mettere mano a nuovi codici, opere fatte di principi che devono essere acquisiti dalla coscienza sociale prima di poter essere riversati in norme codicistiche. Nonostante questo comunque, il codice tende a rimanere al centro del sistema, dato che è lui a garantire un’organizzazione sistematica per ogni norma positiva e a risolvere i casi dubbi o nuovi che si presentano nella prassi. Il particolare rapporto che sussiste tra codice e legislazione speciale, da un punto di vista strettamente comparativistico, avvalendoci di una proposizione matematica, può dirsi:. Occorre aggiungere che, attualmente, anche negli stati dove vige la forma di governo parlamentare, l’attività legislativa vede sempre più spesso protagonista l’esecutivo piuttosto che l’assemblea legislativa. Regolamenti (4). Il regolamento, e in particolare il regolamento governativo, è la tipica fonte secondaria che nella gerarchia delle fonti, si colloca al di sotto della legge e non può ad essa derogare. Relativamente ai regolamenti, un caso emblematico è dato dalla Francia della V Repubblica, dove era stato previsto un potere regolamentare che, considerata la situazione francese, non era sottoposto ad un vero controllo di legittimità costituzionale. Nel 1959, tuttavia, al Consiglio di Stato (Conseil d’Etat) fu affidato un potere di controllo sui règlements molto simile a quello previsto per le corti costituzionali europee. Consuetudini (5). Il monopolio acquisito dal legislatore sulla produzione normativa ha relegato sullo sfondo la consuetudine, in una posizione marginale. Tale marginalità è dimostrata dal fatto che in tutti gli ordinamenti, mentre, da un lato, è esclusa la validità della consuetudine contra legem, dall’altro è riconosciuta la sua validità secundum legem, cui la legge esplicitamente rinvia. Relativamente alla validità praeter legem, riguardante materie non regolate dalla legge, invece, sono ancora aperte molteplici discussioni. L’organizzazione giudiziaria e il ruolo della giurisprudenza. ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA Il modello ispiratore dell’organizzazione giudiziaria dei paesi di civil law è sicuramente quello della Francia rivoluzionaria, che diresse il suo astio in particolar modo nei confronti di: Parlements, che, di fatto, avevano anche potere legislativo. giudici professionisti, che furono successivamente sostituiti da giudici elettivi nel 1791. interpretazione giurisprudenziale della legge, per contrastare la quale fu istituito il Tribunal de cassation, 1791, che aveva il compito di vigilare sulle corti e sul loro rispetto delle leggi. Passata la ventata rivoluzionaria, il modello si consolida e assumere l’assetto al quale tutt’ora si ispira con la legge dell’ordinamento giudiziario promulgata da Napoleone nel 1810. Tale assetto prevede i seguenti elementi: il sistema delle corti è di norma articolato su 3 gradi: 1) prima istanza, articolata a sua volta su 2 livelli, uno a competenza limitata, l’altro a competenza generale (es: giudice di pace e Tribunale oggi in Italia). 2) appello, che si configura come un “riesame”in fatto e in diritto del giudizio di 1° grado entro i limiti dell’impugnazione, si è radicato a tal punto che, nonostante le costituzioni moderne non ne facciano alcun riferimento, è considerato una componente fondamentale del giusto processo. 3) corte suprema, che si atteggia come “cassazione” o come “revisione” delle sentenze già emesse dai primi 2 gradi. Nei paesi di civil law, queste corti di ultima istanza difettano di strumenti efficaci di selezione dei ricorsi, caratteristici invece delle omologhe corti di common law, che riescono così ad evitare l’intasarsi dei loro tribunali. lOMoAR cPSD| 10899632 il sistema delle giurisdizioni di civil law presenta una rilevante pluralità: a fianco dei tribunali ordinari (competenti per cause civili e penali), figurano uno o più sistemi di giustizia e, come detto, un sistema di giustizia costituzionale affidato ad un organo ad hoc (es. le corti tributarie, le corti del lavoro e le corti sociali in Germania). i giudici sono professionisti reclutati attraverso una selezione burocratica, sono funzionari di stato, dotati di forti garanzie (prima fra tutte: l’inamovibilità dalla sede e dalle funzioni) e a tal punto indipendenti da avere veri e propri organi di autogoverno; non mancano i giudici laici, in Italia ad esempio i giudici di pace, ma si tratta di giudici onorari. lo stile delle sentenze sono caratterizzate dall’esistenza di una motivazione e dall”impersonalità della sentenza, nella quale, infatti, non devono emergere le opinioni concorrenti o dissenzienti dei singoli giudici. Ruolo della GIURISPRUDENZA nel sistema delle fonti. La codificazione, segnando il passaggio dal diritto alla legge, definisce il ruolo del giudice come di quello di operatore di un meccanismo progettato da altri, dal legislatore. La giurisprudenza, in questo contesto, non rappresenta “formalmente” una fonte del diritto, dato che le sentenze non hanno efficacia se non nei casi che decidono. In realtà, che la giurisprudenza sia funzione non soltanto applicativa ma anche creatrice del diritto rappresenta ormai un convincimento diffuso, tale da poterlo considerare come un dato di cultura giuridica ormai acquisito. Il ruolo creativo della giurisprudenza è di grande importanza, può essere sufficiente la gradualità e l’occasionalità degli interventi del giudice per colmare le lacune del diritto scritto e via via adeguare il codice a nuove esigenze. Sia i sistemi di civil law sia quelli di common law concordano, tuttavia, nella diffidenza verso un’eccessiva attività creatrice da parte di soggetti, i giudici, privi di legittimazione democratica. Vi sono situazioni in cui è forte la tentazione di parlare di dottrina del precedente anche nella civil law. I giudici, infatti, anche per pigrizia mentale, tendono a seguire i loro predecessori e i valori della certezza, della prevedibilità e dell”uguaglianza richiedono che casi simili siano decisi allo stesso modo. Si capisce, quindi, come la giurisprudenza abbia un”autorità fortemente persuasiva, non poi così lontana da quella delle corti di common law. È tuttavia necessario continuare a tener conto di ALCUNE IMPORTANTI DIFFERENZE: al metodo INDUTTIVO del common law si contrappone quello DEDUTTIVO della civil law, secondo il quali il giudice applica una determinata norma ai fatti della causa in forza di un atto di sussunzione. Ne deriva una sentenza, quella di civil law, in cui viene attribuito scarsissimo rilievo ai fatti. Diverso da ciò che avviene in common law dove tutto il procedimento si basa sulla distinzione dei fatti, di quei fatti “essenziali” dai quali si ricava la ratio decidendi. la pluralità di corti supreme, la loro variabile articolazione e il numero dei giudici che le compongono attribuisce ad esse e alle loro decisioni un”autorità minore di quella che possiede, ad esempio, la Corte suprema degli Stati Uniti con i suoi 9 giudici. le corti supreme di civil law difettano di quel potere discrezionale di selezione che consente alle corti supreme di common law di decidere poche decine di casi ogni anno, e di concentrarsi quindi soprattutto sul proprio ruolo nomofilattico. L’autorità delle decisioni delle corti supreme di civil law è ulteriormente attenuata dal fatto che i loro giudici, essendo ormai giunti all”apice della carriera, hanno sviluppato capacità tecniche notevoli di della norma piuttosto che capacità di emanare pronunce. Ruolo della DOTTRINA nel sistema delle fonti. La dottrina e i dottori hanno avuto un ruolo preponderante sia nella formazione che nell’evoluzione della tradizione di civil law (dai giureconsulti romani, poi accolti con forza normativa nella codificazione giustinianea, agli esponenti delle grandi scuole fiorite nelle Università europee che hanno preparato gli schemi per la codificazione), tuttavia il codice l’ha allontanata dalla produzione del diritto, almeno formalmente. Essa conserva comunque un suo ruolo di protagonista della cultura giuridica di civil law che, almeno indirettamente, continua a proporla come fonte di diritto. Vediamo qualche esempio: la preparazione degli schemi concettuali necessari per un’opera di codificazione è sicuramente compito della dottrina. l’influenza della dottrina, in alcuni casi, è riconosciuta direttamente dal legislatore (es. art. 1 del codice civile svizzero). critiche diffuse della dottrina nei confronti di una norma giudizialmente prodotta inducono spesso le corti a riesaminarla. Una decisione che può fondarsi su una dottrina largamente condivisa, infatti, ha maggiori possibilità di legittimarsi come rispetto ad una decisione controcorrente. il genere letterario del , a cui la dottrina è stata costretta a causa dell’invadenza del legislatore, costituisce, soprattutto in alcuni ordinamenti, uno strumento di lavoro indispensabile per qualunque operatore del diritto. Ciò è tanto più interessante se si tiene conto del fatto che “i commenti escono continuamente aggiornati per far spazio, non a nuove teorie, ma a sentenze più recenti”; ciò significa che i pratici guardano sì alla giurisprudenza, ma servendosi preferibilmente degli occhiali della dottrina. lOMoAR cPSD| 10899632 Tradizione di COMMON LAW (pag 269-377) Sezione I – Le origini Common Law: significato e natura Considerando la tradizione giuridica occidentale nel suo complesso, dunque civil law e common law insieme, viene immediatamente in considerazione una particolare FIGURA DEL GIURISTA, cui è riconosciuto grande prestigio, ignoto ai sistemi africani o ai sistemi dell’estremo oriente. Il particolare modo in cui questa figura si atteggia, costituisce uno degli elementi per differenziare: CIVIL law: il protagonista del diritto è il giurista “DOTTO”. COMMON law: il protagonista del diritto è il “PRATICO” e in particolare il GIUDICE. È proprio dal ruolo che il giudice riveste nell’ordinamento che si può cominciare a parlare della common law e della sua natura di diritto giurisprudenziale, della sua natura di “judge made law” o di “judiciary law”. Rapporto tra common law e civil law (1). La famiglia giuridica di common law affonda le sue RADICI nel diritto INGLESE, ma ha vissuto una larghissima circolazione grazie alle campagne imperialiste e coloniali dei governi britannici, penetrando più o meno profondamente a seconda del rapporto che si andava instaurando tra la colonia e la madrepatria. Attualmente, è il diritto AMERICANO ad essere il maggior VEICOLO DI DIFFUSIONE della common law ed i maggiori esempi di questo fenomeno sono: il controllo giurisdizionale di costituzionalità delle leggi che, pur seguendo modelli talvolta diversi da quello originario previsto dalla Corte suprema federale con la sentenza Malbury vs. Madison del 1803, si trova ormai in moltissimi sistemi. l”introduzione del codice di procedura penale, in Italia nel 1989 anche se con esiti non soddisfacenti. il modello dottrinale dell”analisi economica del diritto, seguito sempre più in esperienze molto diverse. Nonosta