FONDAMENTI E DIDATTICA DELLA MUSICA PDF
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These notes provide an introduction to music theory, focusing on the fundamental aspects of sound, including duration, intensity, pitch, and timbre. They discuss the characteristics of sound and how they relate to musical notation.
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FONDAMENTI E DIDATTICA DELLA MUSICA 1 Il suono Contenuti 3.0. Introduzione 3.1. Durata 3.2. Intensità 3.5. Altezza (con esempi analitici al computer) 3.4. Timbro 3.5. Classificare oggetti sonori 3.0 Introduzione fonte o s...
FONDAMENTI E DIDATTICA DELLA MUSICA 1 Il suono Contenuti 3.0. Introduzione 3.1. Durata 3.2. Intensità 3.5. Altezza (con esempi analitici al computer) 3.4. Timbro 3.5. Classificare oggetti sonori 3.0 Introduzione fonte o sorgente modo di produzione posizione nello spazio caratteristiche del segnale sonoro (altezza, durata, intensità e timbro) Alla presenza di un segnale sonoro la nostra attenzione si concentra sulla fonte o sorgente che l’ha generato, sul modo di produzione, sulla posizione nello spazio della sorgente sonora e infine su alcune caratteristiche come l’altezza, la durata, l’intensità e il timbro). Il nostro cervello elabora anche dati relativi alle caratteristiche di altezza, durata, intensità e timbro. Alcuni teorici qualche anno fa, hanno segnalato il fatto che altezza, durata, intensità e timbro siano innanzitutto QUALITÀ DEL SEGNALE SONORO SINGOLO. Il timbro è molto ricco di frequenze. Il suono può essere o segnale sonoro o massa sonora. La maggior parte degli eventi sonori con cui noi avremo a che fare hanno caratteristiche di massa sonora e non di singolo segnale. 3.1 Caratteristiche: altezza, DURATA, intensità e timbro Tutti questi parametri del segnale sonoro sono descritti in termini assoluti o in termini relativi. “Assoluta” Secondi (sottomultipli e multipli) La misura assoluta della durata, convenzionale in Occidente e oltre, è quella dei secondi con i relativi multipli e sottomultipli. “Relativa” Qualificata da rapporti tra valori (es. notazione musicale standard) La durata relativa indica la qualità della durata. Indicare una durata relativa significa indicare le qualità sulla base di rapporti. 8 3.2. Caratteristiche: altezza, durata, INTENSITÀ e timbro Anche nel caso dell’intensità noi abbiamo strumenti di misurazione assoluta e poi di fatto nei diversi contesti (in particolare nel contesto musicale) abbiamo a che fare con delle scritture relative delle intensità. INTENSITÀ: volume sonoro percepito (dipende dall’entità della variazione di pressione prodotta dalla sorgente sonora ma ci sono dei fattori che la modificano, come la distanza). Quindi l’intensità percepita dipende sicuramente: ü dalla potenza sonora iniziale, ü dalla potenza acustica (espressa in Watt) ü e poi da tutta questa serie di fattori che concorrono a modificare il volume, l’entità delle variazioni di pressione “Assoluta” Viene misurata in termini di livello di pressione acustica. Il livello di pressione acustica è espresso in decibel (dB) (N.B. non confondere con la potenza acustica, espressa in Watt!) L’intensità del suono in quanto valore percepito può essere misurata in termini di livello di pressione acustica che io ho nell’aria. “Relativa” dinamica insieme di gradazioni d’intensità del suono Quando passiamo alla misurazione rela8va che è quella che usiamo nel linguaggio musicale dis8nguiamo varie gradazioni d’intensità del suono che possono essere espresse mediante indicazioni verbali o grafiche de4e indicazioni dinamiche o segni dinamici o anche semplicemente dinamiche. Indicazioni di Base: p (piano) f (forte) Ci sono però tante gradazioni che vengono scri4e combinando queste le4ere e altre. Abbiamo una gradazione di dinamiche che partono da SX con un suono quasi imperceJbile e arrivano a DX con un suono molto presente e intenso. mp (mezzo piano) mf (mezzo forte) ff (fortissimo) GRADAZIONI: CAMBIAMENTI : 9 3.3. Caratteristiche: ALTEZZA, durata, intensità e timbro Sappiamo già che... Il suono è la sensazione corrispondente a variazioni di pressione dell’aria. ð Le proprietà di queste variazioni determinano (contribuiscono a determinare) le proprietà del suono percepito! 3.3.1 Andamento di pressione; forma d’onda, periodo, ampiezza In questa rappresentazione riconosciamo l’aumento e la diminuzione della densità delle particelle che si chiamano appunto ADDENSAMENTO e RAREFAZIONE. Questo addensamento e rarefazione sono espresse dai misuratori dei segnali acustici in termini di forma d’onda (rappresentazione delle variazioni di pressione dell’aria) 3.3.2 Andamento di pressione; forma d’onda, periodo, ampiezza La porzione da un punto all’altro omologo della forma d’onda lungo il tempo si chiama periodo. Viceversa, la distanza tra valle e monte, tra il punto più basso e il punto più alto, si chiama ampiezza. Ø Maggiore sarà l’intensità del volume sonoro generato più alta sarà la forma d’onda. Ø Minore sarà il livello di potenza del suono generato più bassa sarà l’ampiezza dell’onda. 10 3.3.3 Andamento di pressione; forma d’onda, periodo, ampiezza, frequenza (inversamente proporzionale al periodo) Il PERIODO è inversamente proporzionale alla FREQUENZA del suono => la frequenza si misura in hertz. Da cosa dipendono gli hertz? Sono una grandezza inversamente proporzionale al periodo della variazione di pressione dell’aria che genera la sorgente sonora. Che differenza c’è tra un suono con pochi hertz e un suono con tanti hertz? o Un suono con pochi hertz è un suono più grave o Un suono con tanti Hertz è un suono più acuto ACUTO o GRAVE sono due qualità relative dell’altezza dei suoni riguardanti cioè la qualità del suono percepito che chiamiamo altezza. 3.3.4 Andamento di pressione; forma d’onda, periodo, ampiezza, frequenza => altezza Video YouTube: “Signal frequency” Segnale di frequenza che comincia da pochissimi HERTZ e progressivamente sale. All’inizio quello che noi sen8amo non è un suono unico perché il nostro orecchio al di so3o di un certo numero di hertz non riesce a comporre l’evento sonoro, sente dei baJmen8, è come se sen8sse la vibrazione. Poi man mano che gli hertz aumentano sen8remo comporsi il suono. I 440 hertz hanno un’applicazione comunissima in campo musicale. I 440 hertz per convenzione internazionale corrispondono al LA centrale dello spe3ro acus8co. Il La della terza o3ava del pianoforte è il LA a 440 hertz. Dare il diapason significa dare il suono di riferimento. La frequenza è associata alla sensazione d’altezza (pitch). Il suono è la sensazione corrispondente a variazioni di pressione dell’aria, dalla cui frequenza dipende la percezione dell’altezza (del suono). L’altezza dipende dalla frequenza delle variazioni di pressione dell’aria. La frequenza è l’inverso del periodo. 11 3.4.1 Timbro, ovvero: forme d’onda… Esistono due 3pi di suoni periodici: 1. Suoni periodici perfe4amente sinusoidali la cui curva è descri3a da una sinusoide. Non esiste in natura, può essere soltanto generato ele3ronicamente. Periodo costante e intensità costante. 2. Suoni periodici non sinusoidali. Esiste in natura. Intensità è variabile: ciò determina l’increspatura della curva. Suoni non periodici: forma d’onda totalmente irregolare. Nessuno periodo riconoscibile. Suoni periodici: Suoni di cui riconosco un’altezza principale determinata. Hanno una frequenza prevalente tra le tante di cui sono composB (il suono è come una cipolla, i diversi straB della cipolla sono le diverse frequenze che compongono il suono: ce ne è una prevalente ed è quella che mi dà la sensazione del pitch, cioè dell’altezza e mi fa dire che i suoni periodici sono suoni ad altezza determinata che io quindi posso anche riprodurre con la voce o con gli strumenB a differenza dei suoni ad altezza indeterminata. Suoni non periodico: L’altezza è indeterminata (quindi nessuna frequenza prevalente). Noi generalmente chiamiamo rumore un suono non periodico. Il rumore è faNo di tante frequenze in cui non ce ne è neanche una prevalente e quindi noi abbiamo una sensazione di altezza indeterminata. 12 Le domande a cui dobbiamo rispondere con le prossime slide sono due: Perché c’è questa differenza di forma d’onda? Per rispondere a questa domanda dobbiamo rispondere a un’altra domanda ovvero: Come è faNo un suono, un segnale sonoro? Un suono è faNo così: 3.4.2 Timbro, ovvero: forme d’onda, spettro del suono OBOE 349 Hz Questa rappresentazione grafica si chiama SPETTROGRAMMA: in questo caso sono due. Lo spe3rogramma analizza, scompone lo spe4ro armonico del suono, come se fosse un raggio di luce. Un suono è come un raggio di luce composto però di un fascio di frequenze. Le frequenze nello spe3rogramma sono rappresentate lungo l’asse delle y e sono le righe che vediamo nello spe3ro gramma di sx. Tu3e le righe che vediamo sovrapposte sono la rappresentazione grafica di sequenze. Nello spe3rogramma di dx abbiamo una sola riga e quindi una sola frequenza che corrisponde a quella frequenza che nello spe3rogramma di sinistra è in rosso. Nell’assegno delle x abbiamo il tempo. Quindi il suono che si svolge nel tempo viene analizzato dalla macchina come un fascio di frequenze. Suono 1 = una sola frequenza Suono 2 = tante frequenze Si tra3a della stessa nota in entrambi i suoni perché la frequenza fondamentale è la stessa: Lo spe4rogramma di DX è lo spe3ro gramma di un suono di sintesi con una sola frequenza. Il suono di sintesi può avere una sola frequenza. Suono con Forma d’onda sinusoidale perché c’è una sola frequenza. Lo spe4rogramma di SX è lo spe3ro gramma di un suono registrato ma eseguito da un oboe (suono naturale). I suoni naturali sono suoni cara3erizza8 dalla compresenza di più frequenze. Il suono dell’oboe è più ricco perché non c’è soltanto una frequenza, ma ce ne sono anche altre che compongono il suo spe3ro armonico. 13 La composizione dello spe3ro di un suono naturale è data da un fascio di frequenze in rapporto di progressione aritme8ca tra di loro. Inoltre, ogni frequenza ha un’intensità propria; la differenza di intensità delle frequenze a parità di frequenza fondamentale è uno dei fondamentali aspeV qualita3vi del suono che determinano la differenza tra i TIMBRI. Essendoci tante frequenze, abbiamo una forma d’onda per ciascuna frequenza. Le forme d’onda sappiamo che hanno un’ampiezza variabile sull’asse delle y e un periodo variabile sull’asse delle x che è inversamente proporzionale alla frequenza. La risultante della sommatoria di tu3e le frequenze, quindi di tu3e le forme d’onda, una per ciascuna frequenza, mi dà l’increspatura della forma d’onda. Quindi spe3ro con molte frequenze: forma d’onda increspata, periodica ma increspata. I colori delle righe sono la rappresentazione grafica della differenza di ampiezza tra le frequenze che sono combinate all’interno del suono (metafora cipolla). ð Maggiore è l’intensità percepita di una frequenza più il colore della riga passerà dal verde fino al giallo e poi al rosso. ð La gamma dei colori u8lizzata qua va dal nero, passa a4raverso il verde, il giallo e rosso. ð Nero = non c’è frequenza Verde Giallo Rosso = frequenza più intensa Quando noi diciamo che noi percepiamo l’altezza di un suono (come un pitch), noi percepiamo la frequenza prevalente (di maggior intensità), anche se ci sono anche tu3e le altre frequenze. Questa frequenza di maggiore intensità è il così de3o PRIMO ARMONICO, ovvero fondamentale, la frequenza fondamentale. Ogni suono fondamentale è quindi formato da più frequenze una delle quali ha maggiore intensità, si chiama frequenza fondamentale, e in genere il primo o la prima componente dello spe3ro armonico del suono (lo spe3ro armonico del suono è dato dall’insieme delle sue frequenze). Questa frequenza fondamentale, fondamentale perché è più intensa delle altre, è quella che determina la percezione del pitch, dell’altezza del suono. È la composizione frequenziale dei suoni che fa essenzialmente la differenza 3mbrica: cioè a parità di frequenza fondamentale riconosco il 8mbro del violino e lo dis8nguo ad esempio dal 8mbro dell’oboe perché a parità di fondamentale il resto dello spe3ro è composto in modo diverso. La forma d’onda rappresenta nel grafico cartesiano le singole frequenze che cos8tuiscono il suono. Quando c’è una sola sinusoide vuol dire che il suono è quello puro di sintesi, perché invece i suoni naturali sono faJ di più frequenze e ciascuna di queste frequenze è rappresentata da una forma d’onda la cui sommatoria mi dà una forma d’onda periodica ma increspata. 14 QUINDI: Lo spe3rogramma è una rappresentazione grafica del suono che rappresenta nell’asse orizzontale il tempo e nell’asse ver8cale le frequenze. Le righe rappresentano le diverse frequenze che compongono lo spe3ro del suono. Una sola riga è un suono di sintesi che rappresenta la frequenza fondamentale. Invece quando abbiamo tante righe a distanza regolare in progressione aritme8ca, il suono è un suono naturale periodico con la frequenza fondamentale di maggiore intensità e le altre frequenze a intensità che varia da uno strumento all’altro. Queste differenze che noi consta8amo tramite lo spe3rogramma riguardano le differenze qualita8ve di quel complesso di cara3eris8che del suono che chiamiamo 8mbro. C’è un’altra cara3eris8ca che dis8ngue fra 8mbri a parità di altezza e questa cara3eris8ca si chiama INVILUPPO di intensità. 3.4.3 Timbro, ovvero: … inviluppo Abbiamo so3o gli occhi una forma d’onda, un periodo di una forma d’onda di un suono naturale. Cambia l’intensità: si passa dall’intensità 0 a altri livelli di intensità, poi il suono viene rilasciato e si torna all’intensità 0. Questa forma d’onda a4raversa 4 fasi: 1. ATTACCO La prima fase passa dall’intensità 0 all’intensità massima. 2. DECADENZA 3. SOSTEGNO 4. RILASCIO Quando comincio a suonare un suono, ad esempio, con un violino o un pianoforte, il livello di intensità passa da 0 a un massimo dopodiché scende di poco (decadenza), perdura durante il sostegno nel quale si verifica una leggera stabilizzazione. Dopodiché lascio che il suono si propaghi per conto suo senza con8nuare a sollecitare lo strumento e in questo modo ho il rilascio fino al silenzio che era la condizione di partenza. Questo grafico ADSR descrive delle qualità che sono diverse in tuJ gli strumen8. InfaJ, alcuni strumen8 hanno un passaggio da a3acco a sostegno molto veloce, altri strumen8 lo hanno molto lento. Quindi queste fasi hanno durata diversa a seconda degli strumen3. La diversa curva di intensità, il diverso inviluppo di intensità è la seconda cara4eris3ca dopo la composizione spe4rale del suono che incide sul 3mbro. QUINDI: Quali sono le due cara4eris3che che incidono massimamente nella definizione del 3mbro e quindi nella dis3nzione, ad esempio, tra 3mbri di voci umane e 3mbri di strumen3 musicali? 1. Composizione spe4rale del suono 2. Inviluppo di intensità: il modo in cui il suono dal punto di vista dell’intensità si sviluppa nel tempo 15 3.4. Caratteristiche: altezza, durata, intensità e TIMBRO Se noi prendiamo un dizionario e andiamo alla definizione di 8mbro, troviamo una definizione 8po: “Timbro” denota il ‘colore’ del suono Definizione corrente: il 9mbro è la cara;eris>ca che perme;e di dis>nguere due suoni che abbiano stessa altezza, stessa intensità e stessa durata. DEFINIZIONE IN NEGATIVO! 3.5. Classificare gli oggetti sonori «È importante dis8nguere il suono in quanto segnale fisico, misurabile dagli apparecchi, e il suono in quanto ogge3o sonoro, che dipende da un’esperienza perceJva qualita8va, che non può essere iden8ficata con un dato fisico» (Michel Chion, Guide des objets sonores, 1983, da Pierre Schaeffer, Traité des objets musicaux, 1966) 3.5.1. Suono e «oggetto sonoro» Ø Suono = sensazione prodo4a da una variazione di pressione del mezzo elas3co (dell’aria); questa variazione di pressione è analizzata come segnale fisico che è iden3ficabile, misurabile nelle sue qualità proprie (frequenza, ampiezza, tempo cronometrico, ecc.) Ø Ogge4o sonoro = en3tà della percezione udi3va Noi sen8amo oggeJ sonori, misuriamo i singoli segnali. La classificazione degli oggeJ sonori si può limitare a due cara3eris8che: la massa e la fa4ura dell’ogge4o sonoro. 16 3.5.2. Massa (occupazione del campo delle altezze) La massa dell’ogge3o sonoro (cioè l’occupazione del campo delle altezze) viene dis8nta in: § TONICA (un suono ha massa tonica quando ha un’altezza fissa e iden8ficabile) § COMPLESSA (un suono ha massa complessa quando la sua altezza è fissa ma non iden8ficabile; cioè non si può ricondurre a una frequenza prevalente, potrebbe ad esempio essere il rumore bianco) § VARIABILE (quando cambia da complessa a tonica o viceversa) § QUALUNQUE (quando questa variabilità è rapida nel corso del tempo tanto da non consen8rci di apprezzare la trasformazione si parla di massa qualunque, nel senso che succede di tu3o al suono nel corso del tempo so3o il profilo delle altezze) Ci sono 3 parametri descriVvi: Più o meno acuta, media, grave 3.5.3 Fattura (È l’oggetto sonoro nel campo temporale) La fa3ura può essere dis8nta in: § PUNTUALE (impulsivo) § CONTINUA (tenuto) § ITERATIVA (impulsivo ripetuto) La durata della fa4ura dal punto di vista di una descrizione non misurata della nostra percezione può essere: Durata: infinita | lunga, media, corta | ‘nulla’ Queste sono cara3eris8che molto più generali non di misurazione ma di definizione qualita8va degli oggeJ sonori rispe3o all’arco temporale. Ossia come descrivo qualita8vamente senza u8lizzare degli strumen8 di misurazione quelli che io sento. 17 Gli strumenti musicali A che età si può iniziare a suonare uno strumento? Alcuni strumen8 si possono iniziare a suonare in tenera età, come il pianoforte (5 anni), mentre per altri come la chitarra, che richiede una mano più sviluppata, ci vuole qualche anno in più. Alcuni strumen8 rischiano di demo8vare. Il pianoforte ! ha un’interfaccia, la tas8era. Il suono esce perfe3o. La difficoltà comincia nell’ar8colazione della melodia. Ma dal punto di vista della produzione del suono, chi suona il pianoforte non ha un rapporto dire3o con la sorgente che produce il suono, le corde sono percosse dai martelleJ. Tu3o il contrario per il violino " e l’arpa. Nell’arpa chi suona pizzica le corde, c’è un rapporto dire3o. Il violino ha una difficoltà in più, perché si suona con l’arche3o. È uno strumento intermedio tra il corpo e la corda, bisogna imparare a ges8rlo. Bisogna costruire l’intonazione, il suono. Mentre nel pianoforte è già pronto. Questa costruzione del suono per alcuni è entusiasmante, per altri rischia di essere frustrante. Per gli o3oni il primo impa3o con lo strumento può essere divertente o frustrante, perché prima di far uscire un suono corre3o ci vuole tempo. 1. Classificazione Hornbostel-Sachs 2. La voce umana 3. L’orchestra 4. Esempi di trasposizione didaJca 5. Studio di un’unità didaJca 1. Classificazione Hornbostel-Sachs I) Idiofoni [ίδιος- = stesso, medesimo] II) Membranofoni III) Cordofoni IV) Aerofoni V) Ele4rofoni È una classificazione costruita nel corso del 1800. Ques8 due autori (Hornbostel e Sachs), all’inizio del 1900 hanno fissato una classificazione generale, una TASSONOMIA, un insieme di regole che aiutano a descrivere e classificare gli strumen3 di tu4e le culture umane. C’è un criterio iniziale, il più generale di tuJ, che perme3e di dis8nguere cinque famiglie, categorie. Per ciascuna di queste famiglie ci sono numerose ripar3zioni. È un criterio discriminatorio molto generale, molto alto. È una classificazione di stampo posi8vista molto ar8colata. È al livello di generalità. 18 La classificazione degli strumen3 dell’orchestra è un’altra classificazione più culturale, meno normata so3o il profilo delle regole dei principi della fisica acus8ca, con cui abbiamo a che fare quo8dianamente e su cui si basano le proposte nei tes8 per la scuola. Due classificazioni: una vera, SCIENTIFICA (questa), e una classificazione d’uso, PRATICA, rela8va alla cultura musicale occidentale e alla dis8nzione degli strumen8 con riferimento in par8colare al più grosso ensemble strumentale in occidente, l’orchestra. La classificazione Hornbostel-Sachs dis8ngue cinque famiglie, in realtà erano qua3ro ma l’ul8ma è stata aggiunta più tardi. Le prime qua3ro famiglie sono idiofoni, membranofoni, cordofoni e aerofoni. L’ul8ma che è stata aggiunta è quella degli ele3rofoni, gli strumen8 che hanno bisogno dell’energia ele3rica. Il principio classificatorio è che tuJ gli strumen8 del mondo si possono classificare in queste famiglie. Criterio del corpo vibrante: cosa nello strumento determina la variazione di pressione dell’aria, la sorgente del suono, quale parte dello strumento determina l’inizio di sollecitazione del mezzo elas3co, che è l’aria, che poi il nostro orecchio traduce. Quindi il criterio classificatorio è il corpo vibrante che produce la vibrazione ordinaria. Perché in realtà nello strumento vibra tu3o, ma ogni strumento normalmente è costruito per far vibrare innanzitu3o una sua parte. MEMBRANOFONI Sono membranofoni tuJ gli strumen3 il cui suono viene prodo4o dalla vibrazione di una membrana di qualsiasi materiale. All’inizio era pelle, oggi resine. Ci sono migliaia di varian8 => Tamburo, rullante, grancassa, congas, bonghi. Successive dis8nzioni, ripar8zioni: ci sono membranofoni la cui membrana viene sollecitata con un ba4ente o dire4amente con le mani. CORDOFONI Strumen3 il cui suono standard, per cui è stato concepito, viene prodo4o dalla vibrazione di una corda. Gli strumen8 hanno cara3eris8che molto diverse tra loro. Chitarra, violino, pianoforte sono suona8 in modo diverso. Nel pianoforte le corde sono percosse dai martelleJ, mentre nel violino sono sfregate dall’arche3o o pizzicate come nell’arpa. AEROFONI Strumen3 in cui il corpo vibrante che produce il suono standard è l’aria. La prima grande dis8nzione sono quelli la cui aria è una colonna d’aria, all’interno dello strumento, oppure la cui aria è l’aria circostante, dello spazio in cui lo strumento viene azionato. ELETTROFONI Negli ele4rofoni vibra la parte di un circuito ele4rico. 19 IDIOFONI Sono gli strumen8 più numerosi quan8ta8vamente e qualita8vamente. Il suono standard è prodo4o dalla vibrazione del corpo stesso dello strumento. I legneJ sono due bastoni percossi simultaneamente. Vibra il corpo stesso, il legno, per determinare la variazione di pressione dell’aria. Ciascuna categoria di strumenti presenta diverse suddivisioni che obbediscono ad altrettanti criteri classificatori Nel caso degli aerofoni, ci sono aerofoni in campo aperto. Rombo: strumento aborigeno, ha una funzione di comunicazione a distanza tra tribù. C’è una parte di legno impugnata e l’altra parte viene fa3a roteare, il movimento dell’aria genera una vibrazione. La frequenza generata, la massa sonora, è più o meno acuta a seconda della dimensione della parte e della velocità alla quale lo strumento viene fa3o roteare. Il mezzo elas8co è l’aria. La variazione del suono dipende dall’intensità della rotazione e dalla grandezza della parte che viene messa in rotazione nel campo aperto, la parte non impugnata. Poi ci sono strumen8 ad aria come il flauto dri3o, in cui ciò che viene sollecitato è la colonna d’aria che si trova all’interno dello strumento. Modificando la tastatura o3eniamo suoni diversi. Le frequenze generate dallo strumento dipendono dalla lunghezza della colonna d’aria. Se pigio i tas8 modifico la lunghezza della colonna d’aria e ho un suono diverso. Più è arricciato lo strumento più è grande la colonna d’aria, quindi il suono sarà più grave. L’o3avino è molto corto e il suono è acuto. È una legge fisica, vale anche per le corde. La lunghezza d’onda è inversamente proporzionale alla frequenza. - Più lunga è la colonna d’aria minori sono gli hertz. - Più corta è la colonna d’aria maggiori sono gli hertz. Distinzione degli aerofoni a colonna d’aria: -a imboccatura naturale (flauto dri3o) -ad ancia semplice (clarine3o) -ad ancia doppia (oboe) -a bocchino (tromba, trombone) -a serbatoio d’aria (cornamusa, fisarmonica, organe3o) C’è un’interfaccia. Apro e chiudo il serbatoio d’aria, determino la frequenza con cui l’aria esce dallo strumento e la tastatura perme3e di modificarla. 20 La categoria degli idiofoni è quella in assoluto più vasta. Non tuJ sono a percussione. È un modo di sollecitazione del corpo vibrante dello strumento, mentre la classificazione si basa sulla definizione del corpo vibrante. Possono essere a: -pizzico -frizione -aria Gli idiofoni a percussione si dis8nguono tra percussione dire3a e indire3a. Al loro interno ci sono altre 8pologie: Percussione dire4a: -dire4a a concussione Percussione indire4a: -percussione indire4a a raschiamento -indire4a a scuo3mento (int. / est.) Lo xilofono è fa3o di lamelle di legno o di metallo che vibrano e producono la variazione di pressione dell’aria. Viene sollecitato a percussione dire3a, con un ba3ente che percuote. Le maracas sono a percussione indire3a a scuo8mento. Indire3a perché scuoto lo strumento e i sassolini, il riso, indire3amente si me3ono a percuotere lungo l’involucro delle maracas. Lo scacciapensieri è uno strumento a pizzico. Nel triangolo ciò che vibra è il triangolo stesso, sollecitato da un ba3ente dello stesso materiale. 21 2. La voce umana 2.1. Respirazione 2.2. Fonazione 2.3. Altri suoni vocali 2.4. Tessiture umane La voce umana è uno “strumento”. Ciò che vibra in genere è la colonna d’aria che c’è all’interno del nostro corpo. Noi sappiamo fare altri 8pi di suoni non genera8 dalla colonna d’aria. Nella produzione del suono ordinario (parlare e cantare) bisogna considerare che ciò che viene messo in moto è la respirazione, che genera fonazione, il comportamento del corpo umano che genera i suoni, innanzitu3o i suoni vocalici. Poi ci sono altri suoni che possono essere prodoJ dalla voce. I contoidi sono i suoni, i foni delle consonan8. La modalità di produzione non è necessariamente quella della fonazione ordinaria. 2.1. Respirazione Dai polmoni l’aria passa verso i bronchi, poi nella trachea, la laringe, la faringe, nel cavo orale ed esce dalle labbra. Quando espiriamo il flusso d’aria non incontra nessuna ostruzione. 2.2. Fonazione L’ul3ma ostruzione possibile sono le labbra. Il suono viene ostruito per un istante (per esempio con B e P labiali). Il flusso d’aria non incontra ostruzioni par8colari, se non quelle del cavo orale, quando sussurriamo. Nel sussurrato il flusso d’aria quando esce dalla faringe va nel cavo orale, e il cavo orale produce l’ar8colazione. Contoidi = foni consonan3ci Quando non sussurriamo entrano in gioco le pliche, corde vocali, che possono ostruire o lasciar passare il flusso d’aria. Non funzionano come le labbra. Sono delle membrane soJli la cui ostruzione è rela8va. Si me3ono in vibrazione. Sono duJli come le corde di una chitarra da accordare. Si allargano, si restringono, lasciano passare l’aria. - Con il suono acuto la plica è più lunga, come una corda più tesa. - Con il suono più grave la plica è più corta, più grossa. 22 2.3. Altri suoni vocali Suoni prodoJ non dalle pliche vocali ma dall’ar3colazione del flusso d’aria con le ostruzioni, che possono essere determinate dalle par3 del cavo orale. In par3colare il suono dei contoidi labiali, vocali nel senso di emessi dalla voce ma non vocalici! ü I VOCOIDI o foni vocalici sono i suoni vocalici, corrispondono alle vocali di una lingua a cui corrispondono dei grafemi, segni che le indicano (5, con accen8 7). ü I CONTOIDI sono suoni vocali non vocalici, suoni lega8 alle consonan8. Tra i contoidi dis8nguiamo i contoidi sonori e non sonori. o Quelli non sonori sono quelli di consonan8 come S, F. Non vengono sollecitate le pliche vocali. o Quelli sonori come N, M, R. Intervengono le pliche vocali. Quindi i suoni vocali sono prodoV dalla voce. Poi c’è una dis3nzione tra suoni vocalici e consonan3ci, vocoidi e contoidi (vocali e consonan3). Tra i contoidi ci sono quelli sonori e non sonori. La voce è uno strumento duJlissimo. 2.4. Le tessiture Tu3a l’aJvità didaJco-musicale 8ene conto delle tessiture. Le frequenze in hertz da sinistra verso destra vanno dal grave verso l’acuto. Fanno capire quali sono le frequenze occupate dalle vocali e quali dalle consonan8 nella fonazione umana. Poi la frequenza dell’aria e del respiro. Nominazioni di basso, alto, tenore e soprano. La riga orizzontale definisce la tessitura. La tessitura è la gamma di frequenze che una voce, uno strumento, riesce a produrre con agio, senza difficoltà. TuJ gli strumen8 e le voci hanno una tessitura definita, ordinaria. Le par8 estreme della tessitura, le note in assoluto più gravi o acute necessitano di maggior esperienza e esercizio. 23 Tessiture standard: -BASSO -TENORE -CONTRALTO -SOPRANO Le linee orizzontali partono dal suono più grave al più acuto che viene eseguito da un basso, tenore, contralto, soprano. Queste tessiture si spostano nel campo frequenziale. ð Il basso è la voce più grave ð Il tenore, tessitura un po’ più acuta del basso ð Il contralto, la cui tessitura sta tra il tenore e il soprano ð Il soprano è la voce più acuta - Generalmente le tessiture di basso e tenore sono definite tessiture maschili. - Mentre contralto e soprano sono definite tessiture femminili. Questo in virtù della pra8ca musicale consolidatasi nel 1800 grazie al repertorio della lirica, in cui i cantan8 a3ori e a3rici erano maschi generalmente bassi e tenori, donne contral8 e soprano. Ma non è sempre stato così. La dis8nzione maschile e femminile è culturale e storicamente datata e standardizzata dal 1800 in su. Nel passato e oggi le tessiture indicano tessiture a prescindere dal genere del cantante. Il repertorio ecclesias8co del 1500/1600 annoverava tu3e queste tessiture ma non c’era nessuna donna che cantava in chiesa. Venivano usa8 cantan8 esercita8 in questo o voci bianche per le par8 di soprano, oppure per le par8 di maggiore agilità c’era la pra8ca della castrazione, che non generava la muta della voce nei cantan8 maschi, quindi rimanevano soprani o contral8s8. In realtà con l’esercizio si possono raggiungere risulta8 notevoli. Nelle fon8 an8che le narrazioni e le cronache dicono che le voci non erano maschili e femminili ma solo tessiture, pra8cate da maschi e femmine nella vita domes8ca, ma negli ambien8 ufficiali ed ecclesias8ci a3estano la presenza esclusiva di cantan8 maschi. Ripar3zione delle tessiture vocali: Soprano / Tenore (par8colarmente usate nel repertorio melodramma8co) -leggero voci par8colarmente allenate nel res8tuire la fascia acuta della tessitura, si muovono con agio nella parte acuta. -lirico è una voce piena che si muove con agio nella zona intermedia della tessitura. -drammatico voci che si muovono con agio nella parte grave del registro. 24 L'ambito di una tessitura è dato dalla nota più grave e da quella più acuta. L’ambito ci perme3e di classificare le melodie. A scuola le melodie devono avere un ambito rido3o, che deve essere di una sesta o di una o3ava. È l’intervallo di distanza tra il suono più grave e il suono più acuto. Tessitura e registro sono traslabili nello spazio acus8co. Ci sono canzoni che si fanno cantare ai bambini (per esempio dei cartoni anima8) che molto spesso si estendono in un ambito vocale non ada3o alla vocalità infan8le perché superano l’ambito di sesta o di o3ava. Esistono anche le tessiture strumentali. Contrabbasso, violoncello, viola e violino sono basso, tenore, contralto e soprano degli strumen8 ad arco. 25 3. L’orchestra Contenu8 3.0 Introduzione 3.1 L’orchestra 3.2 Le famiglie dell’orchestra 3.3 Disposizione 3.4 Ascolto e comprensione: Benjamin Bri3en, The Young Person’s Guide to the Orchestra (1946) 3.0 Introduzione La classificazione Hornbostel-Sachs (di 8po scien8fico) degli strumen8 musicali è molto importante perché ci perme3e di classificare gli strumen3 musicali costrui3 nelle diverse culture umane in quella fase in cui l’uomo occidentale viaggiava e colonizzava, descrivendo così il patrimonio mondiale. InfaJ, così come sono sta8 descriJ utensili vari, così siamo arriva8 a una descrizione degli strumen8 musicali. La classificazione che per noi è più u3le è quella D’USO, ovvero NON SCIENTIFICA, che si è costruita nel corso del tempo in occidente. ð Essa dipende dalla classificazione degli strumen3 in uso nella pra3ca musicale, strumentale e strumentale-vocale. 3.1 L’orchestra Il termine orchestra ha un’origine che e8mologicamente designa lo spazio che nel teatro greco era des8nato alla danza e alla presenza di eventuali strumen8 che eseguivano le musiche per la danza o di accompagnamento dei cori. Noi oggi quando parliamo di orchestra intendiamo quella sinfonica, delle sue famiglie strumentali e della loro distribuzione sul palco (di fronte al podio del dire4ore). 3.2 Le famiglie dell’orchestra Esse sono essenzialmente tre, anche se in realtà qua3ro, perché la prima famiglia è divisa in due categorie. 1) Fia3: legni e o4oni 2) Percussioni 3) Archi I FIATI, legni e oIoni, sono tuJ degli aerofoni. Però in questo contesto di classificazione d’uso (che si rifle3e nell’aJvità didaJca) noi non siamo autorizza8 a parlare di aerofoni, piu3osto dobbiamo parlare di fia8, in quanto sono appunto strumen8 a fiato; è meglio dire che essi sono un so3ogruppo par8colare degli aerofoni. TuV i fia3 che compongono l’orchestra sono aerofoni ma non tuV gli aerofoni sono fia3. Vediamo che i fia8, legni e o3oni, sono iden8fica8 anche da altri criteri. Per esempio sono tuV suona3 insufflando all’interno del tubo che cos3tuisce la parte principale dello strumento. La dis3nzione tra legni e o4oni ha a che fare con il materiale storico con cui ques3 strumen3 venivano costrui3. 26 Tra i fia8 abbiamo i legni (dall’o3avino con la tessitura più acuta al controfago3o con la tessitura più grave). Alcuni sono so4olinea3 per il fa4o che corrispondono al set delle 4 tessiture vocaliche umane. Il flauto è il soprano dei legni, l’oboe è il contralto dei legni, il clarine3o è il tenore dei legni e il fago3o è il basso dei legni. Sono qualita3vamente diversi per il modo di sollecitazione della colonna d’aria. Il flauto è uno strumento a imboccatura semplice, l’oboe è uno strumento ad ancia doppia e il clarine3o è uno strumento ad ancia semplice. Si chiamano legni perché alcuni di essi lo sono tu4’oggi (controfago3o, fago3o, clarine3o, oboe, corno inglese) o comunque lo sono sta3 (o3avino e flauto). Ques8 strumen8 in passato erano tuJ in legno poi le tecniche costruJve sono cambiate, per esigenze tecniche e possibilità tecnologiche, e di conseguenza ques8 strumen8 si sono evolu8. Gli ottoni si chiamano così perché an3camente lo strumento era costruito in o4one e anche qua abbiamo, dall’acuto al grave, i corni (soprani), trombe (contral8), tromboni (tenore) e la tuba (bassi). Nella metà dell’800 si è aggiunto uno strumento che in realtà è un’ibrido, con le cara3eris8che del clarine3o ma è in o3one, perciò è uno strumento che appar8ene alle due famiglie: parliamo del sassofono. Per quanto riguarda le PERCUSSIONI alcune sono degli idiofoni altre sono dei membranofoni (rullante e grancassa). Tu4e hanno in comune il fa4o che per essere azionate vengono percosse. Il criterio che unifica le percussioni è dato dal fa3o che sono tuJ strumen8 che con i ba3en8 o con le mani vengono comunque percossi. Ma alcuni di ques8, per la classificazione scien8fica, sono appunto idiofoni, altri membranofoni. Infine gli ARCHI che sono tuJ effeJvamente cordofoni (ma non tuJ i cordofoni sono strumen8 ad arco). Da sinistra verso destra vediamo, un violino (soprano), la viola (un contralto), un violoncello (un tenore) e un contrabbasso (basso). La lunghezza della corda è una grandezza inversamente proporzionale alla frequenza (agli hertz). I suoni più gravi sono prodoJ dal contrabbasso (corde più grosse e più lunghe), mentre quelli più acu8 dal violino (corde più soJli e più corte). Le frequenze più gravi (più basse) sono quelle che hanno pochi hertz. La tessitura acuta del violino è una gamma di suoni che hanno frequenze fondamentali piu3osto acute. La lunghezza d’onda e la frequenza sono due grandezze inversamente e reciprocamente proporzionali. Più grande è la lunghezza d’onda minori sono gli Hertz (più basse sono le frequenze); più corta è la lunghezza d’onda maggiori saranno gli Hertz (diminuisce la lunghezza d’onda e aumentano le frequenze). 27 Gli archi ci richiamano alla sollecitazione standard delle corde di ques8 strumen8, che prendono il nome dal fa3o che le corde vengono sollecitate generalmente con un arche3o. Tu3avia in altre lingue questa famiglia si chiama [strings,Streichinstrumente, cordes]: queste tre parole hanno in comune proprio la parola “corda” e quindi in un certo senso si fa riferimento all’appartenenza di ques8 strumen8 alla famiglia dei cordofoni. In effeJ in questa famiglia rientrano strumen8 che non sono archi, ma altri componen8 della famiglia. Appartengono agli archi (nella categoria dei termini stranieri) le arpe, per indicare il primo strumento a corde che si sia aggiunto storicamente al set di archi dell’orchestra. Il secondo strumento che è entrato in orchestra in alcune par8ture e che fa sempre parte della famiglia degli archi (o più corre3amente nella famiglia delle corde), è il pianoforte. Pochi pezzi orchestrali contengono il pianoforte mentre un po’ di più le arpe. Sono pochissimi i brani d’orchestra in cui è presente la chitarra (anche se fa ugualmente parte di questa famiglia che tradizionalmente chiamiamo archi). 3.3 Disposizione Anche la disposizione si è formata in occidente nel corso del tempo. Normalmente un’orchestra sinfonica, si presenta così: Il criterio di questa disposizione è dovuto alla potenza sonora di ques3 strumen3 che presi anche individualmente è molto diversa. La presenza maggiore degli archi serve per equilibrare la potenza di emissione che generano gli altri strumen8 che sono numericamente inferiori e disloca8 più indietro rispe3o agli altri strumen8. La potenza delle trombe, dei tromboni e della tuba è tale per cui nei passaggi in cui sono più presen8 il clarineJsta e il fagoJsta si me3ono i tappi, essendo strumen8 con capacità foniche molto sviluppate. 28 3.4 Ascolto e comprensione: Benjamin Britten, The Young Person’s Guide to the Orchestra (1946) Nonostante ascoltare un brano orchestrale dal vivo sia decisamente meglio, un famosissimo compositore britannico, Benjamin Bri3en compose per la televisione “The Young Person’s Guide to the Orchestra”. Una composizione che comporta tre grandi macro sezioni: la prima sezione presenta un tema musicale (melodia+accompagnamento) poi questo tema viene elaborato in 13 variazioni. L’ul8ma sezione è la ripresa di questo tema, composto secondo una tecnica de3a “fuga” consolidata dalla fine del 600. Nella stessa par8tura il compositore elabora un breve testo introduJvo che gius8fica la composizione. 29 30 => Disposizione degli strumenti nell’orchestra: 1) Archi 2) Legni 3) Ottoni 4) Percussioni Generalmente la disposizione segue l’ordine delle tessiture dall’acuto al grave a raggiera. Lo si può notare ad esempio nella famiglia degli o3oni in cui i corni sono gli strumen8 più acu8 e spostandoci da sinistra a destra arriviamo alla tuba, che è lo strumento più grave. In Benjamin BriDen Young Person’s Guide To The Orchestra si seguono 13 variazioni, le quali presentano e isolano gli strumen8 dell’orchestra dando ad alcuni di essi una parte solis8ca, predominante, e agli altri una parte di accompagnamento, di sfondo: in primo piano, dalla 1^ alla 13^ variazione progressivamente. Le prime qua3ro variazioni (1-4) si concentrano sui legni e fanno sen8re chiaramente 1. Nella prima variazione la sonorità dell’o4avino e dei due flau3, accompagna3 da altri tre strumen3 2. Nella seconda variazione i protagonis3 invece sono i due oboi 3. Nella terza variazione i due clarineV 4. Nella quarta variazione i due fagoV Dopodiché, le variazioni 5-6-7-8 sono dedicate agli archi: violini, viole, violoncelli, contrabbassi. Segue poi una variazione dell’arpa con altri strumen8 nello sfondo. Le variazioni 10-11-12 vedono protagonis3 gli o4oni: 4 corni, 2 trombe e insieme 3 tromboni e 1 tuba. La tredicesima variazione è interamente dedicata invece alle percussioni. Nelle immagini del video del brano si possono notare dis8ntamente le diverse famiglie degli strumen8 musicali, all’inizio suonano tuJ insieme mentre le variazioni consentono di sen8re dis8ntamente ciascuna parte strumentale. 31 => PARTITURA D’ORCHESTRA Le4ura globale del testo musicale che si basa nel colpo d’occhio, ossia guardare la massa grafica, che è disposta sulla pagina, non si a3arda sulla singola nota. È verificato dalla psicologia sperimentale che questo approccio alla par8tura musicale sia più efficace rispe3o alla metodologia standard che riguarda la le3ura dei singoli segni. Nella par8tura si riconosce il PENTAGRAMMA, sul quale sono collocate tante cose. ð al di so3o del pentagramma il colpo d’occhio ci porta a leggere le INDICAZIONI AGOGICHE, che si trovano all’inizio della par8tura, durante le fasi della par8tura. ð Dopodiché abbiamo in evidenza molte NOTE, precedute da una CHIAVE DI VIOLINO. ð Subito dopo quest’ul8ma c'è un'INDICAZIONE METRICA e ci sono poi una serie di note, diverse, alcune bianche e altre nere, con dei gambi di volta in volta differen8. ð E poi un'INDICAZIONE DINAMICA (forcelle del crescendo). Quello è quello che i violini vedono. ð C'è poi una serie di segni, chiama8 SEGNI ESPRESSIVI, che segna come deve essere tecnicamente eseguita ciascuna nota (es. come deve essere poggiato l’arco del violino per suonare una nota, arcata in giù o arcata in su). Prima pagina della par8tura di Young Person’s Guide To The Orchestra vede un tuJ orchestrale (tuJ suonano insieme) con tu3e le par8 con gli strumen8 sovrapposte simultaneamente. ü La prima pagina è quella del dire4ore d'orchestra. I singoli musicis3 non hanno questa par3tura ma hanno solo il proprio libro musicale con il loro pentagramma e vedono solo la loro parte da suonare. Complessivamente possiamo notare che si legge orizzontalmente da sinistra verso destra e ver3calmente vediamo la simultaneità dei suoni che si stanno producendo perché all'inizio suonano tuV insieme (infaJ sono presen8 nella prima ba3uta tre note uguali per tuJ e una quarta nota nella seconda ba3uta, che comprende una serie di note suonate tuJ insieme). Più segni in par3tura= più vitalità ritmica sonora. TuJ i segni sono contenu8 in ba3ute che sono delimitate da delle stanghe3e orizzontali (nell’immagine ci sono tre ba3ute). A colpo d’occhio dis8nguo anche ciò che gli strumen8 suonano singolarmente scorrendo nell’asse ver8cale. Anche in questo caso, come nel caso del grafico del suono, si tra3a di un grafico cartesiano: scorrimento del tempo e degli even8 e, nell’altro verso, la simultaneità del suono, che è organizzata, scri3a, sovrapponendo le par8 strumentali. 32 Gli strumen3 sono dispos3 dall'alto verso il basso secondo l'ordine delle famiglie dell’orchestra: § fiaM (prima i legni: dall'o3avino al fago3o e poi gli o3oni: dai corni alla tuba), poi ci sono i 8mpani. § percussioni § corde (arpa e violini). TuV i pentagrammi sono collega3 da un'unica riga ver3cale, dall’alto verso il basso, che raggruppa tuJ i pentagrammi: SISTEMA (a sinistra della chiave di violino) e significa che gli strumen3 vanno suona3 simultaneamente. Nell’immagine c’è un unico sistema che raggruppa tuJ i pentagrammi. Dopodiché ci sono segni grafici che aiutano, all’inizio e all’interno della par3tura, a dis3nguere dentro i sistemi di par3 i gruppi, le famiglie strumentali. La sorta di parentesi quadra arricciata raccoglie e racchiude tuJ i legni, è un indicatore o marcatore grafico che aiuta a dis8nguere le famiglie degli strumen8. Stessa cosa avviene per gli o3oni dai corni alla tuba, passando a3raverso le trombe e i trombini. Stesso dicasi per la quadra che raggruppa le percussioni e la quadra per gli archi. L'arpa è isolata e viene indicata con la graffa perché segue e legge due pentagrammi simultaneamente come il pianoforte, uno con la chiave di violino, uno con la chiave di basso. L’arpa, infaJ, può produrre diverse note insieme pizzicando con le dita le corde. La graffa nelle percussioni indica che è des8nato ad un solo musicista, infaJ la parentesi graffa serve a raggruppare o par8 des8nate ad un solo musicista o par8 affidate a strumen8s8 diversi dello stesso 8po (es caso dei tromboni e tuba). Le stanghe3e di ba3uta si interrompono tra o3oni e percussioni. Le percussioni cos8tuiscono un gruppo molto diverso rispe3o agli altri nell’orchestra, è il gruppo entrato più lentamente nell’orchestra. Sono inoltre molto diverse dal punto di vista fonico (xilofono/grancassa). È il gruppo meno omogeneo e questo lo si può notare anche dalla par8tura. 33 In alcuni casi su un pentagramma ci sono più note, dipende se è uno strumento polifonico come le arpe, le più note che si trovano su un gruppo di due pentagrammi segna8 con una graffa significano che lo strumento è suonato da un solo musicista; se invece ci sono più note sullo stesso pentagramma, des8nate a par8 monomiche(?) e a strumen8 monofonici (che suonano una nota alla volta, come trombone, tuba) serve a dis8nguere sul pentagramma che strumen8 uguali vengono suona8 da musicis8 diversi e producono suoni diversi (trombone III e tuba); è più facile ed ergonomica la le3ura del pentagramma. I musicis8 vedono le proprie note ma il dire3ore d'orchestra le vede tu3e insieme diverse così. All'interno dei gruppi il criterio seguito per la disposizione degli strumen3 è dal più acuto al più grave (all'interno di ogni famiglia), in alto nella par8tura si vedono i legni, in basso gli archi, in mezzo o3oni e percussioni. Il dire4ore d’orchestra nella par3tura d’orchestra vede ciò che devono suonare gli strumen3 davan3 a lui: Ø gli archi davan3 Ø i legni subito dietro gli archi Ø o4oni Ø percussioni L’impostazione della par8tura è ques8one di una disposizione pra8ca. La CHIAVE DI VIOLINO è una G s8lizzata e sta a indicare g che è il nome teorico del Sol. Perché la G indica il Sol? Perché le note nella teoria musicale si contano con le le3ere dell’alfabeto: partendo dal La, che corrisponde alla A. Facendo La, Si, Do, Re, Mi, Fa, Sol, il Sol corrisponde alla G. La seconda riga del pentagramma partendo dal basso è quella in cui viene collocato il Sol. La CHIAVE DI BASSO è una s8lizzazione della F, sempre facendo riferimento all’alfabeto che iden8fica il Fa. Questa chiave indica il rigo del pentagramma in cui colloco il Fa. La chiave della viola è una s8lizzazione della C, è una CHIAVE DI CONTRALTO il Do centrale, che sta sul terzo rigo del pentagramma. Prima indicava dove era il Do. Sono le chiavi che decidono i nomi delle note!! Nel violoncello le note escono dal pentagramma e hanno bisogno di tagli addizionali (righe aggiun8ve) e per evitare di scrivere note fuori pentagramma si cambia il sistema di riferimento, ossia la chiave, avvicinando così le note al pentagramma. Questa pagina di par8tura non si legge come la pagina precedente. Significa che nei due sistemi simultaneamente suonano le par3, gli strumen3 segna3 dalla riga ver3cale. Anche qui le parentesi dividono e iden8ficano i diversi raggruppamen8 interni all’orchestra per iden8ficare i diversi 8mbri. 34 L’immagine si riferisce alla variazione del piccolo e i due flauti, in ordine: o PICCOLO divisi perché suonano cose diverse, con un o FLAUTO I pentagramma per ciascuna parte di flauto o FLAUTO II o tRIANGOLO (percussione) o ARPA o VIOLINI PRIMI o VIOLINI SECONDI Dopodiché si trova la stessa sequenza di strumen8. Perché? Per ergonomia di impaginazione ho due sistemi per pagina, non uno. C'è una DIVISIONE, il segno di divisione è indicato dalla freccia e indica due sistemi divisi. Il sistema di pentagrammi è come se fosse un copione di teatro scri3o simultaneamente con tu3e le ba3ute, con tuJ i suoni simultanei. Come nel teatro, si inizia con tuJ i personaggi che recitano insieme. Dopo ci sono poi le variazioni con solis8 e accompagnamento, non tuJ i personaggi vanno in scena. L'impaginazione riduce il sistema. La divisione è quella stanghe3a obliqua che segna l'interruzione. Quando c’è questo segno o quando non c’è e ci sono due sistemi uno dietro l’altro, occorre andare a capo e leggerli di seguito. Domanda 8po dell’esame § Quali indicazioni dinamiche leggo alla 5^ ba3uta del 1^ sistema nel pentagramma della parte del triangolo? p § Nel secondo sistema, terza ba3uta, quali sono le indicazioni dinamiche del piccolo (o3avino)? ff § Quante note ci sono nella 2^ ba3uta nella parte di fago3o? § Terza ba3ura, tuba, indicazione dinamica: Crescendo e diminuendo nei pentagrammi Il miglior modo per avvicinare i bambini alla conoscenza delle varie famiglie degli strumen8 è quello di farglieli vedere e sen8re dal vivo 35 Il ritmo Contenu3: 5.1. Sincronizzazione e pulsazione 5.2 Pulsazione isocrona e metro 5.3 Suddivisioni della pulsazione; metro semplice, metro composto La NOTAZIONE MUSICALE è una scri3ura e come tu3e le scri3ure non riesce a dire tu3o. La scri3ura rispe3o all’oralità con8ene complessità. È importante il rapporto tra l’oralità, la pra8ca musicale e una delle scri3ure possibili (quella della notazione standard, diffusa in Occidente). La DURATA è uno dei parametri del segnale sonoro; § ha una misurazione oggeVva (quella del sistema sessagesimale dei minu8/secondi) § e vari 3pi di misurazioni rela3ve (possono essere tan8ssime => ne possiamo inventare noi quante ne vogliamo; la notazione musicale ha introdo3o un 8po di misurazione rela8va delle durate dei suoni che è rappresentato con le forme delle note) 71 Una nota è generalmente des8nata ad essere collocata su un pentagramma ed essa è formata Ci sono tante possibilità di rappresentarle, per esempio dalla TESTA, il GAMBO (o gamba) e la CEDIGLIA: con un’unica cediglia oppure una che unisce più note (questo è un modo di indicare rela8vamente le durate). Questo serve per rendere oggeJvamente misurabile la durata del suono. A questo punto possiamo introdurre la nozione di agogica che coincide con la velocità di scorrimento degli even3 sonori, in par3colare della velocità di pulsazione. ð La velocità di pulsazione può essere convenzionale e può essere definita per esempio tramite uno strumento, cioè il metronomo (perme3e di definire i baJ8 per minuto e tramite una proporzione riesco a dire esa3amente quanto vale in minu8/secondi anche la singola nota). OGNI SEGNALE SONORO QUINDI HA: Ø una durata Ø un inizio Ø una fine Questo più in generale lo chiamiamo TEMPO. Il termine “tempo” in musica può essere u8lizzato: per riferirci al tempo di un brano (cioè la sua durata complessiva) al fa4o di essere lento o veloce (se sta quindi ad indicare l’agogica); in alcuni contes3 par3colari, per esempio nella musica d’arte o in una sinfonia, la parola “tempo” è sinonimo di movimento. (La sinfonia n.40 di Mozart è fa3a di 4 movimen8 e ciascuno di ques8 4 movimen8 può essere chiamato “tempo” => Rappresenta in questo caso ciascuna delle sezioni costruJve). Il tempo però non esiste, esistono variazioni di stato della materia; perciò è stata cri8cata questa nozione che alla fin fine ha a che fare con la percezione dei cambiamen8 degli sta8 della materia. 5.1 Sincronizzazione e pulsazione Una delle cara3eris8che del tempo in musica è che una durata x può essere ripar3ta in vari modi: § in modo irregolare § oppure in modo regolare Gli impulsi ritmici sono ISOCRONI quando hanno lo stesso tempo (durata). 72 5.2. Pulsazione isocrona e metro La pulsazione quando c’è (dato che potrebbe anche non esserci) è u3le se è isocrona. Il tempo globale del pezzo può essere ripar3to in tot. pulsazioni isocrone o in sequenze di pulsazioni isocrone, la cui durata può variare nel corso del tempo. La pulsazione isocrona non è necessariamente espressa, magari c’è ma non è esplicita, rimanendo quindi nello sfondo. Nei pezzi che ascol8amo della popular music la pulsazione isocrona è presente perché è marcata dalla ba3eria, ma non è de3o che la ba3eria faccia sempre lo stesso suono. Anche nel pop e nel jazz la ba3eria nelle sue sequenze ritmiche spesso fa valori che corrispondono alla pulsazione isocrona ma anche altri valori ritmici che la suddividono. Quando realizziamo un brano standard non s8amo soltanto eseguendo i ritmi che sono trascriJ e che sono organizza8 secondo pulsazioni isocrone, ma facciamo anche cicli di pulsazioni isocrone. Le pulsazioni isocrone nel repertorio occidentale generalmente sono organizzate in cicli e ques3 cicli si chiamano METRI. ð il metro nella musica occidentale è un ciclo di pulsazioni isocrone! Spesso il termine metro nei tes8, viene indicato con la parola tempo, ulteriore mo8vo di confusione. (La definizione giusta è quella di metro). Il metro può essere binario, ternario, quaternario ecc…e può essere semplice o composto. 73 5.2.1. Metro quaternario (‘4 pulsazioni per ciclo’) Alcuni esempi sono: - Tango; - h3ps://youtu.be/pAgnJDJN4VA?si=cxRow0R7P8T4q_AT (Back In Black, AC/DC). In quest’ul8mo esempio possiamo notare che non tu3e le pulsazioni sono uguali, ce n’è una più importante delle altre ed è la prima del ciclo. Ø C’è una pulsazione che è più accentuata ed è IN BATTERE Ø rispe4o alla quale tu4e le altre sono IN LEVARE Al punto che sostanzialmente noi riusciamo a contare e a scandire i numeri della nostra conta. Non sono soltanto sincronizza8, “non vanno soltanto a ritmo”, ma stanno anche realizzando un metro QUATERNARIO, cioè sequenze di cicli di 4 pulsazioni per ciclo con una prima pulsazione più forte delle altre che è appunto in ba4ere, rispe4o alle altre che sono in levare. Se noi in classe vorremo insegnare una canzone in 4/4 e vogliamo sostenere la percezione del ciclo metrico quaternario, potremo usare il seguente gesto: 4 pulsazioni per ciclo e ogni pulsazione vale ¼ (il nostro “TA” nella nomenclatura di Kodàly) ü In 4ª/4ª il ritmo è la sequenza dei valori ritmici che io leggo (il ritmo è proprio l’enunciazione della frase dal punto di vista della successione delle durate dei suoni che devo produrre) ü Da non confondere con il metro che è 4/4 (il modulo, lo schema all’interno del quale questa enunciazione musicale, composta da intervalli, melodia e componente ritmica, è collocata), cioè un ciclo di 4 pulsazioni isocrone ciascuna delle quali ha come valore rela8vo il quarto. Il metro, come già an8cipato, può essere binario, ternario o quaternario. Nel seguente es, ciascuno dei suoni che viene emesso (dalle chitarre, dal basso, ecc.) ha una propria durata. Le par8 dei diversi musicis8 hanno un ritmo che è dato dalla sequenza dei valori ritmici, ovvero dalla sequenza dei valori di durata di ciascun suono che sono però organizza8 a3orno a un comune denominatore che è la pulsazione. La pulsazione è isocrona e per di più come il 90% delle canzoni pop e rock, il metro è quaternario. h3ps://youtu.be/s9pAMjOdEbI?si=JvnGxzwZH3mU5w9y (tango argen8no) 74 5.2.2. Metro ternario (‘3 pulsazioni per ciclo’) Alcuni esempi sono: - B. BriIen, The Young Person’s Guide to the Orchestra, Tema; - Larry Morey & Frank Churchill, Someday My Prince Will Come; - Il valzer 5.2.2. Metro binario (‘2 pulsazioni per ciclo’) Esempio: h3ps://www.youtube.com/watch?v=DdvHUJ88tao 5.2.3 Altri cicli (5,7,9) Esempio: - Paul Desmond, Take Five (Dave Brubeck Quartet, Time Out, 1959) - jazz in metro quinario 75 5.3. Suddivisioni della pulsazione; metro semplice e metro composto Generalmente il METRO BINARIO SEMPLICE è espresso in 2/4, con 2 pulsazioni per ciclo. Ciascuna di queste pulsazioni è rappresentata dal quarto, che si chiama anche semiminima (che nella didaJca Kodàliana chiamiamo “TA”) —> LISA-LISA-LISA Il METRO TERNARIO SEMPLICE è in genere indicato come 3/4, un ciclo di 3 pulsazioni il cui valore di pulsazione è quello indicato dal denominatore, cioè il quarto. Il ciclo ternario è invece indicato dal numeratore, quindi in questo caso il numero 3 (il denominatore può anche indicare il ciclo binario o quaternario). Il METRO QUATERNARIO SEMPLICE invece è fa3o di 4 pulsazioni in 4/4, cioè 4 pulsazioni da una semiminima ciascuno. Il metro è semplice quando la divisione della pulsazione è binaria, cioè ciascun valore di pulsazione può essere suddiviso in due. Anche un METRO COMPOSTO può essere binario, ternario, quaternario ecc. Esso è appunto composto perché la divisone dei valori di pulsazione non è più binaria ma ternaria (3 valori isocroni che suddividono il valore di pulsazione). Anche nei metri compos8 il denominatore indica il valore di suddivisione della pulsazione. 76 77 5.4 Pulsazione e durata dei suoni Un po’ ne abbiamo già parlato, nelle prime lezioni, parlando di durata (assoluta e rela8va) Quando vogliamo dare una informazione rela8va alla durata assoluta noi u8lizziamo lo strumento che è il metronomo! 5.4.1. Metronomo e agogica Qui rappresenta8 ci sono diversi 8pi di metronomi; Definisce quale è la velocità di scansione della pulsazione! Lo strumento in origine era un pendolo che perme3e di scegliere i baJ8 per minuto! ð La velocità di pulsazione è definita in baV3 per minuto! Su una pulsazione sento anche un SUONO ACUTO che mi segnala il baJto che si trova ogni due, ogni tre, ogni qua3ro (a seconda del ciclo metrico). Nei metronomi si trova una scri4a, una equivalenza approssima3va, tra la velocità di pulsazione espressa in baV3 per minuto e la velocità di pulsazione che esprimono le INDICAZIONI AGOGICHE (arche3o, adagio, andante, moderato, allegro, presto, pres8ssimo) => perché in par8tura, storicamente, abbiamo avuto (sino ai primi decenni dell’800) soltanto le indicazioni agogiche e quindi i musicis8 per convenzione sapevano, vedevano loro, quanto dovesse essere allegro un brano e decidevano di conseguenza la velocità di pulsazione che bisognava immaginare per eseguire quello che c’era nella par8tura… A un certo momento, Beethoven tra i primi, entra in vigore questo strumento ed emerge la possibilità di indicare con precisione la velocità di scansione degli even3 musicali!! In questo caso, la par8tura che abbiamo (sinfonia di Mozart) è indicata in 2/4, l’indicazione da l’informazione dell’intera durata di ogni ba3uta e dice che ogni ba3uta deve durare 108 (velocità di pulsazione 108x2; perché una ba3uta di 2/4 significa una ba3uta che ha come unità di pulsazione il quarto, cioè la semiminima, e se nella ba3uta di 2/4 la minima vale 108 allora la semiminima varrà 108x2) 78 Quindi da questo momento i compositori u8lizzano sistema8ca questa possibilità per esprimere con chiarezza, in maniera assoluta la velocità di scansione degli even8 musicali. La affiancano anche da questo 8po di indicazione agogica che è ha anche funzione di indicazione di cara4ere! Il cara3ere di una musica quindi non indica la velocità… ma se deve essere allegra etc… In assenza di indicazione metronomica ci si può conformare a ques8 archi di ba3u8 per minuto e ci si allinea a seconda di tan8 aspeJ espressivi del brano oppure anche delle nostre capacità tecniche. 79 5.5 Notazione del ritmo (con esercizi) 5.5.1 Quarti e mezzi in metri semplici Dal punto di vista conce4uale è importante non confondere l’idea tra pulsazione e valore ritmico! 80 ESERCIZI (È importante avere a mente queste cose:) Capire quale è quando canta, oppure inventare un testo che può starci: INVENTARE CANTATO: Gli accen8 delle parole che cerchiamo devono essere sul primo valore della ba3uta, eventualmente sul terzo! b) oggi siamo qui, tuV qui, sempre qui —————————————————————————————————————————— 81 SINCOPE 3^ ba3uta: perché il secondo impulso ritmico avviene sul secondo tempo (quindi an8cipa il cosidde3o accento mezzo forte) e il suono si prolunga poi sulla seconda e terza pulsazione! => An8cipo il mezzo forte sul secondo valore di pulsazione! TESTO: a) Mi chiamo Sam, come 3 chiami tu? —————————————————————————————————————————— 82 5.5.2 Ottavi e sedicesimi in metri semplici ESERCIZI ——————————————————————————— 83 5.5.3 Punto e legature di valore Il punto è un mezzo molto economico ed efficace. ð Il punto dopo una nota aumenta il valore espresso dalla nota della sua metà! Il primo valore ritmico, notazionale, è la minima (vale 1/2) Il secondo valore ritmico espresso è la semiminima (vale 1/4) ð Il punto quindi aumenta il valore della minima della sua metà; quindi aggiunge 1/4 => significa che il suono va prolungato per il valore di 3 pulsazioni! Legature => a parità di altezze sul pentagramma, mi dice di “tra4enere” il suono per il valore di 3/8, dopodiché ne serve un altro (il quarto)… 1. Legatura di valore = collega due note a prescindere dal loro valore ritmico, che sono collocate sulla stessa posizione del pentagramma. Significa che il suono deve essere tenuto del valore complessivo delle due note che sono legate! 2. Secondo 8po di legatura = quando una legatura collega due o più note che non si trovano nello stesso luogo del pentagramma, è una legatura di fraseggio; dice come deve essere eseguito, dallo strumen3sta o dal cantante, espressivamente quel frammento! (Modo in cui si conduce l’enunciato musicale) 84 ESERCIZIO LEGATURA DI FRASEGGIO 85 5.5.4 Pause Associo ai valori di durata i corrispeVvi valori di pausa: ESERCIZIO All’esame: o due baNute comuni o poi 3 e 4 cambiano 86 Nell’indicazione frazionaria dei metri semplici noi abbiamo: § al denominatore l’indicazione del valore di pulsazione § al numeratore il numero di pulsazioni per ciclo metrico I metri compos3, invece; § al denominatore indicano il valore di suddivisione della pulsazione Dunque, quan+ valori di suddivisione ci sono all’interno di un metro binario composto? ð 3 valori per pulsazione, quindi 3/8 prima pulsazione più 3/8 seconda pulsazione. INCIPIT IN LEVARE E INCIPIT IN BATTERE L’incipit dei brani può essere o in levare o in ba3ere. Differenza tra l’incipit in ba4ere e l’incipit in levare: LEVARE BATTERE h3ps://youtu.be/7HUsPzNY8Fk?si=8U5Ov1KMYWAgCpT7 Ad esempio, questo incipit mozar8ano è in levare: il primo impulso musicale avviene in levare. Il ba4ere è la prima pulsazione più marcata di un ciclo metrico. Quando un brano ha l’incipit in levare la ba4uta finale sembra incompleta… In realtà non è una ba3uta incompleta, chiude semplicemente il ciclo. Si inizia con una ba3uta difeJva e si chiude con una ba3uta difeJva: quindi l’inizio e la fine si completano. Il valore finale è incompleto perché è il complemento del valore iniziale. 87 (Cercando su YouTube il 8tolo di un brano + “score”, dalla par8tura scopriamo di che metro si tra3a). ESERCIZIO Il professore ci fa ascoltare una serie di brani e noi dobbiamo stabilire se ciò che sen8amo è un metro binario, ternario o quaternario. 1. Take the “A” Train Seguire il contrabbasso per avere la velocità di pulsazione. QUATERNARIO semplice 2. hIps://youtu.be/pJPbtLt0g1c?si=ZZof7gjiTrQzeCJ2 QUATERNARIO 3. hIps://youtu.be/vXB4g-CwFZA?si=naKSE_SmSQzP-Xeo TERNARIO 4. hIps://youtu.be/sjYqNxGop7U?si=Xdg8TUacJkfRhTlF TERNARIO 5. hIps://youtu.be/qWG2dsXV5HI?si=hE08Zhf5FlrC6sTt TERNARIO h3ps://youtu.be/FmeMffUqJQk?si=Eosghx3ZG7niK6Mk TERNARIO 88 Altezze e intervalli; melodie e scale 1. Lo spazio delle altezze e le sue ripar8zioni 2. Nomi e notazione 3. Melodie 4. Sistemi scalari 5. Trasposizioni 1. Lo spazio delle altezze e le sue ripartizioni Quando banalmente entriamo in un negozio e c’è una musica in so3ofondo il nostro cervello fa calcoli di distanze tra note, anche se non abbiamo mai cantato una sola volta nella nostra vita, noi culturalmente recepiamo questo modo di realizzare lo spazio delle altezze e le sue ripar8zioni. Un modo che è uno dei tan8 possibili formatosi in ambiente occidentale. 1.1 Un esperimento (World Science Festival 2009) e la sua formalizzazione: altezze, intervalli, scala Per dare un'idea di quanto un dato culturale incida in quelli che noi pensiamo essere degli universali, facciamo due esperimen8 a par8re dalle definizioni che dobbiamo avere acquisite di altezze e intervalli: (Dal capitolo 3) L’ALTEZZA è una sensazione, ogni suono ha un’altezza determinata o indeterminata (ricordiamo che la sensazione che noi associamo al suono ad altezza determinata è legata allo spe3ro armonico del suono e in par8colare all’intensità della frequenza fondamentale). 89 Quando faccio un suono, quel suono ha una frequenza fondamentale. Quella che noi chiamiamo altezza è la sensazione che è data dalle vibrazioni della frequenza fondamentale. L’INTERVALLO è la distanza tra due altezze, questa distanza è misurabile. Un intervallo quando lo si fa nella realtà si può fare in due modi: § Melodicamente: orizzontalmente un suono dopo l’altro (la melodia è una successione di suoni) § Oppure un intervallo armonico (quando facciamo la stessa distanza, teniamo lo stesso suono) (l’armonia è il risultato di una sovrapposizione di suoni) LA SCALA è un insieme ordinato o successione o segmento, di altezze di un brano qualsiasi che ascol8amo. Ciascun brano sarà fa3o di suoni successivi, ciascun suono avrà una propria altezza e se io li me3o in ordine dal suono più grave al suono più acuto o3engo una scala, cioè la gamma dei suoni u8lizza8 per cantare o eseguire questa melodia. È chiaro che poi ogni cultura ha delle scale di riferimento che sono state codificate. La versione più banalizzata di questa definizione che troviamo in tuJ i manuali è “la scala musicale è quella di se3e note Do-re-mi-fa-sol-la-si” però sono state fa3e diverse operazioni di accomodamento culturali che è proprio par8colare come esempio per riuscire a darci un’idea di cosa sia in generale il conce3o di scala. Noi siamo in grado, a par8re da una unità minima di suddividere il campo delle altezze (l’insieme delle frequenze) sulla base di questo modulo siamo in grado di ripar8re tu3a la gamma delle frequenze. 1.2. Sistemi intervallari: l’intervallo di ottava e le sue ripartizioni 1.2.1 Ecco 2 ascolti: a) J. S. Bach, Das wohltemperierte Klavier I, n. 1 BWV 846 (1722); h3ps://www.youtube.com/watch?v=ToWj_4xvVZA b) Ivan Wyschnegradsky, Twenty-four Preludes in Quarter-tones, n. 3 (1934); h3ps://www.youtube.com/watch?v=B9WPóXQa_Y Si tra3a dello stesso strumento in tuJ gli ascol8: il pianoforte a) Il primo sembra scordato, alcune note sembrano scordate b) Il secondo perfe3amente intonato In realtà sono due pianofor8 diversi per cara3eris8che costruJve, perché il secondo è con il campo delle altezze ripar8to in un certo modo, in dodici semitoni uguali. Questo è stato stabilito nel momento in cui si afferma in occidente un temperamento, ovvero un sistema di accordatura; dunque, un modo di ripar8re il campo delle altezze che poi è rimasto invariato fino ad oggi: l’o4ava divisa in 12 semitoni (ai quali corrispondono le note e a ogni nota un tasto del pianoforte). Nel primo caso abbiamo un pianoforte accordato per quar3 di tono, cioè l’o4ava è divisa in 24 semitoni; dunque, ci vogliono 24 tas8 per coprire la stessa distanza. La distanza minima, l’intervallo quadro/intervallo minimo, tra due suoni genera8 dal pianoforte del primo esempio (apparentemente scordato) è pari alla metà della distanza tra due suoni adiacen8 che genera la tas8era del pianoforte; l’effe3o è come se fosse scordato ma è un'impressione culturale, in realtà è un pianoforte accordato in un altro sistema di accordatura. In questo caso il pianoforte con l’o3ava suddivisa per quar8 di tono (anziché semitoni) è una invenzione novecentesca. 90 Audio intonazione verseV coranici: sen8amo alcuni intervalli che ci sembrano intona8 e altri che sembrano stona8/diversi ma questo diverso è proprio il TEMPERAMENTO, il modo in cui è ripar3to lo spazio delle altezze in un'altra tradizione culturale che è diverso dalla tradizione occidentale, sebbene la tradizione occidentale sia quella che influisce di più anche nei mondi altri, anche perché i sistemi di comunicazione di massa a3raverso la diffusione della popular music hanno inciso anche nelle altre culture. Quindi quando noi sen8amo le musiche di altre tradizioni quell’impressione che ricaviamo (sembrano stona8) in realtà dipende dal fa3o che il sistema di ripar3zione dello spazio delle altezze u3lizzato è diverso, è diversa l’accordatura degli strumen8 quindi i rappor8 tra i suoni cambiano rispe3o a quelli standard molto diffusi in ambito occidentale. (Ora lavoriamo per formalizzare il sistema di ripar8zione diffuso in Occidente) 1.2.2. La divisione dell’ottava in dodici semitoni; la tastiera del pianoforte Osserviamo questa tas8era del pianoforte, ci è comoda perché ci rappresenta un grafico che ci rappresenta la suddivisione dello spazio delle altezze. § La distanza tra due tas3 consecu3vi realizza un intervallo di semitoni. § Anche tra due tas8 bianchi consecu8vi ho sempre una distanza di semitoni. § Se schiaccio un tasto o3engo un suono, se schiaccio quello successivo o3engo un altro suono. § Se mi sposto sulla destra mi sposto nella direzione di suoni più ACUTI, se mi sposto sulla sinistra in quelli più GRAVI. § Quindi spostandomi da sinistra verso destra o da destra verso sinistra compio una distanza di semitoni. 91 A colpo d’occhio guardando noi riconosciamo un modulo, che si ripete sempre iden8co (quello evidenziato) Se io conto si tra3a di 12 suoni e a ques8 12 suoni corrispondono 12 intervalli. INTERVALLO DI OTTAVA; la distanza tra la prima nota di un ciclo e quella del ciclo successivo. ð Ovviamente l’intervallo di o3ava nell’an8chità è stato definito con un monocordo (una corda tesa): se la pizzico ho un suono, pigio la corda a metà (quindi la divido) e pizzico una delle due metà e o3engo un altro suono, la distanza tra il suono della corda pizzicata e lasciata libera e il suono della corda pigiata a metà e pizzicata in una delle sue metà crea un intervallo, una distanza tra due suoni e questa distanza è un intervallo chiamato intervallo di oIava. ð È stato chiamato così nell’an8ca Grecia perché all’interno di questo intervallo sono state generate scale di 8 suoni. Un intervallo di o3ava è un intervallo quadro molto diffuso in diverse culturali, ciò che cambia è la ripar8zione interna dell’intervallo di o3ava. Noi possiamo prendere la gamma delle frequenze e dividerla per intervalli di o3ava. Se vogliamo usare gli hertz: da8 x hertz, l’intervallo di o3ava, rispe3o agli x hertz, è sempre 2x. Quindi il doppio della frequenza. ð La divisione dell’o3ava in par8 uguali è stata impostata quasi subito in occidente ma poi si è definita nell’asse3o che conosciamo noi oggi nel secondo Seicento, in 12 par8 uguali che sono rappresentate dalle distanze tra i suoni che realizzano i tas8 successivi del pianoforte. 92 2. Nomi e notazione 2.1 Altezze 2.1.1. Nomi delle altezze È nella didaJca della musica fin dal X-XI secolo che si afferma questa esigenza di trovare un sistema per l’apprendimento delle distanze intervallari. Questo sistema di apprendimento ha bisogno di nominare i suoni, tra i quali si compiono le distanze intervallari. La teoria musicale ha avuto bisogno di nominare i primi 6 suoni che sono sta8 individua8 a par8re da un inno dell’VIII secolo a San Giovanni di Paolo Diacono, Guido d’Arezzo nel X sec ha associato a nomi dei suoni successivi una data scala UT RE MI FA SOL LA, (?) successivamente è stato aggiunto anche il SI dal nome di San Giovanni e nel XVII Giovanni BaVsta Doni ha modificato per sen8te necessità la prima nota perché si ha bisogno di avere prima una consonante e poi una vocale e ha scelto così le iniziali del suo cognome Doni. Non bisogna però confondere questo come un dato universale, i nomi delle note sono rela8vi! a UT RE MI FA SOL LA SI corrispondevano DO RE MI FA SOL LA SI È un'invenzione didaJca, le cose sarebbero potute essere completamente diverse senza questo intervento. 93 2.1.2. Notazione diastematica: breve excursus e notazione su pentagramma I nomi e le note si sono scri3e a par8re dal 500 sul PENTAGRAMMA. Si scrivono in un certo modo: Troppo grandi fanno confusione perché abbracciano troppo spazio del pentagramma, troppo piccole diventano difficili da leggere.. Sono delle piccole ellissi A volte c’è bisogno di andare fuori dal pentagramma: si me3ono i TAGLI ADDIZIONALI! I tagli addizionali sono un’abbreviazione di una ulteriore linea, come se ci fossero la sesta/seJma riga, ma poiché basta per pochi suoni, i tagli addizionali si associano solo alle note che fuoriescono dal pentagramma nella notazione. Qui io non posso sapere i nomi delle note perché ho un pentagramma ma manca qualcosa: la chiave! Senza la chiave3a niente nomi perché non ho un punto di riferimento 94 BREVE EXCURSUS SULLA STORIA DELLA NOTAZIONE: La notazione musicale nasce in Occidente per una esigenza memnotecnica, per ricordare. Siamo in un ambiente monas8co che ha conservato molte fon8, e noi troviamo fon8 prima dell’anno Mille che ci mostrano un 8po di notazione sopra le sillabe dei can8 che servivano alla liturgia. Sopra le parole vediamo dei segni, sono segni notazionali che non esprimono in modo assoluto le distanze tra i suoni. Poiché l’intervallo musicale in greco si chiama ‘estema’ questa notazione è chiamata an3estema3ca, una notazione che NON indica gli intervalli. Dice più o meno quello che si deve fare. Serve a una comunità che conosce un canto e può tramandarselo oralmente, una traccia. Un documento così fa3o può essere trado3o in un altro contesto però senza la mediazione umana nessuno saprà leggerlo. Se noi immaginiamo questo documento ritrovato da solo dopo secoli nessuno lo avrebbe capito. Successivamente la notazione si fa da an3estema3ca a diastema3ca, anche grazie alla introduzione delle righe (5), sono una sorta di griglia che definisce la distanza tra i suoni. Questa qua sopra nella foto è una notazione diastema3ca. Perché esprime delle distanze intervallari, ma non solo, dice anche i nomi delle note, perché viene indicata la CHIAVE. “Effe” indica la nota Fa, quindi mi dice che su questa riga c’è il fa. Di conseguenza (dato che il sistema impostato è quello do re mi fa sol la si) so3o questo fa c’è il mi, so3o il re, e so3o il do 95 Quindi servono delle chiavi per associare un nome alle note. Ma prima di arrivare alle chiavi che noi conosciamo che sono quelle di violino e di basso, in Occidente si sono usate altre chiavi. Queste chiavi in foto (soprano ecc) sono un abbellimento (?) della le3era C. Ciò che conta è che la parte evidenziata dalla freccia abbracci la riga, (nel primo caso segnala la prima linea del pentagramma, nel secondo la seconda ecc) Il soprano si muove a par8r da do centrale verso l’acuto, il fa3o di collocare lì il do centrale mi perme3e di scrivere la maggior parte dei suoni dentro il pentagramma. Se cambio sistema di riferimento mol8 dei suoni li devo scrivere al di fuori del pentagramma, quindi significa che devo introdurre dei tagli addizionali. Quindi la notazione musicale è uno strumento economico di annotazione dei da8 musicali, quindi una soprano si abitua a leggere in quel modo sapendo che è economico il fa3o che gli siano scri3e le note così (?) È una chiave an8ca anche la chiave di basso, è una s8lizzazione della Effe; i due pun8 abbracciano la riga nella quale viene collocato il Fa, al di so3o del do centrale. A par8re dal 600 si impone la chiave di violino, una s8lizzazione della le3era G, che corrisponde al Sol. Indica il sol al di sopra del do centrale e lo colloca dove si arriccia, sulla seconda riga del pentagramma. Questo è il do centrale, quello è il sol al di sopra del do centrale, la chiave di violino indica questo sol. Di conseguenza il do sarà lì so3o, nello spazio tra la prima riga e la riga 0 (che non c’è) e ho bisogno del taglio addizionale. 96 In questo caso ho una intera estensione ordinaria di una voce superiore, di un violino, di un flauto dolce… Posso con8nuare e ho bisogno dei tagli intermedi Do re mi fa sol la si do re mi fa sol La (taglio) si (taglio) do (2 tagli) DIREZIONE CONTRARIA: par8amo dal do centrale, scendo, un taglio addizionale, scendo ancora, due tagli addizionali, il sol è nello spazio che immagino tra la seconda linea addizionale e la terza. Dovessi con8nuare avrei bisogno di ulteriori tagli addizionali, per questo mi serve spostare il punto di ancoraggio, quindi una chiave di basso. v Le note dal do centrale in su sono scri;e con la chiave di violino, dal do centrale in giù con la chiave di basso! Se io con8nuo con8nuo su un altro pentagramma, in realtà era già presente solo che non lo vedevamo espresso. I due do coincidono 97 DIESIS Fin ora ci siamo occupa8 di ques8 suoni (do re mi fa sol la si) che sono quelli del sistema diacronico naturale che è quello che ci ha fa3o da punto di riferimento. Se noi cerchiamo queste note sul pianoforte li troviamo sui tas3 bianchi. E I TASTI NERI? Tra il do e il re c’è un tasto nero, se schiacciato genera un suono che è un semitono sopra il do, o un semitono so4o il re. Tra il do e il re c’è dunque un tono intero. Le alterazioni quando sono ascenden8 sono scri3e con il simbolo del cancelle3o che si chiama DIESIS. Il sistema prevede anche che ogni suono è una alterazione con il diesis di un suono precedente. Alterazione ascendente: quando leggo do# oppure in notazione musicale trovo un diesis davan8 a una nota significa che quella nota è stata innalzata di semitono. 98 BEMOLLE Il BEMOLLE indica l’alterazione discendente. Abbasso il re di un semitono, sul pianoforte finisco sul primo tasto nero e scrivo reb, indica che il re è stato abbassato di un semitono. Quel tasto nero, a seconda che l’alterazione sia ascendente o discendente, cambia, il suono cambia nome. Può essere do# o reb. Così come quello dopo può essere re# o mib Divergono i nomi ma il suono è lo stesso: si chiama IN ARMONIA (?) 99 BEQUADRO Dopo essere stato alterato, innalzato di un semitono, o abbassato di un semitono, un suono può vedere annullata quell’alterazione, e l’annullamento dell’alterazione viene indicato dal simbolo de3o BEQUADRO; annulla l’innalzamento o abbassamento di semitono, reintroduce l’ordine naturale. Abbiamo una nomenclatura che mi perme3ere di dare un nome ai suoni perché quando canto/suono io realizzo distanze tra i suoni, essere intona8 significa, in un sistema musicale culturale definito, saper realizzare gli intervalli di distanze tra suoni così come sono codifica3, non è un dato di natura essere intona8 o no, ma è un fa3o di acculturazione, dipende da quanta musica si ascolta. La didaJca ha avuto come necessità quella di nominare i singoli suoni. Se io canto do re mi fa sol fa mi re do, ho questa successione: tono tono semitono tono Quello che esiste fisicamente sono distanze tra suoni: i suoni ad altezza determinata hanno un pitch (altezza). Il fa3o di pra8care certe distanze tra suoni è proprio della cultura in cui siamo immersi. In altre culture ci sono altri sistemi di calcolo delle distanze intervallari. Le culture si dotano di strumen8 didaJci per accomodare le distanze tra suoni: in occidente il sistema dei nomi delle note (prima 6, poi 7) I nomi delle note si sarebbero potu8 chiamare in altro modo, sono storicamente determina8. Servono per chiamare i suoni ma io di fa3o non sto dando un nome assoluto al suono perché i nomi delle note variano a seconda delle chiavi ma sopra3u3o posso dare uno stesso nome (do) a tuJ i suoni che voglio, perché è il rapporto tra do e fa, tra do e sol (ecc) che definisce degli intervalli! Quindi ciò che esiste come grandezza fisica sono i suoni e le distanze tra suoni, tu3o il resto è un sistema culturale introdo3o nel corso del tempo per agire nella didaJca dell’apprendimento di ques8 aspeJ. 100 TuJ ques8 sono do, colloca8 nello spazio acus8co in luoghi diversi! 101 INTERVALLI Dobbiamo occuparci della sostanza: ovvero gli INTERVALLI Gli intervalli hanno una direzione, un moto e una quan3tà La direzione è molto semplice, vediamo due 8pi di direzione: da sinistra verso destra ascendente, da destra verso sinistra discendente Riconosciamo due modi di salire e di scendere: per grado o per salto (deV anche grado congiunto e grado disgiunto) Per grado da un punto al punto immediatamente successivo. Ogni elemento di una scala si chiama grado allora capiamo perché il moto è un moto per grado: sono due suoni adiacen8 in un ordine scalare di suoni. Invece il moto per salto si salta da un grado all’altro, si è sali8 di più, c’è un intervallo maggiore (Ques8 non sono esercizi dell’esame) Una buona pra8ca presuppone dei riferimen8 melodici, senza i quali si rischia di non capire quello che si fa. INTERVALLO: è la distanza tra due altezze. TuJ i suoni hanno un’altezza, sostanzialmente, per?