Chimica generale ed inorganica PDF

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Questo documento presenta una panoramica di concetti di base di chimica generale ed inorganica, trattando argomenti come materia e processi, atomi e la loro struttura, la teoria atomica di Dalton e l'esperimento di Rutherford. Viene inoltre spiegata la tavola periodica.

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**Chimica generale ed inorganica** **Lezione 1. Materia e processi** La chimica è la scienza che si occupa dello studio della materia e delle sue trasformazioni: - Composizione - Proprietà - Reattività La materia è tutto ciò che occupa spazio e possiede una massa, essa esiste nei 3 stati...

**Chimica generale ed inorganica** **Lezione 1. Materia e processi** La chimica è la scienza che si occupa dello studio della materia e delle sue trasformazioni: - Composizione - Proprietà - Reattività La materia è tutto ciò che occupa spazio e possiede una massa, essa esiste nei 3 stati di aggregazione: - O gas o vapore - Solido - Liquido Una sostanza può diluire due tipi di trasformazione: Fisica → variazione di una o più proprietà fisiche (transizioni si stato) Chimica → variazione nell'identità della sostanza (reazione chimica) Le **proprietà fisiche** di una sostanza sono: 1. Massa 2. Densità → massa/volume (è una proprietà intrinseca) (la densità dell'acqua è 1 g/cm3 a 4 gradi) 3. Temperatura di ebollizione e fusione 4. Calore specifico 5. Solubilità Le **proprietà chimiche** di una sostanza descrivono il modo col quale una sostanza può cambiare (reagire) per dare altre sostanze: 1. Acidità 2. Basicità 3. Numero di ossidazione 4. Valenza Processo è sinonimo di trasformazione. Nota bene: in un processo chimico, non si ha creazione o distruzione di materia, si ha sviluppo o assorbimento di calore (energia). **Elemento**: sostanza che non può essere suddivisa in sostanze più semplici. Attualmente sono noti 118 elementi, di cui 90 sono di origine naturale mentre 20 sono essenziali per la vita. **Composto**: sostanza che può essere suddivisa in due o più elementi. Una miscela può essere: - **Omogenea**: composizione uniforme, con proprietà fisiche e chimiche identiche, essa prende il nome di soluzione - **Eterogenea**: composizione differente, con proprietà fisiche e chimiche che dipendono dal punto di vista con cui sono misurate Le sostanze che compongono una miscela posso essere separate con metodi fisici. ![](media/image2.png)**Classificazione della materia** Il termine sostanza indica il tipo di materia di cui è fatto un corpo, corpi formati da un unico tipo di materia sono costituiti da sostanze pure. Una sostanza pura ha composizione definita e costante e si riconosce per le sue proprietà fisiche e chimiche. **Legge delle proporzioni multiple** (Dalton) Gli elementi si combinano in rapporti semplici **Legge della conservazione della massa** (Lavoisier) Nei processi chimici si ha trasformazione di materia e non distruzione o creazione di questa (in una reazione chimica può variare il numero delle sostanze, ma non la loro massa totale). **Legge delle proporzioni finite** (Proust) In un composto il rapporto tra i pesi degli elementi costituenti è definito e costante **Legge delle combinazioni gassose** (Gay-Lussac) A temperatura e pressioni costanti, quando due gas si combinano, i loro volumi stanno tra loro in rapporto semplice e, se il prodotto della reazione è anch'esso gassoso, il suo volume sta in rapporto semplice con i volumi dei gas. **Legge di Avogadro** Volumi uguali dello stesso gas, o gas diversi, alle stesse condizioni di temperatura e pressione, contengono un uguale numero di particelle (atomi o molecole). **Unità di misura** 1. Volume → mL=10^-3^L=0,001L (1mL corrisponde a 1 cm^3^) (cc utilizzato in ambito medico) 2. Massa: corrisponde alla quantità di materia e la sua unità di misura è il grammo (g). Nelle preparazioni chimiche di laboratorio si usano masse dal grammo al milligrammo (mg) **Temperatura** 1. Scala Celsius → acqua solidifica a zero gradi e bolle a 100 2. Scala Kelvin (scala scientifica) Conversione K = C+ 273,15 **Lezione 2. Atomi e la loro struttura** **Teoria atomica di Dalton** All'inizio del XIX secolo, Dalton combinò il concetto di atomo con quello di elemento: - La materia è costituita da particelle indivisibili dette atomi - Gli atomi di un elemento non possono essere convertiti in atomi di un altro elemento  - Un elemento è formato da atomi uguali tra loro per massa e altre proprietà e diversi da quelli di altri elementi  - I composti sono formati da atomi di elementi differenti uniti in proporzioni definite **L'esperimento di Rutherford** Prima di lui era stato ipotizzato il modello a panettone ideato da Thomson, secondo cui l'atomo non era altro che un sacchetto di elettroni e altre particelle distribuite in maniera indistinta. ![](media/image4.png)Rutherford considerava valido il modello a panettone e secondo l'esperimento da lui messo in piedi, se il modello di Thomson fosse stato corretto, allora le particelle non sarebbero dovute passare attraverso la lamina d'oro. Che cosa si aspettava? Siccome nell'atomo la carica positiva è diffusa, le piccole e pesanti particelle alfa dovevano attraversa la lamina d'oro senza subire deviazioni E cosa ottenne? Inaspettatamente alcune particelle venivano rimbalzate sulla lamina d'oro. In particolare, esse venivano deviate quando colpite in uno specifico punto, ciò poteva accadere solo se gran parte della massa e la carica positiva erano concentrate in una piccola regione. Rutherford concluse che il volume degli atomi è per la maggior parte occupato da elettroni. Le cariche elettriche positive e praticamente tutta la massa sono concentrate in una piccola regione interna all'atomo chiamata **nucleo**, mentre il volume globale è dato dalla posizione degli elettroni. Il nucleo è composto da particelle subnucleari cariche positivamente chiamate protoni. La carica del protone è uguale in valore assoluto ma di segno opposto a quella dell'elettrone. ![](media/image6.png)L'atomo è simile ad un sistema **planetario** nel quale gli elettroni ruotano attorno al nucleo. Il modello di Rutherford spiega la natura elettrica della materia, ma non giustifica a pieno le masse atomiche. L'atomo è suddiviso in due regioni: 1. Il nucleo, formato da protoni carichi positivamente e neutroni di carica nulla, esso contiene quasi tutta la massa 2. La "nuvola elettronica" è la regione più esterna dell'atomo nella quale si trovano gli elettroni carichi negativamente In un atomo neutro il numero di protoni è uguale al numero di elettroni. Tutti gli atomi sono formati da 3 particelle fondamentali, di cui 2 di carica opposta. Ogni elemento naturale o artificiale è costituito da atomi che hanno lo stesso numero di protoni nel nucleo, di conseguenza atomi con lo stesso **numero** di protoni appartengono allo stesso elemento. Gli elementi quindi si differenziano per il numero di protoni. Numero atomico (Z) è uguale al numero di protoni nel nucleo (elettroni) Numero di massa (A) è il numero totale di protoni e neutroni A = N + Z N = A - Z **Il numero di massa** Gli isotopi sono atomi dello stesso elemento che hanno le stesse proprietà chimiche ma diverse masse, perché contengono un diverso numero di neutroni. Es. 12C 13C 14C (con il quale si datano gli oggetti/fossili, si trova per reazione nucleare nell'atmosfera e non è stabile). Il numero in alto a sinistra del simbolo è il numero di massa A, uguale alla somma dei protoni e due neutroni contenuti nel nucleo, essi sono detti nuclidi. Tutti gli atomi che contengono lo stesso numero di protoni appartengono allo stesso elemento. Lo stesso elemento può presentare atomi con diverso numero di neutroni, in questo caso vengono definiti **isotopi**. ![](media/image8.png) ![](media/image10.png) La maggior parte degli elementi ha due o più isotopi naturali che in natura si presentano mescolati in rapporti quantitativi praticamente costanti (miscela isotopica naturale). La quantità con cui un dato isotopo è presente nella miscela isotopica naturale dell'elemento è detta **abbondanza**. Quando si indica un elenco con solo il simbolo (senza specificare A) ci si riferisce alla sua miscela isotopica naturale. Viene definito peso atomico (o massa atomica relativa) il rapporto tra la massa di un atomo e una massa di riferimento. Lo standard di riferimento è statoi definito essere pari a 1/12 della massa atomica dell'isotopo 12 del carbonio, che corrisponde ad 1 UMA. Il peso atomico (PA) è calcolato come la media ponderata delle masse isotopiche 1. Somma estesa a tutti gli isotopi della miscela 2. x~i~= abbondanza relativa del singolo isotopo nella miscela isotopica naturale 3. m~i~= massa relativa del singolo isotopo in uma Le masse atomiche sono determinate sperimentalmente tramite spettroscopia di massa. ![](media/image12.png)Perché non sono numeri interi? E=mc^2^ E=m Energia che tiene insieme il nucleo I decimali sono il risultato dell'abbondanza isotopica. In un nucleo devono convivere vicine particelle neutre e particelle cariche positivamente. Perché un nucleo sia stabile deve essere rispettato un rapporto ottimale tra queste particelle, se questo rapporto diventerà troppo elevato, il nucleo diventerà instabile e tende a stabilizzarsi mediante l'espulsione di alcuni frammenti sottoforma di radiazioni. Tale fenomeno è noto come **decadimento radioattivo**. Tale fenomeno consiste nella fissione di un elemento ed è accompagnato dall'emissione di tre tipi di radiazione: 1. I raggi alfa deviano verso il catodo (-), si tratta di una particella pesante 2. I raggi beta deviano verso l'anodo (+) 3. I raggi gamma non sono influenzati dal campo elettrico, sono radiazioni pericolose **Introduzione alla tavola periodica** Le caratteristiche chimico-fisiche degli elementi variano in maniera periodica. Mendeleev redige una tavola degli elementi noti fino ad allora divisa in: - **Periodi orizzontali**: lungo i quali le caratteristiche di modificano gradualmente - **Gruppi verticali**: nei quali si trovano elementi con caratteristiche molto simili Per giustifica i "salti", Mendeleev prevede l'esistenza di nuovi elementi e le loro caratteristiche. Nella moderna tavola periodica degli elementi, essi sono ordinati per numero atomico crescente (si differenziano per numero di protoni). ![](media/image14.png)Gli elementi della stessa colonna hanno proprietà chimiche simili. **Lezione 3. Atomi, la nascita della teoria quantistica** La luce è una radiazione elettromagnetica (emanazione di energia). Una radiazione elettromagnetica si propaga per onde, tutte le onde si propagano alla velocità della luce c = 2.998 x 10^8^ m/s Le onde elettrone possiedono una componente magnetica e una componente elettrica. Il numero di onde per secondo che passa in un punto è detto frequenza v. Λ e v sono inversamente proporzionali tra loro. Frequenze della luce differenti corrispondono a colori differenti. L'intervallo completo di frequenze è chiamato **spettro elettromagnetico**. ![](media/image16.png) La luce bianca (es. Luce solare) è costituita da tutti i colori dello spettro visibile, dove ogni colore corrisponde ad una determinata lunghezza d'onda. Un purismo è in grado di separare i suoi colori. **Spettro di emissione atomica** La luce solare e molte lampade a incandescenza producono uno spettro continuo. Se si scalda un elemento (in stato gassoso) con una fiamma, spesso produce uno spettro a righe, esso emetto solo alcuni colori ed è il primo indizio sullo stato degli elettroni. Riscaldando un gas mediante elettricità o fiamma si ha emissione di radiazione. Le righe spettrali dipendono dal tipo di elemento. Ogni elemento, infatti, produce uno spettro di emissione caratteristico costituito da poche righe. ![](media/image18.png)Lo spettro atomico può essere usato per identificare la specie atomica, e più il numero atomico è grande, più righe presenterà lo spettro. **Spettro di assorbimento atomico** Facendo passare una radiazione bianca attraverso un campione gassoso ottengo spettri di assorbimento. Gli spettri di assorbimento sono il negativo di quelli di emissione. Il risultato è che si viene a formare uno spettro continuo in quanto la sorgente è una luce bianca, ma notiamo che mancano dei colori, perché essi vengono assorbiti dal campione gassoso. ![](media/image20.png) Balmer determinò che la lunghezza d'onda delle linee dello spettro di emissione visibile dell'idrogeno verificano la seguente equazione: Dove n è un numero intero e 4 \< n \< R = 3.29 x 10^15^ Hz (costante di Rydberg) **La teoria classica** I corpi caldi emettono radiazioni la cui frequenza dipende dalla temperatura del corpo. La luce emessa da un corpo riscaldato passa da rossa ad arancione, gialla, bianca e infine azzurra all'aumentare della temperatura. Secondo la teoria ondulatoria classica, l'energia di un'onda dipende dall'ampiezza e può variare con continuità. L'energia emessa dovrebbe tendere a infinito per λ → 0(catastrofe dell'ultravioletto). **La teoria quantistica** Plank propone che l'energia radiante viene ceduta o assorbita solo in quantità discrete (scambiata a pacchetti). Deve esistere una quantità minima di energia (un quanto) al di sotto della quale non possono avvenire scambi. Il quanto è l'unità di misura delle quantità discrete. L'energia E, emessa o assorbita è proporzionale alla frequenza v della radiazione secondo la relazione: **E= h v** Con h= 6.626 x 10^-34^ Js (costante di Plank) Il quanto hv rappresenta il minimo pacchetto di energia che può essere scambiato, tutti gli scambi di energia avvengono secondo multipli interi di hv. **L'effetto fotoelettrico** La superficie di un metallo colpita da raggi luminosi emette elettroni (fotoelettroni). Si ha emissione solo se la radiazione ha una frequenza superiore ad una certa soglia. Se la frequenza è superiore al valore di soglia: - L'energia cinetica dei fotoelettroni cresce all'aumentare della frequenza - Il numero dei fotoelettroni emessi cresce al crescere dell'intensità luminosa Se la frequenza inferiore non si ha emissione di fotoelettroni, qualunque sia l'intensità luminosa. Dall'effetto fotoelettrico emerge che la luce ha anche natura corpuscolare. Essa è costituita da "particelle" prive di massa chiamate **fotoni**. I fotoni possiedono quantità discrete di energia (quanti di Plank), e la loro energia è proporzionale alla frequenza dell'onda associata. Gli atomi perdono elettroni in seguito all'urto con particelle ad alta energia (fotoni). I fotoelettroni sono prodotti solo se i fotoni possiedono energia sufficiente. Al crescere del numero di fotoni incidenti (intensità luminosa), cresce il numero di fotoelettroni emessi. Se i fotoni possiedono energia (frequenza) superiore a quella di soglia, l'eccesso di energia aumenta l'energia cinetica dei fotoelettroni. L'energia radiante può essere descritta in termini di: - Onda elettromagnetica (natura ondulatoria) - Sciame di particelle, fotoni (natura corpuscolare) Secondo il modello di Rutherford, gli elettroni ruotano attorno al nucleo su orbite definite (questo dato non regge per la teoria classica, in quanto secondo quest'ultima l'elettrone attratto dal protone dovrebbe perdere energia). ![](media/image22.png)Infatti dalla teoria elettromagnetica della radiazione di Maxwell un sistema di cariche in movimento deve irradiare onde elettriche e quindi perdere energia. **Modello atomico di Bohr** La teoria atomica di Bohr si basa sull'interpretazione degli spettri dell'idrogeno ed utilizza alcuni aspetti della teoria classica. Inoltre, impone delle restrizioni quantiche derivate dalla teoria di Plank. L'elettrone ruota attorno al nucleo su orbite circolari, esse corrispondono a gusci sferici ad energia costante (stati stazionari). L'elettrone in uno stato stazionario non cede e non assorbe energia. Sono permesse solamente le orbite che soddisfano la seguente condizione quantica: ![](media/image24.png)L'elettrone nello stato a minor energia (stato fondamentale) si trova nell'orbita più vicina al nucleo (n = 1). Le orbite con n \> 1 sono occupate dall'elettrone in uno stato ad energia più alta. I valori di energia sono quelli ottenuti dallo spettro di emissione. **L'energia di ionizzazione** è l'energia necessaria per strappare un elettrone ad un altro elemento. L'elettrone assorbe energia per passare ad uno stato a n maggiore: la differenza tra l'energia delle due orbite è quantizzata. L'elettrone cede energia (sotto forma di radiazione) nel passare ad uno stato a n minore: la materia tende sempre a tornare nel suo stato fondamentale. Nel passaggio da E~i~ a E~f~, l'energia in gioco è: n sono i numeri quantici che Bohr ha assegnato a ciascuna orbita. L'elettrone può assorbire energia e passare dallo stato fondamentale o da uno stato eccitato (E~i~) ad uno stato di energia superiore (E~f~). Le righe spettrali d'emissione derivano dalla transizione dell'elettrone dallo stato eccitato ad energia maggiore (più esterno) allo stato iniziale a energia minore (più interno). In questa transizione l'elettrone cede un fotone di energia pari alla differenza di energia fra lo stato finale e lo stato iniziale. Il modello atomico di Bohr descrive in modo corretto l'atomo di idrogeno e tutti gli ioni monoelettrici. Non è in grado di prevedere gli spettri di atomi o molecole con più di un elettrone (polielettrici). L'esistenza di livelli atomici quantizzati verrà mantenuta nel modello atomico attuale. **Il dualismo onda-particella** De Broglie propose una spiegazione rivoluzionaria per l'esistenza di orbite a energia quantizzata nel modello di Bohr e sostenne che anche le particelle di materia come gli elettroni possiedono alcune proprietà delle onde: se gli elettroni hanno proprietà ondulatorie e risiedono in orbite di raggio determinato, allora sono possibili solo alcune frequenze ed energie. ![](media/image26.png)L'equazione di De Broglie spiega come è possibile associare le caratteristiche di un'onda ad un qualcosa che ha massa. In particolare, dalle leggi di Plank (E= hv) ed Einstein (E= mc^2^, la quale afferma che la materia è anche energia), ne deriva l'equazione di De Broglie: con l'equazione è possibile esprimere la natura ondulatoria dell'elettrone poiché è molto leggero. - Oggetti pesanti hanno lambda molto più piccole della dimensione dell'oggetto (non c'è espressione ondulatoria). - Oggetti molto piccoli e veloci hanno lunghezze d'onda vicine alla dimensione dell'oggetto. Se l'elettrone può essere descritto come un'onda, allora deve produrre **diffrazione** e **interferenza**. Nel 1927 si ottenne il primo spettro di diffrazione elettronica colpendo con un fascio di elettroni un cristallo di nichel. Questa osservazione prova che gli elettroni in certe condizioni si comportano come onde. **Il principio di indeterminazione di Heisemberg** Heisemberg dimostra che per particelle estremamente piccole e veloci **è impossibile** determinare contemporaneamente posizione e velocità. Se m è molto grande Δx Δv è molto piccolo: posizione e velocità sono determinati con accuratezza (meccanica classica). Se m è molto piccolo (es. elettrone) Δx Δv è molto grande: posso conoscere con accuratezza o la posizione o la velocità (**meccanica quantistica o ondulatoria**) È possibile, tuttavia prevedere solo la **probabilità** di trovare un elettrone e non orbite o velocità. **Meccanica quantistica** Il comportamento di una particella è rappresentato da una equazione matematica detta **equazione d'onda o di Schrödinger**, la quale cerca di rispondere dov'è l'elettrone in un atomo. L'equazione d'onda ammette infinite soluzioni dette funzioni d'onda Ψ, le quali dipendono dall'energia. Sono fisicamente significati solo gli stati a energia costante (Bohr), e le loro energie definiscono Ψ dette autofunzioni. Le autofunzioni descrivono **orbitali atomici**, che non sono altro che le soluzioni all'equazione. Sono accettabili solo le Ψ che: - ![](media/image28.png)Sono finite e continue - Sono univoche - Sono nulle a distanza infinita Ψ^2^ dt definisce la probabilità di trovare l'elettrone in un elemento di volume dt dello spazio attorno al nucleo, ovvero Ψ^2^ è uguale alla **densità elettronica p** (quantità di carica per unità di volume). Le autofunzioni (soluzioni dell'equazione d'onda) dipendono da una serie di parametri detti **numeri quantici**. Un'autofunzione descrive un orbitale atomico, cioè un volume di spazio in cui c'è probabilità di trovare l'elettrone. Ogni orbitale atomico è descritto da una serie di numeri quantici: n, l, m, ms rappresentano i numeri quantici. Questi valori elevati al quadrato Ψ^2^ indicano la probabilità di trovare l'elettrone in una data porzione di spazio intorno al nucleo. Le regioni ad alta probabilità vengono chiamate **orbitali**. **Numero quantico principale (n)** definisce il livello energetico dell'orbitale: n = 1, 2, 3... **Numero quantico secondario (l) o di momento angolare**, definisce la forma dell'orbitale: l = da n-1...fino a 0 **Numero quantico magnetico (ms)** definisce l'orientazione (quando non è più sferico) dell'orbitale: m = -l, -l+1,...0,...l-1, l **Numero quantico di spin**: ms= ±1/2 Il numero quantico principale n definisce l'energia dell'orbitale, la quale è direttamente proporzionale alla distanza del nucleo (essa cresce al crescere di n), ed infine definisce anche la dimensione dell'orbitale. Assume dei valori interi positivi. Il numero quantico secondario descrive la forma (il tipo) di orbitale ed assume i valori da zero a n-1 Il numero quantico magnetico descrive l'orientazione dell'orbitale nello spazio attorno al nucleo ed assume valori da -l a +l. Es. Per l = 3 (orbitale f3) m= -3, -2, -1, 0, +1, +2, +3 (sette tipi di orientamento) ![](media/image30.png) Il numero totale di orbitali o stati quantici per un determinato valore di n è n^2^. Gli orbitali con lo stesso numero quantico n appartengono allo stesso stato (o guscio) elettronico, il guscio è l'insieme di orbitali che hanno più o meno la stessa distanza dal nucleo, quindi hanno energie confrontabili. Ogni strato contiene uno o più sottolivelli identificati dal numero quantico secondario l. Orbitali aventi stesso n ed l hanno stessa energia e forma (orbitali degeneri). ![](media/image32.png)Energia degli orbitali per l'atomo di idrogeno - All'aumentare di n corrisponde un aumento del livello energetico associato all'orbita - Aumentare n significa allontanarsi dal nucleo - Gli elettroni che occupano orbite corrispondenti a valori di n elevati si trovano in elevati stati energetici - Ogni riga corrisponde ad un "salto" energetico diverso ![](media/image34.png)Espressione matematica dell'orbitale 1s per l'atomo di idrogeno La rappresentazione diretta della forma dell'orbitale si ha riportando il contorno (**superficie limite**) entro la quale è compresa la maggior parte della carica totale. L'orbitale 1s ha simmetria sferica ![](media/image36.png) Un altro modo per rappresentare Ψ è quello di riportare in funzione di r la funzione di distribuzione radiale, la superficie compresa tra r e r + dr misura la probabilità di trovare l'elettrone nello strato sferico di volume 4πr^2^dr. Nello stato fondamentale la probabilità di trovare l'elettrone è massima per r = a~0~ Nel grafico ρ= Ψ^2^ **Orbitali 2s e 3s** ![](media/image38.png)Essi possiedono 1 e 2 **superfici nodali** nelle quali si annulla la funzione d'onda e si ha probabilità nulla di trovare l'elettrone. [ ] Gli orbitali ns possiedono n-1 superfici nodali (l=0) **Orbitali p** (l = 1) Gli orbitali p possiedono un piano nodale passante per il nucleo che divide la regione di densità elettronica in due metà. Gli orbitali np possiedono n-2 superfici nodali ![](media/image40.png)**Superfici limite degli orbitali 2p** **Forma degli orbitali p** Sono tutti attivi contemporaneamente **Orbitali d (l = 2)** ![](media/image42.png) L'ultima rappresentazione è una soluzione equivalente alle altre 4 per la meccanica quantistica. **Orbitali f (l = 3)** **Numero di spin** Si tratta di un numero quantico ms che non è legato alla proprietà dell'orbitale, è legato al fatto che l'elettrone è una particella carica che ruota in senso orario o antiorario su se stessa generando un campo magnetico. Il numero di spin assume i valori di ±1/2. ![](media/image44.png) **Il modello quantomeccanico negli atomi polielettronici** Le soluzioni approssimate dell'equazione d'onda indicano che gli orbitali in atomi polielettronici sono simili a quelli dell'idrogeno. Gli orbitali sono descritti dagli stessi numeri quantici, ma la presenza in più di un elettrone richiede l'estensione del modello quantomeccanico imponendo: 1. Un limite sul numero di elettroni permessi in un orbitale 2. Una più complessa sequenza delle energie degli orbitali **Il principio di esclusione di Pauli** Gli elettroni di un atomo sono definiti da 4 numeri quantici, 3 dei quali definiscono l'orbitale. Pauli formulò il seguente principio: in un atomo non possono esistere due elettroni aventi gli stessi valori dei quattro numeri quantici. In un atomo polielettronico possono esistere al massimo due elettroni aventi la stessa terna n, l, ml e diverso ms. Ogni orbitale atomico può contenere solo due elettroni a spin opposto (antiparallelo). Nell'atomo di idrogeno e ioni idrogenoidi, l'energia degli orbitali dipende solo dal numero quantico principale n. Negli atomi polielettronici l'energia degli orbitali dipende da due fattori elettronici e spaziali: - Aumento della carica nucleare (Z) - Aumento del numero di elettroni - Schermatura degli elettroni più interni su quelli più esterni - Forma dell'orbitale e sua estensione spaziale Gli elettroni di orbitali s mostrano una piccola ma significativa probabilità di trovarsi vicino al nucleo, mentre gli elettroni di orbitali p non hanno questa possibilità. Gli elettroni trascorrono parte del tempo "penetrando" più profondamente verso il nucleo, questo effetto aumenta l'attrazione del nucleo sugli elettroni s. Quindi a parità di n, gli orbitali s hanno energia minore degli orbitali p. I fattori elettronici considerati provocano la rimozione della degenerazione dell'energia negli atomi polielettronici. L'energia degli orbitali dipende da n e in parte da l, e sono **degeneri** solo gli orbitali aventi lo stesso l. ![](media/image46.png)La successione delle energie degli orbitali diventa: La grande capacità di penetrazione degli orbitali s provoca una diminuzione di di energia degli orbitali ns rispetto agli orbitali (n-1)d. Sperimentalmente si è trovato che il riempimento degli orbitali in atomi polielettronici avviene secondo la seguente sequenza: ![](media/image48.png)Un "trucco" per ricavare velocemente la corretta sequenza di riempimento degli orbitali: 1. Per ogni orbitale si somma n+l 2. Si ordinano gli orbitali per somma crescente 3. In caso di valori plurimi ha la precedenza l'orbitale con n minore **Configurazione elettronica degli elementi** La configurazione elettronica ci mostra come gli elettroni si dispongono intorno ad un atomo 1. **Principio di Aufbau:** si riempiono prima gli orbitali a energia più bassa 2. **Principio di esclusione di Pauli:** gli elettroni possono avere due orientazioni di spin. In ogni orbitale non possono stare più di due elettroni con orientazione di spin diversa. 3. **Regola di Hund:** se sono disponibili due o più orbitali liberi **degeneri** (cioè aventi stessa energia), gli elettroni occupano ciascun orbitale con spin parallelo fino a che tutti gli orbitali sono riempiti con almeno un elettrone. Configurazione elettronica degli elementi del **I e II periodo** ![](media/image50.png)Configurazione elettronica degli elementi del **III periodo** Elementi appartenenti allo stesso gruppo hanno la stessa configurazione elettronica esterna. Stessa configurazione esterna significa proprietà chimiche simili. ![](media/image52.png)Configurazione elettronica degli elementi della **I serie di transizione** Le deviazioni dal principio di Aufbau di cromo e rame si hanno anche nel molibdeno e argento. Cromo e molibdeno appartengono al gruppo 6 (6B), mentre rame e argento appartengono al gruppo 11 (1B). Si può dedurre che: Configurazioni elettroniche a sottolivelli semiriempiti o completamente riempiti - Abbassano l'energia dell'atomo - Sono più stabili di configurazioni a orbitali parzialmente riempiti Gli elettroni che "stanno fuori" sono detti **elettroni di valenza**. **Lezione 4. Tavola periodica, proprietà periodiche** Le proprietà chimiche degli elementi dipendono dalla capacità degli atomi di interagire con altri atomi, queste interazioni tra atomi avvengono attraverso gli elettroni esterni (elettroni di valenza), i quali sono gli elettroni a più alta energia. Le proprietà degli elementi in un gruppo si ripetono. Il gruppo di ogni elemento indica il numero di elettroni di valenza. I gruppi si suddividono in quattro blocchi: blocco s, blocco d, blocco p e blocco f. ![](media/image54.png) ![](media/image56.png) **Proprietà periodiche degli elementi** Le proprietà periodiche sono quelle proprietà fisiche misurabili sperimentalmente che si ripetono con periodicità nell'ambito della tavola periodica e sono: - Raggio atomico - Potenziale di ionizzazione - Affinità elettronica **Raggio atomico** Per raggio atomico si intende la metà della distanza di minimo avvicinamento: - Tra due atomi legati covalentemente in una molecola biatomica omonucleare (2 atomi uguali) - Tra due nuclei adiacenti in un cristallo metallico Il raggio atomico dipende da due fattori contrapposti: 1. All'aumentare di n gli elettroni più esterni si trovano più lontani dal nucleo (aumentano le dimensioni dell'atomo) 2. Più cresce la carica effettiva, più gli elettroni sono attratti verso il nucleo (diminuiscono le dimensioni dell'atomo) Nel grafico viene rappresentato l'andamento del raggio atomico: in particolare ogni curva rappresenta un periodo, mentre l'andamento crescente rappresenta l'andamento tra i gruppi. Possiamo notare come il raggio atomico diminuisce lungo i periodi e aumenta lungo i gruppi. Nello stesso gruppo il raggio atomico aumenta all'aumentare del numero atomico, poiché gli elettroni occupano gusci di valenza sempre maggiori. Nel periodo diminuisce da sinistra verso destra all'aumentare del numero di elettroni, che provoca una maggiore attrazione tra nucleo ed elettroni. Quindi: - **Lungo i periodi:** il numero quantico principale rimane costante, muovendosi da sinistra verso destra aggiungo un protone in più rispetto all'elemento precedente. L'aumento di carica positiva produce un aumento della forza attrattiva nei confronti degli elettroni portando alla riduzione del raggio atomico - **Lungo i gruppi:** il numero quantico principale aumenta, poiché le dimensioni di un atomo dipendono dagli elettroni negli orbitali più esterni, aumentando n, aumenta l'energia dell'orbitale esterno riempito, determinando un aumento del raggio atomico **Raggi ionici** Il raggio ionico è il raggio dell'anione o del catione misurato in cristallo ionico. **Cationi**: più piccoli degli atomi neutri (maggiore attrazione nucleare e minore repulsione elettronica) **Anioni**: più grandi degli atomi neutri (maggiore repulsione elettronica e minore attrazione nucleare) **Potenziale di ionizzazione** È l'energia necessaria per allontanare a distanza infinita un elettrone da un atomo (o ione) isolato e gassoso che si trova nel suo stato fondamentale. È una misura della capacità dell'atomo di cedere elettroni (**di ossidarsi**). Si definisce potenziale (o energia) di prima ionizzazione (I~1~) l'energia necessaria nel processo: Mg (g) + I~1~ → Mg^+^ (g) + e^-^ ![](media/image58.png)Analogamente si definisce potenziale di ionizzazione di seconda e terza ionizzazione l'energia necessaria nei processi: Si ha sempre I~1~ \< I~2~ \ 0 è a sfavore della spontaneità della reazione ma non è sufficientemente. Siccome l'energia totale dell'universo si conserva sempre, la variazione di entalpia di un sistema non è un indicatore della spontaneità del processo. **Lezione 10. Stato gassoso** Un gas a livello **macroscopico** non ha né forma né volume proprio, mentre e livello **microscopico** le sue particelle si presentano mobili. Un gas è formato da particelle (atomi o molecole) puntiformi, il volume delle molecole è trascurabile rispetto al volume del contenitore. Le particelle sono in costante moto rettilineo: durante il moto, le molecole urtano tra loro e con le pareti del contenitore. Questi urti sono perfettamente elastici (urta contro la parete ad una certa velocità e tornerà indietro con la stessa velocità), e l'urto delle molecole con il contenitore determina la pressione. Le interazioni tra le particelle sono nulle. La diffusione di un gas può avvenire in due modi: 1. Mescolamento di due o più gas 2. Passaggio di un gas in un contenitore vuoto attraverso un orifizio, non rimane una parte del contenitore vuota **Il gas perfetto** Si definisce gas **perfetto** o **ideale** un insieme di particelle che verifica i seguenti requisiti: - Le particelle sono in perenne movimento e occupano omogeneamente lo spazio disponibile - Il moto delle particelle è casuale - Gli urti tra le particelle gas sono elastici - Non esistono interazione tra le particelle - Il volume delle particelle è trascurabile rispetto al volume a disposizione Lo stato di un gas perfetto è descritto da quattro variabili, tra le quali esiste una relazione che le lega tra loro: - Pressione (P) - Temperatura (T) - Volume (V) - Numero di moli (n) I gas sono altamente comprimibili (aumentare la pressione diminuire il volume) ed espandibili termicamente. Hanno bassa viscosità (resistenza al flusso), e bassa densità perché dobbiamo immaginare poche molecole in fase gassosa che riempiono il contenitore. Gas diversi sono miscibili in tutti i rapporti. Lo stato di un gas è descritto da: pressione, temperatura, volume e numero di moli. **Pressione**: è la forza esercitata per unità di superficie. La forza degli urti delle particelle gassose contro le pareti del recipiente determina la pressione del gas. Essa si misura con i **barometri** e i **manometri**. **1 atm = 760 mmHg = 760 torr** **Temperatura** La scala assoluta di temperatura o scala Kelvin (K) è il metodo per indicare la temperatura del sistema internazionale. K = °C + 273,15 La scala di temperatura Kelvin è fondamentale perché zero Kelvin è la più bassa temperatura possibile. 0K si dice **zero assoluto**, non ci può essere una temperatura inferiore a 0 K. Il comportamento dei gas in condizioni ideali riassume quattro leggi fondamentali: 1. Legge di Boyle (V, P) 2. Legge di Charles (V, T) 3. Legge di Gay-Lussac (P, T) 4. Legge di Avogadro (V, n) Data una variabile andiamo a vedere come di conseguenza si modifica l'altra variabile. Esistono funzioni di stato che legano le due variabili. **Volume e pressione (legge di Boyle)** Il volume occupato da una massa gassosa a temperatura costante è inversamente proporzionale alla pressione a cui è sottoposta. Quando un gas si espande la pressione diminuisce. Se aumento la pressione, questo aumento di pressione lo ottengo diminuendo il volume e viceversa. Il loro prodotto deve essere costante. A T, n costanti: V = k 1/P PV= k (legge di Boyle) **Volume e temperatura (legge di Charles)** Il volume occupato da una massa gassosa a pressione costante è direttamente proporzionale alla temperatura assoluta. Se aumento la temperatura, aumenta anche il volume. Scaldando un gas, esso tende ade spandersi. A P, n costanti: V = kT (legge di Charles) ![](media/image136.png) Le curve sono state ottenute considerando lo stesso numeri di moli per H~2~ e O~2~. Otteniamo quello che ci aspettiamo: aumentando la temperatura aumenta il volume. L'idrogeno molecolare espande molto più velocemente. Tracciando i prolungamenti delle due curve, esse si incontrano nello stesso valore, che corrisponde proprio al nostro fattore di conversione: -273,15. **Pressione e temperatura (legge di Gay-Lussac)** La pressione esercitata da una massa gassosa a volume costante è direttamente proporzionale alla temperatura assoluta. A V, n costanti: P = kT (legge di Gay-Lussac) **Numero di moli e temperatura (legge di Avogadro)** Volumi uguali di gas diversi, a pressione e temperatura costanti, contengono un ugual numero di particelle. La legge è sempre vera indipendentemente dal gas che prendo in considerazione. A pressione e temperatura costanti, il volume occupato da un gas è direttamente proporzionale al numero di moli. A P, T costanti: V = k n (legge di Avogadro) La legge è vera indipendentemente dal gas preso in considerazione. Combinando le leggi di Boyle, Charles e Avogadro insieme ottengo che il volume è inversamente proporzionale alla pressione e direttamente proporzionale al prodotto tra il numero di moli e la temperatura. Ma posso riscrivere l'equazione portando la pressione dall'altra parte e trovo la legge di Gay-Lussac. La combinazione delle quattro leggi mi mette in relazione le quattro variabili di stato. **Equazione di stato del gas perfetto** **P V = n R T** dove R corrisponde alla costante universale dei gas R= 0,08206 atm L mol^-1^ K^-1^ Convenzionalmente un gas ideale si definisce in **condizione normali** quando: - P = 1 atm = 760 mmHg - T = 0 °C = 273.15 K Diversamente dalle **condizioni standard** viste nel capitolo della termodinamica: - P = 1 atm - T = 25°C = 298.15 K **Volume molare in condizioni normali** Si definisce volume molare, il volume occupato da una mole di gas. In condizioni normali il volume molare di un gas ideale è: V = 22.414 L ![](media/image138.png)**Massa molare dei gas e densità** I gas perfetti sono tali perché si trascurano le interazioni tra le particelle gassose ed il volume delle singole particelle, che però esistono (i gas reali **non** sono perfetti). Nonostante questa approssimazione, l'equazione di stato descrive bene il comportamento di quasi tutti i gas. Conoscendo la densità si può determinare la massa molare. Esercizio: determinare la massa molare di un gas conoscendo la relazione. Le sostanze rimangono allo stato gassoso quando le forze **intermolecolari** (tra molecola e molecola) sono molto deboli. L'interazione fra molecole è quella caratteristica che fa subito divergere il comportamento di un gas dalla condizione ideale. Altrimenti le molecole interagiscono fortemente e si "compattano", arrivando allo stato liquido o solido. Le forze intermolecolari sono praticamente sempre **attrattive:** le molecole tendono sempre ad "appiccicarsi" l'una all'altra. Per cui le molecole grandi hanno molti punti di contatto, e le molecole piccole pochi. **Le molecole gassose hanno praticamente sempre basso peso molecolare.** **Legge di Dalton** La pressione totale di una miscela gassosa, a temperatura e volume costanti, è uguale alla somma delle **pressioni parziali**. A temperatura costante la **pressione parziale** di un gas in una miscela gassosa è la pressione che il gas eserciterebbe se da solo occupasse tutto il volume a disposizione alla stessa temperatura. La pressione parziale è collegata al numero di moli di quel componente che compone la miscela. ![](media/image140.png) La composizione di miscele gassose si può esprimere in modi diversi: - Concentrazione molare (molarità): il numero di moli di quel componente diviso il volume totale della miscela. - Frazione molare: il denominatore è la sommatoria di tutte le moli dei componenti della miscela. La somma delle frazioni molari è uguale a 1. Mettendo in rapporto le due equazioni della legge di Dalton ottengo: P~i~ = x~i~ P (pressione parziale). **Equazione di Van der Waals (gas reali)** Il volume occupato dalle molecole non è trascurabile e ci sono interazioni tra le molecole. Aggiungo nuovi parametri all'interno della mia equazione. b = corrisponde al *covolume*, ovvero al volume occupato dalle molecole. n = numero di moli Il fattore di coesione (o pressione interna) è necessario per tenere in considerazione le forze attrattive. ![](media/image142.png) **Fattore di comprimibilità** Considero volume e temperatura costante, modifico solo la pressione. Che cosa succede ai valori? Fattore di comprimibilità: PV / RT Basse pressioni: il gas reale è più comprimibile a causa della pressione interna, ed il covolume è trascurabile. Alte pressioni: il gas reale è meno comprimibile a causa del covolume, e la pressione interna è trascurabile. **Fattore di comprimibilità e temperatura** La temperatura di Boyle è la temperatura alla quale un gas reale si comporta idealmente per un certo intervallo di pressioni. Essa è tanto più elevata quanto più un gas è facilmente liquefacibile. Nota bene: studiare bene il grafico, verrà richiesto di riprodurlo all'esame. Se aumento la temperatura (curva rosa) noto che il gas preso in considerazione inizia ad essere sempre meno comprimibile. Vi è un intervallo di pressioni nel quale il mio gas si comporta in modo ideale. Poi a mano a mano che aumento la pressione entra in azione il covolume e non riesco più a stare sulla retta del gas ideale. Aumento ancora di più la temperatura (curva verde) noto che non ho più forze coesive, le molecole sono troppo veloci, ma il covolume rimane attivo. Non riesco più a comprimere. La temperatura alla quale ho per un certo intervallo di pressioni il comportamento ideale si chiama **temperatura di Boyle**. La temperatura di Boyle è tanto più alta quanto è più complesso il gas. Esame: legge dei gas perfetti, condizioni normali, legge di Dalton, legge di Van der Waals, definizione di gas reale, fattore di comprimibilità e temperatura di Boyle a livello grafico. **Lezione 11. Stato liquido** Lo stato liquido è uno stato di aggregazione con caratteristiche intermedie tra quelle dello stato gassoso (altamente disordinato) e lo stato solido (altamente ordinato). Le particelle che costituiscono il liquido sono vicine le une alle altre, trattenute da forze attrattive, chiamate **forze coesive**, che ne impediscono la dispersione, a differenza di quanto avviene nei gas. Le molecole nei liquidi possono muoversi continuamente all'interno della massa. I liquidi hanno **volume proprio** ma **non** hanno **forma propria**, essa è determinata dal contenitore. Hanno di solito densità minore (di poco) rispetto ai solidi. Sono **poco comprimibili**, e si espandono di poco per innalzamento della temperatura. I liquidi sono **isotropi**: presentano proprietà fisiche uguali in tutte le direzioni. Presentano una **viscosità** che dipende dalla massa molare e dalla forma delle molecole costituenti. Infine, tendono ad assumere la minore area superficiale possibile. Le molecole sono in moto perpetuo e casuale: **moto Browniano**, ogni molecola di può muovere, ma al contempo interagisce con le altre molecole ruotando. L'energia del moto è dello stesso ordine di grandezza dell'energia di interazione tra le molecole, e **dipende** dalla temperatura (agitazione termica). Le molecole all'interno del liquido sono relativamente vicine, la loro distribuzione è disordinata a "lungo raggio", ma ordinata a "breve raggio". In base alle forze di interazione delle particelle i liquidi si classificano in: - Covalente - Ionico - Molecolare - Metallico Le forze di attrazione sono le responsabili dei seguenti fenomeni: tensione superficiale, viscosità e capillarità. Se l'energia cinetica prevale sulle forze di attrazione le molecole passano allo stato gassoso (**tensione di vapore**). **Viscosità**: resistenza allo scorrimento, dipende dal liquido (forze intermolecolari e dimensioni della molecola) e dalla temperatura (solitamente diminuisce all'aumentare della temperatura) **Tensione superficiale**: le molecole all'interno del liquido sono attratte in tutte le direzioni. ![](media/image144.png)Le molecole della superficie sono attratte solo verso l'interno e lateralmente. Lo strato superficiale si comporta come una membrana elastica, la cui resistenza alla penetrazione cresce al crescere delle forze intermolecolari. Essa provoca la contrazione della superficie del liquido (tende ad occupare meno spazio). Inoltre, essa esprime la "durezza" della superficie del liquido. Quindi per tensione superficiale si intende l'energia che bisogna spendere per aumentare la superficie di un liquido di una quantità unitaria, e diminuisce all'aumentare della temperatura. **Capillarità** La capillarità è il fenomeno col quale un liquido modifica la sua superficie a contatto con un solido. La forma assunta dalla superficie del liquido dipende dall'entità delle interazioni tra: - Molecole del liquido con sé stesse - Molecole del liquido -- molecole del solido La capillarità è responsabile: - Della risalita di un liquido in un capillare - Della formazione di un menisco - Della bagnabilità di un solido da parte di un liquido **Menisco concavo**: l'interazione tra le particelle del liquido è meno forte di quella tra liquido e contenitore. Le forze di coesione (tensione superficiale) sono **minori** rispetto alle forze di adesione. ![](media/image146.png) **Menisco convesso**: l'interazione tra le particelle del liquido è più forte di quella tra liquido e contenitore. Le forze di coesione sono **maggiori** rispetto alle forze di adesione. **Tensione di vapore** La tensione di vapore è la pressione esercitata da un vapore in equilibro col suo liquido. Essa è costate a temperatura costante e dipende dal liquido considerato. La tensione di vapore è una proprietà intensiva, aumenta all'aumentare della temperatura e diminuisce al crescere dell'energia (o entalpia) di vaporizzazione. È una misura della volatilità del liquido: più un liquido è volatile, maggiore è la sua tensione di vapore. Considero un contenitore chiuso nel quale faccio il **vuoto,** ho solo il compente nella sua fase pura quindi posso misurare la pressione. Quando la velocità di evaporazione è uguale alla velocità di condensazione il sistema si trova in equilibrio. **Equilibrio dinamico**: per equilibrio si intende che la quantità di liquido e di vapore rimane costante, mentre per dinamico si intende che le molecole cambiano continuamente fase. V~1~ (velocità di evaporazione) è proporzionale al numero di molecole che hanno energia uguale o maggiore a ΔE~vap~, cioè fattore di Boltzmann. V~2~ (velocità di condensazione) è proporzionale al numero di molecole in fase vapore, cioè alla pressione. **Ebollizione** Un liquido bolle quando la sua tensione di vapore eguaglia la pressione esterna. Il **punto di ebollizione**: temperatura alla quale la tensione di vapore di un liquido eguaglia la pressione esterna. Il punto **normale** di ebollizione è la temperatura alla quale la tensione di vapore di un liquido eguaglia la pressione atmosferica (1 atm). La temperatura di ebollizione cresce al crescere della pressione diminuisce al diminuire della pressione. **Forze intermolecolari** Nei liquidi sono all'opera in maniera accentuata diverse forze coesive, dette forze **intermolecolari** (tra molecole diverse) essenzialmente di natura elettrostatica. Esse sono interazioni **non covalenti,** alcune piuttosto forti, altre deboli. Sono comunque tutte molto più deboli dei veri e propri legami covalenti (infatti non si parla di "legami", ma più genericamente di "forze"). ![](media/image148.png)Le forze intermolecolari si manifestano in tutti gli stati di aggregazione. Assieme all'energia cinetica determinano le proprietà fisiche degli stati di aggregazione. Sono di origine **elettrostatica,** e sono molto più deboli delle forze intramolecolari (legami chimici) perché hanno origine dalla interazione tra: - Cariche parziali (**dipoli**) - Atomi non legati in molecole adiacenti (**distanze di Van der Waals**) Le forze intermolecolari sono: 1. Ione -- dipolo 2. Ione -- dipolo indotto 3. Dipolo -- dipolo (forze di Van der Waals) 4. Legami a idrogeno (forze di Van der Waals) 5. Dipolo -- dipolo indotto (forze di Van der Waals) 6. Dipolo indotto -- dipolo indotto (forze di London) **Interazione ione -- dipolo** Lo ione è un atomo a cui è stato strappato un elettrone che interagisce come in questo caso con una molecola biatomica in cui si è formato un dipolo elettrico. Il dipolo si orienta in modo tale da offrire la parte carica negativamente allo ione carico positivamente. Al contrario avviene con gli anioni. Il dipolo va sempre orientato dove c'è la carica negativa: freccia. L'energia di interazione (energia che devo spendere per rompere l'interazione attrattiva) aumenta al crescere della carica ionica e al diminuire del raggio ionico. L'interazione ione -- dipolo spiega la solubilità dei **sali** in solventi **polari** quali l'acqua (solvatazione) e la presenza di ioni idrati nei minerali. Il sale si scioglie nell'acqua (molecola polare) proprio a causa dell'interazione ione -- dipolo. **Interazione ione -- dipolo indotto** ![](media/image150.png)Uno ione induce la formazione di un dipolo non permanente (indotto) in una molecola apolare. L'energia di interazione è piccola. L'interazione ione -- dipolo indotto spiega: la piccola solubilità dei sali in solventi apolari e la fissazione reversibile di O~2~ sullo ione Fe^2+^ dell'emoglobina. **Interazione dipolo -- dipolo (forze di orientazione)** Esempio: CO, CHCl~3~ Ora considero molecole polari. L'interazione dipolo -- dipolo si instaura tra molecole che possiedono un momento di dipolo permanente. Il momento di dipolo dipende dalla differenza di elettronegatività e dalla forma della molecola. L'energia di interazione è piccola ed aumenta al crescere del momento di dipolo. Essa spiega la solubilità di composti **polari** in solventi **polari** ("il simile scioglie il simile"). **Interazione dipolo -- dipolo indotto** ![](media/image152.png)Esso si instaura tra una molecola che possiede un momento di dipolo permanente (molecola **polare**) ed una molecola **apolare**. Avviene una separazione parziale di cariche istantaneo: per un lasso di tempo la molecola apolare reagisce alla presenza del campo elettrico, creandone una suo. L'interazione è detta forza di **induzione**. L'energia di interazione è debole e spiega la piccola solubilità delle molecole **apolari** i solventi **polari**. Una molecola è più disponibile a formare un dipolo indotto quando: tanto la molecola è più grande più tende a **polarizzare** (massa molare) Es. iodio molecolare (molecola non polare) e due liquidi trasparenti di cui uno è l'acqua e l'altro **CCl~4~**. Qual è il solvente più utile per dissolvere una sostanza apolare? L'intensità delle forze di London dipendono dalla facilità con cui la nuvola elettronica di un atomo o di una molecola può venire distorta (polarizzata) dal dipolo istantaneo di un atomo o molecola adiacente. Più alta è la polarizzabilità dell'atomo o della molecola, più le forze di dispersione sono elevate. In genere atomi e molecole grandi sono più facilmente polarizzabili di atomi e molecole di piccole dimensioni. **Forze di dispersione dipolo indotto -- dipolo indotto (o di London)** Le forze di London si manifestano tra molecole che non possiedono un momento di dipolo permanente: tra due molecole apolari. Per urto o contatto avviene la formazione di un momento di dipolo indotto: separazione parziale delle cariche istantaneo (non permanente). L'energia di interazione è molto piccola. Esse crescono al crescere del numero di elettroni e sono le responsabili della **condensazione** di molecole **apolari**. Quando due atomi o molecole apolari collidono gli elettroni esterni si respingono, provocando una distribuzione asimmetrica della carica elettrica. Questo provoca la formazione di dipoli istantanei che inducono la polarizzazione in molecole adiacenti. Le forze di dispersione crescono (in genere): all'aumentare della massa e al crescere del numero dei possibili punti di contatto. Le interazioni dipolo indotto -- dipolo indotto rendono possibili liquefare un gas (ma a temperature molto basse, altrimenti lo reprimono). **Dipolo indotto e polarizzabilità** La capacità della nuvola elettronica di un atomo o molecola di essere distorta da un campo elettrico è detta **polarizzabilità**. Essa aumenta all'aumentare del numero atomico, ovvero all'aumentare della dimensione della nuvola elettronica. I **cationi** sono **meno** polarizzabili, mentre gli **anioni** sono **più** polarizzabili degli atomi neutri. **Legame a idrogeno** L'energia dell'interazione è piccola, ma determinante per definire lo stato di aggregazione. ![](media/image154.png)Il legame a idrogeno spiega: l'alta solubilità in acqua di composti molecolari contente ossigeno, azoto, fluoro..., e le alte temperature di ebollizione di H~2~O, HF, NH~3~ ed infine la struttura delle proteine e degli acidi nucleici. È una interazione elettrostatica che si verifica nelle molecole che possiedono un atomo di idrogeno legato in modo covalente ad un altro atomo X molto elettronegativo e piccolo, che possieda una o più coppie solitarie. Considero due molecole che interagiscono tra loro: una delle due molecole deve possedere un atomo di idrogeno legato in modo covalente ad un elemento elettronegativo, dall'altra parte necessito di una molecola in cui ci sia almeno un atomo che abbia almeno una coppia solitaria. Si instaura una interazione di tipo dipolo-dipolo. La molecola che ha l'idrogeno con la carica parziale positiva si chiama **donatore**, mentre la molecola in cui abbiamo l'elemento con la coppia solitaria ed elettronegativo (carica parziale negativa) è l'**accettore**. Fa parte delle interazioni dipolo -- dipolo ma è molto più forte: è l'interazione intermolecolare più forte di tutte (ma sempre molto meno di un legame covalente). Perché il metano può fare legami a idrogeno? **Legame a idrogeno nell'acqua** Immagino che ogni molecola d'acqua sia disponibile sia come accettore sia come donatore. Ogni molecola d'acqua può formare quattro legami ad idrogeno. **La struttura del ghiaccio** Si tratta di una struttura a tetraedro, ciò prova che l'ossigeno ha una ibridazione sp^3^. Il ghiaccio non è altro che la cristallizzazione dei legami a idrogeno dell'acqua liquida. Esso è inoltre meno denso dell'acqua liquida. È una dei pochi esempi in natura in cui lo stato solido è meno denso dello stato liquido. ![](media/image156.png)**Legame a idrogeno: punti di ebollizione** **Legame a idrogeno nel DNA** I due filamenti di DNA che formano la doppia elica sono uniti mediante legami a idrogeno. Dal momento che i legami a idrogeno non sono covalenti, essi possono esser rotti o riuniti in modo relativamente semplice. I due filamenti possono essere allontanati tra loro come avviene per una cerniera sia delle alte temperature che da un'azione meccanica (come avviene durante la replicazione del DNA). **Forze di dispersione: punti di ebollizione** L'**energia potenziale** delle forze intermolecolari varia a secondo della relazione: E = -C r^-6^ **Lezione 12. Stato solido** Nel modello dello stato solido le particelle si distribuiscono in strutture tridimensionali altamente ordinate tali da riempire lo spazio. Queste ultime sono tra loro rigidamente legate in posizioni definite (posizioni di **equilibrio**), non possiedono energia cinetica e mostrano solo piccole vibrazioni attorno alle posizioni di equilibrio. Ogni struttura corrisponde a un minino dell'energia potenziale. ![](media/image158.png) Il termine **cristallo** è sinonimo di distribuzione regolare e ordinata della materia: - Mostra ordine a breve e lungo raggio - Il punto di fusione è netto Un solido **amorfo**: - Mostra ordine solo a breve raggio - Non possiede punto di fusione netto - Si può considerare come un liquido a viscosità infinita **Stato cristallino** È uno stato di aggregazione della materia solida, caratterizzato dal fatto che gli atomi, le molecole o gli ioni, che costituiscono le sostanze, sono distribuiti nello spazio secondo un ordine tridimensionale periodico. Definizione di **cristallo**: porzione di materia allo stato cristallino, chimicamente e fisicamente omogenea. In mineralogia, corpo solido che si presenta in natura con una forma poliedrica modellatasi spontaneamente in conseguenza della struttura chimica della sostanza che lo costituisce. Un cristallo è generato dalla ripetizione tridimensionale regolare di una unità fondamentale detta cella elementare. È un parallelepipedo e la sua geometria è definita dal valore dei tre lati (a, b, c) e dei tre angoli che essi formano (α, β, γ). Ogni vertice della cella (nodo) possiede lo stesso intorno. Sono possibili sette diversi tipi di parallelepipedo e possiede le proprietà di simmetria del cristallo. L'insieme dei nodi delle celle elementari nel cristallo definisce il reticolo cristallino. **Tipi di solidi** I solidi possono essere classificati in base alla natura delle interazioni che si manifestano tra le particelle costituenti: - Solidi ionici - Solidi **metallici** - Solidi **covalenti** - Solidi **molecolari** **Solidi metallici** Le unità costitutive sono cationi permeati da elettroni mobili. Dal punto di vista delle ossidoriduzioni, il metallo tende a perdere elettroni (ossida), gli elettroni di valenza sono in grado di muoversi lungo un grandissimo orbitale chiamato "gas elettronico". Le interazioni tra cationi e "gas elettronico" sono di tipo coulombiano (**legame metallico**), ed è una interazione forte. Esse inoltre non hanno carattere direzionale ed esistono elettroni delocalizzati, ovvero liberi di circolare all'interno del solido. Spiega quindi come i metalli possono condurre elettricità. I solidi metallici hanno punti di fusione ed ebollizione elevati, sono duttili e **malleabili** (gli atomi tenuti dalla maglia elettronica slittano tra di loro invece che separarsi) ed infine sono buoni conduttori elettrici e termici. La maggior parte dei metalli cristallizza in strutture implicanti reticoli **compatti**, tali strutture determinano: - Un migliore riempimento dello spazio - La possibilità di alti numeri di coordinazione I reticoli più comuni sono: - Cubico compatto - Esagonale compatto - Cubico a corpo centrato ![](media/image160.png) Nella figura mancano i metalloidi, i quali si trovano a metà tra il legame metallico ed il legame covalente. **Solidi covalenti** Le unità costitutive sono atomi di uguale o diversa specie atomica, tra le quali esistono legami covalenti (interazioni forti). Hanno carattere direzionale, e **non** esistono elettroni delocalizzati in quanto gli elettroni di valenza sono legati/bloccati dal legame covalente. Esistono due tipo di solidi covalenti del carbonio: - **Diamante**: si comporta da isolante termico ed elettrico, cristallizza nel sistema cubico e possiede alta densità - **Grafite**: rappresenta la situazione stabile del carbonio, è un buono conduttore termico ed elettrico, cristallizza nel sistema esagonale e possiede alta densità **Struttura del diamante** Ogni atomo di carbonio è ibridizzato sp^3^, possiede un intorno tetraedrico e per queste due caratteristiche è molto simile al ghiaccio. Si instaurano legami σ con quattro atomi di carbonio adiacenti, essi sono i responsabili della durezza del diamante. Tutti gli elettroni di valenza sono delocalizzati. ![](media/image162.png) **Struttura della grafite** Ogni atomo di carbonio è ibridizzato sp^2^. Si instaurano tre legami σ: il carbonio non completa l'ottetto; perciò, è disponibile a formare un legame π. I piani interagiscono tramite deboli forze di London (dipolo indotto -- dipolo indotto). **Solidi molecolari** Le unità costitutive sono molecole discrete, tra le quali a esistono delle interazioni di Van der Waals (interazioni deboli). Non possiedono carattere direzionale e non esistono elettroni delocalizzati. Hanno punti di fusione ed ebollizione bassi, elevata volatilità e conducibilità elettrica e termica molto bassa o nulla (caratteristiche opposte alle altre categorie di solidi). La stabilità del cristallo aumenta in generale al crescere della polarità della molecola. Di particolare rilevanza è la presenza di legami a idrogeno. Il **ghiaccio** è un solido molecolare, nella condensazione la maggior parte dei liquidi diminuisce di volume ed aumenta la sua densità. L'acqua invece aumenta di volume e diminuisce di densità. La parte colorata di azzurro nel grafico rappresenta la temperatura sopra lo zero, mentre la regione colorata in grigio rappresenta la temperatura sotto lo zero. Sotto i 4°C le molecole d'acqua si ordinano originando una struttura a "nido d'ape". Questa struttura aperta viene mantenuta allo stato solido. I responsabili della distribuzione ordinata sono i legami a idrogeno. Una sostanza può cristallizzare in fasi solide diverse, aventi ciò struttura diversa. **Allotropia**: riferita agli elementi, come ad es. il carbonio il quale può cristallizzare in grafite o diamante. **Polimorfismo**: forme diverse per i composti, ad es. il carbonato di calcio (CaCO~3~) può cristallizzare in calcite o aragonite. Esame: caratteristiche delle diverse tipologie di solido, legame metallico, differenza tra allotropie e polimorfismo. **Lezione 13. Diagrammi di stato** Un sistema può essere costituito da: - Una o più componenti (sostanza pura) - Una o più fasi (porzione di sistema) Una **fase** è una porzione di sistema, la quale è chimicamente e fisicamente omogenea e delimitata da una superficie di separazione. Un sistema dei dice **omogeneo** se è costituito da una sola fase, ed **eterogeneo** se è costituito da più fasi. Il passaggio dallo stato solido allo stato liquido si chiama **fusione** ed avviene a temperatura costante: **temperatura di fusione**. Il passaggio dallo stato liquido a quello solido si chiama **solidificazione** ed avviene alla stessa temperatura a cui avviene la fusione. La temperatura a cui avvengono i passaggi di stato rimane costante fin quando tutta la sostanza non ha cambiato stato di aggregazione. Il calore viene fornito o sottratto serve a indebolire o rafforzare i legami tra le molecole e viene chiamato **calore latente**. Posso modificare l'architettura delle forze di Van der Waals attraverso il calore latente. Il **calore latente** è la quantità di energia necessaria per rompere i vincoli delle forze di Van der Waals per provocare un passaggio di stato. Latente significa "nascosto", perché l'assorbimento di calore non si manifesta con un aumento della temperatura. Nel caso della fusione, il calore assorbito viene utilizzato per vincere le forze di coesione che mantengono le molecole fisse, vicine le une alle altre. Considerando il passaggio dallo stato liquido allo stato di vapore, possiamo definire il **calore latente di vaporizzazione** che viene inteso come la quantità di energia necessaria per far evaporizzare completamente una data quantità di sostanza necessaria alla temperatura di ebollizione. Esso viene utilizzato per indebolire le forze di coesione tra le particelle del liquido, permettendo loro di allontanarsi fino a passare allo stato di vapore. Esiste anche il **calore latente di sublimazione** che corrisponde al passaggio di stato da solido a vapore. Il calore latente di una trasformazione di uno stato di una sostanza se avviene a pressione costante corrisponde alla **entalpia** del processo. **L'entalpia di fusione molare** è la variazione di entalpia solida che va incontro a fusione (la fusione è sempre un processo endotermico). La presenza di una o più fasi dipende solo da grandezze **intensive** (pressione e temperatura). Le condizioni di stabilità delle varie fasi non dipendono dalla quantità di sostanza (al contrario delle grandezze estensive). Come possiamo conoscere il numero e tipo di fasi di una sostanza presenti ad una certa pressione e temperatura? Conoscendo il **diagramma di stato** della sostanza presa in considerazione. **Diagramma di stato** Un diagramma di stato permette di: - Conoscere i campi di stabilità dei tre stati di aggregazione di una sostanza in funzione di pressione e temperatura - Definire le condizioni di pressione e temperatura alle quali coesistono in equilibrio dinamico due o più stati di aggregazione Sono diagrammi ottenuti sperimentalmente. ![](media/image164.png)**Diagramma di stato dell'acqua** **Linee** del diagramma: ogni punto di una linea indica i valori di pressione e temperatura ai quali sono presenti due fasi in equilibrio. Curva AO: rappresenta la variazione della **tensione di vapore** (sublimazione) del solido. Curva OB: rappresenta la variazione della tensione di vapore del liquido. Curva OC: rappresenta la variazione del **punto di fusione** (o di solidificazione). **Punto triplo** (O): rappresenta l'unica coppia di valori di pressione e temperatura alla quale coesistono le tre fasi in equilibrio. **Punto critico** (B): temperatura al di sopra della quale esiste solo la fase critica (non posso liquefare per compressione). Questo ultimo segna la fine della curva di equilibrio liquido/vapore. **Stato supercritico**: la sostanza ha caratteristiche intermedie tra la fase gassosa e la fase liquida. Essa presenta l'alta densità di un liquido e bassa viscosità di un gas. Un liquido è definito supercritico in condizioni di temperatura e pressione maggiori di quelle corrispondenti al punto critico. Al di sopra della temperatura critica non c'è alcuna trasformazione di fase che consenta al fluido di passare allo stato liquido, qualunque sia la pressione applicata. **Liofilizzazione** La liofilizzazione consiste nell'estrazione di acqua da una qualsiasi sostanza. I prodotti liofilizzati sono indipendenti dalla catena del freddo e facili da trasportare. Non è possibile la crescita microbica, restano stabili per lungo tempo. Il processo di liofilizzazione limita la perdita del valore nutritivo degli alimenti. **Lezione 14. Termodinamica** Quotidianamente si osservano processi fisici e chimici **spontanei**. I processi spontanei sono **irreversibili**: il ferro arrugginisce e la ruggine non si ritrasforma in ferro, il caldo passa da un corpo più caldo ad uno più freddo e non si verifica il contrario. **Secondo principio della termodinamica** Il secondo principio della termodinamica spiega perché i processi tendono ad avvenire in una direzione piuttosto che in un'altra. Per predire la spontaneità di un processo devono essere conosciute due grandezze: - Variazione di **entalpia** (calore scambiato tra sistema e ambiente a pressione costante) - Variazione di **entropia** (funzione di stato estensiva = dipende dalla quantità di sostanza) In un processo spontaneo l'entropia dell'universo (sistema isolato) aumenta. ΔS~univ~ = ΔS~sist~ + ΔS~amb~ \> 0 Se ΔS~univ~ \> 0 il processo è spontaneo. Se ΔS~univ~ \< 0 allora il processo non è spontaneo (è spontaneo il processo inverso, es. prodotti in reagenti). Se ΔS~univ~ = 0 il sistema è in equilibrio, non sta avvenendo alcun processo. In un sistema isolato qualsiasi processo avviene sempre con aumento di entropia: ΔS \> 0. L'entropia può essere vista come una funzione che descrive il numero di arrangiamenti possibili (dell'energia e della materia) che sono disponibili. I processi chimici e in generale le trasformazioni procedono spontaneamente verso gli stati che hanno maggior probabilità di esistenza. La termodinamica **classica** classifica gli stati in base alle caratteristiche **macroscopiche.** La termodinamica **statistica** utilizza i **microstati** (stati microscopici). - **Microstato**: una stessa situazione può essere descritta in modi diversi e tutti probabili, è l'insieme dei diagrammi possibili. - **Macrostato**: è l'insieme di tutti i microstati Il numero di microstati corrispondenti ad un unico macrostato viene definito molteplicità. Boltzmann definì l'entropia come una grandezza che misura la probabilità di un macrostato. I sistemi tendono a raggiungere lo stato più probabile, il quale spesso è lo stato descritto dal maggior numero di microstati. Ed è appunto necessario calcolare il numero di microstati possibili attraverso la statistica. S = k ln W dove W è la molteplicità e k la costante di Boltzmann Questo numero per i processi chimici non si può calcolare. Per una determinata sostanza l'entropia dipende dalla complessità molecolare e dalla massa: es. S(diamante) \< S(grafite) Entropia per i diversi stati di aggregazione: S(g) \< S(l) \< S(s). ![](media/image166.png)Un sistema **disordinato** ha maggiore probabilità di esistenza rispetto uno stato **ordinato**: nello stato liquido le molecole sono libere di muoversi (insieme di tanti microstati), mentre nello stato solido le molecole sono ferme. Un solido amorfo ha più entropia di un solido cristallino. L'entropia aumenta sempre con la temperatura. Molecole grandi hanno più entropia di molecole piccole, così come molecole più complesse rispetto a quelle semplici. I gas hanno più entropia dei liquidi ed i liquidi hanno più entropia dei solidi. **Quando l'entropia aumenta?** All'aumentare della temperatura: aumenta l'energia cinetica delle molecole e quindi il loro movimento casuale. Generalmente sciogliendo un soluto in un solvente. Ed in una reazione chimica allo stato gassoso che avvenga con aumento del numero di moli. **Entropia (S)** Per un qualunque sistema l'entropia è: ΔS = Q~rev~/T Dove Q è il colore scambiato in un processo reversibile a temperatura e pressione costante, T è la temperatura del sistema e ΔS è la variazione di entropia tra stato finale e stato iniziale. L'entropia è una misura del **disordine** di un sistema. Essa inoltre definisce il grado di disordine del sistema: - Entropia grande: elevato disordine - Entropia piccola: elevato ordine (basso disordine) In un processo chimico dai reagenti si formano i prodotti, quindi il verso della reazione è da sinistra a destra (se irreversibile): ΔS = S(prodotti) -- S (reagenti). Un aumento di S (ΔS \> 0) è a favore della spontaneità della reazione. L'entropia si misura in quantità di energia rapportata al numero di molecole ed alla temperatura: cal/K mole oppure J/K mole. Per processi **reversibili** che avvengono a pressione e temperatura costanti vale la relazione: ΔS~amb~ = - ΔH~sist~ / T Se prese singolarmente l'entalpia e l'entropia di un processo non sono sufficienti per definirne la spontaneità. Dal secondo principio della termodinamica però sappiamo che per un processo **spontaneo**: ΔS~univ~ = ΔS~sist~ + ΔS~amb~ \> 0 Sostituisco ΔS~amb~ con ΔS~amb~ = - ΔH~sist~ / T ed ottengo: **ΔG = ΔH~sist~ - T ΔS~sist~ \< 0** dove ΔG è **l'energia libera di Gibbs** L'energia libera di Gibbs è la funzione di stato che definisce la **spontaneità** di un processo a temperatura e pressione costanti: - ΔG \< 0: allora ΔS~univ~ \> 0, la reazione è **spontanea** da sinistra verso destra - ΔG \> 0: allora ΔS~univ~ \< 0, la reazione **non** è **spontanea** da sinistra verso destra (è spontanea la reazione inversa) - ΔG = 0: allora ΔS~univ~ = 0, il sistema è in **equilibrio** L'energia libera di Gibbs è una funzione di stato perché entalpia ed entropia sono funzioni di stato. **Energia libera di formazione normale** **ΔG°~f~** La variazione di energia libera che accompagna la sintesi di 1 mole di composto a partire dagli elementi quando elementi e composto si trovano nello **stato standard** di riferimento. Per definizione il ΔG°~f~ degli elementi nello stato standard di riferimento è uguale a zero. (Finire ultime slide perché non capisco). **Lezione 15. Soluzioni** Una **soluzione** è una miscela omogenea di due o più componenti con proprietà chimiche e fisiche identiche in ogni sua parte. In ogni soluzione: - Componente in eccesso è il **solvente** - Gli altri sono considerati **soluti** Esistono esempi di soluzioni nei tre stati di aggregazione. La distribuzione delle particelle in una soluzione è **uniforme:** una soluzione è omogenea in ogni sua parte, non è possibile distinguere solvente e soluto. I componenti di una soluzione **non** si **separano** nel tempo: una soluzione di acqua e acido acetico rimane costante nel tempo. In una soluzione, solvente e soluto, possono essere in diverse proporzioni: si può modificare la concentrazione del soluto. I componenti di una soluzione non possono essere separati per filtrazione, ma è possibile ottenere i componenti puri. **Soluzioni gassose**: due o più gas danno sempre una soluzione gassosa (miscela gassosa). **Soluzioni liquide:** si possono ottenere mischiando un gas con un liquido, due o più liquidi o un solido con un liquido. **Soluzioni solide:** si possono ottenere mischiando un gas con un solido, un liquido con un solido o due o più solidi insieme. La **concentrazione** è la misura della quantità relative delle sostanze nella soluzione. La **solubilità** è la quantità massima di soluto che si può sciogliere in una determinata quantità di solvente. Una **soluzione satura** è una soluzione in **equilibrio,** nella quale il soluto ha raggiunto la sua solubilità massima ed è presente anche come fase solida. La concentrazione si può esprimere in diversi modi: - **Molarità (M)**: moli di soluto per litro di soluzione M = n~soluto~ / V~soluzione~ - **Molalità (m)**: moli di soluto per kilogrammo di solvente m = n~soluto~ / kg~solvente~ - **Frazione molare (x)**: moli di soluto per moli totali x~soluto~ = n~soluto~ / n~solvente~ + n~soluto~ - **Percentuale di massa (massa %)**: massa di soluto per massa di soluzione - **Normalità (N)**: equivalenti di soluto (e) per litro di soluzione N = e / V~soluzione~ **Aumento di concentrazione delle soluzioni** Rimuovendo parzialmente il solvente aumenta il rapporto massa/volume, cioè aumenta la concentrazione. Questo significa che cambia il volume, ma il numero di moli di soluto non cambia. Un esempio di aumento della concentrazione delle soluzioni è ciò che avviene durante l'evaporazione. **C~1~V~1~ = C~2~V~2~** **Diluizione delle soluzioni** Aggiungo solvente puro, quindi diminuisce il rapporto massa/volume, cioè diminuisce la concentrazione. Rimane sempre valida l'equazione **C~1~V~1~ = C~2~V~2~** Posso quindi aggiungere o sottrarre soluto e calcolarmi nuovamente la nuova concentrazione. **Soluzione di elettroliti** Un **elettrolita** è un soluto che in soluzione si dissocia dando ioni. Tipici elettroliti sono: i sali solubili, gli idrossidi dei metalli del primo e secondo gruppo ed infine gli **acidi forti** (in acqua perdono il protone formando un anione ed un protone). Un elettrolita si dice **forte** quando viene completamente dissociato in soluzione, mentre si dice **debole** quando viene parzialmente dissociato. ![](media/image169.png)Una **soluzione elettrolita** è una soluzione tipicamente acquosa di un elettrolita che conduce corrente elettrica. I solidi ionici si sciolgono dividendo gli ioni di carica opposta, che vengono circondati da molecole di acqua, questo processo è conosciuto come **solvatazione**. L'acqua è in grado di dissolvere un composto ionico perché riesce a vincere i vincoli di attrazione che tendono insieme cationi e anioni (forze ione -- dipolo). Durante la solvatazione si forma energia (entalpia di solvatazione), essa viene spesa per distruggere il reticolo cristallino (entalpia reticolare). L'entalpia della dissoluzione di NaCl in acqua è leggermente endotermica ma la soluzione non si raffredda in modo percettibile perché il valore è molto piccolo. **ΔH solv = ΔH reticolo + ΔH solvatazione** Esistono dei sali che seppur composti da ioni non si sciolgono in acqua (es. calcare): rompere il vincolo tra lo ione calcio e lo ione carbonato è impossibile per l'acqua per semplice solvatazione. Entalpia di solvatazione \> energia reticolare = elevata solubilità Entalpia di solvatazione \< energia reticolare = scarsa solubilità Se le interazioni solvente-soluto sono molto più forti di quelle soluto-soluto e di quelle solvente-solvente allora osservo uno sviluppo di calore (**dissoluzione esotermica**). Se le interazioni solvente-soluto sono molto più deboli di quelle soluto-soluto e di quelle solvente-solvente allora osservo un assorbimento di calore (**dissoluzione endotermica**). **Solubilità e temperatura per elettroliti** Per reazioni endotermiche se aumento la temperatura aumento la quantità. Il grafico mostra che non tutti i sali sono solubili allo stesso modo. I sali si sciolgono in soluzione acquosa scindendosi negli ioni costituenti. Sono solubili quasi tutti i sali di Na^+^, K^+^, NH~4~^+^~,~ i sali di **nitrati**, **clorati** e **perclorati**. Quasi tutti i sali cloruri, bromuri e ioduri (con l'eccezione dei sali di argento, mercurio e piombo). I sali dei fluoruri, con l'eccezione di magnesio, calcio, stronzio, bario e piombo. I sali dei solfati, con l'eccezione di calcio, stronzio, bario e argento. Sono generalmente insolubili: i sali dei carbonati, ossalati, cromati e solfuri. **Soluzioni di non elettroliti** Non sono in grado di **popolarità,** è importante nel definire la solubilità, ma nel caso dell'acqua è necessario considerare la sua tendenza a formare legami a idrogeno. Questo consente di portare a soluzione acquosa molecole anche complesse, ma contenenti atomi di **ossigeno** o di **azoto** nelle condizioni di formare legami a idrogeno. **Solubilità** Nella solubilità vale la regola "il simile soglie il simile", ovvero: - I solventi **polari** sciolgono i composti ionici e covalenti polari, ma non sciolgono composti covalenti apolari - I solventi **apolari** sciolgono i composti covalenti apolari, ma non sciolgono i composti ionici e covalenti polari **Solventi non polari: tetracloruro di carbonio (CCl~4~), ciclo esano, benzene, toluene,** **Solventi polari: acetone (è sia in grado di dissolvere sostanze non polari, ma ha delle caratteristiche che gli permettono di dissolvere sostanze blandamente polari), diclorometano, alcoli semplici** La solubilità è la quantità massima di soluto che si scioglie in un preciso volume di solvente ad una certa **temperatura**, e si esprime solitamente come concentrazione. Si definisce una **soluzione satura** quando il solvente ha disciolto tutto il soluto che poteva e né rimanere una parte indisciolta in equilibrio come **corpo di fondo**. La solubilità dipende quindi dalla coppia solvente/soluto e dalla temperatura. La temperatura influenza la solubilità di gas, liquidi e solidi. - **Gas in liquidi**: la solubilità diminuisce al crescere della temperatura e alla temperatura di ebollizione del liquido la solubilità di un gas è nulla. - **Solidi in liquidi**: in genere la solubilità aumenta al crescere della temperatura, sono presenti delle eccezioni (processi esotermici). A **temperatura costante** un gas poco solubile passa in soluzione fino a raggiungere l'equilibrio tra il gas disciolto e il gas presente nella fase gassosa sovrastante la soluzione. Per aumentare la solubilità di un gas aumentiamo la pressione. All'equilibrio la solubilità del gas a pressione costante è data dalla **legge di Henry**: S = k P La **pressione** non influenza la solubilità di liquidi e solidi in quanto sono fasi incomprimibili, ma ha una grande influenza sulla solubilità dei gas. ![](media/image171.png) Se voglio diminuire la solubilità di un gas aumento la temperatura. Notiamo come abbiamo un diverso tipo di solubilità in base alla capacità se sono molecole polari o non polari di polarizzarsi. Il fatto che il metano è più solubile del monossido di azoto non deriva solo dal fatto che il metano è una molecola polare, ma anche dal fatto che è una molecola più complessa e quindi tendente a polarizzare di più. **Proprietà colligative** Una soluzione di due liquidi A e B, miscibili in tutti i rapporti si dice **ideale** se le interazioni tra molecole A-B sono uguale alle interazioni A-A e B-B nei liquidi puri, ovvero: - Sono ideali quelle soluzioni per le quali **ΔH~solvente~ = 0** - La tensione di vapore di una soluzione ideale è espressa dalla **legge di Raoult**: Dove: x~A~ e x~B~ sono le frazioni molari dei composti A e B P~A~ e P~B~ sono le tensioni di vapore. Dal punto di vista grafico: se la soluzione è ideale, la legge di Raoult ci dice che la tensione di vapore è uguale alla somma delle due tensioni di vapore parziali per tutte le possibili miscele. In ascissa troviamo la composizione indicata come frazione molare. Abbiamo due assi y: nel primo c'è la tensione di vapore del nostro componente puro a quella particolare temperatura. Quale dei due componenti è più volatile? (Esperimento tensione di vapore) quello con tensione di vapore finale maggiore. I punti della linea verde sono solo regolati da x~A~ e x~B~. Di norma le soluzioni reali non seguono la legge di Raoult, ma si possono avere deviazioni: - **Positive**: le interazioni A-B sono minori (è una forza più facile da vincere, è più facile andare in fase vapore) delle interazioni A-A e B-B nei liquidi puri ed il mescolamento è **endotermico** - **Negative**: le interazioni A-B sono maggiori (trattenere di più le molecole nel liquido: sarà più difficile a quella temperatura portare alcune molecole vincendo le forze di Van der Walls alla fase vapore, la pressione che registro è più bassa) delle interazioni A-A e B-B nei liquidi puri ed il mescolamento è **esotermico** Domanda di esame: grafico legge di Raoult, discutere le deviazioni positive e negative della legge di Raoult. ![](media/image173.png) **Distillazione di soluzioni a due componenti** Il grafico rappresenta la così detta **curva di distillazione**: deviazione negativa della legge di Raoult. Questo tipo di diagramma ci da delle informazioni nel momento in cui io sto tentando di separare con metodi fisici i due componenti. Il metodo fisico della **distillazione** è scaldare, sapere che uno dei due componenti è più volatile, quindi sarà più presente in vapore, condensare il vapore e riscaldare. Le due ascisse non rappresentano più le tensioni di vapore, ma le temperature che ho scelto nelle condizioni di ebollizione (tensione di vapore = pressione esterna). La curva più bassa è la curva che individua le temperature di ebollizione per ogni possibile frazione molare. In ordinata trovo sempre le frazioni molari dei due componenti. Le composizioni sono contrassegnate dalla c, quanto è la composizione? 75% B e 25% A. Siamo alla temperatura di 25°C, iniziamo poi a scaldare fin quando vedo che non bolle. Il vapore che si sta formando non ha la stessa concentrazione della soluzione, è diversa la composizione di A e di B del vapore che è in equilibrio con il liquido che sta bollendo. Traccio una parallela all'asse delle composizioni e trovo il valore della composizione del vapore. Inoltre, il grafico dimostra che le interazioni tra le particelle A-A (intermolecolare) o A-B esistono, perché cambiano le proprietà del liquido. **Proprietà colligative delle soluzioni (9.38 audio 30)** Sono proprietà che si osservano per soluzioni diluite di soluti non volatili. **Colligativo:** dipendente dalla concentrazione del soluto e non dalla sua natura. Esse sono quattro: - Abbassamento della tensione di vapore - Innalzamento ebullioscopico - Abbassamento crioscopico - Pressione osmotica **Abbassamento della tensione di vapore** Si consideri una soluzione diluita del soluto non volatile B (tensione di vapore molto bassa) nel solvente A a temperatura costante. La tensione di vapore della soluzione è data dalla legge di Raoult: P = x~A~P°~A~ + x~B~P°~B~ In prima approssimazione il termine x~B~P°~B~ è trascurabile perché: la soluzione è diluita, quindi x~B~ è piccolo e il soluto è non volatile quindi P°~B~ è piccolo, perciò: P ≈ x~A~P°~A.~ P = x~A~P°~A~ poiché x~A~ = 1- x~B~ P = (1 -- x~B~) P°~A~ = P°~A~ - x~B~P°~A~ da cui si ricava: **Innalzamento ebullioscopico** Più una sostanza è volatile più è facile farla bollire **ΔT~e~ = k~e~ m** con k~e~ = costante ebullioscopica molale (dipende dal solvente) **Abbassamento crioscopico** **ΔT~c~ = k~c~ m** Il grafico rappresenta i campi di stabilità per lo stato solido, liquido e vapore: ![](media/image175.png) **Pressione osmotica** La pressione osmotica è la pressione applicata per tornare a livello. Essa è esercitata sulla soluzione per impedire il passaggio del solvente. **π = c R T** con c = concentrazione molare Es. globuli rossi: la membrana cellulare è una membrana semipermeabile. ![](media/image177.png)Per un globulo rosso immerso in una soluzione **isotonica** (stessa pressione osmotica... Una cellula immersa in una soluzione **ipertonica** risulta apparire disidratata, l'acqua tende ad uscire. Per quanto riguarda invece una cellula immersa in una soluzione **ipotonica**, la cellula va incontro alla lisi cellulare: non vi è alcun soluto disciolto, l'acqua quindi tende ad entrare. La pressione osmotica non può cambiare, altrimenti le cellule vengono danneggiate. Il flusso di acqua da un globulo rosso verso l'ambiente deve essere all'equilibrio. **Coefficiente di vant'Hoff** Per soluzioni esternamente diluite *i* si avvicina al numero di ioni per unità di formula. ![](media/image178.png)In generale *i* assume valori più piccoli perché alcuni ioni in soluzione interagiscono diminuendo la concentrazione. Le interazioni tra ioni aumentano all'aumentare della concentrazione. *I* diminuisce all'aumentare della concentrazione. Tutte queste considerazioni sono in relazione alle condizioni normali. Se la sostanza disciolta è invece un elettrolita e quindi dissociata in ioni, bisogna introdurre il coefficiente *i* di vant'Hoff. Esso assume i valori 2, 3, 4...a seconda del numero di ioni in cui l'elettrolita è dissociato. **π = i c R T** **Lezione 16. Colloidi** I collidi sono soluzioni composte da un miscuglio costituito da due fasi: una dispersa (soluto) e l'altra disperdente (solvente). I sistemi colloidali non possono essere considerati né miscugli omogenei, poiché le particelle disperse sono comunque identificabili, né miscugli eterogenei in quanto non è possibili separare nettamente le sostanze di cui è composto il miscuglio. **Dispersione**: sistema costituito da due fasi diverse apparentemente omogeneo (ma in realtà costituito da due o più fasi); la fase prevalente è detta disperdente, quella in minore quantità è detta dispersa. Le particelle disperse hanno dimensioni variabili da 1 nm a 1µm. Le **dispersioni** fanno parte delle **sostanze colloidali.** **Colloide** è una sostanza che si trova in uno stato finemente disperso, intermedio tra una soluzione omogenea ed una sospensione eterogenea. I collidi sono in grado di diffondere la luce (effetto Tyndall), un raggio luminoso che attraversa un sistema colloidale è ben visibile ad occhio umano, cosa che non avviene in una soluzione vera. Allo stato liquido i colloidi si presentano come masse amorfe, sciolte in acqua formano soluzioni colloidali dalle quali le particelle di soluto non possono diffondere attraverso una membrana che le separa dal solvente puro (dialisi). Hanno la capacità di passare facilmente attraverso i pori, se di dimensione adeguate. Ed infine risento poco della forza di gravità, questo permette una velocità di sedimentazione molto bassa. Riconosco un sistema colloidale in quanto **non è trasparente alla luce**. Le dimensioni delle particelle disperse sono simili alla lunghezza d'onda della radiazione incidente, si osserva diffrazione della luce in tutte le direzioni, dando luogo ad un fenomeno di diffusione (effetto Tyndall). **Acqua, sapone grasso** L'acqua è apolare così come il grasso. Il sapone permette di sciogliere un soluto apolare in un solvente polare. Affinché una emulsione sia stabile (non vi sia separazione delle fasi) è necessaria la presenza di emulsionanti, che agendo da tensioattivi sono in grado di abbassare la tensione superficiale della fase disperdente (acqua. Gli emulsionanti formano schiume ed in genere aiutano la miscibilità dell'acqua con sostanze non solubili in acqua attraverso la formazione di micelle. Un'emulsionante ha sempre una parte polare ed una parte apolare (sostanza anfifila). Emulsionanti naturali sono i fosfolipidi, così come anche molte proteine. **Lezione 16.1 Equilibrio chimico, reazioni reversibili** Se mescolo due sostanze (reagenti), mi devo aspettare sempre una reazione? La risposta è **no**. La reazione deve essere spontanea secondo i principi termodinamici. Se due sostanze reagiscono tra di loro, la reazione avviene sempre in modo completo (completo consumo dei reagenti)? La risposta è sempre **no**. La maggior parte delle reazioni in soluzione (trasferimento di elettroni e trasferimento di protoni), sono **istantanee**. Tutti i reagenti si convertono in prodotti nelle quantità richieste dalla stechiometria della reazione reagenti = prodotti. Per molte reazioni ciò non avviene (soprattutto in fase gassosa). Altre reazioni avvengono con parziale trasformazione dei reagenti in prodotti. Una volta che i prodotti si sono formati questi reagiscono per dare i reagenti. La reazione termina quando il sistema raggiunge l'equilibrio (reazioni reversibili) ovvero: la velocità di trasformazione dei reagenti in prodotti è uguale alla velocità di trasformazione dei prodotti in reagenti. Quando si mescolano i reagenti inizia la formazione dei prodotti. Con il procedere della reazione i reagenti vengono consumati: la reazione rallenta. Aumenta quindi la concentrazione dei prodotti che, a loro volta, si trasformano in reagenti. ![](media/image180.png)Si raggiunge uno stato nel quale la velocità di reazione nei due sensi è uguale, la reazione è in **equilibrio**. La doppia freccia è simbolo di una reazione reversibile. Si tratta di un equilibrio **dinamico**: **continuo scambio fra reagenti e prodotti.** **Reazioni irreversibili e reversibili** Molte reazioni avvengono con completa trasformazione dei reagenti in prodotti. La reazione termina quando tutti i reagenti sono stati consumati. Queste reazioni sono **irreversibili**. In reazione invece **reversibili,** l'equilibrio è dinamico. La concentrazione di reagenti e prodotti sono costanti nel tempo. ![](media/image182.png)La velocità di trasformazione di reagenti in prodotti e viceversa, sono uguale e non nulle. **Legge d'azione di massa** A temperatura costante, per una generica reazione di equilibrio: aA + bB ⇄ cC + dD È costante il rapporto: Con k = costante d'equilibrio riferita alle concentrazioni. A, B, C, D = concentrazioni molari di reagenti e prodotti a, b, c, d = coefficienti stechiometrici **Sistemi gassosi: costante k~p~** Per le reazioni che avvengono in fase gassosa si possono usare le pressioni parziali al posto delle concentrazioni molari. aA (g) + bB (g) ⇄ cC (g) + dD (g) ![](media/image184.png) Le costanti di equilibrio k~c~ e k~p~ dipendono solamente dalla temperatura, e non dalle concentrazioni (o pressioni) iniziali. Le concentrazioni (le pressioni) all'equilibrio possono variare, ma k~c~ (k~p~) deve rimanere costante. Le dimensioni delle costanti all'equilibrio dipendono dagli esponenti che compaiono nelle espressioni. A seconda della reazione, vi sono tutte le possibilità: - I reagenti scompaiono e si formano i prodotti (equilibrio completamente spostato a **destra**, la reazione si dice **completa**, si può indicare con una freccia diretta verso destra). - All'equilibrio sono presenti sia reagenti che prodotti, ma i prodotti prevalgono (equilibrio spostato a destra, spesso si indica con la freccia a destra più lunga della freccia rivolta verso sinistra) **k \> 1**. - All'equilibrio sono presenti sia reagenti che i prodotti in circa uguale quantità (equilibrio **indifferente**). - All'equilibrio sono presenti sia reagenti che prodotti, ma i reagenti prevalgono (equilibrio spostato a **sinistra**, spesso si indica con la freccia a sinistra più lunga della freccia rivolta verso destra) **k \< 1**. - All'equilibrio non vi sono prodotti ed i reagenti rimangono inalterati (la reazione **non avviene** ed in genere non si scrive). Per k **grandi** l'equilibrio è spostato verso i **prodotti**. Per k **piccole** l'equilibrio è spostato verso i **reagenti**. **Relazione fra k~p~ e k~c~** aA + bB ⇄ cC + dD Per la legge di Dalton P~i~ V = n~i~ R T Vi è una correlazione tra le pressioni parziali e le concentrazioni molari: ![](media/image186.png) - **Δv \> 0** la reazione da sinistra a destra avviene con **aumento di numeri di moli**: aumenta il volume se la pressione è costante ed aumenta la pressione se il volume è costante. - **Δv \< 0** la reazione da sinistra a destra avviene con **diminuzione di numero di moli**: diminuisce il volume se la pressione è costante e diminuisce la pressione se il volume è costante. - **Δv = 0** la reazione da sinistra a destra avviene **senza variazione del numero di moli**: K è **adimensionale**: ci interessa sapere se siamo spostati più verso i prodotti o più verso i reagenti **Quoziente di reazione** (Fare riferimento al grafico di reazioni reversibili) Il quoziente di reazione esprime la quantità di moli dei prodotti e dei reagenti prima di arrivare all'equilibrio. Q è un valore che varia nel tempo. Viene ottenuto sostituendo nell'espressione della legge d'azione di massa le **concentrazioni iniziali** al posto delle concentrazioni all'equilibrio. Serve per determinare in quale **direzione** si sposta la reazione in un sistema **non all'equilibrio**. Sembra che Q sia analiticamente uguale a K, ma non è così. Il quoziente di reazione indica il rapporto fra le quantità di reagenti e prodotti in qualunque momento prima di raggiungere l'equilibrio. Solo quando è raggiunto l'equilibrio sarà Q = K. - **Q \> K** il quoziente di reazione è maggiore della costante di equilibro, la reazione si sposta verso **sinistra** (verso i **reagenti**). - **Q \< K** il quoziente di reazione è minore della costante di equilibrio, la reazione si sposta verso **destra** (verso i **prodotti**). - **Q = K** il quoziente di reazione è uguale alla costante di equilibrio, il sistema è in **equilibrio**. ![](media/image188.png)Il grafico descrive l'energia libera di Gibbs. L'energia libera è la minima possibile all'equilibrio. **Quoziente di reazione e ΔG** Il ΔG° è la variazione di energia libera di Gibbs che accompagna le reazioni in cui i reagenti in condizioni standard sono completamente convertiti in prodotti in condizioni standard. Il ΔG è la differenza di energia libera in qualsiasi momento dello svolgersi della reazione. - **ΔG \< 0** la reazione è spostata verso i prodotti (reazione spontanea) → **K \> 1** - **ΔG \> 0** la reazione è spostata verso i reagenti → **K \< 1** ΔG~r~ = ΔG~r~° + RT lnQ All'equilibrio ΔG~r~ = -RT ln K~eq~ (tanto è più negativo il ΔG~r~ tanto è più grande la K~eq~) ln K~eq~ = - ΔG~r~° / RT K~eq~ = e^-\ ΔGr°\ /\ RT^ ln K~eq~ = - (ΔH° - TΔS°) / RT = - ΔH° / RT + ΔS° / R La costante R nella equazione assume il valore di 8.3144 J/K mol Dal valore di ΔG~r~° si può calcolare K~eq~ e quindi quantitativamente il grado di conversione dei reagenti nei prodotti. - **ΔG \< 0** la reazione è spostata verso i prodotti (reazione spontanea) → **K \> 1** - **ΔG \> 0** la reazione è spostata verso i reagenti → **K \< 1** **ΔH° \< 0 reazioni esoteriche** La costante di equilibrio **diminuisce** in modo **esponenziale** all'aumentare della temperatura. Questa diminuzione viene dettata dal ΔH°. La reazione si sposta verso i reagenti. **ΔH° \> 0 reazioni endotermiche** Le reazioni endotermiche funzionano meglio a basse temperature. Aumentando la temperatura la costante di equilibrio aumenta esponenzialmente. ![](media/image190.png)La reazione si sposta verso i prodotti. **Lezione 16.2 Principio dell'equilibrio mobile** Il principio di Le Châtelier -- Brown sostiene che un sistema in equilibrio sottoposto a perturbazione tende ad evolvere nel senso in cui **annulla** la perturbazione esterna. Osserveremo quindi l'equilibrio muoversi: redistribuisce i reagenti e i prodotti per rimuovere la perturbazione. Si considerino tre tipi di perturbazioni determinanti nello spostare l'equilibrio: 1. Variazione di concentrazione 2. Variazione di pressione (o volume) 3. Variazione di temperatura **Variazione di concentrazione** Reagenti ⇄ prodotti Se si aggiunge uno dei reagenti l'equilibrio si sposta a destra: l'equilibrio reagisce all'aggiunta di reagenti. Reagenti → prodotti Si forma più prodotto, viceversa se si sottrae reagente. Reagenti ← prodotti Es. N~2~ + 3H~2~ ⇄ 2NH~3~ I reagenti sono delle sostanze poco polari. Calcolo la K~c~ Se si allontanano i prodotti (NH~3~) la reazione si sposta verso destra (viene favorita). **Aggiunta di un reagente** aA + bB ⇄ cC + dD Calcolo la K~eq~, la quale ha un numero ben preciso a temperatura costante. Se aggiungo A puro, quindi al denominatore aumenta \[A\]^a^ (ho un numero più grande al denominatore) e conseguentemente per mantenere la costante di equilibrio costante, deve aumentare anche il prodotto \[C\]^c^ \[D\]^d^~,~ quindi l'equilibrio si sposta a destra a favore dei **prodotti** (si formeranno più prodotti). **Aggiunta di un prodotto** aA + bB ⇄ cC + dD Calcolo la K~eq~. Aggiungo C puro, quindi al numeratore aumenta \[C\]^c^ e conseguentemente per mantenere K~eq~ costante, deve aumentare anche il prodotto \[A\]^a^ \[B\]^b^, quindi l'equilibrio si sposta a sinistra a favore dei **reagenti**. Il trasporto dell'ossigeno nel sangue da parte dell'emoglobina è un esempio di adattamento continuo all'equilibrio alle differenti condizioni tissutali. L'emoglobina è costituita da un atomo centrale di ferro che instaura una interazione di tipo dipolo indotto. Hb + 4O~2~ ⇄ Hb(O~2~)~4~ (Ossiemoglobina) Nei polmoni l'ossigeno è abbondante quindi: l'equilibrio è spostato a destra e l'ossigeno è legato all'emoglobina. Poi il sangue raggiunge le cellule, dove vi è carenza di ossigeno: l'equilibrio si sposta a sinistra e l'ossigeno viene rilasciato dall'ossiemoglobina. L'aggiunta di un reagente o di un prodotto spinge l'equilibrio nella direzione in cui si ha il consumo della sostanza aggiunta: - Aggiunta di reagente: l'equilibrio va verso i prodotti - Aggiunta di prodotto: l'equilibrio va verso i reagenti La rimozione di un reagente o di un prodotto spinge l'equilibrio nella direzione in cui si ha la formazione della sostanza rimossa: - Rimozione di reagente: l'equilibrio va verso i reagenti - Rimozione di prodotto: l'equilibrio va verso i prodotti L'aggiunta di una sostanza che non compare nell'equazione chimica **non modifica** l'equilibrio. Es. N~2~ (g) + 3H~2~ (g) ⇄ 2NH~3~ (g) l'aggiunta di un qualsiasi gas non presente nella reazione non altera l'eq

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