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CongratulatoryThorium

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Università degli Studi di Bari

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cardiopatia ischemica cardiologia medicina salute

Summary

Il documento tratta in dettaglio la cardiopatia ischemica, spiegando la sua definizione, epidemiologia, eziopatogenesi, e fattori di rischio. Si descrivono le caratteristiche dell'aterosclerosi, con particolare attenzione al ruolo dello stress ossidativo. Sono inoltre menzionati i fattori di rischio modificabili e non modificabili legati alla patologia, inclusi quelli genetici, alimentari e comportamentali, e le possibili manifestazioni sintomatiche, come il dolore toracico a cui può corrispondere angina pectoris o infarto del miocardio.

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CARDIOPATIA ISCHEMICA Definizione: si caratterizza per la presenza di ischemia miocardica per un’inadeguatezza tra domanda di ossigeno e l’offerta di sangue ossigenato al miocardio à aumento della domanda e/o riduzione dell’offerta. ! ISCHEMIA= dal greco “trattenere sangue”, rappresentata da un ost...

CARDIOPATIA ISCHEMICA Definizione: si caratterizza per la presenza di ischemia miocardica per un’inadeguatezza tra domanda di ossigeno e l’offerta di sangue ossigenato al miocardio à aumento della domanda e/o riduzione dell’offerta. ! ISCHEMIA= dal greco “trattenere sangue”, rappresentata da un ostacolo al flusso che comporta ridotta perfusione e ridotto apporto di ossigeno LOCO-REGIONALE. Può essere di due tipi: - Primaria à alterazioni di flusso a livello del circolo coronarico per aterosclerosi coronarica - Secondaria à ipertrofia miocardica in assenza di alterazione del flusso coronarico L’ischemia può manifestarsi in forma silente poiché i pz non hanno capacità nocicettiva tale da permettere al sintomo anginoso di definirsi. Epidemiologia: In Italia le malattie cardiovascolari sono causa del 45% circa della mortalità globale, e la cardiopatia ischemica è a sua volta responsabile del 35% dei decessi dovuti a malattie cardiovascolari, con un numero annuo di decessi pari a circa 130 000. La prevalenza della cardiopatia ischemica è intorno al 4%. Eziopatogenesi: aterosclerosi*, arterite coronarica nell’ambito di una vasculite sistemica (sindrome di Takayasu, malattia di Kawasaki), un’embolia coronarica, anomalie congenite delle arterie coronarie. !! ATEROSCLEROSI* È una patologia sistemica e spontanea nell’uomo che coinvolge l’intima e talvolta la media dei vasi muscolari di medio/ medio-grosso calibro. È caratterizzata da 2 lesioni: - ATEROMA à placca vera e propria che protrude nel lume restringendo e ostacolando il flusso - SCLEROSI à depositi di Sali di calcio sulla placca che provocano indurimento del vaso Patogenesi: La formazione delle placche è favorita da fattori di rischio che probabilisticamente portano all’innesco dei meccanismi responsabili, dal punto di vista sistemico, dell’aterosclerosi. Uno stimolo irritante cronico innesca la risposta infiammatoria cronica che, associata a fasi di acuzie infiammatoria, porta alla complicazione della placca. La risposta dell’organismo è innescata da un’aggressione cronica dell’endotelio a livello del quale c’è un equilibrio di fattori pro-/ anti- aggreganti che modulano la cascata coagulativa evitando flogosi e disfunzione endoteliale. Nella fase di acuzie infiammatoria si ha intersecazione di fattori genotipici e fenotipici che intaccano l’equilibrio innescando la risposta individuale all’aggressione cronica dell’endotelio. La confluenza di più fattori di rischio facilita l’evolversi della patologia ateromasica. Tra i principali c’è l’ipercolesterolemia e l’iperlipidemia con aumentata concentrazione di LDL. La patogenesi vede l’adesione dell’LDL e la penetrazione di questa nell’intima quando c’è disfunzione endoteliale, segue ossidazione e condensazione dell’LDL a dare LDL OSSIDATE e AGES. L’ossidazione sistemica facilita il processo, in assenza di ossidazione LDL non può penetrare l’intima à si dice infatti che lo stress ossidativo è il principale fattore di rischio. Ossidazione e condensazione stimolano le cellule endoteliali a produrre CK pro-infiammatorie à richiamano leucociti, monociti-macrofagi à fagocitano LDL ossidate generando foam cells (cellule schiumose) che connotano la placca. Si viene così a formare la STRIA LIPIDICA à se lo stimolo persiste la stria lipidica prosegue verso forme più complicate. La trasformazione in placca è dovuta alla migrazione di cellule muscolari lisce che, secernendo matrice extra-cellulare, formano un cappuccio fibroso che separa il core lipidico dal lume vascolare. È probabilmente lo stress di parete e altri stimoli meccanici e determinare la secrezione da parte di macrofagi e piastrine di sostanze che stimolano la crescita e la migrazione di cellule muscolari lisce. La placca è costituita da: - Core lipidico centrale= NUCLEO DELLA PLACCA - Capsula fibrosa che evita l’esposizione del nucleo impedendo meccanismi emo-coagulativi infatti nel core lipidico sono presenti strutture altamente trombo-geniche Durante le acuzie infiammatorie la presenza di METALLOPROTEASI secrete da macrofagi e polimorfonucleati rendono la placca instabile rompendo la capsula. Il processo di erosione/ fissurazione/ rottura rappresenta un evento acuto a cui si sovrappone la trombosi più o meno occludente. Le placche giovani sono quelle che più facilmente possono andare incontro a rottura provocando la formazione di un TROMBO BIANCO costituito prevalentemente da piastrine, solo in fase finale la situazione si evolve attivando la fibrina che costituirà un reticolo piastrinico. ! Il primo intervento terapeutico consiste quindi nel somministrare cardio-aspirina, antiaggregante piastrinico per evitare la formazione del trombo bianco FATTORI DI RISCHIO Condizioni che se presenti aumentano la probabilità di insorgenza e progressione della patologia. Attraverso la correzione dei fattori di rischio si può rallentare la progressione della patologia aterosclerotica, riducendo la mortalità per ictus e cardiopatia ischemica. La presenza di più fattori di rischio non è additiva ed esponenziale. I fattori di rischio sono distinguibili in: - Modificabili - Parzialmente modificabili - Non modificabili FATTORI DI RISCHIO NON MODIFICABILI: età, sesso, fattori genetici predisponenti, storia personale caratterizzata da malattie cardiovascolari - Età à la patologia da espressione di se con il passare del tempo, > 45 anni negli uomini e di 55 anni nelle donne - Sesso à rapporto maschio femmine= 7:1; nelle donne l’espressione della patologia si ha una decade dopo gli uomini in quanto la donna viene coperta dagli estrogeni fino alla menopausa - Familiarità à comporta: 1) una maggiore suscettibilità, geneticamente determinata, ai fattori di rischio cardiovascolare; 2) una maggiore prevalenza dei fattori di rischio dovuta al fatto che alcuni di essi (in particolare dislipidemia e ipertensione) hanno una componente genetica; 3) una tendenza all’aggregazione familiare dei fattori di rischio legati allo stile di vita (attività fisica, tabagismo, dieta incongrua). FATTORI DI RISCHIO PARZIALMENTE MODIFICABILI: ipertensione arteriosa, diabete mellito, ipercolesterolemia con basso HDL e obesità FATTORI DI RISCHIO MODIFICABILI: - Fumo di sigaretta (4000 sostanze tossiche da combustione di tabacco, le più dannose sono la nicotina, CO, sostanze irritanti ossidanti, benzopirene e sostanze cancerogene)à aumenta i livelli di PA, determina un danno dell’integrità endoteliale, aumenta i livelli plasmatici di colesterolo (LDL), è sinergico con altri fattori di rischio (ipercolesterolemia, diabete e ipertensione). L’astensione dal fumo aumenta l’aspettativa di vita e il rischio si riduce già dopo un anno e dopo 20 diventa simile a quella di un non fumatore - Ipercolesterolemia à il rischio è rappresentato da un aumento di LDL in circolo, mentre il rischio si riduce per un aumento di HDL in circolo. LDL, se catturate dalle cellule endoteliali, si depositano sulle pareti dei vasi restringendone il lume e portando ad attacchi cardiaci ed ictus, le HDL raccolgono il colesterolo cattivo riportandolo al fegato, aiutando a prevenire infarti e aterosclerosi. L’esercizio fisico riduce LDL (commistione tra esercizio fisico isometrico e isotonico). Il colesterolo tende ad aumentare con l’età perché si attenua il sistema che ne blocca la produzione epatica. L’alimentazione può migliorare l’ipercolesterolemia attraverso l’assunzione di acidi grassi, monoinsaturi e polinsaturi, come omega-3 (vasodilatatori anti-infiammatori e anti-trombotici). Gli acidi grassi saturi portano ad un aumento di LDL - Ipertensione arteriosa à aumenta con l’età e ne esistono di diverse forme, sistolica isolata se la pressione sistolica > 140 mmHg, diastolica isolata se la pressione diastolica > 90 mmHg, sisto-diastolica. Non è un semplice fattore di rischio, ma un vero e proprio stimolo aterogeno che contribuisce a determinare la progressiva formazione delle placche aterosclerotiche - Diabete mellito di tipo 2 à Anche se i pazienti diabetici hanno spesso livelli di colesterolo LDL vicini alla normalità, le particelle LDL tendono a essere più piccole e dense e pertanto più aterogeniche. Un’altra caratteristica della dislipidemia diabetica include bassi livelli di HDL e livelli elevati di trigliceridi. - Obesità à L’obesità aumenta il rischio d’insorgenza di malattie cardiovascolari, in parte perché associata ad altri fattori di rischio quali ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa, iperglicemia, in parte per un effetto aterogeno diretto. Infatti, soprattutto il grasso viscerale è caratterizzato dalla presenza di cellule infiammatorie attivate che sintetizzano citochine proaterogene (interleuchina [IL]-6 e TNF [Tumor Necrosis Factor]-α) e di adipociti che sintetizzano adipochine (come leptina e resistina), anch’esse caratterizzate da un potente effetto proaterogeno. (fine trattato aterosclerosi) Sintomatologia: DOLORE TORACICO à può essere anginoso (angina pectoris) se causato da un’ischemia transitoria ed è di breve durata, infartuale se causato da ischemia prolungata e persistente provocante necrosi miocardica. La principale differenza tra i 2 è la durata del dolore che è > nel dolore infartuale. Caratteristiche del dolore anginoso: - Tipo di doloreà oppressivo, costrittivo, sensazione di peso talvolta urente o un semplice fastidio. Può associarsi a dispnea, cardiopalmo, sudorazione fredda, nausea, vomito e/o astenia. Non è influenzato dagli atti respiratori, dalla posizione del corpo e dalla digitopressione sulla parete toracica. - Sede à retrosternale, talvolta epigastrica o interscapolare - Irradiazione à collo, mandibola, lato ulnare del braccio sx - Insorgenza à in relazione ad uno sforzo fisico, pasto pesante, freddo, stress emotivo - Scomparsa à cessazione dello sforzo fisico o assunzione di nitroderivati (nitroglicerina) entro 5-10 min (inefficaci sul dolore infartuale) - Durata à alcuni minuti (10-20 min) (> 20 min si ha dolore infartuale) Il dolore toracico può essere classificato in: - Angina tipica à deve soddisfare 3 caratteristiche: dolore retro-sternale, insorgenza per esercizio fisico/ stress, regressione con riposo o nitroglicerina (CLASSIFICAZIONE DI FORRESTER-DIAMOND) - Angina atipica à 2 su 3 - Non anginoso à 1 su 3 Il dolore anginoso può essere classificato secondo criteri prognostici: - Stabile à sintomatologia dolorosa nota da tempo (più di 1 mese) o se il pz ha nota patologia coronarica, il rischio di sviluppare sindromi coronariche più gravi come IMA e arresto cardiaco sono basse. - Instabile à primo episodio di dolore toracico comparso a riposo o per sforzi minimi, il rischio di sviluppare sindromi coronariche più gravi come IMA e arresto cardiaco sono significativamente elevati. ! è possibile stimare la probabilità a priori di coronaropatia sulla base di età, sesso, caratteristiche del dolore. Le probabilità sono: - Basse à < 15%, richiesta l’indagine delle molteplici cause di dolore toracico non secondarie a coronaropatie ostruttive in quanto il dolore toracico può avere cause vascolari (dissezione aortica, embolia polmonare, ipertensione polmonare), polmonari (pleurite, polmonite, tracheobronchite, pneumotorace), gastro-intestinali (reflusso esofageo, ulcera peptidica, pancreatite), muscolo-scheletriche (malattie dei dischi cervicali, traumi, strappi, herpes zoster), psichiatriche (disturbo di panico) - Intermedio-basse à 15-65% - Intermedio-alte à 65-85% - Alte à > 85% Altri sintomi, definiti equivalenti anginosi, sono: dispnea, indicativa di un’insufficienza ventricolare sinistra acuta; questa si può determinare quando l’ischemia è sufficientemente estesa da alterare in modo significativo la funzione sistolica, e anche diastolica, del ventricolo sinistro, con conseguente aumento della pressione telediastolica e incremento della pressione nei capillari polmonari; astenia, legata a una riduzione transitoria della funzione sistolica in grado di causare una diminuzione della portata con ipoperfusione muscolare; palpitazioni, causate da disturbi del ritmo, conseguenti all’instabilità elettrica che l’ischemia miocardica può provocare; il paziente può avvertire un semplice cardiopalmo o, in casi di aritmie gravi, soffrire di sincope o lipotimia. Indagini strumentali non invasive - ECG A RIPOSO: se il quadro è stabileà l’ECG non presenta alterazioni suggestive di ischemia miocardica acuta, può presentare alterazioni non acute (onda Q) le quali non confermano che il dolore toracico riferito sia angina; se il quadro è instabile à si ricercano alterazioni acute come sottoslivellamento o sopraslivellamento del tratto ST e onde T negative profonde, in assenza di alterazioni acute l’indagine diagnostica successiva è la misura di marcatori di danno miocardico= TROPONINA T o I - ECOCARDIOGRAMMA + color-doppler: fornisce immagini delle strutture cardiache necessarie per un’analisi morfologica dinamica delle cavità cardiache, delle valvole, dei vasi e del pericardio per confermare/ escludere patologie cardiache e/o vascolari responsabili del dolore toracico - TEST ERGOMETRICO (esame di 1° livello): prova da sforzo con costante monitoraggio ECG a 12 derivazioni e misurazione della pressione ad ogni incremento del carico. Si deve eseguire uno sforzo incrementale con un aumento del carico ogni 2/3 min. il test dovrebbe essere massimaleà raggiungimento della frequenza cardiaca massimale: FC= 220/210 - età del pz. Lo sforzo adeguato per la valutazione dell’ischemia inducibile corrisponde all’85% della FC massimale: il test è POSITIVO à è presente un sottoslivellamento del tratto ST > 1 mm in almeno due derivazioni contigue il test è NEGATIVO à se non è presente un sottoslivellamento significativo il test è NON DIAGNOSTICO in assenza di sottoslivellamento significativo ma se non è stato raggiunto l’85 di FC massimale il test è NON VALUTABILE à in presenza di alterazioni della conduzione o alterazioni della ripolarizzazione ventricolare il test deve essere INTERROTTO in caso di comparsa di angina ingravescente, dispnea, affaticamento, sottoslivellamento > 4 mm, sopraslivellamento > 2 mm, tachicardie ventricolari, pressione sistolica > di 250 mmHg, pressione diastolica > 120 mmHg o ipotensione - ECOCARDIOGRAFIA DA STRESS: ecocardiografia durante manovre provocative (esercizio fisico o infusione di dobutamina e dipiridamolo). La finalità è slatentizzare condizioni non evidenti a riposo come comparsa di anomalie cinetiche della regione ventricolare sx. La più diffusa è quella da stress farmacologico con infusione di 5 microg di DOBUTAMINA per poi aumentare progressivamente fino a 40 microg/Kg al min - SCINTIGRAFIA MIOCARDICA PERFUSORIA DA STRESS: permette di identificare alterazioni della perfusione regionale attraverso la somministrazione per via endovenosa di un radiofarmaco (tallio e tecnezio) che si distribuisce nel miocardio in modo direttamente proporzionale al flusso ematico regionale. La prima iniezione a riposo, la seconda dopo stress al max sforzo. Il difetto di perfusione è rappresentato da un’area ipocaptante. Se il riscontro è a riposo il miocardio è necrotico, se il riscontro è dopo stress è espressione di una stenosi coronarica. - ANGIOTAC CORONARICA: esame anatomico con iniezione endovenosa di mezzo di contrasto iodato che permette di ricostruire l’anatomia coronarica individuando l’eventuale presenza di stenosi. Limiti diagnostici: nefrotossicità del mezzo di contrasto Il valore predittivo NEGATIVO dell’indagine è del 97-99% à serve per ESCLUDERE la coronaropatia ! CALCIUM SCORE INDEXà misura della quantità di calcio presente a livello delle arterie coronariche legata alla progressione della placca ateroscleroticaà valori elevati suggeriscono un’elevata occlusione delle coronarie. Si esprime con un punteggio che va da 0 a 400 Agatson. 0= assenza placche 1-10= piccola quantità di placca, si suggerisce modifica dello stile di vita 11-100= malattia cardiaca lieve, minima possibilità di avere un infarto nei prossimi 10 anni 101-400= moderata estensione dell’aterosclerosi, rischio moderato-alto di avere infarto nei successivi 10 anni >400= grande quantità di placca e 90% di stenosi coronarica con alto rischio di infarto - MARCATORI DI DANNO MIOCARDICO: metodo di scelta è la misura delle troponine cardiache in quanto valori patologici definiscono l’infarto miocardico acuto. Il dosaggio delle troponine è ad elevata sensibilità analitica e ad elevata precisione analitica. Vengono considerati patologici valori di troponine > 99° percentile. Si effettuano due prelievi ravvicinati: T0 a livello basale e T1 a distanza di 1h per verificare che i valori siano bassi o al di sotto del limite minimo di rilevabilità; l’entità del danno infatti si correla con l’incremento delle troponine linearmente proporzionale al tempo di ischemia. MANIFESTAZIONI CLINICHE DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA La cardiopatia ischemica può manifestarsi con quadri clinici caratterizzati da una sostanziale stabilità nel tempo (sindromi coronariche croniche) o con quadri clinici che insorgono in modo più o meno rapido o improvviso (sindromi coronariche acute). Sindromi coronariche croniche: angina cronica stabile; angina microvascolare; angina vasospastica; cardiomiopatia dilatativa ischemica. Sindromi coronariche acute: sindromi coronariche acute con aterosclerosi coronarica ostruttiva senza sopraslivellamento persistente del tratto ST; sindromi coronariche acute con aterosclerosi coronarica ostruttiva con sopraslivellamento persistente del tratto ST; sindromi coronariche acute senza aterosclerosi coronarica ostruttiva; morte improvvisa coronarica. ANGINA STABILE Definizione: ischemia miocardica reversibile e transitoria dovuta ad una discrepanza tra richiesta e apporto miocardico di ossigeno in condizione di aumentata richiesta metabolica. Ha una caratteristica cronicità clinica, le sue caratteristiche non cambiano per almeno 2 mesi. Quadro clinico più frequenteà angina da sforzo con dolore anginoso durante esercizio fisico, emozione, freddo, pasto Talora si manifesta con il primo sforzo della giornata o con angina da decubito (disteso a letto) e recede con posizione eretta Dura alcuni min e scompare con la cessazione dello sforzo o assunzione di NITROGLICERINA Può essere distinta in: - Angina a soglia fissa - Angina a soglia variabile à si può avere dolore anginoso per sforzi di diversa entità Eziopatogenesi: è dovuta alla presenza nelle coronarie di placche aterosclerotiche complicate che riducono il lume vasale. Quando la riduzione è > del 75% del lume (stenosi critica) non è più possibile un adeguato incremento del flusso in risposta ad un’aumentata richiesta metabolica del miocardio. In presenza di stenosi critica si verifica una vasodilatazione massimale a livello arteriolare (riserva coronarica) per consentire un flusso adeguato A RIPOSO, quando la richiesta di ossigeno aumenta, non potendoci essere una vasodilatazione ulteriore ed un incremento del flusso, si crea discrepanza tra richiesta e apporto di ossigeno à ischemia (principalmente sub- endocardica) La CCS suddivide in 4 classi la severità dell’angina, sulla base dell’intensità dello sforzo: - CLASSE 1: i sintomi sono scatenati da esercizio vigoroso, rapido o prolungato - CLASSE 2: i sintomi compaiono camminando rapidamente, salendo le scale velocemente o dopo un pasto abbondante - CLASSE 3: i sintomi compaiono camminando per brevi distanze (100-200m) o salendo le scale - CLASSE 4: i sintomi compaiono a riposo Diagnosi: L’esame obiettivo è normale ma talvolta può evidenziare soffi vascolari carotidei o femorali, soffi sistolici puntuali, tachicardia, ipertensione e iposfigmia agli arti inferiori su base aterosclerotica. Durante la crisi anginosa è possibile auscultare un 4° tono per ridotta compliance ventricolare sx o un 3° tono per distensione ventricolare sx e distensione dei muscoli papillari. Infine, nel caso che l’ischemia interessi una cospicua porzione di miocardio, si possono manifestare sintomi di scompenso acuto del ventricolo sinistro (dispnea) e presenza all’auscultazione toracica di piccoli rumori umidi alle basi polmonari. Tutti questi segni regrediscono con la risoluzione dell’ischemia miocardica. Indagini strumentali: L’ECG a riposo non presenta alterazioni significative se svolto in ASSENZA di angina, evidenzia alterazioni suggestive come sottoslivellamento del tratto ST (V4-V5-V6) o un’inversione o un’appiattimento dell’onda T se eseguito DURANTE dolore anginoso. Tali alterazioni regrediscono al cessare dell’episodio. In pz con sospetta angina stabile è consigliata l’esecuzione di un ecocardiogramma per verificare alterazioni morfologiche o funzionali dei ventricoli, delle valvole, del pericardio, dell’aorta o riduzione della frazione di eiezione (FE). - Se la FE è < 50% à indagine invasiva come coronarografia Percorso diagnostico: 1) Stima della probabilità a priori di coronaropatia sulla base delle caratteristiche intrinseche del pz (età, sesso) e della modalità di comparsa e remissione del dolore; 2) Esecuzione di test non invasivi volti alla ricerca della coronaropatia; 3) Stratificazione del rischio con inizio di una terapia farmacologica ottimale e selezione di pz che possono beneficiare dell’esecuzione di coronarografia e rivascolarizzazione PROBABILITÀ A PRIORI BASSA (85%) à l’esistenza della coronaropatia è altamente probabile quindi l’esecuzione di uno stress test ha il fine di condurre verso la stratificazione del rischio Gli stress test non hanno solo finalità diagnostiche ma anche prognostiche, sulla base del risultato di questi si procede con la stratificazione prognostica del pz in: PZ A BASSO RISCHIO à terapia farmacologica è ottimale. Mortalità < 1%, non hanno alterazione del tratto ST e della cinetica, è presente un’ipoperfusione minima reversibile < 5% del ventricolo sx, Agatson 1mm con sintomi, ipoperfusione del ventricolo sx tra 5-10%, Agatson tra 100-400. I valori sono molto oscillanti per cui all’interno della stessa categoria possiamo trovare situazioni differenti l’una dall’altra PZ AD ALTO RISCHIO à è indicata la coronarografia* poiché la coronaropatia sottostante è molto grave con un severo restringimento del lume coronarico, da un punto di vista prognostico evita l’insorgenza di eventi avversi. Mortalità maggiore del 3% annuo, all’ECG è presente alterazione del tratto ST ancor prima di raggiungere 75 WATT e che persiste durante il recupero per oltre 6 min, all’ecocardiogramma sono visibili alterazioni di più di 2 segmenti che compaiono a bassi dosaggi di dobutamina, alla SPECT c’è un’alterazione ipoperfusiva reversibile con area di ipocaptazione > 10% del ventricolo sx, all’ANGIOTAC è presente una patologia del tronco comune > 50% o multivasale > 70% La coronarografia* (studio angiografico delle coronarie) è un esame invasivo che esplora le cavità cardiache, i vasi e le coronarie mediante cateteri grazie ai quali riusciamo ad esplorare, misurare ed effettuare prelievi di sangue ed iniettare mezzi di contrasto per acquisire immagini radiografiche in sequenza che raffigurano l’albero coronarico à si esegue la valutazione anatomica dell’albero coronarico individuando stenosi dovute a placche aterosclerotiche, coronaropatia mono-/ bi-/ tri-vasale e complessità della malattia aterosclerotica con calcolo del SYNTAX SCORE. Il SYNTAX SCORE è un calcolo poli-parametrico che valuta la presenza, il numero, la sede, la lunghezza e le caratteristiche intrinseche (entità e morfologia) delle lesioni aterosclerotiche. La coronarografia si esegue in pz con: angina stabile severa con sintomi, pz con caratteristiche cliniche che suggeriscono un elevato rischio di eventi avversi e non rispondono alla terapia medica, pz con minimi sintomi o asintomatici nei quali i test non invasivi suggeriscono un elevato rischio, pz candidati a chirurgia non cardiaca e pz con gravi aritmie ventricolari. Rischi coronarografia: sono legati al cateterismo in quanto tali cateteri si fanno strada nel compartimento vascolare fino all’osteo coronarico sopra il piano valvolare provocando gravi complicanze come dissecazione aortica, distacco di emboli, coaguli che possono provocare embolia/ ischemia in altri distretti (cerebrale, renale). Altre complicanze sono legate al mezzo di contrasto che essendo un mezzo iodato può dare problematiche a carico di tiroide e rene TERAPIA FARMACOLOGICA Le terapie sono di 2 tipi: - TERAPIA SINTOMATICA à serve ad alleviare i sintomi con lo scopo di ridurre o abolire nel tempo gli episodi di angina - TERAPIA PREVENTIVA à serve per prevenire l’instaurarsi di eventi cardiovascolari acuti a scopo preventivo e a ridurre la progressione della placca aterosclerotica rendendola stabile così da evitare episodi di rottura, erosione e trombosi sovrapposta TERAPIA SINTOMATICA - Di prima scelta à beta-bloccanti che inibiscono i recettori beta in cuore, vasi e bronchi al fine di ridurre la FC, PA e il consumo miocardico di ossigeno per migliorare la perfusione coronarica. Si distinguono in: SELETTIVI à direttamente contro beta1 cardiaco e sono: METOPROLOLO, ATENOLOLO, NEBIVOLOLO NON SELETTIVI à generalmente contro beta 1 e 2 su vasi, polmoni e in parte cuore e sono: PROPRANOLOLO Effetti collaterali: bradicardia, ipotensione, disturbi della conduzione AV, broncospasmo à controindicati nei pz con asma, scompenso cardiaco acuto, angina vaso-spastica, bradicardia EVITARE ASSOCIAZIONE TRA BETA-BLOCCANTI E CALCIO-ANTAGONISTI NON DIIDROPIRIDINICI PER EVITARE BRADIARITMIE à calcio-antagonisti che inibiscono l’attività contrattile Ca2+ dipendente provocando vasodilatazione, ci sono 3 sottoclassi: DIIDROPIRIDINICI (NIFEDIPINA) à agiscono su canali del calcio diidropiridinici della muscolatura liscia con effetto vasodilatatore e tachicardizzante BENZODIAZEPINE (DILTIAZEM) à agiscono a livello del nodo SA e AV riudendo la FC FENILALCHILAMINE (VERAPAMIL) à agiscono su stazioni pacemaker con azione bradicardizzante e ipotensivante Effetti collaterali: diidropiridinici à ipotensione, edema alle caviglie, cefalea, tachicardia riflessa, ! È RACCOMANDATA L’ASSOCIAZIONE CON BETA-BLOCCANTI Non diidropiridinici à bradiaritmie, disfunzione ventricolare, stipsi, iperplasia - Di seconda scelta à NITRATI che possono essere distinti in: quelli con rapida azione (nitroglicerina) la cui somministrazione è immediata in pz con dolore toracico anginoso; quelli con lenta azione con effetto vasodilatatorio e riduzione del consumo di ossigeno da parte del miocardio. Vengono utilizzati per prevenire attacchi anginosi. Lati negativi nitrati: tachifilassi, rapida assuefazione e comparsa della tolleranza à IVABRADINA che riduce la frequenza cardiaca inibendo i canali funny del nodo SA à RANOLAZINA che inibisce la corrente tardiva di sodio a livello dei cardiomiociti TERAPIA PREVENTIVA - ASPIRINA a basso dosaggio per prevenire l’aggregazione piastrinica inibendo la COX1 e l’instabilità della placca - TIENOPIRIDINE (plavix) da somministrare in pz intolleranti ad aspirina - STATINE riducono la sintesi di LDL e la condizione infiammatoria, stabilizzano la placca - ACE-INIBITORI migliorano la funzione endoteliale coronarica grazie alla funzione vasodilatante ed ipotensivante ! ALLA TERAPIA FARMACOLOGICA BISOGNA ASSOCIARE UNA MODIFICAZIONE DELLO STILE DI VITA TERAPIA NON FARMACOLOGICA Insieme delle procedure di rivascolarizzazione miocardica per alleviare i sintomi dell’ischemia e migliorare la prognosi. La rivascolarizzazione è indicata in presenza di stenosi coronarica > 50% al fine di migliorare la qualità della vita. Per migliorare la prognosi la rivascolarizzazione è invece indicata in presenza di coronaropatia molto estesa: - Stenosi del tronco comune > 50% - Lesioni prossimali della discendente anteriore > 50% - Lesioni di 2/3 coronarie > 50% - Estesa ischemia miocardica > 10% - Lesione dell’ultima coronaria rimanente pervia con stenosi > 50% La rivascolarizzazione si effettua con 2 metodiche: 1) BYPASS AORTO-CORONARICO à permette al sangue di superare un condotto ostruito (parzialmente o totalmente). Il cardiochirurgo effettua un’incisione longitudinale sul torace accedendo al cuore e all’aorta. A valle del restringimento sutura un tratto di vena grande safena o di arteria mammaria e successivamente collega l’altra estremità a monte del restringimento formando un canale per aggirare l’ostacolo. L’operazione richiede ARRESTO CARDIOPLEGICO con circolazione extra-corporea. 2) ANGIOPLASTICA CORONARICA à catetere guida gonfiabile che vada a rompere la placca, questo processo molto invasivo può portare dissezione acuta, trombosi e re-stenosi tardiva legata al recoil elastico delle fibre interessate. Per evitarlo si utilizzano stent= maglie metalliche che si appongono dove è avvenuta l’angioplastica evitando così il ritorno elastico. Tuttavia lo stent è un corpo estraneo ed induce un’aggressione infiammatoria pro- aggregante à per evitare ciò si utilizzano stent medicati che, con attività citostatica intrinseca, sono finalizzati ad evitare iperplasia fibrintimale La scelta di una delle 2 metodiche dipende da diversi elementi: anatomici (numero di coronarie coinvolte e complessità delle lesioni), funzionali, generali (comorbidità e rischio anestesiologico) Un aiuto è fornito dal SYNTAX SCORE calcolato sulla base dell’anatomia coronarica, > è il punteggio > è la complessità della malattia. - Stenosi critica di 1 o 2 coronarie, senza coinvolgimento del tronco comune e della discendente anteriore prossimale, richiede angioplastica coronarica - Stenosi critica di 1 o 2 coronarie, con coinvolgimento del tronco comune e della discendente anteriore prossimale, corrisponde a SYNTAX SCORE < 22 e richiede o angioplastica coronarica o bypass aorto-coronarico in base al pz - Stenosi di tutte e 3 le coronarie e del tronco comune con SINTAX SCORE > 23, richiede bypass aorto-coronarico Il trattamento di rivascolarizzazione è finalizzato a: - Migliorare i sintomi à in caso di angina non responsiva a terapia massimale, stenosi coronariche > 50%, ischemia documentata, FFR 50%, ischemia documentata con FRR 10% del ventricolo sx ANGINA VASOSPASTICA O DI PRINZMETAL* Definizione: è una forma di angina pectoris secondaria allo spasmo delle coronarie epicardiche. Epidemiologia: maschi giovani fumatori, dediti a cocaina, con cefalee ed emicranie mattutine Sintomi: angina a riposo spesso di notte e raramente sotto-sforzo, gli attacchi tendono a verificarsi regolarmente in alcuni momenti della giornata. Il dolore dura 2-10 min, anche solo 30 s. recidiva a breve distanza di tempo. Diagnosi: test provocativi con acetilcolina e/o ergonovina Si sospetta angina variante se si verifica un sopraslivellamento del tratto ST durante l’attacco (à dovuto allo spasmo coronarico), tra le crisi anginose l’ECG può essere normale o presentare un quadro stabile di alterazione. Se il sopraslivellamento si verifica tra V2 e V3à è leggermente più benigno perché riguarda la coronaria dx che irrora zone meno estese e meno suscettibili ad aritmie gravi Conseguenze à può complicarsi con tachi-aritmie e bradi-aritmie fino a IMA Trattamento: calcio antagonisti (diltiazem, verapamil, amlodipina)à riducono i sintomi ma non incidono sulla prognosi, nitroglicerina sublinguale che allevia prontamente il dolore, i beta- bloccanti possono esacerbare lo spasmo provocando vasocostrizione. Il quadro si può complicare con aritmie talvolta fatali e se sopravvissuti a queste aritmie necessitano di defibrillatore. ANGINA MICROVASCOLARE O SINDROME X* Definizione: è una disfunzione o costrizione micro-vascolare cardiaca che causa angina in pz con arterie coronarie epicardiche normali all’angiografia. I pz hanno angina più prolungata dopo l’interruzione dello sforzo e lenta e incostante risposta ai nitrati sublinguali. In alcuni di questi pz durante i test da sforzo viene rilevata un’ischemia la cui causa sembra essere una costrizione coronarica intra-miocardica riflessa e una ridotta riserva di flusso coronarico. Si presenta con sottoslivellamento del tratto ST all’ECG da sforzo e ridotta perfusione alla scintigrafia. Altri pz hanno una disfunzione micro-vascolare intra-miocardica: i vasi anomali non si dilatano in risposta all’esercizio o di altri eventi stressanti il sistema cardiovascolare. Epidemiologia: vengono colpite maggiormente giovani e donne Diagnosi: esecuzione della coronarografia documentando direttamente la presenza di un’alterazione della funzione vasodilatatrice e/o vasocostrittrice del microcircolo coronarico mediante lo studio della risposta del flusso e delle resistenze coronariche (mediante Doppler intracoronarico) a stimoli farmacologici. Test dell’Adenosina: La funzione vasodilatatrice microvascolare coronarica è abitualmente valutata mediante somministrazione di adenosina à un incremento del flusso coronarico inferiore al 100% rispetto alla base (ossia una riserva di flusso coronarica inferiore a 2) in risposta al farmaco è considerata, in assenza di stenosi, diagnostica di angina microvascolare. Prognosi: buona anche se diversi pazienti con angina microvascolare vanno incontro a un peggioramento del quadro clinico nel tempo, con episodi anginosi sempre più frequenti, prolungati e insorgenti anche a riposo SINCROMI CORONARICHE ACUTE Definizione: l’ischemia miocardica che caratterizza le manifestazioni cliniche acute della cardiopatia ischemica può essere: - Di breve durata e più o meno ricorrente senza causare necrosi dei miocardiociti - Sufficientemente intensa e duratura da causare necrosi miocardica. ! Attualmente si ritiene che una necrosi cellulare ischemica di una qualsiasi entità identifichi un INFARTO ACUTO DEL MIOCARDIO Queste situazioni, sulla base dell’elettrocardiografia, sono suddivise in: - SINDROMI CORONARICHE ACUTE CON SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST che evolvono verso un infarto transmurale nella quasi totalità dei casi - SINDROMI CORONARICHE ACUTE SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST che sviluppano un infarto non transmurale e nella minoranza dei casi angina instabile INFARTO MIOCARDICO Definizione: patologia caratterizzata da necrosi miocardica (di tipo coagulativo) dovuta ad ischemia che vada oltre i 30 min per trombosi occlusiva persistente. Fattori di rischio: - nel 75% dei casi è definito “a ciel sereno”, coinvolge placche giovani con rottura profonda del cappuccio fibrosoà questo innesca il processo emo-coagulativo a dare trombosi rapidamente occludente. Importante gravità clinica per mancanza di circoli collaterali - il restante 25% è preceduto da storia clinica con erosione di placca in soggetti di età avanzata. Ridotta gravità clinica per presenza di circoli collaterali La quantità di miocardio necrotica dipende: - sede di occlusione - durata occlusione - presenza di circoli collaterali - presenza di episodi anginosi precedenti - risposta neurovegetativa ed emodinamica: aumento catecolamine= aumento consumo ossigeno Anatomia Patologica: Nelle prime fasi sono presenti POLIMORFONUCLEATI per digerire cellule necrotiche e nel tempo compaiono FIBROBLASTI per sostituire il tessuto vitale mancante con tessuto fibroso solo passivamente e parzialmente stirabile. Da 6h a 7gg successivi ci sono polimorfonucleati e il tessuto è malacico con possibilità di rottura del cuore; dai 7 ai 30 gg successivi si deposita definitivamente la cicatrice. Dopo 30 gg si può considerare guarito. Più siamo rapidi a salvare il muscolo, meno tessuto verrà perso. Il GOLDEN TIME fondamentale per andare a rivascolarizzare si aggira intorno ai 90 min/2h. Dopo l’ischemia di qualche minuto si verifica il rilascio di miofibrille e anormalità mitocondriale, entro i primi 20-30 min le alterazioni sono reversibili, la necrosi compare in 4-6 ore con meccanismo tempo-dipendente, procedendo da sub-endocardio a sub-epicardio. Il miocardio può essere salvaguardato e le tempistiche variano in caso di presenza di: circoli collaterali, risoluzione delle cause che provocano aumento del consumo di ossigeno e riperfusione spontanea o terapeutica. In base alle dimensioni e alla localizzazione della necrosi, si distinguono diversi IMA: - microscopico à necrosi focale - piccolo à < 10% massa ventricolare - medio à 10-30% massa ventricolare - grandi à >30% massa ventricolare Diagnosi: rilevazione marcatori biochimici* in associazione con almeno uno dei seguenti: - Sintomi di ischemia miocardica - Alterazione dell’ECG tipica di ischemia (sopra-/ sotto-slivellamento ST o blocco di branca sx) - Onde Q patologiche - Evidente perdita di vitalità miocardica - Regionali anomalie della contrattilità cardiaca - Trombosi coronarica I marcatori* si dividono in: - SPECIFICI: troponine cardiache e CPK-MB - ASPECIFICI: mioglobina e CPKà la mioglobina compare già dopo 1-2h Vengono utilizzate troponine ad alta sensibilità che rilevano un danno patologico vero e non una semplice messa in circolo di troponina. L’aumento di troponine è una condizione necessaria ma non sufficiente alla diagnosi di IMA, spesso si possono verificare incrementi in assenza di IMA per esempio in caso di sepsi, embolia polmonare, scompenso cardiaco, cardioversione elettrica. Sulla base di: Entità dell’incremento + Cinetica temporale à aumenta la probabilità che un aumento di troponina corrisponda ad IMA. Cinetica temporale: Nelle prime 3-6 h à livello basso Nelle successive 12-24h à incremento fino al picco Successivi 10-12 giorni à ritorno alla norma Entità dell’incremento: > incremento troponinico, > probabilità IMA Le recenti linee guida consigliano di effettuare un rilievo di troponina ad alta sensibilità: - Al tempo 0 - Ad 1h di distanza - A 2h di distanza - Talvolta anche a 3h di distanza per rilevare il danno miocardico (non necrosi) Le cause di IMA si distinguono in: - Ridotto apporto di ossigeno per le richieste metaboliche delle cellule - Coronariti, spasmi, dissezioni delle coronarie - Anomalie congenite - Cause SISTEMICHEà sepsi, insufficienza renale cronica, stroke, emorragia sub-aracnoidea, embolia polmonare, malattie infiltrative (amiloidosi), trattamenti chemioterapici, esercizio intenso - Cause NON ISCHEMICHE à scompenso cardiaco, miocardite, cardiomiopatie, procedure di rivascolarizzazione coronarica, ablazione trans-catetere, shock da defibrillazione e contusione cardiaca Sintomatologia: simile all’angina dalla quale si differenzia perché è generalmente di lunga durata (anche ore), non è sensibile a Trinitina, può essere associato a stimolazione neurovegetativa con sudorazione profusa, pallore, ansia, agitazione. Il dolore compare a riposo (> all’alba), talvolta dopo attività sessuale, può essere assente in soggetti con alterazione nocicettiva (diabetici, anziani). Può presentarsi come scompenso cardiaco sx, ipotensione e aritmia. Possono esserci sedi atipiche del dolore ma mai sotto l’ombelico. La prima presentazione può essere l’arresto cardiocircolatorio, altre volte dispnea inappropriata, vertigine, sincope o lipotimia. Il 25% non presenta sintomi o presenta sintomi sfocati. Esame obiettivo: rapido e mirato, l’aspetto generale può essere molto eterogeneoà da lieve disconfort fino a prostrazione profonda e talvolta stato soporoso dovuto a bassa pressione. La cute del pz può essere pallida e sudata. Bisogna capire se l’infarto è complicato con altre patologie pregresse. Bisogna considerare 3° e 4° tono, soffio sistolico apicale o insufficienza mitralica. Se l’infarto non è complicato non ci sono segni. Raramente all’esordio è presente un soffio sisto-diastolico per rottura del setto interventricolare. Sulla base dell’obiettività cardiaca e polmonare si classificano i pazienti secondo 4 classi killip: - KILLIP 1 à assenza del 3° tono e di stasi polmonare - KILLIP 2 à presenza di 3° tono e crepitii alle basi - KILLIP 3 à edema polmonare acuto - KILLIP 4 à shock cardiogeno A seguito dell’esame obiettivo si procede con rx toracico nel caso si sospetti dissezione aorticaà l’rx non deve ritardare la terapia riperfusiva. L’rx di alta qualità= eco-trans-toracico e trans- esofageo e la tac con mezzo di contrasto sono utilizzate per differenziare lo STEMI dalla dissezione aortica quando la differenziazione iniziale non è chiara. È d’obbligo eseguire ECG per risalire ad informazioni su: ischemia, lesione, necrosi, blocchi e aritmie. I principali segni che si presentano all’ECG sono: - ONDA T APPUNTITAà prime fasi che indicano ischemia, sono le migliori condizioni per somministrare la terapia - SOPRASLIVELLAMENTO A CONVESSITÀ SUPERIORE DEL TRATTO ST* NELLE PRIME ORE à STEMI dovuta a corrente di lesione - SOTTOSLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST IN SEDI SPECULARI à segno di ischemia alla base di STEMI - ONDE Q PATOLOGICHE à in 24-48-72h della durata di 0,04 s o più e con ampiezza > o = del 25% dell’onda R - Blocchi di branca sx o dx à equivalenti di ST sottoslivellato ad indicare grave ischemia in profondità, è necessario procedere immediatamente con riperfusione - BAV= blocco atrio-ventricolare, aritmie, scarso voltaggio dell’onda R nelle pre-cordiali ! confrontare ECG con ECG passati, non sufficiente per diagnosi, se normale non esclude la possibilità di IMA, è importante il monitoraggio e la ripetizione seriata di ECG se c’è un forte sospetto CRITERI PER IL SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST* Deve essere presente SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST IN ALMENO 2 DERIVAZIONI CONTIGUE > o = a 0,1 mV tranne che in V2-V3 che: - Negli uomini con età < a 40 à > o = 0,25mV - Negli uomini con età > a 40 à > o = 0,20 mV - Nelle donne à > o = 0,15 mV LOCALIZZAZIONE INFARTO: - ANTERIORE à alterazioni nella tipica successione delle pre-cordiali da V1 a V4; occlusione del ramo discendente anteriore della coronaria sx; occlusione molto prossimale si associa ad estensione laterale coinvolgendo V5, V6, D1 e aVL; occlusione distale si associa ad estensione localizzata tra V1 e V3 - LATERALE à alterazioni nella tipica successione nelle derivazioni D1, aVL, V5 e V6; occlusione del ramo circonflesso della coronaria sx può essere associato ad estensione posteriore - POSTERIORE à alterazione nella tipica successione nelle derivazioni V7 e V9; immagini reciproche in V1 e V4, onde R alte, ST sottoslivellato, onde T alte e simmetriche; occlusione distale del ramo circonflesso della coronaria sx - INFERIORE à alterazioni della tipica successione nelle derivazioni D2, D3 e aVF; occlusione della coronaria dx (80%) à se prossimale si associa al coinvolgimento del ventricolo dx; occlusione del ramo circonflesso della coronaria sx (20%) L’IMA si distingue in 5 tipi sulla base di criteri fisio-patologici: 1) IMA DI TIPO 1 à forma più frequente causata da placca aterosclerotica complicata con trombosi sovrapposta 2) IMA DI TIPO 2 à discrepanza tra domanda e offerta di ossigeno dovuto a malattie coronariche non aterosclerotiche che riducono il flusso coronarico (dissezione coronarica, coronariti, forme vasospastiche) o che riducono il trasporto di ossigeno al miocardio ma senza alterazioni di flusso (anemia). Può anche essere dovuto ad aumento del consumo di ossigeno a causa di un aumento della FC o di PA. 3) IMA DI TIPO 3 à morte improvvisa con mancati accertamenti diagnostici, all’autopsia si riscontra trombosi coronarica 4) IMA DI TIPO 4 à legata a procedure interventistiche, ce ne sono di 2 tipi: 4 A: la procedura interventistica determina danno miocardico con chiusura di piccoli rami collaterali, embolizzazione distale 4 B: complicanza nella rivascolarizzazione come trombosi dello stent 4 C: re-stenosi dello stent ! LIVELLI DI TROPONINA > DI 5 VOLTE IL 99° PERCENTILE 5) IMA DI TIPO 5 à legato alla procedura di rivascolarizzazione cardiochirurgica ! LIVELLI DI TROPONINA > DI 10 VOLTE IL 99° PERCENTILE TRATTAMENTO GENERALE Somministrazione di ossigeno quando la saturazione < 94%, somministrazione di aspirina per os o per endovena, somministrazione di isosorbide dinitrato sublinguale, somministrazione di morfina contro il dolore TRATTAMENTO SPECIFICO - Somministrazione di un 2° antiaggregante à TIENOPIRIDINE (ticlopidina e clopidogrel) - Somministrazione di un bolo di eparina non frazionata per ridurre l’estensione della trombosi. La dose dipende dal peso corporeo (60 UI/Kg) - Somministrazione di nitrati continua per via endovenosa - Somministrazione di beta-bloccanti à soprattutto se il pz soffre di tachicardia o ipertensione La riperfusione coronarica può essere: - INTERVENTISTICA à angioplastica primaria= è la più raccomandata per l’elevato successo riperfusivo, deve essere eseguita nel minor tempo possibile. L’occlusione viene superata attraverso un passaggio di un filo guida, la riperfusione avviene mediante il gonfiaggio di un palloncino in coronaria e il posizionamento di uno o più stent per mantenere il vaso pervio. Ai fini di ridurre il tempo necessario per eseguire la riperfusione è stata creata la rete STEMI che si basa sulla distinzione dei presidi ospedalieri in: CENTRI HUB à emodinamica h24 CENTRI SPOKE à emodinamica non h24 o assenza di emodinamica, siccome i tempi non sono rapidi si cerca di proteggere il pz con mono o doppia anti-aggregazione I centri sono collegati da ambulanze o elicotteri gestiti dal 118. L’obiettivo di questa rete è quello di garantire la possibilità di eseguire un’angioplastica entro 120 min dal primo contatto medico ! La riperfusione invasiva è preferita: - Entro due ore dalla prima osservazione - KILLIP > 3 - Controindicazione alla fibrinolisi - Tardiva presentazione: > 3h dall’esordio dei sintomi - Diagnosi di STEMI in dubbio - FARMACOLOGICA à fibrinolisi (entro 30 min) = prevede la somministrazione di ATTIVATORI DEL PLASMINOGENO TISSUTALE che attivando la degradazione della fibrina sono capaci di sciogliere il trombo occlusivo e riprestinare la pervietà del vaso entro 60 min. La fibrinolisi ha < % di riperfusione coronarica e > incidenza di complicanze gravi come emorragia cerebrale Controindicazioni assolute alla fibrinolisi: pregressa emorragia intra-cranica, precedente ictus ischemico (6 mesi), neoplasie cerebrali, malattie emo-coagulative Controindicazioni relative alla fibrinolisi: attacco ischemico transitorio nei 6 mesi precedenti, terapia anticoagulante orale, gravidanza, ipertensione ! È COMUNQUE INDICATA LA DUPLICE TERAPIA ANTIAGGREGANTE= ASPIRINA + CLOPIDOGREL E TERAPIA ANTICOAGULANTE CON EPARINA NON FRAZIONATA Nei pz in cui la fibrinolisi non è capace di riperfondere la coronaria è urgentemente necessaria un’angioplastica coronarica di salvataggio (PTCA rescue) Gestione intra-ospedaliera: monitoraggio UTIC nelle 24-48h successive verificando ripetutamente lo stato clinico del pz, PA, FC, diuresi, congestione polmonare e ritmo cardiaco. È necessario ottimizzare la terapia farmacologica: - Confermare la duplice anti-aggregazione per i 12 mesi successivi (aspirina + clopidogrel) in dosi di mantenimento - Sospendere la terapia con nitrati iniziando beta-bloccanti e ACE-INIBITORI - Iniziare terapia con STATINE - Valutare l’inizio e l’intensità della terapia diuretica L’ecocardiogramma valuta il muscolo cardiaco e le valvole dal punto di vista morfologico e funzionale quantificando la riduzione della funzione ventricolare proporzionale all’entità del danno miocardico, valuta la presenza di disfunzione valvolare, la presenza di trombi intra-cavitari, la presenza di versamento pericardico, stima la pressione di riempimento nel ventricolo sx ed esclude la rottura del setto e difetti interventricolari. La radiografia del torace valuta il polmone infatti un incremento della pressione telediastolica in ventricolo sx determina un incremento della pressione in atrio sx, nelle vene polmonari e nei capillari polmonari con comparsa di edema interstiziale e alveolare. Le complicanze nei primi giorni dopo l’infarto possono essere: - Emodinamiche à variano a seconda dell’estensione dell’area necrotica e della disfunzione ventricolare sx che può essere distinta in vari gradi: IPOTENSIONE ARTERIOSA à il sangue si accumula nel distretto venoso senza arrivare al distretto arterioso evolvendo in shock cardiogeno* e varie disfunzioni d’organo STASI POLMONARE ed EDEMA POLMONARE à il sangue si accumula nel distretto venoso causando stasi ed edema a livello polmonare inficiando la ventilazione. Vengono meno i rumori umidi del polmone sia in ortopnea sia in dispnea EDEMI DECLIVI à l’accumulo di sangue nel distretto venoso sistemico implica edema a livello delle porzioni più declivi del corpo ! In questi casi la terapia farmacologica è con vasodilatatori e/o inotropi - Aritmiche à dovute a riduzione del flusso ematico e shift del metabolismo miocardico da aerobio ad anaerobio conseguente all’ischemia, con acidosi e rilascio di catecolammine circolanti. Si innescano aritmie IPERCINETICHE VENTRICOLARI (tachicardia ventricolare, fibrillazione ventricolare, extrasistoli ventricolari isolate e tachicardie ventricolari non sostenute). La terapia è profilassi anti-aritmica a base di LIDOCAINA e AMIODARONE. Talvolta si instaura un ritmo idio-ventricolare accelerato benigno. Possono verificarsi aritmie IPERCINETICHE SOPRAVENTRICOLARI (fibrillazione atriale, flutter atriale), aritmie IPOCINETICHE con necrosi che interessano il sistema di conduzione - Meccaniche àrare ma di altissima mortalità causate da: rottura del muscolo papillare à provoca insufficienza mitralica acuta, edema polmonare acuto e/o shock cardiogeno; rottura del setto interventricolare à dispnea e shock cardiogeno, rottura di cuore* à tamponamento cardiaco. ! La correzione di tali complicanze è cardiochirurgica - Tardive: TROMBO-EMBOLIA: ipomobilità del miocardio, stasi del flusso nel cuore con formazione di trombi che entrano in circolo agendo da emboli ANEURISMA CARDIACO: la cicatrice cardiaca provoca accumulo di sangue con formazione di una bozza che si espande a dare aneurisma PERICARDITE E SINDROME DI DRESSLER: dopo 30-40 gg dall’IMA per reazione autoimmune contro il pericardio - Ischemiche: RE-INFARTO/ RECIDIVA: se compare un altro infarto entro 28gg IMA RICORRENTE: se compare a più di 28gg dopo il primo episodio IMA SILENTE O NON RICONOSCIUTO: se compaiono onde Q patologiche con o senza sintomi in assenza di cause non ischemiche, compare evidenza della perdita di vitalità del miocardio con segni patologici di infarto pregresso Se dopo 24-48h dall’evento acuto il pz è asintomatico ed emodinamicamente stabile viene trasferito ed inserito in un programma riabilitativo finalizzato alla rimozione dei fattori di rischio correggibili. SHOCK CARDIOGENO* Fa parte delle complicanze emodinamiche di IMA, è una sindrome clinica, emodinamica e metabolica, caratterizzata da ipo-perfusione d’organo à dovuta a ridotta portata cardiaca à causata da disfunzione cardiaca sistolica, diastolica, uni-/ bi-ventricolare. Manifestazioni cliniche: PA sistemica < 90 mmHg per più di 30 min, FC > 100 bpm, oligoanuria o anuria (40%, nell’80% dei casi deriva da una malattia trivasale con lesione a livello del tronco comune e della interventricolare anteriore prossimale, la mortalità è del 70-90% (anziani)à la mortalità si riduce del 30% se si effettua una rivascolarizzazione primaria nel golden time Monitoraggio: - non invasivo à ECG continuo; - invasivi: cateterismo vescicale à per quantificare la diuresi cateterismo arterioso radiale à per monitorare la PA e per prelievi seriati per l’emogasanalisi cateterismo venoso centrale e periferico à per misurare la pressione venosa e la saturazione venosa centrale Terapia: - per migliorare l’indici di mortalità è la rivascolarizzazione della regione lesa, associata a terapia sostitutiva renale - farmaci: inotropi, vasopressori o inodilatatori (dobutamina e dopamina), diuretici à per sostenere l’emodinamica effetti collaterali: aumento del consumo energetico, citotossicità soprattutto se combinati - chirurgica: interventi per complicanze, per assistenza cardiocircolatoria meccanica, per trapianto e salvataggio ROTTURA DI CUORE* È una complicanza meccani di IMA che si divide in: - acuta à forma più grave che causa dissociazione elettro-meccanica cioè attività elettrica non seguita da attività meccanica con arresto cardiaco. Si verifica quando il tessuto è malacico fino a 7-10 gg dopo IMA - subacuta à quadro clinico più sfumato con versamento pericardico autolimitante che va in diagnosi differenziale con aneurisma Fattori di rischio: età avanzata, sesso femminile, sede antero-laterale dell’IMA, diabete, ipertensione, persistenza del sopraslivellamento del tratto ST ANEURISMA POST-INFARTUALE Complicanza meccanica di IMA, soprattutto con sede anteriore, che provoca discinesia dei movimenti cardiaci, il cuore si estroflette sia in sistole sia in diastole. MECCANISMI DI ASSISTENZA MECCANICA Sono sistemi di supporto circolatorio avanzati, necessari quando il semplice utilizzo di farmaci non è sufficiente. I principali sono: - CONTROPULSATORE AORTICO à consiste in un catetere flessibile introdotto dalla femorale con alla sommità un palloncino che viene posizionato all’interno dell’aorta discendente. Il palloncino viene gonfiato durante la diastole e sgonfiato durante la sistole per migliorare la performance del muscolo cardiaco. In diastole si ha un aumento della pressione diastolica nell’aorta ascendente e nell’arco con aumento della perfusione dei tratti precedenti In sistole lo sgonfiaggio del palloncino favorisce lo svuotamento ventricolare con aumento della portata cardiaca. Il contro-pulsatore permette: aumento della portata cardiaca (1L/min), blando aumento della perfusione coronarica, riduzione del post-carico ventricolare - IMPELLA à sistema di pompe micro-assiali impiantabili per via percutanea che generano un flusso continuo con portata fino a 5L/min. Al contrario del contro-pulsatore mostra migliorie prognostiche ma tuttavia può causare gravi complicanze come emolisi ed ischemia dell’arto. È controindicato in caso di trombosi murale del ventricolo sx, arteriopatia periferica, protesi aortica meccanica, difetto interatriale o interventricolare e tamponamento cardiaco. È indicato invece in shock franco e severo, in scompenso cardiaco refrattario post-STEMI - ECMO VENO-ARTERIOSO à vicaria la funzione di pompa cardiaca e lo scambio gassoso polmonare grazie ad un sistema di aspirazione di sangue da una vena di grosso calibro (vena femorale o giugulare interna), ossigenazione e re-immissione in circolo per via arteriosa (arteria ascellare o femorale). Il flusso prodotto si aggira interno ai 4,5L Complicanze: ischemia d’arto, ictus, sanguinamenti, infezioni È indicato in caso di: shock refrattario post-IMA, shock franco e severo, disfunzione ventricolare dx o bi-ventricolare e ipossiemia STEMI= SINDROME CORONARICA ACUTA CON SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST Definizione: rappresenta la forma più grave che sottende una placca aterosclerotica complicata con sovrapposta trombosi occlusiva che arresta il flusso coronarico; in assenza di adeguata e tempestiva rivascolarizzazione il danno che viene progressivamente ad instaurarsi è irreversibile. L’ischemia interessa una regione del miocardio per tutto o gran parte del suo spessore, una condizione indicata comunemente anche come infarto miocardico transmurale infatti sono visibili all’ECG onde Q di necrosi (infarto Q) Diagnosi: Esame obiettivoà dolore è oppressivo, costrittivo, come una sensazione di peso, urente e fastidioso; si localizza in sede retrosternale con irradiazione a mandibola, collo, lato ulnare del braccio sx; esordisce improvvisamente e si protrae per 10 min; non recede ma si attenua con assunzione di nitro-derivati; è accompagnato da diaforesi (anomala sudorazione fredda), malessere, vomito e/o nausea. All’auscultazione i toni possono presentarsi normali, talvolta con presenza di 3° o 4° tono. Si procede con la valutazione dei polsi arteriosi periferici valutandone presenza, simmetria, ampiezza ed eventuale presenza di soffi. È consigliato eseguire subito un prelievo per esami ematochimici e il dosaggio delle troponine. In attesa di questi è importante eseguire ecocardiogramma e radiografia del torace. NSTEMI= SINDROME CORONARICA ACUTA SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST Definizione: include un gruppo che va dall’angina instabile fino all’infarto miocardico non transmurale (senza sopraslivellamento del tratto ST). L’elemento fisio-patologico comune è rappresentato da una placca aterosclerotica complicata con trombosi sovrapposta non occlusiva. Il dolore toracico rappresenta l’elemento centrale da valutare clinicamente, le sue caratteristiche sono simili a quello STEMI tranne che per la durata che in questo caso sarà > 20 min e il dolore che sarà più intenso. Si verifica un’acuzia infiammatoria che porta ad erosione, fissurazione e rottura della placca ateromasica a cui segue aggregazione piastrinica con formazione di un trombo bianco non occlusivoà SE IL MECCANISMO INFIAMMATORIO-TROMBOTICO PROGREDISCE OLTRE I 20 MIN DETERMINA UNA NECROSI TIPICA DELL’INFARTO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST (NSTEMI), AL CONTRARIO SE IL MECCANISMO SI FERMA PRIMA DEI 20 MIN NON SI VERIFICA DANNO NECROTICO E IL QUADRO È DI ANGINA INSTABILE à SI PARLA DI QUADRI CLINICI ACCOSTATI CHE PRENDONO IL NOME DI NSTE-ACS= NON ST ELEVATION ACUTE CORONARY SYNDROME Il danno necrotico coinvolge una porzione sub-endocardica del muscolo senza estendersi all’intero spessore della parete cardiaca à infarto non-transmurale o non Q Manifestazioni cliniche angina instabile: - Angina in crescendo à aumento della frequenza e durata dell’angina con comparsa per sforzi meno intensi - Angina a riposo - Angina da ridotta risposta a nitrati sublinguali - Angina de novo à di recente insorgenza, comparsa negli ultimi 2 mesi - Angina post-IMA à dopo poche settimane da IMA Diagnosi: dall’arrivo del pz in PS si rilevano i parametri vitali, l’accesso venoso, si esegue ECG a 12 derivazioni nel quale si legge: - Angina instabile: TRANSITORIO SOTTOSLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST à indicativo di ischemia subendocardica, < 20 min ONDA T NEGATIVA (meno caratteristica) ! in qualche caso, in coincidenza con l’angina, può aversi sopraslivellamento del tratto ST, che suggerisce un’occlusione trombotica coronarica completa, che si risolve in modo rapido e spontaneo. Da notare che questo quadro, sebbene caratterizzato da riscontro di sopraslivellamento del tratto ST all’ECG, è incluso tra le sindromi coronariche senza sopraslivellamento persistente del tratto ST proprio per la transitorietà dell’evento, che non sfocia, però, nello sviluppo di un infarto miocardico - NSTEMI: comparsa di: SOTTOSLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST (potrebbe non essere presente) ONDA T NEGATIVA ! tipica dell’infarto senza sopraslivellamento ST è la mancata comparsa di onde Q di necrosi, caratteristica dell’interessamento degli strati subepicardici nel processo necrotico, per cui questo tipo di infarto è spesso denominato anche infarto miocardico non-Q. Segue l’esame obiettivo completo del pz, l’ecocardiogramma che può essere completamente normale o può manifestare alterazioni della cinetica regionale del ventricolo sx, la radiografia del torace dove talvolta può essere presente un ingrandimento dell’ombra cardiaca e/o un certo grado di congestione polmonare. Esami di laboratorio: - Angina instabile à troponine normali - NSTEMI à rialzo troponinico con cinetica tempo dipendente TERAPIA FARMACOLOGICA I due capisaldi sono la terapia anti-aggregante e quella anti-coagulante. - TERAPIA ANTI-AGGREGANTE à inibizione di COX1 attraverso l’inibizione della formazione di trombossano A2 (ASPIRINA), inibizione del recettore P2Y12 con inibizione dell’aggregazione mediata da ADP (TIENOPIRIDINE), inibizione della glicoproteina 2b/3a con inibizione dell’aggregazione mediata dal fibrinogeno - TERAPIA ANTI-COAGULANTE à EPARINA NON FRAZIONATA: insieme di catene polisaccaridiche con un PM compreso tra 3000 e 30000 Da che legano ad alta affinità l’antitrombina impedendo l’attivazione della trombina e la formazione del coagulo. Si somministra attraverso un bolo endovenoso 60 UI/Kg in infusione continua EPARINA A BASSO PM INIBITORI DEL FATTORE 10° Il pz viene ricoverato in UTIC, monitorando continuamente parametri ed ECG. Complicanze = a quelle del pz STEMI Durante il ricovero viene eseguita la stratificazione del rischio clinico e definito il timing per l’esecuzione di coronarografia: - < 2h à pz con rischio molto alto (instabilità emodinamica, scompenso cardiaco, shock cardiogeno, IMA complicato e aritmie minacciose) - < 24h à pz con rischio alto e GRACE SCORE > 140 (diagnosi NSTEMI, alterazioni di ST/T di natura ischemica, elevazione non persistente di ST/T) - < 72h à pz con rischio intermedio e GRACE SCORE compreso tra 109 e 140 (test da sforzo TAC coronarica) - Pz a basso rischio à GRACE SCORE < 109 Se dopo 24-48h dall’evento acuto il pz è asintomatico ed emodinamicamente stabile viene trasferito ed inserito in un programma riabilitativo finalizzato alla rimozione dei fattori di rischio correggibili. SINDROMI CORONARICHE ACUTE SENZA ATEROSCLEROSI CORONARICA OSTRUTTIVA - MINOCA= INFARTO MIOCARDICO SENZA MALATTIA CORONARICA OSTRUTTIVA Epidemiologia: 6-15% degli infarti miocardici con predisposizione per il sesso femminile (> problemi di microcircolazione e tendenza alla dissezione coronarica) Patogenesi: - Rottura di placca aterosclerotica - Erosione di placca con trombosi à placca sottostante non significativa - Embolizzazione - Vasospasmo - Dissezione coronarica Prognosi: 25% di eventi avversi a 4 anni e 11% di mortalità a 5 anni Diagnosi differenziale con miocardite e sindrome di Takotsubo Diagnosi: viene fatta su pz con IMA che soddisfano i seguenti criteri: - Criterio di IMAà si deve verificare il Riscontro di un aumento o riduzione di troponina cardiaca (con almeno un valore superiore al 99° percentile) Evidenza clinica di infarto mostrata con almeno uno dei seguenti eventi: sintomi di ischemia miocardica, nuove alterazioni elettrocardiografiche di tipo ischemico, onde Q patologiche, evidenza di una nuova perdita di miocardio vitale o nuove alterazioni della contrattilità regionale, identificazione di un trombo intra-coronarico mediante autopsia o angiografia - Criterio di coronaropatia non significativa à malattia ostruttiva con stenosi < 50% - Criterio di assenza di specifiche diagnosi alternative à sepsi, embolia polmonare o miocardite A questi pz si uniscono anche pz con: arterie coronarie normali, lieve irregolarità parietali ( 200 ms, la conduzione sarà 1:1 à ad ogni P segue un QRS. Il blocco è dovuto ad un rallentamento del passaggio dell’impulso elettrico nella porzione atriale del NAV. Non rappresenta necessariamente una condizione patologica, spesso è di natura vaso-vagale in assenza di cardiopatie strutturali. La FC è normale ma si osserva una maggior latenza temporale tra onda P e complesso QRS - 2° grado à si divide in due tipi: BAV DI 2° GRADO TIPO 1 O MOBITZ 1 O DI LUCIANI-WENCKEBACHà vi è un progressivo allungamento del PR sino a quando una P smetterà di essere condotta al ventricolo. La P successiva verrà condotta al ventricolo con un PR normale e riprenderà il ciclo di allungamento della conduzione. È considerato per lo più un blocco benigno che raramente evolve in gradi di blocco più avanzato, spesso ha una genesi funzionale vaso-vagale e talora può essere generato da una sofferenza delle fibre calcio-dipendenti di NAV con aumento della loro refrattarietà relativa à viene definito SOPRA-HISSIANO BAV DI 2° GRADO TIPO 2 O MOBITZ 2 à evidenzia l’improvviso blocco della conduzione AV con interruzione dell’impulso sinusale che non viene condotto al ventricolo. Questo blocco è caratterizzato da intervallo PR normale (non si allunga) non seguito sempre da QRS. Quando si evidenzia la presenza di alternanza tra un’onda P condotta e una bloccata si parla di conduzione 2:1 (BLOCCO DI SECONDO GRADO TIPO 2.1) à solo il 50% delle onde P riesce ad innescare il complesso QRS, nel caso in cui questo non si innesca, l’intervallo PR è allungato à ciò è dovuto a lesioni sotto-nodali, del fascio di His e delle fibre del Purkinje à prende il nome di BLOCCO INTRA-/ SOTTO-HISSIANO. Questa situazione può portare a blocco completo= BAV DI 3° GRADO BLOCCO DI 2° GRADO TIPO AVANZATO 3:1 à solo il 33% delle onde P riesce ad innescare un complesso QRS. Ciò è dovuto a lesioni sotto-nodali, del fascio di His e delle fibre del Purkinje à prende il nome di BLOCCO INTRA-/ SOTTO-HISSIANO. Questa situazione può portare a blocco completo= BAV DI 3° GRADO - 3° grado à dovuto ad interruzione definitiva della conduzione AV per lesione organica ed irreversibile di NAV o fascio di His. Questa condizione è altamente rischiosa e necessita di un intervento di impianto di pacemaker. Si presenta completa dissociazione tra attività atriale e ventricolare. L’attività atriale sarà normalmente rappresentata dalle onde P, mentre l'attività ventricolare non sarà generata dalla trasmissione dell'impulso atriale ai ventricoli tramite NAV, ma sarà generata autonomamente da segnapassi ausiliari che originano nei ventricoli che si contraggono con frequenza di 40-45 bpm. Si hanno più P che QRS con un rapporto P/QRS>1 BLOCCHI DI BRANCA - BLOCCO DI BRANCA DX à la depolarizzazione coinvolge il setto da sx a dx con rapida depolarizzazione ventricolare sx grazie alla branca sx integra e tardiva depolarizzazione ventricolare dx per diffusione lenta dell’impulso attraverso il miocardio di lavoro V1 e V2 à piccola R iniziale seguita da una S e successivamente da una grande R, onde T invertite con ST sottoslivellato V5 e V6 àaspetto tipo QRS con S ampia e profonda Il QRS > 0,12s a seguito del rallentamento della conduzione D1 à onde S larghe - BLOCCO DI BRANCA SX à presente in numerose cardiomiopatie acquisite (ischemica, dilatativa e miocardite). L’impulso proveniente dal NAV raggiungerà la branca dx e si bloccherà nella sx à si avrà prima la depolarizzazione del setto dx e della parete libera del ventricolo dx e tardivamente per diffusione dell’impulso attraverso il miocardio di lavoro verrà attivato il ventricolo sx, prima il setto e poi la parete libera V1, V5 e V6 à non c’è più l’onda Q e si slarga l’onda R (ricorda la M) D1e aVL à onda R alta V5, V6 e D1 à onde T negative con ST sottoslivellato V1 e V2 à ST sopraslivellato QRS > 0,12 s ARITMIE IPERCINETICHE Implicano un aumento della funzione cardiaca Cause: Alterata formazione dell’impulso - Esaltato automatismo: coinvolge il NSA e il NAV le cui cellule hanno un potenziale auto- ritmico che presenta una fase diastolica molto più ripida del normale con canali HCN che si aprono più precocemente. L’auto-depolarizzazione è più rapida e quindi è aumentata la FC sovraimponendosi a quella fisiologica. - Attività di trigger: guidata dalle catecolamine che determinano flussi ionici extra che determinano: EAP= EARLY AFTER POLARIZATIONSà al termine della fase di plateau il calcio resta accumulato nel citoplasma e invece di iperpolarizzare la cellula la depolarizza nuovamente dando luogo ad un nuovo potenziale d’azione e ad una nuova contrazione DAP= DELAYED AFTER POLARIZATIONS à prima della nuova depolarizzazione e dopo la ripolarizzazione precedente, a causa di una cattiva gestione del calcio, si verifica una nuova depolarizzazione e quindi contrazione Alterata conduzione dell’impulso elettrico - Rientro: l’impulso che origina da un’area di tessuto miocardico, torna ad attivare tessuto in maniera retroattiva Normalmente l’impulso elettrico si propaga a macchia d’olio e nel caso incontri una biforcazione o un’area non eccitabile si divide in due rami di propagazione aventi uguale velocità di propagazione che aggirano la zona non eccitabile. Quando i rami si riuniscono le due correnti si rincontrano e annullano a vicenda. Nel caso in cui si verifichi una transitoria refrattarietà, come nel caso di una cicatrice fibrosa a livello del miocardio (blu), il passaggio dell’impulso attraverso quel ramo è impedito. L’impulso impegna perciò l’altro ramo giungendo al punto di congiunzione dei due e qualora nel frattempo la refrattarietà transitoria sia venuta meno, l’impulso percorre in senso opposto il ramo precedentemente refrattario dando luogo ad un circuito di rientro. Al contrario se la refrattarietà persiste, il circuito non può realizzarsi. Questi circuiti determinano frequenze di 200-250 bpm che essendo nettamente maggiori di quelle imposte dal NSA si sovraimpongono ad esse. Il circuito rappresenta una nuova CENTRALINA ECTOPICA che determina depolarizzazione con insorgenza di un’aritmia. Affinchè il circuito si realizzi si deve avere: LUNGHEZZA CIRCUITO (m) > TEMPO DI REFRATTARIETÀ (s) x VELOCITÀ DI CONDUZIONE (m/s) à se il circuito è troppo breve in termini di lunghezza è probabile che una volta fatto il giro attorno all’area iperpolarizzata, l’impulso trovi i miocardiociti ancora in stato refrattario provocando un auto-spegnimento del circuito. Per questo motivo la refrattarietà deve essere breve. Tipi di aritmie ipercinetiche: EXTRA-SISTOLE VENTRICOLARE “extra-sistole” = contrazione prematura del ventricolo Il ritmo è sinusale, al terzo battito si osserva un’onda sotto l’isoelettrica la cui ampiezza è proporzionale alla massa di cardiomiociti che si depolarizzano. All’ECG il complesso QRS ha una durata > 120 ms e con una morfologia atipica. La curva è slargata con assenza di onda P che lo precede (ESSENZIALE PER DITINGUERLA DALL’EXTRA-SISTOLE SOPRAVENTRICOLARE) e tratto ST ed onda T negative. Il battito ventricolare è anticipato provocando una desincronizzazione con la depolarizzazione atriale con riduzione dell’efficienza della pompa cardiaca, riduzione gittata sistolica, polsi scarsamente percettibili o non percettibili a livello periferico. In alcuni casi l’extrasistolia è la manifestazione di una malattia cardiaca sottostante (cardiopatia ischemica, ipertensiva), in altri viene definita come idiopatica in assenza di cardiopatia strutturale. Tra le forme idiopatiche le più comuni sono quelle ad origine dal tratto di efflusso del ventricolo dx e quelle fascicolari (QRS relativamente stretto). L’approccio clinico prevede: esclusione cardiopatia sottostante, trattamento con farmaci anti-aritmici* (lidocaina e amiodarone) o ablazione trans- catetere* giustificata quando l’aritmia causa sintomi come cardiopalmo o se l’aritmia è così frequente da causare disfunzione ventricolare sx visibile all’ecocardiogramma come tachicardiomiopatia. Il trattamento farmacologico o l’ablazione non sono giustificati quando l’extrasistolia è asintomatica o poco frequente. Le forme più gravi di extra-sistole sono le IPERCINETICHE VENTRICOLARI quali: tachicardia ventricolare e fibrillazione ventricolare TACHICARDIA VENTRICOLARE Sono aritmie ipercinetiche costituite da più battiti ectopici ventricolari che si susseguono con frequenza superiore a 100 bpm. Se la frequenza < 100 à ritmo idio-ventricolare anticipato. La condizione è dovuta a: esaltato automatismo, attività di trigger o circuito di rientro. Quella ventricolare è in genere dovuta alla realizzazione di circuiti di rientro. Può presentarsi in forma NON sostenuta con una durata < 30 s o sostenuta con durata > 30 s. Sintomi: cardiopalmo à arresto cardiaco a seconda del tipo, della durata, della FC e della gravità della sottostante cardiopatia. Se la FC è elevata, il ventricolo si riempie meno e la frazione di eiezione risulterà ridotta. La classificazione più semplice è quella basata sulla morfologia à si distinguono le tachicardie in: - Monomorfe à complessi QRS identici ripetuti ad intervalli regolari, possono originare da un focolaio ectopico o da un circuito di rientro - Polimorfe à complessi QRS diversi tra loro ripetuti ad intervalli irregolari (torsione di punta) - Fibrillazione ventricolare à ritmo caotico Un’altra classificazione è quella su base anatomica: - Tachicardie ventricolari su alterazione anatomica del cuore à cardiopatica ischemica, cardiomiopatie (dilatativa, ipertrofica, displastica, aritmogena del ventricolo dx), cardiopatia valvolare (stenosi aortica, prolasso mitralico) - Tachicardie ventricolari in assenza di alterazioni anatomiche del cuore à sindrome di Brugada, sindrome del QT lungo, squilibri elettro-litici (ipokaliemia, ipocalcemia, ipomagnesemia), farmaci (digitale, anti-aritmici, anti-depressivi, triciclici) In questi soggetti si effettua: - Chest thumpà se di origine ischemica si da un pugno sul precordio soprattutto sulla zona sx in prossimità dell’apice per ripristinare il normale ritmo cardiaco - Defibrillazione in sincro (= erogazione di una scarica elettrica a 300 J in maniera sincrona) perché nella tachicardia ventricolare l’attività è sincrona - Correzione di: disionie, acidosi ed eventuali situazioni patogenetiche prevalenti nella tachicardia ventricolare ! nelle fasi pre-operatorie alla cardioversione è estremamente utile ECG a 12 derivazioni che permetterà di stabilire l’origine della tachicardia, orientando il trattamento successivo Si osservano onde con elevata ampiezza e frequenza (150 bpm), non si vede l’onda P. Conseguenze: il ventricolo ha poco tempo per riempirsi à inefficienza della pompa cardiaca, ridotta gittata sistolica, ipoperfusione, vertigini, sincope, perdita temporanea del tono muscolare e dello stato di coscienza. Può degenerare in fibrillazione ventricolare. FIBRILLAZIONE VENTRICOLARE Definizione: aritmia ventricolare completamente disorganizzata caratterizzata da un’attività elettrica completamente caotica e del tutto inefficace tanto da causa arresto cardiaco. Può insorgere come: - Progressiva degenerazione di una tachicardia ventricolare - Improvvisa Anche la fibrillazione ventricolare è caratterizzata da circuiti di rientro funzionali variabili che si instaurano nel miocardio con caratteristiche elettriche disomogenee. Raramente si interrompe spontaneamente, più spesso persiste fino a causare perdita di coscienza e morte del pz. Terapia: defibrillazione entro pochi min, prima che degeneri in asistolia, con scopo di azzerare l’attività caotica e favorire il ripristino del normale ritmo sinusale La causa principale è l’IMA che determina alterazioni ischemiche delle proprietà elettriche. Molte altre patologie come cardiomiopatie o canalopatie possono predisporre all’insorgenza di fibrillazione ventricolare. L’ECG appare completamente alterato, non è possibile identificare onde P, complessi QRS, quanto piuttosto sono evidenti oscillazioni irregolari e continue a maglie fini. ! fibrillazione ventricolare secondaria FARMACI ANTI-ARITMICI* Distinti in farmaci della: - Classe 1aà FLECAIMIDE e PROPAFENONE: rallentano la depolarizzazione e la conduzione dell’impulso - Classe 3aà SOTALOLO e AMIODARONE: allungano la depolarizzazione ventricolare e riducono il numero di volte al min che il miocita può depolarizzarsi ! l’amiodarone è il più efficace poiché combina proprietà di classe 1a e 3a, la sua assunzione prolungata può causare tossicità cardiaca. Ciascun farmaco anti-aritmico può provocare effetti collaterali, quindi rimane un trattamento riservato a pz sintomatici. ABLAZIONE TRANS-CATETERE* Obiettivo: interrompere il circuito di rientro o eliminare il focolaio ectopico attraverso l’erogazione di radiofrequenza tramite un apposito catetere. Il catetere attraverso un accesso venoso (vena femorale), arterioso (via aortica retrograde), trans-settale (puntura del setto inter-atriale), raggiunge il sito di origine dell’aritmia interrompendola. ! Per evitare la morte improvvisa l’unica terapia è l’impianto di defibrillatore EXTRA-SISTOLE ATRIALE Ritmo sinusale normale, al 3° battito si osserva un’onda P con concavità in alto e anticipata per la presenza di un pacemaker alternativo al NSA al di sotto dell’atrio. La contrazione ventricolare è indotta in anticipo rispetto al normale impedendo al ventricolo il corretto riempimento e di eiettare una quantità di sangue adeguata ad essere percepita a livello di un polso periferico. L’assenza di pulsazione a livello del polso periferico si presenta anche nel blocco quindi per fare diagnosi differenziale basta effettuare auscultazione. In caso di extra-sistole atriale si percepisce il tono della contrazione ventricolare, mancante in caso di blocco FLUTTER ATRIALE Condizione in cui si realizza un ampio circuito di ritorno negli atri (desequenziazione dell’attività atriale) che si manifesta all’ECG con “ondine” con conformazione a “denti di sega”, simili alle onde P ma prendono il nome di onde F, i complessi QRS sono irregolari e non è presente l’onda T. Queste onde hanno frequenza di 200-300 bpm e determinano contrazioni atriali a questa frequenza che, per via della refrattarietà del NAV, solo in parte sono condotte ai ventricoli determinando contrazione degli stessi. La frequenza di contrazione dei ventricoli è nettamente più bassa, sebbene irregolare, manifestandosi con polso irregolare o assente. Cause: - Ischemia atriale - Turbe elettrolitiche - Flogosi Sintomi: cardiopalmo, più raramente dispnea da sforzo, astenia, sincope. ! caratteristica che contraddistingue il flutter atriale dalla fibrillazione ventricolare è che raramente si presenta in forma parossistica: il flutter dura a lungo se non viene interrotto farmacologicamente o elettricamente. Trattamento: controllo della frequenza ventricolare media che in prima istanza è sempre elevata. Se le frequenze sono troppo elevate con segni di scompenso cardiaco, è necessario defibrillare e somministrare amiodarone FIBRILLAZIONE ATRIALE È un’aritmia sopra-ventricolare ipercinetica caratterizzata da migliaia di microcircuiti di rientro che provocano perdita di attività sincronizzata da parte del miocardio atriale. Nell’atrio esistono cellule in tutti gli stati del ciclo di contrazione (depolarizzate, iperpolarizzate e refrattarie) e al netto è come se la camera fosse ferma in uno stato diastolico, incapace di pompare sangue. Si generano 350 impulsi atriali contemporanei, di cui solo alcuni vengono condotti al NAV à attività elettrica completamente desincronizzata ad alta frequenza con onde morfologicamente diverse tra loro e a maglie grossolane, attività meccanica fibrillatoria ed emodinamicamente inefficace. È l’aritmia più diffusa, la prevalenza è intorno al 3% nella popolazione di età > 30 anni con elevata prevalenza nelle persone anziane e in quelle affette da patologie predisponenti quali ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco, patologie valvolari, coronaropatia, obesità, diabete e insufficienza renale cronica. L’incidenza aumenta a partire dai 40 anni raggiungendo il picco tra 80-90 anni perché nel corso della vita le suddette patologie favoriscono l’instaurarsi di circuiti di rientro predisponenti la fibrillazione atriale. Le cardiopatie strutturali, l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito e la stessa fibrillazione atriale causano un lento ma progressivo rimodellamento strutturale dell’atrio caratterizzato da: attivazione fibroblasti, deposito di tessuto connettivo e fibrosi. Tale rimodellamento causa dissociazione elettrica tra le fibre muscolari e un’ampia diversità nella velocità di conduzione dell’impulso elettrico da una zona all’altra degli atri predisponendo al fenomeno di rientro e perpetuazione dell’aritmia. Le modificazioni funzionali e strutturali dell’atrio sx sono pro-trombotiche à attivando il sistema della coagulazione, durante un episodio di fibrillazione atriale, aumenta il rischio di trombo- embolismo e stroke ischemico. Assenza onda P, presenza di onde fibrillatorie dette onde F ad alta frequenza, irregolari per morfologia e voltaggio (evidenti in V1). L’isoelettrica è oscillante poiché alcune zone risultano depolarizzate e altre iperpolarizzate. Ci sono RR irregolari della durata variabile. L’attività ventricolare ha un andamento simile al normale anche se aritmico perché il NAV ha delle caratteristiche di refrattarietà impedendo a qualunque impulso provenienti dagli atri di passare e determinare anche una fibrillazione ventricolare. Segni: dal punto di vista clinico il polso è irregolare e può mancare. Si presenta una differenza di frequenza all’auscultazione cardiaca e al polso Sintomi: cardiopalmo aritmico= sensazione di battito cardiaco che normalmente non viene percepito; astenia, lipotimia, sincope, angina, dispnea, poliuria Classificazione: in base alla durata à - DI 1° INSORGENZA: primo episodio di fibrillazione atriale diagnosticato nel pz - PAROSSISTICA: si arresta con trattamento entro 48h o autonomamente entro 7gg - PERSISTENTE: dura più di 7gg e deve essere arrestata attraverso cardioversione perché non riesce ad arrestarsi autonomamente ! se dura più di un anno si parla di LONG STANDING PERSISTENT ATRIAL FIBRILLATION à i miocardiociti atriali hanno subito una trasformazione, rimaneggiamento, riorganizzazione tale che è difficile trattare con successo questo tipo di fibrillazione atriale - PERMANENTE: si ripresenta dopo un trattamento e non risulta trattabile, il pz è destinato a rimanere con questa alterazione per il resto della vita in base al sintomoà - 1: nessun sintomo percepito (pericolosa perchè il pz non se ne accorge) - 2A: lieve - 2B: moderata à il pz non può fare sforzi intensi - 3: severa à vita compromessa dai sintomi - 4: disabilitante à completamente compromessa dai sintomi anche dal punto di vista psicologico Fattori precipitanti: - Ischemia acuta à a seguito di IMA si forma una cicatrice a livello atriale responsabile di FA - Insufficienza ventricolare à inefficacia ventricolare nell’eiettare sangue provoca un aumento del volume telesistolico con accumulo di sangue nell’atrio che per compensazione si ipertrofizza. Non potendo l’ipertrofia perdurare a lungo, l’atrio si dilata con aumento del rischio di alterazione della conduzione attraverso la sua parete e conseguentemente di aritmie - Stress à aumento catecolamine che squilibrano l’attività elettrica - Distiroidismi - Farmaci (soprattutto psicotropi) - Alterazione dell’equilibrio acido-base Inquadramento eziologico: - Esame obiettivo (auscultazione) + ECG - Ecocardiogramma + doppler à analizza dimensione e movimenti del cuore per vedere se ci sono aree ipercinetiche, ipocinetiche o acinetiche, delle valvole e il flusso ematico - RX torace à per vedere anomalie del polmone - Scompenso di elettroliti (k+, Mg+), emo-gas analisi, indici di flogosi, dosaggio ormoni tiroidei à per escludere cause extra-cardiache - Holter à per valutare l’attività elettrica per un periodo di tempo più lungo Fisiopatologia: FAà contrazione atriale inefficace à ridotto volume telediastolico ventricolare à ridotta GS e GC Rischi e complicanze: - scompenso cardiaco (25%) à compromissione dell’attività di pompa del cuore incapace di soddisfare le necessità nutritive di ossigenazione - trombosi à la stasi del sangue negli atri predispone ad eventi trombotici con formazione di trombi che possono frammentarsi entrando in circolo e determinando trombo-embolia in vari tessuti trombi dell’atrio dx à trombo-embolia polmonare trombi dell’atro sx à circolazione sistemicaà trombosi in vasi che originano con angolo < 90° (arti inferiori, superiori, cervello, raramente rene) - tachicardiomiopatia Terapia: - correzione fattori di rischio (cardiopatia ischemica, ipertensione arteriosa, diabete, obesità insufficienza renale) - correzione di una malattia di base - farmaci per mantenere il ritmo sinusale - terapia anti-coagulante per profilassi trombo-embolica da utilizzare a seconda dell’età del pz. Nel pz anziano il rischio di trombosi supera quello emorragico quindi è bene somministrare terapia anti-coagulante, nel giovane il rischio emorragico supera quello trombotico quindi è bene non somministrare anti-coagulanti. Nel caso non si possa operare profilassi anti-trombotica si può operare chiusura dell’auricola ponendo una struttura che tappi l’auricola impedendo che il coagulo esca da qua - cardioversione farmacologica à di prima scelta= farmaci antiaritmici di classe 1C (propafenone e flecainide) in pz senza cardiopatia strutturale, amiodarone in pz con cardiopatia strutturale ! prima della cardioversione è necessario calcolare il VALORE INR, un parametro internazionale normalizzato che da informazioni riguardo la “scoagulabilità” del sangue. Il valore deve essere 2-3 volte > alla norma per evitare la formazione di trombi - cardioversione elettrica à erogazione di uno shock elettrico bifasico tra 2 placche posizionate in regione parasternale dx e scapolare sx (richiede sedazione) ! la cardioversione ha lo scopo di ripristinare il ritmo sinusale in FA che durano da meno di 1 anno - ablazione trans-catetere per pz sintomatici, giovani, recidivanti, dove il farmaco anti- aritmico ha fallito e la FA è permanente o cronica ! se dopo questa terapia si recidiva si abbandona il tentativo di guarire la FA ma si cerca di tamponare i danni PRE-ECCITAZIONE VENTRICOLARE Attivazione ventricolare più precoce rispetto a quella del normale sistema di conduzione. L’attivazione prematura è dovuta a vie accessorie di Kent costituite da fibre miocardiche a conduzione rapida che uniscono l’atrio e il ventricolo by-passando il sistema di conduzione normale formato da NAV e fascio di His. All’ECG: intervallo PR < 120 ms, complesso QRS > 120 ms con ascesa lenta e impastata nota come ONDA DELTA e discesa normale, alterazioni secondarie del tratto ST e dell’onda T. La parte iniziale del QRS, caratterizzata dall’onda delta, rappresenta il contributo dell’impulso condotto lungo la via accessoria, rapida, Na+-dipendente di Kent Si verifica in giovani uomini per 0,1-0,3% Sintomo: cardiopalmo parossistico Sintomo + alterazione all’ECGà SINDROME DI WOLF PARKINSON WHITE in cui si ha tachicardia da rientro atrio-ventricolare di tipo ortodromico con impulso prematuro che scende ai ventricoli con normali vie di conduzione e risale agli atri attraverso la via accessoria di Kent. Può verificarsi fibrillazione atriale con possibile degenerazione in fibrillazione ventricolare. PERICARDITE Definizione: sindrome clinica dovuta ad infiammazione dei foglietti pericardici, presenta quasi sempre marker di flogosi alterati e versamento pericardico di lieve entità dovuto al processo infiammatorio. Classificazione: - acuta à insorgenza recente e decorso clinico breve della durata di 1 o 2 settimane - incessante à oltre le 4-6 settimane ma < 3 mesi - cronica à > 3 mesi - ricorrente à recidiva di un primo episodio di malattia della durata di poche settimane (forma acuta), dopo un intervallo di assenza di malattia di 4-6 settimane Epidemiologia: il 5% di pz con dolore toracico di natura non ischemica che si presentano al PS, tra il 2-6% di autopsie e 1/1000 ospedalizzazioni Eziologia: - IDIOPATICAà 90% - INFETTIVA à 85%, virale: enterovirus, citomegalovirus, virus influenzale A; batterica: micobatteri tubercolari; funghi, protozoi e parassiti - POST-IMA à o precocemente= nelle prime ore dell’infarto o tardivamente= SINDROME DI DRESSLER si presenta da 2 settimane ai 2 mesi dopo IMA a causa di un fenomeno autoimmunitario che si sviluppa contro Ag self liberati a seguito della necrosi di cellule miocardiche - NEOPLASTICA à neoplasie primitive (mesotelioma, fibrosarcoma e lipoma) o secondarie (carcinoma della mammella, polmonare, leucemia, linfomi e tutti i tumori che si diffondono per via linfatica) - AUTOIMMUNE à connettiviti, LES, artrite reumatoide, sarcoidosi - FARMACOLOGICA à doxorubicina e penicillina - ATTINICA (da radiazioni)à da terapia radiante - IATROGENA (da procedure mediche) à by-pass, sostituzione valvole, trapianto cardiaco, defibrillatori, pacemaker, laparoscopia - UREMICA in pz con insufficienza renale in stato avanzato e dializzati in cui la pericardite facilmente evolve in tamponamento cardiaco - DA MIXEDEMA - AMILOIDOSI - IPO-/IPER-TIROIDISMO CLASSIFICAZIONE ISTOPATOLOGICA: DIAGNOSI E MANIFESTAZIONI CLINICHE: per la diagnosi devono essere soddisfatti almeno 2 dei seguenti 4 parametri: - DOLORE TORACICO à 90% dei casi, anteriore e sottosternale irradiato al margine del trapezio sx, dolore a sbarra o puntorio, sempre presente in caso di abbondante versamento dato che il sacco pericardico viene disteso. Il pz trova sollievo dal dolore in posizione seduta o con tronco inclinato in avanti poiché in questo modo il fluido fluisce principalmente a livello dell’apice cardiaco. Il dolore è esacerbato da atti respiratori ! necessaria diagnosi differenziale tra dolore pericardico e ischemico - SFREGAMENTO PERICARDICO à apprezzabile all’auscultazione quando il pz si dispone con tronco piegato in avanti. I suoni sono superficiali e discontinui e ricordano uno scricchiolamento che si articola in 3 fasi: rumore pre-sistolico durante la contrazione atriale, rumore associato alla sistole ventricolare e rumore associato alla diastole ventricolare. Sono rumori fugati e transitori, qualora presenti sono patognomonici di pericardite - ALTERAZIONI DELL’ECG à 60% dei casi in quei pz in cui oltre all’infiammazione pericardica si ha anche infiammazione epicardica capace di generare alterazione all’ECG. Le alterazioni si distinguono in 4 fasi: 1) SOTTOSLIVELLAMENTO DI PQ e poco dopo SOPRASLIVELLAMENTO DI ST 2) ST TORNA NORMALE (ISOLELETTRICA) e PQ UN PO’ MENO SOTTOSLIVELLATO 3) PQ TORNA NORMALE e ONDA T NEGATIVA 4) RITORNO ALLA NORMALITÀ più rapido rispetto all’infarto ! ECG IN PERICARDITE VS INFARTO - VERSAMENTO PERICARDICO à riscontrato con esami di imaging, RX torace ed ecocardiogramma. ALTRI SINTOMI E SEGNI: - Tosse - Dispnea - Febbre infiammatoria à non supera i 38,5° - Tachicardia sinusale - Perdita di peso Per la diagnosi ci si basa sull’esame obiettivo, su esami di laboratorio e su tecniche di imaging: - Esame obiettivo à posizionare il pz con busto flesso sul lato sx per auscultare e rilevare eventuali sfregamenti pericardici - Esami di laboratorio à si rilevano marker infiammatori (PCR, VES, conta leucocitaria) e indici di necrosi miocardica, rilevabili solo se il processo ha coinvolto il miocardio - Tecniche di imaging: 1° livello: ECG 2° livello: RX torace à può essere normale o, in caso di pericardite ad eziologia pleuro-polmonare e versamento pericardico abbondante > 250 ml, alterato; ecocardiogramma à evidenzia anche minime quantità di liquido pericardico e inspessimento dei foglietti pericardici, è utile nel seguire la progressione dell’infiammazione ed eventuale associazione di miocardite. Misura lo spazio tra pericardio e superficie cardiaca, e a seconda dello spessore definisce l’entità del versamento pericardico permettendo la distinzione tra trasudatizio ed essudatizio. Se il versamento è: 20 mm à grave ! l’ecocardiogramma torna utile come guida alla pericardiocentesi TAC e risonanzaà sono complementari: la risonanza ha alta specificità e sensibilità quindi permette di visualizzare l’infiammazione pericardica mentre la TAC è utile nella valutazione pre-operatoria di pericardite cronica ricorrente e costrittiva COMPLICANZE Recidiva à 15-30% in pz trattati con colchicina e del 50% in pz trattati con corticosteroidi Miopericardite à estensione dell’infiammazione al miocardio e successivo tamponamento cardiaco, è rara nella pericardite idiopatica e frequente in caso di eziologia specifica come tubercolosi, neoplasia e pericardite purulenta Versamento pericardico e tamponamento cardiaco Pericardite costrittiva à il materiale si accumula nel sacco pericardico e va incontro a fibrosi, questo impedisce i fisiologici movimenti del cuore, il rischio di sviluppare pericardite costrittiva varia a seconda dell’eziologia: basso ( 100 bpm + aumentata frequenza respirator

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