Botanica 2 - II Parte Totale PDF
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This document is a part two of a botany course. It covers angiosperms and details their morphology, specifically focusing on roots and stems. The text explores different root types, their functions, and the characteristics of stems, including nodes, internodes, and buds.
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BOTANICA 2 SECONDA PARTE 20/02 ANGIOSPERME Le angiosperme fanno parte del grosso della diversità vegetale nel mondo, sono il gruppo vincente, abbiamo visto anche del perché sia il gruppo vincente, lo aveva anticipato e lo vedremo meglio ora e soprattutto è anche il gruppo più competitivo dal punt...
BOTANICA 2 SECONDA PARTE 20/02 ANGIOSPERME Le angiosperme fanno parte del grosso della diversità vegetale nel mondo, sono il gruppo vincente, abbiamo visto anche del perché sia il gruppo vincente, lo aveva anticipato e lo vedremo meglio ora e soprattutto è anche il gruppo più competitivo dal punto di vista della rivoluzione negli anni, grazie alla loro variabilità morfologica (basti pensare al fiore) e soprattutto alla dinamica riproduttiva. MORFOLOGIA La morfologia descrittiva è quella che riguarda il corpo della pianta ma anche il cariotipo di una pianta è morfologia cromosomica. Morfologia di base banale: radice, fusto, foglie e fiore. Noi inizieremo con la radice per poi finire con il fiore. RADICE Per quanto riguarda la radice, essa ha vari ruoli: innanzitutto di assorbimento, perché assorbe i minerali, i nutrimenti ma è anche una struttura che immagazzina sostanze di riserva e soprattutto ancoraggio della pianta, ma ci sono vari tipi di ancoraggio in base all’ambiente in cui si trova. Come potete vedere dall’immagine abbiamo le radici laterali, i peli radicali, e la cuffia radicale che è molto importante in quanto permette alla radice di penetrare il terreno senza compromettere l’apice radicale perché l’apice radicale è talmente importante che se io voglio fare uno studio cromosomico di una pianta io devo mettere a germinare i semi e individuare l’apice e prelevare la parte più in cima ed è quella la parte che devo fissare per poi colorare, fare dei schiacciamenti ed infine individuarne i cromosomi e quindi contarli e di conseguenza farne anche il cariotipo, questo è l’approccio per lo studio cromosomico. Quindi l’apice radicale è importante non solo per la pianta quando cresce ma anche dal punto di vista sperimentale o per certi studi. I peli radicali a volte sono pochi a volte numerosi, sono molto delicati e hanno esclusivamente ruolo di assorbimento mentre le radici radicali hanno una consistenza molto forte e anche una funzione di ancoraggio; questi sono pressoché le caratteristiche di una radice. Ovviamente ci sono tanti tipi di radice ma possiamo dedurre uno schema indicativo di due tipologie fondamentali: sistema radicale allorrizzico e sistema radicale omorrizico. Allorrizzico è la tipica radice a fittone, io ho una radice principale dominante mentre le altre sono subordinate. Quando non c’è questa dominanza e più o meno sono tutti dominanti allora si parla di sistema radicale omorrizico. È interessante ricordare che il primo è tipico delle angiosperme dicotiledone, mentre il sistema omorrizico è tipico delle monocotiledone. Come potete vedere da queste due immagini: (a: Taraxacum officinale allorrizzico, b: graminacea omorrizico). Naturalmente di tipi di radici ce sono tanti, ad esempio lo stolone, le piante stolonifiche sono quelle che hanno il fusto strisciante, hanno nodi e internodi e in ciascun nodo partono delle radici che fissano il tutto, un esempio è la fragola. 1 Poi abbiamo i rizomi dove il fusto è sotterraneo, lui va solo sottoterra poi ad un certo punto ha delle gemme che sbucano fuori che naturalmente hanno delle foglie e forse anche dei fiori. Un esempio è l’ortica bianca. Ci sono, inoltre, ad esempio le talee, frammento di una pianta che viene tagliato e sistemato nel terreno per rigenerare le parti mancanti, come nel caso del Salice bianco o dei gerani. Questo sistema è molto usato in quanto sostenibile. Qui ci sono vari immagini, la carota è una radice ricca di sostanze di riserva e fa anche dei fiori. C’è la celiba pentandra è una radice robusta che può arrivare anche a 50 metri di lunghezza. Le ultime tre foto rappresentano dei noduli causati da un batterio, queste piante sono in grado di utilizzare l’azoto atmosferico. Questi sono delle radici aeree di un’orchidea epifita, le sue radici servono ad assorbire aria perché queste piante crescono in 15 metri di altezza in ambienti umidi per cui hanno questa capacità di attrare a sé il vapore acqueo. Accanto abbiamo una pianta abbastanza strana, è una Myrmecodia ed una epifita; possiede adattamenti strutturali che forniscono riparo alle formiche, le quali ricambiano garantendo protezione dagli insetti fitofagi e fornendo sostanze nutritive. Questo è un tipo esempio di perfetta simbiosi. Qui altri esempi, la prima è la classica radice che assorbe nutrimento e poi altri esempi di cui abbiamo già parlato prima. E con questo finiamo di parlare di radice. 2 FUSTO Iniziamo a parlare di fusto. Un fusto è fatto da un asse con dei nodi dove vengono generate le foglie e le gemme ascellari, separati da internodi. Attenzione, però, alcuni fusti possono essere fotosintetici come il cactus o asparago, possono immagazzinare sostanze di riserva come acqua o carboidrati come dei succulente. Quindi come la radice può avere vari ruoli. Funzione di accumulo, conservazione di sostanze. Vediamo insieme questa immagine (destra) che a differenza dell’immagine a sinistra abbiamo delle gemme, abbiamo dei nodi, gemme laterali, un’altra cosa da ricordare è che queste gemme possono essere gemme fogliari (poste all’origine delle foglie) e fiorali. Le gemme durante la stagione avversa sono protette in quanto dormienti; si svegliano grazie alla temperatura, umidità e tutto è regolato da un sistema ormonale, questo ovviamente non significa che le piante sono intelligenti, questi sono semplicemente meccanismi automatici. Importante da ricordare questa grande protezione verso le gemme. In questo schema vi fa vedere che quando un fusto comincia a crescere, lui è dominante, sempre. Quindi in quel momento non si prevede il tipo di ramificazione, si deve aspettare, dopo una stagione le altre gemme cominciano a germinare dando origine ad altri rami, e solo dopo due stagioni di crescita si può riconoscere il tipo di ramificazione. Attenzione, c’è sempre qualcosa che rimane dominante, quindi i rami che si formano dalle gemme laterali sono più corti. Il tipo di ramificazione che ne risulta viene detto monopodiale. Con le piante legnose la situazione è leggermente più mancata, come potete notare si hanno due strutture protettive, le perule e le stipule. Le perule sono foglie modificate, le stipule sono una densa copertura di peli e da secrezioni appiccicose. Man mano che la pianta cresce si perdono sia le perule che le stipole (cadono) lasciando una cicatrice (ultime tre foto). Naturalmente la ramificazione può anche avvenire sempre in modo apparentemente monopodiale ma non rimanere tale, a questo punto la gemma apicale abortisce a vantaggio di quelle laterali, il risultato è una simpodialità. Nella monopodialità c’è sempre una gemma apicale attiva che domina su gli altri rami; nella simpodialità esiste all’inizio, poi abortisce e prendono il via quelle laterali. I brachiblasti, sono i rami corti, che portano gemme che hanno tutte delle perule, che crescendo sono cadute e hanno lasciato le cicatrici; mentre il macroblasto è il ramo principale. Nei brachiblasti c’è molto parenchima per cui se qualcuno li tocca risultano flessibili, non hanno quella legnosità tipica del macroblasto. La pianta può nascere monopodiale e rimanerlo per sempre, oppure può nascere monopodiale e perdere la monopodialità e diventare simpodiale, in questo caso la monopodialità è legata alla gioventù della pianta; questo criterio macroscopico è importante e utile in certi ecosistemi, come quelli tropicali, nei quali moltissime piante inizialmente sono monopodiali, poi dopo qualche anno improvvisamente perdono questa monopodialità e diventano simpodiali. 3 I rizomi nonostante crescano sotto terra, sono tutti simpodiali. Un esempio di piante con rizoma è l’Iris, le orchidee terrestri nostrane e tropicali, non quelle epifite, presentano rizomi con radici secondarie tuberizzate. Ci sono i casi particolari come la patata, l’aglio, la cipolla. La patata, appartiene alla famiglia delle Solanaceae, ed è un fusto sotterraneo, che contiene sostanze di riserva, amido. Nella cipolla il fusto è il disco in fondo, e lo si può capire dal fatto che presenta le radici, ed intorno ad esso sono presenti le foglie, i catafilli, che svolgono una funzione protettiva, quelli più esterni prendono il nome di tunica. I catafilli sono ricchissime di sostanza di riserva, sono presenti moltissimi vacuoli che conservano tutti i principi aromatici che interessano all’uomo, nel caso della cipolla. Le tuniche possono essere utilizzate come sistema di classificazione delle piante; ad esempio la pianta di zafferano, facente parte del genere Crocus, presenta tuniche molto spesso specie-specifiche. Analogo alla cipolla è l’aglio, nel quale i catafilli sono gli spicchi; da un singolo spicchio può uscire il fusto se rimane in parte il disco, può fare le radici, usando lo spicchio come riserva. Il cormo è un’altra cosa, tipico dei gladioli e dei narcisi. Ad una prima visione può sembrare un bulbo ma facendo la sezione non si osservano catafilli concentrici, all’interno si presenta compatto, anch’esso presenta il fusto discoidale e anch’esso presenta le tuniche. Per riassumere a destra si può notare in ordine: un bulbo, un bulbotubero (è un bulbo che è tuberizzato), un tubero (fusto compatto, per lo più sotterraneo contenente moltissime sostanze di riserva) ed infine un rizoma. Nel fusto si trova la scorza o ritidoma, lo strato più esterno, quella che popolarmente viene chiamata corteccia, che in realtà è la parte interna. Ogni albero ha la sua scorza con caratteristiche differenti l’una dall’altra. Si possono trovare modificazione nel fusto; ci sono fusti verdi in grado di svolgere la fotosintesi come nelle Euphorbiaceae, molte piante che chiamiamo cactus in realtà fanno parte di questa famiglia. 4 Ad una prima vista può sembrare che siano assenti le foglie, ma non sono altro che le spine, che sono appunto foglie modificate; le piante vivono in climi molto aridi e devono limitare l’evapotraspirazione hanno risolto evolutivamente con la riduzione delle foglie in spine. Se si fa una sezione di uno spino si potrà vedere che all’interno è vascolarizzato; nel caso in cui non siano vascolarizzati saranno aculei (la rosa non ha spine ma aculei, infatti ha foglie classiche). L’aculeo non è vascolarizzato perché deriva da una modificazione del fusto. Ci sono poi dei fusti che come si può notare sono appiattiti, prendono il nome di fillocladi. Sembrano delle foglie ma come si può notare si trovano sopra di esso dei fiori bianchi, prova che è un fusto. Questi sono aculei che si possono trovare in certe palme, molto dolorosi e pericolosi se toccati, con il rischio di prendersi anche il tetano. Il portamento è come si presenta una pianta. Ci sono alcuni degli esempi noti: il portamento acaulescente, perché porta le foglie alla base, al contrario del caulescente nel quale le foglie si distribuiscono lungo il fusto. Una pianta dal portamento cespitosa è una pianta che forma un cespo per terra mentre, una prostrata è una pianta strisciante sul terreno (non emette radici a differenza dello stolone), con il portamento repente si ritorna al discorso dello stolone. Le piante decumbenti sono piante che crescono e stanno per gran parte lungo il terreno per poi alzarsi, la forma arborescente è il classico portamento di un albero ed infine il portamento suffrutiscente è quello nel quale i getti annui vengono lignificati solo nella parte basale, rimanendo viva solo la parte bassa, come ad esempio la Salvia; contrario del suffrutice è il frutice. 22/02 LA FOGLIA La foglia è un organo che ha più funzioni, non è soltanto l’organo preposto alla fotosintesi ma permette anche la realizzazione di altre strutture, spesso sofisticate, tra cui il fiore (che vedremo essere una struttura complessa costituita da foglie modificate). Queste altre strutture a cui la foglia può dare origine possono anche avere una funzione di riserva, per trattenere l’acqua; le foglie possono anche essere trasformate in trappole, per la cattura di insetti, o in strutture che alloggiano formiche o altri tipi di insetti e in questo caso prendono il nome di domazi; possono dare origine a spine, che hanno di solito una funzione protettiva ma che troviamo nelle Cactaceae e in altre famiglie di piante succulente che vivono in ambienti aridi, dove limitano l’evapotraspirazione e permettono una migliore conservazione delle riserve idriche. 5 schematizzazione di una foglia generica. In questo caso, l’attaccatura al fusto è ad opera di un picciolo, che però non necessariamente è presente: se una foglia ne è priva, ed è quindi direttamente attaccata al fusto, si definisce sessile. La lamina fogliare presenta una pagina inferiore e una pagina superiore, rispettivamente definite superficie adassiale e superficie abassiale. La terminologia che descrive le foglie si basa spesso non solo sulle nervature della lamina, ma anche e soprattutto sull’apice, sulla base e sul margine fogliare. Delle strutture che non sempre sono presenti sono i pulvini (superiore e inferiore) che sono delle zone della foglia fotosensibili: dove esiste permette quindi alla foglia di orientarsi in direzione della luce solare. Alla base del picciolo possiamo anche trovare le stipole e le gemme di fusti, che vengono quindi definite gemme fogliari. Le stipole non sempre sono presenti oppure possono cadere precocemente, ma sono molto importanti dal punto di vista tassonomico per il riconoscimento delle varie specie. Nell’immagine vediamo alcuni tipi di arrangiamento, cioè come si presenta la foglia su un ramo: alternate (in alto a destra); opposte (in basso a sinistra); sotto forma di coroncina (in basso a destra). Ci sono delle piante, anche alcune piante arbustive dell’area mediterranea, che sono molto simili ma si distinguono perché una è a foglia alterna e l’altra a foglia opposta. Entriamo ora nei dettagli descrittivi. Le foglie possono essere semplici o composte e presentarsi con una miriade di forme diverse (tra parentesi è indicata la forma da cui deriva il nome): ovata (uovo); obovata (uovo rovesciato); ellittica (ellissi); oblunga (ellissi non perfetta); peltata (ripresa dagli indusi peltati delle felci); spatulata (spatola); cordata, che presenta dei lobi appena accennati; sagittata, che presenta dei lobi molto accennati, addirittura a cuspide (saetta, dal latino sagitta); lobata, ad es. quelle delle querce; deltoide (delta); lanceolata (lancia); lineare (linea). 6 Nell’immagine accanto vediamo che anche le nervature possono presentarsi in maniera molto diversificata. I tipi principali di nervature sono: pinnata (penna); plinervia, non molto comune nella nostra flora; palmata, veramente rarissima nella flora dei climi temperati ma tipica della famiglia delle Malastomataceae; palmate (palmo di mano); parallele; nervazione rotata, tipica delle foglie peltate. Nelle foglie possiamo trovare il fenomeno dell’eterofillia: in molte piante, infatti, le foglie non sono tutte uguali ma due tipi diversi. Molto spesso l’eterofillia dipende dallo stato di crescita della pianta, ma in alcuni casi la possiamo trovare anche in piante adulte. L’eterofillia è una variabilità che possiamo trovare sia sullo stesso individuo che rispetto ad una popolazione. Nell’immagine in basso sono rappresentati alcuni esempi di questo fenomeno. Parliamo delle modificazioni a cui possono andare incontro le foglie: un caso piuttosto comune, che ritroviamo nelle piante succulenti, è quello di foglie modificate per svolgere una funzione di riserva d’acqua (similmente a quanto abbiamo visto per i fusti). Un altro caso è quello dei cirri, delle foglie che hanno assunto una struttura a spirale. Sono tipiche di piante che hanno un portamento lianoso (non riescono a restare erette) e quindi si appoggiano ad altri elementi, che possono essere altre piante ma non solo, a cui si legano grazie proprio ai cirri (es. viti, piante di fagioli). Alcuni esempi di foglie modificate a dare delle trappole le troviamo nei generi Drosophyllum e Dionaea. In queste foglie modificate troviamo sempre una superficie gelatinosa ricca di zuccheri, che risulta essere attrattiva per gli insetti; la chiusura è data da un’alterazione dei potenziali d’azione a livello cellulare quando qualcosa si poggia sulla foglia. Queste piante sono in grado di utilizzare sorgenti animali come fonte di cibo. Questo tipo di piante possiede naturalmente anche dei fiori, ben distanti dalle trappole, generalmente portati su assi molto lunghi. Spesso non si tratta nemmeno di fiori singoli, ma di delle infiorescenze. Anche gli otricoli delle Nepenthes, che vivono nel sud-est asiatico (es. Indonesia, Malesia, Borneo), sono foglie modificate. Ogni genere o addirittura specie presenta un otricolo diverso, che è appunto una struttura fogliare modificata e che è una chiave interpretativa tassonomica importantissima. Anche gli otricoli possono fungere da trappole. 7 Analizziamo due situazioni differenti. La prima è quella raffigurata a sinistra, in cui un roditore si è appoggiato sull’otricolo di una Nepenthes (generalmente infatti queste piante si trovano situate a livello del terreno): il topo è attratto dalla parte sommitale dell’otricolo, dove viene prodotto una sostanza zuccherina. Mentre se ne ciba, è possibile che il topo defechi: le feci cadono quindi all’interno della struttura dell’otricolo che contiene acqua e quindi si solubilizzano. Tra i componenti degli scarti degli animali, troviamo l’ammoniaca - le Nepenthes sono infatti piante che vivono in terreni poveri di azoto, che si procurano tramite questo “metodo alternativo”. Questo caso rappresenta una sorta di simbiosi. Nel caso rappresentato a destra abbiamo invece un piccolo pipistrello attirato dalla risposta agli ultrasuoni dell’otricolo di Nepenthes (generata dall’inclinazione del cappello). Il pipistrello è anch’esso attratto dallo zucchero, ma può anche capitare che cada all’otricolo di Nepenthes, dove verrà decomposto da degli enzimi litici. Nelle immagini in basso sono rappresentati altri esempi di eterofillia, che avvengono però sulla stessa pianta allo stesso stadio di crescita. È presumibile che, foglie di forma diversa, abbiamo un rendimento fotosintetico diverso. Un altro caso molto comune è quello del leccio (Quercus ilex), che presenta delle foglie molto diverse quando adulto e quando giovane. Sulle foglie possiamo poi trovare delle strutture accessori, i peli o tricomi, che possono essere semplici o ghiandolari (es. ortica); questi ultimi sono più complessi e contengono al loro interno degli oli essenziali (es. salvia e altre piante aromatiche). Generalmente i peli ghiandolari terminano con una forma a capocchia di spillo pluricellulari che contengono queste sostanze. Gli oli essenziali hanno una grande importanza dal punto di vista antropico, dalla profumeria, alla cosmetica, alla medicina (molte piante di interesse medico le contengono). Essendo molto diversificati, anche in questo caso c’è una terminologia per descriverli. 8 I peli possono essere inoltre variamente distribuiti sulla pianta e quindi esiste una terminologia a sè stante anche per descrivere la “pelosità”, cioè la distribuzione per area di superficie: ad esempio le foglie tomentose sono le foglie che hanno una “pelosità” fine. Possiamo avere anche le foglie ispido-tormentose, come si vede la distribuzione del centimetro quadrato varia in base ai casi, ad esempio la pelosità di un’ortica è molto meno fitta rispetto a quella della salvia o del rosmarino, nella parte sottostante della foglia. Vediamo ora il fenomeno della CLAURIFLORIA, che consiste in piante arboree per lo più, dove i fiori nascono prima delle foglie. Questo perché se nascessero prima le foglie, che sono molto fitte in queste piante, i fiori avrebbero problemi ad essere visitati dagli insetti. Ed i fiori nascono sul tronco e sui rami direttamente. Questo è l’albero di Giuda, una delle leguminose più primitive che esistano nella famiglia. Nel cacao i fiori sono sui rami, e farà prima i fiori, poi le foglie e successivamente i frutti. Ora parliamo di CICLO VITALE (non quello riproduttivo). Le angiosperme sono il gruppo vincente perché possiamo trovare dinamiche di crescita molto diverse tra loro, ma noi ci limitiamo a descriverne 3: 1. la pianta annuale 2. la pianta biennale 3. la pianta perenne 1. Ciclo annuale: si svolge all’interno di un anno, o meglio di una stagione o particolarmente in alcune settimane. Partendo dal seme, che germina, da inizio ad uno sviluppo vegetativo, emette le prime foglie, fa fotosintesi ma non accumula sostanze di riserva, le utilizza al momento stesso, tant’è che questo la porta, dopo l’impollinazione e la fecondazione, il fiore si trasformerà in frutto, gli ovuli in semi ed il frutto decade. Il ciclo Il frutto si apre e dissemina di nuovo i semi, poi la pianta muore. Il ciclo si realizza in teoria in una stagione, ma in pratica anche in qualche settimana. La dispersione dei semi può essere infatti subito dopo seguita dalla germinazione. Oppure se si incombe nella stagione avversa, la pianta muore ma i semi che ha prodotto rimangono nel suolo, pronti ad attivarsi appena la stagione sarà ottimale. Quindi le piante annuali passano il periodo avverso sotto forma di seme. Inoltre le piante annuali appartengono ad una categoria che fitogeograficamente viene definita delle terofite. 2. ciclo biennale (2 anni): parte da un seme che germina, attraverso sviluppo vegetativo ma, al contrario delle piante annuali, il ricavato della fotosintesi (fotosintati) viene accumulato a livello sotterraneo. Successivamente la pianta entra in uno stato di dormienza… ma c’è sempre una gemma pronta, tant’è che la primavera successiva la gemma si sveglia, germina, da origine a foglie sfruttando le sostanze di riserva accumulate (notare come si sgonfia la parte sotto il terreno 9 quando la gemma si sveglia). Si sviluppano I fiori, che vanno in contro al fenomeno dell’impollinazione, che conduce alla fecondazione, quindi alla produzione di frutti, e di conseguenza di semi che vengono poi dispersi e il ciclo ricomincia. Il periodo avverso viene passato sotto forma di gemma dormiente e queste vengono chiamate emicriptofite. 3) Piante perenni sono piante legnose, robuste, che hanno un ciclo lunghissimo, al termine del quale muoiono anche loro. Passano il periodo avverso sotto forma di gemme dormienti che possono attivarsi in qualsiasi momento, basta una leggerissima variazione di temperatura favorevole TIPOLOGIE DI PIANTE PERENNI: Alberi: perenni, consistenza legnosa, ramificazione ad una certa altezza dal suolo, monocauli (caulo unico) Arbusti: perenni, consistenza legnosa, ramificazione dalla base, policauli. Frutici: perenni, policauli o monocauli, con fusti parzialmente e progressivamente lignificati nel tempo, spesso verdi e organicanti nella parte superiore. Suffrutici policauli: con brevi fusti legnosi prossimi al suolo, annualmente lignificantisi per breve tratto, dai quali si dipartono assi erbacei annuali e allungati. Liane: piante legnose incapaci di mantenersi erette, ma dotate di adattamenti per avvolgersi o aderire a sostegni vivi o morti. Erbe perenni: manca la consistenza legnosa (si ricorda che le erbe possono essere anche annuali o bienni). La forma caratteristica di un albero o di un arbusto è spesso in relazione alla sua modalità di crescita. Gli alberi hanno un tronco unico e si ramificano ad una certa altezza dal suolo, gli arbusti sono policormici e ramificati dalla base (all’altezza del suolo). Tutto a destra un monocaule che parte da una certa altezza e poi si apre, al centro un policaule le cui ramificazioni partono dalla base, un ‘cespuglio’ ed infine tutto a sinistra una rosa, che è un suffrutico. 10 FORMA BIOLOGICA Basata su una classificazione del 1932 di Raunkiaer; La forma biologica si rifà al tipo di ciclo vitale dell’organismo. In questa immagine sono rappresentate varie piante, e si prende come esempio il numero 5,il papavero, che è una terofita ( pianta annuale che passa il periodo avverso sotto forma di seme). Poi vediamo il numero 3 c, una pianta scaposa (uno scapo singolo) ed è una emicriptofita ( ha la parte perenne sottostante). Il 3 a è un’emicriptofita rosulata perché forma delle rosette. Anche il 3 b è un’emicriptofita. L’1 è una farenofita, cioè le piante perenni. Il ciclo biologico e la relativa forma biologica (emicriptofita, farenofita, terofita ecc) sono collegati al tipo di clima presente in quel determinato territorio. Si arriva così allo formulazione di spettri biologici, che ci dicono quanti telofite ci sono in quella zona, rispetto ad esempio, in modo comparativo, ad un'altra flora in un altro ambiente. Queste sono due ‘torte’ che si rifanno a 2 precedenti lavori del professore. 11 (ambiente vicino al marino) Le dominanti sono le terofite, poi ci sono le emicriptofite (sono entrambe erbe), poi troviamo le geofite (piante che passano il ero sotto forma di bulbi, di radici tuberizzate). Il valore più basso appartiene alle faronofite. Riassunto: pochi alberi tante forme di piante erbacee, che resistono meglio al caldo estivo. (ambiente ad alta quota, 1000m, su terreno calcareo, implica maggiore ricchezza rispetto a terreni silicei, che sono più selettivi) Le terofite diminuiscono, le geofite rimangono circa uguali, aumentano le emicriptofite. Questi due grafici riportano 2 fitoclimi del tutto diversi, che portano a percentuali di forme biologiche del tutti diverse. 27/02 Biologia riproduttiva- morfologia funzionale riproduttiva Le angiosperme anche dette Anthophyta, Magniolophyta. Gruppo monofiletico attualmente considerato “sister group” delle Gimnospermae sensu lato. Le Angiospermae rappresentano il gruppo più consistente di piante vascolari viventi (oltre il 95%). Sono diffuse nella grande maggioranza di ambienti terrestri dove sono dominanti, eccetto per le foreste di Coniferae. Vi appartengono le più importanti specie alimentari utili sia all’uomo che agli altri animali. Le apomorfie fondamentali sono: - Il fiore con il relativo perianzio. Funzione vessillare, o non. - Impollinazione stigmatica, non più micropilare. - Stami con due teche, ognuna composta da due microsporangi. - Il gametofito maschile ridotto a sole 3 cellule e 3 nuclei. - Il gametofito femminile ridotto a sole 8 nuclei e 7 cellule (modello standard monosporiale, tipo Polygonum). 12 - Carpelli (macrosporofilli) e formazione di un ovario e del frutto. - Ovuli con 2 tegumenti. - Doppia fecondazione e endosperma secondario. Fasci cribrosi. E’ molto importante tener conto della correlazione tra le varie ere geologiche, le piante e gli animali. Gli insetti sono fondamentali e vi sono un’ infinità di tipi e specie di impollinatori. Il cetaceo segna il punto di svolta ove le angiosperme sono dominanti. 13 Morfologia del fiore: Le strutture riproduttive delle Angiosperme sono chiamate fiori. Un fiore è un germoglio fortemente modificato, dotato di appendici specializzate che altro non sono che foglie modificate. L’asse fiorale è detto ricettacolo. I fiori sono generalmente portati all’ascella di una foglia, la brattea. I fiori sono costituiti da 3 parti principali: 1. il perianzio, struttura esterna protettiva e/o colorata; 2. l’androceo, insieme degli stami che producono polline; 3. il gineceo, insieme dei pistilli che producono gli ovuli. I fiori costituiti da queste 3 parti si dicono completi; se una delle parti è mancante si parla di fiore incompleto. Se sono presenti androceo e gineceo il fiore viene definito ermafrodito. Se una di queste parti manca il fiore è unisessuale. Se presente solo l’androceo è detto staminifero. Se presente solo il gineceo allora è detto pistillifero. Nelle specie monoiche i fiori staminiferi e pistilliferi sono portati da uno stesso individuo (fiori ermafroditi o unisessuali), mentre nelle specie dioiche sono portati da individui diversi (fiori sempre unisessuali). Le parti protettive esterne possono essere indifferenziate e composte in tal caso da tepali. Altre volte sono distinguibili un calice e una corolla, il primo composto da un verticillo esterno di sepali, il secondo da un verticillo interno di petali. I sepali generalmente proteggono le parti interne del fiore nella gemma, mentre i petali, generalmente colorati, contribuiscono ad attirare gli impollinatori (funzione vessillare). L’androceo comprende gli stami del fiore. Ogni stame è composto da una antera e da un filamento; le antere contengono 4 sacche polliniche o microsporangi che spesso si uniscono a formare due paia di teche. La meiosi avviene all’interno delle sacche polliniche portando alla formazione dei granuli di polline (gametofiti maschili o microgametofiti). Il gineceo comprende tutti i carpelli del fiore. Uno o più carpelli fondendosi danno luogo al pistillo. Ciascun pistillo è composto da una parte apicale, lo stigma, che serve a catturare il polline, da uno stilo che può anche mancare e da un ovario nella parte basale rigonfia del pistillo che contiene e protegge gli ovuli. Ciascun ovulo contiene il megagametofito (gametofito femminile o sacco embrionale) che produce una cellula uovo o oosfera (il gamete femminile). l’ovulo è provvisto di due strati protettivi chiamati tegumenti ed è attaccato alla parete dell’ovario tramite un peduncolo chiamato funicolo. Dopo la fecondazione l’ovulo si sviluppa in seme e l’ovario circostante forma il frutto. Varie parti fiorali possono essere modificate per la produzione di nettare (anche oli e profumi) a formare i nettari, spesso posti alla base dell’androceo o del gineceo o in speroni nettariferi. 14 Qui vediamo tre fiori: A. Ruta; B) Lilium; C) Nymphaea. 15 Nel Lilium possiamo notare che sepali e petali sono elementi uguali, e per questo motivo vengono chiamati tepali interni e tepali esterni. La differenza tra la colorazione dei tepali esterni e interni non è molta, alla base abbiamo delle strutture che sono le stesse. Possiamo notare poi che ci sono sei stami, ciascuno con il suo filamento. È un fiore completo perché ho perianzio, gineceo e androceo. Qui vediamo varie possibilità: cioè il fiore perfetto bisessuale, cioè quindi con androceo e gineceo; Il fiore con i soli stami, staminato; oppure il fiore pistillato, unisessuale. I fiori possono avere il pedicello oppure essere direttamente attaccati sul ramo, quindi saranno detti sessili. Simmetria Il fiore può avere o non avere la simmetria (asimmetrico). Le simmetrie quindi sono due: Raggiata o attinomorfo→ due o più piani di simmetria che passano attraverso un centro; Bilaterale o zigomorfi→ un solo piano di simmetria. 16 Tagliando trasversalmente il fiore otteniamo un’immagine, da cui derivano i diagrammi fiorali. Ogni fiore ha un diagramma fiorale e tutta una simbologia dietro. Calice: Questo diapositiva si riferisce a cosa può succedere nel calice; il calice è formato dai sepali. Gamosepalo→ quando ho il calice con i sepali tutti fusi tra di loro; Dialisepalo→ quando i sepali sono tutti divisi tra di loro. Tutto questo perché i sepali possono essere tra di loro molto modificati. Nell’Aconito, ad esempio, il calice prende la forma di un elmo. Corolla: Dialipetala→ se i petali sono tutti uno separato dall’altro. Gamopetala→ se i petali sono fusi tra loro. Corolla con petali che formano alla base uno sperone, una specie di sacca uncinata, che non è altro che il nettario. 17 Androceo: Gli stami sono tanti ma uniti dai filamenti→ androceo monadelfo Androceo diadelfo→ con gran parte degli stami saldati ma non tutti, tranne uno. Androceo poliadelfo→ con stami raggruppati. Androceo sinanterico→ con filamenti liberi e antere saldate. (Esempio della Margherita: la margherita non è un fiore, è una infiorescenza). Androceo didinamo→ con 4 stami di cui 2 piccoli (più in basso) e 2 grandi (più in alto). Androceo tetradimo→ con 4 stami grandi e 2 piccoli. Schemino riassuntivo: 18 Gineceo: Pistillo composto da numerosi carpelli liberi. Il carpello è una foglia modificata, è una macrosporofillo. 19 Sincarpo→ Apocarpo→ Pistillo Pistillo composto composto da 5 carpelli da 5 carpelli in liberi saldati alla base. cui gli ovari sono saldati ma i 5 stili sono liberi. Pistillo in cui Pistillo composto da 3 l’ovario si è carpelli interamente saldati allargato alla in un ovario a 3 logge, con sommità a un solo stilo e un solo costituire un disco stigma trilobo esempio: stimmatico dotato tulipano di numerosi lobi a raggiera Esempio: papavero Fusione di parti del fiore Quando parti simili sono fuse insieme sono dette “connate”, altrimenti “libere”. E’ il caso del pistillo composto, formato da più carpelli connati. Inserzione E’ l’attacco delle parti fiorali al ricettacolo. La posizione dell’ovario può variare da superiore ad inferiore. I fiori in cui il perianzio e l’androceo sono inseriti al di sotto del gineceo sono chiamati ipogini e l’ovario supero. I fiori in cui il gineceo è circondato da una struttura tubulare o a coppa sono detti perigini. I fiori in cui il perianzio e gli stami sono attaccati alla parte superiore dell’ovario sono detti epigini e l’ovario infero. Se l’ipanzio cioè la coppa fiorale è fuso soltanto alla porzione inferiore dell’ovario, è detto semi- infero. 20 IPANZIO→ involucro a coppa che circonda in alcune specie l'ovario infero o semi-infero, talvolta supero. Placentazione La placenta è quella porzione che permette di comunicare e di trasmettere cibo dalla pianta al futuro figlio. Deriva dai differenti modi in cui gli ovuli sono attaccati alla parete dell’ovario. Gli ovari possono contenere da uno a molti loculi e la parete che li separa è detta setto. La placenta è la parte dell’ovario a cui sono attaccati gli ovuli. Il tipo di placentazione può essere utile per stabilire il numero di carpelli fusi. Se la placentazione è assile il numero di loculi corrisponde al numero di carpelli, in quella parietale il numero di placente è in genere uguale al numero di carpelli. 1-03-2023 Le infiorescenze Oggi si prenderanno in considerazione le Infiorescenze. Che cosa sono? I fiori possono presentarsi combinati in una struttura più complessa, con una propria simmetria, che poi si ritraduce successivamente nella realizzazione del frutto, che sarà l’ultima spiaggia. Quasi tutte le piante possiedono una infiorescenza, sono molto importanti. Ci sono due diversi tipi di infiorescenze: ci sono quelle definite e quelle indefinite. Le prime hanno l’asse principale che termina sempre con un fiore, si fermano. Le infiorescenze indefinite in realtà hanno una zona di accrescimento potenzialmente indefinita, quindi hanno naturalmente una morfologia diversa rispetto alle infiorescenze definite. Questo schema ci fa vedere i casi: 21 Vediamo a sinistra un’infiorescenza definita, e a destra un’infiorescenza indefinita. Come potete vedere, nella prima ogni asse termina sempre con un fiore, che chiude la performance infiorescenziale. L’indefinita, al contrario, sul piano puramente teorico, ha un accrescimento molto più lungo, più pronunciato, ciò vale sia per l’asse principale che per quelli secondari. Come vedete ci sono delle foglie ascellari alla base delle ramificazioni di secondo ordine Qui si è vista una prima schematizzazione, semplificata, ma in realtà ogni infiorescenza ha un suo nome. Ad esempio qui c’è il racemo, in contrapposizione della spiga. Il racemo è una indefinita, la quale ha questa alternanza di fiori, e vedete che ogni fiore è peduncolato. La spiga è come se fosse un racemo, però non c’è peduncolo. I racemi sono diffusissimi, come le spighe, che invece non sono solo di grano. Poi ci sono le pannocchie, la pannocchia non è altro che un racemo doppio, che si ripete più volte. 22 Poi abbiamo tra le infiorescenze miste il tirso, a volte per vedere questa disposizione disordinata occorre prendere l’infiorescenza, stenderla e metterla a ‘’luce a contrasto’’ per vedere questa disposizione un po’ disordinata; non tutte le infiorescenze sono di riconoscimento immediato. Quest’altra, detta capolino o calatide, è tipica delle margherite, della famiglia delle asteraceae, e questa è un'infiorescenza definita invece. Il Corimbo invece sembra un candelabro; c’è una pianta infestante che cresce in città con un'infiorescenza composta, è un corimbo di capolini. Poi abbiamo il fascicolo, non tanto diffuso come il corimbo ed il capolino, in cui i fiori sono a fasci, e partono tutti dalle zone in cui c’è sempre una foglia. Poi abbiamo lo spadice, un’infiorescenza molto caratteristica. Le infiorescenze sono importanti perché se per esempio abbiamo un assemblaggio di fiori, che rispecchia una delle infiorescenze, condiziona tantissimo l’impollinazione, quindi anche il comportamento di un insetto impollinatore, di come lui visita l‘insieme dei fiori. A onor del vero avere le infiorescenze è molto vantaggioso per una pianta, in quanto ho più fiori su un asse, ed essa ha più probabilità di essere visitata da più insetti impollinatori, oppure da un vettore, ma questo vale anche per quelle che non sono impollinate da vettori, per esempio anche quelle anemofile, come la quercia e il pioppo. Questi sono i principali esempi di infiorescenze vengono esposti sui libri di testo. Vediamo esempi specifici: questo è un Acanto, una pianta di origine mediorentale infestante, che fu introdotta nel Mediterraneo centro occidentale dai Romani, molto considerato nel mondo 23 greco-romano , l’ Acanto ha una spiga. Invece qui possiamo vedere una Linaria vulgaris, con il racemo, molto diffusa, essa cresce alla fine dell’estate. Qui si può osservare benissimo la simmetria bilaterale. Ogni tanto nelle Linaria vi sono delle mutazioni, e il fiore non è zigomorfo ma è attinomorfo; tanto è vero che Linneo, che descrisse questa pianta, trovò tale mutazione e la descrisse addirittura come un genere nuovo: la chiamò peonia praticamente. Ciò ci ricorda quanto sia importante svolgere l’indagine di riconoscimento in una pianta in maniera approfondita, valutando più fattori oltre che consultare l’erbario, come la crescita e la popolazione. Qui abbiamo il grano, una pannocchia di grano, molto complessa, che fa parte della famiglia delle Graminaceae; è una famiglia in cui esiste un modello fiorale, ma le variazioni sul tema sono enormi, non solo nelle piante lontane da noi, ma anche in quelle vicino. Lo scorpioide, un’altra infiorescenza: vedete che c’ è un fiore, ed è messo ‘’a testa in giù’’, questa infiorescenza è piegata su sé stessa, come se formasse la coda dello scorpione, da cui deriva il nome. Un esempio che può essere importante per noi è la borragine, la Borago officinalis , della famiglia delle boraginaceae; quando le foglie sono giovani si usano nell’insalata. Questo invece si chiama Cerinte major, sempre Boraginaceae. Nella Borago officinalis si riconosce subito un’infiorescenza a scorpione. Invece questa è una pianta che cresce nei laghi, lungo le strade, e già a Marzo comincia a fare capolino. Tra l’altro se si guarda bene questo singolo fiore è un fiore gamopetalo, perché qui i petali sono fusi in questo tubo, e si vede venire fuori lo stilo con lo stigma; gli stami in questo caso sono interni, non si vedono. Di conseguenza è chiaro che questa è una pianta che sarà visitata da un coleottero, che scaverà dentro cercando qualcosa di zuccheroso con cui alimentarsi. Qui ci sono ad esempio altri due casi: qui abbiamo il capolino e un corimbo (guardare sopra). Questa non è una camomilla, probabilmente è una pratolina. Questa foto è importante perché capiamo che questa non è un fiore, e quando vediamo una margherita non è un fiore, ma un’infiorescenza, perché vedete questa parte, qua si vede molto estroflessa, ma può essere meno estroflessa a seconda del suo stato di crescita, però qui dentro trovo un ammasso di fiori, tutti a simmetria radiale, attinomorfi e tubulari. Poi ci sono queste strutture periferiche, che si chiamano ligule: esse sono parte di altri fiori, periferici, a simmetria zigomorfa, cioè bilaterale. Cosa può succedere? Nel disco centrale delle Asteraceae i fiori più grandi sono sempre fiori ermafroditi, non sono affatto sterili. Invece quelli periferici , cioè quelli a simmetria bilaterale, possono essere sterili o solo maschili. Le ligule ci sono perché ad attirare l’insetto è tutto l’insieme, in quanto gli insetti sono molto più sensibili alle forme che loro riescono a vedere con il loro apparato visivo; loro individuano miliardi di forme. Vedremo addirittura nelle Orchidaceae il poligono specifico, infatti la sistematica delle Orchidaceae è molto complessa. Poi ci sono due sottofamiglie che vedremo in cui abbiamo qui con fiori a simmetria attinomorfa, e fiori a simmetria invece bilaterale. Ad esempio c’è la famiglia della Cichorioideae dove i fiori saranno tutti a simmetria zigomorfa. Ciò si vedrà con le famiglie. Questo invece è un centranthus, una Valerianacea, si vede molto in giro, e questo è un corimbo. Questo qui è lo spadice nell’ Arum italicum: famiglia delle Araceae, la famiglia dei filodendri. Questa è un’infiorescenza. La foglia modificata avvolge questa struttura colonnare interna, la foglia è esterna. I fiori sono divisi in due gruppi: quelli maschili sono questi (in alto) e quelli femminili sono questi (in basso), non abbiamo fiori ermafroditi ma intersessuali. Il gruppo di fiori femminili rispetto a quelli maschili è separato da questi pelini che sono dei fiori femminili abortiti, si chiamano pistilloni, questi sopra invece sono la stessa cosa, ma fiori maschili abortiti, e sono staminali. L’orientamento di questi pelini è all’ingiù. Poi vediamo le moschine morte. Poi c’è questa specie di mazza da baseball che spunta, e in realtà questo è un ammasso di fiori tutti sterili, che non fanno fiorire. 24 Ricapitolando: prendendo la pianta intera, quindi l'infiorescenza intera, dentro si definisce un microclima un po’ calduccio, non solo, ma anche questa struttura espansa, un po’ piegata che sembra quasi una parabolica che intercetta qualcosa, in realtà è l’anticamera termico di quello che c’è quaggiù. Sono stati fatti degli studi mettendo dentro dei sensori termici per stabilire la temperatura durante l’arco del giorno, tra la parte interna e quella esterna. Gli insetti che visitano questa pianta, per lo più ditteri, ci cascano perché non solo questa struttura partecipa alla termoregolazione nell’insieme, ma emette anche un cattivo odore. Le mosche sono attratte da questo odore, in più le mosche visitano il fiore la mattina presto e la sera, trovano anche riparo, quindi scendono, e trovano i peli sono rivolti verso il basso, Di conseguenza si trovano bene come casa, riparo e fonte di calore. Parecchie riescono ad uscire, ma altre ci rimangono intrappolate. In seguito morendoci si decompongono, viene emanata altra puzza, e altre mosche vengono attirate. Quelle che riescono ad uscire si sporcano di polline, e potranno favorire l'impollinazione su una infiorescenza simile, e così via. La cosa interessante è che lo sviluppo di questi fiori, maschili e femminili, non avviene nello stesso momento, sono maturi in momenti diversi, per cui si evita l'autoimpollinazione. è un sistema complesso, efficiente, che è proprio di una famiglia di un’importanza pazzesca, sia dal punto di vista naturalistico, che commerciale (araceae ed orchidaceae): vi è un commercio di collezionisti disposti a pagare somme di denaro ingenti per avere degli esemplari rari. A questa famiglia appartiene anche questa,la Amorphophallus titanum, che è una Araceae, Nell'immagine precedente la spatea, era piccola, guardate com’è grande qui, lui è Hugo de Vriet, era un botanico genetista olandese, questa è l’infiorescenza più grande del mondo, non è il fiore più grande del mondo, i fiori sono dentro; il fiore più grande del mondo è sempre una pianta tropicale, la rafflesia, una pianta che cresce a pelo del terreno. Amorphophallus: pianta monocarpica , forma il frutto e solo una volta nella sua vita, una volta formato il frutto si chiude e muore. Un’altra pianta monocarpica è l’agave. La foglia è generata quando germina il seme, fa tanta fotosintesi, accumula tanto materiale sottoterra in un tubero, dopodiché muore la foglia, cade, e la gemma infiorescenziale sfrutta le sostanze di riserva. Ha un ciclo molto particolare. Pianta scoperta da Beccari. Altre infiorescenze come ad esempio il corimbo, corimbo composto, spiga, fascicolo e poi c'è la famiglie delle ombrelline, gli ombrelli possono essere di 2 tipi: determinati che si fermano con il fiore e indeterminati con crescita indefinita fiore. 25 Nelle ultime 2 immagini nella foto sopra vediamo come i fiori più grossi sono quelli più vecchi, nell'ombrello indeterminato si passa da quelli più vecchi laterali a quelli più giovani centrali, in quello determinato è il contrario. Altre infiorescenze: 26 -Hypantodium: è il fico; -Ciazio: tipico delle eufoglie i fiori maschili sono ridotti ai singoli stami, mentre quelle femminili sono più pronunciate e poi ci sono delle bratte, troviamo anche i nettari e i fiori femminili; -Spighe delle graminacee infiorescenza più semplice delle graminacee; -Amento o gattino sono tutti fiori maschili tipici delle quercie, quelli femminili sono molto piccoli sono ascellari, i fiori maschili penzolano perchè l'impollinazione avviene grazie al vento, gli amenti vengono prodotti prima che si sviluppa la chioma dell'albero, così avviene l'impollinazione prima. Il fico è un infiorescenza che dà origine ad una infruttescenza, all'interno ci sono tutti i semi, la pianta del fico è molto studiata è poco conosciuta è estremamente complessa, hanno anche una valenza notevole, il fico in realtà è di origine tropicale. Infiorescenza complessa o anche detta secondaria ad es: corimbo di capolini, racemo di spighe, ombrelle coperte, tirso ecc.. Un'infiorescenza scorpioide ce l’ha il "non ti scordar di me". Un fiore solitario invece è il tulipano. 27 Tipologie di FORME dei fiori: Possono essere tubulari, a trombetta, a campana, cruciforme es famiglia cavolo, ulceolata tipico delle pere. (Il soffione non è più un fiore, quello che soffiamo via è il residuo del calice, il frutto sta alla base delle pianta, il fiore ormai non c'è più, il fiore giallo dente di leone sono capolini) 28 Sterlizia è un infiorescenza come ad es. è la mimosa sono piante dove la morfologia fiorale è evoluta in base all' impollinatore, in alcuni casi possono raggiungere l'altezza di 6m e si aprono solo durante la notte, di giorno è chiuso. Apiacea la troviamo nei climi caldi. Rubiacea da noi colore verde e li troviamo solo in forma di erba ai tropici invece colore rosso e può raggiungere altezza di svariati metri. Marcgraviacee tipiche dei tropici, amazzonica e America centrale. 29 PAPILIONACEE Forma papilIonacea di una sottofamiglia delle leguminose, notiamo già le 3 sottofamiglie: - Mimoside, cioè le mimose, il pallino giallo che vediamo non è un fiore singolo, ma sono capolini, i fiori sono sono tutti a simmetria radiale; - Cassia o cisalpina: i pezzi fiorali sono 5, nella mimosa sono uniti, mentre quì sono separati, in particoalre si parla di vessilo, ali (2) e carene(2) questi sono i nomi dei 5 pezzi fiorali. - Glicine che dà la soia è la 3 sottofamiglia, il fiore è singolo simile alla cassia ma i rapporti che ci sono tra le ali e il vessillo sono diversi e quindi si parla di una famiglia diversa. In una stessa famiglia posso trovare fiori con simmetrie diverse ma i pezzi fiorali sono sempre gli stessi, il rapporto con l'ovario è sempre lo stesso e anche il tipo di frutto è lo stesso. Le 3 sottofamiglie possono essere anche elevate a famiglie ma è puramente una scelta sistematica Rosa del Venezuela: 30 Heliconia o Melastomacee esemplare raccolto dal Baldini: trovata a Kuna Yala 90cm, è stata essiccata non sono singolo fiori quelli arancioni perché ognuno all'in terno ha più fiori, inoltre ha foglie molto grandi tipo quelli del banano. Il fiore è composto da: - perianzio - gineceo - androceo 31 SESSUALITA’: Esistono fiori ermafroditi; se androceo e gineceo si trovano contemporaneamente nella stessa struttura e sono l’uno accanto all’altro, ci possono essere fiori dotati solo di androceo (bisessuali; staminiferi), oppure pistilliferi se provvisti di un solo gineceo). ANDROCEO: E’ costituito dagli stami; uno stame è composto da: - un filamento: foglia modificata. - l’antera: costituita dai microsporangi (cellule madri del polline); strutture che si fondono due a due formando così due teche, ciò avverrà quando all’interno di queste strutture si saranno sviluppate i granuli pollinici. (cellule madri→ microspore → meiosi→ granuli di pollinici). ANTERA: Come possiamo vedere in figura (A): l’antera è costituita da quattro sacche polliniche, contenenti le cellule madri delle microspore (all’interno di queste quattro sacche avverrà la meiosi), sono circondate da tessuti di nutrimento e protezione, rispettivamente tappeto, endotecio ed esotecio. Nell’immagine accanto (B) vediamo una fase prematura dove le due sacche si sono fuse per formare due teche (l’apertura di queste sacche dipende dalla specie). Vediamo alcuni elementi che compongono l’antera: - endotecio - peritecio - tappeto STADI DI SVILUPPO (ANTERA): Si parte da una massa di cellule indifferenziate (1-2); successivamente si formano quattro aree (sacche polliniche future) nella fase (3), nel quale i tessuti si stanno differenziando; nella fase (4) vediamo una zona esterna (esotecio), una interna (endotecio) e una intermedia e subito sotto troviamo il tappeto o tapetum, mentre all’interno troviamo le cellule madri delle microspore che in seguito a meiosi produrranno i granuli pollinici); nella fase (5) si possono vedere le sacche polliniche contenenti i granuli pollinici che si stanno formando e si vedono anche l’endotecio, il peritecio e il tappeto; l’ultima fase (6-7) le due sacche si sono fuse e formano la teca che si aprirà e il polline verrà liberato a seconda della modalità d’impollinazione (poiché ne esistono di vari tipi). 32 33 TAPPETO: Può essere di due tipi: la differenza è che uno è secretore e l’altro ameboide (secretore: strato di cellule che secernono delle sostanze che andranno a prendere parte della parete dei granuli pollinici, ameboidi: talvolta si presentano come una massa non cellularizzata; la trasmissione delle sostanze è più pervasiva e ha la stessa funzione di quello escretore ovvero le sostante sono sempre le stesse; polisaccaridi, carotenoidi..). Per quanto riguarda le sostanze prodotte c’è una componente proteica che si andrà a intrappolare nello scheletro del granulo pollinico (la parte esterna della sua parete); tali sostanze sono importanti per il riconoscimento biochimico di accettazione o non accettazione del polline. Queste sostanze proteiche sono anche la causa delle allergie al polline (idratandosi, nella mucosa nasale, il polline riattiva il suo metabolismo e vengono liberate le sostanze proteiche considerate come estranei dal nostro corpo). Le piante anemofile (ex.Graminaceae) hanno un enorme produzione di polline che è in grado di essere trasportato dal vento (eccezione: Orchidaceae). All’interno del polline c’è un microgametofito maschile; nel caso delle Angiosperme presenta solo tre nuclei (un nucleo del tubetto pollinico e due nuclei spematici). Quando il polline è maturo ha sempre tre nuclei, però ci sono dei casi in cui può essere binucleato (quando viene rilasciato); diventerà trinucleato in una fase successiva cioè nel momento in cui il tubetto pollinico sarà prodotto. 34 In questa immagine vediamo la cellula madre che va in meiosi; si formano le 4 microspore, durante questo processo il tappeto produce altre sostanze tra cui un polisaccaride (callosio; precursore dell’esina) che ingloba le 4 microspore formate. Un granulo pollinico è binucleato, ma diventa trinucleato quando emette il tubetto pollinico, qui verranno veicolati i due nuclei spermazi nell’ovulo. All’interno dei granuli pollinici troviamo, oltre hai due nuclei spermatici e quello vegetativo, organuli (mitocondri..ecc) che sono importanti perché devono produrre microproteine che serviranno alla costruzione del polline definitivo. L’immagine a destra ci fa vedere la parete del granulo pollinico; sono formate da trabecole cioè zone dove si andranno a intrappolare le sostanze di riconoscimento e anche altre sostanze che fanno parte del granulo pollinico. L’impollinazione è importante per capire la struttura dei fiori delle Angiosperme. GRANULI DI POLLINE: Presentano dei pori e colti (cesure longitudinali), nell’immagine a destra potete vedere tutte le loro possibili combinazioni. Sono tutte discontinuità della parete che potrebbero essere utilizzate da un tubetto pollinico. Queste strutturazioni sono legate anche al tipo di impollinazione. Abbiamo uno strato basale (intina), la parte più esterna si chiama esina, a sua volta divisa in: nexina e sexina. Fino alla nexina ho pluristrati di pluri sostanze; microproteine, carotenoidi.., se prendiamo la sexina, questa può essere dotata da spazi alternati (più complessa). Le sostanze ci depositano nella parte più bassa della sexina. L’aspetto esterno della sexina si deve al fatto che spesso è composta da estroflessioni bastoncellari, disposte radialmente sopra la nexina e che prendono il nome di columellae, che, come colonnine, sorreggono un tectum che può essere perforato o sculturato. Se il tectum è completo il granulo è tectato, o semitectato se ha delle interruzioni, oppure può essere intectato se il tectum è assente. I gruppi sistematici hanno tipi pollinici diversi. 35 GINECEO: E’ formato da: ovario, stilo e stigma. E’ costituito dai carpelli (foglie/macrosporofilli); può esserci un solo carpello che forma un pistillo oppure più carpelli fusi tra di loro. Siccome abbiamo nel pistillo l’ovario che si trasformerà in un frutto; avremo dei frutti che saranno monocarpellari o pluricarpellari (se gli ovari, da cui derivano, sono monocarpellari o pluricarpellari). L’OVARIO: Al suo interno contiene gli ovuli, se abbiamo un ovario con un solo ovulo; l’ovulo diventerà un solo seme invece l’ovario diventerà un frutto monospermato (esempio Graminaceae). Ogni ovulo avrà un suo polo micropilare perché sarà lì che il tubetto pollinico andrà a finire per poter realizzare la fecondazione. Gli ovuli posso avere delle posizioni diverse; possono essere ripiegati su sè stessi, oppure possono essere verticali (a seconda dei gruppi sistematici). Il funicolo fa parte della placenta; parte istologicamente importante che porta il nutrimento ai singoli ovuli, poichè dentro ci sarà il gametofito femminile. 36 Osserviamo quest’immagine: la parte in alto, poi subito sotto in sezione quello che avviene nella parte sovrastante. Questo è lo sviluppo di un ovulo. Si sviluppa piano piano e comincia ad assumere la sua posizione più o meno definitiva. All’interno chiaramente avremo la cellula madre della macrospora. La macrospora naturalmente va in meiosi, infatti avremo 4 prodotti meiotici. Di questi quattro, tre degenerano, ne rimane uno solo. Questa serie di divisioni mitotiche ci darà il gametofito femminile finale, che in questo caso sarà di tipo polygonum (il cosiddetto standard) che è costituito da 7 cellule e 8 nuclei. Nel mentre, in tutta questa morfogenesi, si sono differenziati anche 2 tegumenti, non uno, che non unendosi vanno a formare i picòli. Oltre al gametofito femminile, che è rivestito da 2 tegumenti, ottengo anche la nocella, possiamo vedere tutto ciò di cui si è parlato prima, ma ridotto ad un numero di cellule minori e soprattutto ad un solo tegumento, sennò non si chiamerebbero angiosperme (angiosperma = seme rivestito, non è nudo). Qui invece vediamo due modi diversi in cui può presentarsi la nocella, ma con la stessa funzione: ci può essere la nocella fatta da un solo strato o divisa in due strati (+ protettiva). Questo dipende, da un punto di vista ontogenetico, da dove arriva dal passato (discorso che riguarda l’evoluzione). Guardiamo meglio il modello standard. Possiamo vedere il polo micropilare e il polo opposto, chiamato polo antipodale, nel quale si possono trovare (o no) delle cellule aploidi di origine materna, che possono variare da 3 o dal non 1 esserci. Poi vediamo il doppio tegumento, la nucella e il gametofito. Attenzione: nei tegumenti cellulari bisogna fare delle distinzioni, poiché al polo micropilare si ha la cellula uovo più altre due cellule, chiamate sinergidi (sinergia = lavorare insieme). In totale quindi sono 3 cellule. Infine abbiamo questo apparato filiforme di cui parleremo tra poco. Poi all’opposto (in questo caso, in cui siamo nel modello standard), troviamo 3 cellule antipodali, cioè sono agli antipodi (dalla parte opposta). Al centro si trova un cellula bi- nucleata. Contando abbiamo 7 cellule, ma 8 nuclei, perché appunto la cellula centrale ne contiene 2. Questo è il gametofito femminile di un agiosperma, il quale si può trovare con la denominazione di sacco embrionale. APPARATO FILIFORME: L’apparato filiforme è un apparato fatto sostanzialmente di strutture citoplasmatiche, nelle quali troviamo flussi citoplasmatici molto intensi, perché quando il tubetto pollinico arriva in corrispondenza del polo micropilare, deve sganciarci due nuclei spermatici, poiché uno andrà alla cellula uovo (zigote funzionale), mentre l’altro andrà a fondersi con la cellula centrale, la quale essendo già bi-nucleata, diventerà tri-nucleata, che poi inizierà a dividersi e a formare l’endosperma secondario. (In questo schema, se si vuole essere pignoli, un accenno di endosperma c’è, poiché abbiamo le 3 cellule antipodali, che derivano dalla parte materna. Quelle 3 cellule antipodali (aploidi), si andranno a fondere insieme a tutte le altre cellule triploidi, che io avrò in seguito alla doppia fecondazione. Un residuo in questo caso c’è, ma l’endosperma funzionale sarà comunque secondario.) Tornando all’apparato filiforme, l’azione di sganciare i due nuclei spermatici da parte del tubetto pollinico, non è un azione così semplice, per cui c’è bisogno d’aiuto. Quest’aiuto gli viene dato dalle sinergidi, le quali iniziano, al loro interno, un fenomeno di ciclosi cellulare, cioè di flussi di citoplasma diretti verso il tubetto pollinico, che lo tirano verso l’interno del sacco embrionale. L’apparato filiforme fa parte di questo sistema di strutture e funzioni. 2 La cellula uovo si distingue molto bene rispetto alla cellula bi-nucleata centrale, poiché è molto più grande, e da un punto di vista genomico è completamente diversa. La base enzimatica che genera e soprattutto rigenera la cellula uovo è completamente diversa dalla cellula bi- nucleata. Questo serve a sviare l’affermazione che ci possano essere due zigoti, la quale sorge spontaneamente, alla quale si può rispondere che: sì ci sono due zigoti, ma uno è funzionale mentre l’altro no. Ci sono tanti altri modelli oltre quello standard, ma il polygonum, è il cosidetto normale. Guardando, per esempio, il tipo Penea, possiamo notare come la cellula bi- nucleata del modello standard, qui sia tetra-nucleata, divenendo quindi penta-nucleata dopo la doppia fecondazione, con il risultato di un endosperma ancora più caotico. Un altro caso è l’Allium, il quale più o meno ripercorre il modello standard. Un caso estremo lo possiamo avere nel caso di certe angiosperme basali. altra immagine Qui abbiamo la Nuphar (la ninfea), in cui non vediamo gli antipodali, e abbiamo una cellula mono-nucleata. Quindi dopo che sarà avvenuta la doppia fecondazione, l’endosperma sarà diploide, non triploide. Amborella, paradossalmente è l’angiosperma più primitiva, è molto simile al modello standard, solo che qui abbiamo 3 sinergidi e non 2. Qui il tubetto pollinico per entrare ci mette molto più tempo, per questo servirà un intervento ancora più sinergico da parte del gametofito femminile. Per il resto è lo stesso meccanismo. 3 4 Qui ci fa vedere il tubetto pollinico che arriva, la cellula ovarica, le due sinergidi, lo sperma che prendendo due direzioni diverse causa la doppia fecondazione, e gli antipodali. Lo zigote funzionale inizia a dividersi, diventando un embrione. Un embrione che sarà immerso in un endosperma formato dalle divisioni multiple di questa cellula diploide, che avrà inglobato gli antipodali già presenti. Infine abbiamo l’ovulo che si trasforma in seme e contemporaneamente l’ovario si trasforma in fiore. Facciamo un confronto di quello che avveniva nelle gimnosperme, ad esempio nel pino, e quello che avviene nelle ninfee, e quindi appunto nel modello standard. Innanzitutto per quanto riguarda le gimnosperme: conifere, pinacee: avremo un endosperma primario, archegoni (elemento che non c’è più da tempo). Il risultato a seguito dell’impollinazione, fecondazione, sarà un macrogametofito aploide, tutto a carico dalla parte materna. Mentre nel caso della ninfea, ovvero ci troviamo già nelle angiosperme, avendo la doppia fecondazione, con le due sinergidi e la cellula centrale solo aploide, il risultato sarà un embrione diploide (come precedentemente), ma l’endosperma, che in questo caso sarà secondario, non sarà aploide, ma sarà diploide, più ricco. Nel modello standard, dove abbiamo 7 cellule con 8 nuclei, il risultato sarà un endosperma triploide. Pur avendo un endosperma secondario possiamo notare che l’apporto materno è di gran lunga maggiore rispetto a quello paterno, poiché due nuclei sono di origine materna mentre solo uno di origine paterna. La posizione classica (prima figura) piegata verso il basso, con il polo micropilare rivolto verso il basso, prende il nome di anatopo, una delle posizioni più diffuse. Come altro esempio possiamo poi vedere l’anacampylotropo, la un po’ più spostata. Anche questi dati morfologici sono importanti, poiché la precipitazione e l’orientamento degli ovuli sono importanti per la descrizione delle famiglie (non a livello di specie). 5 INTERAZIONE POLLINE - STIGMA Abbiamo visto, bene o male, come è fatto, come si presenta, il polline. Stesa cosa vale per il gametofito. A questo punto è importante riprendere queste due parti e collegarle tra loro, ovvero vedere quali sono gli eventi che si scatenano nel momento in cui un granulo pollinico arriva su uno stigma. In questa grafica troviamo il nostro granulo pollinico che atterra (tralasciando il come). Cos’è la prima cosa che accade? Lo stigma si presenta sempre abbastanza umido, quindi il polline, venendo a contatto con l’umidità dello stigma, si idrata e cambia forma, aumentando di dimensione (l’acqua è un catalizzatore straordinario da un punto di vista biochimico). L’acqua attiva il metabolismo, il quale si era reso statico durante il trasporto, poiché il polline attraversa l’aria, un ambiente ostile. Quindi il metabolismo viene riattivato tramite l’idratazione ed è a questo livello che avviene il primo riconoscimento meccanico da parte dello stigma. Se il polline viene accettato, il tubetto pollinico viene emesso. Quindi i granuli di polline atterrano sulla superficie dello stigma papillato dove si idratano, e dopo essere stati riconosciuti e accettati, germinano producendo il tubetto pollinico. A questo punto avremo l’incontro tra la zona micropilare e lo scarico dei due nuclei spermatici. Struttura stigma: Abbiamo un epidermide, una zona vascolare, uno strato di cellule che presenta una struttura composta da una serie di tanti piccoli corpi. Questa struttura avrà un ruolo importante nel momento del primo riconoscimento meccanico nei confronti del polline. In sezione vediamo molto bene la superficie dell’epidermide, l’essudato stigmatico, il quale è praticamente una “pappetta”, un liquido, prodotto ovviamente dall’epidermide. Poi sotto abbiamo una zona di secrezione, responsabile dell’essudato. Il tutto forma una zona espansa che troviamo sulla cima, che prende il nome di papilla stigmatica, la quale varia a seconda dei casi. La cosa interessante è che il tutto convoglia in un tessuto trasmittente: trasmittente 6 perché quella è una delle linee prioritarie in cui si infileranno i tubetti pollinici, per poi penetrare lo stilo (se c’è) ed arrivare infine all’ovario sottostante. Non esiste un solo tipo di stigma, ad esempio in questa immagine al SEM vediamo la complessità di queste papille stigmatiche. Ad esempio, vediamo che qui i pollini si sono appoggiati sopra queste papille stigmatiche che appaiono filiformi. Ed è qui che avviene la prima fase di riconoscimento. Il tipo di stigma varia a seconda dei gruppi sistematici o a seconda delle modalità di impollinazione. In quest’altra immagine vediamo il tubetto pollinico che viene emesso sulle papille stigmatiche. Nota storica: chi ha scoperto il tubetto pollinico? Giovan Battista Amici (1786-1863), nato a Modena, morto a Firenze. Giovan Battista, studiando lo zucchino, fiore maschile e fiore femminile, con il microscopio riuscì a seguire il percorso di questa strana struttoura che veniva emessa da questi granulini. Poi lo fece rappresentare da Calamai in un modello cero plastico. Percorso del tubetto pollinico Il percorso del tubetto pollinico può essere diritto se viene utilizzato il tessuto trasmittente, però può seguire anche altri percorsi. Può prendere la via più difficile, ovvero prendere la via del tendine che sta di fianco al tessuto trasmittente, oppure può intraprendere un percorso infra cellulare o inter cellulare. Dipendentemente dal percorso che prenderà, varierà il tempo che ci mette per arrivare a destinazione. La ragione di questo cambiamento sta nei processi di selezione del polline. Poiché non è sufficiente che il polline venga accettato con il caricamento in cima allo stigma. Anche durante l’immissione del tubetto, il polline viene sottoposto a degli esami di riconoscimento o di scarto, da parte della pianta. Quindi la dinamica può essere molto più complessa del previsto. Una volta che arriva al polo micropilare, scarica, e le due sinergidi iniziano il processo di ciclosi citoplasmatica, dirigendosi verso l’alto e attirando il tubetto pollinico all’interno. Una volta avvenuta la fecondazione della cellula uovo, le sinergidi si esauriscono e scompaiono, e il loro materiale viene interamente riassorbito dall’endosperma secondario che si sta formando. L’endosperma secondario è un mare di sostanze (tutto viene riutilizzato in funzione dell’embrione che si sta formando). 7 Embrione che naturalmente crescerà. Avverranno una serie di mitosi, che cominciano subito a differenziarsi nelle varie zone. Quindi si differenzierà progressivamente il cosiddetto 8 sospensorio, la cellula basale, che rimarrà in sospensione, ovvero la parte che sospende la parte embrionale più ricca, più importante in cui si formeranno i cotiledoni, ovvero le prime foglioline che si formeranno quando il seme sarà germinato. Il risultato finale è: i 2 cotiledoni, l’apice del germoglio futuro e l’apice della radichetta futura. La parte della cellula basale e quel che rimane del sospensorio degenereranno una volta che il seme sarà germinato. Sistemi riproduttivi In questo schema vediamo una parte riguardante la riproduzione sessuata e una parte riguardante la riproduzione asessuata. Nell’ambito dei sistemi di riproduzione sessuata troviamo: i sistemi sessuati in senso stretto; la riproduzione sessuata legata ai sistemi fiorali, cioè ai tipi di fiori e a come si presentano, come sono distribuiti nella pianta; sistemi di riconoscimento di tipo biochimico/genetico, ovvero sistemi di incompatibilità; Gametofiti, Sporofiti; ritardo dell’accettazione; Autogamia, Gametogamia, Xenogamia. Per quanto riguarda i sistemi asessuati ne vediamo di vario tipo, alcuni dei quali li abbiamo già esaminati. Lezione del 13/03/2023 I sistemi riproduttivi: Sessuali che si dividono in sistemi fiorali, sistemi di incompatibilità, i sistemi di fecondazione. Asessuali che comprende l’apomissia dove si possono trovare diverse possibilità di strategie. Nelle angiosperme è presente una complessità dei sistemi riproduttivi che sono molteplici e che addirittura si possono presentare in più tipi nello stesso genere, e queste strategie sono dovute a più fattori come per esempio il tipo di impollinazione o lo stress ambientale. Le angiosperme hanno questa capacità di flessibilità riproduttiva. I fiori possono anche essere solo staminati cioè che presentano solo gli stami, oppure solo gli stilli quindi i pistillati; queste situazioni si possono combinare tra di loro nella stessa pianta avendo delle infiorescenze. Nei fiori è presente la cosessualità, i fiori sono tutti uguali e ciascuno è dotato di un androceo e un gineceo. 9 Esistono fiori che possiedono un androceo e un gineceo ma nella stessa pianta, addirittura nella stessa infiorescenza, ci sono fiori che sono solo maschili o solo femminili; esistono casi ancora più complessi dove c’è un’alternanza di fiori perfetti con androceo e gineceo con fiori a loro volta staminati e pistillati. I fiori non maturano tutti nello stesso momento, c’è una dislocazione temporale; tutte queste strategie mirano a evitare l'auto-incrocio. Sono frequenti anche nella flora europea, come ad esempio ci sono dei frassini in cui sono presenti fiori completi e fiori solo maschili o femminili. I rapporti tra stami e pistilli può variare perché ci sono piante che hanno pistilli più lunghi degli stami e viceversa ciò è dovuto dai rapporti con l’impollinatore, quindi all’impollinazione. In altri casi ci sono fiori in cui lo stilo ha diversa posizione dagli stami. Ci sono casi in cui in un’infiorescenza sono presenti più fiori, quindi sono lo stesso individuo, e il polline dell’ultimo fiore va a finire sul un altro fiore dello stesso individuo, questa è una forma di autogamia e viene chiamata geitonogamia. Questo è l’esempio dell’autoimpollinazione tipica m cioè lo stesso fiore che si impollina. L’esoincrocio è quando il polline da un fiore va a finire da un altro fiore ma sono di individui diversi. Il polline quando arriva sullo stigma si idrata, riattiva il suo metabolismo, se è necessario completa la sua maturazione interna ma deve essere riconosciuto e la pianta quindi può accettarlo o no. Un primo tipo di esame che deve superare è il riconoscimento sterico, dovuto alla combinazione sterica tra il polline e le papille stigmatiche (riconoscimento meccanico); questo non è sufficiente perché anche se viene accettato meccanicamente quel polline non è proprio da accettare e a questo pensano altri sistemi successivi. Nel caso dell’auto-incompatibilità gametofitica è l’incompatibilità al proprio polline, per evitare l’auto-incrocio. La selezione dipende della presenza o assenza di certi alleli che sono relativi a dei geni che producono delle proteine di riconoscimento. 10 ll meccanismo di autoincompatibilità gametofitica. La pianta di genotipo S1S2 produce granuli di polline con alleli S1 o S2, i quali, essendo identici agli alleli S presenti nel stigma, non possono germinare (sinistra.). Se sopra lo stigma di una pianta S1S2 arrivano granuli di polline di una pianta con genotipo S1S3, il 50% degli stessi (quelli con l'allele S3) potranno germinare ed effettuare l'impollinazione, l'incompatibilità si dice parziale (centro). Se sopra gli stigmi della pianta di genotipo S1S2, finalmente, approdano granuli di polline di altra pianta con genotipo S3S4, la totalità dei granuli di polline potranno germinare poiché non vi è identità tra gli alleli S dei granuli di polline e dello stigma (destra). Tutto questo per evitare l’autoimpollinazione. L’altro sistema è quello dell’auto-incompatibilità sporofitica. I pistilli della pianta di genotipo S1S2 sono pollinizzati con tre granuli di polline, due di essi di genotipo S3 e il terzo di genotipo S1. La differenza fra i due granuli di polline con genotipo S3 è che furono prodotti da due piante differenti, una di genotipo S1S3, l'altra di genotipo S3S4. Solamente possono germinare negli stigmi, allungarsi negli stili ed effettuare la fecondazione quei grani di polline che provengono da una pianta che non possiede alleli in comune con il pistillo. Siccome la reazione di incompatibilità dipende dal genotipo dello sporofito che origina i granuli di polline e non dal genotipo dei propri granuli di polline, la reazione si denomina «sporofitica». Le piante evitano l’autoimpollinazione/autofecondazione, però ci sono delle piante in cui l’eso- incrocio è obbligato e quindi sono molto più selettive. Eso-incrocio obbligato: Auto-incompatibilita’ (genetica); gametofitica e sporofitica Auto-incompatibilita’ (temporale) quando una pianta produce polline prima che siano recettivi i pistilli. La Protero-andria (es. Asteraceae, Ranunculaceae), matura prima il polline rispetto al pistillo mentre la Protero-ginia (es. Euphorbiaceae, Araceae) rende più recettivi i pistilli rispetto agli stami. 11 Auto-incompatibilita’ (meccanica) Per dare contro all’estinzione esiste l’inincrocio/compatibilità: Inincrocio (obbligato/non obbligato) auto-compatibilità Compatibilità/ autogamia Compatibilità/ cleistogamia (es. tarassaco, rose) vuol dire gamia chiusa, sono piante che formano fiori normali con una novità, questi fiori anche se si formano non si aprono mai il che vuol dire che producono polline e pistilli funzionali, ma il polline viene ricevuto dalla pianta stessa; si parla di cripto-specie, specie difficili da riconoscere dal punto di vista botanico. Impollinazione L’impollinazione consiste nel trasporto dal gametofito maschile (corrispondente al granulo di polline) dalle antere in cui è stato prodotto fino allo stigma del pistillo adatto. I granuli di polline giunti sullo stigma si arrestano e germinano, emettono cioè il tubetto pollinico che serve a trasportare i gameti maschili attraverso lo stilo fino al sacco embrionale. L’impollinazione non va confusa con la fecondazione in quanto il polline non è un gamete, ma un microgametofito (gametofito maschile) e non viene mai in diretto contatto con l’ovocellula. Si parla di autoimpollinazione quando, in un fiore ermafrodita, il polline è trasportato dagli stami al pistillo del medesimo fiore o tra fiori appartenenti allo stesso individuo. Si parla invece di impollinazione incrociata quando l’impollinazione avviene fra fiori di individui differenti della medesima specie. A seconda del vettore usato per il trasporto del polline si riconoscono diverse modalità di impollinazione. Sindrome da zoofilia: riguarda l’impollinazione zoofila, che riguarda un’animale. Tipi di fiore: fiori bisessuali, ermafroditi angiospermia molto forti, quindi fiori ben formati i bocci sono cospicui, colorati e profumati viene offerto del cibo superficie del polline è molto elaborata ed abbondante di pollenkitt (la sostanza che elabora la parete esterna del polline) Sindrome da anemofilia: non riguarda gli animali ma di vento e spostamento d’aria: i fiori sono inconspicui non emettono grossi profumi i fiori sono sotto forma di infiorescenze il polline ha pochissimo pollenkitt la superficie del polline è liscia gli stigmi sono molto esposti non c’è offerta di cibo i frutti sono monospermatici Sindrome da idrofilia, riguarda le angiosperme acquatiche: fiori cospicui molto presenti tessuti molto specializzati parete del polline sottile 12 stigmi filamentosi produzione di 1/pochi ovuli Nell’impollinazione anemofila il trasporto dei granuli di polline è affidato al vento come nel caso delle Conifere, di buona parte di Angiosperme arboree fra cui Fagacee (querce, faggi, castagni), Salicacee (pioppi e salici), Betulacee (betulle, carpini, ontani, noccioli) e in tutte le Graminacee. Le piante con tale sistema hanno fiori poco appariscenti, essendo spesso privi di perianzio, e poco o per niente profumati. Il polline è in genere leggerissimo e prodotto in grandi quantità. In molte piante arboree l’impollinazione precede l’emissione delle nuove foglie in quanto quest’ultime potrebbero ostacolare la dispersione del polline stesso. I fiori impollinati dal vento hanno generalmente stami ben esposti da cui il polline può essere facilmente catturato. In alcuni di essi le antere pendono da lunghi filamenti sporgenti liberamente dal fiore e gli stigmi sono grandi e sporgenti, filamentosi o piumosi, particolarmente adatti per intercettare i granuli. La maggior parte delle piante anemofile possiede ovari con un solo ovulo (e quindi frutti con un solo seme, samare, drupe,cariossidi, noci, acheni, ecc). Ambifilia quando una pianta adotta in modo opportunistico sia zoofila che anemofila. 13 Nell’impollinazione zoofila il vettore del polline è rappresentato da animali (pronubi), sia che si tratti di piccoli uccelli (impollinazione ornitofila), di chiocciole (impollinazione malacofila), di pipistrelli (chirottofila) sia che si tratti più comunemente di insetti (impollinazione entomofila) soprattutto api (imenotteri), farfalle (lepidotteri) ma anche mosche (ditteri) e coleotteri. In genere il polline delle piante zoofile ha notevoli dimensioni e la superficie esterna è quasi sempre scolpita e appiccicosa, in modo da facilitare l’adesione al corpo o ai peli degli insetti pronubi. Al contrario delle anemofile, le zoofile producono una quantità di polline limitata, essendo l’impollinazione più mirata; il fiore presenta dei dispositivi diretti ad attirare l’impollinatore. I pronubi visitano il fiore allo scopo di trovare nutrimento per sé (farfalle) o per le larve (api), svolgendo in tal modo la funzione di vettori di polline. Molte piante sono visitate da molti insetti, mentre altre da un solo tipo di insetti. Es. fiore di Magnolia, angiosperma, arborea e molto primitiva con ape che si dirige sui nettari sotto gli stami. 14 Sono tutte infiorescenze colorate e vistose, ma quello che conta, oltre all’attrazione del colore e l’odore, sono le forme, cioè la piattaforma di atterraggio dell’insetto ed è stato sperimentalmente accertato. La lavanda (2b) ha un pennacchio che è fatto di fiori sterili, non servono a nulla dal punto di vista riproduttivo ma servono dal punto di vista attrattivo, quelli più in basso sono fiori fertili che sono raggruppati in una struttura che potremmo rapportare ad una spiga composta. Questa è un ombrella composta tutta bianca quindi dal punto di vista cromatico non è il massimo ma in mezzo ci sono dei fiori sterili modificati che cambiano colore, diventano neri, crescono solo al centro creando una macchia che fa contrasto e permette all’insetto di andarci sopra. 15 Sono importanti anche i disegni perché l’insetto gli percepisce