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Antonella di Sotto

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farmacognosia biotecnologie farmacognostiche piante medicinali farmacologia

Summary

These lecture notes cover farmacognosia, describing natural products used in pharmaceuticals. It discusses the difference between farmacognosia and farmacologia, ancient knowledge like the theory of signatures, and modern approaches to beneficial plant extracts. The summary also includes a brief mention of nutraceuticals and their relationship to medicinal plants.

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Lezione 1 Biotecnologie Farmacognostiche -Antonella di Sotto FARMACOGNOSIA= prodotti medicinali di...

Lezione 1 Biotecnologie Farmacognostiche -Antonella di Sotto FARMACOGNOSIA= prodotti medicinali di origine naturale che vengono utilizzati in ambito farmaceutico La prof. dice di non fermarsi alle sole slide. La prof. chiede come facciamo una ricerca bibliografica, esempio sulla malva. Possiamo usare vari database come Pubmed, ma anche google scholar. Per quanto riguarda l’esame: la prof dice di cercare di sostenere i due moduli nello stesso appello o in appelli vicini tra loro. L’esame è orale, ma a fine corso e solo a fine corso viene svolta una prova scritta in 5 domande dove ogni domanda è articolata in una parte a risposta multipla e una parte a risposta aperta, dove la risposta aperta vale da 0 a 1,5 e la risposta multipla vale 0,5. Questo scritto non è obbligatorio, e per chi lo vuole sostenere generalmente si fa a Giugno a fine lezioni, non sostituisce l’orale, ma è una base per l’orale e solo per l’appello di Giugno. Per chi decidesse di sostenere lo scritto a giugno e solo a giugno, può anche decidere di non sostenere l’orale, ma di tenere il voto dello scritto (VALE SOLO PER GIUGNO!!). Differenza tra FARMACOGNOSIA e FARMACOLOGIA: FARMACOGNOSIA termine composto dalle parole FARMACO e GNOSIA (conoscenza), mentre FARMACOLOGIA è data da FARMACO e LOGIA (logos =discorso) e per i Greci presupponeva un ragionamento, un aspetto razionale. La parola farmaco la troviamo sia in farmacognosia che in farmacologia. Quando viene introdotto il concetto di farmacologia il concetto di farmacognosia già esisteva perché la farmacognosia è la prima fase in cui l’uomo entra in contatto con prodotti che gli danno la percezione di poter essere utilizzati come farmaci, di poter aver un impatto sul proprio stato di salute. Si arriva alla farmacologia perché l’uomo è arrivato in una fase razionale, di conoscenza tale da poterlo controllare in tutti i suoi aspetti, quindi diventa logos, ovvero, uno studio razionale del medicinale. La teoria della segnatura è un'antica forma di conoscenza che studia l'aspetto, o appunto il “segno”, con cui ogni elemento naturale, che sia animale, vegetale o minerale, si presenta, svelando per analogia la sua funzione terapeutica delle parti del corpo più simili ad esso. Es. il cervello e la noce hanno una certa somiglianza e secondo la teoria della segnatura le noci hanno benefici sul cervello grazie alla presenza di acidi grassi essenziali. Es. iperico perforatum viene così chiamato perché sulle sue foglie sono presenti una sorta di “bolle” che contengono degli oli essenziali e proprio per la somiglianza con alcune patologie dermatologiche questa pianta è stata associata a patologie cutanee. LEZIONE 2 BIOTECNOLOGIE FARMACOGNOSTICHE (11-03-24) Qual è il meccanismo attraverso il quale la pianta Nepeta cataria induce effetti ricreativi nel gatto? A livello metabolico viene prodotto il nepetalactolo (un precursore del nepetalactone) che attiva i recettori del sistema oppioide e favorisce il rilascio di endorfine determinando una sensazione di benessere. Dall’esperienza empirica l’uomo a un certo punto inizia ad avere necessità di dare un senso all’ambiente che si ritrova a sperimentare. Le prime interpretazioni che l’uomo dà dei benefici o degli effetti tossici delle piante medicinali erano legate alla presenza di esseri superiori. A un certo punto l’uomo va alla ricerca di rimedi tramite il riconoscimento visivo e da qui nasce la teoria della segnatura, cioè l’uomo va alla ricerca di segni visibili nella pianta. Questo ha portato anche ad identificare delle piante come possibili rimedi per patologie. Hepatica nobilis Mill. non è una specie che è stata oggetto di particolari approfondimenti, quindi ad oggi non possiamo dire se è realmente curativa, ma il suo nome deriva dalla teoria della segnatura. Ci sono invece evidenze scientifiche relative ai benefici sulle funzioni cognitive di supplementi contenenti acidi grassi polinsaturi e la noce è una fonte di queste componenti. 1 L’Iperico si usa a scopo dermatologico per facilitare la rigenerazione cutanea, quindi in caso di ferite (ci sono alcuni studi che dimostrano la base scientifica). Nel corso della storia la pianta medicinale è stata la cura. Quindi quella che noi oggi chiamiamo farmacologia era basata sull’uso di piante medicinali accanto ad altri rimedi. Sebbene ad oggi questi altri prodotti di origine animale e minerale ci diano minori possibilità di ricerca e sviluppo, accompagnano l’interesse notevole per la pianta medicinale. I greci iniziano a parlare di tutto ciò che è medicamento come “pharmakon”, tuttavia per loro il “pharmakon” è un rimedio ma anche un veleno, quindi loro erano consapevoli dei rischi associati a questi prodotti. Per loro i medicamenti erano a base vegetale. La cicuta è una pianta dalla quale è stata ottenuta una bevanda che ha avvelenato Socrate. Ad oggi ci sono tante segnalazioni di reazioni avverse associate ai prodotti a base vegetale che in alcuni casi sono talmente severe da provocare la morte (si parla di epatiti fulminanti). Per molti prodotti si verificano reazioni tossiche ma non siamo sicuri dei meccanismi alla loro base. Ci sono una complessità di fattori che possono concorrere a degli effetti indesiderati. 2 Dioscoride classifica 600 piante. Quindi c’è un interesse crescente notevole ma anche un bisogno di sistematizzare il sapere ed avere chiaro quale prodotto utilizzare. È un approccio un po' più scientifico. Accanto alle piante ci sono sempre rimedi di origine animale e minerale. Nell’era moderna si inizia a pensare al principio attivo: la pianta è sicuramente utile ma si deve andare a cercare il responsabile del beneficio. Questo ragionamento sposta l’interesse verso il composto puro. In questa fase vengono isolate molecole dalla droga vegetale e preparati farmaci a base di molecole pure. Potrebbe sembrare una fase di declino del preparato totale, in realtà attualmente stiamo assistendo ad un trend inverso definito come “il ritorno alla pianta medicinale” perché si è visto che i composti puri, pur avendo un’attività farmacologica più pulita, non sempre sono facili da utilizzare. Definizione di farmacognosia 🡪 Il riconoscimento per noi oggi è la ricerca applicata a questi prodotti naturali (riconoscere dei potenziali benefici). Descrizione significa superare l’esperienza empirica e arrivare alla parte razionale. 3 Qui c’è una definizione alternativa (più recente) della farmacognosia 🡪 “La farmacognosia è lo studio dei prodotti medicinali derivanti dall’ambiente degli organismi viventi e dall’ambiente minerale”. Qual è la difficoltà della farmacognosia? 🡪 sta nella sua natura multi-metodologica: nello studio di un prodotto naturale abbiamo bisogno di basi di botanica, tossicologiche, etnofarmacologiche, zoofarmacognosiche, tecnologiche e farmacologiche perché molti dei prodotti sono difficilmente veicolabili e biodisponibili. 4 Cosa sono i nutraceutici? 🡪 deriva dalla fusione di due parole: nutrizione e farmaceutica. Ad oggi il termine nutraceutico ha inglobato anche i preparati derivanti dalle piante medicinali. Gli alimenti funzionali sono quei prodotti che oltre alla funzione nutrizionale danno anche dei benefici per la salute (es. azione antiossidante o effetti sul metabolismo). Gli estratti possono derivare da piante medicinali o essere dei prodotti di scarto agroalimentare. I prodotti erboristici per definizione sono dei prodotti che possono contenere degli estratti di piante medicinali, ma hanno delle proprietà blande. La fitoterapia invece è una branca della medicina che usa prodotti a base di droghe vegetali. 5 Lezione 3 Di sotto 25/03 Percorso di sviluppo di un PRODOTTO NATURALE e prospettive che può dare una matrice vegetale in ambito farmaceutico. Nell’ambito della farmacognosia il raw material è il materiale grezzo preso dalla natura (dalla pianta) ed è definito come droga vegetale. L’obiettivo è l’ottenimento di un estratto (ottenuto tramite diverse modalità), il quale può essere utilizzato in quanto tale oppure può essere una fonte di fitocomplessi o di costituenti farmacologicamente attivi. L’estratto può essere sottoposto a frazionamento successivo, ad esempio, isolando una frazione che concentra dei costituenti di interesse; tale frazione può essere purificata per ottenere direttamente la molecola. Oppure si può utilizzare l’estratto tal quale. In ambito farmaceutico l’interesse ricade sul drug discovery: - Molecole sviluppate nell’ambito della chimica farmaceutica; - Strutture per emisintesi. Quindi ci può essere un percorso di sviluppo a partire dal composto puro oppure ci possono essere dei prodotti utilizzati in ambito farmaceutico come medicinali vegetali oppure prodotti della salute (es. integratori alimentari). La droga non fa riferimento alle sostanze stupefacenti, ci sono varie definizioni di droga; un tempo il droghiere vendeva le spezie, quindi la droga era la spezia. In farmacognosia la droga è il raw material, cioè quella parte della pianta che ha un interesse farmaceutico e si usa a livello farmacologico. La droga può essere una parte della pianta (foglia, radice, rizoma o corteccia) o la pianta in toto (ad esempio la pianta erbacea): si prelevano le parti epigee, cioè tutto ciò che è al di fuori del terreno o ipogee, cioè quelle che sono all’interno del terreno. Quindi per ogni pianta medicinale di interesse farmaceutiche bisogna definire il nome britannico, la famiglia a cui appartiene ed è importante specificare se si utilizza la pianta in toto o solo la radice o foglie o parti epigee o ipogee. La droga vegetale può essere organizzata o non organizzata. Il livello di organizzazione della droga si definisce in base all’organizzazione cellulare e tissutale. Da un organismo vegetale si può ottenere materiali di interesse farmaceutici diversi. - La droga organizzata ha una sua struttura vegetale definita in tessuti e cellule vegetali. - Le droghe non organizzate non hanno dei tessuti vegetali, quindi non hanno un’organizzazione cellulare, e sono dei prodotti che derivano dal metabolismo della pianta, come sostanze di secrezione che vengono rilasciate all’esterno (escrezione) o accumulate all’interno della pianta [es. latice oppure essudato zuccherino che la pianta emette all’esterno a scopo difensivo (la natura del materiale dipende dalla pianta che lo produce)]. Una stessa pianta può essere attenzionata per scopi diversi: - interesse per l’inflorescenza: es. → la canapa: dall’inflorescenza si può ottenere l’olio essenziale; - oppure si possono utilizzare le fibre, i semi, l’olio di semi, la farina di semi etc… Quindi possono essere utilizzate diverse parti della pianta in ambito industriale, farmaceutico; ciò comporta la necessità di definire la droga e conoscerne le peculiarità perché l’utilizzo di una parte di pianta piuttosto che un altro comporta, oltre che una composizione diversa, un’applicazione specifica ma anche rischi tossico-biologici diversi. “Composizione diversa” non vuol dire soltanto fitocostituenti specifici farmacologicamente attivi, ma fa riferimento anche ad eventuali composti tossici che possono essere presenti in una determinata parte della pianta. Quindi dalla stessa pianta si possono ottenere più droghe di interesse con caratteristiche specifiche diverse. Cosa c’è alla base dell’interesse nei confronti di questi materiali? C’è la loro composizione in FITOCOSTITUENTI: ovvero i costituenti della pianta, i quali possono o no avere un’azione farmaceutica. Quali sono? Sono i metaboliti che la pianta produce per svolgere il proprio ciclo vitale; i metaboliti si distinguono in 2 categorie: 1. metaboliti primari → svolgono per la pianta funzioni di sostegno o funzioni energetiche (anche di deposito di energia): carboidrati, proteine, lipidi; 2. metaboliti secondari → derivano dai metaboliti primari: ci sono vie biosintetiche specifiche che producono tali metaboliti. Solitamente vengono prodotti per mediare l’interazione tra pianta e ambiente; si tratta di un’interazione specifica, ecco perché ci sono costituenti peculiari in ciascuna famiglia di piante e, non solo, ci sono delle differenze interindividuali molto importanti. Piante ottenute dagli stessi semi iniziali messe a crescere sotto stimoli diversi, potrebbero avere fitocostituenti diversi perché sono diversi gli stress ai quali la pianta viene esposta. Questo è il punto cruciale, perché la capacità della pianta di rispondere a stimoli diversi producendo metaboliti diversi da una parte costituisce l’interesse nell’ambito del drug discovery, ma da un altro punto di vista costituisce un limite perché tale variabilità, per poter essere sfruttata in ambito farmaceutico, deve essere controllata. Cosa bisogna sapere di un farmaco quando lo si utilizza? La sua composizione quali-quantitativa: principio attivo ed eccipienti che consentono la somministrazione del principio attivo stesso; La sua azione farmacologica e, soprattutto, l’assenza di effetti tossicologici. L’indice terapeutico (l’intervallo tra la minima concentrazione efficace e la minima concentrazione tossica) è quell’intervallo che permette di variare la dose mantenendo l’efficacia senza ricadere negli effetti tossici (indice terapeutico basso = farmaco poco manipolabile). Per controllare effetto terapeutico e tossicità è importante conoscere il target specifico, previsioni di SAR (per capire il meccanismo molecolare), parametri farmacocinetici………….quindi è possibile controllare la molecola e prevedere quello che la molecola fa una volta introdotta nell’organismo. Quando invece ci si trova davanti a un prodotto naturale è possibile sfruttare diverse sue proprietà; a fronte di ciò però si riesce a controllare meno quello che succede quando tale prodotto viene utilizzato. In particolare, un prodotto naturale: È caratterizzato da una “diversità” di base: il prodotto erboristico (es. tisana) è un prodotto per definizione estremamente diluito e tale diluizione riduce il quantitativo di costituenti e ciò comporta un blando effetto (sia tossico che attivo). Diversa è la situazione per estratti concentrati o estratti arricchiti in costituenti specifici. Questo mondo di prodotti è intrigante ma anche molto complicato, a partire dalla coltivazione della pianta medicinale; tutte le fasi richiedono un’approfondita riflessione e accorgimenti. Quindi è importante identificare la differenza tra preparato totale (=prodotto più complesso che deriva da una matrice vegetale) e un composto puro, ovvero una molecola isolata la quale ha una struttura e una chimica definita. Del COMPOSTO PURO posso prevedere il metabolismo, il meccanismo d’azione, posso studiare le interazioni con le altre molecole, conoscere eventualmente un effetto tossico ed eventuali effetti pleiotropici, inoltre è possibile definire un intervallo terapeutico tra la dose che produce l’effetto farmacologico e la dose che ne determina tossicità. Inoltre, per via della prevedibilità è possibile utilizzare più vie di somministrazione per un composto puro, ad esempio si può ricorrere all’infusione endovenosa; mentre per un estratto vegetale, per la difficoltà di previsione e controllo sull’effetto del prodotto, si opta per la via orale perché ci sono una serie di barriere che limitano la tossicità (assorbimento, metabolismo, distribuzione, escrezione) oppure la via topica perché anche in questo caso ci sono delle barriere. Per alcuni prodotti è possibile ricorrere ad altre vie: si parla di dispositivi medici che sfruttano la via inalatoria oppure esistono fitoterapici somministrati sottoforma di spray, la differenza è che lo spray nasale può essere problematico perché la mucosa è fortemente irrorata dunque vi è un maggiore assorbimento. Il fitoterapico è un farmaco e in quanto tale ci sono degli studi a monte di efficacia e sicurezza, in tal modo saranno stabilite le condizioni per un utilizzo specifico. Invece il dispositivo medico è un’altra categoria che presenta dei requisiti particolari che consentono di utilizzare anche gli estratti vegetali. Nel 2022 c’è stato un aggiornamento legislativo il quale ha introdotto il concetto di estratti vegetali nei dispositivi medici; in particolare si tratta di estratti vegetali che, in base al meccanismo d’azione, determinano una classificazione dei dispositivi medici in 2 categorie. Spesso ci si ritrova difronte a prodotti che hanno caratteristiche al limite, talvolta ci sono categorie merceologiche che in parte si sovrappongono (“Categoria merceologica” = fa riferimento alla tipologia di prodotto che si ritrova nel mercato): cosa significa? La sovrapposizione sta nel fatto che, a volte, un prodotto messo in commercio come integratore ha delle caratteristiche che possono essere in comune con il farmaco vegetale. Per i PRODOTTI NATURALI (preparato totale) e i FITOCOMPLESSI, non riusciamo ad avere una gestione dell’effetto farmacologico così precisa e definita, perché il prodotto ha una variabilità intrinseca che deriva dall’origine naturale, e rappresenta il plus (da un punto di vista di conoscenze scientifiche) ma ci dà anche tante problematiche quali l’imprevedibilità (non riesco a prevedere il meccanismo d’azione) e di conseguenza la sicurezza. I prodotti naturali contengono molecole che derivano dal metabolismo specifico delle diverse piante, quindi sono ricchi di molecole e tale ricchezza è di interesse per lo studio di nuove strutture chimiche; tuttavia tale ricchezza sfocia anche in una complessità maggiore, imprevedibilità. È importante dunque identificare i componenti, tuttavia caratterizzare il metaboloma completo della pianta è complicato. L’ideale sarebbe ottenere il finger print, ma anche questo potrebbe rappresentare una sorta di obiettivo limite perchè l’impronta digitale potrebbe cambiare. Quindi la complessità è accompagnata da variabilità, così come la ricchezza è accompagnata da nullità perché ci sono strutture che non possono essere sintetizzare razionalmente. VANTAGGI DEL FITOCOMPLESSO SINERGISMO Cosa piace del fitocomplesso? Piace il fatto che l’attività farmacologica non è necessariamente riconducibile ad un singolo composto ma deriva dal contributo di più componenti. In realtà sarebbe più corretto parlare di “interazioni”: le interazioni non sono esclusivamente sinergiche, possono essere di tipo additivo o antagoniste. Oppure ci sono azioni di supporto ma su target differenti. Quindi in generale si parla di sinergismo, ma ci sono delle sfumature. È importante, dunque, le interazioni tra costituenti, tuttavia tale interazione potrebbe anche non essere prevedibile. Questo porta all’utilizzo di un prodotto senza la consapevolezza che i suoi costituenti possano interagire con altre molecole (es. farmaci). L’interazione non prevista può comportare un’inefficacia terapeutica (si pensi alle terapie vitali). RIDOTTA TOSSICITÀ: non è che il naturale non può essere tossico, ma può accadere che la presenza di altri composti riduca la tossicità di un componente problematico perché si innescano delle interazioni antagoniste. La matrice vegetale è interessante perché fornisce una serie di spunti e inoltre è una fonte rinnovabile → questo è molto importante al giorno d’oggi perché anche i prodotti secondari (che generalmente sono gestiti come scarti della produzione) potrebbero essere dei prodotti destinati a produzioni alternative. Esempio: lo scarto della radice della pianta è ricco di molecole che potrebbero essere purificate piuttosto che produrle per via sintetica, riducendo così l’impatto ambientale della sintesi chimica. È una strategia più green ed ecologica di approvvigionamento di molecole di interesse farmacologico. Non sempre, però, si ottiene un risvolto positivo… se il processo di valorizzazione e utilizzo di tali materiali non è ecologico o economico chiaramente questa strategia va scartata. SAGGI Il fitocomplesso è un insieme di costituenti, ottenuti dalla droga vegetale, che nella loro totalità determinano l’effetto farmacologico. Nel pool di composti ci sono molecole che hanno azioni diverse; non tutte sono molecole farmacologicamente attive (nella loro totalità determinano l’effetto). Esempio: FITOCOMPLESSO DELLA CANAPA (definita come la pianta dalle mille molecole) → costituita da: Fitocannabinoidi: attenzionati fino a 10 anni fa come i soli composti farmacologicamente attivi e di interesse delle inflorescenze di canapa. Infatti la ricerca scientifica si è concentrata solo sull’isolamento di questi composti: THC (responsabile degli effetti psicoattivi) e CBD (non responsabile degli effetti psicoattivi). Si è visto successivamente che oltre questi composti vi erano dei costituenti minori (presenti in minore quantità) e ci si è chiesti il motivo per cui quando si utilizza l’estratto delle inflorescenze di cannabis si ottiene un effetto più blando rispetto ai composti puri ma la tossicità è ridotta e il perché il THC (che normalmente dà problematiche quando lo si vuole utilizzare come composto puro a livello terapeutico) risulta essere meno tossico nel fitocomplesso: tutto questo è dovuto sia a effetti di tipo farmacodinamico sia di tipo farmacocinetico. Ci possono essere problemi di assorbimento di un composto farmacologicamente attivo il quale, veicolato nel fitocomplesso, è più biodisponibile e dunque produce l’effetto desiderato. Ma l’alterazione della biodisponibilità può determinare anche effetti tossici! Il composto puro, ad esempio, è stato studiato alla concentrazione di 10 mg/ml e a tale concentrazione esplica un determinato effetto; nel fitocomplesso quella stessa concentrazione può essere tossica se il fitocomplesso lo rende più biodisponibile. Oppure ci può essere l’effetto sequestro: quando nell’estratto ci sono composti che vengono rilasciati poco per volta (non vi è un assorbimento massivo) riducendo gli effetti tossici. Una molecola dotata di proprietà farmacologiche interessanti potrebbe essere una molecola instabile e quando la si vuole utilizzare come composto puro tende a degradarsi o modificarsi; quindi, non è possibile sfruttare il suo potenziale farmacologico. Nel fitocomplesso questa molecola potrebbe trovare protezione da parte di altri costituenti che non contribuiscono all’effetto farmacologico ma proteggono la molecola farmacologicamente attiva. Ciò è stato visto nell’IPERICO: nel fitocomplesso dell’iperico sono stati individuati diversi composti, in particolare l’iperforina di cui sono stati studiati i meccanismi farmacologici. È stato notato che l’iperforina come composto puro è instabile quindi il confronto tra estratto di iperico e iperforina pura lasciava intendere che l’iperforina non fosse il principio attivo perché instabile. È stato scoperto successivamente che nel fitocomplesso ci sono dei flavonoidi che, agendo con meccanismi antiossidanti, ne prevengono la degradazione. Quindi l’iperforina somministrata nell’ambito del fitocomplesso è in grado di espletare la propria azione farmacologica (questo discorso è valido nell’ottica della modulazione farmacocinetica). Un altro aspetto interessante riguarda la POLIVALENZA o AZIONE MULTITARGET: nell’ambito del fitocomplesso ci possono essere più molecole farmacologicamente attive e molecole che agiscono su target diversi. Ciò significa che il beneficio ottenuto è la risultante di più meccanismi d’azione messi insieme. Dunque, questa proprietà è rappresentata dall’effetto additivo. SINERGISMO Esempio pratico articolo: “Role of Caryophyllane Sesquiterpenes in the Entourage Effect of Felina 32 Hemp Inflorescence Phytocomplex in Triple Negative MDA-MB-468 Breast Cancer Cells”. È stata utilizzata la canapa industriale→ è una cultivar di cannabis nativa. Le diverse cultivar possono essere prodotte e utilizzate con finalità industriali diverse perché la produzione di THC è molto bassa (cambia il metabolismo della pianta). I livelli di THC consentiti per la commercializzazione legale di tale pianta devono essere inferiori a 0,2% (c’è una tolleranza fino allo 0,6% per la variabilità naturale). È stata studiata la FELINA 32, in particolare sono stati campionati due estratti delle infiorescenze siglati con FoJ e Fos. Le infiorescenze sono state sottoposte a un processo estrattivo particolare: estrazione Bligh-Dyer → permette di separere più componenti in base alla loro natura. Si utilizza questo approccio estrattivo perché dalla stessa matrice permette di ottenere, attraverso step successivi, un estratto più polare (ovvero idroalcolici; l’etanolo è in bassa percentuale, circa il 50%) e un estratto organico molto apolare. Dopo aver sottoposto le infiorescenze a questo processo estrattivo e sono stati ottenuti due tipologie di estratto.  In questa immagine sono riportati sono gli estratti apolari perché gli estratti idroalcolici non hanno fornito uno spunto di riflessione a differenza degli estratti organici. I fitocannabinoidi (THC e CBD) sono meroterpenoidi → sono una sottoclasse dei terpeni. I terpeni sono metaboliti secondari e di varia natura, infatti si suddividono in diversi sottogruppi; sono caratterizzati dalla ripetizione dell’unità isoprenica. L’isoprene è una molecola che non esiste in natura come tale, ma la molecola più piccola in natura è formata da due unità isopreniche: il monoterpene (poi ci sono i terpeni, diterpeni, sesquiperteni , triterpeni e così via fino ad arrivare ai tetraterpeni). I tetraterpeni sono i carotenoidi, si tratta di molecole di dimensioni molto elevate caratterizzate da code apolari molto lunghe. Quindi tutta la classe dei terpeni è costituita da molecole apolari, di conseguenza l’estratto organico è caratterizzato da terpeni. Quali sono i terpeni presenti nelle infiorescenze di canapa? Sono perlopiù monoterpeni e sesquiterpeni e poi ci sono i meroterpenoidi (fitocannabinoidi). Dall’analisi fitochimica, invece, si è notata l’assenza dei monoterpeni e la presenza dei soli sesquiterpeni… perché? Il processo estrattivo è un processo multistep ; la fase organica si ottiene utilizzando il cloroformio (solvente altamente volatile) quindi è probabile che i monoterpeni si “perdano” per questo motivo. Tuttavia, questo non è stato un problema perché tale approccio estrattivo ha permesso di focalizzare l’attenzione (serendipity) sulla classe dei sesquiterpeni. I sesquiterpeni caratteristici delle infiorescenze di canapa sono cariofillamici (caratterizzati da un nucleo a 9 termini fuso con un ciclo a 4 termini). Quindi è stato identificato un estratto che conteneva fitocannabinoidi e sesquiterpeni; ciò ha permesso di studiare l’attività dell’estratto e il contributo di tali composti (solo 5, quindi è stato più facile studiare i singoli contributi). È stata studiata la citotossicità in una linea cellulare di carcinoma mammario triplo negativo, in particolare tale linea è stata trattata con il nostro estratto. “FoJ” sta per felina organic june (infiorescienze campionate a giugno). La quantificazione è in di sostanza µg x mg di estratto: cannabidiolo 80 µg/mg; cannabicromene 4,2 µg/mg; α-umulene 0,94 µg/mg e cariofilene 0,92 µg/mg: circa 100 volte di meno rispetto al cannabidiolo; cariofilene ossido (metabolita del cariofilene) 0,68 µg/mg. Il THC non è presente perché, come già detto, è presente a livelli molti bassi, dunque, non è stata rilevato da questa analisi. [L’estratto alla concentrazione di 50 µg/mg porta alla morte di circa il 40% delle cellule tumorali (si è scelta una concentrazione che dà un effetto tossico minore, per evitare che tutte le cellule tumorali muoiano)]. Sulla base della composizione, chi determina l’effetto? 1. 1° ipotesi: il cannabidiolo è il composto attivo poiché è presente ad una concentrazione nettamente più alta rispetto agli altri. È stato testato, parallelamente all’estratto, i composti alle concentrazioni determinate chimicamente (prima: 80 µg su 1 mg di estratto, dopo è stata fatta la proporzione su 50 mg di estratto). È stata constatata un’altezza della banda relativa al cannabidiolo più alta… cosa significa? Vedi grafico ultime slide: la viability indica la vitalità cellulare; il controllo (prima banda bianca) sono le cellule con il veicolo (quindi l’etanolo con il quale abbiamo sciolto l’estratto è presente a una % meno tossica) → quindi l’etanolo non ha effetti sulla vitalità delle cellule. Quando, invece, somministro l’estratto 50 µg/mg le cellule iniziano a morire (40%). Il composto maggiore (procannabidiolo) non è direttamente responsabile dell’effetto (o meglio, contribuisce lievemente all’effetto ma in una % molto bassa). Stessa cosa per il cannabicromene ma, in questo caso, l’effetto non è significativo. Il grafico suggerisce che tutti i composti, presi singolarmente, hanno un po’ di attività ma nessuno di questi è in grado di produrre l’effetto prodotto dal fitocomplesso. Ciò significa che l’effetto del fitocomplesso è la risultante dell’azione combinata (non si sa se si tratta di una combinazione di effetti farmacologici o se c’è una combinazione della farmacocinetica o se un composto agisce su un target che, a sua volta, favorisce un’azione di un altro composto) di tutti i composti del fitocomplesso. Inoltre, per capire se nell’estratto ci fosse qualcos’altro (magari in quantitativi non rilevabili dallo strumento) è stato preparata una miscela (Mix FolJ) utilizzando i composti determinati, alle concentrazioni presenti nell’estratto. tutto questo per capire se tutti i composti messi insieme sono esclusivamente loro responsabili dell’azione dell’estratto (effetto sulla vitalità cellulare). È stata constatata una maggiore tossicità perché le cellule morte sono maggiori. Questo fa pensare che nell’estratto c’è altro e che questi altri composti hanno un effetto antagonista/effetto protettivo. Trattandosi di una linea cellulare tumorale è uno svantaggio, ma se si pensasse a un’applicazione pratica in un contesto in cui la tossicità può essere estesa anche al tessuto sano/normale, la presenza di composti ad azione protettiva potrebbe limitare il danno sul tessuto non normale. Per studiare l’interazione tra composti si utilizza un’analisi specifica: ANALISI DELL’ISOBOLOGRAMMA. Considerando due composti si può stabilire se i composti interagiscono tra di loro e se l’interazione è positiva (potenziamento dell’effetto), additiva o antagonista. Il sinergismo è un fenomeno che porta all’aumento dell’attività di un composto in presenza di un altro; tale aumento di attività non è necessariamente la sommatoria degli effetti (quindi effetto additivo: effetto composto A + effetto composto B = A+B), ma quando il composto A lo si mette in presenza del composto B, l’effetto di A aumenta. Cosa può succedere dal punto di vista biologico per ottenere tale potenziamento? Una cellula normalmente è dotata di meccanismi protettivi, ovvero sistemi di trasporto che la cellula sfrutta sia per l’uptake sia per l’efflusso di molecole → questo perché se nella cellula entra qualcosa di “poco gradito” la cellula è in grado di espellerlo per proteggersi. Quando nella cellula entra il farmaco, quest’ultimo ovviamente è visto come un qualcosa di estraneo; la cellula cerca dunque di espellerlo attraverso i sistemi di efflusso. Se la molecola B è un inibitore del trasportatore di efflusso, la molecola viene bloccata all’interno; quindi, in assenza della molecola B l’effetto del farmaco deriva dall’equilibrio tra la quantità di farmaco espulso e quella che riesce a rimanere all’interno della cellula (quindi la molecola A espleta la sua funzione). In presenza dell’inibitore del trasportatore l’effetto di A è potenziato perché il farmaco si accumula nella cellula e si riduce la quantità di farmaco che viene espulsa → si tratta di SINERGISMO D’AZIONE (non effetto additivo). Allo stesso modo l’effetto può essere antagonista. [Su e-learning → approfondimenti: leggete il materiale bibliografico relativo allo studio dell’effetto sinergico additivo (analisi dell’isobologramma)]. [SPIEGAZIONE ARTICOLO SBOB. VECCHIE: Lezione 4 Biotecnologie farmacognostiche 8/04 Riassunto delle possibilità di sviluppo dei prodotti derivanti dalla matrice vegetale e le varie problematiche che si possono incontrare in ciascuno step (e possibili soluzioni). Fitocomplesso: la sua azione è data dall’interazione delle sostanze all’interno del preparato totale (a livello internazionale si parla di botanicals: dei preparati vegetali che vengono fuori da dei processi di elaborazione dalla matrice vegetale). Differenza tra pianta medicinale e pianta officinale: - La pianta medicinale è una specie vegetale che ha un potenziale farmacologico (interesse legato strettamente al contesto medicinale o terapeutico). - La pianta officinale fa riferimento ad officina (una sede di produzione, come un’industria). Ha interesse industriale (ad es. posso ottenere delle essenze dalla pianta per l’utilizzo in profumeria o dei coloranti utilizzati in ambito alimentare). La canapa è una pianta sia medicinale che officinale (le fibre si usano sia in edilizia che nell’abbigliamento; dai semi posso ottenere olio o farina usati per scopo alimentare; oppure posso ottenere dei prodotti medicinali), poiché ha tantissime potenzialità sia in ambito medicinale che industriale. Sintesi delle possibilità future di un intervento biotecnologico su una matrice vegetale (percorso che inizia a partire dalla pianta): - Problema 1 non si riesce a coltivare la pianta al di fuori del suo habitat naturale (es. la stella alpina ha un potenziale farmacologico notevole, ma manca la materia prima); - Soluzione posso ipotizzare (studiare) delle condizioni di coltivazione controllate o coltivazioni tecnologiche (es. coltivazione in microgravità) che consentono di isolare l’organismo vegetale dal suo ambiente e di farlo crescere altrove. - Altra soluzione metodologie di analisi in situ (cerco di capire cosa ha di peculiare quell’ambiente per riprodurlo in un contesto diverso). - Problema 2 organismi che richiedono delle condizioni specifiche (posso modificare degli aspetti genetici della pianta per limitare la dipendenza a queste condizioni). - Soluzione Generazione in laboratorio di una plantula attraverso biotecnologie vegetali. Come si fa capire a capire che queste soluzioni hanno effettivamente funzionato? Devo innanzitutto vedere la complessità dell’organismo vegetale che si è generato in laboratorio. Da plantula deve diventare una pianta autotrofa che è in grado di crescere e sopravvivere come una pianta e che abbia la stessa morfologia della pianta spontanea. Successivamente devo verificare i fitocostituenti (caratteristiche chimiche). Es. basilico: pianta ad uso alimentare ed aromatica (con proprietà farmacologiche: pianta medicinale). L’industria alimentare potrebbe avere un interesse per un basilico con foglie più grandi con una resa in biomassa più elevata, che permette di produrre di più. Deve però avere delle proprietà aromatiche uguali rispetto al basilico coltivato in campo (potrebbero variare per l’ambiente in cui cresce). La pianta produce tanti composti aromatici, che sono dei metaboliti secondari, che servono a mediare l’interazione della pianta con l’ambiente (avendo un ambiente estremamente controllato come quello del laboratorio, la pianta ne produce di meno). Es. utilizzo della canapa in ambito medicinale, ma anche per un’applicazione in ambito biotecnologico: dalla pianta devo tirare fuori quello che mi serve (il THC dà tossicità e il CBD dà problematiche che nel fitocomplesso non c’erano). Questo succede perché sono presenti anche altre molecole di classi differenti (che devono essere analizzate mediante metodiche diverse). Queste molecole devono prima essere identificate e poi quantificate. Si deve dare una proporzione percentuale da prendere come riferimento: questo è complesso poiché le matrici sono diverse, sono raccolte in momenti diversi ed estratte con metodologie diverse (la soluzione al momento non c’è, ma si fa un tentativo di inserire dei processi che ci permettono di gestire o almeno di fissare dei paletti). I prodotti vegetali andrebbero caratterizzati e studiati meglio (la ricerca su questi prodotti è diventata particolarmente attiva negli ultimi 20 anni). Droga vegetale: Parte della pianta medicinale che contiene dei costituenti che hanno un interesse farmacologico. Estratto grezzo: estratto dalla pianta medicinale (utilizzo di solventi che estraggono per affinità chimica, ma dipende anche dal periodo di contatto, dal grado di macinazione del preparato ecc…); l’estratto è rappresentativo della droga? No, ci dice solo quello che il solvente ha estratto. Se io aggiusto il metodo di estrazione, anche l’estratto cambia. Frazione: porzione dell’estratto grezzo. Aspetto negativo: sul mercato ci sono tanti prodotti che non si sa nemmeno cosa sono, per questo devo leggere quanto è dettagliata la natura dell’estratto (se è idro-alcolico o acquoso, titolato in determinati costituenti ecc…). Aspetto positivo: si può fare una ricerca sulle variabili, che ci permette di intervenire sul prodotto a diversi livelli (posso ottimizzarlo su vari aspetti, come ad esempio la matrice vegetale; studio di solventi più ecologici). L’estratto potrebbe contenere anche cose che non ci interessano o che danno fastidio (componente con sapore indesiderato o una componente tossica), perciò si può rifinire (refined extract o estratti speciali dove si tolgono o si concentrano delle componenti per ottimizzare l’obiettivo finale). Una sostanza chimica viene definita pura dal 97% di purezza in poi. In commercio fino a 2 anni fa c’erano degli estratti di curcuma titolati al 98% in curcumina (il 2% in genere sono impurezze); non si può chiamare estratto un prodotto che è costituito dal 98% di composto puro, perché è solo un composto puro. La curcuma è una spezia alimentare e una pianta medicinale con tantissimi effetti perché i costituenti hanno proprietà antinfiammatorie; ma nella spezia è presente il rizoma polverizzato dove ci sono altri composti (è un fitocomplesso). Utilizzando un estratto al 98% di curcumina, questo non ha lo stesso profilo d’azione rispetto al fitocomplesso. I prodotti a base di curcuma utilizzati tradizionalmente per problemi digestivi hanno provocato reazioni di epatotossicità (le ipotesi sono tante ma non si è mai capito perché). Spesso questa sostanza era messa in combinazione con altri prodotti come la piperina che aumentava la biodisponibilità della curcumina. Il ministero ha stabilito che ad oggi negli integratori gli estratti possono contenere al massimo il 10% di curcumina. Utilizzo di un prodotto a base vegetale (fitocomplesso) nei bambini (che hanno un organismo che non ha ancora tutti i sistemi di difesa, filtrazione e depurazione completamente funzionali): somministrando un integratore alimentare, non sono sicuro che il bambino sia in grado di metabolizzare correttamente dei fitocostituenti, e quindi potrebbero accumularsi dei metaboliti che possono essere tossici. L’EMA dice che gli integratori alimentari al di sotto dei 12 anni non dovrebbero essere utilizzati (meglio se vengono usati solo dopo i 18 anni). Stesso nell’anziano, poiché ha una funzionalità ridotta. Ci sono anche dei soggetti giovani che possono avere dei polimorfismi genetici per un enzima metabolico (questo si può scoprire solo dopo una reazione avversa che si è verificata). I composti puri isolati hanno il vantaggio che si possono controllare (danno maggiore sicurezza in termini farmacologici e tossicologici, e sono quindi preferibili per i bambini e gli anziani). Sia il preparato totale che il principio puro possono poi essere ingredienti di farmaci (medicinali a base vegetale). Standardizzazione: vado a certificare tutta la filiera che mi ha portato dal terreno al prodotto finito (definisco uno standard di processo che permette di applicare sempre lo stesso modello, almeno per le fasi che ho standardizzato). Cambierà la variabilità della droga vegetale e potrebbero esserci delle variazioni nell’efficienza dei processi di igienizzazione o delle differenze nel terreno. La standardizzazione ci permette di definire un modello per ottenere un prodotto di qualità. Questo processo si basa prima di tutto sulla specie botanica (l’identificazione deve essere corretta), sui fattori ambientali (che fanno variare i fitocostituenti tra una pianta coltivata ed una spontanea) ma dipende anche dalla produzione. Si deve infatti definire la modalità di prelievo (un raccoglitore esperto è in grado di prelevare delle porzioni di pianta senza intaccare la possibilità di sopravvivenza della pianta stessa), il metodo di essiccamento e di conservazione della droga. Si deve anche definire il metodo di preparazione dell’estratto e il solvente di estrazione. Es. foglie di basilico: la spedizione deve avvenire per evitare la degradazione del materiale, che è una fase essenziale per consentire tutte le fasi successive. Titolazione: determinazione quantitativa che può essere effettuata in maniera differente a seconda della droga che devo titolare (se è noto il principio attivo si utilizza questo). È un parametro quantitativo che permette di confrontare i prodotti. È un processo che ci definisce la qualità del prodotto, ma non è obbligatorio utilizzare estratti titolati (sul mercato sono infatti presenti tanti prodotti diversi). Stabilire la quantità di principi attivi o di sostanze di riferimento che l’estratto deve contenere: quali sostituenti vanni titolati? Dipende dalla pianta medicinale e dalla conoscenza che si ha su di essa. Se è presente un costituente che è stato precedentemente studiato, e ha delle caratteristiche farmacologiche, so che esso contribuisce all’effetto totale (è l’insieme dei fitocostituenti che nel loro insieme forniscono l’effetto farmacologico). Markers di titolazione: analisi regolamentata e spiegata dall’EMA (documento del 2008). Marker clinico: il composto principale dà l’effetto farmacologico e ha delle evidenze cliniche maggiori (è lui a determinare l’attività terapeutica nell’uomo). In questo caso si può parlare di principio attivo, ed è questo che si deve titolare (è la condizione più rara). Questo avviene quando la pianta medicinale è stata ben studiata e si conosce qual è il costituente principale. Es. l’oppio ha un composto chiave: la morfina, e l’uso analgesico è strettamente correlato alla sua attività, nonostante nell’oppio siano presenti altri alcaloidi con proprietà farmacologiche. Un estratto titolato con 10% di morfina e un composto puro di morfina alla stessa concentrazione presente nell’estratto, hanno un profilo di attività molto simile. L’EMA ci dice che quando siamo in grado di dire che l’effetto di un preparato vegetale è associato maggiormente ad un composto specifico, quello è il principio attivo. In questo caso il fitocomplesso ha un’attività paragonabile a quella di un composto (es. senna e sennosidi che hanno effetto lassativo). Markers attivi o farmacologici (fitocomplesso): quando ho una pianta medicinale con un composto che ha un’attività farmacologica, ma non è il solo ad averla (l’attività del fitocomplesso non è paragonabile a quel composto, ma il profilo viene fuori dal contributo dei suoi costituenti). Il composto contribuisce all’effetto totale del fitocomplesso, insieme a tanti altri. In questo caso si titola con il marker farmacologico. Markers analitici: quando non ho informazioni sulle proprietà farmacologiche dei costituenti presenti nella droga (questo può succedere per piante particolarmente difficili da studiare, o poco studiate per mancanza di soldi). In questo caso si utilizza il marker analitico (parametro di riferimento di queste droghe) che però dà informazioni solo per analisi pratiche (non di carattere farmacologico) e informazioni quantitative (si sceglie un range accettabile che ci permette di paragonare due prodotti). Un marker analitico può diventare anche un marker attivo o clinico attraverso la ricerca (la piramide appena descritta è di tipo dinamico). LEZIONE 5 del 15/04/2024 PIANTE MEDICINALI Quando si parla di piante medicinali e si cerca di traslare le evidenzialità all’ambito commerciale, il panorama è molto vario. Quindi non si riesce a verificare il singolo prodotto che viene fuori dalla pianta medicinale e i suoi derivati. Si può iniziare dal prodotto erboristico che è il più comune (tisana in bustina o il taglio comprato in erboristeria), poi ci sono i food supplements ( conosciuti meglio come integratori alimentare ), i medical devices ( si stanno conoscendo meglio negli ultimi anni a livello commerciale, i cosiddetti dispositivi medici ), i prodotti cosmetici e poi i medicinali. Si distinguono due grossi blocchi di prodotti, da una parte il medicinale, dall’altra una serie di prodotti che non vantano effetti terapeutici. Il farmaco viene utilizzato quando c’è una patologia che si innesca quando c’è un’alterazione di una funzione fisiologica); il farmaco, per definizione, modifica una condizione fisiologica alterata ( quindi una patologia ) per ripristinare la normalità. Entrano in gioco, quindi, due componenti importanti: la patologia e il ripristino di una condizione fisiologica. Il concetto importante è la modifica, cioè il farmaco che modifica qualcosa agendo su target specifici. L’effetto terapeutico viene fuori da questo rapporto tra farmaco e organismo. L’altra categoria, costituita da prodotti che non vantano effetti terapeutici, ha un effetto fisiologico, di supporto. La categoria più importante, più sfruttata, come prodotti a base vegetale è la categoria degli integratori alimentari. L’integratore alimentare (food supplements ) per definizione è una “fonte concentrata di sostanze nutritive, quali vitamine e i minerali o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico e che siano composti in forme predosate”. Se si pensa al concetto di integratore alimentare viene da pensare a un prodotto che vada ad integrare l’alimentazione, dove integrare significa sopperire qualcosa che è carente, in realtà questo concetto va ampliato. Di fatto, se si parla di un integratore a base vegetale, non si stanno assumendo prodotti che fanno parte comunemente della nostra nutrizione, ma si stanno introducendo delle molecole che possono avere un effetto fisiologico. Quindi il concetto di integrazione è un pò al limite perché si sta comunque introducendo qualcosa di esterno ( non è una vitamina ), ma che può contribuire al miglioramento delle funzioni fisiologiche. Non si modifica nulla, ed è importante perché nell’immaginario collettivo si ricorre all’integratore con la speranza di trattare qualcosa, ma non è un trattamento. Ci può essere un beneficio ma deriva da una risposta fisiologica e non dal fatto che quel prodotto abbia alterato qualcosa. L’effetto fisiologico deriva dal principio dell’omeostasi, cioè la condizione alla quale mira qualsiasi sistema, quindi lo stato di benessere dovuto all’equilibrio di tutte le forze che intervengono sull’organismo, dunque quando le funzioni fisiologiche non sono alterate. 1 Cosa succede quando si è sottoposto ad uno stress forte, ad esempio un atleta che svolge un allenamento molto intenso? Si potrebbero superare, come tipologia di stress, le capacità dell’organismo rompendo l’equilibrio e così subentra un problema. In questo caso, l’integratore è prodotto con funzione fisiologica e può sostenere l’organismo contribuendo a rafforzare la risposta fisiologica a quella condizione di stress in cui si trova, ma non è un soggetto malato, anzi è sano e le funzioni fisiologiche sono normali e la risposta è potenziata, migliorata. Allora perché se a soggetto che ha la febbre o segue una terapia antibiotica possono consigliare l’assunzione di un integratore alimentare? Immaginiamo ci sia una febbre legata ad un’infezione, quel prodotto non sta contrastando un’infezione, non ha effetto terapeutico, ma sta sostenendo l’organismo nella sua risposta fisiologica allo stress, sta sostenendo altre funzioni fisiologiche per mantenere l’omeostasi. Si potrebbe avere un turbamento legato a una funzione fisiologica specifica, ma si potrebbe sostenerne altre che in quel momento sono in condizione di equilibrio. Questa può essere la sfumatura, l’importante è che passi il concetto che non si parla di effetto terapeutico. Si possono avere indicazioni fisiologiche, note come claims, come se fossero dei messaggi pubblicitari che non possono essere scritti dal produttore a suo piacimento, ma vengono autorizzati dall’EFSA. Quando ci sono delle evidenze scientifiche su un potenziale effetto fisiologico di un prodotto vengono sottoposti dei dati a supporto di un claim sulla base di valutazione di questo report le commissioni di riferimento danno le proprie risposte, quindi ci sarà una valutazione delle informazioni disponibili. Perché entrando in farmacia/supermercato/erboristeria/sanitaria/internet si è bombardati da proposte di aziende diverse che forniscono integratori alimentari? Quale si sceglie? Perché siamo bombardati? Perché ce ne sono così tanti sul mercato? Ciò avviene perché è molto facile commercializzare, da un punto di vista aziendale, un nuovo prodotto. La legislazione è stata facilitata rispetto ad altre categorie di prodotti, con il tempo sulla base di problematiche anche sociali, non solo prettamente di natura farmacologica, ma proprio legati a fenomeni sociali ( ad esempio l’uso degli integratori negli sportivi, si definisce una piramide dove gli integratori dovrebbe essere al vertice, quindi occupare uno spazio piccolo in quello che è il quadro nutrizionale dello sportivo, invece spesso invertono la piramide partendo dall’integrazione per poi pensare all’alimentazione ). Sono fenomeni sociali importanti poiché c’è proprio uno stravolgimento completo di quello che dovrebbe essere l’approccio al prodotto. Quindi sebbene nel tempo si sta rivedendo questa legislazione, ad oggi l’integratore è uno dei prodotti più quotati perché l’immissione in commercio richiede solo una notifica al ministero del prodotto: c’è questo operatore che è il responsabile del prodotto che si assume anche la responsabilità della qualità dei componenti che sono nel prodotto stesso e paga un bollettino di 160 euro, si occupa del confezionamento, del foglietto illustrativo o quantomeno delle indicazioni d’uso ( il FI non sempre necessario ). Se quanto fornito al ministero è ritenuto valido, dopo un silenzio assenso e dopo 90 giorni il prodotto può essere immesso sul mercato. Non è molto difficile in termini economici mettere sul mercato un prodotto. Cosa significa che devono esserci dei criteri di conformità? Abbiamo un riferimento Scrivere “ministero salute integratori alimentari” su google 2 (https://www.salute.gov.it/portale/alimentiParticolariIntegratori/homeAlimentiParticolariIntegratori.jsp). Potremmo studiare questa parte di cui sta parlando anche consultando questi enti regolatori che danno info regolative ma ci permettono di avere una panoramica. Già guardando la schermata si nota che il ministero ci tiene a separare la parte regolatoria. Andando nella sezione “integratori alimentari”: Tra gli integratori alimentari si possono trovare integratori che contengono solo vitamine e minerali, altri che contengono solo composti puri che possono essere inclusi negli integratori anche riconosciuti come sostanza ad effetto nutritivo o fisiologico e tra questi ci sono anche composti di origine naturale puri oppure preparati vegetali, cioè gli estratti. Apriamo “sostanze e preparati vegetali”. I prodotti a base vegetale sono definiti come botanicals ( non esiste una reale traduzione in italiano, in quanto i botanici sono gli studiosi delle piante, mentre i botanicals sono dei prodotti a base vegetale ). Fitocostituienti ( composti derivati dalle piante ) e botanicals sono diversi da fitochimici e botanici che sono gli studiosi. L’impiego di estratti e preparati vegetali (cosiddetti botanicals) negli integratori alimentari è attualmente disciplinato dal decreto ministeriale 10 agosto 2018: fanno riferimento i preparati vegetali per essere introdotti negli integratori alimentari, quindi sono normati attraverso questo decreto e successivi aggiornamenti. 3 Un allegato importante a questo decreto è l’allegato 1 che è una tabella di 205 pagine che viene aggiornata periodicamente e rappresenta l’evoluzione di quella che si conosceva fino a qualche anno fa come lista delle piante ammesse negli integratori alimentari che prima era una lista a livello nazionale, poi lista Belfrit ( Belgio, Franci, Italia) quindi a livello sovranazionale e a un certo punto è stata convertita in questo allegato nel decreto ministeriale del 10 agosto del 2018. Questo allegato è importante perché ( parla anch’esso di botanicals, quindi confermiamo anche a livello ministeriale che non è traducibile ) nomina solo le piante ammesse, poi ci sarà una lista a parte di piante non ammesse poiché sono associati dei rischi di tossicità. In questa lista di piante non ammesse viene definita la specie botanica e le parti che non possono essere utilizzate in quanto generalmente a questi prodotti sono associati dei rischi di tossicità che non è superabile neanche da un punto di vista tecnologico. Tornando alla lista delle piante ammesse: prima di tutto identifichiamo la specie, il nome botanico, la famiglia, a volte è specificato anche il sinonimo. L’identificazione è essenziale, ad esempio se si parlasse semplicemente di ginseg nel linguaggio comune si definiscono diverse specie e parlare di indiano, siberiano, o altre tipologie non sempre mi aiuta ad identificarlo perché il nome comune può essere molto diverso rispetto alla specie. 4 Nella quarta colonna ( parte tradizionalmente impiegata definita come droga vegetale ) vengono riportati tutti i prodotti che sono stati utilizzati tradizionalmente e possono essere impiegati in un integratore alimentare. Nel caso di citrus aurantium, si nota subito che citrus aurantiifolia (specie analoga a citrus aurantium varietà amara) ha delle colonne compilate e alcune non compilate. Citrus autantium varietà amara, accanto alla colonna di “parte tradizionalmente impiegata” ha anche la “prescrizione etichetta”, “altre prescrizioni” e la colonna degli “effetti fisiologici” di riferimento, quindi conosciuti a livello ministeriale. La dose in questo caso fa la differenza: quando si parla di preparati vegetali (ma anche di sostanze pure) in base al dosaggio si possono avere effetto fisiologico, effetto terapeutico ma anche tossicità, quindi a dosi basse si puo sostenere piuttosto che curare, e superando certi limiti si puo arrivare a tossicità Per alcuni prodotti le evidenze cliniche non hanno suscitato preoccupazioni, ma ci sono altre droghe per le quali è importante inserire delle limitazioni perché in caso di abuso o sovradosaggio si puo cadere in una dose tossica ed effetti indesiderati. Nel caso del citrus aurantium varietà amara (sinonimo SSP AMARA) o comunemente arancia amara le “parti tradizionalmente impiegate” sono: frutto immaturo, olio essenziale ottenuto dalla buccia del prodotto foglie e frutto maturo (in questo caso il ministero della salute sottolinea il pericarpo perché per il citrus aurantium si puo avere olio essenziale dal frutto, dai fiori e dalle foglie, e i monoterpeni che caratterizzano l’olio sono diversi). L’arancio amaro è stato utilizzato tradizionalmente sia come stimolante dell’appetito proprio per la presenza dell’olio essenziale, il quale svolge una duplice azione perché il limonene ha delle proprietà lievemente amare in grado di stimolare il recettore del gusto, ma in quanto olio essenziale stimola anche i recettori olfattivi. Prima di iniziare a mangiare se si avverte l’odore di un piatto inizia la produzione salivare, perché quella è la risposta cefalica, l’elaborazione di un messaggio dovuta alla stimolazione dei recettori dell’olfatto. Quindi è utile in caso di inappetenza ma anche per favorire il processo digestivo. Nel citrus aurantium accanto ai terpeni ci sono delle ammine simaptico mimetiche, quella presente in concentrazioni più abbondanti è la sinefrina e a seguire l’octopamina. Queste ammine si comportano come adrenalina e noradrenalina, quindi portano ad un aumento della frequenza cardiaca, broncodilatazione, aumento della capacità di respirazione, glicolisi a livello epatico e lipolisi a livello del tessuto adiposo. Quindi l’aumento del metabolismo per la produzione di energia e l’aumento della lipolisi fanno sì che questo prodotto abbia effetti dimagranti. Come brucia grassi inizialmente si utilizzava l’efedrina che agisce allo stesso modo, ma aveva delle problematiche di tossicità (tachicardia) e nel momento in cui è stata vietata ci si è spostati su citrus aurantium che, ad oggi, è uno dei componenti che ritroviamo negli integratori alimentari per il controllo del peso corporeo. 5 Inizialmente non aveva limitazioni, quindi portava problematiche di tachicardia e vasocostrizione, quindi il ministero della salute per mettere in sicurezza il consumatore incauto ha introdotto delle limitazioni, infatti per queste piante ci sono dei dosaggi specifici. Viene definito l’apporto massimo di sinefrina che non deve superare i 30 mg al giorno( circa 800 mg di citrus aurantium titolato al 4% in sinefrina.) Perchè il ministero specifica la sinefrina e il metodo di estrazione? Perché l’estratto è un fitocomplesso che, per quanto possa essere rischiosa la sostanza in sé, (ammina simpatico mimetica) presenta un’altra serie di fitocostituenti che possono modularne l’effetto. Quindi la limitazione di sicurezza della sinefrina è stata stabilita studiando l’estratto del citrus aurantium quando la sinefrina era insieme ad altre cose, ma se la mettessi pura il profilo di sicurezza potrebbe non essere lo stesso e potrebbe esserci rischio maggiore. Questo problema è stato riscontrato anche con la curcuma. Abbiamo gia fatto l’esempio di alcuni integratori a base di curcuma che arrivano a contenere il 98% di curcumina. A queste percentuali l’estratto di questo prodotto, in termini di sicurezza, non si comporta come la curcuma utilizzata tradizionalmente, quindi anche per la curcumina ci sono delle avvertenze (non usare in gravidanza o durante l’allattamento e al di sotto dei 12 anni, consultare il medico prima dell’uso se le condizioni cardiovascolari non sono nella norma) Della curcuma longa si puo utilizzare il rhizoma, l’olio essenziale, e nella colonna delle avvertenze troviamo scritto: è sconsigliata in caso di alterazione della funzione epatica biliare, o di calcolosi della via biliare, oltre a prestare attenzione se si stanno assumendo altri farmaci. Questo perché ci sono stati casi di reazioni avverse a livello epatico, per le quali non è stato possibile definire una reale causa, quini se l’effetto fosse dovuto al dosaggio o ad una titolazione particolare del preparato. Per gli operatori sanitari responsabili dell’immissione in commercio dell’integratore è fondamentale delimitare le caratteristiche del prodotto corrispondenti a quanto stabilito dall’allegato1. In termini di qualità e sicurezza del prodotto, essendo questo un integratore alimentare, deve essere sicuro e nel momento in cui viene segnalato un caso di tossicità o viene fatta un’indagine random per cui un lotto risulta contaminato, il prodotto viene vietato. Questi sono i casi che seguono una regolamentazione europea. Sul mercato italiano arrivano anche altri prodotti che sfuggono al controllo. SIF MAGAZINE ha riportato il caso di un integratore alimentare arrivato in Italia tramite internet, prodotto da un’azienda croata, con una composizione ambigua che sembrava cogliere le proprietà dei prodotti della tradizione asiatica “miracolosi” e si è visto come questo integratore che doveva vantare proprietà afrodisiache, conteneva sildenafil e tadalafil contemporaneamente. Immaginiamo il soggetto cardiopatico che assumeva questo prodotto per evitare le problematiche di farmaci noti a quali rischi poteva andare incontro, ovviamente tale prodotto è stato ritirato dal commercio. Ora analizziamo l’altro “blocco” che è quello del farmaco (ritorna alla slide della sbob) Il farmaco è un prodotto che ha un effetto terapeutico, quindi riesce a modificare una condizione fisiologica alterata, ovvero una patologia. Quando parliamo di prodotti a base vegetale il panorama di farmaci si amplia perché si è abituati a pensare al farmaco come una specialità medicinale che contiene un principio attivo, o a 6 volte anche due, come nel caso dell’amoxicillina e l’acido clavulanico che serve ad inibire le beta lattamasi che degradano l’antibiotico e questa associazione favorisce l’efficacia del farmaco. Si parla di farmaci che contengono estratti a base vegetale, ma come è possibile utilizzare un estratto? Ci sono delle limitazioni, come è stato già detto, parlando della differenza tra principio attivo e fitocomplesso. In questo contesto la via di somministrazione sarà determinante: un estratto vegetale non si somministra per via endovenosa a causa delle condizioni che possono mettere a rischio il soggetto. Come arriva un farmaco in commercio? Innanzitutto c’è bisogno di una fase pre-clinica in cui si individua un potenziale farmacologico del prodotto in questione- questa fase si basa su studi in vitro, in vivo, ex vivo tramite i quali è possibile caratterizzare il potenziale e i meccanismi d’azione e ci permette di capire, mediante studi di binding, come si comporta la molecola e come interagisce con il target farmacologico. Se i risultati sono interessanti un’azienda farmaceutica investe e si passa alla clinica, quindi ci sono i vari studi di fase I, II, III, e poi c’è la fase IV che è un monitoraggio post marketing. La fase post marketing è quella che consente di monitorare e controllare quello che succede con l’uso del prodotto. Si puo dire che il prodotto è sicuro ed efficace ma questi effetti si basano su una risposta normale, quindi se si considera una gaussiana, si sta nella parte centrale e si “perdono” i soggetti iposensibili ed ipersensibili che potrebbero manifestare una condizione avversa non prevedibile nella fase di sviluppo del prodotto e che non è stato possibile controllare nemmeno mettendosi in sicurezza con le dosi. La fase IV è quella che si conosce come farmacovigilanza, in realtà esiste anche un controllo post marketing per i prodotti a base vegetale che non sono classificati come farmaci e si chiama fitovigilanza. Tutti i prodotti con l’AIC vanno sotto la farmacovigilanza, mentre i prodotti senza AIC vanno in fitovigilanza, che nasce come un progetto perché nel tempo si erano evidenziati dei rischi associati ai prodotti a base vegetale ed è stato sollevato il problema di un controllo su tali prodotti, per capire se ci sono problemi di qualità. La fitovigilanza raccoglie le segnalazioni su prodotti a base vegetale, ma anche integratori alimentari di altra natura senza AIC. Una differenza importante è che la farmacovigilanza fa capo all’AIFA, la fitovigilanza fa capo all’Istituto Superiore di sanità. Le segnalazioni possono essere fatte da chiunque, anche dal comune cittadino e attualmente si puo fare attraverso una piattaforma online che si chiama “VigiErbe”. Esiste anche VigiFarmaco Un problema importante che c’è in fitovigilanza, ma anche in farmacovigilanza, è l’underreporting, quindi la mancata segnalazione, questo perché spesso le reazioni avverse non vengono riconosciute, o perché non viene associata la reazione avversa all’assunzione di un dato prodotto. 7 Per i prodotti naturali l’effetto terapeutico comprende più categorie di prodotti che si differenziano in base al concetto di efficacia. Una terapia è efficace quando il beneficio atteso è raggiunto. Sono presenti tre tipologie diverse di efficacia:  Efficacia plausibile: medicinale vegetale di uso tradizionale  Efficacia riconosciuta: medicinale vegetale di uso consolidato  Efficacia verificata: fitoterapico. I fitoterapici hanno l’AIC perché medicinali. L’efficacia clinica viene valutata attraverso gli studi: valuto la capacità di quel trattamento di produrre un beneficio sull’uomo. I fitoterapici sono ad esempio:  Pursennid: contiene estratto della Senna titolato in sennoside A con azione lassativa. E’ stato dimostrato in studi clinici che questo estratto della Senna produce effetti lassativi. Per i preparati vegetali, se noi volessimo verificare l’efficacia, il beneficio sempre sulla base di studi clinici sarebbe molto complicato perché molti studi clinici condotti non hanno permesso di trovare una conciliazione di risultati- immaginiamo uno stesso prodotto a base di estratti vegetali in lotti diversi di produzione. Faccio un primo studio clinico in un gruppo di pazienti e ottengo un beneficio; ripeto lo stesso studio su un altro gruppo di pazienti con lo stesso disturbo ma cambio l’età oppure il sesso. Spesso ci sono metodologie differenti nello studio- un grande problema risiede nella standardizzazione perché molto prodotti ad esempio portano un nome brevettato, una denominazione con la quale l’azienda voleva proteggere quel prodotto e quell’azienda non ha dichiarato la composizione oppure ci possono essere dei casi in cui quell’estratto è stato studiato in associazione ad altri estratti. Questo comporta il non avere dei dati oggettivi che permettono di confrontare tra loro gli studi clinici, che non permettono di valutare la riproducibilità o di ipotizzare quale tipo di 8 estratto funziona davvero. Queste problematiche non permettono di individuare il dosaggio corretto. Se noi volessimo ragionare su questi prodotti così come si ragiona sul farmaco, dovremmo eliminare una grossa fetta di ‘rimedi’, ossia di prodotti utilizzati tradizionalmente anche con benefici evidenti in diverse condizioni patologiche. Questi ‘rimedi’, anche se da un punto di vista dell’efficacia clinica non rispondono a quelli che sono i requisiti di efficacia clinica che deve avere il farmaco in senso stretto, non devono essere persi, perché ciò significherebbe escludere una fetta della popolazione che potrebbe risolvere la problematica utilizzando quel prodotto che è stato impiegato tradizionalmente a quello scopo. Per risolvere questo problema sono state introdotti dei sottogruppi:  Medicinale vegetale di uso consolidato  Medicale vegetale di uso tradizionale L’EMA spiega bene se i prodotti sono dei medicinali vegetali di uso tradizionale o consolidato. Ha redatto un database di monografie sulle piante medicinali, che contengono una struttura organizzata in due sezioni parallele: uso consolidato (well established), in cui vi è un prodotto molto vicino al fitoterapico perché le evidenze cliniche sono più forti; uso tradizionale, presenta invece una procedura di registrazione semplificata accettata sulla base di dati di sicurezza ed efficacia che vengono fuori dall’uso tradizionale su base bibliografica. L’EMA riconosce uso tradizionale: l’uso a scopo medicinale per pari ad almeno 30 anni anteriormente alla data di presentazione della domanda, di cui almeno 15 anni nella Comunità europea- efficacia plausibile su base tradizionale. 9 L’EMA definisce anche i preparati- ad esempio la valeriana usa come infuso, l’estratto idroalcolico. Viene definito l’elenco di tutte le tipologie di preparati che possono portare quel tipo di effetto terapeutico su base tradizionale. Un esempio di Fitoterapici tradizionali è laila, è a base di olio essenziale di lavanda, a cui è stato riconosciuto un uso tradizionale dall’Ema in stati di stress mentale e affaticamento e ansia. Se voglio metterci la melatonina o altre cose posso commercializzarlo come integratore alimentare. Quindi cambia il prodotto. In questo modo ci siamo tenuti delle possibilità di trattamento. Il dossier che si deve presentare sarà su base bibliografica, sull’uso tradizionale e ci sarà un investimento minore da parte dell’azienda. Alcuni prodotti in base al dosaggio potrebbero essere dei vegetali ad uso tradizionale che abbassando la dose posso mettere in commercio come integratori alimentari. 10 DI SOTTO lezione del 22/04/24 Quando si parla di farmaco parliamo di EFFICACIA: è l’effetto finale e un prodotto è efficace quando è in grado di dare la risposta desiderata. Studiamo un farmaco es. per il trattamento della depressione lieve e moderata ed effettivamente quel prodotto somministrato ad un soggetto con quel disturbo nel dosaggio indicato produce un beneficio e allora è EFFICACE. Efficacia basata su evidenze cliniche ovvero ci devono essere studi clinici (nell’uomo) che supportano il beneficio di questo prodotto. Prodotti a base vegetale: distinguiamo categorie di prodotti differenti ma a prescindere devono essere tutti sicuri (è imprescindibile) Fitoterapico in senso stretto che è quello del quale dobbiamo fare tutti gli studi regolari per il farmaco. Fitoterapico = comunemente è sinonimo di integratore o qualsiasi altra tipologia di prodotto. Viene utilizzato per indicare un prodotto a base vegetale (es. prodotto erboristico, prodotti che idealmente sono usati con una percezione di rischio più bassa) ma per definizione sono farmaci. Dimostrare però l’efficacia clinica di un preparato vegetale non è facile. Ci sono delle limitazioni: spesso infatti anche negli studi clinici i preparati erano tutti diversi tra loro, il problema è la natura dell’estratto, in base alla sua percentuale (es. estratto etanolico al 50% di etanolo, o all’85%, la percentuale è rilevante). Quindi non ci permettono un confronto e ogni studio clinico è valido per se stesso e non si possono tirare le somme. Si aspetta la replica per capire se c’è validità scientifica e quindi per non eliminare questi medicinali che comunque rappresentano un’alternativa per i pazienti no responders (che non si possono trattare con i farmaci di prima scelta) e quindi si mantengono dei medicinali classificati in modo diversa: - medicinali vegetali di uso consolidato - medicinali ad uso tradizionali L’efficacia varia nel fitoterapico, deve essere verificata tramite studio clinico che usa quel prodotto specifico cioè l’azienda farmaceutica finanzia degli studi clinici per supportare l’immissione in commercio di quel prodotto con quelle indicazioni. Nel caso di quelli ad uso consolidato l’efficacia viene riconosciuta perché su base bibliografica e sulla base degli studi clinici emerge che effettivamente quel tipo di estratto usato secondo quella specifica modalità può risultare efficace nel trattamento di. È un’evidenza più bassa rispetto a quella del fitoterapico. Medicinale ad uso tradizionale: se questo prodotto tradizionalmente è stato usato nel mondo e in Europa (30 anni di cui 15 nella comunità europea) secondo delle preparazioni specifiche e per problematiche mirate viene considerato come una forma di sperimentazione clinica che ha le sue limitazioni ma ha anche il suo interesse ed utilità. Questi, quindi, possono essere trovati in commercio, non sono moltissimi in Italia, es. l’Alila rientra in questa categoria. Alcuni estratti ai quali l’EMA riconosce nell’uso tradizionale si trovano anche negli integratori alimentari ma non hanno effetto terapeutico ma solo un effetto fisiologico. Anche se l’EMA l’ha riconosciuto come medicinale tradizionale lo posso mettere nell’integratore alimentare ma in questo può vantare solo l’effetto di supporto (fisiologico) ad un dosaggio tale che l’effetto sia solo fisiologico. PREPARATI VEGETALI IN COMMERCIO SENZA EVIDENZE CLINICHE L’integratore alimentare non è richiesta l’evidenza clinica per metterlo in commercio. Io posso mettere in commercio un prodotto solo rispettando gli effetti fisiologico riconosciuti dall’allegato 1 del decreto ministeriale del 2018 e rispetto anche le limitazioni faccio richiesta di modifica al ministero e se il ministero non risponde negativamente dopo 6 mesi il prodotto può essere commercializzato (silenzio assenso). Per questo abbiamo sul mercato molti integratori. Per capire se un medicinale è ad uso tradizionale o consolidato lo dice l’EMA e quando andiamo a cercare queste info le cerchiamo sul documento scritto nella slide: la monografia della droga vegetale. Due principali: - farmacopea europea che include delle monografie specifiche per le droghe vegetali ma soprattutto monografie dei metodi per l’analisi di droghe vegetali e le monografie servono per i requisiti di qualità del prodotto e non ci danno info riguardo l’attività (reum radix, rizoma di rabarbaro e ci da un definizione, se ci sono sinonimi, se ci sono altre specie vegetali con la stessa finalità) e poi ci dice come deve essere fatta la droga per essere sicuri dell’identità del prodotto, ci da info sui test analitici che dobbiamo effettuare per individuare le caratteristiche della droga e ci dà info quindi proprio sulla QUALITA del prodotto. Ci sono aggiornamenti periodici ma va acquistato. - La monografia dell’EMA invece è un documento particolare che nasce come un foglietto illustrativo della droga ma più complesso. Queste monografie sono di libero accesso mentre quella europea va acquistata. MONOGRAFIE Monografia file PDF che si può scaricare in cui troviamo il titolo della monografia in cui è riportato il nome scientifico della pianta medicinale ma anche della dieta. Erba = caratteristiche di tutto ciò che sta sopra (non si parla della radice), tutte le porzioni epigee della pianta e questo ci fa capire che è una pianta erbacea. Struttura di base: prima tutto il nome, poi ci da info quali- quantitative sul prodotto, la forma farmaceutica, indicazioni terapeutiche, posologia ecc. una sorta proprio di foglietto illustrativo. Scrivere su Google EMA MONOGRAFT: arriviamo al documento ma in realtà ci da una schermata semplificata ma ancora non siamo entrati nel documento ma ci da un accesso rapido e ci dice che l’assesment (documento redatto per raccogliere tutte le info che vengono inserite nella monografia) è stato completato, ci dà le date e poi ci da una serie di documenti perché questa è tutta la storia dei documenti redatti su quella droga. L’ultima monografia per aprirla bisogna andare su VIEW e abbiamo quindi un documento esempio rivisto l’ultima volta nel 2020 e poi pubblicato nel 2022 ma le ultime revisioni risalgono al 2010(ci vuole molto tempo). DOCUMENTO: Esempio preso in considerazione Centella asiatica. Tabella divisa in due colonne: da una parte uso well established (uso consolidato) e dall’altra uso tradizionale. L’EMA con questo documento ci da un documento sintetico (7pag) e se apro l’assesment report che è un report comprensivo di tutte le info disponibile dalla citochimica, alla preparativa ecc. un documento enorme che per alcune droghe vegetali supera le 100 pag. l’EMA infatti raccoglie tutti i dati disponibili per capire cosa si sa sul prodotto attraverso una redazione, la redazione della monografia, che valuta tutte le info disponibili e sulla base di queste stabilisce il tipo di uso riconosciuto al prodotto: se tradizionale o consolidato o se abbiamo preparati diversi e per alcuni si riconosce l’uso tradizionali e ad altri l’uso consolidato. Il documento importante prima della monografia è L’ASSESTEMENT REPORT perché ci riporta tutte le info importanti sugli studi effettuati. Sulle colonne troviamo il primo punto relativo ai prodotti utilizzati (es. centella uso tradizionale) non stiamo parlando di tutto quello che si può fare con la centella, quali sono i preparati vegetali utilizzati: ci parla della droga triturata o in polvere (tradizionali), non ci sono estratti. Se ci fossero stati gli estratti avremmo trovato gli estratti con la % etanolo e poi il DER = indice specifico identificativo degli estratti, poi dovremmo trovare la forma farmaceutica (come è stato usato tradizionalmente) es. infusi o uso cutaneo. Noi stiamo parlando di medicinali quindi INDICAZIONI FARMACEUTICHE e la spiega dicendo che il prodotto può essere utile per sanare piccole ferite superficiali (EMA sottolinea sempre la tipologia dei disturbi tra lieve e moderata e c’è una sfumatura quando la stessa droga può essere utilizzata sotto forma dell’estratto x per uso consolidato e sotto forma y,z per uso tradizionale). In genere l’uso tradizionale fa riferimento ad un uso meno definito. - Es. IPERICO usato nella depressione lieve e moderata e se c’è depressione include una diagnosi di un medico e quindi è un disturbo definito e se si vede l’estratto al quale è riconosciuto l’uso consolidato porta una dicitura precisa mentre tutti gli altri estratti ai quali è riconosciuto l’uso tradizionale riportano come condizione una situazione di STRESS MENTALE e quindi non ho una patologia ben definita e può essere ricondotta non alla depressione ma ad esempio a traumi o a tante condizioni diverse (è più generico). (la prof consiglia di vedere qualche esempio per vedere la differenza su internet). - Importante soffermarci sulle cose che sottolinea l’EMA: indicazioni terapeutiche= il prodotto è un medicinale vegetale di uso tradizionale da utilizzare esclusivamente nelle condizioni indicate e questa applicazione si basa sulla lunga tradizione d’uso. POSOLOGIE: adulte e anziani, l’uso nei bambini e adolescenti inferiori ai 18 anni non è indicato: e questa situazione è molto comune, ai bambini è meglio dare il farmaco che il prodotto naturale perché lo posso controllare e sono stati verificati i rischi di tossicità che nel bambino sono amplificati rispetto all’adulto. L’EMA quando parla di questi prodotti ci dice per quanto tempo dobbiamo usarlo: non bisogna utilizzarlo per più di una settimana e se dopo una settimana bisogna consultare il medico perché forse bisogna usare un prodotto diverso. PROBLEMATICHE più ricche delle indicazioni. CONTROINDICAZIONI= ipersensibilità a dei composti della pianta o ipersensibilità crociata con appartenenza ad un'altra specie vegetale. Nei bambini sotto i 18 anni non abbiamo dati sufficienti per stabilire la sicurezza. Poi ci sono altre sezioni che si ripetono perché sono campi che vanno verificati e non ci sono dati ma comunque bisogna scriverlo se non si sa. (es. interazioni con altri farmaci non ci sono e questo potrebbe essere peggio), non si sa se da problemi in gravidanza, se da interazioni farmacologiche, non sono stati condotti studi per verificare la capacità alla guida. Effetti indesiderati non noti, overdose, dati farmacodinamici e farmacocinetici. Quando un farmaco però è well established troviamo la categoria farmacologica di appartenenza perché viene incluso in quella sezione. Sono 7 pagine in cui però troviamo tante info che suppo

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