Biologia Cellulare PDF - A.A. 24/25

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Università di Padova

Luisa dalla Valle, Chiara Bernardi

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biologia cellulare cellula eucarioti procarioti

Summary

These notes cover the fundamentals of cellular biology, including cell structure and function, the history of cell discoveries, and the organization of life on Earth. It discusses cell types, such as prokaryotes and eukaryotes, and examples of organisms used in various biological studies. The document outlines different cell organelles and their functions, with a focus on the organization of eukaryotic cells.

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A.A. 24/25 Biologia cellulare Professoressa Luisa dalla Valle Chiara Bernardi https://mediaspace.unipd.it/channel/Video+corsi+Biologia/145368251 Esame → parte 1 scritta a quiz (uguali per pari e dispari) / par...

A.A. 24/25 Biologia cellulare Professoressa Luisa dalla Valle Chiara Bernardi https://mediaspace.unipd.it/channel/Video+corsi+Biologia/145368251 Esame → parte 1 scritta a quiz (uguali per pari e dispari) / parte 2 domande aperte 1 1. PANORAMICA DELLA CELLULA Le cellule Le cellule costituiscono l’unità strutturale e funzionale di tutti gli organismi viventi. All’interno di esse si svolgono tutte le attività chimiche necessarie a sostenere la vita. Le cellule possono avere forma e dimensione molto diverse, la forma generalmente dipende dalla loro funzione specifica. - Il primo microscopio è stato creato nel 1665 da Robert Hooke, con cui ha analizzato una sezione di sughero osservando delle cellette che poi ha rinominato cellule - 1673 → introduzione di microscopi più potenti (300X) con cui Anthonh van Leeuwenhoek potranno osservare cellule più piccole come spermatozoi, globuli rossi e batteri. Usa teoria era che la generazione spontanea fosse limitata al mondo microscopico. Questa teoria fu smontata da Pasteur che confermò che nelle condizioni ambientali attuali la vita sorge solo dalla vita. - 1838-39 → Botanico (Schleiden) e zoologo (Schwann) definirono la cellula l’unità basilare - 1855 → lo studioso Virchow afferma che ogni cellula deriva da un’altra cellula preesistente La teoria cellulare - La cellula è l’unità di base di tutti gli organismi - Tutti gli organismi sono formati da una o più cellule - È la più piccola identità vivente in grado di sopravvivere in modalità autonoma - Ogni cellula deriva da una cellula preesistente La materia vivente, tuttavia, non è fatta solo di cellule, infatti tessuti come quello connettivo sono costituiti da una struttura di proteine, acidi polisaccaridi che costituiscono la matrice extracellulare. Inoltre, è stato scoperto che alcune cellule sono prive di nucleo, come gli eritrociti, oppure ne possiedono più di uno, come quelle muscolari, chiamate sincizi veri. Il nome sincizio deriva dalla citologia dove si definisce sincizio la fusione tra due o più cellule, dando origine ad un’unica cellula polinucleata. Le dimensioni delle cellule sono estremamente variabili tra di loro – non tutte infatti sono microscopiche alcune infatti sono grandi come quelle uovo oppure cellule estremamente piccole per cui è necessario utilizzare microspie ottici (poco meno di 100 nm) – per i batteri sarà necessario utilizzare il microscopio elettronico (fino a 0,1 nm) che permetterà di vedere gli organelli interni delle cellule. 2 Il rapporto superficie/volume è un fattore critico per le dimensioni della cellula. Le cellule più piccole hanno un rapporto s/v maggiore, in quanto mentre la superficie totale aumenta in seguito al maggior numero di cellule presenti nella porzione di superficie considerata, il volume rimane costante, favorendo lo scambio di materiale tra interno ed esterno della cellula. La dimensione e la forma si rapportano anche alla funzione di ciascuna cellula permettendo comunque uno scambio efficace di materiale. L’albero della vita L’albero della vita ha come funzione quella di organizzare l’evoluzione delle nostre cellule. Fu proposto nel 1977 da Woese che lo ottenne confrontando l’rRNA nei diversi organismi. Esse derivano da unica cellula generale chiamato progenitore comune detto anche LUCA, acronimo di “last universal common ancestor”. Da essa si sviluppano tre domini, da una parte i batteri e dall’altra gli eucarioti, ma anche un tipo particolare di batteri chiamati archeobatteri che possiedono delle caratteristiche in comune tra i batteri e le cellule eucarioti, essi infatti condividono con essi un progenitore comune più recente rispetto a quello condiviso con i batteri. Si presuppone tuttavia un possibile trasferimento orizzontale di materiale genetico come plasmidi o mitocondri tra specie diverse, come archae e batteri ma anche batteri ed archae, che acquisiscono dunque nuovi geni che vengono integrati all’interno del genoma. Riferendosi alla base dell’albero e per quanto concerne i procarioti, è più corretto parlare di una rete della vita, tenendo conto dei numerosi processi di scambio genetico tra i procarioti. La vita sulla terra La terra ha 4,6 miliardi di anni, ma la vita inizia tra 4 e 3,5 miliardi di anni fa da degli organismi che adesso chiamiamo cianobatteri, organismi unicellulari che ora troviamo in Australia, Shark Bay. Le prime forme di vita documentate (fossili e depositi biotici di carbonati) risalgono a 3,5 miliardi di anni fa in Australia occidentale, tuttavia le prime forme di vita risalgono a già 3,7 miliardi di anni fa in Groenlandia. I due grandi gruppi in cui dividiamo i procarioti sono i batteri e archeobatteri. Domini procarioti: Bacteria e Archae (o Archeobatteri) I procarioti sono solo unicellulari, delimitati da una membrana cellulare e più esternamente da una parete cellulare in quanto la membrana è un involucro molto delicato. Essi non possiedono organismi delimitati da membrana, dunque neppure un nucleo. Il materiale genetico, infatti, si trova libero nel citoplasma in una zona 3 denominata nucleoide. Il DNA procariote è circolare. La loro riproduzione avviene in modo asessuato. I batteri popolano tutti gli ambienti ed alcuni sono patogeni per l’uomo. Gli archeobatteri sono procarioti inizialmente scoperti in ambienti estremi come sorgenti calde, acque acide e pozze ad alta salinità. Essi hanno sviluppato delle capacità tali da essere in grado di sopravvivere in questi ambienti. Successivamente si è riscontrata la loro presenza anche in ambienti non estremi. Alcuni sono anche enzimi, come la Taq polimerasi necessaria per la PCR ed in grado di resistere alle alte temperature. Gli eucarioti invece sono organismi divisi in quattro regni, protisti / piante / funghi / animali. La loro caratteristica principale è quella di possedere un nucleo. (video 02) Le cellule si dividono in animali e vegetali Le loro caratteristiche principali sono: Unicellulari e pluricellulari. Sono delimitati da una membrana cellulare. Possiedono organelli delimitati da membrana. Possiedono un nucleo costituito da una doppia membrana al cui interno si trova il DNA. La riproduzione è sia asessuata che sessuata. 4 Maggiori dimensioni rispetto ai procarioti. Si utilizzano degli organismi modello che forniscono un parametro di confronto ed ad avere dei parametri su cui poi si effettuano nuove ricerche. Organismi modello 1. Escherichia coli: o per i batteri, vive nell’intestino dell’uomo e alcuni sono patogeni per gli uomini. o Si moltiplicano molto velocemente, in 20 minuti e questa è una delle ragioni per cui è stato preso come modello. o La lunghezza del genoma è di 4,64 Mpb (milioni di paia di basi). o Numero di geni è circa 4.300. o Su di esso si effettuano studi di biologia molecolare, la replicazione del DNA e viene studiato in quanto apparato di sintesi di proteine. 2. Sarcomero: o Il loro genoma è di 12,1 Mpb. o Numero di geni: 6000 con 16 cromosomi o possiedono dei geni che indirizzano le proteine verso uno specifico compartimento, geni che codificano gli istoni, le proteine del citoscheletro, che codificato proteine per il controllo del ciclo cellulare e che codificano proteine e per il processamento dell’RNA. o La cosa più importante è la regolazione del ciclo cellulare. 5 3. Drosophila melanogaster: o Il motivo è la genetica di base ma anche per la biologia dello sviluppo e genetica. o Genoma = 180 Mpb o Numero di geni = 14,000 4. Caenorhabdutis elegans: o è un verme con una lunghezza del genoma di 97 Mpb e circa o 19.000 geni. o Quest’organismo è particolare perché nonostante il numero di cellule germinazione estremamente variabile, le cellule somatiche sono sempre dello stesso numero, 959. Esso è dotato di sistema nervoso, digerente e riproduzione sessuale. o Questo organismo è utile a capire come si dividono certe cellule e come funziona l’apoptosi, morte cellulare, necessario per arrivare al numero prestabilito di cellule. o In questo organismo rispetto al lievito sono presenti geni per l’associazione delle cellule in tessuti e la comunicazione tra cellule. 5. Danio renio: o comunemente chiamato pesce zebra, utilizzato in biologia dello sviluppo ma anche in altri campi di ricerca come la tossicologia. o Il suo genoma è lungo 1.700 Mpb o ha dai 20 ai 25.000 geni. 6. Homo sapiens: o Non è un organismo modello perché non si possono fare esperimenti su di esso, ma tutti gli esperimenti che si fanno servono per capire il suo funzionamento e sviluppo. o Patrimonio genetico uguale a quello del topo 7. Mus musculus: o Per la ricerca biomedica. La ricerca è sempre indirizzata all’uomo. Quindi noi utilizziamo questi organismi perché contengono gli stessi geni che svolgono le stesse funzioni. o Esso possiede un genoma lungo 3.000 Mpb o 20-25.000 geni, così come l’uomo. o Esempio: il gene PAX 6, responsabile della cecità nell’uomo ma anche in tutti gli organismi sopra citati. Modelli del mondo vegetale. 1. Arabidopsis thaliana: o Si utilizza questa pianta perché rispetto a tante altre piante ha un genoma molto più compatto con solo il 10% di basi ripetute. o Rispetto ai modelli animali, possiede geni per la fotosintesi, per il trasporto di acqua e per la difesa contro gli organismi predatori. 6 o 125 Mpb o 26,000 geni Organizzazione della cellula eucariote Membrana plasmatica I suoi costituenti e organizzazione: fosfolipidi, lipidi di membrana e proteine. Le proteine di membrana: la loro interazione con i fosfolipidi e loro ruolo nelle membrane. Domini proteici, organizzazione spaziale e mobilità delle proteine e dei lipidi La permeabilità della membrana e i diversi tipi di trasporto. Funzioni delle proteine di membrana. Il reticolo endoplasmatico liscio e rugosa Funzioni del reticolo endoplasmatico liscio. Dove vengono sintetizzate le proteine: citoplasma e reticolo rugoso. Le proteine che entrano nel reticolo endoplasmatico: modalità di sintesi, sequenza segnale, modificazioni delle proteine. L’apparato di Golgi Trasporto attraverso l’apparato di Golgi. Esocitosi: la secrezione costitutiva e regolata. Proteine destinate ai lisosomi, caratteristiche dei lisosomi. Formazione di vescicole dalle membrane, tipi di rivestimento delle vescicole, segnali di destinazione sulle vescicole. L’endocitosi: l'endocitosi mediata da recettore, gli endosomi. I lisosomi Funzioni dei lisosomi. Digestione di materiale proveniente dall’interno o dall’esterno della cellula. Digestione virus e batteri. Riciclo di componenti cellulari. Coinvolgimento nella morte cellulare. Non presenti nelle cellule vegetali. Il citoscheletro Organizzazione e caratteristiche dei microtubuli. I filamenti intermedi. I filamenti di actina. La contrazione muscolare. I mitocondri Le membrane mitocondriali e la matrice mitocondriale. Il DNA mitocondriale e la sua replicazione. Ribosomi mitocondriali: origine e sintesi delle proteine mitocondriali. Trasporto delle proteine dal citoplasma al mitocondrio. Le creste mitocondriali e la catena di trasporto degli elettroni. Formazione del gradiente protonico e sintesi di ATP. 7 Plastidi, cloroplasti e vacuoli Cloroplasti e plastidi non fotosintetici: organizzazione strutturale e funzioni. Origine endosimbiontica dei plastidi. Vacuolo Il nucleo e l’organizzazione della cromatina L’involucro nucleare (le membrane, la lamina e i complessi del poro). Trasporto delle proteine nel nucleo e il segnale di localizzazione nucleare. L’organizzazione del DNA nella fibra nucleosomica. Il cromosoma eucariotico e le sue regioni caratteristiche. Il nucleolo. La divisione cellulare (video) La mitosi (video) Le sue fasi: La condensazione della cromatina e la comparsa dei cromosomi. La duplicazione del centromero e la formazione del fuso mitotico. La disorganizzazione dell’involucro nucleare. I microtubuli del fuso mitotico e l’interazione con i cinetocori dei cromosomi. La divisione dei cromatidi durante l’anafase e ruolo dei microtubuli all’anafase. La riformazione dell’involucro nucleare e la citocinesi. La meiosi: aspetti principali e confronto con la mitosi Accoppiamento, ricombinazione, segregazione dei cromosomi. Movimenti dei cromosomi alla meiosi I. Soppressione della replicazione del DNA tra meiosi I e II. Arresto alla metafase II. La regolazione del ciclo cellulare (video) Il ruolo delle cicline e l’attivazione delle CDK. La distruzione delle cicline. I proteasomi. I punti di controllo del ciclo xellulare. Apoptosi, aspetti morfologici e biochimici di necrosi e apoptosi Meccanismi di controllo dell’apoptosi. Regolazione delle cascate enzimatiche coinvolte nella progressione dell’apoptosi ed i loro controlli. Tecniche per rilevare l’apoptosi nelle colture cellulari. I recettori e la trasmissione del segnale. Le molecole segnale. Principali vie di segnalazione. Recettori citoplasmatici/nucleari e recettori di membrana. Trasduzione del segnale. 8 Cellule staminali, embrionali e adulte. Differenziamento 2. LE MOLECOLE BIOLOGICHE Composizione delle cellule Gli organismi sono costituiti solo da una minima parte degli elementi presenti in natura. Più del 60% degli atomi degli organismi sono idrogeno e ossigeno. Legami covalenti Le nostre molecole sono formate da legami tra i vari atomi. Il numero degli elettroni nell’orbitale esterno determina il tipo e numero di legami tra di essi. Avviene quando 2 o più atomi mettono in condivisione elettroni per raggiungere l’equilibrio dello strato esterno di elettroni. Sono legami che avvengono tra due atomi uguali in cui l’elettronegatività è la stessa. Gli atomi che costituiscono le molecole sono tenuti insieme da legami covalenti nei quali le coppie di elettroni sono condivise da coppie di atomi. I legami covalenti si instaurano attraverso una condivisione di una o più coppie di elettroni per raggiungere l’ottetto, dando quindi origine anche a legami singoli, doppi, tripli. Sono molto forti. La distribuzione asimmetrica delle cariche è determinata da diverse forze di attrazione per gli elettroni da parte di atomi diversi Le molecole polari contengono atomi elettronegativi come OSSIGENO, AZOTO, ZOLFO. 9 Nel caso in caso non ci sia alcun tipo di spostamento di carica quindi non hanno alcun tipo di carica vengono definiti apolari. Legame covalente polare: atomi con diversa elettronegatività → spostamento parziale degli elettroni verso l’atomo più elettronegativo determinata da una diversa forza di attrazione per gli elettroni da parte di atomi diversi. Questa distribuzione asimmetrica delle cariche porta alla formazione di cariche parziali e le molecole ad assumere una determinata forma nello spazio, come quella della molecola di acqua. Ossigeno, azoto e zolfo → atomi elettronegativi contenuti nei legami covalenti polari Legame ionico Legame ionico di natura elettrostatica che si instaura tra ioni di carica opposta detti cationi (+) e anioni (-). Si forma tra quando gli atomi possiedono un’elevata differenza di elettronegatività, poiché essa è tale che l’elettrone viene trasferito all’atomo con elettronegatività maggiore. Porta alla formazione di due ioni con cariche intere positive e negative. Nacl. Legami intermolecolari e forze di Van der Waals Questi legami sono più deboli rispetto a quelli elettrostatici. Si creano da forze attrattive e repulsive tra le cariche delle molecole. Inizialmente si formano delle cariche parziali e da cui parte una reazione a catena. L’interazione in sé è molto debole ma dato che questi legami avvengono tra tutte le molecole contenute negli organismi, nel complesso risultano comunque stabilì. Le forze di van der Waals sono deboli forze attrattive che avvengono sia tra molecole polari che apolari. Sono interazioni estremamente deboli, con breve raggio d’azione e con intensità che diminuisce all’aumentare della distanza. Si dividono in: 1. Interazione dipolo-dipolo → induce una separazione di cariche. Si instaurano tra molecole polari. Tali molecole si comportano da dipolo elettrici spontanei e si attirano reciprocamente, orientandosi con l’estremità positiva di un dipolo vicina all’estremità negativa del dipolo vicino. 2. Interazione dipolo permanente - dipolo indotto 3. Interazione dipolo istantaneo – dipolo indotto Legame a idrogeno si formano tra un elemento elettronegativo (per esempio F, O, N) che fa parte di una molecola che presenta una parziale carica negativa al suo interno e un altro idrogeno a sua volta legato ad un atomo elettronegativo, avendo quindi una parziale carica 10 positiva. Il secondo atomo elettronegativo può far parte della stessa molecola oppure di un’altra con parziale carica positiva. Più forti delle forze di van der Waals e hanno circa 1/20 della forza di un legame covalente. Se ne formano molti, per esempio le molecole che costituiscono l’acqua sono legate tra di loro da legami a idrogeno. Questo è il tipo di legame che tiene unite le due catene di DNA. Molecole idrofile o idrofobe Le molecole idrofile sono solubili in acqua le sostanze formate da molecole polari (con una carica parziale sulla loro superficie, ad esempio l’alcol etilico) o ioniche (cloruro di sodio). Sono insolubili le sostanze apolari, ossia prive di carica come i lipidi Le molecole idrofobe rimangono a stretto contattino tra di loro cercando di ridurre il contatto con la superficie carica dell’acqua. Proteine – tipo di cariche, tipo di amminoacidi Carbonio e gruppi funzionali L’ 'elemento fondamentale di gran parte delle sostante chimiche costitutive degli esseri viventi è il carbonio. La capacità del carbonio di formare 4 legami covalenti è alla base della versatilità di questo elemento nel formare grandi, complesse e diverse molecole. Può legarsi a molti atomi diversi tra cui H, O e N. Particolari insiemi di atomi che si comportano come una unità conferendo alle molecole organiche le loro proprietà fisiche, la loro reattività chimica e la loro solubilità in acqua. Gruppi funzionali: sono insiemi di atomi che si comportano come un’unita e che danno alle molecole organiche le loro proprietà fisiche, la loro reattività chimica e la loro solubilità in acqua. Le proteine contengono 1 gruppo carbossilico e uno amminico - Gruppo ossidrilico OH → neutri ma polari (no separazione di carica totale, ma la separazione tra gli atomi fa siche sia o carichi) Composizione e delle cellule Le macromolecole sono polimeri di grandi dimensioni. Quattro tipi di macromolecole sono presenti in tutti gli esseri viventi. Le proteine sono le macromolecole più abbondanti. Piccole molecole organiche = peso molecolare tra 100 e 1000 Dalton. Il Dalton (o Da) è l’unità di massa atomica pari alla dodicesima parte della massa di un atomo di 12C. 11 Macromolecole = polimeri di grandi dimensioni (PM>1000 Da). I polimeri si formano a partire da molecole più piccole (monomeri) legate covalentemente. I lipidi sono macromolecole ma non si formano grazie ad un classico processo di polimerizzazione. Funzioni: strutturali, deposito di energia, enzimatiche, trasporto, difesa, regolazione, movimento e informazione. Sintesi mediante polimerizzazione I monomeri formano catene più grandi (polimeri) per condensazione di unità più piccole. La reazione, catalizzata da enzimi, richiede energia e libera una molecola di acqua. I polimeri vengono degradati nei monomeri costitutivi attraverso i processo inversi (idrolisi) L’idrolisi rompe il legame covalente che si è formato nella condensazione e stacca un monomero dal polimero mediante l’inserzione di una molecola di acqua. Le proteine Sono polimeri formati a partire da 20 amminoacidi naturali. Gli aminoacidi sono molecole organiche contenenti sia gruppi carbossilici che amminici legati al carbonio centrale , assieme ad un idrogeno e a un gruppo variabile indicato con la lettera R. Il carbonio centrale è asimmetrico (non nella glicina). Questo determina la formazione di due stereoisomeri, forma D (destro) e L (levo). Nelle proteine è presente solo la forma L (gruppo amminico sulla sinistra). Gli stereoisomeri sono uno speculare all’altro, hanno stessa struttura chimica ma diversa composizione nello spazio. Esistono 20 amminoacidi che si differenziano a seconda del gruppo R e sono suddivisi in gruppi - AMMINOACI APOLARI (IDROFOBICI): costituito da elettroni che hanno poca separazione di carica. 12 Non è detto che tutti gli amminoacidi iniziano con la metionina. L’inizio della proteina spesso viene tagliato, ma nell’ RNA messaggero il primo codone è sempre una metionina. Il sistema ad anello della prolina limita la possibilità di rotazione attorno al carbonio  favorendo la presenza di questo residuo in punti in cui la proteina presenta piegature od anse. Il gruppo R si chiude attorno al gruppo amminico. Le proline determinano un ripiegamento. - AMMINOACIDI POLARI IDROFILICHE: parziale separazione di cariche. sono polari ma non carichi. - AMMINOACIDI POLARI (IDROFILICI): carichi Due residui di cisteina possono essere uniti da un legame disolfuro. (forma i ponti solfuro) Tirosina: gruppo aromatico R I quattro livelli di organizzazione strutturale di una proteina Le proteine sono macromolecole che svolgono funzioni diverse, le possiamo rappresentare in tanti modi: o “a spirali e nastri”: fa vedere come è organizzata, da quali strutture è formata o “a sfere bastonciniche”: mette in evidenza i legami 13 1. STRUTTURA PRIMARIA: Mette in evidenza la sequenza degli amminoacidi così come sono allineati uno dopo l’altro. Il primo N è terminale. Il primo amminoacido ha il libero gruppo amminico. L’ultimo t-terminale ha il libero gruppo carbossilico La formazione del legame peptidico è una reazione di condensazione (eliminazione di una molecola d’acqua). La catena polipeptidica è direzionale (N-terminale verso C-terminale). Piccole differenze nella struttura primaria implicano funzioni biologiche completamente diverse. Vedi ossitocine e arginina vasopressina/ globuli rossianemia falciforme 2. STRUTTURA SECONDARIA: Coinvolge solo una sezione delle proteine ad eccezione della cheratina che è tutta coinvolta in quanto tutta alfa elica. La proteina solo se assume la struttura corretta riesce svolgere la propria funzione Le proteine assumono strutture e ripiegamenti regolari ripetuti e ne abbiamo di due tipi: alfa elica: strutture tridimensionali che si formano in alcuni tratti della catena peptidica. Derivano dalla formazione di legami idrogeno tra un gruppo carbonilico di un legame peptidico e l’idrogeno del gruppo ammidico di un altro legame peptidico. Rappresentata a elica o a struttura tubulare. Lo scheletro è all’interno dell’elica e le catene laterali si proiettano all’esterno. I legami idrogeno sono quasi paralleli all’asse centrale dell’elica e stabilizzano la struttura La glicina la mettiamo all’interno dell’alfa elica, al centro dove ho poco spazio. E’ allineata nella parte centrale. 14 foglietto beta: si formano quando diversi filamenti di una catena polipeptidica si dispongono parallelamente gli uni agli altri. Le catene laterali si proiettano all’esterno. I legami a idrogeno sono perpendicolari al piano del foglietto, si formano tra foglietti adiacenti e li tengono uniti. Possono avere due tipi di andamento. 3. STRUTTURA TERZIARIA: descrive come la proteina è organizzata nello spazio. Si origina dal ripiegamento nello spazio della catena polipeptidica. La struttura tridimensionale di una proteina è quella, tra le tante possibili, con minor contenuto energetico e quindi più stabile. Organizzazione data da legami secondari che intervengono tra amminoacidi: o Forze di van der Waals: spostamenti momentanei di elettroni o interazioni idrofobiche: tra molecole che non hanno separazione di carica e che si formano tra loro. (Negli amminoacidi APOLARI) o Legami a idrogeno o Legami ionici o Il ponte di solfuro è l’unico legame covalente. si forma tra due cisteine che si avvicinano. Importanti per la stabilizzazione della struttura. Sono importanti per la stabilizzazione della struttura terziaria, si formano tra i gruppi -SH di due molecole di cisteina, spazialmente vicine, con formazione di un legame covalente. Le catene laterali non polari tendono a unirsi tra loro in modo da offrire la minore superficie al solvente acquoso. I residui idrofobici sono localizzati all’interno della proteina, lontano dall’acqua. Due tipi principali di proteine proteine fibrose con catene polipeptidiche disposte in lunghi fasci o foglietti (ruolo strutturale o di resistenza). In queste proteine la struttura secondaria è prevalente. proteine globulari con catene polipeptidiche ripiegate e forme globulari o sferiche (enzimi o proteine regolatrici). Zone verdi: amminoacidi in sequenza non ordinata. Avv. ripiegamenti 15 Domini funzionali Le catene polipeptidiche più lunghe si possono ripiegare in raggruppamenti globulari, detti domini. I domini possono essere unità funzionali (dominio 1 può essere di funzione enzimatica…). Domini diversi sono generalmente associati a funzioni differenti. Proteine con funzioni multiple hanno di solito un dominio diverso per ciascuna funzione. Sono regioni non strutturate della catena polipeptidica: rendono la struttura flessibile e possono formare punti di contatto con altre proteine e DNA. 4. STRUTTURA QUATERNARIA: Tipica delle proteine che per svolgere la funzione devono essere associate tra di loro. È l’associazione di più polipeptidi per formare una proteina multimerica. Struttura: 2 catene alfa e 2 beta. Catena alfa ha affinità per l'ossigeno molto più bassa rispetto alla catena beta. Unendo i due tipi di catena si potenzia la caratteristica. Emoglobina: formata da struttura quaternaria, è un complesso proteico e ha il compito di trasportare l’ossigeno e di portare indietro anidride carbonica. La forma delle proteine e le condizioni ambientali La conformazione è ciò che dà alle proteine le caratteristiche e permette di volgere le proprie funzioni. Gli chaperoni molecolari sono proteine che interagiscono con polipeptidi parzialmente ripiegati o non correttamente ripiegati, e li aiutano a raggiungere un ripiegamento corretto o forniscono un microambiente favorevole a tale processo. Aiutano la proteina nascente a raggiungere la conformazione corretta nello spazio. La molecola nativa va in contro al processo di DENATURAZIONE: 16 Agenti denaturanti (calore, variazione ph) modificano la struttura tridimensionale. Si rompono dei legami e se ne formano degli altri. Grazie agli chaperon a volte tornano ad avere la corretta conformazione, a svolgere le proprie funzioni e a riacquistare attività enzimatica tramite il processo di RINATURAZIONE, altrimenti la molecola viene degradata. Le proteine possono essere legate anche ad altri componenti chimici. Carboidrati Le aldeidi e i chetoni possono reagire con un gruppo OH nella stessa molecola e convertirla in un anello. Forma a catena aperta e forma chiusa ad anello sono in equilibrio. Quando il carboidrato è ad anello (forma planare), il gruppo OH in corrispondenza del C1 è o al di sotto (forma alfa) della molecola o al di sopra (forma b). L’unità di base è il monosaccaride. Formula generale data da carbonio, 2 idrogeno ossigeno con n che va da 3 a 8 atoni di carbonio. (CH2O)n I carboidrati contengono alcuni gruppi ossidrilici e poi o un chetone o un’aldeide e otteniamo così aldozuccheri o chetozuccheri. Con la formazione di un disaccaride si forma un legame alfa o beta glicosidico in seguito a reazione di condensazione. Maltosio: 2alfa-D-glucosio Lattosio: beta-D-galattosio beta-D-glucosio Saccarosio: alfa-D-glucosio beta-D-fruttosio 17 I polisaccardi: depositi di energia o materiali strutturali - Deposito di energia (amido e glicogeno). Sono entrambi costituiti da catene lineari di a- glucosio unite da legami glicosidici alfa (1-4). Le ramificazioni si originano a livello dei legami alfa (1-6). Glicogeno: La molecola di glicogeno si forma partendo dalla glicogenina e poi ramificandosi. Una proteina centrale di glicogenina (centro di nucleazione) è circondata da ramificazioni di unità di glucosio. - Funzioni strutturali (cellulosa (polimero delle piante) e chitina nell’esoscheletro insetti). Cellulosa: Lunghe catene non ramificate di unità di b-glucosio unite da legami glicosidici b (1- 4). Numerose catene di cellulosa formano legami tra loro per formare le microfibrille per costruire la parete delle cellule vegetali. Gli erbivori hanno batteri nell’intestino che permettono la digestione di cellulosa e poi gli erbivori si nutrono di batteri. 1. Costituenti della matrice extra cellulare 2. Possono legarsi a proteine o lipidi per formare glicoproteine o glicolipidi 3. Importanti per interazione tra le cellule. Lipidi Non sono polimeri ma sono macromolecole e insolubili in acqua Acidi grassi Possiedono un gruppo carbossilico terminale (regione idrofila). Possiedono una lunga catena idrocarburica (carbonio e idrogeno), insolubile in acqua (regione idrofobica). Si distinguono per la lunghezza della catena e per presenza, numero e posizione di doppi legami. Da 16 a 24 carboni. La presenza di doppi legami determina un ripiegamento nella catena. Deposito di energia. Sono esteri formati a partire da una molecola di glicerolo (piccolo alcool con tre gruppi -OH) unita a tre molecole di acidi grassi (lunga catena idrocarburica con un gruppo carbossilico polare). Sono molto idrofobici. Acidi grassi saturi (singolo legame) e struttura lineare Acidi grassi insaturi (doppi legami) e quindi la struttura lineare si ripiega Fosfolipidi Componenti della membrana plasmatica. 18 I fosfolipidi sono costituiti da glicerolo esterificato con due acidi grassi. Il terzo ossidrile è invece legato ad una molecola di acido fosforico, a sua volta legata ad un altro composto più o meno polare. Il gruppo fosfato ha carica elettrica negativa. I fosfolipidi hanno due “code” apolari idrofobe ed una “testa” polare idrofila. Componente fondamentale delle membrane cellulari I fosfogliceridi sono il tipo prevalente di fosfolipidi presente nella maggior parte delle membrane. La componente base è l’Acido fosfatidico: 2 acidi grassi, e un gruppo fosfato attaccato allo scheletro del glicerolo. Se in corrispondenza di R aggiungo invece una colina, colina, etanolamina, inositolo allora è prende il nome di fosfolipide. Molecola anfipatica (testa molto polare e due lunghe catene non polari) Carotenoidi e steroidi CAROTENOIDI: simili a ormoni STEROIDI: Sono veri e propri ormoni che derivano dal colesterolo (componente fondamentale delle membrane plasmatiche). Se ne introduco troppo allora può nascere una patologia. Il colesterolo è una molecola anfipatica (piccola testa polare OH+C+O) che lo orienta nella membrana plasmatica. Con piccoli cambiamenti otteniamo degli ormoni: testosterone, progesterone, cortisolo, estradiolo aldosterone. Gli acidi nucleici DNA e RNA sono polimeri formati da monomeri chiamati nucleotidi formati da un gruppi fosfato, da uno zucchero (diverso a seconda dell’acido nucleico considerato) e una base azotata. Quest’ultime sono divise in purine (adenina e guanina) e pirimidine (Citosina, Uracile, Timina). I nucleotidi contengono le informazioni per svolgere le attività e funzioni della cellula, ma svolgono anche altri ruoli importanti nelle cellule come: o ATP nucleotide che fornisce energia nelle reazioni biochimiche o GTP fonte di energia per la sintesi di proteine (all’interno dei ribosomi) o cAMP è essenziale nella trasduzione dei segnali intracellulari 19 o contribuiscono anche alla formazione di creazione di coenzimi come il coenzima A Forme fosforilate dell’adenosina In particolare, i legami fosfoanidridici del gruppo fosfato sono ricchi di energia, soprattutto il terzo. L’AMP ciclico è una forma ciclizzata della molecola adenosina monofosfato. Polimerizzazione dei nucleotidi La formazione degli acidi nucleici avviene attraverso la reazione di condensazione. Questo si comprende anche perché durante la loro polimerizzazione si ha la formazione di una molecola di acqua. Man mano che aggiungo i nucleotidi si forma una sequenza. Struttura e legami a idrogeno tra le basi L’informazione degli acidi nucleici, utile per la sintesi delle proteine, per la regolazione dei processi che avvengono all’interno delle cellule, è contenuta nella sequenza delle basi azotate. Potremmo avere solo un filamento di DNA che porta questo tipo di informazione che, quando necessario viene cambiato in una sequenza di RNA che porta l’informazione all’interno e all’esterno del nucleo. Questa cosa però è pericolosa sia per la modalità di trasmettere le informazioni alle cellule figlie che si formano durante la divisione cellulare ma anche perché, se dovesse avvenire un qualsiasi tipo di mutazione, non avrei nulla che mi memorizzi quella che doveva essere l’informazione corretta ed è anche per questo motivo che il DNA si trova sottoforma di un doppio filamento in cui le due catene sono assolutamente complementari luna all’altra. I legami idrogeno tengono legate le basi azotate. Per tenere uniti adenina e timina servono 2 legami idrogeno, mentre tra guanina e citosina servono 3 legami. Il fatto che ci siano 2 o 3 legami a idrogenano mi regola anche quanta energia devo fornire per separare queste molecole a seconda della composizione del DNA. Più la mia sequenza è ricca di citosina e guanina, più energia dovrò fornire per separare due filamenti. → Temperatura di melting (temperatura necessaria per dividere i filamenti) 20 Tipi di RNA tRNA: struttura all’interno della cellula che consce sia il linguaggio degli acidi nucleici e quelli degli amminoacidi. RNA che ci fanno capire come in realtà la trascrizione dei geni sia molto più complessa. L’mRNA verrà regolato anche in base a come, quando e se verrà tradotto 3. COME SI STUDIANO LE CELLULE Lo studio delle cellule: morfologia delle cellule MICROSCOPIA = insieme delle tecniche legate all’osservazione di organismi e strutture cellulari microscopiche. L’osservazione dei diversi livelli di organizzazione della materia vivente richiede l’uso di strumenti diversi, dato che non possono essere osservati ad occhio nudo. Istologia classica Preparazione campioni biologici per istologia 1. Fissazione Serve a preservare la morfologia delle cellule e dei tessuti bloccando i processi biologici come: processi di autodistruzione o autolisi che hanno inizio subito dopo la morte cellulare e che sono dovuti all’azione di enzimi lisosomiali; processi di putrefazione ad opera di batteri. Se non fisso il tessuto, la sua morfologia viene completamente persa. I fissativi si basano su delle molecole chiamate reticolanti perché creano dei reticoli tra le molecole del tessuto impedendo le modifiche morfologiche del tessuto. Altri sono a base di etanolo, che disidratano le molecole e impediscono l’azione degli enzimi litici di distruzione, ma rovinano un po’ la morfologia del tessuto perché disidratandolo, la modifica leggermente. 2. Risciacquo 3. Disidratazione → nella quale a volte si utilizza l’etanolo, l’acqua viene eliminata rendendo il tessuto duro 4. Diafanizzazione / chiarificazione → durante questo processo, l’elemento che era stato utilizzato come reticolante e l’etanolo usato nella disidratazione, vengono sostituiti con lo xilene (detto anche xilolo) poiché essendo una molecola anfipatica, è in grado di entrare nel tessuto disidratato per essere 21 poi sostituito da una sostanza polare. Questo processo viene effettuato in quanto la paraffina è idrofoba e non riuscirebbe entrare in un tessuto ricco di sostanze apolari. Il nome chiarificazione deriva dall’aspetto traslucido che il tessuto assume alla fine di questo processo, detto anche diafanizzazione. Inclusione e taglio Prima del taglio, il tessuto deve essere indurito. Dopo il processo di disidratazione e chiarificazione il tessuto deve essere sottoposto a: Inclusione → il tessuto viene imbibito con una sostanza liquida che poi si trasforma in una fase solida ed omogenea. Questa sostanza è la paraffina che va bene per il microscopio ottico, ma non per il microscopio elettronico, per cui per indurire uso la resina perché è una sostanza inizialmente liquida che dopo averla messa nel mio tessuto con un catalizzatore, si indurisce e diventa talmente dura che per tagliare si utilizza una lama di diamante. Taglio → Per tagliare il tessuto si utilizza uno strumento chiamato microtomo che taglia fino a 5-8 micrometri ogni vola che incontra il tessuto. Per tagliare tessuti da osservare con il microscopio elettronico invece si utilizza l’ultramicrotomo. Colorazione Prima dell’osservazione al microscopio ottico, il tessuto deve essere colorato per aumentare il contrasto tra i vari componenti del tessuto. La colorazione permette inoltre di identificare costituenti chimici particolari del tessuto (colorante acido – componente basico / componente basico – componente acido. Coloranti con affinità per componenti cellulari e tissutali diverse possono essere combinati nella stessa sezione istologica. Campo chiaro Nel microscopio ottico in campo chiaro la luce che attraversa la cellula vivente non colorata viene alterata leggermente quando attraversa le parti più dense della cellula (poco contrasto). Il preparato viene fissato e colorato. Le porzioni colorate della cellula assorbono la luce di particolari lunghezze 22 d'onda, che dipendono dal colore, ma lasciano passare le altre. Si ottiene quindi un'immagine colorata della cellula. Colorazione E & E È la colorazione istologica di base dei tessuti animali e negli esami istopatologici di routine. Colora in blu violaceo (ematossilina) i componenti cellulari carichi negativamente chiamati basofili, come gli acidi nucleici, quindi, andranno a colorare i nuclei. Colora in rosso rosato (eosina), i componenti carichi positivamente come molte proteine cellulari e, in generale, tutte le sostanze basiche quindi generalmente il citoplasma è colorato di rosa. - Utilizzata per esami istologici, tessuti congelati con l’azoto, tagliato con il criostato e colorato con questo sistema. La morfologia però non è molto bella da vedere. - Differenza tra pancreas endocrino (produce insulina e glucagone quindi produce) e pancreas esocrino (produce enzimi necessari per il nostro intestino quindi è ricco di proteine contenute nell’RNA, quindi colora anche i ribosomi) PAS → mette in evidenza dove ci sono zuccheri (la colorazione è rossa) Impregnazione argentica → mette in evidenza fibre reticolari Tricromica→ mette in evidenza tessuto connettivo Microscopio ottico Per guardare le cellule al microscopio ottico bisogna: Concentrare la sorgente di luce sul campione mettendola a fuoco con la lente del condensatore. Preparare il campione in modo tale che la luce possa attraversarlo. Disporre una serie di lenti (obiettivo e oculare) in modo da mettere a fuoco nell’occhio un’immagine del campione. Il condensatore mette a fuoco un cono di raggi luminosi su ciascun punto del campione. L’obiettivo raccoglie un cono di raggi luminosi per creare un’immagine primaria. A seconda del preparato che sto utilizzando devo regolare la sorgente di luce. Principali componenti del microscopio ottico Il microscopio ottico sfrutta la luce visibile (lunghezza d’onda 400-700 nm). La lente a cui appoggiamo l’occhio viene chiamata oculare. All’altra estremità ̀ del tubo, in corrispondenza dell’oggetto da osservare, troviamo invece, l’obiettivo, una lente che fornisce un’immagine reale ingrandita. Un ulteriore ingrandimento è dato dall’oculare. Microscopia: ingrandimento e potere di risoluzione ingrandimento (magnificazione) è il rapporto tra le dimensioni dell’immagine e le dimensione dell’oggetto. Ingrandimento a vuoto = gli oggetti risultano più grandi ma sfuocati e non interpretabili. L’ingrandimento di un microscopio è il prodotto dell’ingrandimento dell’oculare (di solito 10X) e dell’obiettivo (4X, 25X, 40X, 100X). Devo aggiungere anche l’ingrandimento oculare. E’ limitato dal potere di risoluzione. Le cellule e le strutture cellulari sono troppo piccole per essere distinte ad occhio nudo. Questo dipende anche dal potere di risoluzione e cioè dalla capacità di distinguere come separati due punti molto vicini. Si definisce limite di risoluzione di un sistema ottico la distanza minima alla quale due punti si vedono come distinti. - occhio umano 75-100 microm - microscopio ottico: 0.22 microm (220 nm) 23 - microscopio elettronico: 0.2-2 nm Limite di risoluzione Il limite di risoluzione del microscopio è controllato da tre fattori: lunghezza d’onda della luce incidente,  apertura angolare: semiangolo  del cono di luce che dal campione penetra nell’obiettivo del microscopio (capacità della lente di raccogliere la luce). indice di rifrazione n, caratteristico del mezzo in cui si svolge l’osservazione (in genere aria od olio) che separa il campione dall’obiettivo (in aria = 1 e in olio = 1.4 l’obiettivo si immerge nella goccia di olio e si utilizza per l’obiettivo 100x quindi se non c’è l’olio si rovina solo l’obiettivo). L’effetto delle tre variabili è descritto da questa equazione: AN = apertura numerica dell’obiettivo (indica il potere di risoluzione dell’obiettivo) Microscopio ottica a contrasto di fase: osservazione cellule non colorate Per migliorare le immagini ottenute si possono sfruttare le lievi differenze di indice di rifrazione del materiale da osservare rispetto al mezzo che circonda la cellula. L’obiettivo del microscopio a contrasto di fase amplifica la differenza di fase fra le onde che attraversano gli oggetti trasparenti e quelle che viaggiano direttamente attraverso il vetrino, determinando delle variazioni di colore e luminosità che possono essere percepite dall’occhio umano. Ideale per l’osservazione di campioni in vivo. Le vedo in bianco e nero, poiché non sono colorate e le vedo senza sacrificarle. I fibroblasti si aggrappano alla matrice extracellulare, per capire se si sta dividendo, la cellula assume una forma arrotondata. Microscopio a fluorescenza Nella microscopia in fluorescenza i preparati vengono trattati con reagenti speciali, in grado di assorbire la luce e di emetterla poi nuovamente. La luce emessa ha però una lunghezza d’onda più lunga. In alcuni casi è lo stesso campione che presenta spontaneamente una propria fluorescenza. Coloriamo le strutture della nostra cellula con molecole fluorescenti (rosso proteine del cinetocore che sono l’aggancio dei microtubuli) 24 Fluorescenza naturale, ma cosa sono le molecole fluorescenti? Assorbono ad una certa lunghezza d’onda ed emettono spontaneamente luce ad una lunghezza d’onda diversa. Alcune piante invece sono dotate di una fluorescenza interna al loro sistema. La sorgente luminosa che emette i raggi ultravioletti, fino a che seleziona la specifica lunghezza d’onda che vogliamo vedere. In questo tipo di microscopia un fascio di luce (di solito nell’ambito degli UV) stimola una sostanza fluorescente, presente naturalmente nella cellula (fluorescenza primaria) o un colorante fluorescente che si lega ad uno specifico substrato cellulare (fluorescenza secondaria). 1. La luce passa attraverso un filtro barriera per selezionare una specifica lunghezza d’onda capace di eccitare il colorante fluorescente. 2. Uno specchio dicroico (divide il raggio) riflette i raggi di una certa lunghezza d’onda e lascia passare inalterati raggi con lunghezza d’onda maggiore. 3. La luce fluorescente, emessa dal campione passa attraverso lo specchio dicroico e un secondo filtro barriera che lascia passare la luce della lunghezza d’onda emessa dal colorante e elimina i segnali di fluorescenza non voluti. Identificazione di componenti cellulari: immunoistochimica e immunofluorescenza Marco attraverso un anticorpo (proteina) che mi sappia a riconoscere una proteina (epitoco → regione del patogeno a cui l’anticorpo si lega) che di solito trovo localizzata nel reticolo endoplasmatico. Marco l’anticorpo con il fluorocromo per riuscire a vederlo, l’anticorpo riconosce l’epitoco e si lega in maniera molto forte, tutti gli altri anticorpi che non hanno legato vengono eliminati attraverso un risciacquo e successivamente tutta la regione a cui l’anticorpo si è legato, si colora del colore del fluorocromo. Inizialmente l’anticorpo veniva marcato con un enzima e per riconosce l’anticorpo la struttura da lui riconosciuta, metto un substrato che è inizialmente incolore e quando viene trattato dall’enzima si colora di un pigmento ben definito, in questo modo ottengo di visualizzare la sezione in u. Questa tecnica è chiamata IMMUNOISTOCHIMICA. Microscopio confocale: immagine tridimensionale del preparato Visione tridimensionale del preparato. Posso analizzare le cose in toto. Il fuoco della luce che emetto si sposta all’interno del mio preparato, quindi io non ho un’unica messa a fuoco, ma più di una e quindi ottengo varie sezioni ottiche. 25 GFP → proteina fluorescente Uno specifico punto di luce laser è focalizzato (messo a fuoco) sul campione ad una particolare profondità e la luce fluorescente emessa viene raccolta dal rilevatore. Prima di raggiungere il rilevatore deve passare attraverso un’apertura (apertura confocale) che permette il passaggio solo della luce emessa dal campione messo a fuoco. La luce emessa dai punti fuori fuoco viene esclusa. Muovendosi, con il raggio laser, attraverso il campione si genera un’immagine bidimensionale del piano di fuoco. Immagini ottenute (sezioni ottiche) a profondità diverse forniscono un’immagine tridimensionale. 2008: Premio Nobel (chimica) a Shimomura, Chalfie e Tsien per la scoperta e lo sviluppo della proteina fluorescente GFP Opsamu Shimomura → stava studiando la medusa e ha scoperto che se veniva trattata con la luce blu, una cosa naturale che accadeva era che la medusa assorbiva blu e si vedeva verde. Vede una proteina molto piccola che conteneva tre amminoacidi che messi insieme permettevano questa cosa. Martin Chalfie → ha capito come può essere utilizzata Roger Y. Tsien → ha permesso di avere uno gamma di proteine utilizzabili Ha permesso di visualizzare determinate strutture all’interno di cellule. GFP (green fluorescent protein) è una proteina fluorescente isolata dalla medusa Aequoria victoria. Se colpita e eccitata da una specifica lunghezza d’onda riemette luce di colore verde acceso. Proteine GFP, fuse con altre proteine, vengono utilizzate come "etichette" fluorescenti. Linea transgenica dello zebra fish inserendo un frammento di DNA costituito dalla regione che codifica per questa proteina GFP. Nella regione del promotore del gene che codifica per una proteina che e espressa soltanto nel sistema circolatorio si legano i fattori di trascrizione che regolano la trascrizione di quel gene e fanno sì che quel gene venga trascritto solo nelle regioni del sistema circolatorio. E si vedrà perché solo in quelle particolari regioni ci sono i fattori di trascrizione che sono stati aggiunti nella regione del promotore. Microscopio elettronico a trasmissione (TEM) Utilizza un fascio di elettroni. La lunghezza d’onda degli elettroni è inferiore a quella della luce (migliori risoluzioni). Il primo prototipo di microscopio elettronico fu costruito intorno al 1930 da Ernst Ruska (Germania), premio Nobel per la fisica nel 1986. Limite di risoluzione teorico = 0.61 /NA = ≈ 0,002 nm I problemi legati alla preparazione dei campioni e alla mancanza di contrasto intrinseco limitano la risoluzione a 2 nm per i campioni biologici (100 volte superiore rispetto al M.O.). Per campioni non biologici il limite è 0.2 nm. Un fascio di elettroni, generati da un tubo catodico, sotto vuoto spinto, viene convogliato da un primo campo magnetico (condensatore) sul campione. 26 Gli elettroni che lo attraversano vengono raccolti da un secondo campo magnetico (obiettivo) e inviati ad un campo magnetico (lente proiettrice). Vengono infine proiettati su una schermo fluorescente e/o su una lastra fotografica, dove si possono osservare zone chiare, corrispondenti a parti del campione attraversate dagli elettroni (zone elettron- chiare) e zone scure, corrispondenti a zone opache agli elettroni (zone elettron-dense). TEM, colorazione positiva Il contrasto al ME dipende dal numero atomico del campione: più alto è il numero, più gli elettroni vengono dispersi e maggiore è il contrasto. Per rendere visibili i campioni organici (atomi con numero atomico basso), vengono impregnati con sali di metalli pesanti (osmio, acetato di uranile), che sono opachi agli elettroni: dove si lega il metallo il preparato appare scuro (colorazione positiva). TEM, colorazione negativa Le macromolecole, gli organelli o i virus possono essere visualizzate mediante colorazione negativa. Il campione è depositato su un supporto e lavato con una soluzione di sali di metalli pesanti. Il colorante riempie gli spazi vuoti (che appariranno scuri) mentre il campione si lascia attraversare dagli elettroni ed appare come immagine chiara. Microscopio elettronico a trasmissione e immunogold Nel TEM (microscopio elettronico a trasmissione) si riescono a localizzare proteine, in strutture piccole e in modo preciso tramite la tecnica dell’immunogold → l’anticorpo viene legato a qualcosa che contrasta il passaggio degli elettroni e si tratta di atomi di oro colloidale (rivestito anche da argento per aumentarne le dimensioni). L’immagine al microscopio mostra delle “palline nere” (forme sferica con dimensioni molto precise) = che significa che l’oro si è legato in corrispondenza della struttura cellulare che si desidera osservare. Permette di vedere più strutture contemporaneamente utilizzando più anticorpi con quantità di oro più grandi o più piccole, sapendo poi quale proteina è associata alla dimensione dell’anticorpo + oro. 27 TEM e tecnica di ombreggiatura Il preparato viene colpito con vapori di metalli pesanti provenienti di lato. Questi si depositano secondo la conformazione irregolare della superficie, creando zone più chiare o più scure. Le proteine entravano anche all’interno della membrana plasmatica. L’abbiamo potuto fare anche grazie a questa tecnica di congelamento e frattura. Microscopio elettronico a scansione (SEM) Mi da un’informazione tridimensionale dek mio preparato. Questo flusso di elettroni scorre sopra il mio campione dandomi l’immagine tridimensionale. TEM e studio membrane cellulare: congelamento-frattura Una tecnica molto utile per lo studio della membrana plasmatica è congelamento – frattura. Il preparato è congelato in azoto liquido e poi fratturato. Il piano. Di frattura passa attraverso il doppio strato fosfolipidico che costituisce la membrana cellulare. Si possono così evidenziare le proteine che attraversano lo spazio fosfolipidico (scoperta a cui i ricercatori sono giunti tramite l’interazione di queste tecniche del TEM) attraverso la tecnica dell’ombreggiatura*. Microscopio elettronico a scansione (SEM): tridimensionalità del campione E' principalmente impiegato per lo studio della superficie dei campioni in esame. Il campione viene fissato e rivestito da uno strato metallico. Gli elettroni vengono proiettati sulla superficie del campioni, dal quale provocano l'emissione di un secondo fascio di elettroni. Questi vengono visualizzati su uno schermo, ricostruendo una rappresentazione tridimensionale dell'oggetto. L’ultimo tipo di microscopio è quello elettronico a scansione, con un limite di risoluzione un po’ più basso rispetto al TEM. Il campione viene fissato e rivestito da uno strato metallico, gli elettroni vengono proiettati sulla superficie dei campioni che ne provoca un’ulteriore emissione, scorrendo su tutto il campione si riesce a giungere un’immagine tridimensionale del preparato. 4. LE MEMBRANE Costituiscono una barriera selettivamente permeabile, confinano tutte le attività che invece di essere disperse nella cellula, abbiamo una struttura nella quale vengono svolte anche perché richiedono condizioni diverse tra di loro inoltre, gli enzimi contenuti all’interno dei lisosomi rappresentano un pericolo per la cellula se dispersi nel citoplasma. Permettono: di mantenere un ambiente interno costante. l’importazione e l’esportazione selettiva di molecole; 28 lo scambio di informazioni tra cellule vicine e la ricezione di segnali; l’adesione tra cellule e tra cellule e la matrice extracellulare. Struttura delle membrane biologiche Inizio degli studi 1880 → natura lipidico della membrana, in particolare fosfolipidi organizzati in un monostrato. Hanno estratto la membrana cellulare da globuli rossi, li hanno contati e poi hanno estratto i fosfolipidi e poi li hanno messi in una superficie acquosa. Hanno misurato la superficie occupata da quello strato di fosfolipidi. Sapendo la superficie degli eritrociti si sono accorti che in realtà quest’ultima era doppia. Attraverso questo esperimento quindi hanno scoperto che lo strato fosfolipidico era doppio. Il modello del doppio strato lipidico non spiega molte delle caratteristiche delle membrane. Davson e Danielli propongono un modello a doppio strato lipidico e strati di proteine. La tecnica «congelamento-frattura» mostra come le proteine attraversano anche il doppio strato lipidico e non si trovano solo sulla superficie. Modello a mosaico fluido Le proteine sono inserite in modo discontinuo in un doppio strato lipidico fluido (ricco di fosfolipidi con acidi grassi saturi) 29 I fosfolipidi I fosfolipidi sono costituiti da 1 molecola di glicerolo+2 acidi grassi+ 1 gruppo fosfato e a volte si legano a un altro gruppo R. Alle teste (che contengono un gruppo fosfato) è legato un gruppo idrofilo. Le code non polari e idrofobiche interagiscono tra loro. I fosfolipidi, anfipatici, si organizzano spontaneamente in un doppio strato (condizione energeticamente favorevole in ambiente acquoso) formando in compartimenti chiusi all’interno dei quali possono essere veicolate molecole diverse. I liposomi sono vescicole cave che si formano spontaneamente quando i lipidi sono mescolati con acqua. In genere contengono un nucleo di soluzione acquosa. (Vedi pag.4) Le micelle sono strutture lipidiche sferiche più piccole dei liposomi che all’interno non contengono soluzione acquosa La molecola ha un’intera carica negativa. 30 I principali fosfolipidi di membrana: FOSFOGLICEROLIPIDI o FOSFOGLICERIDI I fosfolipidi di membrana variano nella porzione delle teste idrofile e nel tipo di acidi grassi. Hanno la stessa struttura di base (acido fosfatidico) + molecole diverse (gruppi di testa) legate al gruppo fosfato. A uno scheletro di glicerolo sono legati 2 acidi grassi+1 gruppo fosfato (acido fosfatidico) 1 piccolo alcol idrofilo (colina, serina, etanolamina, inositolo) FOSFOGLICERIDI Num.5: La fosfatidilserina è l’unica carica negativamente, mentre gli altri sono neutri. Fosfolipidi, come il fosfatidilinositolo (PI num.4) sono presenti a basse concentrazioni. Fosfoinositidi: fosfolipidi presenti in basse concentrazioni Presenti i in concentrazioni molto basse perché la comunicazione deve essere rappresentata da una piccola quantità di molecole che viene recepita soltanto da alcune cellule. Costituiti da due acidi grassi che sono all’interno dello strato fosfolipidico, un gruppo fosfato, la molecola di zucchero dalla alla quale può essere attaccato uno dei gruppi fosfato. Ognuna di queste molecole ha un significato particolare. Svolgono importanti funzioni nella trasmissione dei segnali. Numerosi secondi messaggeri derivano da queste molecole. 31 Sfingofosfolipidi Derivano dalla sfingosina, (Amminoalcol a lunga catena), che ha un ruolo strutturale analogo a quello del glicerolo nei glicerolofosfolipidi. Da un punto di vista strutturale e funzionale sono del tutto uguali ai fosfolipidi di cui si ha parlato fino ad ora perché la sfingosina è l’amminoalcol (ha un gruppo alcolico) che rappresenta un sostituto del glicerolo legato a due acidi grassi. Essi sono presente nella guaina mielinica delle fibre nervose, cellule del sistema nervoso. Glicolipidi Hanno direttamente uno zucchero sul terzo gruppo ossidrilico Presentano la sfingosina, legata ad un acido grasso (sfingoglicolipidi o glicosfingolipidi, più comuni nelle cellule eucariotiche animali, in particolare in quelle del sistema nervoso) o del glicerolo (gliceroglicolipidi, più comuni nelle cellule vegetali). Essi si troveranno nello strato esterno perché tutte le proteine glicosilate si trovano sempre sul lato esterno della membrana plasmatica. Gli sfingolipidi si suddividono in cerebrosidi e gangliosidi. Nei CEREBROSIDI la sfingosina lega 1 acido grasso e il glucosio o il galattosio. Hanno solo uno zucchero. Si trovano nelle guaine mieliniche. I GANGLIOSIDI contengono oligosaccaridi con uno o più residui di acido sialico che conferiscono loro una carica netta negativa. Hanno più molecole di zucchero. Formano il 5- 10% della massa lipidica totale della membrana delle cellule nervose. Sono componenti specializzati della membrana (monostrato non citosolico) e contengono al posto del gruppo fosfato un carboidrato 32 Liposomi come vettori di farmaci Si formano mettendo insieme i fosfolipidi e formano delle vescicole che sembrano piccole cellule. Vengono usati come vettori di farmaci perché possono contenere parti idrofiliche e idrofobica e quindi se vogliamo iniettare farmaci lipidi o idrofili, si possono utilizzare. Li usiamo perché se li somministriamo possono essere assorbiti per endocitosi dalle nostre cellule oppure essi possono addirittura fondersi con la membrana e rilasciare all’interno il farmaco che devono rilasciare. È efficace perché arriva direttamente alle cellule e possono modificare la superficie esterna mettendoci dei segnali così che solo un tipo di cellule possono legarsi con il liposoma. Esempio delle cellule tumorali. Riesco perché nel liposoma metto qualcosa che è riconosciuto solo dalle cellule tumorali. Si blocca solo in corrispondenza delle cellule che possono riconoscerlo, entra nella membrana plasmatica della cellula tumorale e porta il farmaco antitumorale. Composizione del doppio strato lipidico delle diverse membrane Le varie membrane si differenziano per la diversa concentrazione degli sfingolipidi presenti. Il colesterolo è presente in tutte le membrane, ma nei mitocondri è poco concentrato, mentre nella membrana cellulare è abbastanza elevato. Asimmetria del doppio strato lipidico della membrana Il lato esterno è completamente diverso dal lato citosolico, la distribuzione dei fosfolipidi è asimmetrica nella membrana plasmatica. La fosfatadilserina si trova normalmente sul lato interno della membrana plasmatica. Ad un certo punto della vita della cellula può essere portato 33 all’esterno della membrana plasmatica. Questo è un segnale si morte cellulare (segnale EAT ME). Nel reticolo endoplasmatico invece c’è una simmetria. La distribuzione dei fosfolipidi è invece abbastanza simmetrica nella membrana del reticolo endoplasmatico. Il colesterolo è ugualmente distribuito. La fluidità della membrana dipende da Tipo e lunghezza delle code idrocarburiche I fosfolipidi servono a dare fluidità alla membrana. La membrana è fluida o semifluida per permettere alle proteine di muoversi, permette alla cellula di sopravvivere. Come varia la fluidità della membrana plasmatica? Varia dalla temperatura. Se aumento la temperatura diventa più fluida, se diminuisco la temperatura, l’energia cinetica diminuisce e quindi si irrigidisce. La temperatura deve essere ottimale. Per far ciò bisogna operare sulla composizione della membrana e sulle componenti che sono i fosfolipidi. A parità di temperatura, il tipo e la lunghezza delle code idrocarburiche dei fosfolipidi influiscono sulla fluidità della membrana. Code idrocarburiche lunghe e sature formano maggiori interazioni tra le code idrofobiche e stabilizzano lo stato di gel. Code corte formano meno interazioni idrofobiche: aumento fluidità. Le code idrocarburiche insature presentano una distorsione della coda dell’acido grasso che ostacola interazioni e impacchettamento delle molecole: aumento fluidità. Temperatura Ogni cellula ha una temperatura di transizione: temperatura e fluidità sono direttamente proporzionali. Animali che vivono allo stato freddo cercano di mantenere fluidità della membrana scegliendo grassi insaturi (temperatura di transizione a 16 gradi). Al contrario gli animali che vivono al caldo cercano di avere grassi saturi (70 gradi per avere la temperatura di transizione) per diminuire la fluidità. Temperatura a cui la membrana passa dallo stato di gel a quello fluido. Quando io aumento il numero di acidi grassi ricchi di doppi legami, la tempera critica, si abbassa. 34 Colesterolo Per mantenere la fluidità interviene il colesterolo e si comporta come un tampone, tampona una membrana troppo fluida o troppo rigida. Colesterolo è formato da 3 esagoni + 1 pentagono + un gruppo ossidrilico. La piccola testa idrofila è in corrispondenza della testa dei fosfolipidi, la parte apolare è in mezzo alle catene degli acidi grassi. A basse temperature, se la membrana è troppo rigida, si interpone tra le catene degli acidi grassi e ne impedisce l’impacchettamento. Ostacola la solidificazione. Ad alte temperature riduce la fluidità impedendo il movimento dei fosfolipidi. Movimenti delle molecole fosfolipidiche 1. Rotazione intorno al proprio asse → tutti i fosfolipidi sono in continuo movimento. 2. Diffusione laterale all’interno dello stesso monostrato. 3. Movimento flip-flop: diffusione trasversale da uno strato all’altro. Da una punto di vista dinamico questo non è consentito perché la testa polare deve passare in un posto apolare. In modo naturale questo avviene con una lentezza estrema. È raro in modo naturale e necessita di enzimi, l’enzima si chiama flippase, il fosfolipide si chiama floppase, scramblase che fa passare fosfolipide in entrambe le direzioni. I primi due consumano ATP e sono unidirezionali, il secondo richiede un flusso di ioni ed è bidirezionale. COME VISUALIZZARE UN FOSFOLIPIDE 1. Si prende una cellula, macchiamo le teste dei fosfolipidi con una marcatura fluorescente e vediamo che sono distribuiti omogeneamente. 2. Con un laser sbianco una zona della cellula e tolgo la marcatura fluorescente. Noto che c’è una zona bianca e vuota 3. La zona bianca dopo qualche secondo sparisce e ci sono ancora fosfolipidi omogenei 4. Vuol dire che i fosfolipidi si sono mossi lateralmente all’ interno del doppio strato fosfolipidico. Invece di diffondere liberamente, colesterolo e sfingolipidi tendono a raggrupparsi in zone semisolide (zattere lipidiche o lipid rafts, ci sono molte molecole come funzione di 35 segnalazione e di segnalazione del sistema immunitario che è sempre comunicazione). Sono regioni arricchite in particolari proteine e fosfolipidi (colesterolo e sfingolipidi). Lipidi e proteine di membrana Funzione delle proteine di membrana 1 trasporto di membrana 2 attività enzimatica → molti sono inseriti nella membrana e non liberi nel citoplasma 3 segnalazione → si trovano sulla membrana plasmatica 4 riconoscimento → recettore che riconosce il glucidi 5 formazione delle giunzioni 6 collegamento con la matrice extracellulare Organizzazione delle proteine Sono anche all’ interno della membrana cellulare. Ci sono diversi tipi di proteine suddivise in base alla posizione. Le proteine si dispongono in modo asimmetrico sulle due superfici della membrana, conferendo ai due versanti differenti proprietà Proteine di membrana integrali o intrinseche: dotate di regioni idrofobe con le quali si inseriscono, parzialmente o completamente, nello spessore del doppio strato lipidico. Per farlo devono organizzare nello spazio i loro amminoacidi perché a contatto con la superficie polare ci siano amminoacidi che non abbiamo carica. A singola elica, a multiplaelica transmembrana le estremità polari sporgono nell’ambiente acquoso. 36 Le porzioni di proteina che attraversano la membrana sono in genere -eliche costituite da 20-25 aminoacidi con gruppi R idrofobici. L’ossatura della catena polipeptidica è idrofila. Proteine periferiche o estrinseche: posizionate sulla superficie della membrana; interagiscono con regioni polari di proteine integrali e di fosfolipidi (legami non covalenti). Alcune proteine sono legate covalentemente agli acidi grassi o ad altri componenti lipidici. Alcune sono appoggiate alla membrana altre sono agganciate alla membrana e come? 1. Proteina periferica di membrana: appoggiata nel lato interno 2. Proteine di membrana ANCORATE A UN LIPIDE: la proteina è fuori ma l’acido grasso funge da ancora 3. Nel lato esterno si ancorano in modo più complicato: prevede la presenza di zuccheri (Ancora GPI). È in quello esterno perché ci sono gli zuccheri, sempre assenti in quello interno. Proteine integrali Le porzioni di proteina che attraversano la membrana sono in genere a-eliche costituite da 20-25 aminoacidi (apolari privi di carica) con gruppi R idrofobici. Nel canale formato da catene alfa, solo un tipo di ione può passare L’ossatura della catena polipeptidica è idrofila. a-eliche anfipatiche con residui polari su un lato e apolari sull’altro permettono la formazione di canali polari che attraversano la membrana. Nel canale passano ioni H+ Le porzioni di proteina che attraversano la membrana possono essere costituite da foglietti b, piegati per formare una struttura a manicotto: barile b. È meno selettivo dei canali e possono passare molecole più grandi I foglietti beta formano un canale che attraversa la membrana che ha un canale idrofilico mentre all’esterno ci sono residui apolari. - Le Porine sono abbondanti nella membrana esterna dei batteri, mitocondri e cloroplasti e danno origine ai canali tubulari. Mitocondri di origine batterica poiché le porine le troviamo anche nei batteri e cloroplasti. - Globuli rossi ricchissimi di glucidi (esagoni verdi) Attraversando più volte la membrana si forma un canale in cui passano protoni H+. Verso le catene degli acidi grassi ci sono residui apolari Le porzioni di proteina che attraversano la membrana possono essere costituite da foglietti , a formare una struttura a manicotto: barile  Le proteine che attraversano la membrana lo fanno con una struttura ad alfa elica, organizzata così che tutti gli amminoacidi privi di carica all’esterno dell’alfabeto elica perché devono andare a contatto con le code apolari mentre gli amminoacidi con carica o parziale carica si trovano a contatto con gli acidi grassi. Creazione di un canale all’interno della membrana e deve essere polare Formate da foglietti beta → struttura chiamata porina che troviamo nella membrana di batteri, mitocondri e cloroplasti 37 Glicosilazione: modificazioni post-traduzionali proteine di membrana Avviene dopo che la proteina è già stata sintetizzata - I carboidrati di membrana si localizzano solo sulla superficie esterna. - Costituiscono siti di riconoscimento. - Possono essere legati covalentemente ai lipidi e alle proteine. Possono esserne presenti talmente tanti che si forma uno strato (glicocalice= oligosaccaridi di glicolipidi+glicoproteine). Protegge da urti, funge da barriera, è coinvolto nell’interazione cellula- cellula, nei movimenti durante lo sviluppo embrionale, nella risposta immunitaria, nell’infiammazione. COME STUDIARE LE PROTEINE DI MEMBRANA È difficile perché spesso sono ancorate o inserite nella membrana stessa. Dobbiamo estrarre le proteine per poterle studiarle Utilizziamo dei detergenti, mescolando la membrana noi sostituiamo i fosfolipidi con molecole di detergente e il risultato saranno proteine isolate circondate dal detergente. I globuli rossi rappresentano un sistema ideale per lo studio della membrana plasmatica perché hanno una membrana plasmatica e sono separati tra loro. Se immersi in soluzione iperclorica (con soluzione salina più concentrata fuori rispetto all’interno della cellula) il globulo rilascia acqua e si avvizzisce. Se immersi in soluzione isotonica (uguale concentrazione salina dentro e fuori il globulo) non cambia nulla Se immersi in soluzione ipotonica (con soluzione salina meno concentrata fuori rispetto all’ interno, l’acqua va all’ interno della cellula e si gonfia fino a scoppiare. Scoppiando rilascia all’esterno tutto il materiale contenuto all’interno. Rimane solo la membrana plasmatica (chiamata ghoster). 38 Purificazione delle proteine di membrana Le proteine di membrana possono essere separate dalla membrana stessa tramite detergenti blandi. Sono molecole che sono anfipatiche, testa polare e il resto apolare. Se usiamo pochi detergenti questi vanno a sostituire pochi fosfolipidi e non si isolano le proteine Se ne mettiamo molti circondano le proteine e sostituiscono i fosfolipidi di membrana. Le code carboniose sono rivolte verso la proteina. In questo modo le proteine vengono tolte dalla membrana. Elettroforesi su gel Analisi delle proteine utilizzando un gel di acrilamide che è una molecola che può polimerizzare creando dei reticoli più o meno grandi a seconda della concentrazione di partenza di acrilamide. Quando lo costruiamo inseriamo un pettine che permette di creare i pozzetti all’interno dei quali inseriamo il nostro campione. Viene collegato con un alimentatore. Immergendolo in una soluzione tampone e accendendo, il materiale si sposta dal polo negativo al polo positivo, le proteine pero hanno anche cariche positive, quindi le dobbiamo associare al sodio dodecilsolfato che mi va ad avvolgere tutta la proteine in modo da renderla tutta carica negativamente. Alcune proteine all’interno della struttura terziaria hanno i punti disolfuro e quindi ci mette più tempo ad attraversare il gel e quindi si usa il betamercatnoetanolo per rompere i ponti disolfuro. I campioni si separano a seconda del loro peso molecolare. -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Le proteine di membrana possono essere studiate calcolando le dimensioni attraverso l’elettroforesi su gel. Tecnica che permette di separare proteina in base alla carica elettrica. 1. Mi creo un gel, tramite catodo e anodo creo elettricità e i campioni a seconda delle dimensioni si muovono più o meno velocemente, 2. Proteine verso il polo positive devono essere cariche negativamente tramite sodio dodecilsolfato (SDS) che riveste le proteine negativamente. 3. Le coloro 4. Posso ricavare info sul peso molecolare delle proteine Facendo elettroforesi con proteine estratte da eritrociti sono state identificare 15 proteine di eritrociti che si organizzano in questo modo 39 Le proteine di membrana degli eritrociti Sono proteine che attraversano la membrana plasmatica, ma altre proteine non ne fanno proprio parte, sono estrinseche. Le abbiamo recuperato percentuale in realtà sono unite alle proteine che la attraversano. Esse servono a rendere più resistente la membrana cellulare perché in realtà essa è molto piccolo e sottile l I fosfolipidi sono molto piccoli e fluidi che si spostano e quindi questa rete di proteine che a seconda delle cellule può spessore più o meno consistente e si chiama corte cellulare, per rinforzarla. Nel caso particolare anche diap assumere la particolare forma del globuli rosso è di essere estremamente una cellula che può modificare la sua forma. Ad un certo punto gli eritrociti devono muoversi all’interno di capillari grandi quanto loro e quindi devono modificarsi per passare. Alfa spectinda e beta spectrina ancorano un reticolo all’interno della membrana cellulare che permettono di essere più fluida e malleabile. Le proteine di membrana si muovono: evidenze sperimentali Si prendono dei cellule una di topo e una di uomo e sono state marcate con anticorpi specifici per le due cellule. Quella di topo verde quella umana rossa. I ricercatori le hanno prese e le hanno fuse insieme e questo è un processo il cui risultato di chiama ibridoma e possiamo farlo con una molecola chimica oppure con un virus. Appena la fusione è avvenuta vediamo una molecola rossa e verde, la prova è che alcune proteine rosse si iniziano a mescolare con quelle verde e dopo 49 minuti si sono mescolate del tutto. Le proteine possono essere vincolate all’interno di una specie di recinto. Noi troviamo tipo corde che chiudono il recinto. Le proteine non si possono muovere oltre la delimitazione data dalle proteine legate al cortex cellulare. Oppure le proteine sono collegate all’esterno della matrice e o si sposta la matrice o 40 rimangono lì. Il vincolo più importante quello dato dalle proteine che si trovano all’interno di cellule con polarità molto particolari come quella apico-basali. La parte apicale è costituita dai microfilm mentre la parte basale possiede una certa polarità. Nella parte tutt’attorno alla cellula troviamo delle giunzioni strette che mi permettono di sigillare la parte apicale all’ambiente esterno (il canale dirigente e un canale esterno). Quindi le molecole verdi non possono scendere da quella parte perché incontrano la giunzione che quindi separano la parte alta da quella bassa. VIDEO -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Si muovono le proteine nelle membrane delle nostre cellule? Dobbiamo indagare 1. Prendo una cellula di topo e una cellula umana con proteine 2. Coloro le proteine di topo in verde e quelle di uomo in rosso. 3. Prendo le due cellule e le fondo insieme grazie a una molecola o a un virus. 4. Si forma una cellula più grande formata dall’ unione di cellula di topo e umana. 5. All’inizio vedo chiaramente la parte che corrisponde alla cellula di topo e quella umana. 6. Dopo pochi minuti, vedo la parte rossa che inizia a mescolarsi con quella verde. 7. Dopo 40min vedo che la grande cellula è un misto dei due colori. 8. Significa che le proteine, così come i fosfolipidi, si possono muovere all’interno della membrana. 5. IL TRASPORTO DI MEMBRANA Tutto quello che entra o esce dalla membrana deve essere controllata dal trasporto di membrana. Ora facciamo riferimento a quella plasmatica ma c’è in realtà tutta una serie di trasporto che fa riferimento anche ad altre membrana l’interno della cellula. Il nostro doppio strato lipidico e una membrana se impermeabile. Questo significa che è in grado di lasciarsi attraversare da alcune molecole ma si oppone ad altre, questa è una permeabilità selettiva. Tutte quelle che sono molecola apolari con l’O, l'N, l’H, il benzene o ormoni steroidei, ovvero molecole piccole apolari, sono in grado di attraversarlo. Altre piccole molecole che sono polari ma non hanno una completa separazione di carica, cioè nonché una carica positiva e una negativa, come l’acqua, l’etanolo (ha un gruppo oh, il glicerolo, lo possono attraversare ma con un po’ di difficoltà. Invece tutte le grandi molecole apolari anche queste non riescono ad attraversare autonomamente la membrana e quindi glucosio, fruttosio non riescono ad entrare da soli, gli 41 ioni H+ , Na+ , …. Lascia passare solo di natura apolare e piccole. Questa capacità di essere selettiva permette alla membrana plasmatica di regolare che cosa può entrare e cosa non pio entrare ed è proprio questa capacità delle membrana e delle proteine di membrana a noi ci troviamo nella situazione e in cui quello che è all’interno della cellula è diverso da quello che all’esterno. Se noi andiamo ad analizzare la componente ionica interna ed esterna alla cellula. All’interno vediamo una alta concentrazione di ioni potassio e una bassa concentrazione di ioni sodio. All’esterno è il contrario. Attraverso il trasporto di membrana, pompe, canali ecc, le cellule regolano che cosa ci può essere all’interno e cosa ci può essere all’esterno. Tutto questo crea gradienti di concentrazione ionici che associati alle concentrazione delle cellule stesse, formano i gradienti elettrochimici. Questo è molto importante perché alcune cellule lavorano basate su quello e per l’omeostasi. Diffusione Il primo movimento è quello di diffusione. Se noi prendiamo un bicchieri e al suo interno mettiamo una goccia d’inchiostro, dopo un po’ questo si sarà distribuito in parti uguali in tutto il volume a sua disposizione. È il movimento delle particelle che vanno da una zona in cui sono più concentrate in una in cui sono meno concentrate. È un movimento passivo, che non richiede energia, è troviamo quando prendiamo in considerazione anche la membrana plasmatica. Ci permette di riequilibrare la situazione all’interno della cellula. Osmosi Se noi prendiamo in considerazione molecole polari, e ce una differenza di distribuzione da una parte all’altra della membrana. Per ristabilire l’equilibrio, l’acqua passerà dalla zona meno concentrata a quella più concentrata e alla fine uno dei due volumi diminuirà ma saremo isotonici in modo uguale in entrambi uguali. Il movimento è quello del solvente e non quello di soluto. La pressione osmotica è quella pressione che noi dobbiamo esercitare per impedire che il solvente passi da una parte all’altra della membrana semipermeabile. All’interno del nostro organismo questo avviene per gli eritrociti. Nelle cellule vegetali siamo in una situazione diversa per che la parete cellulare impedisce questa situa. Nella fase di turgore, non si possono rompere perché la parete cellulare lo impedisce. Questo spiega l’accrescimento veloce delle cellule vegetali perché aumentano l’accumulo di acqua nel vacuolo. 42 Il trasporto di membrana Trasporto passivo Trasporto passivo mi dice che non devo fornire energia e questo vuol dire che il trasporto avviene secondo gradiente ci contrazione questo vuol dire che le particelle si muovono dalla parte più concentrata a una meno concentrata. Diffusione. Diffusione facilitata → per tutte quelle piccole molecole polari, ioni, non possono attraversare la membrana plasmatica quindi bisogna aiutarle. Ci sono due tipi di aiuti abbiamo le proteine carrier che trasportano un centro tipo di molecole e dei canali che sono deputati al trasporto di ioni. Gli ioni si possono muovere secondo gradiente di concentrazione o secondo gradiente elettrochimico Trasporto attivo Richiede energia. Quando molecola si sposta da zona poco concentrata a una zona più concentrata. Avviene contro gradiente di concentrazione o elettrochimico. Ci sono 2 tipi di trasporto: primario e secondario. (endocitosi-esocitosi) Proteine carrier e trasporto attivo sono molto simili ma per distinguerle chiamiamo POMPE il trasporto attivo (ci vuole energia perché va contro gradiente) Diffusione semplice Solo per molecole apolari, no separazione di carica, di piccole dimensioni. La velocità con cui la attraversano è data dal gradiente di concentrazione (se aumenta, aumenta anche la velocità). La polarità delle molecole (più sono idrofobiche, più la Diffusione e veloce) Le dimensioni, più sono piccole più velocemente passeranno. La temperatura (se l’aumento fornisco energia e quindi il loro ingresso sarà più veloce). Diffusione facilitata: proteine trasportatrici/carrier Le proteine carrier (o trasportatrici) trasportano molecole polari come zuccheri, aminoacidi, nucleotidi e metaboliti vari. Sono anche chiamate come sistema 43 di diffusione facilitata o MFS (major facilitator superfamily). Non sono proteine molto piccole perché altrimenti avrebbero anche difficoltà a trasportare qualcosa che inizia ad essere abbastanza grande. Sono in genere monomeri con 10-12 α-eliche trans-membrana. Non c’è consumo di energia: il trasporto avviene secondo gradiente di concentrazione. La diffusione facilitata ha carattere in quel determinato momento per quella molecola è di uniporto ed accelera una reazione comunque termodinamicamente favorita. La velocità con cui avviene il trasporto facilitato è maggiore ma ad un certo punto essa raggiunge la soglia di plateau, in cui essa non aumenta più. Dobbiamo capire le caratteristiche delle proteine di trasporto che sono specifiche per una determinata molecola, quindi avrò trasportatori per i diversi nucleotidi, per gli zuccheri, per i diversi amminoacidi. Quindi esse possono trasportare singole molecole o simili tra di loro. Sulla nostra cellula abbiamo un numero limitato di proteine quindi se noi abbiamo all’esterno un’elevata concentrazione della molecola che deve essere trasportata, finché ci sono proteine carrier sufficienti, la velocità aumenta ma quando si arriva alla saturazione tutte le porte (proteine carrier a disposizione) noi ci troviamo nella situazione in cui la velocità non può più aumentare perché in quel momento tutte le porte sono occupate e raggiungiamo la soglia di plateau. fa sempre domande sulla differenza tra diffusione semplice e facilitata Diffusione facilitata mediata da proteine canale: CANALI IONICI Permettono un rapido flusso attraverso la membrana di ioni inorganici, sempre secondo gradiente. Quando noi li apriamo, se la cellula aveva un potenziale di membrana, noi li modifichiamo. La loro apertura influenza l’equilibrio chimico ed elettrico della cellula determinando flussi di ioni che si muovono secondo gradiente elettrochimico e quindi modificazioni rapide del potenziale di membrana. Sono costituiti da tante subunità proteiche o domini proteici che si mettono insieme per creare queste pompe che creano canali polari. I canali possono essere aperti o chiusi, generalmente regoliamo l’apertura e la chiusura di questi canali attraverso stimoli particolari che possono essere ormoni, potenziali di membrana o stimoli meccanici. o Canali voltaggio dipendenti Costituiti da 4 subunità e sono canali per cationi (na+, k+ e ca2+): regolati da cambiamenti di proteine di membrana. 4 subunità che si organizzano per formare canale centrale che si lascia attraversare da sodio o da calcio o da potassio. Sono altamente specifici o Canali ligando dipendenti Costituiti da 5 subunità. Vengono regolati nella loro apertura chiusura da una molecola coinvolta nella comunicazione. (canale dell’acetilcolina). Per aprirli o chiuderli bisogna attaccarci un ligando, un messaggero o una molecola chimica 6 subunità: può trasportare anche ioni. Proteine connessine delle giunzioni comunicanti che mettono in comunicazione cellula a con b tramite un canale. Cambia conformazione per fare entrare il glucosio. 44 o Canali per l’acqua Ha 4 subunità ma ognuna di essa ha un canale al centro. sono 4 piccoli canali per l’acqua. L’acqua nella membrana può passare ma in certi distretti c’è bisogno di più acqua (reni, ghiandole sudoripare) o Canale di membrana Costituita da 6 subunità. Molto particolare perché in realtà sarebbe una giunzione tra le cellule e si chiama comunicante. Mi crea un collegamento fisico tra due cellule che sono in contatto. Sono selettivi, ognuno di essi trasporta un solo ione. La velocità di trasporto è molto elevata, addirittura più di quella delle proteine carrier perché non ce bisogno di un cambiamento conformazionale. Nel canale gli ioni passano uno dopo l’altro. È presente un filtro di selettività che seleziona gli ioni che possono passare da quel canale. Per esempio, se deve passare una carica positiva all’interno del canale troviamo cariche negative. Per selezionare però i vari ioni si ricorre alla dimensione del canale. Normalmente tutti i nostri ioni sono all’interno dell’ambiente acquoso, circondati da molecole d’acqua che formano il guscio di idratazione e neutralizzato leggermente la carica intera negativa o positiva. Quando si arriva all’inizio del canale questo guscio deve essere perso per poi riacquistato una volta usciti da esso. Il canale è formato da un vestibolo largo (facile accesso per gli ioni idratati) e da un filtro di selettività, più stretto che forma il poro vero e proprio. Il filtro (regione p-loop) contiene cariche nette (positive o negative) che determinano la selettività. Gli ioni sono normalmente circondati da molecole di H2O che formano gusci di idratazione (neutralizzano parzialmente la carica in soluzione). Il filtro seleziona gli ioni in base alla carica degli aminoacidi che ne rivestono la parete e al diametro dell’apertura. Gli ioni K+ , idrati in soluzione, perdono le molecole di H2O quando passano per il filtro e formano dei legami con i gruppi carbonilici C=O. Attraversano il canale spinti dal gradiente elettrochimico. Selettività ionica Gli ioni per muoversi formano legami temporanei con gruppi carbonilici. Ioni attraversano il canale sono spinti dal loro gradiente di concentrazione (da più a meno concentrato) Il potassio è circondato da molecole di acqua. Si formano 4 legami. Il canale del potassio può essere attraversato solo dallo ione sodio (non anche dall’acqua di cui è circondato) Lo ione sodio forma solo 2 legami essendo più piccolo. Poiché gli ioni Na+ interagiscono con gli atomi di ossigeno solo su un lato del canale per il K+, viene impedita la corretta rimozione della molecola di acqua e non riescono a passare. Il canale dello ione sodio lascia passare anche la molecola d’acqua. IN SINTESI 1. estremamente selettivi 2. 3. passaggio veloce ioni secondo gradiente Selettività ionica: canali per Na+ e K+ Se prendiamo in considerazione lo ione sodio, la molecola e troppo piccola per passare lungo il canale dello ione potassio. Il sodio passa il canale legato ad una molecola d’acqua ma 45 queste dimensioni non consentono il passaggio di uno ione di potassio legato ad una molecola d’acqua. Acquaporine Permettono di velocizzare il flusso di acqua attraverso la membrana. Sono impermeabili agli ioni con una carica. Tetrameri di 4 subunità identiche, ognuna delle quali forma un poro. Ogni sub-unità è formata da 6 eliche trans-membrana e due mezze eliche che si piegano dentro il canale. Le molecole d’acqua passano in fila indiana formando legami idrogeno con gli atomi del canale. 1991: Premio Noble (Med/Fisiol) a Neher e Sakmann per la ricerca sui canali ionici Due studiosi tedeschi che hanno permesso un avanzamento nella ricerca attraverso la tec oca di insolazione di singoli canali di membrana. Fino a questo momento gli studi vengono effettuati sull’associazione grande del calamaro. I ricercatori hanno sviluppato il patch-clamp che permette con una pipetta di aspirare singoli canali di membrana e studiare associando il canale di membrana ad passaggi di ioni di studiare dalla parte esterna o interna, il passaggio di ioni usando o singoli ambienti. 2003: Premio Nobel (Chimica) a Agre e MacKinnon per la ricerca sui canali di membrana Nel 2003 il premio Nobel per la chimica è stato dato a due ricercatori per aver caratterizzato la struttura dei canali ionici mentre l’altro è stato il primo ad identificare e caratterizzare le acqua porine. Già era stata ipotizzata la presenza di canali speciali per l’acqua e la sua esistenza la provata usato gli ovociti di rana perché sono poco permeabili all’acqua. Lui ha trasferito la regione codificate per le acqua porine sulle membrane di questi ovociti e dopo le ha messe in un ambiente ipotonico. In quello in cui sono state inserite le acquamarina, si sono gonfiate molto velocemente. La regolazione dell’apertura dei canali ionici I canali ionici garantiscono una diversa distribuzione di ioni tra l’interno e l’esterno della cellula. Fondamentale per la formazione del potenziale di membrana. Si aprono in risposta al legame di una molecola segnale. Si aprono in risposta a cambiamenti del potenziale elettrico di membrana. Canali meccanosensori = controllati da sollecitazioni meccaniche. 46 Tre sistemi principali 1. Canali ionici voltaggio dipendenti Apertura regolata da variazioni del potenziale elettrico di membrana. Arriva un segnale elettrico che fa cambiare il potenziale elettrico di membrana e il canale si apre o chiude. Le 4 subunità formano un canale centrale percorso dagli ioni. Ciascuna subunità presenta 6 segmenti transmembrana con struttura ad -elica e una regione “loop P” (pore loop). L’ -elica 4 possiede un dominio proteico con residui amminoacidici con carica positiva. Questi funzionano come sensori del voltaggio della membrana e regolano lo stato di apertura/chiusura del canale. Presentano un doppio sistema di regolazione. La depolarizzazione della membrana determina una rotazione dell’elica S4 che consente l’apertura del canale e il passaggio dei cationi. L’elica S4 contiene aminoacidi carichi positivamente che funzionano come sensori del voltaggio della membrana e regolano lo stato di apertura/chiusura del canale. L’inattivazione del canale si attua con blocco dell’apertura ad opera della particella inattivante. In questo caso i canali impediscono il passaggio di ioni anche in presenza di depolarizzazione (refrattarietà della membrana). Esempio: ognuna delle 4 subunità e formata da 6 regioni ad alfa elica che attraversano la membrana plasmatica. La regione verde è il filtro di selettività. La regione rossa contiene dei residui amminoacidi di carica positiva e funziona come sensore di voltaggio, ovvero percepisce le variazioni di voltaggio all’esterno della cellula è regola l’apertura o la chiusura del segnale. Il cambiamento di voltaggio causa una modifica nell’organizzazione spaziale della membrana. Ad un certo punto il canale deve essere chiuso. Devo rendere i mio canale no in grado di rispondere fino a

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