Summary

Questi appunti di biologia coprono una vasta gamma di argomenti fondamentali, a partire dai processi cellulari come la comunicazione intercellulare e la funzione dei recettori, fino alla fotosintesi e al metabolismo energetico. Gli appunti esplorano anche le malattie lisosomiali. Ideale per studenti di scuola superiore e universitari.

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A seconda degli stimoli le cellule possono: - Sopravvivere - Dividersi - Differenziarsi - Morire per apoptosi La molecola segnale arriva al recettore specifico (proteico) e si lega ad esso in modo specifico. I recettori si trovano per la maggior parte delle volte a livell...

A seconda degli stimoli le cellule possono: - Sopravvivere - Dividersi - Differenziarsi - Morire per apoptosi La molecola segnale arriva al recettore specifico (proteico) e si lega ad esso in modo specifico. I recettori si trovano per la maggior parte delle volte a livello della membrana esterna. Si genera poi una reazione a cascata che possono - Alterare il metabolismo - Alterare l’espressione genica - Alterare la forma o il movimento cellulare schema generale del funzionamento della comunicazione intercellulare  31 I recettori possono essere: - Di superficie → il recettore si trova in superficie - Intracellulari → il recettore si trova nel citoplasma, sono specifici per le molecole che possono attraversare il doppio strato fosfolipidico; non attivano direttamente il metabolismo ma danno inizio ad una serie di reazioni Aumento dell’AMP ciclico durante la trasmissione del segnale. MECCANISMO D’AZIONE DI UN ORMONE STEROIDEO → le molecole vengono trasportate attraverso proteine di trasporto fino a che non reagiscono con il recettore a livello citoplasmatico. Il recettore fino a che non si lega all’ormone è in stato quiescente. Il legame attiva il recettore che entra nel nucleo, si lega al DNA e agisce come fattore di trascrizione per attivare dei geni che fino ad ora non erano attivi. I recettori hanno due domini uno che gli permettono di legarsi alle molecole segnale e uno che gli permette di legarsi al DNA. 32 Le tre classi più grandi di recettori di superficie sono recettori collegati a canali ionici, a proteine G e ad enzimi. - Recettori collegati a canali ionici: esistono proteine sulla superficie della cellula in grado di captare dei segnali e di aprirsi e chiudersi per permettere il passaggio di ioni. Ne consegue la variazione del potenziale transmembranale - Recettori collegati a proteine G: è localizzato sulla superficie della cellula, è una proteina multipasso. Una volta captato il segnale lo invia ai centri del metabolismo cellulare grazie al legame con altre proteine dette proteine G. Ognuna di esse ha tre subunità, una volta che vengono attivate interagiscono con un’altra proteina a livello della membrana che inizia a produrre piccole molecole che diffondono dalla superficie interna della cellula ai centri di reazione metabolici - Recettori collegati ad enzimi: recettori ad attività tirosin-chinasica intrinseca. Sono recettori importanti per la proliferazione cellulare poiché vengono attivati dai fattori di crescita. Allo stato di riposo sono costituiti da due subunità separate. Il legame tra ligando e recettore attiva la proteina e le due subunità si uniscono (dimerizzazione) → si forma un’unica molecola che fosforila le tirosine che si trovano nella catena polipeptidica di tali proteine. Questi recettori possono legare anche altre proteine e trasferire il legame; il messaggero può legarsi a più di un recettore. 33 Nella cellula il segnale è propagato da molecole segnalatrici fino a proteine target da piccole molecole segnalatrici intracellulari detti secondi messaggeri (cAMP, Ca++, DAG) grazie all’azione dell’adenilato ciclasi e della fosfolipasi C. ADENILATO CICLASI: produce un secondo messaggero che si chiama cAMP (AMP ciclico). Il cAMP prodotto dall’adenilato ciclasi attiva la protein-chinasi A che p costituità da quattro subunità, due catalitiche e due regolatrici. Tale proteina è sempre presente ma si trova in stato inattivo. Il cAMP si lega nelle subunità regolatrici e comporta una variazione conformazionale che permettono il distaccamento delle subunità catalitiche, la proteinchiasi A è così attiva e può fosforilare. 24/10/23 Le proteine G trasmettono i loro segnali sulla superficie interna della membrana cellulare. Il processo comincia quando su un recettore si lega il corrispondente ormone o neurotrasmettitore, nell'esempio qui sopra l'adrenalina. Questo cambia la forma del recettore, che così si lega alla proteina G inattiva sul lato interno della membrana. Questo induce la proteina G ad espellere la sua molecola di GDP e a sostituirla con GTP. Il GTP fa cambiare la forma di un piccolo tratto di catena (mostrato qui in rosso), questo rende instabile la proteina G che si rompe in due frammenti. La subunità alfa viene liberata col suo GTP legato, e si muove lungo la membrana finché trova l'enzima adenilil ciclasi. La piccola catena alfa si lega all'enzima e lo attiva. L'adenilil ciclasi attivato produce molto AMP ciclico che diffonde il segnale all'interno della cellula. Infine, il GTP nella subunità alfa attiva si rompe formando GDP, così la proteina G si può ricostruire per unione dei due frammenti che producono la forma trimera inattiva, pronta per eseguire un altro ciclo. Nel 1973 scoppia l’epidemia del colera. La tossina colerica e la tossina della pertosse interagiscono con le proteine G: le iperstimolano o le inibiscono. Alcune tossine batteriche inibiscono il normale shutt-ogg delle proteine G e l’attività GTPasica viene bloccata risultando in una persistente attivazione delle vie a valle come quella dell’adenilato ciclasi. Nelle cellule epiteliali intestinali, ad esempio, la tossina del colera blocca la proteina G alfa legata al GTP aumentando i livelli di cAMP e provocando il rilascio di ioni Na+ e acqua nell’intestino con conseguente diarrea e squilibrio degli elettroliti. 34 Le proteine G hanno due tipi di bersagli: - Adenilato ciclasi: catalizza la formazione di cAMP che attiva proteine chinasi che controllano varie funzioni cellulari - Fosfolipasi C: agisce sui lipidi della membrana della cellula e catalizza la formazione di due messaggeri intracellulari, il IP3 (inositolo difosfato) e il DAG (diacilglicerolo)→ determinano l’aumento del Ca intracellulare e l’attivazione della fosfolipasi C. Il cAMP attiva la proteinchinasi A PKA sempre presente a livello citoplasmatico. Il IP3 migra nel REL e va a reagire con i canali del Ca++. Il Ca++ fuoriesce nel citosol e va a reagire con la proteinchinasi C che per essere completamente attivata deve reagire con il diacilglicerolo DAG che resta immerso nella membrana e va ad attivare una proteina PKC calcio dipendente. La PKC attivata fosforila proteine bersaglio te4ssuto specifiche. Diacilglicerolo, idrolisi di un lipide di membrana. estrema precisione delle attività biologiche che vengono attivate in modo specifico. Abbiamo bisogno di tante proteine intermedie per l’attività metabolica per evitare che vengano attivate in modo errato delle reazioni. Avendo molte proteine intermedie abbiamo la garanzia che il processo avvenga in modo corretto. 35 La terza categoria di recettori è quella in grado di attivare una serie di proteine. I recettori sono proteine transmembranali che sono separate tra loro e quando si attivano dimerizzano → autofosforilazione. I recettori sono in grado di autofosforirale la serina, la treonina e la tirosina. Queste proteine sono amminoacidi fosforilati. Così si scatenano le reazione che hanno come obiettivo la proliferazione cellulare. Tutte le vie di comunicazione hanno lo stesso obiettivo. Le varie vie di trasmissione del segnale interagiscono reciprocamente mettendo in grado le cellule di produrre una risposta adatta a una combinazione di segnali complessa. Alcune combinazioni significano per la cellula che deve continuare a vivere, altri che deve riprodursi mentre in assenza totale di segnali le cellule si suicidano. 36 25/10/23 NUCLEO E CROMATINA Quando descriviamo una struttura cellulare dobbiamo sempre riferirci al momento del ciclo cellulare in cui consideriamo la cellula. Al microscopio elettronico possiamo notare che il nucleo è delimitato da un sistema membranoso detto carioteca, sistema di membrane che si continuano le une con le altre. La carioteca è anche detta involucro nucleare e racchiude il nucleoplasma. Il materiale nella carioteca appare al microscopio più o meno scuro: nelle parti scure il materiale genetico è molto compatto mentre nelle parti chiare il materiale è disteso. Tale stato morfo-funzionale corrisponde alla sua capacità di trascrizione. La zona eterocromatica è fortemente spiralizzata e difficilmente trascrivibile, la zona eucromatica è poco spiralizzata e facilmente trascrivibile. La membrana si continua con il reticolo endoplasmatico rugoso. All’interno del nucleo esiste una regione densa di elettroni: il nucleolo, regione della cromatina non delimitata da membrana, dove sono localizzati i geni per la trascrizione del rRNA e dei ribosomi stessi. Il nucleo è l’organulo più voluminoso della cellula eucariotica, appare solitamente rotondeggiante e localizzato nella regione centrale del citoplasma (non vale sempre questa regola, per esempio negli adipociti il nucleo è schiacciato di lato). La maggior parte degli eucarioti presenta un solo nucleo. Il nucleo costituisce la sede dell’informazione genetica: in esso risiedono molecole di DNA che vengono duplicate e trascritte. Il sistema membranoso del nucleo garantisce al materiale genetico la massima protezione poiché regola l’entrata e l’uscita di tutte le molecole tramite i pori o fori nucleari che al microscopio appaiono come semplici punti di passaggio che in realtà sono molto complessi. Le membrane che delimitano il nucleo sono due, una interna e una esterna e sono separate da uno spazio perinucleare. Ogni membrana ha la caratteristica struttura di bilayer fosfolipidico uguale a quello della membrana cellulare. La membrana nucleare interna è poggiata su una sottile e densa rete di proteine altamente insolubili, adesa al versante citoplasmatico della membrana interna della carioteca chiamata lamina nucleare. I pori nucleari riconoscono le proteine che devono entrare ed uscire, il complesso è una struttura attiva di controllo e verifica di ciò che entra ed esce dal nucleo. 37 ➔ Organizzazione ottagonale di otto proteine poste in maniera simmetrica attorno al poro che formano due anelli concentrici appoggiate alle due membrane. Nucleoporine classe più abbondante di proteine presenti nel nucleo. C’è una lamina nucleare: complesso di proteine che permette alle endomembrane di avere la giusta consistenza per poter correttamente avvolgere il materiale genetico. La lamina è fondamentale nella divisione cellulare poiché tali proteine sono bersaglio per la regolazione del ciclo cellulare. La lamina nucleare ha quindi funzione di sostegno; sito di attacco per i telomeri dei cromosomi durante la meiosi; divisione nucleare, fosforilazione delle lamine determina la frammentazione dell’involucro nucleare. La matrice nucleare è fibrogranulare insolubile (nucleoscheletro) e ha la funzione di dare forma al nucleo, di dare un’impalcatura per l’organizzazione delle fibre di cromatina, di fungere da sistema di ancoraggio per complessi molecolari coinvolti nella duplicazione e nella trascrizione. Nella foto in alto a sinistra il materiale genetico è filiforme, decondensato mentre nella foto a destra lo stesso materiale genetico ha assunto una struttura bastoncellare. Lo stesso materiale genetico è riuscito a cambiare forma e a subire la transizione da fibrillare a bastoncellare grazie al cambiamento conformazionale delle proteine. L’informazione genetica nel nucleo degli eucarioti si trova associata a proteine e acido ribonucleico → cromatina (DNA, proteine, acido ribonucleico). Ci si accorse che trattando la cromatina con soluzioni molto diluite si staccavano solo alcune proteine mentre aumentando la concentrazione salina si staccavano altre proteine ma non tutte, alcune non riuscivano ad essere isolate → si analizzò la struttura di queste proteine che si legavano al DNA in modo specifico → proteine istoniche → istone H1. Si osservò che prima del distacco dell’istone H1 la cromatina aveva uno spessore di circa 30nm mentre quando si procedeva con concentrazioni saline elevate la fibra di cromatina appariva con uno spessore di circa 10nm 38 La cromatina sembra organizzata come una collana di perle dove le strutture sono interconnesse in un filamento. Quando il DNA non è in replicazione è formato da fibre di cromatina: ogni “perla” è costituita da otto proteine (un ottamero) e sono a due a due uguali. Intorno a questa parte proteica si avvolge il DNA per circa 280 paia di basi. Se il DNA si trovasse nel nucleo per tutta la sua lunghezza, svolto, avrebbe bisogno di tantissimo spazio → si avvolge attorno a delle proteine. L’unità fondamentale della cromatina è il nucleosoma, ottamero proteico attorno al quale si avvolge il DNA costituito a sua volta da otto proteine istoniche a due a due uguali: - 2 molecole di istone 2 (H2A) - 2 molecole di H2B - 2 molecole di H3 - 2 molecole di H4 - 39 Se noi disponessimo tutto il materiale genetico nel nucleo lo sciogliessimo raggiungerebbe la lunghezza di un metro: per ridurre la lunghezza del materiale genetico si associano le proteine e in condizioni di non divisione il materiale risulta di pochissimi nanometri. Si è proceduto ad isolare ognuna delle “perle” per studiarle: il materiale genetico è stato messo a contatto con la nucleasi, enzima che idrolizza una lunga catena polinucleotidica nei singoli filamenti che lo compongono. Più il DNA e le nucleasi erano a contatto più piccoli erano i filamenti ma non si riuscivano ma ad ottenere frammenti minori di 250 basi poiché il DNA si associa al nocciolo proteico. Tali proteine sono particolarmente ricche di lisina ed arginina che conferiscono carica netta positiva → essendo cariche positivamente si associano bene al DNA che è carico negativamente e questo legame permette alla cromatina di essere stabile. Le proteine istoniche nel corso dell’evoluzione hanno mantenuto la loro struttura primaria e non differiscono tra i vari organismi viventi perché avendo lisine e arginine positive devono agganciarsi nel giusto posto a livello del DNA e la stabilità verrebbe meno → ogni modificazione avrebbe comportato l’instabilità della cromatina. Gli istoni sono molto piccoli. L’ms viene perso dal passaggio di fibra di 30 nm a quello di 11 nm. L’h1 si posiziona a cavallo di due nucleosomi ma non si lega specificamente alla cromatina → la funzione dell’H1 è molto importante poiché quando arriva l’input per la divisione cellulare il DNA deve compattarsi e l’H1 permette questo processo. L’H1 permette alla cromatina di passare da una struttura filiforme a bastoncellare. Cromatina → cromosoma 40 Durante il ciclo cellulare la cromatina si condensa fino ad assumere la forma del cromosoma metafasico e questo permette alle cellule di dividere equamente il materiale genetico sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. 41 31/10/23 SMISTAMESTO SORTING DELLE PROTEINE Come fanno le proteine a conoscere la loro destinazione? Esiste una sequenza segnale che si trova nella parte iniziale che indica alla proteina la sua destinazione finale. - Estremità ammino-terminale → circa trenta amminoacidi che compongono la sequenza segnale - Estremità carbossi-terminale Le proteine sintetizzate devono passare la membrana dell’organulo bersaglio e se ad una proteina sostituisco la sequenza segnale essa avrà una destinazione diversa con conseguente perdita di funzione dalla proteina e manifestazione patologica. Negli anni Sessanta alcuni studiosi si sono chiesti come le proteine venivano smistate: hanno somministrato un amminoacido radioattivo a una cellula → leucina triziata (atomo di H radioattivo) così che la radiazione potesse essere seguita anche al microscopio e si accorsero che la radioattività in un primo momento si trovava a livello citoplasmatico. La radioattività si spostava poi nel RER, successivamente nel Golgi e poi al di fuori della cellula → doveva esistere una via che permetteva alle proteine di essere sintetizzate nel citoplasma e smistate poi nel RER e nel Golgi per poter uscire dalla cellula. 42 Si dedusse che tutte le proteine vengono sintetizzate nel citoplasma e una parte di esse, ancora incompleta, raggiunge il reticolo endoplasmatico rugoso per riprendere la sintesi che si era interrotta. Dal RER si spostano all’apparato del Golgi che ha il compito di smistarle: - Alcune ritornano al RER - Alcune formano l’endosoma tardivo, struttura che permette di organizzare le proteine in lisosomi. - Alcune vengono conservate in vescicole secretorie - Alcune vengono riversate alla superficie cellulare Sono sintetizzate nel RER tutte quelle proteine che sono destinate alla membrana plasmatica, agli organuli della cellula o che devono uscire (fanno eccezione le proteine indirizzate al nucleo, ai mitocondri o ai plasmidi che vengono invece sintetizzate a livello citoplasmatico). Dalla superficie cellulare si può passare all’endosoma precoce che contiene materiale che va dall’esterno all’interno della cellula e può arrivare all’endosoma tardivo. Alcune proteine dal citoplasma arrivano al nucleo e devono attraversare i pori nucleari. Tutte le proteine indirizzate al nucleo presentano una sequenza segnale ben definita che viene riconosciuta dai pori: Ogni poro è una complessa struttura proteica complesso del poro che contiene uno o più canali cilindrici (canali acquosi) attraverso i quali possono passare facilmente e senza alcun controllo selettivo molecole idrosolubili provenienti dal citosol. Per quanto riguarda molecole più grandi (sopra i 60 kDa quindi RNA e proteine) e complessi macromolecolari (subunità ribosomiali) a meno che non portino un segnale di localizzazione nucleare subiscono un arresto in entrata. L’interazione tra una proteina di nuova sintesi destinata al nucleo e il poro nucleare richiede l’intervento di altre proteine citosoliche dette recettori di importazione nucleare o l’importine che riconoscono la proteina che deve entrare nel nucleo e ci si legano (appartiene alle proteine G) a livello del segnale di localizzazione nucleare dirigendo così la proteina verso il poro con il quale interagiscono a livello delle fibrille. Il poro è largo al massimo 9 nm; le importine indicano al poro di allargarsi ulteriormente (fino a 26nm) per permetterne il passaggio. La proteina viene trasportata attivamente nel nucleo con un processo alimentato dall’energia di idrolisi del GTP. 43 Il meccanismo di trasporto nucleare dipende da: - GTPasi monomerica RAN, la RAN è attiva quando è legata a GTP e inattiva quando legata a GDP - GAP, enzima che spegne RAN attivando l’attività GTPasica e la stimola a idrolizzare il GTP a GDP+Pi - GEF, enzima che stimola RAN a scambiare GDP con GTP (GEF non è una chinasi e non fosforila il GDP ma lo fa rilasciare e scambiare con un GTP RAN-GAP si trova soprattutto nel citosol mentre RAN-GEF si trova nel nucleoplasma e si viene a creare quindi un gradiente delle due forme conformazionali di RAN (R-GTP e R-GDP) tra interno e esterno del nucleo. Il gradiente spinge il trasporto nella direzione appropriata. L’intero complesso in un modo che ad oggi non è ancora del tutto chiaro, indica al poro di allargarsi e la struttura entra nel nucleo dove una Ran-GTP si lega all’importina provocando il rilascio del cargo nel nucleoplasma. Il gradiente di concentrazione di Ran-GTP/Ran-GDP che esiste tra l’interno e l’esterno del nucleo spinge il complesso importina/Ran-GRP a fuoriuscire nuovamente attraverso il poro nucleare. Nel citosol, Ran-GTP viene attaccata a due proteine: una proteina che lega Ran e una Ran-GAP che attiva la GTPasi del Ran. La proteina che lega Ran sposta Ran-GTP dall’importina che può così riprendere il suo ciclo mentre Ran-GAP stimola l’attività GTPasica di Ran. Ran idrolizza il suo GTP e rilascia il fosfato Pi staccandosi infine dalla proteina che lega Ran. 44 Trasporto attraverso la membrana per mezzo di traslocatori proteici Il MITOCONDRIO è costituito da un sistema di doppie membrane, la membrana interna si piega verso l’interno per aumentare la superficie. La membrana esterna è costituita dal 60% da lipidi e dal 40% di proteine mentre la membrana interna presenta l’80% di proteine e solo il 20% di lipidi. I mitocondri presentano inoltre un genoma proprio nella matrice mitocondriale e possono dare luogo a sintesi proteica autonoma, indipendente da quella del citoplasma. La componente genetica è circolare e possono sintetizzare 13 proteine che sono fondamentali per la produzione di energia, tutte le altre proteine di cui il mitocondrio ha bisogno vengono fornite dal citoplasma. Simili ai mitocondri, sono i cloroplasti. Le proteine sintetizzate nel citosol contengono una sequenza segnale amminoterminale “sequenza di indirizzamento ai mitocondri” ci circa 18 aminoacidi. La proteina deve essere linearizzata per attraversare i mitocondri: esistono vari tipi di canali che è specifico per un particolare tipo di proteina. Come si importa una proteina alla matrice mitocondriale? La proteina che presenta una sequenza segnale viene riconosciuta da un recettore che è posto sulla membrana esterna dei mitocondri; il complesso recettore-proteina diffonde lateralmente nella membrana fino a un sito di contatto dove la proteina viene trasferita oltre le due membrane da un apposito traslocatore: Come si linearizza una proteina? Questo processo può avvenire grazie alle proteine chaperone Hsp70 citosoliche. Queste proteine compaiono nella cellula anche in seguito a shock termico e hanno la funzione di srotolare la proteina per permettere il passaggio nella matrice interna mitocondriale. Le stesse ricreano all’interno del mitocondrio la struttura tridimensionale: 45 Un mitocondrio oltre alle membrane presenta anche una matrice mitocondriale dove possono essere indirizzate ulteriori proteine. 46 RETICOLO ENDOPLASMATICO RUGOSO Il RER presenta delle membrane che si ripiegano su loro stesse e ha due superfici: una rivolta al nucleo e una rivolta alla membrana plasmatica. Alla membrana del RER sono associati dei ribosomi. Quando la sequenza segnale indica che la proteina deve andare nel RER la sintesi viene bloccata dalla particella di riconoscimento del segnale e la proteina viene mandata al RER (SRP, complesso costituito da una molecola di RNA 7s e da sei proteine diverse). C’è un recettore nel RER, recettore per SRP che permette il passaggio della proteina nascente all’interno del RER → la sintesi riprende. - Se la proteina è idrosolubile viene riconosciuta e entra nel RER - Se la proteina si deve localizzare nella membrana plasmatica la proteina sintetizzata viene inserita nella posizione definitiva così che le regioni idrofobiche sono direttamente immerse nel doppio strato fosfolipidico Non esiste solo il segnale di importazione ma ci sono sequenze di stop and go che indicano quale parte della proteina deve essere orientata all’interno o all’esterno della cellula. 47 A livello del RER le proteine iniziano a subire le prime modificazioni post-traduzionali: si inizia ad organizzare al struttura terziaria ed inizia ad organizzarsi il complesso sistema di catene oligosaccaridiche → glicosilazione proteica. N-GLICOSILAZIONE La N-glicosilazione vede l’aggiunta di una catena glucidica standard a livello dell’atomo di azoto N di una catena di asparagina. Ha inizio nel reticolo endoplasmatico rugoso a carico di una catena peptidica ancora in corso di traduzione. La prima fase consiste nel trasferimento di una catena di zuccheri (2 di N- acetilglucosammina; 3 di glucosio; 9 di mannosio) ad un residuo laterale di asparagina. È la prima di una serie di modificazioni che attendono la proteina fino alla sua forma matura al termine del suo percorso verso la destinazione definitiva. Gli oligosaccaridi legati via N delle glicoproteine mature vengono modificati per rimozione di 3 residui di glucosio e 1 di mannosio. Tale elaborazione dell’oligosaccaride comincia nel RER e continua nel Golgi. L’oligosaccaride è assemblato nel reticolo endoplasmatico a partire da singoli carboidrati ed è trasferito da uno speciale enzima (glicosiltransferasi) da una molecola di dolicolo fosfato alla proteina come singolo elemento. Funzione della glicosilazione delle proteine: la glicosilazione protegge dall’attacco di proteasi d aumenta la solubilità della molecola proteica che viene dunque stabilizzata in tutti gli aspetti. Permette lo svolgimento del controllo di qualità, un processo operato dalla cellula per scartare le proteine che non sono correttamente ripiegate. Il principio di riconoscimento avviene sulla base della presenza o meno di un particolare residuo di glucosio sulla struttura glicosidica. Una proteina glicosilata raggiunge un folding corretto e può così esplicare la sua funzione. La calnexina lega e trattiene proteine che non sono completamente foldate ed hanno un glucosio esposto. La glucosyl transferase riconosce le proteine unfolded e le glicosila. 48 Nella fibrosi cistica una mutazione produce una proteina di trasporto della membrana plasmatica che ha una conformazione leggermente difettosa. Nonostante sia perfettamente in grado di funzionare normalmente quando si inserisce nella membrana plasmatica la proteina mutante viene trattenuta nel RER con conseguenze gravissime; la malattia non deriva dal fatto che la mutazione inattivi una proteina importante ma è la proteina attiva che viene a trovarsi scartata dalla cellula prima ancora di riuscire a funzionare. Unfolded protein response nel lievito: Protein export and degradation of the ER misfolded: Le proteine misfolded vengono traslocate al citosol per la degradazione. TRASPORTO VESCICOLARE Il trasporto vescicolare usa gemmazione e fusione di vescicole. I componenti solubili sono trasportati insieme a membrane. Ci sono due vie per il trasporto vescicolare: - Via secretoria maestra - Via endocitica maestra 49 L’endocitosi consiste nel trasporto di molecole di varia natura dall’esterno all’interno della cellula: Per operare correttamente ogni vescicola di trasporto deve portare con sé solamente le proteine necessarie al destinatario e deve fondersi soltanto con la membrana bersaglio appropriata. Tutti gli eventi legati al riconoscimento dipendono da proteine associate alla membrana della vescicola di trasporto. La formazione della vescicola è indotta dalla polimerizzazione di una classe di proteine particolari: copi, copii, clatrina. La fase iniziale consiste nel riconoscimento del cargo da parte della cellula. Il riconoscimento avviene tramite l’interazione con specifici recettori di membrana. Appena il recettore si è legato alla sostanza (il ligando) si comincia a formare una depressione sulla superficie cellulare circostante → questa attira la clatrina che accentua l’invaginazione e porta alla formazione della cosiddetta fossetta rivestita o coated pit. La fossetta si ripiega ulteriormente fino a richiudersi e formare una vescicola. Quando questa si fondo con un endosoma primario nella cellula il rivestimento si rompe e la clatrina ritorna alla membrana plasmatica pronta per formare una nuova fossetta rivestita. 50 La gemmazione vescicolare è innescata dall’aggregarsi di un rivestimento proteico. La clatrina è costituita da tre catene pesanti e tre catene leggere che formano una struttura detta triskelion che polimerizzando genera strutture esagonali che formano una gabbia sferica. La polimerizzazione prevede la presenza di altre molecole localizzate sulla membrana dette adattine che hanno il compito di riconoscere il cargo da trasferire. La polimerizzazione fa sollevare la membrana ed accrescere la vescicola che si stacca dalla membrana mediante l’intervento di una proteina, la dinamina. Le vescicole migrano nel citosol utilizzando anche il citoscheletro e si fondono con le membrane degli organuli bersaglio: internalizzazione nelle cellule delle LDL Alcune proteine fabbricate nel RER sono destinate a funzionare in sede, dove le trattiene o le riconduce, se erano passate nel Golgi, una sequenza carbossiterminale di 4 AA (segnale di ritenzione in RER). Essa viene riconosciuta da un apposito recettore proteico legato alla membrana presente nel RER e nel Golgi: Il riconoscimento dell’organulo bersaglio è mediato dalle proteine snare, proteine fibrose ancorate alle membrane. Gli snare si dividono in v-snare e t-snare e sono capaci di riconoscersi in modo reciproco così da determinare l’avvicinamento delle due membrane e la loro conseguente fusione. 51 Le GTPasi Rab sono implicate sia nel trasferimento delle vescicole lungo i microtubuli che nel riconoscimento delle SNARE. Passaggio all’apparato del Golgi: le proteine che hanno subito sia la glicosilazione che la prima modificazione nel RER vengono trasportate tramite vescicole all’apparato del Golgi. O-GLICOSILAZIONE La o-glicosilazione si svolge completamente nell’apparato del Golgi dove gli zuccheri vengono legati al peptide sintetizzato (modificazione post-traduzionale) a livello dell’atomo di ossigeno delle catene laterali di serina o treonina. Se nel RER la glicosilazione non varia al variare del substrato, nel Golgi ogni specifica proteina viene riconosciuta e modificata in base alla futura funzione. Si possono riscontrare rimozioni o aggiunte di singoli zuccheri (N-acetigalattosammina) o di catene più lunge (aggiunti uno alla volta sino a formare una catena molto piccola di 3 o 4 zuccheri). 52 APPARATO DEL GOLGI L’apparato del Golgi ha la funzione di rielaborare, selezionare ed esportare i prodotti cellulari. La specificità delle singole catene glucidiche è il meccanismo utilizzato dalla cellula per lo smistamento delle proteine alle varie sedi di destinazione: membrana, lisosomi o secrezione. L’apparato di Golgi è costituito da delle membrane separate tra loro. Tale separazione è necessaria per far sì che le reazioni avvengano nel modo corretto. Il prodotto finale si trova in una zona detta trans-Golgi network. LISOSOMI I lisosomi sono organuli citoplasmatici delimitati da membrana che contengono una serie di enzimi in grado di degradare tutti i tipi di polimeri biologici: - Proteine - Acidi nucleici - Lipidi - Polisaccaridi Questi organuli sono un sistema digestivo della cellula che degrada sia materiale trasportato dall’esterno della cellula sia componenti cellulari non più utili. Nella loro forma più semplice appaiono come vacuoli sferici ma possono presentare forme e dimensioni diverse in relazione ai materiali che sono stati trasportati al loro interno per essere degradati. Tutti gli enzimi dei lisosomi sono idrolasi acide attive al pH acido del lisosoma che è circa 5.0 ma non sono attive al pH neutro del citoplasma che è di 7,2. Questo meccanismo protegge la cellula dalla eventuale rottura della membrana del lisosoma → le idrolasi rilasciate sarebbero quindi inattive a pH neutro del citosol. Tra le idrolasi acide conosciamo: - Nucleasi - Proteasi - Glicosidasi - Lipasi - Fosfatasi - Solfolipasi - Fosfolipasi Per mantenere acido il pH al loro interno i lisosomi devono attivamente concentrare ioni H+ → questo è assicurato dalla presenza nella membrana di una pompa protonica che trasporta attivamente protoni dal citosol nei lisosomi. L’attività di questa pompa richiede consumo di energia che è fornita da idrolisi di ATP per mantenere nei lisosomi una concentrazione di ioni H+ circa cento volte più alta rispetto al citosol. Le idrolasi lisosomiali e le proteine di membrana dei lisosomi sono sintetizzate nel RER e attraverso l’apparato di Golgi vengono trasportate agli endosomi tardivi (precursori dei lisosomi) da vescicole che gemmano dalla porzione trans del Golgi. Esse portano un marcatore sotto forma di mannosio 6-fosfato 53 (M6P) che, riconosciuto da recettori di M6P transmembrana presenti nel trans Golgi vengono impacchettate in vescicole rivestite da clatrina successivamente liberate nell’endosoma tardivo. I lisosomi si formano in seguito alla fusione di vescicole di trasporto gemmate dal reticolo trans del Golgi con endosomi che contengono a loro volta molecole trasportate all’interno della membrana plasmatica per endocitosi. Il materiale extracellulare è trasportato all’interno della cellula in vescicole di endocitosi rivestite da clatrina che gemmano dalla membrana plasmatica e si fondono con gli endosomi precoci. A livello degli endosomi precoci i componenti di membrana che hanno preso parte al processo vengono riciclati e fanno ritorno alla membrana plasmatica mentre gli endosomi precoci si trasformano gradualmente in endosomi tardivi. Agli endosomi tardivi gradualmente giungono le idrolasi lisosomiali provenienti dal trans Golgi le quali si dissociano dai recettori per l’M6P a causa del pH acido (circa 6) degli endosomi. La perdita del gruppo fosfato del mannosio determina l’attivazione delle idrolasi le quali cominciano a degradare il materiale endocitato portato dagli endosomi precoci. I recettori per lìM6P tornano mediante vescicole al trans Golgi. Oltre alla digestione derivante dall’endocitosi i lisosomi degradano anche materiale proveniente da altre due vie: - Fagocitosi→ cellule specializzate nella degradazione di particelle di grandi dimensioni e di microrganismi. Fagocitano al loro interno le particelle formano un fagosoma che si fonde con un lisosoma assicurando la digestione del contenuto. I lisosomi derivati da questo processo prendono il nome di fagolisosomi e possono essere di varie forme e dimensioni in base al tipo di materiale fagocitato. Le sostanze indigeribili permangono nei lisosomi quali corpi residui. - Autofagia → rappresenta la via degradativa degli organuli cellulari. Essi vengono inglobati in membrane derivanti dal RE e la vescicola così formata, autofagosoma, si fonde con un lisosoma degradando il proprio contenuto. 54 Insufficienze lisosomiali acquisite: accumulo intracellulare di materiale indigesto si può avere in soggetti normali per insufficienze lisosomiali che possono originare inibizione degli enzimi digestivi provocando accumulo di materiale autofagico non digerito responsabile di fenomeni di organotossicità.© Malattie lisosomiali ereditarie: le malattie d’accumulo lisosomiale LSD sono un gruppo di malattie clinicamente eterogeneo. Sono malattie rare di origine genetica con gravi conseguenze patologiche più spesso del sistema nervoso. L’alterazione genetico di uno degli enzimi deputati alla degradazione enzimatica provoca accumulo di prodotti all’interno dei lisosomi determinando gravi danni cellulari. Poiché esistono numerosi enzimi lisosomiali ognuno ha il compito di degradare una determinata molecola. Attualmente si conoscono 40 diversi tipi di malattie lisosomiali classificate in base alla deficienza di un determinato enzima. In base a questo e quindi anche alle sostanze accumulate, le malattie lisosomiali vengono classificate in vari gruppi: - Sfingolipidosi: le sfingolipidosi o glicolipidosi sono dovute ad un blocco nella degradazione lisosomiale degli sfingolipidi causato da mutazioni a livello di particolari enzimi degradativi, le sfingolipidi idrolasi o negli attivatori di questi idrolasi. Le sfingolipidosi possono essere classificate in base al tipo di mutazione e quindi al danno che si viene a creare. Tra queste: leucodistrofia metacromatica, malattia di Niemann-Pick, malattia di Gaucher, gangliosidosi GM1, malattia di Tay- Sachs e gangliosidosi GM2, galattosialidosi, malattia di Farber, malattia di Fabry, mucosulfatidosi, malattia di Krabbe, malattia di Sandohoff - Oligosaccaridosi: le oligosaccaridosi sono dovute al difetto nella degradazione degli oligosaccaridi e delle glicoproteine. Tra queste: fucosidosi, sialidosi, mucolipidosi, mannosidosi. - Mucopolisaccarisasi: Le mucopolisaccaridosi ( MPS ) sono patologie caratterizzate da un difetto nella degradazione dei mucopolisaccardi. I mucopolisaccaridi sono molecole di grosse dimensioni, che svolgono importanti funzioni a livello del tessuto connettivo. Un’accumulo di queste sostanze porta a patologie che si manifestano tardivamente, con conseguenze che possono variare in base alla patologia, ma che portano, nella maggior parte dei casi, a gravi handicap. I pazienti affetti da mucopolisaccaridosi manifestano difetti della crescita, ritardi fisici e mentali, perdita di taluni apprendimenti (parlare, camminare), irrigidimento delle articolazioni, oltre a disturbi uditivi, disturbi alla vista. - Spesso queste patologie portano ad esito fatale prima del raggiungimento dell’età adulta. Le mucopolisaccaridosi possono essere distinte in: MPS I (sindrome di Hurler-Scheie), MPS II (sindrome di Hunter), MPS III (sindrome di Sanfilippo), MPS IV (sindrome di Morquio), MPS VI (sindrome di Maroteaux-Lamy), MPS VII (sindrome di Sly). 55 BIOENERGETICA Gli organismi viventi possono utilizzare solo due forme di energia (capacità di compiere lavoro): - Luminosa → radiazioni di determinate lunghezze d’onda. Utilizzato da organismi autotrofi (fotoautotrofi) - Chimica → composti chimici nella maggior parte organici. Utilizzato da organismi eterotrofi (chemiotrofi) La termodinamica è lo studio delle trasformazioni energetiche che accompagnano gli eventi dell’universo. L’energia chimica si trasforma in termica (combustibile che brucia). L’energia chimica di alcune molecole biologiche (ATP) si trasforma in energia: - Meccanica - Termina - Elettrica (gli ioni fluiscono attraverso la membrana) La trasformazione energetica che permette la nostra vita è la fotosintesi. L’energia fisica viene trasformata dalla cellula in energia chimica, la nostra vita dipende dalle piante. FOTOSINTESI: Il pigmento delle piante è la clorofilla, è verde ed è necessario all’assorbimento delle radiazioni blu-rosse. La clorofilla si trova all’interno di organuli tipici della cellula vegetale, i cloroplasti. La fotosintesi si svolge in due fasi: - Fase luminosa o luce-dipendente: consta di una serie di ossido-riduzioni innescate dall’energia luminosa che portano all’ossidazione dell’ossigeno dell’H2O che viene liberato sottoforma di ossigeno molecolare O2 e all’accumulo di ATP e del coenzima ridotto NADPH+H+ - Fase oscura o luce-indipendente: l’ATP e il coenzima ridotto NAPH+H+ sono utilizzati per ridurre l’anidride carbonica CO2 in glucosio (ciclo di calvin o calvin-benson) Libro pag. 186-203 56 21/11/23 Il glucosio è la molecola chiave del metabolismo delle piante e degli animali. La cellula si è organizzata per produrre l’energia necessaria con un sistema altamente modulabile. Qualunque sia la forma con cui l’energia viene prelevata dall’ambiente essa viene trasformata nell’organismo in energia chimica, ATP. La trasformazione del glucosio in ATP ha inizio nel citosol dove risiede la via metabolica glicolitica, l’insieme di reazioni enzimatiche il cui prodotto di una reazione è il substrato della successiva in un sistema altamente efficiente senza spreco di tempo ed energia che in assenza di ossigeno produce acido piruvico e ATP. Glicolisi: La glicolisi genera un numero limitato di ATP in assenza di ossigeno. Il guadagno della reazione è: GLUCOSIO + 2 ADP + 2P + 2NAD → 2 PIRUVATO + 2ATP + 2 NADH + 2H+ + 2H2O Il piruvato è un composto chiave sia per la respirazione cellulare che per la fermentazione. Il NADH si forma a partire da NAD+ che si trova in piccola quantità nelle cellule e deve essere rigenerato. In assenza di ossigeno il NAD viene rigenerato con il processo di fermentazione. 57 NAD e FAD sono dei coenzimi: nicotinammide-adenin-dinucleotide e nicotinammide-adenin- dinucleotide fosfato: NAD e FAD sono nucleotidi in cui l’AMP è legato tramite il fosfato ad un secondo nucleotide la cui base azotata è la nicotinammide (derivata della vitamina PP per il NAD e della B2 riboflavina per il FAD). NAD e FAD si possono ridurre poiché hanno orbitali liberi e possono quindi accettare elettroni passando da un livello energetico inferiore ad uno superiore. L’energia viene quindi immagazzinata sotto forma di energia potenziale. Alla fine della glicolisi abbiamo due molecole di piruvato che contengono ancora molta energia. Insieme al NADH, in presenza di ossigeno, può portare alla formazione di 34 molecole di ATP nella matrice mitocondriale per compiere la respirazione cellulare. 58 MITOCONDRI I mitocondri sono organelli sferici o allungati di dimensioni simili ad un batterio di diametro di circa 0,5 micrometri e di lunghezza circa 1-2 micrometri. Sono delimitati da doppia membrana (come i cloroplasti e il nucleo), una esterna a contatto con il citoplasma e una interna che si introflesse in pieghe dette creste che ospitano enzimi coinvolti nella respirazione cellulare. I mitocondri sono posizionati accanto ai siti di utilizzazione di ATP e variano di numero a seconda del tipo di cellula e a seconda del fabbisogno energetico. Lo spazio tra la membrana interna e quella esterna è detto spazio intermembrana. La membrana interna racchiude la matrice del mitocondrio che a sua volta contiene alcuni ribosomi, RNA ribosomiale, messaggero e transfer e il DNA mitocondriale responsabile della sintesi di alcuni degli enzimi necessaria al funzionamento dei mitocondri Il DNA mitocondriale viene trasmesso esclusivamente per via materna al feto. La membrana esterna ha una struttura molto simile alla membrana plasmatica e a quella degli altri organelli cellulari ma non possiede colesterolo. A differenza di questi è dotata di grande permeabilità grazie alla presenza di porine. I mitocondri sono l’unico organulo, oltre al nucleo e ai cloroplasti, che contiene DNA. Il cromosoma mitocondriale è costituito da DNA a doppia elica con forma circolare. È molto simile a quello batterico e questo avvalora l’ipotesi dell’origine simbiontica dei mitocondri secondo cui i mitocondri e i cloroplasti si sarebbero evoluti da batteri ancestrali: il batterio, progenitore dei mitocondri, sarebbe entrato per endocitosi nella cellula ospite; quindi, la membrana esterna dei mitocondri deriverebbe dalla membrana della vescicola endocitotica e, quella interna, dalla membrana plasmatica del batterio. La membrana interna dei mitocondri è ricca di proteine in particolare di una proteina di trasporto detta porina. Essa si comporta come un setaccio permeabile a tutte le molecole che non superano le 5000 unità di massa molecolare. Altre proteine presenti sono enzimi coinvolti nella sintesi mitocondriale dei lipidi ed enzimi che convertono substrati lipidici in forme che sono successivamente metabolizzate nella matrice. La membrana interna è inoltre ripiegata in numerose creste. È impermeabile al passaggio di ioni e di quasi tutte le molecole. È sede di tre principali tipi di proteine: I. Quelle che svolgono le reazioni di ossidazione della catena respiratoria II. Un complesso enzimatico, l’ATPasi che produce ATP nella matrice III. Specifiche proteine di trasporto che regolano il passaggio di metaboliti dentro e fuori la matrice La matrice contiene una miscela concentrata di centinaia di enzimi compresi quelli necessari per l’ossidazione del piruvato e degli acidi grassi e per il ciclo dell’acido citrico. Contiene anche copie del genoma mitocondriale, speciali ribosomi mitocondriali, tRNA e vari enzimi necessari per l’espressione dei geni mitocondriali. Lo spazio intermembrana contiene enzimi che usano l’ATP per fosforilare altri nucleotidi. 59

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