Chimica e Biochimica PDF
Document Details
![SteadySerpentine5193](https://quizgecko.com/images/avatars/avatar-2.webp)
Uploaded by SteadySerpentine5193
Tags
Summary
This document provides an introduction to the topic of biochemistry. It covers fundamental principles and concepts related to the characteristics and composition of matter in living organisms, including components like carbohydrates, lipids, proteins, and nucleic acids. It explores how these molecules interact and the vital role of energy in biological systems.
Full Transcript
BIOCHIMICA CARATTERISTICHE e COMPOSIZIONE della MATERIA Studia le molecole che costituiscono gli organismi viventi e le reazioni con cui vengono sintetizzate, trasformate e utilizzate. Lo svolgimento delle reazione è controllato da un complesso sistemi di regolazione. COMPONENTI CHIMICI→ Gl...
BIOCHIMICA CARATTERISTICHE e COMPOSIZIONE della MATERIA Studia le molecole che costituiscono gli organismi viventi e le reazioni con cui vengono sintetizzate, trasformate e utilizzate. Lo svolgimento delle reazione è controllato da un complesso sistemi di regolazione. COMPONENTI CHIMICI→ Gli elementi che costituiscono gli organismi viventi sono: 1. CARBONIO→ Costituisce lo scheletro dei composti organici, 2. OSSIGENO e IDROGENO→ Componenti di H2O, sono presenti in tutti i composti organici, 3. AZOTO→ Nelle proteine, acidi nucleici e lipidi, 4. ZOLFO→ In alcuni aminoacidi e biomolecole, 5. FOSFORO→ Nei nucleotidi e fosfolipidi. Componente strutturale delle ossa sottoforma di fosfato di Ca, 6. IONE CALCIO→ Ca2+, essenziale per la contrazione muscolare, 7. FERRO→ Componente dell’emoglobina e degli enzimi della respirazione cellulare, 8. IONI K+, Na+ e Cl-→ Controllo equilibrio elettrolitico ed implicati nell’attività elettrica dei neuroni. H20→ La formazione di legami idrogeno tra le molecole di H2O è dovuta alla sua POLARITA’ , influenzando i punti di fusione ed ebollizione. Molte reazioni hanno luogo in ambiente acquoso poiché l’H2O è un SOLVENTE POLARE. Possiamo trovare: COMPOSTI IDROFILICI→ Solubili in H2O, sono sali, zuccheri, acidi organici, amminoacidi, nucleotidi, proteine. Creano legami idrogeno ed interazioni elettrostatiche, COMPOSTI IDROFOBICI→ Insolubili in H2O, sono molecole apolari, le quali non riescono a instaurare legami a idrogeno, COMPOSTI ANFIPATICI→ Es. fosfolipidi, hanno regioni idrofile e idrofobiche→ Implica formazione di un DOPPIO STRATO. BIOMOLECOLE→ Abbiamo 4 classi fondamentali: 1. POLISACCARIDI→ Quello presente in maggiori quantità è il GLICOGENO, contenuto nel fegato, rappresenta una riserva energetica, e nei muscolo. Possiamo trovare anche gli ETEROPOLISACCARIDI. 2. LIPIDI→ Sono INSOLUBILI in H2O. Comprendono trigliceridi, fosfolipidi, glicolipidi, steroidi e vitamine. La componente principale è rappresentata dagli ACIDI GRASSI, responsabili del carattere idrofobico. Sono i costituenti delle membrane, es. fosfolipidi, colesterolo, glicolipidi, ed inoltre sono molecole di riserva energetica, es. trigliceridi. 3. ACIDI NUCLEICI→ Si tratta del RNA, o vettore in cui è contenuta l’informazione, e del DNA, depositario dell’informazione. Entrambi sono costituiti da monomeri, detti NUCLEOTIDI. Sono costituiti da 1 base azotata, 1 zucchero pentoso e 1 gruppo fosfato. Troviamo LEGAMI GLICOSIDICI, che legano la base allo zucchero, mentre quest’ultimo è legato al fosfato mediante LEGAME ESTEREO. Solamente le basi possono variare e vengono suddivise in PURINE (A e G) e PIRIMIDINE (T, C ed U). 4. PROTEINE→ Lunghe catene polipeptidiche che derivano dalla polimerizzazione degli AMMINOACIDI. Abbiamo 20 tipologie di amminoacidi che si legano in numero e sequenza variabile. Ciascuna proteina presenta un livello di organizzazione strutturale ed è in grado di svolgere la sua funzione biologica solo se assume la sua conformazione nativa. Tutte le macromolecole originano dall’unione di molecole più semplici, i quali interagiscono tramite LEGAMI COVALENTI. MATERIA ed ENERGIA→ Gli organismi non sono in equilibrio con l’ambiente e le loro molecole sono in continuo rinnovamento. Il mantenimento dello stato stazionario richiede un dispendio di energia, ATP. Gli organismi scambiano materia ed energia con l’ambiente→ vengono definiti SISTEMI TERMODINAMICI APERTI. Gli organismi AUTOTROFI utilizzano N e C come molecole inorganiche mentre gli ETEROTROFI devono assumerle in forma organica. CARBOIDRATI Sono costituiti da C, H ed O. Quelli più semplici sono rappresentati dalla classe dei MONOSACCARIDI. Sono le molecole più abbondanti nella Terra e rappresentano gli elementi fondamentali della dieta in molte parti del mondo. Sono contenuti principalmente in alimenti di origine vegetale. I carboidrati (CH2O)n sono poliidrossi aldeidi o poliidrossi chetoni. Possono essere classificati in base al numero di unità saccaridiche, presenza di un gruppo aldeidico o di un gruppo chetonico e numero di atomi di carbonio. MONOSACCARIDI→ Hanno formula generale Cn(H2O)n. Contengono un gruppo aldeidico, ALDOSI (glucosio), ed uno chetonico, CHETOSI (fruttosio). La GLICERALDEIDE è l’aldoso più semplice, il quale possiede 3 atomi di C. La presenza di 1 C asimmetrico, quello più lontano dal gruppo carbonilico, determina la presenza di 2 ENANTIOMERI detti D-GLICERALDEIDE e L-GLICERALDEIDE. Il chetoso più semplice, invece, è il DIIDROSSIACETONE, privo di C asimmetrici. Quando due zuccheri differiscono soltanto nella configurazione attorno ad un atomo di carbonio, vengono detti EPIMERI. Forme cicliche→ In soluzione acquosa tutti i monosaccaridi con numero di atomi di carbonio superiore a 4 assumono una struttura ciclica. Il gruppo carbonilico forma un legame covalente con l’atomo di ossigeno di un gruppo ossidrilico lungo la catena formando EMIACETALI (aldeide + alcol) o EMICHETALI (chetone + alcol) interni. Si costituisce un nuovo centro chirale che può trovarsi in due forme STEREOISOMERE α (sotto) e β (sopra), le quali differiscono per la configurazione del carbonio ANOMERICO. LEGAME GLICOSIDICO→ Reazione del gruppo ossidrilico di un monosaccaride con il carbonio anomerico di un altro monosaccaride. Può essere di tipo α o β, a seconda della configurazione del carbonio anomerico coinvolto nel legame: Disaccaridi (2 unità), Oligosaccaridi (fino a 10 unità), Polisaccaridi (molte unità). DISACCARIDI→ Dalla reazione tra il gruppo emiacetalico di un monosaccaride e un alcol si originano i GLICOSIDI. Si legano tra loro mediante LEGAME O-GLICOSIDICO α o β fra due monosaccaridi. I più importanti sono il maltosio, lattosio e saccarosio. POLISACCARIDI→ Polimeri ad alto peso molecolare formati da numerose unità di monosaccaridi. Si distinguono in OMOPOLISACCARIDI, es. amido, glicogeno e cellulosa, e ETEROPOLISACCARIDI, es. acido ialuronico, eparina e condroitinsolfato. Amido→ Polisaccaride di riserva delle cellule vegetali. Polimero di unità di glucosio unite da legame glicosidico (α 1→4). È formato da AMILOSIO (lineare) e AMILOPECTINA, presenta ramificazioni date da legami α 1→6, ogni 24-30 residui. Glicogeno→ E’ il principale polisaccaride di riserva degli animali ed è costituito da residui di glucosio legati con legami (a1à4) con ramificazioni (a1à6) ogni 8-12 residui. E’ presente in particolare nel fegato e nel muscolo scheletrico dove svolge funzioni differenti. Nel fegato il glicogeno è una riserva di glucosio da liberare nel circolo sanguigno per il mantenimento della glicemia. Nel muscolo invece rappresenta una riserva di combustibile metabolico da utilizzare per ricavare ATP durante la contrazione. Cellulosa→ Principale costituente delle pareti cellulari vegetali, formata da catene di D-glucosio con legami β1,4- glicosidico. LIPIDI→ Sostanze organiche molto eterogenee dal punto di vista chimico, caratterizzate da dimensioni molecolari modeste, INSOLUBILI in H2O ma solubili nei solventi organici. Si distinguono in GRASSI e OLI. Hanno funzione di riserva energetica, protezione termica, meccanica, elettrica, trasportatori di elettroni, agenti emulsionanti, ancore idrofobiche per proteine, fonte di energia e funzione strutturale. ACIDI GRASSI→ Sono l’unità costituente di altri lipidi. Sono ACIDI CARBOSSILICI a lunga catena (da 4 a 36 atomi di carbonio). Sono sostanze di riserva, altamente ridotte e la loro combustione completa è un processo altamente esoergonico. Le proprietà fisiche dipendono dalla lunghezza della catena idrocarburica e dalla presenza di doppi legami. Possiamo distinguerli in: 1. SATURI→ Privi di doppi legami, nella forma completamente estesa si impacchettano con una disposizione quasi cristallina→ consistenza cerosa. 2. INSATURI→ Uno o + doppi legami. La presenza di uno o più doppi legami cis interferisce con questa disposizione e produce aggregati meno stabili→ liquidi oleosi. La nomenclatura w indica la posizione del doppio legame a partire dal gruppo metilico. Possiamo suddividere i lipidi in 2 classi: 1. NEUTRI→ Trigliceridi e colesterolo→ Triacilgliceroli, 2. POLARI→ Molecole anfipatiche. Fosfolipidi e glicolipidi. TRIACILGLICEROLI→ Sono composti da tre acidi grassi uniti mediante legame estere ai gruppi ossidrilici di una molecola di glicerolo Sono molecole idrofobiche e insolubili in acqua. Rappresentano la principale riserva energetica e sono conservati nel tessuto adiposo. LIPIDI di MEMBRANA→ Si tratta di molecole ANFIPATICHE, ovvero formate da una porzione sia idrofilica che idrofobica. I lipidi polari comprendono molecole derivate dal GLICEROLO o dalla SFINGOSINA. 1. GLICEROFOSFOLIPIDI→ Sono sono derivati dell’acido fosfatidico in cui i due gruppi OH del glicerolo sono esterificati con acidi grassi, mentre il terzo è esterificato con un gruppo fosfato che a sua volta è legato alla testa polare. I più abbondanti sono la fosfatidilcolina e fosfatidiletanolammina. 2. SFINGOLIPIDI→ L’unità base degli sfingolipidi è il ceramide. Testa polare colina o etanolammina costituiscono le sfingomieline, ovvero fosfosfingolipidi. Testa polare glucidica costituiscono i cerebrosidi, globosidi, gangliosidi, che sono tutti glicosfingolipidi. Questi ultimi, in parte, detrminano i gruppi sanguigni. STEROLI→ Nucleo steroideo planare e rigido. Il principale è il COLESTEROLO. Oltre alla funzione strutturale, sono precursori di numerose molecole come gli ORMONI STEROIDEI e gli ACIDI BILIARI. Dal colesterolo derivano i SALI BILIARI prodotti dalla cistifellea e secreti nel duodeno per facilitare la digestione dei lipidi, ed inoltre gli ORMONI STEROIDEI prodotti dalle ghiandole surrenali e dalle gonadi. Il colesterolo è quindi un composto ciclico di 27 carboni, in cui il gruppo alcolico in posizione 3 può essere esterificato con un acido grasso, formando i suoi esteri. E’ molto abbondante nelle guaine mieliniche dove funge da isolante elettrico. MEMBRANE BIOLOGICHE→ Definiscono i confini esterni delle cellule e regolano il traffico di molecole tra l’esterno e l’interno. Mantengono quindi l’integrità strutturale e funzionale della cellula. Richiedono scambi di metaboliti, ioni ed informazioni fra comparti e tra cellula e ambiente. In esse possiamo distinguere: Porzione lipidica→ I lipidi polari di membrana si dispongono a formare un doppio strato in cui le parti idrofobiche interagiscono fra di loro mentre le parti idrofiliche sono a contatto con l’H2O ai due lati della membrana. La disposizione dei lipidi è ASIMMETRICA. Porzione proteica→ Possiamo distinguere 2 tipologie di proteine: 1. INTRINSECHE→ Saldamente legate alla membrana dalla quale non possono essere separate se non con l’uso di detergenti. Sono unite alla membrana mediante interazioni idrofobiche con i lipidi. 2. ESTRINSECHE→ Associate ad uno dei due lati della membrana mediante interazioni elettrostatiche e legami idrogeno. Possono essere separate con trattamenti blandi. Porzione glucidica→ MODELLO A MOSAICO FLUIDO. Le membrane biologiche, selettivamente permeabili, sono doppi strati lipidici all’interno dei quali sono immerse proteine secondo un modello a mosaico fluido. I glucidi sono disposti verso l’ambiente extracellulare. Sono impermeabili ai soluti carichi o polari, ma permeabili a composti non polari. Il loro spessore varia da 5 a 8 nm. PROTEINE→ Le proteine sono SEQUENZE LINEARI ORDINATE di amminoacidi. Sono macromolecole di peso molecolare compreso fra 5000 e 1.000.000 daltons, costituite da un certo numero di amminoacidi legati fra loro in modo covalente in sequenze lineari caratteristiche. Le proteina hanno una notevole variabilità strutturale e funzionale. AMMINOACIDI→ Si differenziano in base alla struttura della catena laterale. Quelli che compongono le proteine sono solo 20. Gli aminoacidi che compongono le proteine sono tutti in forma L-. I gruppi carbossilico ed amminico si comportano da acido e base. Tranne la glicina, la quale non ha una forma L o D poiché ha 2 gruppi uguali, il C alfa è ibridato sp3 quindi è chirale. GRUPPO CARBOSSILICO SI TRATTA DI UN CARBONIO ALFA, AMMINOACIDI STANDARD→ La polarità della catena laterale POICHE’ VICINO AD UN GRUPPO CARBOSSILICO rappresenta un aspetto importante per il ruolo di ciascun amminoacido durante il ripiegamento delle proteine. GRUPPO AMMINICO Possiamo distinguere: Catena laterale apolare→ Alifatiche, aromatiche o contengono zolfo. GLI AMMINOACIDI SI DIFFERENZIANO IN BASE ALLA TIPOLOGIA DI R Catena laterale polare→ Sono non dissociabili e presentano gruppi alcolici, tioloci, fenolici o ammidici. Catena laterale carica→ Si dividono in acide e basiche. LEGAME PEPTIDICO→ Le proteine sono formate da aminoacidi uniti da legami peptidici. Per convenzione la catena polipeptidica inizia dalla estremità N-terminale. Questo legame coinvolge il gruppo Alfa carbossilico di un aminoacido e il gruppo Alfa amminico dell'aminoacido successivo. Si tratta di un legame PLANARE, poiché ha un PARZIALE CARATTERE di DOPPIO LEGAME. La natura chimica del legame peptidico fa sì che ci sia un limite al numero di conformazioni che può assumere una catena polipeptidica e che i gruppi R siano disposti da parti opposte rispetto allo scheletro carbonioso. STRUTTURE delle PROTEINE→ La struttura tridimensionale di una proteina è determinata esclusivamente dalla sua sequenza aminoacidica. Le forze più importanti che stabilizzano la struttura tridimensionale sono interazioni non covalenti. Possiamo avere 4 strutture principali: 1. PRIMARIA→ Si tratta della SEQUENZA LINEARE con cui gli amminoacidi sono legati nella catena peptidica. Le proteine differiscono per numero sequenza degli aminoacidi e composizione. L'informazione è custodita nella sequenza di basi del DNA e viene trasferita alla proteina tramite processi di sintesi dell'mRNA e la sua traduzione. Il primo aminoacido presenta il gruppo Alfa-amminico libero e viene, detto RESIDUO N-TERMINALE, mentre l'ultimo gruppo Alfa-carbossilico libero è chiamato RESIDUO C-TERMINALE. 2. SECONDARIA→ Descrive la conformazione locale dello scheletro carbonioso della catena polipeptidica. Non tiene conto della conformazione delle catene laterali ed è stabilizzata da LEGAMI IDROGENO che coinvolgono il gruppo carbonilico e il gruppo amidico del legame peptidico. Troviamo 2 tipologie di conformazione: alfa-elica→ La catena si avvolge in modo destrorso con un passo di 3.6 residui. Lo scheletro formato dai piani peptidici è APOLARE. E’ stabilizzata da LEGAMI IDROGENO tra i gruppi coinvolti nel legame peptidico. Le catene laterali sporgono all’esterno. foglietto beta→ Risulta dalla combinazione di regioni anche distanti della catena polipeptidica. I LEGAMI IDROGENO si formano tra residui anche molto distanti nella sequenza. Sono formati da 5-10 residui. In punti in cui la catena peptidica cambia direzione si trovano spesso ANSE o RIPIEGAMENTI β o β-turn. Il foglietto pieghettato può essere PARALLELO o ANTIPARALLELO. 1. TERZIARIA→ Si tratta della disposizione nello spazio dell’intera catena polipeptidica e si avvale di interazioni fra aminoacidi che si trovano in posizioni lontane nella sequenza aminoacidica. E’ strettamente dipendente dai gruppi R e in particolare dalla loro POLARITA’. E’ stabilizzata da: Interazioni idrofobiche, Interazioni elettrostatiche→ Ponti salini, Legami idrogeno fra gruppi delle catene laterali, Ponti disolfuro→ Sono presenti nelle proteine che si ripiegano nel reticolo endoplasmatico. Nelle proteine che devono essere secrete Es. Insulina. 2. QUATERNARIA→ E’ tipica di proteine formate da PIU’ SUBUNITA’ che interagiscono tra loro mediante legami deboli. Si tratta dell’aggregazione delle catene polipeptidiche. La loro stabilità dipende da LEGAMI DROGENO e IONICI ed anche da INTERAZIONI IDROFOBICHE tra le catene laterali.→ Assenti LEGAMI COVALENTI. LE PROTEINE SVOLGONO SVARIATE FUNZIONI NELLA CELLULA→ Funzioni strutturali, trasporto di soluti, difesa, catalisi enzimatica, trasduzione del segnale. POSSONO ESSERE SOLUBILI O INSOLUBILI IN AMBIENTI ACQUOSI→ Le proteine possono essere INSOLUBILI in H2O, es. Proteine globulari, proteine di membrana o fibrose, oppure SOLUBILI in H2O, es. albumina, enzimi... POSSONO ESSERE CONIUGATE O SEMPLICI→ CONIUGATE quando si ha la presenza di gruppi prostetici come il gruppo eme, metalli, coenzimi, SEMPLICI quando si hanno soltanto catene amminoacidiche. DENATURAZIONE PROTEINE→ Può essere indotta da vari agenti fra i quali variazioni di temperatura, di pH o agenti denaturanti Es. cottura dei cibi. La denaturazione si accompagna a perdita di struttura quaternaria, terziaria e secondaria, ma non della struttura primaria. Determina perdita dell’attività biologica, coagulazione o aggregazione e aumento della sensibilità al taglio proteolitico. Possiamo avere una denaturazione IRREVERSIBILE e REVERSIBILE. PROTEINE FIBROSE→ Le proteine fibrose formano lunghe catene che costituiscono impalcature strutturali e sono insolubili in acqua. Si distinguono in base alla struttura secondaria che le caratterizza: 1. alfa-elica→ Cheratina e miosina, 2. foglietto beta→ Fibroina della seta, 3. cavo ritorto→ Collagene. CHERATINA→ Presente nei capelli, lana, strato più esterno della pelle, unghie. Possiede un’ottima resistenza alla tensione. Possiede una struttura primaria ricca di residui idrofobici e una struttura secondaria ad alfa-elica. Le sue eliche vanno a formare superavvolgimenti stabilizzati da interazioni idrofobiche. La struttura del protofilamento è stabilizzata da ponti disolfuro. Le cheratine si distinguono in morbide o dure a seconda del contenuto in ponti S-S, quindi essa può essere rigida e inestensibile. COLLAGENE→ E’ la principale proteina del tessuto connettivo negli animali. È la proteina più abbondante nei mammiferi. E’ una proteina fibrosa rigida e inestensibile. La sequenza del collagene è caratterizzata dalla ripetizione di sequenze del tipo Gly-X-Y dove X è PROLINA ed Y IDROSSIPROLINA. L’unità base del collagene è il TROPOCOLLAGENE, formato da tre eliche sinistro- orientate avvolte insieme in una spirale destrorsa. Le eliche sono sinistrorse a causa della presenza di residui di prolina che conferiscono rigidità alla molecola e resistenza alla tensione. L’interno della tripla elica non presenta spazi vuoti nei punti in cui nella sequenza si trova la glicina. IDROSSILAZIONE COLLAGENE→ Permette la formazione di legami idrogeno che rendono la tripla elica più resistente alla denaturazione. La carenza di Vitamina C provoca una malattia nota come SCORBUTO che si manifesta con lesioni epidermiche, fragilità capillare, difficoltà di cicatrizzazione delle ferite. Le unità di tropocollagene si dispongono in modo ordinato e sfalsate di un quarto della lunghezza l’una rispetto all’altra. Le fibre di collagene sono stabilizzate da legami crociati. I legami crociati sono maggiormente presenti in prossimità delle estremità N- e C-terminali. L’entità del cross-linking aumenta con l’età. La formazione dei legami crociati si basa sul legame di residui di lisina modificati. I difetti del collagene sono associati a malattie genetiche: Sindrome di Ehlers-Danlos→ Difetti nella maturazione del collagene di tipo I o III. Si manifestano con la perdita di rigidità dei tessuti che diventano elastici per la presenza di elastina. Osteogenesis imperfecta→ Mutazioni dei geni COL1A1 o COL1A2. Caratterizzata da fragilità ossea, sclera blu, malformazioni, difetti di udito. PROTEINE CHE LEGANO O2→ Si tratta di proteine che riescono a legare l'O2. Quest’ultimo è una molecola essenziale alla vita delle cellule aerobiche, si tratta di un gas poco solubile e non può essere trasportato disciolto nel plasma sanguigno in quanto la diffusione nei tessuti sarebbe insufficiente. Uno dei metalli di transizione capaci di legare l’ossigeno è il Fe+2, che allo stato libero reagisce con l'ossigeno producendo radicali liberi, pertanto viene incorporato nel gruppo prostetico EME. L'eme viene inserito in proteine della famiglia delle GLOBINE, ovvero EMOGLOBINA e MIOGLOBINA, e legato tramite legami di coordinazione tra il ferro e l’His prossimale (F8) e l’His distale (E7). Mb e Hb permettono di legare in modo reversibile O2. Emoglobina e mioglobina sono molto simili dal punto di vista strutturale. Tuttavia, la mioglobina è monomerica mentre l’emoglobina è tetramerica. La struttura quaternaria dà all’emoglobina alcune proprietà in più rispetto alla mioglobina. MIOGLOBINA→ Mb è una proteina muscolare che lega l'ossigeno. E’ una proteina monomerica, catena polipeptidica di 153 residui. La Mb ha elevata affinità per l’O2 e lo estrae dal sangue saturandosi quasi al 100%, ovvero 30mmHg. EMOGLOBINA→ Hb è una proteina tetramerica costituita da 4 catene di globine, 2 subunità a (141 aa) e 2 subunità b (146 aa), ognuna delle quali contiene un gruppo eme. L'emoglobina è pertanto in grado di trasportare 4 molecole di O2. La struttura quaternaria dell'emoglobina è caratterizzata da interazioni molto forti tra le subunità. Interazioni idrofobiche→ Interfaccia α2β2 ed α1β1 Legami idrogeno e ponti salini→ Interfaccia α1β2 ed α2β1 L’emoglobina è una proteina ALLOSTERICA. In seguito al legame di un ligando va incontro ad una transizione conformazionale che ne modifica l’affinità per l’ossigeno. L’emoglobina è presente in 2 diversi stati conformazionali T e R. Il legame dell’O2 non modifica sostanzialmente la struttura tridimensionale delle singole subunità, ma la loro relazione spaziale. La curva di saturazione della Mb rivela che essa è in grado La curva di saturazione per l’ossigeno di Hb e Mb mostra che la di rilasciare O2 nelle cellule dei tessuti metabolicamente Mb ha una maggiore affinità per l’O2. La Mb ha una curva di tipo attivi dove la pressione parziale di O2 è bassa. iperbolico, mentre l’Hb ha una curva di tipo sigmoide. Tale andamento è tipico di proteina allosteriche, cioè le sue proprietà sono modulate dall’interazione con ligandi che si legano in un sito distante dal sito di legame dell’ossigeno ma ne influenzano l’affinità per l’ossigeno stesso. L’Hb è un trasportatore migliore della Mb perché lega efficientemente ossigeno nei polmoni lo rilascia nei tessuti. L’O2 è anche un effettore allosterico dell’HB. Il legame dell’ossigeno ad una subunità aumenta l’affinità delle altre subunità per l’ossigeno stesso, in quanto favorisce la transizione dallo stato T allo stato R. Tale transizione è dovuta ad effetti legati allo spostamento dell’atomo di ferro al centro del gruppo eme in seguito al legame della molecola di ossigeno. L’Hb risente di diversi effettori allosterici oltre all’O2. Gli ioni H+ e la CO2 diminuiscono l’affinità per l’ossigeno dell’emoglobina perché spostano l’equilibrio verso la forma deossigenata. Effetto degli ioni H+→ I protoni si legano al residuo di Effetto della CO2→ La CO2 stabilizza la DEOSSIEMOGLOBINA His C-terminale delle subunità beta. La protonazione di reagendo con i gruppi amminici terminali e formando così residui tali residui stabilizza la forma T→ EFFETTO BOHR di carbammato carichi negativamente. Ciò influenza l’interfaccia tra i dimeri alfa-beta, dove i gruppi del carbammato partecipano alla formazione di LEGAMI SALINI, i quali vanno a stabilizzare lo STATO T, favorendo il rilascio dell’ossigeno. Trasporto CO2→ L’O2 deve essere trasportato dai polmoni ai tessuti, mentre la CO2 deve essere trasportata dai tessuti ai polmoni per essere espirata. La CO2 è scarsamente solubile nel plasma sanguigno. Essa viene trasportata in 3 modi, ovvero l’1. 5% come CO2 gassosa, il 2. 70% come ione bicarbonato→ TRASPORTO INDIRETTO, il 3. 25% legata al residuo amminoterminale della emoglobina, carbamminoemoglobina, o di altre proteine ematiche→ TRASPORTO DIRETTO. La maggior parte della CO2 è trasportata mediante un trasporto indiretto sotto forma di ioni bicarbonato grazie all’azione dell’ANIDRASI CARBONICA, la quale catalizza la reazione: Azione del 2,3-bifosfoglicerato Il BPG permette che l’Hb rilasci circa il 40% dell’O2 a livello dei capillari. Il BPG è coinvolto nell’adattamento dell’organismo all’altitudine. Viene prodotto in quantità maggiori per aumentare la quantità di ossigeno rilasciato a livello tissutale. Hb FETALE→ L’Hb fetale α2γ2 ha una composizione diversa da quella adulta. In particolare le subunità β sono assenti e sostituite da subunità γ. I globuli rossi fetali hanno un’affinità per l’O2 più alta di quelli materni. Il motivo è che, in presenza di BPG, l’affinità per l’O2 dell’Hb fetale è più elevata dell’Hb A materna. Varianti patologiche dell’Hb ANEMIA FALCIFORME→ Malattia genetica dovuta alla sostituzione del Gluβ6 in Val. Si genera HbS. L’emoglobina S tende all’aggregazione nella forma deossigenata. Sintomi: anemia emolitica cronica, suscettibilità alle infezioni, Trattamento: analgesici, antibiotici, trasfusioni. Nelle catene β dell' HbS, l'acido glutammico in A3 (Glu 6) è sostituito da una valina (Val 6). Questo fa sì che Val 6 si inserisca nella tasca idrofobica del gomito EF di una catena β di un'altra molecola di Hb. La tasca idrofobica in EF è accessibile solo nelle forme deossigenate. TALASSEMIE→ Il nome di questo gruppo di malattie deriva dalla parola greca “thalassa” che significa “ mare ” , in quanto molte delle popolazioni che vivono sulle rive del Mare Mediterraneo presentano un’ elevata incidenza di qualche forma di talassemia. Si tratta di un difetto di sintesi di una o più catene dell’Hb. La catena interessata è indicata dalla lettera che precede il termine talassemia. ENZIMI→ Si tratta di proteine dedite alla CATALISI delle reazioni chimiche. Essi velocizzano le reazioni, abbassando l’energia di attivazione e rendendo così le reazioni compatibili con la vita. Hanno un elevato grado di SPECIFICITA’. Agiscono in soluzione acquose in CONDIZIONI BLANDE di pH e temperatura. Lavorano COORDINATAMENTE nelle vie metaboliche. Possono agire grazie alla presenza di specifici aminoacidi al sito attivo oppure necessitare della presenza di COFATTORI o COENZIMI, quali Fe2+, Mg2+, Zn2+, NAD+, FAD. Michaelis-Menten→ Essi partecipano alle trasformazioni dei substrati in prodotti, ma successivamente vengono ritrasformati nella loro forma originaria, al termine della reazione. → E+S ⮂ ES → E+P COMPLESSO ATTIVATO E S→Le reazioni enzimatiche avvengono mediante il legame dei REAGENTI o SUBSTRATI all’interno di una tasca dell’enzima del SITO ATTIVO o CATALITICO, la cui superficie è rivestita da residui aminoacidici, i cui gruppi funzionali legano il substrato e catalizzano la reazione chimica. Durante la reazione deve formarsi il COMPLESSO ATTIVATO o STATO DI TRANSIZIONE. L’energia che le molecole devono avere per raggiungere lo stato di transizione è detta ENERGIA DI ATTIVAZIONE. La velocità di reazione aumenta al diminuire dell’energia di attivazione. Infatti, se l’energia di attivazione è più bassa, una % maggiore di molecole avrà l’energia sufficiente a formare il complesso attivato. Si combinano in modo specifico con il substrato e aumentano la velocità della reazione perché abbassano l’energia di attivazione generando vie di reazione alternative. Alcuni enzimi possono avere specificità assoluta nei confronti del sequestrato mentre altri possono catalizzare la stessa reazione ma substrati diversi. Non modificano l’equilibrio della reazione catalizzata e non vengono modificati nel corso della reazione. Essi non sono in grado di far avvenire reazioni non spontanee. MODELLO CHIAVE-SERRATURA MODELLO ADATTAMENTO INDOTTO Cinetica enzimatica→ La velocità di una reazione CATALIZZATA dipende in modo iperbolico dalla concentrazione del substrato, mentre in una reazione NON CATALIZZATA è DIRETTAMENTE proporzionale alla concentrazione dei reagenti. REAZIONE CATALIZZATA REAZIONE NON CATALIZZATA M Quando la [S] è bassa la maggior parte dell’enzima è in forma libera e la velocità è proporzionale alla [S]. All’aumentare della [S] tutto l’enzima è saturato si raggiunge la velocità massima (Vmax). Il valore di Km dà indicazioni sull’affinità di un enzima per un substrato. >Km→ 0. Es. Esochinasi ATP→ Viene utilizzato perché il ∆G di idrolisi dell’ATP ha un valore molto negativo, ovvero -30.5 KJ/mole. È in una posizione intermedia nella scala di potenziale di trasferimento di gruppo fosforico ed è cineticamente STABILE. SINTESI ATP→ Questa molecola viene continuamente idrolizzata e rigenerata. La sua biosintesi è accoppiata a processi estremamente esoergonici. L’ATP può essere sintetizzato per: FOSFORILAZIONE a LIVELLO del SUBSTRATO→ Trasferimento di Pi all’ADP da parte di un composto ad alta energia, FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA→ Favorita dalla formazione di un gradiente protonico transmembrana durante il metabolismo ossidativo. OSSIDORIDUZIONI→ Nei sistemi biologici rappresentano passaggi chiave del metabolismo. L’ossidazione spesso equivale alla deidrogenazione per cui gli enzimi che catalizzano questo tipo di reazioni sono dette DEIDROGENASI. Catabolismo→ ossidazione dei nutrienti à cessione di elettroni a FAD e NAD+ che diventano FADH2 e NADH, Anabolismo→ biosintesi riduttive à acquisto di elettroni ceduti da NADPH. CATABOLISMO→ Possiamo dividerlo in: RESPIRAZIONE→ Processo fisiologico con cui immettiamo O2 ed eliminiamo CO2, RESPIRAZIONE CELLULARE→ Insieme dei processi mediante i quali ossidiamo le molecole di nutrienti producendo CO2 e cedendo elettroni all’O2. Essa consta di tre fasi: 1. Nella prima fase si genera un intermedio comune, Acetil CoA, a partire da nutrienti complessi come carboidrati, proteine, e lipidi. 2. Nella seconda fase si ha l’ossidazione completa dell’AcetilCoA. 3. Nella terza fase si utilizza il potere riducente derivante dall’ossidazione dell’AcetilCoA per produrre ATP. PROCESSI DIGESTIVI→ La prima fase della digestione delle macromolecole consiste nella scissione dei polimeri nei monomeri componenti grazie a reazioni di idrolisi. La digestione delle diverse classi di macromolecole avviene in compartimenti differenti. DIGESTIONE CARBOIDRATI→ Si ha un’iniziale digestione nella bocca ad opera dell’ α-amilasi salivare. Successivamente, l’attività dell’amilasi è interrotta a livello dello stomaco, acausa dell’ambiente acide. A livello del duodeno, i sali biliari e il succo pancreatico, consentono il continuo del processo. Si ha un ulteriore digestione ad opera dell’ α-amilasi pancreatica e di disaccaridasi e oligosaccaridasi, prodotti dalla mucosa intestinale. Infine avviene un assorbimento da parte delle cellule della mucosa intestinale. Nel tratto digerente non ci sono enzimi che capaci di idrolizzare la cellulosa, che viene eliminata tramite feci. Il glucosio e il galattosio entrano a livello del digiuno tramite una proteina di trasporto, che cotrasporta ioni Na+. Il loro trasporto è un meccanismo INDIRETTAMENTE ATTIVO. Il fruttosio è trasportato tramite diffusione facilitata. Il deficit di disaccaridasi intestinali può portare all’intolleranza al lattosio. L’espressione della lattasi diminuisce con l’età. UTILIZZAZIONE del GLUCOSIO→ Il passaggio del glucosio dal sangue alle cellule avviene SECONDO GRADIENTE, tramite diffusione facilitata utilizzando un trasportatore di membrana detto GLUT. La sua attività è controllata dall’INSULINA nel tessuto adiposo e nel muscolo, ma NON nel FEGATO. Il glucosio può essere in forma libera solo nel sangue e solo così può attraversare la membrana. All’interno della cellula lo troviamo sottoforma di GLUCOSIO-6-FOSFATO. L’ingresso del glucosio nella cellula è REVERSIBILE, ma la reazione di fosforilazione catalizzata dall’ESOCHINASI è endoergonica e praticamente IRREVERSIBILE. Il G6P viene intrappolato all’interno della cellula. Il fegato esprime una isoforma dell’esochinasi (IV) detta GLUCOCHINASI, la quale ha una bassa affinità per il glucosio (Km 10 mM), non è inibita da glucosio-6P ed è indotta dall’insulina. La Glucochinasi permette al fegato di funzionare da sensore della glicemia. Il fegato esprime anche la glucosio-6-fosfatasi, l’enzima che permette la conversione del glucosio-6P a glucosio. Il glucosio-6-fosfato può seguire diversi destini in base al tipo di cellula e ai suoi bisogni energetici: GLICOLISI→ E’ la prima via metabolica ad essere stata descritta. E’ presente in tutte le cellule e può funzionare sia in aerobiosi che in anaerobiosi. Per alcuni tessuti, come quello degli eritrociti e del cervello, rappresenta l’unica via dalla quale si ricava ATP. Si tratta di una ossidazione parziale de glucosio che avviene nel CITOPLASMA, e trasforma una molecola di glucosio-6-fosfato in una di PIRUVATO. In condizioni aerobiche, quest’ultimo viene ossidato a livello mitocondriale in CO2 e H2O. Nel muscolo o nell’eritrocita viene trasformato in LATTATO. Consiste di 10 reazioni successive che avvengono nel citoplasma della cellula. FASE PREPARATORIA→ Viene investito ATP per generare due molecole di gliceraldeide 3-P. Nella prima fase si generano due molecole a tre atomi di C a partire dal glucosio (6 atomi di C). Prevede consumo di 2 ATP. Inizialmente il glucosio, tramite ESOCHINASI o GLUCOCHINASI, viene trasformato in G6P, con conseguente consumo di ATP. Successivamente il G6P viene idrolizzato a FRUTTOSIO-6- FOSFATO grazie alla G6P ISOMERASI. Necessita di un ulteriore attivazione del F6P a FRUTTOSIO-1,6-DIFOSFATO grazie alla FOSFOFRUTTOCHINASI, la quale si serve di un’altra molecola di ATP. La fase DEMOLITIVA inizia con la scissione di fruttosio-1,6- difosfato grazie all’ALDOLASI. I 2 triosi-fosfato ottenuti sono in equilibrio grazie al TRIOSO-FOSFATO ISOMERASI. FASE DI RECUPERO ENERGETICO→ La gliceraldeide 3-P viene ossidata a piruvato producendo NADH e ATP. Nella seconda fase, per ciascuna molecola di gliceraldeide 3P si «ricavano» due molecole di ATP più una molecola di NADH Solo la GLICERALDEIDE-3-FOSFATO procede e viene ossidata a 1,3-DIFOSFOGLICERATO tramite una reazione catalizzata da GLICERALDEIDE-3-FOSFATO DEIDROGENASI, che utilizza P e NAD+. L’energia ricavata viene parzialmente immagazzinata nel NADH+ H che si forma e in parte nel LEGAME ANIDRIDICO. Tramite il FOSFOGLICERATO CHINASI, che trasferisce il P sull’ADP, formando ATP, viene recuperata energia. Il 3-fosfoglicerato viene ossidato a 2-fosfoglicerato e deidratato in fosfoenolpiruvato grazie alla ENOLASI. Ad opera della PIRUVATO CHINASI, si ha il trasferimento di uno P sull’ADP con conseguente formazione di ATP e PIRUVATO. Qualora fosse assente il metabolismo mitocondriale, quindi in condizioni ANAEROBICHE, il piruvato verrebbe trasformato in LATTATO, grazie alla LATTATO DEIDROGENASI, dove NADH + H viene trasformato il NAD ossidato. Per ciascuna molecola di glucosio convertita a 2 molecole di piruvato si producono 2 molecole di ATP più 1 molecola di NADH. Tutte le reazioni della glicolisi sono REVERSIBILI, tranne quelle catalizzate da ENZIMI ALLOSTERICI, ovvero esochinasi, fosfofruttochinasi e piruvato chinasi. Abbiamo solo 4 molecole che provengono dalla fosforilazione dei substrati⮕ In condizioni AEROBICHE, il piruvato convertito in AcetilCoA e ossidato completamente ad H2O e CO2 a livello mitocondriale. Il complesso della PIRUVATO DEIDROGENASI catalizza la DECARBOSSILAZIONE OSSIDATIVA del piruvato, un’ossidazione irreversibile nella quale il gruppo carbossilico viene rimosso sotto forma di CO2 e i due atomi di C restanti sono convertiti in un gruppo acetilico legato al Coenzima A. In condizioni ANAEROBICHE, il piruvato prodotto dalla glicolisi viene ridotto a lattato rigenerando NAD+. RESPIRAZIONE CELLULARE: 1° Fase→ Ossidazione delle macromolecole biologiche e sintesi di acetil CoA. 2° Fase→ Ossidazione dell’acetil CoA nel ciclo dell’acido citrico e produzione di NADH e FADH2. 3° Fase→ Trasporto degli elettroni di NADH e FADH2 nella catena di trasporto mitocondriale e sintesi di ATP. L’acetil CoA è il punto di incrocio nel quale convergono tutti i metabolismi ossidativi della cellula→ catabolismo, e da cui si dipartono i metabolismi riduttivi→ anabolismo. Destino piruvato in condizioni aerobie→ Il piruvato (3C) viene decarbossilato ossidativamente ad AcetilCoA (2C) nel mitocondrio. L’AcetilCoA è poi ossidato completamente a due molecole di CO2 mediante il Ciclo di Krebs. CICLO di KREBS→ Esso ha luogo nel MITOCONDRIO ed è il punto di convergenza delle vie cataboliche, ma anche quello di partenza per alcune vie anaboliche. E’ deputato all’ossidazione dell’acetilCoA. Si tratta del ciclo dell’ACIDO CITRICO o degli ACIDI TRICARBOSSILICI. L’acetil CoA entra nel ciclo legandosi all’ossalacetato generando CITRATO grazie alla CITRATO SINTASI. L’ACONITASI, invece, catalizza la isomerizzazione del citrato a ISOCITRATO, che subisce un processo di ossidazione e decarbossilazione grazie all'ISOCITRATO DEIDROGENASI, andando a formare l'ALFA-CHETOGLUTARATO con eliminazione di CO2 e produzione di NADH. Successivamente l’alfa-chetoglutarato viene decarbossilato dal complesso ALFA-CHETOGLUTARATO DEIDROGENASI, dove viene eliminata la seconda molecola di CO2, producendo SUCCINIL-CoA, il quale possiede un legame tioestereo, e NADH. Il SUCCINATO TIOCHINASI trasforma il succinil-CoA in SUCCINATO e CoA, accoppiandosi alla sintesi di GTP a partire da GDP e Pi. La SUCCINATO DEIDROGENASI FAD-DIPENDENTE catalizza la deidrogenasi da succinato a FUMARATO, il quale aggiunge 1 molecola di H2O formando L-MALATO. Nell’ultima reazione, la MALATO DEIDROGENASI NAD-DIPENDENTE ossida il malato a OSSIALACETATO. Ad ogni ciclo vengono prodotte 3 NADH+H, 1 FADH2 e 1 GTP. Funzioni del ciclo dell’acido citrico sono: 1. Ossidazione completa dell’acetil CoA a CO2 e conservazione dell’energia sotto forma di ATP, NADH e FADH2, 2. Produzione di intermedi che sono utilizzati come precursori in numerose vie biosintetiche. CATENA di TRASPORTO ELETTRONI→ Costituita da una serie di trasportatori di elettroni, ovvero PROTEINE TRANSMEMBRANA, contenenti gruppi prostetici in grado di accettare e di donare uno o due elettroni. L’accettore finale degli elettroni è l’O2 che viene ridotto ad H2O. Questo processo è estremamente ESOERGONICO. Poiché l’energia non può essere liberata completamente sottoforma di calore, il trasferimento degli elettroni dal coenzima all’O2 NON PUO’ AVVENIRE PER CONTATTO DIRETTO. Ci sono quindi 4 COMPLESSI: 1. COMPLESSO I→ Si tratta di un NADH DEIDROGENASI contenente il coenzima flavin mononucleotide, ovvero FMN, con il quale gli equivalenti riducenti vengono sottratti al NADH e trasferiti al COENZIOMA Q o UBICHINONE. Es. Enzima Q10 nelle creme per uomini, 2. COMPLESSO II→ Si tratta della SUCCINATO DEIDROGENASI, ovvero l’unico enzima del ciclo che è associata alla membrana, che va a trasferire gli elettroni dal FADH2 al COENZIMA Q, 3. COMPLESSO III→ Il coenzima Q trasferisce gli elettroni a questo complesso. Esso costituisce la CITOCROMO C RIDUTTASI, il quale trasferisce gli elettroni al CITOCROMO C, 4. COMPLESSO IV→ Viene anche chiamato CITOCROMO OSSIDASI e trasferisce gli elettroni all’accettore finale, ovvero l’O2, formando H2O. La riduzione di O2 ad H2O richiede 4 elettroni. Questi complessi non rappresenta soltanto trasportatori di elettroni, ma sono anche delle POMPE PROTONICHE, tranne il COMPLESSO II (produrremmo più ATP dal NADH rispetto che al FADH2). Infatti, mentre passano elettroni, essi prendono IONI H+ dalla matrice mitocondriale portandoli all’esterno. Questi protoni, una volta usciti, NON possono più ENTRARE. Questa condizione va a creare un GRADIENTE ELETTROCHIMICO, poiché i protoni spingono per rientrare creando una condizione di tensione. Questo gradiente viene definito come ∆pH a causa della DIFFERENZA di pH che possiamo identificare. Troviamo infatti un pH più basso esternamente ed un pH più alto internamente. Troviamo quindi più protoni all’esterno, gli ioni H+ sono carichi, ESTERNAMENTE troviamo una carica POSITIVA, mentre DENTRO NEGATIVA, portando ad una DIFFERENZA di POTENZIALE. Inoltre, l’energia rilasciata durante il trasferimento elettronico viene conservata in un gradiente protonico, il quale genera una forza protonmotrice che ha una componente chimica e una componente elettrica. Viene quindi sprigionata energia, grazie al passaggio degli elettroni prodotto dal COMPLESSO V, detto anche ATP SINTETASI. ATP SINTASI→ Gli elettroni passando, fanno girare le subunità superiori, andando a condensare ATP FOSFATO e sintetizzando ATP grazie al FLUSSO PROTONICO. FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA→ I protoni che si trovano all’esterno tendono per motivi termodinamici a fluire nuovamente all’interno, in modo da rendere il pH identico da tutti e due i lati della membrana→ FORZA PROTONMOTRICE. Quando i protoni rifluiscono nella matrice, questa energia viene in parte dissipata e in parte utilizzata per la sintesi di ATP. F1→ Proteina estrinseca rivolta verso la matrice mitocondriale e formata da numerose subunità. Catalizza la sintesi di ATP a causa di una serie di cambiamenti conformazionali indotti dal passaggio di protoni attraverso la subunità F0. F0→ Proteina integrale di membrana attraverso cui fluiscono i protoni dallo spazio intermembrana alla matrice. Resa fosforilazione ossidativa→ I protoni sono trasportati nello spazio intermembrana solo dai complessi I, III, e IV. Quindi il flusso elettronico dal FADH2 determina il trasporto di un numero minore di protoni. Ciò è dovuto al diverso potenziale redox di NAD+ e FAD. Dal NADH si ricavano 2.5 molecole di ATP, mentre dal FADH2 si ricavano 1.5 molecole di ATP. La maggior parte dell’ATP si ricava mediante fosforilazione ossidativa. VIA dei PENTOSO FOSFATO→ È possibile ossidare direttamente a CO2 il glucosio-6-fosfato. Questo processo ha due funzioni importanti, ovvero la produzione di NADPH, utile alla sintesi degli acidi grassi e degli steroidi, ed inoltre produceRIBOSIO-5- FOSFATO, per la sintesi dei nucleotidi. Possiamo dividere questa via in 2 fasi, dove la prima, che è irreversibile, consiste nell'ossidazione del glucosio-6-fosfato con formazione di CO2, ribosio-5-fosfato e 2 molecole di NADPH+H. Per quanto riguarda la seconda fase, che è reversibile e non ossidativa, essa dà luogo all’interconversione fra zuccheri. Durante la fase ossidativa, la prima reazione è catalizzata dalla glucosio-6-fosfato deidrogenasi, portando alla formazione di GLUCONOLATTONE-6-FOSFATO, dalla cui idrolisi per mezzo di LATTONASI, si forma ACIDO 6-FOSFOGLUCONICO. Nella seconda fase, invece, un'altra deidrogenasi specifica NADP-dipendente catalizza l'ossidazione del carbonio 3 seguita poi dalla formazione di RIBULOSIO-5-FOSFATO. METABOLISMO GLICOGENO→ Il glicogeno è il principale polisaccaride di riserva degli animali ed è costituito da residui di glucosio legati con legami (α1→4) con ramificazioni (α1→6) ogni 8-12 residui. E’ presente in particolare nel fegato e nel muscolo scheletrico dove svolge funzioni differenti. GLICOGENOSISNTESI→ Si tratta della sintesi di glicogeno. Non parto direttamente da glucosio, ma da una molecola a più alta energia, ovvero un INTERMEDIARIO ATTIVATO, chiamato UDP-GLUCOSIO. La conversione del glucosio-6-fosfato a UDP-glucosio “attiva” il glucosio, rendendo ESOERGONICA la reazione di biosintesi del glicogeno. STEP1, reversibile→ Glucosio 6-fosfato isomerizzato a Glucosio 1-fosfato, tramite FOSFOGLUCOMUTASI, STEP2, irreversibile→ Glucosio 1-P + UTP →UDP-glucosio + pirofosfato, grazie a GLUCOSIO-1-FOSFATO URIDILTRANSFERASI, Vengono quindi spesi 2 legami ad alta energia dell’UTP e il glucosio viene attivato. STEP3 → Allungamento della catena in cui agisce la GLICOGENO SINTETASI, formando un legame α-1,4-GLICOSIDICO. Reazione esoergonica. STEP4→ Inserimento delle ramificazioni agisce l’enzima ramificante. Un enzima ramificante va a formare delle ramificazioni attraverso un legame α-1,6-glicosidico. Sopra abbiamo 2 ramificazioni e sotto 7. GLICOGENOLISI→ Si tratta della degradazione del glicogeno che non segue le reazioni inverse della glicogenosintesi, ma è una via separata che prende inizio dalla GLICOGENO FOSFORILASI. Questo enzima va a tagliare il glicogeno, non con H2O, ma con il fosfato e si ha quindi una reazione di FOSFOROLISI. Quindi va a mangiare unità di glucosio liberando glucosio-1-fosfato. Entra in gioco un ENZIMA DERAMIFICANTE, il quale va a isomerizzare Il glucosio-1-fosfato formando GLUCOSIO-6-FOSFATO. Nel fegato, la GLUCOSIO-6-FOSFATO FOSFATASI permette la defosforilazione a glucosio libero, che poi viene immesso nel sangue per poter innalzare la glicemia, mentre nel muscolo questa non è presente e il glucosio-6-fosfato è utilizzato nella glicolisi per le necessità energetiche. STEP1→ Accorciamento della catena in cui agisce la GLICOGENO FOSFORILASI, STEP2 →Il glucosio-1P viene riconvertito a glucosio 6P dalla fosfoglucomutasi e può entrare nella glicolisi GLICOGENOLISI, N.B. Nel fegato il glucosio 6P può essere convertito in glucosio e riversato in circolo. STEP3 → Eliminazione delle ramificazioni. La glicogeno fosforilasi si ferma a circa 4 residui dal punto di ramificazione. E’ necessario un enzima deramificante, il quale agisce in due passaggi, ovvero trasferimento ed idrolisi del legame glicosidico alfa 1,6. GLUCONEOGENESI→ Una via di sintesi ex-novo del glucosio a partire da precursori non glucidici. Avviene principalmente nel fegato. Tale via metabolica è necessaria per mantenere costanti i livelli di glucosio nel sangue anche durante i periodi di digiuno (Glicemia= 90-100mg/100ml). Cellule come gli eritrociti e quelle nervose dipendono dal glucosio e quando i livelli ematici si abbassano, il glucosio viene messo in circolo dal fegato, attingendo alle riserve di glicogeno. Quando queste riserve vengono esaurite, altri meccanismi devono essere attivati. Il tessuto epatico quindi ha la capacità di sintetizzare glucosio partendo da molecole non glucidiche. Il glucosio viene quindi formato tramite l'ACIDO LATTIOCO o LATTATO, prodotto nel muscolo e nei globuli rossi, il GLICEROLO, proveniente dallo scheletro e non dagli acidi grassi, ed infine lo SCHELETRO CARBONIOSO di alcuni AMMINOACIDI. La sintesi di glucosio da piruvato utilizza parecchi enzimi che partecipano anche alla glicolisi. Tre reazioni della glicolisi hanno un elevato valore di ΔG con segno negativo. Esse sono essenzialmente IRREVERSIBILI e sono quelle catalizzate da ESOCHINASI, FOSFOROFRUTTOCHINASI e PIRUVATO CHINASI. Nella gluconeogenesi, queste tappe della glicolisi devono obbligatoriamente essere aggirate. Si parte da 2 molecole di PIRUVATO, il quale viene sintetizzato in una molecola di OSSALACETATO, con quattro atomi di carbonio. Successivamente questo ossalacetato viene decarbossilato formando FOSFOENOLPIRUVATO. Tramite FRUTTOSIO-1,6-DIFOSFATO FOSFATASI viene formato FRUTTOSIO-6-FOSFATO. Infine il glucosio-6-fosfato fosfatasi permette la formazione di GLUCOSIO. In questo processo mancano gli ACIDI GRASSI poiché non è possibile utilizzarli per la sintesi. Durante il digiuno, si muore quando l’organismo ha esaurito i precursori deputati alla sintesi di glucosio. Possiamo utilizzare proteine endogene ma prima o poi anch’esse finiscono. BILANCIO ENERGETICO: La gluconeogenesi è un processo che «costa» molta energia. VARIAZIONE GLICEMIA→ I valori di glicemia a digiuno sono intorno agli 80 mg/dl ma si innalzano intono a 130 mg/dl dopo l’ingestione di glucidi. Il glucosio rappresenta un combustibile essenziale per alcuni tessuti quali in particolare eritrociti e tessuto nervoso. La gluconeogenesi serve per il mantenimento della glicemia durante il digiuno prolungato o in caso di dieta povera di carboidrati, per tessuti che utilizzano il glucosio come fonte energetica primaria come neuroni, eritrociti,…, ed inoltre per il rifornimento di glucosio al tessuto muscolare in esercizio intenso, ovvero CICLO di CORI. I livelli di glicemia non posso abbassarsi poiché gli eritrociti e il tessuto nervoso funzionano solo con il glucosio e non utilizzano lipidi perché possiedono una barriera ematoencefalica, quindi i lipidi non arrivano ed inoltre sono tutti di origine endogena, ovvero vengono costruiti. OMEOSTASI GLUCOSIO→ Controllata da 2 ormoni delle ghiandole endocrine, ovvero le isole di Langeherans, del pancreas: 1. INSULINA→ In condizioni di IPERGLICEMIA, agisce su fegato , muscolo e tessuto adiposo. Viene prodotta dalle cellule BETA e promuove l'ingresso di glucosio e la produzione di glicogeno. Inoltre attiva la GLICOLISI e inibisce la GLUCONEOGENESI e la LISI del glicogeno. 2. GLUCAGONE→ In condizioni di IPOGLICEMIA agisce solamente su fegato e tessuto adiposo poiché il muscolo non ha i recettori per questo ormone. Viene prodotto dalle cellule ALFA ed inibisce il catabolismo del glucosio. Inoltre inibisce la SINTESI di glicogeno ed attiva la GLUCONEOGENESI e la LISI del glicogeno. Questo sistema non funziona nei pazienti diabetici, soprattutto nei pazienti affetti da DIABETE MELLITO, dove non arriva il segnale dell’insulina e si ha un’IPERGLICEMIA. METABOLISMO LPIDICO→ I lipidi sono digeriti principalmente a livello intestinale dalla TRIGLICERIDE LIPASI e dalla LIPASI PANCREATICA, conservati nel tessuto adiposo, e degradati ad AcetilCoA nella matrice mitocondriale. I lipidi della dieta (principalmente TAG) vengono digeriti a livello intestinale dalla LIPASI PANCREATICA, assorbiti, assemblati nei CHILOMICRONI e trasportati ai tessuti. A livello tissutale la LIPOPROTEINA LIPASI li scinde in acidi grassi e glicerolo. Gli acidi grassi entrano nella cellula per essere immagazzinati nel tessuto adiposo o utilizzati dal tessuto muscolare. Lipoproteine→ Sono complessi glubulari formati da un involucro di apolipoproteine, fosfolipidi e colesterolo che racchiude una massa di trigliceridi e colesterolo esterificato. Le apolipoproteine non hanno solo un ruolo strutturale ma funzionano anche come cofattori di enzimi coinvolti nel metabolismo dei lipidi e come siti di riconoscimento per recettori di membrana. Si distinguono in varie classi a seconda della densità, la quale è correlata al contenuto proteico e alle dimensioni. Dalle lipoproteine, TG sono trasportati ai tessuti adiposo per la conservazione o muscolare per l’ossidazione. CHILOMICRONI→ Prodotti dalle cellule dell’epitelio intestinale ed hanno la funzione di trasportare ai tessuti i lipidi di origine alimentare VLDL→ Prodotte nel fegato a partire da lipidi endogeni (derivanti dai carboidrati assunti con la dieta). Cedono TG prevalentemente al tessuto adiposo e muscolare e si convertono prima in IDL e poi in LDL. LDL→ Prodotte dal metabolismo delle VLDL e sono adibite al trasporto del colesterolo ai tessuti. Risultano essere pericolose qualora si abbiano alti livelli, poiché trasportano colesterolo nel sangue. Se queste si accumulano, i macrofagi li inglobano diventando schiumosi e si accumulano nelle pareti dei vasi sanguigni , provocando trombosi. Alti livelli di LDL sono i principali fattori di INFARTO. HDL→ Prodotte dal fegato e dall’intestino e scambiano apolipoproteine e lipidi fra le diverse classi di lipoproteine. Hanno la funzione di trasportare il colesterolo dai tessuti periferici al fegato mediante l’azione della lecitina→ colesterolo aciltransferasi (LCAT). Riportano il colesterolo al fegato ripulendolo. Se i loro livelli sono bassi possono insorgere complicanze come malattie cardiache. (COLESTEROLO BUONO). I triacilgliceroli sono conservati nel tessuto adiposo dopo un pasto e mobilizzati durante il digiuno in risposta a segnali di natura ormonale. La lipasi ormone-sensibile li scinde in glicerolo e acidi grassi. Gli acidi grassi forniscono circa un terzo di tutta l’energia richiesta giornalmente da un individuo. Fra i principali tessuti che utilizzano gli acidi grassi come combustibile metabolico ci sono il tessuto muscolare scheletrico e cardiaco. Il glicerolo derivante dalla scissione dei triacilgliceroli durante il digiuno rappresenta un substrato gluconeogenetico. Il catabolismo degli acidi grassi prevede: 1. ATTIVAZIONE→ Devo convertire RCOH attaccandolo ad un coenzima A, utilizzando ATP. Si ha quindi una conversione in AcilCoA. Il processo di degradazione degli acidi grassi avviene principalmente nei mitocondri. Prima di essere catabolizzati gli acidi grassi devono essere “attivati” ad acil-CoA. L’enzima che catalizza questa reazione si chiama AcilCoA SINTETASI. 2. TRASPORTO→ Avviene nella matrice mitocondriale, quindi devo portare gli AcilCoA nel mitocondrio. L’acil deve essere staccato dal coenzima A ed attaccato alla CARNITINA che successivamente, una volta entrata nel mitocondrio, si stacca e l’acil si riattacca al coenzima A. 3. β OSSIDAZIONE→ Un processo che avviene nella matrice mitocondriale. Comprende 4 fasi, ovvero l’ossidazione, l’idratazione, un’altra ossidazione ed infine la tiolisi. Ad ogni ciclo la molecola di acido grasso viene accorciata di due atomi di carbonio. β OSSIDAZIONE→ Non si tratta di una reazione ciclica, ma una che si ripete CICLICAMENTE. Gli acidi grassi costituiscono la maggior riserva energetica, poiché gli atomi di carbonio si trovano ad uno stato molto ridotto e dalla loro ossidazione a CO2 ricavando energia. Gli acidi vengono mobilitati dal tessuto adiposo mediante TRIGLICERIDE LIPASI. Questo processo ha luogo durante il DIGIUNO, ed è realizzato da GLUCAGONE e ADRENALINA. A livello dei tessuti vengono assorbiti e trasformati in ACIL- CoA, ed il suo passaggio è possibile solo grazie alla CARNITINA, la quale si sostituisce a CoA, si lega all’acido formando ACIL- CARNITINA. Grazie alla β OSSIDAZIONE l’acido viene scisso in ACETIL-CoA. E’ formato da 4 reazioni: 1. ACIL-CoA DEIDROGENASI FAD-DIPENDENTE rimuove 2 idrogeni dai carboni alfa e beta, formando un INTERMEDIO ALFA- BETA INSATURO, 2. Catalizzata da ENOIL-CoA IDRATASI, aggiunta H2O al doppio legame formando BETA-IDROSSIACIL-CoA, 3. BETA-IDROSSIACIL-CoA, substrato di BETA-IDROSSIACIL-CoA DEIDROGENASI NAD-DIPENDENTE, che lo trasforma in BETA-CHETOACIL-CoA TIOLASI, questo enzima scinde il legame tramite un gruppo SH, formando ACETIL-CoA. La resa energetica della glicolisi anaerobia è di 2 molecole di ATP per ogni molecola di glucosio, mentre quella della glicolisi aerobia è di 32 molecole di ATP per ogni molecola di glucosio. LA RESA IN ATP PER ATOMO DI CARBONIO E’ PARI A 107/16; CIOE’ CIRCA 6.7. LO STESSO VALORE CALCOLATO NEL CASO DEL GLUCOSIO E’ PARI A 5,3. La resa energetica dell’ossidazione degli acidi grassi è più elevata di quella dell’ossidazione dei carboidrati perché hanno un contenuto elevato di elettroni. La loro ossidazione avviene solo in presenza do O2. Processo che avviene lentamente e non tutte le cellule possono utilizzarlo. CORPI CHETONICI→ Si generano, in condizioni di digiuno DIABETE MELLITO→ Rappresenta la terza causa di morte negli nelle cellule epatiche dagli acidi grassi. L’ossidazione USA dopo malattie cardiache e cancro. È dovuto alla non completa degli acidi grassi richiede la presenza di intermedi sufficiente produzione di insulina o alla non efficiente azione del ciclo dell’acido citrico. Quando nel fegato è attiva la dell’ormone sulla cellula bersaglio. Il principale sintomo della gluconeogenesi, l’acetil-CoA si accumula nella matrice malattia sono alti livelli di glucosio nel sangue >160-180 mg/dL, i mitocondriale ed è convertito in corpi chetonici. Questi quali portano alla sua escrezione renale o GLICOSURIA. Può corpi, quando vengono immessi nel circolo, rappresentano essere di 2 tipi: un COMBUSTILE, soprattutto nel tessuto nervoso, ma non rappresentano un sostituto del glucosio. 1. TIPO 1→ È detto anche INSULINA-DIPENDENTE o GIOVANILE. Ha insorgenza precoce e rappresenta circa il 10% dei casi di diabete. Dovuto alla mancata produzione di insulina come conseguenza della perdita o del malfunzionamento delle cellule β. 2. TIPO 2→È detto anche INSULINA-INDIPENDENTE. Ha insorgenza tardiva e rappresenta circa il 90% dei casi di Sono utilizzati come combustibile metabolico da tessuti diabete (circa il 18% della popolazione over 65). È dovuto al extraepatici come cuore, rene e muscolo scheletrico. Il fenomeno della insulino-resistenza. E’ il più diffuso. cervello utilizza corpi chetonici in condizioni di bassa glicemia. Sono sintetizzati e in condizioni fisiologiche Le cellule cambiano il loro metabolismo come se fossero a quando la glicemia si abbassa, o in condizioni patologiche digiuno. Il fegato continua a produrre elevate quantità di corpi come il DIABETE MELLITO, quando i TAG sono mobilizzati dal chetonici. tessuto adiposo e ossidati mediante la beta-ossidazione. La loro sintesi ha luogo nei MITOCONDRI del fegato, partendo da ACETIL-CoA prodotto dalla β ossidazione. Mediante condensazione di 3 molecole di acetil-CoA, si forma β- IDROSSI-β-METIL-GLUTARIL-CoA, dal quale si ottiene ACETOACETATO. Quest’ultimo può essere ridotto a β-IDROSSIBUTIRRATO, decarbossilato ad ACETONE, il quale una volta immesso in circolo, può essere eliminato attraverso i processi respiratori. Successivamente, il β-idrossibutirrato viene ossidato ad acetoacetato, formando NADH+H, il quale potrà essere riossidato per formare ATP. Acetoacetato dà origine a 2 molecole di acetil-CoA. I corpi chetonici diventano ACIDI se presenti in quantità troppo elevate, diventando pericolosi poiché il pH si abbassa producendo ACIDOSI METABOLICA. La sintesi di corpi chetonici è molto elevata in caso di DIABETE. La biosintesi degli acidi grassi avviene nel citosol quando la cellula possiede quantità sufficienti di combustibile metabolico o quando la dieta è ricca di carboidrati. Differenze rispetto al catabolismo: 1. Catalizzata da un complesso multienzimatico comprendente sette diversi siti attivi: l’ACIDO GRASSO SINTASI. 2. Avviene a partire da unità di malonil CoA (3C, 3. I gruppi acilici sono trasportati da un sito attivo all’altro legati alla proteina trasportatrice di acili (ACP). SINTESI TRIACILGLICEROLI⟶ Gli acidi grassi neosintetizzati sono incorporati nei triacilgliceroli. Il trasferimento degli acili è specifico (saturi in posizione 1; mono o polinsaturo in posizione 2; saturo o insaturo in posizione 3). Gli acidi grassi sono inseriti in forma attivata di AcilCoA. CATABOLISMO PROTEINE⟶ Non esiste alcun composto azotato polimerico la cui funzione sia quella di essere accumulato e rilasciato su richiesta. Pertanto, gli organismi animali devono continuamente ripristinare le riserve di azoto mediante la dieta per rimpiazzare quello perduto con il catabolismo. Le proteine sono la fonte primaria di AZOTO. Gli aminoacidi vanno incontro a degradazione durante il normale turnover delle proteine, durante il digiuno, o nel diabete mellito, quando i carboidrati non sono disponibili o non sono correttamente utilizzati. Se la dieta è ricca di proteine e gli aminoacidi sono in eccesso rispetto al fabbisogno. La digestione delle proteine della dieta inizia nello stomaco e prosegue nell’intestino. Affinché le proteasi possano spezzare i legami peptidici, le proteine devono perdere la loro complessità strutturale, per questo vanno incontro a DENATURAZIONE. Agiscono 2 proteasi, ovvero la ENDOPEPTIDASI (pepsina, tripsina, elastasi e chimotripsina) e ESOPEPTIDASI (carbossipeptidasi A e B e amminopeptidasi). Tutti gli enzimi vengono secreti come ZIMOGENI ovvero proenzimi inattivi, i quali impediscono l’autodigestione. Il bolo permette la secrezione di HCL e PEPSINOGENO, il quale viene trasformato in PEPSINA. Quest’ultima idrolizza i legami peptidici. La digestione continua poi nel duodeno. Il TRIPSINOGRNO viene convertito a TRIPSINA che permette la trasformazione di CHIMOTRIPSINOGENO, PROELASTASI e PROCARBOSSIPEPTIDASI A e B. STOMACO⟶ Secrezione di HCl e di pepsina. Le proteine vengono denaturate e tagliate in modo grossolano dalla PEPSINA. INTESTINO⟶ Secrezione degli enzimi pancreatici. Il polipeptidi derivanti dalla digestione nello stomaco sono completamente scissi negli aminoacidi componenti. Gli aminoacidi sono assorbiti dalla mucosa intestinale e immessi in circolo. CATABOLISMO PROTEINA DIETA⟶ Le proteasi prodotte dal pancreas presentano specificità di taglio differenti. Sono tutte prodotte in forma di ZIMOGENI, cioè precursori attivati mediante taglio proteolitico. Gli amminoacidi derivanti dal taglio nel lume intestinale sono assorbiti e trasportati prevalentemente al fegato. Qual è il destino degli aminoacidi? Il gruppo amminico deve essere eliminato, mentre lo scheletro carbonioso viene catabolizzato per produrre energia e/o intermedi metabolici. Il gruppo α-amminico dell’aminoacido viene trasferito al carbonio α dell’α-chetoglutarato generando l’α-chetoacido dell’aminoacido. Tale reazione è detta TRANSAMINAZIONE e gli enzimi che la catalizzano sono detti AMINOTRANSFERASI O TRANSAMMINASI. L’accettore più comune è l’α-chetoglutarato che produce glutammato. Il glutammato è poi substrato della GLUTAMMATO DEIDROGENASI, ovvero l’enzima mitocondriale che catalizza una deamminazione ossidativa che genera ammoniaca nel fegato. L’azione combinata di transaminasi e glutammato deidrogenasi porta alla formazione di ammoniaca. Sebbene l’ammoniaca partecipi a tutti i processi di sintesi e di degradazione degli aminoacidi, il suo accumulo è tossico Le cellule con un attivo catabolismo degli aminoacidi devono essere in grado di detossificare e/o espellere l’ammoniaca tanto rapidamente quanto viene prodotta. I mammiferi sono ureotelici, cioè eliminano l’ammoniaca sotto forma di urea. CICLO UREA⟶ E’ una via metabolica che si svolge nel fegato, in parte nel mitocondrio e in parte nel citosol. Consta di 4 reazioni. Permette di convertire lo ione ammonio in una specie meno tossica, l’urea, che diffonde dagli epatociti al sangue per essere eliminata con le urine. Per ogni molecola di urea vengono «spese» quattro molecole di ATP. METABOLISMO SCHELETRO CARBONIOSO⟶ Il poter convertire lo scheletro in GLUCOSIO porta alla suddivisione in: AMMINOACIDI GLUCOGENICI⟶ Lo scheletro può essere utilizzato per la sintesi di glucosio mediante la gluconeogenesi. AMMINOACIDI CHETOGENICI⟶ Lo scheletro non può essere convertito in glucosio ma genera corpi chetonici.