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Università di Torino

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biochimica scienza chimica studi scientifici

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Questi appunti di Biochimica forniscono definizioni chiave sui concetti fondamentali della chimica e della biochimica, come la struttura dell'acqua, gli atomi e la tavola periodica, e di come sono legate alle molecole. Gli appunti spiegano la regola dell'ottetto e l'importanza per la stabilità chimica e descrivono vari tipi di legami.

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1 DEFINIZIONI CHIAVE MALATTIA: inadeguatezza dell’organismo a rispondere alle richieste dell’ambiente AMBIENTE: tutto ciò che interagisce con l’essere umano CELLULA: l’unità più piccola autosufficiente MOLECOLA: struttura formata da più atomi uniti da legami ATT...

1 DEFINIZIONI CHIAVE MALATTIA: inadeguatezza dell’organismo a rispondere alle richieste dell’ambiente AMBIENTE: tutto ciò che interagisce con l’essere umano CELLULA: l’unità più piccola autosufficiente MOLECOLA: struttura formata da più atomi uniti da legami ATTRAZIONE ELETTROSTATICA: attrazione tra carica positiva e negativa ELEMENTO: sostanza primitiva che è pura e si associa l’una con l’altra (atomo) pO2: pressione parziale di ossigeno CONCENTRAZIONE: numero di molecole in un certo volume di soluzione SOLUZIONE: miscela omogenea MISCELA: aggregati di più sostanze in cui e’ possibile distinguere i diversi componenti METALLI: gli elementi a sinistra della tavola periodica, caratterizzati dalla tendenza a perdere elettroni STRUTTURE CRISTALLINE: strutture solide caratterizzate da un perfetto ordine geometrico e da un'alta simmetria LETTERE GRECHE α, β, γ, ω , δ: le prime 4 lettere indicano una posizione (di solito la posizione di un atomo di carbonio in una lunga catena: α = posiz. 1, β = posiz. 2, ecc); la lettera δ indica una differenza, ad es. indica una carica parziale in seguito ad una differenza di condivisione di elettroni. OSMOSI: in un sistema di soluzioni a concentrazione diversa, separate da membrane permeabili all’acqua, l’acqua tende a muoversi per diluire la soluzione più concentrata EDEMA: rigonfiamento di un tessuto a causa di richiamo d’acqua per fenomeno osmotico. 2 Lo scopo del corso è quello di fornire delle conoscenze che ci aiutino a capire come siamo fatti da un punto di vista chimico e studiare come le molecole che costituiscono gli organismi viventi interagiscono tra di loro per mantenere e perpetuare la vita utilizzando leggi fisiche e chimiche che governano l'universo. Con ciò si intende come siamo fatti da un punto di vista strutturale (quali molecole ci compongono e compongono l’ambiente in cui viviamo) e come siamo fatti da un punto di vista metabolico (quali sono i fenomeni che ci permettono di vivere, respirare, perché abbiamo bisogno di nutrirci, ecc). Queste informazioni possono essere rilevanti per capire l’ammalato. Questa e’ infatti la preoccupazione primaria dell’infermiere, il quale si occuperà di controllare in un paziente il respiro, i segni di infezione, la nutrizione (bere, mangiare), le piaghe. La malattia può essere scatenata da situazioni in cui per l’organismo cambia qualche condizione esterna. La malattia insorge spesso quando l’individuo deve fare uno sforzo, quindi in seguito a una stimolazione eccessiva da parte dell’ambiente, alla quale l’individuo non riesce ad adattarsi. Perché se non respiro sorgono dei problemi? A cosa serve la respirazione? A cosa serve mangiare? Queste ed altre domande possono trovare una risposta anche grazie alle nozioni di chimica e biochimica contenute in questo corso. 3 Noi siamo un sistema complesso e cercheremo di capire come siamo costruiti analizzando i vari livelli di complessità che sono alla base dei sistemi viventi, partendo da un livello molto generale che e’ l’ambiente esterno fatto di aria, luce, cibo, ecc, cioè l'ecosistema, per poi passare al livello di indagine inferiore che è costituito dalle molecole, scendendo fino ai livelli più microscopici, cioè gli atomi. Nell’ecosistema vive l’organismo, il quale e’ composto da cellule. I sistemi biologici sono costituiti prevalentemente da acqua sia all'interno che all’esterno della cellula. L’acqua e’ un ottimo esempio di molecola, ed è un esempio di come analizzando la struttura e le proprietà di questa molecola possiamo spiegare tutta una serie di fenomeni a noi noti e molto importanti per i sistemi biologici. 4 L’ACQUA Come tutte le molecole, e’ caratterizzata da una formula bruta: H2O, che ci dice quali atomi la compongono e in che proporzioni (2 atomi di idrogeno e 1 di ossigeno) e da una formula di struttura che ci dà qualche informazione in più sui legami che uniscono gli atomi. Il modello molecolare evidenzia i volumi, il modello di Bohr ci indica la tridimensionalità della molecola. Il modello molecolare ad aste e palline ci fornisce informazioni sugli angoli di legame e sulla grandezza degli atomi. Nel caso dell’acqua, l'atomo più grande di ossigeno al vertice e i due atomi più piccoli di idrogeno alle estremità opposte sono separati tra loro da un angolo di 104,45°. 5 L'ATOMO L’atomo e’ costituito da una parte centrale, il nucleo, composto di cariche positive chiamate protoni (e una massa neutra, i neutroni, che ai fini della nostra spiegazione verrà trascurata). Intorno al nucleo ruotano una serie di cariche negative dette elettroni, in numero equivalente al numero dei protoni. L’atomo nel suo insieme e’ quindi neutro perché il numero di protoni ed il numero di e- sono uguali, ma e’ composto da particelle con cariche + e -. Gli elettroni orbitano intorno al nucleo in una serie di zone concentriche dette orbitali. Ogni orbitale può contenere al massimo 8 elettroni (l’orbitale più vicino al nucleo solo 2). Ogni atomo, o elemento, possiede un certo numero di protoni, e quindi di elettroni. 6 Nella figura sono rappresentati alcuni atomi dove il numero di elettroni dell’orbitale più esterno e’ rappresentato da punti neri intorno al nucleo centrale (ottagono). Quando un atomo possiede 8 elettroni nell’orbitale più esterno e’ stabile, e nella figura viene indicato come ottagono completamente nero. La reattività chimica di un elemento dipende dagli elettroni più esterni (elettroni di valenza) e quindi dal numero atomico, che ci indica proprio quanti protoni ed elettroni ha l'atomo per la condivisione degli elettroni. Il peso molecolare di una molecolare è dato dalla somma dei pesi atomici degli atomici che compongono la molecola. 7 LA TAVOLA PERIODICA DEGLI ELEMENTI L’elenco degli elementi oggi conosciuti e’ presentato nella cosiddetta tavola periodica degli elementi. Nella tavola gli elementi chimici sono raggruppati in ordine crescente sulla base del loro numero di protoni (e quindi elettroni), e questo raggruppamento descrive anche molte loro proprietà. Tra esse citiamo il volume atomico, che aumenta con l’aumentare del numero degli elettroni, perché gli elettroni si dispongono in crescendo negli orbitali, e più elettroni ci sono, maggiore e’ lo spazio da loro occupato, maggiore e’ il volume atomico. In realtà ogni volta che si comincia a riempire un nuovo orbitale in contemporanea aumenta anche il numero di protoni, che attraggono con forza maggiore gli elettroni, e il volume atomico un po’ rimpicciolisce, per espandersi di nuovo alla creazione di un nuovo orbitale, più esterno al precedente. I gruppi raggruppano gli elementi che si trovano sulla stessa colonna della tavola periodica. Ogni gruppo comprende gli elementi che hanno la stessa configurazione elettronica esterna (cioè il modo in cui gli elettroni si dispongono attorno al nucleo). Poiché le proprietà chimiche 8 degli elementi dipendono dalla loro configurazione elettronica, all'interno di ogni gruppo si trovano elementi con caratteristiche chimiche simili (cioè che si comportano in maniera simile durante lo svolgimento delle reazioni chimiche) e mostrano un chiaro andamento delle proprietà lungo il gruppo (che è associato all'aumentare del peso atomico). Considerando gli elementi appartenenti allo stesso gruppo, si notano variazioni del raggio atomico, dell'energia di ionizzazione e dell'elettronegatività. In particolare, muovendosi dall'alto in basso in un gruppo, i raggi atomici degli elementi aumentano. Poiché ci sono livelli di energia maggiormente riempiti, gli elettroni di valenza si trovano a maggiore distanza dal nucleo. Dall'alto, ogni elemento successivo ha una minore energia di ionizzazione perché è più facile allontanare un elettrone, in quanto gli elettroni sono meno strettamente legati. Similmente, un gruppo presenta generalmente una diminuzione dall'alto verso il basso dell'elettronegatività (che verrà spiegata a seguire), dovuta a una distanza crescente tra gli elettroni di valenza e il nucleo. I periodi raggruppano gli elementi che si trovano sulla stessa riga della tavola periodica. In ogni periodo, procedendo verso gli atomi successivi, cioè verso destra sulla stessa riga, il numero atomico aumenta. Considerando gli elementi appartenenti allo stesso periodo, si notano variazioni del raggio atomico, dell'energia di ionizzazione, dell'affinità elettronica e dell'elettronegatività. In particolare, muovendosi da sinistra a destra attraverso un periodo, il raggio atomico diminuisce. Ciò accade perché ciascun elemento successivo possiede rispetto al precedente un protone e un elettrone in più, per cui la forza con cui gli elettroni sono attirati verso il nucleo è maggiore. Questa diminuzione del raggio atomico fa anche sì 9 che l'energia di ionizzazione aumenti quando ci muove da sinistra a destra attraverso un periodo. REGOLA DELL'OTTETTO Dicevamo che in natura gli atomi tendono ad unirsi per formare molecole. Questo e’ dovuto alla cosiddetta “regola dell’ottetto (Lewis)”: un atomo e’ stabile quando il suo orbitale più esterno (guscio di valenza) e’ completo, cioè possiede 8 elettroni. Quando si forma un legame chimico, gli atomi acquistano, perdono o mettono in comune un numero tale di elettroni per raggiungere la configurazione elettronica esterna del gas nobile più vicino della tavola periodica. Pochi atomi sono spontaneamente stabili: sono i cosiddetti gas nobili (ad es. neon, argon), che infatti sono gas inerti (non reagiscono). Per raggiungere la stabilità tutti gli altri atomi tendono a condividere i loro elettroni con gli elettroni di altri atomi, e in questo modo formano i legami. 10 Ogni pallino rappresenta un elettrone Ogni trattino che unisce due atomi è un legame Ogni trattino posto nell'intorno dell'atomo rappresenta 2 elettroni non condivisi Ad esempio, un atomo con quattro elettroni nel suo orbitale esterno tenderà a catturare altri quattro elettroni. E’ il caso del carbonio, che associandosi a quattro atomi di idrogeno forma il metano. Nell’acqua l’ossigeno possiede sei elettroni e quindi si associa a due idrogeni, raggiungendo l’ottetto. L’unica eccezione alla regola dell’ottetto è costituita dal caso dei radicali liberi, che sono atomi con un numero spaiato di elettroni, e infatti sono così instabili da essere altamente reattivi, caratteristica questa alla base della loro tossicità. Gli atomi possono raggiungere l’ottetto mediante: 1) perdita di uno o più elettroni: catione 2) acquisto di uno o più elettroni: anione 3) compartecipazione con un altro atomo: legame covalente 11 Pertanto, un anione è una specie chimica che ha acquistato uno o più elettroni (i quali possiedono carica negativa), diventando quindi uno ione negativo ed un catione è una specie chimica che ha ceduto uno o più elettroni, diventando quindi uno ione positivo. Più strettamente legato è un elemento, maggiore è l'energia richiesta per allontanare un elettrone. I valori di elettronegatività (che è la capacità di un atomo di attrarre elettroni) mostrano un andamento regolare lungo la tavola periodica. L'elettronegatività è infatti un esempio di proprietà periodica. In particolare i valori diminuiscono procedendo dall'alto verso il basso lungo un gruppo ed i valori aumentano procedendo da sinistra a destra lungo un periodo. L'elettronegatività aumenta allo stesso modo dell'energia di ionizzazione a causa dell'attrazione esercitata sugli elettroni dal nucleo. 12 FORMAZIONE dei LEGAMI Nella formazione dei legami gli atomi che hanno pochi elettroni tendono a perderli, e quelli che ne hanno tanti tendono ad acquistarli. Data la struttura di un atomo guardiamo il suo guscio esterno e sappiamo se tende a perdere o a prendere elettroni quando si unisce ad un altro atomo. Gli atomi mettono in comune gli elettroni, ma e’ una condivisione equa? Ad esempio nell’acqua, dove gli atomi hanno una differenza di elettronegatività molto forte, l’atomo di ossigeno (a destra, molto elettronegativo), che ha 6 elettroni, e’ abbastanza vicino al raggiungimento dell’ottetto, e tende a prendere altri due elettroni, mentre l’idrogeno (a sinistra, molto poco elettronegativo) ha solo un elettrone e tende a perderlo. Si definisce l’ossigeno più elettronegativo dell’idrogeno. Questo si traduce, a livello molecolare, nella presenza di parziali cariche negative e positive, indicate δ- e δ+ rispettivamente. L’ossigeno ha un δ- perché gli elettroni di legame sono spostati verso il suo nucleo, l’idrogeno ha un δ + perché gli elettroni sono più lontani dal suo nucleo. Gli elettroni del legame covalente dell'acqua non sono mai condivisi al 50%. Quindi la molecola e’ nel suo insieme neutra, ma allo stesso tempo polare per la presenza di queste cariche parziali. Pertanto, l'acqua è una molecola polare. La polarità dell’acqua e’ alla base di tutte le sue caratteristiche: le molecole di acqua non sono libere di muoversi a caso, ma si dispongono in modo da affacciare δ- con δ+ (questo vale nelle interazioni acqua-acqua, ma anche nelle interazioni che l’acqua ha con altre molecole polari). Tra queste zone di parziale carica opposta si creano delle interazioni dette ponti idrogeno, che legano le molecole più saldamente tra di loro. Pertanto l’acqua ha un’elevata tensione superficiale perché tra le molecole è presente una forte coesione (dovuta ai legami idrogeno), che tende a tenerle unite. Grazie a questo fenomeno molti insetti riescono a “pattinare” sulla superficie di uno stagno, visto che la loro massa non è sufficiente a rompere i legami tra le molecole d’acqua presenti superficie. 13 Solo nel ghiaccio (acqua in forma solida) tutte le molecole formano il numero massimo di legami idrogeno, cioè quattro per ciascuna molecola di acqua formando una regolare struttura cristallina esagonale. 14 CARATTERISTICHE DELL'ACQUA Ecco come si spiegano altre proprietà dell’acqua, accanto alla tensione superficiale descritta prima: - stato fisico: in teoria ogni molecola di acqua può formare fino a 4 ponti idrogeno con le molecole circostanti, ma allo stato liquido se ne formano solo un 80%. Le molecole sono parzialmente libere di muoversi. Tuttavia queste forze attrattive fanno sì che il punto di fusione sia a (0°C) ed il punto di ebollizione dell’acqua sia alto (100°C), in quanto per trasformare l’acqua in vapore bisogna fornire molta energia (calore) per rompere questi legami. Nel passaggio a stato solido (ghiaccio) i ponti idrogeno aumentano (100%) e le molecole si dispongono in maniera ordinata e rigida, senza più alcuna libertà di movimento. Nel fare ciò le molecole si allontanano, e quindi la densita’ diminuisce (la densita’ è data dal numero di molecole in un certo volume). Il passaggio allo stato solido comporta una diminuzione della densità e questo spiega perché il ghiaccio è più leggero dell’acqua e può galleggiare su di essa; - proprietà di solvente: grazie alla sua polarità, l’acqua può circondare altre molecole polari, affacciando le proprie cariche positive a quelle negative dell’altra molecola, e viceversa, e quindi l’acqua viene considerata un ottimo solvente; - conduzione elettrica: sempre per la presenza di queste parziali cariche positive e negative, l’acqua conduce la corrente, un fenomeno appunto basato sulla possibilità di creare dei flussi di cariche. 15 L'acqua porta in soluzione tutte le sostanze polari. Una soluzione satura è una soluzione in cui il soluto sciolto e non sciolto sono in equilibrio dinamico. 16 La solubilità dipende dalla natura del solvente. "IL SIMILE SCIOGLIE IL SIMILE" Le molecole polari (sostanza che ha delle cariche, vere o parziali) si sciolgono in solventi polari ed i composti apolari (senza cariche) in solventi apolari. Polare: sostanza che ha delle cariche, vere o parziali Apolare: sostanza senza cariche In acqua si sciolgono i sali, le molecole con gruppi -OH (ad esempio gli zuccheri), le molecole con gruppi -NH2 (ad esempio l'ammoniaca NH3). Si sciolgono in solventi apolari (ad esempio benzene): le molecole apolari costituite da legami C-H (interagiscono con il solvente mediante forze di Van der Waals) Una categoria di solventi particolari sono i detergenti, che permettono di portare in soluzione molecole apolari anche in un ambiente polare. I detergenti, o saponi, sono dei sali, dotati di una testa polare e una coda apolare. Sono detti molecole anfipatiche perché posseggono ad un’estremità della loro struttura uno ione negativo e positivo (la cosiddetta “testa” del detergente), mentre il resto della molecola ha caratteristiche apolari (la cosiddetta “coda”). I detergenti si pongono intorno alla molecola apolare con le loro code apolari, formando delle goccioline dette micelle. L’esterno delle micelle è costituito dalle teste polari del detergente, che possono interagire con l’ambiente polare, portando così il soluto in soluzione. I saponi usati per eliminare una macchia di grasso da un tessuto funzionano in questo modo. Analogamente, in un recipiente pieno d’acqua le molecole di detergente si dispongono sulla superficie con le teste verso l’acqua e le code verso l’esterno, formano una patina superficiale che mima la struttura delle membrane cellulari. Le membrane cellulari si formano perciò spontaneamente per dividere due ambienti acquosi, ma garantire allo stesso tempo la solubilità di componenti idrofobiche. Queste membrane sono costituite da un doppio strato di acidi grassi, la cui struttura ricorda quella dei detergenti, che si dispongono con le teste polari sulle superfici e le code apolari all’interno, in modo da permettere 17 l’inserimento di strutture idrofobiche. Queste ultime possono essere ad esempio porzioni di proteine, che attraversando la membrana dispongono le proprie parti apolari all’interno del doppio strato lipidico. La distribuzione delle molecole d’acqua e’ molto importante in tutti i sistemi biologici, ed e’ alla base del fenomeno detto OSMOSI. Dobbiamo innanzitutto introdurre il concetto di soluzione. Una soluzione contiene delle particelle di soluto (molecole o ioni) sciolte in un solvente (polare: ad es. acqua, o non polare: ad es. etere). In un sistema di soluzioni a concentrazione diversa, separate da membrane permeabili all’acqua, l’acqua tende a muoversi per diluire la soluzione che è più concentrata. Per capire il concetto di osmosi pensiamo a cosa succede nella seguente condizione sperimentale: immaginiamo di avere due recipienti separati da una membrana semipermeabile, cioè che lascia passare le molecole d’acqua, ma non quelle di soluto. Se le due soluzioni sono entrambe composte da acqua, le molecole d’acqua passano da un recipiente all’altro in entrambi i sensi alla stessa velocità e il livello del liquido nei due recipienti è lo stesso. Se invece il recipiente più interno contiene anche delle molecole di soluto, che non possono diffondere ed ostacolano anche la fuoriuscita delle molecole d’acqua, l’acqua tenderà ad entrare nel recipiente interno più velocemente di quanto ne esca. Il risultato e’ un flusso verso il recipiente interno, ed il livello di liquido si innalza, fino a stabilizzarsi ad una nuova altezza. 18 La pressione osmotica può essere definita come la pressione che e’ necessario esercitare sul recipiente interno per arrestare il flusso del solvente. 19 Il fenomeno dell’osmosi, che tende sempre a ristabilire una uguale concentrazione di soluto sui due versanti di una membrana semipermeabile, assume una particolare importanza quando una soluzione e’ messa a contatto con le cellule. La membrana cellulare separa uno spazio interno ed esterno alla cellula, con composizione diversa. Le membrane cellulari si comportano come membrane semipermeabili, in quanto lasciano passare liberamente l’acqua, ma sono altamente selettive nei confronti della maggior parte dei composti in essa disciolti (ioni, proteine, carboidrati). Il movimento di acqua attraverso le membrane cellulari e’ per lo più passivo e avviene per un processo osmotico: la direzionalità del flusso e’ governata dalle relative concentrazioni di soluti sui due versanti delle membrane. In condizioni fisiologiche la pressione osmotica all’interno e all’esterno della cellula e’ simile, e non si ha passaggio netto di acqua. Se la cellula si trovasse in contatto con soluzioni molto concentrate all’esterno, tenderebbe a perdere acqua, mentre soluzioni molto diluite provocherebbero un rigonfiamento cellulare, ed entrambe le situazioni sarebbero naturalmente molto dannose per l’integrità della cellula. Le soluzioni fisiologiche hanno quindi un contenuto di sali e altri soluti che e’ molto vicino a quello cellulare. Analogamente, se si vuole introdurre in circolo una soluzione, ad esempio una soluzione acquosa per ripristinare dei liquidi persi da un paziente (in seguito a febbre, dissenteria, ecc), bisogna fare attenzione a rispettare questo equilibrio osmotico, e quindi si somministra una soluzione cosiddetta fisiologica, normalmente costituita da cloruro di sodio (NaCl 0.9%), in concentrazione osmotica simile alla composizione intracellulare: questa concentrazione e’ definita soluzione isoosmotica o isotonica. 20 Una soluzione avente osmolarità inferiore a quella del plasma viene definita ipotonica, mentre una soluzione avente osmolarità superiore a quella del plasma viene detta ipertonica Il fenomeno osmotico e’ anche alla base della permeabilità dei vasi sanguigni e all’accumulo di liquidi in diversi compartimenti corporei. In caso di trauma il vaso può subire dei danni, o diventare più permeabile a certe molecole, che si accumulano nei tessuti, con richiamo d’acqua per fenomeno osmotico. Il tessuto si gonfia di liquido (edema), e se si tratta di un gomito parliamo semplicemente di gonfiore, ma la situazione può divenire critica in certe zone del corpo che non sopportano un rigonfiamento, ad esempio il cervello, che e’ racchiuso nella scatola cranica, e la cui compressione può portare a dei danni cerebrali gravi. In questo caso si cerca di portar via liquido dai tessuti aumentando la concentrazione del sangue, ad esempio infondendo nel paziente una soluzione concentrata di mannitolo, che e’ uno zucchero non metabolizzabile dal nostro corpo, che in virtù della sua alta concentrazione richiamerà acqua dai tessuti e forse sgonfierà la zona cerebrale. Al contrario a volte il vaso sanguigno richiama acqua dai tessuti, come succede ad esempio nel diabete. Questa patologia e’ caratterizzata da un’alta concentrazione di zuccheri nel sangue, che a livello urinario possono causare per osmosi un richiamo consistente di acqua dai tessuti attraverso i reni. In queste condizioni si possono perdere diversi litri di acqua al giorno con le urine, e la disidratazione che ne deriva può causare gravi danni all’organismo (poliuria). 21 TIPI DI LEGAME Le caratteristiche tendenze a condividere gli elettroni in un certo modo spiegano l’esistenza di diversi tipi di legami, che possiamo così schematizzare: 1. LEGAME IONICO. Gli elementi a sinistra della tavola periodica, sotto forma di ioni positivi, si combinano con elementi a destra della tavola, sotto forma di ioni negativi, dando così origine a legami in cui gli elettroni non sono propriamente condivisi, sono spostati su uno dei due atomi. Sono molecole tenute assieme da legami elettrostatici. Un esempio e’ il sale da cucina, NaCl (Na+ Cl-) 2. LEGAME METALLICO. Si forma tra gli elementi a sinistra della tavola periodica che sono detti metalli, e in particolare i primi due gruppi, caratterizzati dalla tendenza a perdere uno o due elettroni. Essi hanno caratteristiche spiccatamente metalliche spiegabili in base alla loro configurazione elettronica. Si combinano per formare i metalli che sono sostanze in cui gli elettroni si muovono liberamente tra i nuclei, non sono localizzati o condivisi in maniera ordinata come succede per altre molecole. 3. LEGAME COVALENTE. Gli elementi della parte centrale della tavola periodica condividono gli elettroni, e sono perciò uniti da legami saldi. Il legame covalente può essere semplice, se i due atomi condividono due elettroni, doppio se ne condividono quattro, triplo se si tratta di sei elettroni. La formazione di legami addizionali a quello semplice prevede però anche un cambiamento nella disposizione della molecola nello spazio. Come esempio riportiamo la formazione di un legame covalente tra due atomi di carbonio. Il legame semplice prevede la disposizione delle due molecole a formare degli angoli di 109°. La formazione di un doppio o triplo legame prevede il coinvolgimento di elettroni situati in orbitali diversi, con meccanismi che non approfondiamo, e porta a una sistemazione planare della molecola, cioè gli atomi legati ai due carboni si trovano tutti sullo stesso piano. Nel legame covalente gli elettroni sono ugualmente condivisi se non c’e’ differenza di elettronegativita’ tra gli atomi (legame covalente puro detto anche non polare) oppure gli elettroni del legame covalente sono attirati verso l’atomo piu’ elettronegativo formando nella molecola una porzione a parziale carica positiva e negativa (legame covalente polare). 4. LEGAMI DEBOLI (INTERAZIONI TRA LE MOLECOLE): Sono forze attrattive o repulsive che si instaurano tra molecole, e per questo sono dette forze intermolecolari. 22 Si tratta di forze di debole entità, ma che possono diventare molto rilevanti quando sono presenti in gran numero. I legami deboli possono essere di due tipi: PONTE IDROGENO. Di questo tipo di attrazione elettrostatica abbiamo già parlato a proposito dell’acqua. I legami ponte idrogeno si verificano tra zone di molecole attigue con cariche parziali opposte, non solo nell’acqua ma tra tutte le molecole in cui un idrogeno può interagire con atomi elettronegativi, come ad es. nell’ammoniaca NH 3. FORZE DI VAN DER WAALS. Anche in presenza di molecole che posseggono legami covalenti puri, in maniera casuale gli elettroni possono trovarsi momentaneamente piu’ addensati in una zona della molecola. Si possono percio’ formare dipoli temporanei e si creano interazioni elettrostatiche tra dipoli vicini. Poiche’ sono interazioni elettrostatiche momentanee, sono molto deboli, ancora piu’ deboli dei ponti idrogeno. I metalli forze di Van der Waals 23 Analizziamo ora alcuni argomenti di chimica generale che sono fondamentali per capire la biochimica. CONCENTRAZIONE delle SOLUZIONI In chimica occorre quantificare le molecole coinvolte in una reazione e per fare ciò si ricorre spesso al concetto di concentrazione poiché non è possibile contare le singole molecole. Possiamo esprimere la concentrazione nelle seguenti differenti modalità: 1) grammi per cento peso/peso = % w/w (dall'inglese weight/weight) = g di soluto/100 g di soluzione (poco usata perché di solito si scioglie un soluto in un solvente che è generalmente l'acqua) 2) grammi per cento peso/volume = % w/v (dall'inglese weight/volume) = g di soluto/100 ml di soluzione Esempio: preparare una soluzione al 3% w/v: pesare 3 grammi della sostanza e scioglierla in 100 ml di soluzione 3) per cento volume/volume = % v/v = ml di soluto / 100 ml di soluzione Esempio: preparare una soluzione al 3% v/v: prendere 3 ml di soluto già sciolto e metterlo in 100 ml di soluzione La concentrazione in percentuale indica la quantità di un soluto presente in una soluzione, ma non sappiamo però né il numero di moli né il numero di molecole che abbiamo nella soluzione. In chimica la concentrazione è indicata come: MOLARITA' (M) = moli di soluto per litro di soluzione (moli/lt) MOLALITA' (m) = moli di soluto ogni 1000 g di solvente (moli/kg) (poco usata perché di solito si scioglie un soluto in un solvente che è generalmente l'acqua) Per convenzione una mole contiene un numero di molecole, di qualsiasi tipo, pari al numero di Avogadro (6.022 x1023) 24 1 mole = una quantità di sostanza equivalente a 6,022 x 1023 particelle Il peso di una mole è una quantità in g pari al peso atomico/molecolare della sostanza. Una mole di ossigeno e' costituita da 6.022 x1023 molecole di O2, una mole di acqua contiene 6.022 x1023 molecole di H2O, e così via dove il numero di particelle è sempre lo stesso ed il peso dipende dal peso atomico/molecolare della sostanza. Esempi: 1 mole di Na = 6,022 x 1023 particelle = pesa 23 g 1 mole di O2 = 6,022 x 1023 particelle = pesa 32 g (16 *2) 1 mole di glucoso (C6H12O6) = 6,022 x 1023 particelle = pesa 180 g Un modo molto utile per esprimere una concentrazione è l'OSMOLARITA' perché quando si preparano le soluzioni, ad esempio, da iniettare al paziente dobbiamo assicurarci che tali soluzioni siano isotoniche cioè che non vadano a variare i passaggi fisiologici di liquidi all'interno del sangue. Dobbiamo tener conto non solo nel numero di moli, ma anche del numero di molecole che mi determinano il passaggio d'acqua e cioè tener conto delle osmoli, cioe’ le molecole che determinano la pressione osmotica. Ricordiamo che la pressione osmotica e’ definita come la pressione esercitata su una membrana semimpermeabile per mantenere l'equilibrio tra i liquidi all'interno di due recipienti. Tenendo conto della pressione osmotica la concentrazione si puo’ misurare in osmoli/litro: N° osmoli = n° moli x n° particelle in cui il soluto si dissocia (i) Esempi: se abbiamo una soluzione di sale da cucina, NaCl, dobbiamo raddoppiare il numero di moli per parlare di osmolarità in quanto il sale è completamente dissociato in Na+ e Cl- che sono due ioni che richiamano acqua creando il passaggio di acqua. Il glucoso è una molecola sola, non dissocia e quindi molarità ed osmolarità coincidono. Na 3PO4 si dissocia in 4 ioni, quindi abbiamo 4 particelle che possono richiamare acqua, e quindi dobbiamo moltiplicare la molarità per n° particelle di soluto in cui si dissocia che è pari a 4. NaCl (i = 2) 0,1 M = 0,2 OSM glucoso (i = 1) 0,1 M = 0,1 OSM Na3PO4 (i = 4) 0,1 M = 0,4 OSM L'osmolarità del plasma (parte liquida del sangue) è circa 0,3 osmoli/litro = 0,3 OSM = 300 mOSM. 25 La soluzione fisiologica che si inietta al paziente, ad esempio nel caso di disidratazione, è una soluzione di NaCl 0,9% (w/v) = NaCl 0,9 g/100ml = NaCl 9 g/l Sapendo che il p.m. di NaCl è 58,44, divido il numero di grammi che ho pesato per il p.m. ed ottengo in numero di moli in un litro di soluzione che corrisponde a 0,154 molare 9/58,44 = 0,154 moli/l = 0,154 M pari a 0,308 OSM (si moltiplica per 2 in quanto NaCl si dissocia in due ioni) 0,154 x 2 = 0,308 OSM che è l'osmolarità del sangue. Percio’ NaCl 0,9% e’ una soluzione isotonica con il sangue, non fa variare il passaggio di acqua, rispettando così le condizioni fisiologiche del paziente. Il numero di molecole presenti in una soluzione liquida è, come abbiamo già visto, indicato dalla concentrazione. In un gas invece il numero di molecole presenti è indicato dalla pressione, quindi la pressione può considerarsi come il corrispettivo della concentrazione nei liquidi (maggiore è il numero di molecole presenti in un gas maggiore è la pressione). La pressione di un gas è indicata dalla pressione che il gas esercita sulle pareti del contenitore in cui si trova, urtandole. La pressione di una gas è quindi proporzionale al numero di molecole che urtano. Nell’esempio citato in A si ha la presenza di un gas A nel contenitore e questo gas esercita una determinata pressione. In B si ha la presenza di un gas B che però è rappresentato da un minor numero di molecole e quindi esercita una pressione minore. In C entrambi i gas A e B sono posti nel contenitore e la pressione esercitata sarà pari alla somma delle pressioni 26 esercitate dal gas A e dal gas B, poiché la quantità di molecole presenti in C sarà pari alla somma delle molecole di gas A e di gas B. In altre parole, la pressione esercitata da una soluzione gassosa è uguale alla somma delle pressioni parziali esercitate dai singoli gas. Questo e' particolarmente importante per i gas che maggiormente vengono scambiati con la respirazione, l'ossigeno e l'anidride carbonica (CO2). REAZIONI CHIMICHE Una reazione consiste nell'urto tra molecole, cioè nella formazione e rottura di legami in seguito allo scontro fra molecole diverse. Le molecole che interagiscono in una reazione (nell’esempio anidride carbonica CO2 ed acqua H2O) sono chiamate reagenti mentre le molecole prodotte sono dette prodotti di reazione (nell’esempio l’acido carbonico H2CO3). La formazione e distruzione dei legami deriva dagli urti tra molecole tramite urti utili cioè urti adeguati a formare una nuova molecola. L'urto utile prevede che le molecole si scontrino con una velocità giusta e che abbiamo un orientamento giusto a formare nuovi legami. La frequenza degli urti è quindi fondamentale per determinare la velocità di una reazione in quanto più urti ci sono maggiore è la velocità della reazione. Gli scontri fra molecole portano ad una reazione chimica solo se avvengono fra molecole che possono interagire fra di loro. Nel caso citato si avrà quindi una reazione solo se le molecole di acqua si scontrano con quelle di anidride carbonica (caso A: urto utile) e non se molecole di acqua si urtano fra di loro o se quelle di CO2 urtano con altre molecole di CO2 (caso B: urto non utile). 27 Il numero di urti che determina la velocità di una reazione chimica è influenzata da: numero di molecole interagenti (maggiore sarà il numero di molecole, maggiore sarà la velocità degli urti utili) natura dei reagenti (orientamento corretto delle molecole) temperatura (aumenta l'energia cinetica delle molecole che si scontreranno in modo più forte) presenza di un catalizzatore (enzima) La velocità di reazione è funzione del numero di urti tra le molecole di reagente per unità di tempo, ossia e’ funzione della concentrazione dei reagenti moltiplicata per una costante di proporzionalità V = k x [reagente] K: costante di velocità tipica di quella reazione descrive la velocita’ della reazione: se k alta la reazione intrinsecamente veloce se k bassa la reazione procederà lentamente La costante di velocità di una reazione è: specifica per una data reazione indipendente dalla concentrazione dei reagenti aumenta con l'aumentare della temperatura 28 EQUILIBRIO CHIMICO Quando una reazione procede all’equilibrio, reagenti e prodotti sono separati da una doppia freccia, questo significa che la reazione avviene in entrambi i sensi. Due molecole A e B si scontrano e danno origine a C e D, ma se la reazione avviene in senso inverso, C e D si scontrano per formare A e B. Queste due reazioni possiedono due velocità (v1 e v2). Per capire come varia l'equilibrio, osserviamo il rapporto della costante di velocità della reazione 1 e di quella della reazione 2 (k1/k2) che si chiama costante di equilibrio (Keq). Essa mi dice se l'equilibrio è spostato verso destra o verso sinistra. La legge di azione di massa è l'equazione che descrive la Keq in rapporto alle concentrazioni dei prodotti e dei reagenti, dove i numeri scritti in minuscolo sono i coefficienti stechiometrici i quali esprimono i rapporti molari con cui le sostanze coinvolte nella reazione reagiscono. 29 Quindi, una Keq alta indica lo spostamento della reazione da sinistra verso destra e questo accade perché nel rapporto C per D è maggiore di A per B, e prevale la formazione di C+D. Il principio di Le Chatelier Se su un sistema all’equilibrio si interviene dall’esterno modificando uno dei parametri che caratterizzano l’equilibrio, il sistema fa avvenire la trasformazione diretta o inversa raggiungendo una nuova posizione di equilibrio, in modo da tendere a minimizzare gli effetti dell’intervento esterno. In altre parole, quando cambiamo uno dei parametri della reazione, la reazione risponde cercando di riportarsi all’equilibrio. Seguendo il principio di Le Chatelier, se alteriamo le concentrazioni di reagenti o prodotti, l’equilibrio fa si che la reazione aumenti la velocita’ in un senso. Ad esempio se diminuisco i prodotti o aumento i reagenti, la reazione aumenta nel verso A+B C+D 30 Per spostare l’equilibrio a destra si diminuiscono i prodotti (D viene consumato appena si forma) o si aumentano i reagenti. Questo principio e’ molto sfruttato dai sistemi biologici Avere un urto utile significa avere molecole che si scontrano con sufficiente energia per rompere i legami e generarne altri nuovi. Questa energia si chiama energia di attivazione (Ea) che è l'energia minima delle molecole affinché dai reagenti si formino i prodotti in seguito all'urto. Due molecole (la rossa e la verde) si scontrano per formare i prodotti. Se lo scontro avviene con un'energia cinetica che è superiore alla soglia minima di energia (energia di attivazione) i formano i prodotti, altrimenti no. Questo valore di energia corrisponde all'energia minima necessaria per spezzare i legami che devono essere rotti affinché la reazione proceda. 31 Quindi, perché la reazione abbia luogo le molecole devono superare una barriera energetica, che corrisponde all’energia di attivazione. Descriviamo l'energia di attivazione con un grafico dove sull'asse delle y si raffigura l'energia contenuta dalle molecole e dove andiamo a determinare quale è l'energia dei reagenti e quale quella dei prodotti. Per arrivare a generare i prodotti di una reazione dobbiamo passare attraverso una prima fase in cui l'energia dei reagenti deve aumentare e questa è proprio l'energia di attivazione (valore soglia), superata la quale la reazione può procedere a generare i prodotti. 32 Esempi: Schema a: energia di collisione minore dell'energia di attivazione; non si formano i prodotti, a causa dell'urto debole l'energia di attivazione non è stata raggiunta; Schema b: energia di collisione maggiore o uguale dell'energia di attivazione con orientamento corretto delle molecole; situazione ottimale: si formano i prodotti; Schema c: energia di collisione maggiore o uguale dell'energia di attivazione con orientamento NON corretto delle molecole; non si formano i prodotti a causa dell'orientamento non corretto delle molecole a generare un urto utile. 33 Quindi per generare un urto utile e quindi per formare i prodotti della reazione ho bisogno di: 1) un'energia di collisione maggiore dell’energia di attivazione (energia sufficiente a superare la barriera energetica iniziale) 2) un corretto orientamento delle molecole. Con il procedere della reazione, si passa attraverso la formazione di uno stato intermedio, di uno stato di transizione, dove i legami precedenti si stanno rompendo e quelli nuovi si stanno formando (legami rappresentati in figura con un tratteggio). Devo passare attraverso un salto energetico. Quando i prodotti si sono formati l'energia scende. 34 Il catalizzatore di una reazione serve a far superare questo scoglio energetico perché avvicina le molecole in modo tale che anche con una energia molto bassa la reazione avvenga ugualmente e si forma il prodotto. Il catalizzatore quindi rende più facile la formazione dei prodotti di una reazione in quanto abbassa l'energia di attivazione e migliora l'orientamento delle molecole che avranno così bisogno di meno energia per scontrarsi e creare un urto utile. In assenza di catalizzatore, i reagenti si devono scontrare con tanta energia altrimenti non è un urto utile; in presenza di catalizzatore, il salto energetico è molto piccolo e ciò vuol dire che il catalizzatore ha avvicinato le molecole, le ha orientate bene e, anche se l'energia è bassa, si forma lo stato intermedio per arrivare alla formazione del prodotto. Un catalizzatore non modifica né la Keq né l’andamento termodinamico di una reazione, ma aumenta la velocità dalla reazione (aumentando il numero di urti utili) ed abbassa l'energia di attivazione cioè quel momento critico della reazione. Non viene mai consumato, partecipa a migliorare una reazione chimica ed è sempre disponibile per una nuova reazione. La sua funzione è quindi quella di velocizzare una reazione che altrimenti sarebbe molto lenta. 35 Un catalizzatore agisce legando alla sua superficie le molecole da trasformare, provocandone la distorsione e la rottura di determinati legami. Le molecole che aderiscono alla superficie di un catalizzatore sono chiamate substrati. Esistono catalizzatori inorganici che sono sostanze chimiche e catalizzatori biologici, di nostro interesse, che sono gli enzimi che fanno avvenire più facilmente la reazione abbassando l'energia di attivazione, non modificando mai le proprietà di equilibrio della reazione, ma favorendo la formazione dei prodotti della reazione. Gli enzimi infatti possiedono un sito attivo, una regione protetta della proteina dove entrano i substrati, cioè le molecole che devono essere orientate in modo corretto si urtano con energia più bassa e vengono trasformate nei prodotti di reazione. Gli enzimi facilitano la formazione dello stato di transizione, ma non spostano ne’ il verso ne’ l’equilibrio della reazione. 36 Gli enzimi: accelerano la velocità delle reazioni chimiche, ma non ne spostano l’equilibrio sono specifici per il loro substrato si servono spesso di cofattori (ioni metallici, coenzimi che sono derivati da vitamine, gruppi prostetici che sono molecole organiche legate in modo covalente all'enzima e che aiutano la catalisi, ad esempio il gruppo eme dell'emoglobina, pur non essendo un enzima ne è un buon esempio, che serve al trasporto di ossigeno); sono classificati in base al tipo di reazione catalizzata: 37 Il sito attivo degli enzimi e’ specifico per il substrato perché il sito attivo riconosce una o comunque poche molecole per far avvenire solo una particolare reazione. Questo è importante perché di enzimi ce ne sono tantissimi ed ognuno ha il suo compito per far avvenire una reazione specifica. Questo concetto di specificità deriva dal fatto che l'enzima, che è una proteina, ha il suo sito attivo che è una tasca dove entra il substrato, con una forma complementare, adatta e specifica per riconoscere quel substrato. Il legame tra enzima e substrato fa sì che si formi un intermedio che è rappresentato proprio da quello scoglio energetico che deve essere superato per far avvenire la reazione e formare i prodotti. Quindi si dice che c'è una complementarietà, una specificità perfetta tra sito attivo dell'enzima e substrato che è definito dal modello chiave serratura. Infatti l'enzima è come se fosse la serratura nella quale devo infilare la mia chiave che è il substrato in modo tale che la chiave possa girare per aprire la porta e cioè affinché la mia reazione possa avvenire. Modello serratura-chiave Modello dell’adattamento indotto 38 Ci sono casi particolari in cui il sito attivo non è perfettamente complementare al 100% al substrato, ma quando il substrato entra nel sito attivo quest'ultimo cambia forma. Si parla di un adattamento indotto del sito attivo dell'enzima, indotto dall'entrata del substrato. Esempio: ci sono reazioni in cui bisogna escludere le molecole di acqua per cui la tasca si chiude e così facilita la reazione escludendo le molecole di acqua. Le vie metaboliche sono formate da una successione di reazioni catalizzate da enzimi che velocizzano la realizzazione della reazione. Ciascuna di queste tappe è una reazione all'equilibrio catalizzata da un enzima. Gli enzimi vanno a modificare i prodotti intermedi fino ad arrivare alla formazione del prodotto finale. La catalisi enzimatica presenta importanti vantaggi: l’enzima oltre essere specifico è anche regolabile cioè andando a regolare una tappa enzimatica è possibile aumentare o diminuire tutta la via metabolica di interesse. Il flusso metabolico dipende dalla regolazione di pochi punti e cioè da enzimi regolati con modalità allosterica. Le vie metaboliche sono controllate in modo da regolare i livelli di metaboliti. Esempio: si ha una via metabolica che dalla tappa A arriva all'ultima tappa F attraverso tappe successive e alla fine della tappa F si produce il prodotto finale della via metabolica. La via metabolica sente il prodotto finale F e se F si accumula vuol dire che non c'è bisogno che F venga utilizzato e quindi la via metabolica viene rallentata (feedback negativo) ed è proprio il prodotto F che inibisce il primo enzima della via metabolica. Di solito l’enzima allosterico (detto anche ENZIMA REGOLATORE) e’ posizionato all’inizio della via metabolica. 39 Si può regolare l'attività di un enzima. Il regolatore allosterico è una molecola che si lega ad una regione dell'enzima che non è il sito attivo dell'enzima, e quando si lega tutta la proteina cambia forma, anche il sito attivo diventa più adatto a compiere la catalisi nel caso di un regolatore positivo (migliora la forma del sito attivo per riconoscere il substrato, facilita la reazione) o meno adatto se il regolatore è negativo (peggiora la forma del sito attivo, rallenta la reazione). Si passa da uno stato teso T dove l'enzima lavora in modo più lento ad uno stato rilassato R dove l'enzima invece lavora più velocemente perché cambiando la forma del sito attivo è perfetto per lavorare, potenziando l'attività enzimatica. Tutti gli enzimi chiavi cioè critici per una via metabolica sono regolati in modo allosterico. Quindi nell’esempio prima descritto della conversione della treonina in isoleucina, due amminoacidi, l'isoleucina è un effettore allosterico negativo del primo enzima, rallentandone la sua attività quando si accumula perché la via metabolica non richiede produzione del prodotto finale. I sistemi biologici non possono accumulare le molecole, ma producono molecole per usarle. Gli enzimi chiave sono proprio i sensori che dicono se c'è bisogno oppure no di un certo intermedio metabolico e danno il segnale per accelerare o diminuire le reazioni in base alle necessità della cellula. 40 ACIDI e BASI Secondo la teoria di BrØnsted-Lowry, si definisce acido una sostanza che dona idrogenioni o protoni (H+), ovvero atomi di idrogeno privati dell’elettrone. Una base, invece, è una sostanza che accetta protoni. Esempi: HCl l'acido cloridrico è un acido forte perché si può dissociare completamente: perde un protone e diventa H+ e Cl- NH3 l'ammoniaca invece è una base, accetta un protone e diventa NH 4+ (ione ammonio) Quindi quando abbiamo una reazione in cui un acido perde un protone e la base lo accetta si dice che abbiamo una reazione acido-base, dove avviene il trasferimento di un protone da una specie chimica all'altra. La reazione acido-base consiste in un trasferimento di protoni tra un acido e una base, che porta alla formazione della base e dell'acido coniugato corrispondenti. In altre parole, quando un acido perde un protone si trasforma nella sua corrispettiva base, detta base coniugata, e quando una base prende un protone si trasforma nel suo acido coniugato. 41 Esempio: In questa reazione l'acido cloridrico è l'acido, l'acqua che si può comportare da acido o da base in questo caso è la base, si scambiano il protone e si formano i loro coniugati cioé l'acido che ha perso il protone è diventato la base (Cl-) (base coniugata) e la base che ha accettato il protone è diventata un acido (H3O+) (acido coniugato). Si definisce coppia coniugata acido-base l'insieme di un acido e della sua base coniugata, e di una base e del suo acido coniugato. Se scomponiamo la reazione in: queste due coppie sono le coppie coniugate acido-base cioè quello che era un acido (HCl) diventa la base coniugata (Cl-) e quello che era una base (H2O) diventa il suo acido coniugato (H3O+). Il pH e il pOH E' utile avere una scala per poter quantificare il numero di protoni in una soluzione acquosa. Si parla quindi di pH e di conseguenza di pOH. Il pH è il logaritmo negativo in base 10 della concentrazione dei protoni pH = -log10 [H+] = log10 1/[H+] 42 ll pOH è il logaritmo negativo in base 10 della concentrazione degli OH -. pOH = -log10 [OH-] = log10 1/[OH-] L'acqua si dissocia poco, ma quando si dissocia lo fa in quantità uguali di H + e OH-. L’acqua ha una concentrazione di H+ = 10-7 dunque il pH = 7 che indica la neutralità. Il prodotto della concentrazione degli ioni H+ per la concentrazione degli ioni OH è 10-14 ed è detto prodotto ionico dell'acqua (Kw) Kw = [H+] [OH-] = 10-14 🡺 pKw = pH + pOH = 14 da cui si ricava: pH = 14 – pOH pOH = 14 – pH Il fatto che nell'acqua la concentrazione di H+ e OH- sia uguale fa si che l’acqua sia neutra (pH=7). Sostanze con un pH maggiore di 7 sono basiche, sostanze con un pH minore di 7 invece sono acide. Esempi: il sangue, i liquidi biologici, sia la componente intracellulare che quella extracellulare, sono a pH neutro (e più precisamente a pH 7.4). Nella cellula si trovano poi dei compartimenti acidi, i lisosomi, dove si ha necessità di trasportare dentro di essi protoni in modo tale che la cellula rimanga a pH neutro. Il caffè, il succo di pomodoro, il succo di limone sono sostanze acide, mentre l'acqua di mare, i saponi sono sostanze basiche. 43 E' importante che i sistemi biologici rimangano a pH 7.4 e per far questo si deve cercare di eliminare tutte quelle sostanze prodotte dai tessuti che andrebbero ad acidificare. Come abbiamo detto esistono dei compartimenti della cellula che sono acidi (i lisosomi), ma nell'organismo anche lo stomaco è un ambiente acido. Infatti il succo gastrico è molto acido avendo un pH prossimo a 2-3. Un tale pH è reso possibile dalla presenza di ghiandole, situate nella parete dello stomaco, che secernono HCl. Questo pH è necessario per permettere l’attività di alcuni enzimi digestivi tra cui la pepsina. E' però importante che le pareti dello stomaco vengano protette da tale pH acido ed anche dall’autodigestione. Tale protezione è fornita da una serie di sostanze basiche che ricoprono la mucosa dello stomaco e che neutralizzano gli acidi presenti nel suo interno. Se tale protezione viene meno si possono formare le cosiddette ulcere gastriche dovute al fatto che tale acido danneggia le pareti dello stomaco. TAMPONI Per la fisiologia dell’organismo è importante mantenere il pH costante. Il sistema tampone protegge da grosse variazioni di pH. Si definisce tampone una soluzione che contiene una coppia coniugata acido-base (acido debole e la sua base coniugata forte o base debole e acido coniugato forte) che resiste a modificazioni di pH neutralizzando acidi o basi aggiunti alla soluzione. Tipicamente un tampone e’ formato da un acido debole o una base debole e il suo sale. Esempio: vediamo il sistema tampone composto da due specie chimiche, acido acetico e sodio acetato 44 La prima specie chimica è l'acido acetico (CH3COOH) che è un acido debole cioè non si dissocia completamente; infatti l'equilibrio della reazione è spostato verso sinistra e quindi la maggior parte dell'acido acetico non è dissociato e solo una piccola parte è dissociato in CH3COO- e H+. La seconda specie chimica è l'acetato di sodio (CH3COONa), che è un sale che si dissocia completamente in CH3COO- e Na+. CH3COO- è la base coniugata dell'acido acetico. Questo equilibrio e’ spostato verso destra. Dall’unione delle due reazioni abbiamo tanto CH3COOH e tanto CH3COO-. Cosa succede se acidifico il sistema tampone, aggiungendo H+? Essi troveranno CH3COO- in abbondanza e quindi i protoni si associano ad esso formando CH3COOH neutralizzando cioè la mia soluzione senza far variare il pH. Cosa accade se aggiungo OH-? Essi si associano agli H+, si sposta l'equilibrio verso destra e l'acido acetico va a dissociare e formare altri CH3COO- e H+. In questo modo ho neutralizzato gli OH- perché ho una grande risorsa di H+ che possono essere rilasciati al bisogno legarsi a OH- per formare acqua, neutralizzando quindi gli OH-. Il tampone carbonato-bicarbonato è un sistema reale che controlla il pH del sangue. Infatti quando i tessuti lavorano tanto producono molti acidi. Ad esempio, il muscolo che si contrae produce tanto acido lattico che viene riversato nel circolo sanguigno e trasportato al fegato per essere "riciclato". Tale attivazione è detta acidosi metabolica e potrebbe variare il pH del sangue. Il tampone carbonato-bicarbonato è formato dal carbonato, cioe’ l'acido carbonico H2CO3 (acido debole) e il bicarbonato (HCO3-) (base coniugata forte). Viene definito "sistema aperto" perché può convertire, tramite l'enzima anidrasi carbonica, l'acido carbonico in CO 2 e viceversa ed eliminare l’eccesso di anidride carbonica (CO2) con la respirazione. Con la respirazione infatti posso eliminare la CO2 formatasi in eccesso introducendo però l'ossigeno, mantenendo costanti i livelli di acido carbonico. 45 In caso di acidosi metabolica, i protoni prodotti in eccesso dal metabolismo si uniscono alla base coniugata HCO3- (freccia spostata verso sinistra), si forma H2CO3 che a sua volta forma H2O e CO2. La CO2 viene eliminata con l'espirazione essendo un gas. Quando si va in acidosi, aumenta la frequenza respiratoria per eliminare la CO 2. Con questo sistema tampone il pH del sangue rimane sempre costante. Viceversa, in caso di alcalosi, anche se è una condizione patologica che non si verifica così di frequente nel nostro organismo, quando cioè si producono tanti OH-, essi si legano ai H+ formando acqua, aumentando la produzione di HCO3- che viene eliminato con le urine. Il plasma, che è la componente extracellulare del sangue, possiede un pH di circa 7,4. Una tale situazione di pH si è venuta a creare durante l’evoluzione ed occorre che sia mantenuta costante entro un range alquanto ristretto per permettere lo svolgersi delle normali reazioni fisiologiche che avvengono nel nostro corpo. Il controllo del pH del sangue è quindi reso possibile da una serie di sistemi tampone il più importante dei quali è quello carbonato- bicarbonato che abbiamo appena spiegato nel dettaglio. Accanto a questo ci sono le proteine del sangue che possono funzionare da sistema tampone perché sulla loro superficie hanno delle cariche positive e negative che possono legarsi a H + ed a OH-. 46 Le proteine infatti sono delle molecole che possono avere caratteristiche polari o apolari, in base alla sequenza di aminoacidi che le compongono. Le proteine polari espongono sulla loro superficie dei gruppi acidi (gruppi che possono liberare protoni) e dei gruppi basici (gruppi che possono acquistare protoni). Se le proteine sono presenti in grandi quantità, come ad esempio l’albumina (una proteina prodotta dal fegato che è la più abbondante proteina del plasma) o l’emoglobina (la proteina dei globuli rossi che trasporta l’ossigeno) fungono da tamponi e possono tamponare momentanee variazioni di pH. Infatti un eccesso di protoni può essere neutralizzato dai gruppi della proteina carichi negativamente, mentre un eccesso di ioni OH - viene neutralizzato dai residui con carica positiva. REAZIONI DI OSSIDO RIDUZIONE Mettiamo insieme due concetti: ossidazione = l’atomo o la sostanza che viene ossidata perde elettroni riduzione = l’atomo o la sostanza che viene ridotta acquista elettroni quindi nella reazione di ossido riduzione ci sarà un riducente che cede gli elettroni e si ossida ed un ossidante che riceve gli elettroni e si riduce. Nelle reazioni di ossidoriduzione le molecole più elettronegative prendono elettroni da altre molecole ossidandole. Gli elettroni si spostano sempre da una molecola meno elettronegativa ad una più elettronegativa. L'elettronegatività di un atomo è infatti la tendenza a prendere gli elettroni. Esempio: 2 molecole di Na e 1 di Cl che formano 2 molecole di NaCl. 444 Il sodio si ossida perchè perde un elettrone, il cloro accetta l'elettrone, si riduce e si forma il cloruro di sodio. Possiamo scrivere queste due semireazioni: un elettrone semireazione di OSSIDAZIONE semireazione di RIDUZIONE Na/Cl è la coppia redox dove una specie cede gli elettroni e l'altra li accetta. 47 Nelle reazioni redox di importanza biologica abbiamo tre possibilità di scambio: vengono trasferiti solo elettroni (ad es. nella catena respiratoria) Il ferro può variare il suo stato di ossidazione passando dalla forma ridotta (Fe2+) a quella ossidata (Fe3+) cedendo elettroni o viceversa passando dalla forma ossidata (Fe3+) a quella ridotta (Fe2+) acquistando elettroni. vengono trasferiti elettroni e protoni (idrogeno molecolare, ad es. nel caso delle unita’ riducenti NAD e FAD che vedremo più avanti) vengono trasferiti atomi di ossigeno (ossidazione di una molecola perché si introducono atomi di ossigeno in quella molecola sottraendo comunque sempre elettroni alla molecola stessa). La catena respiratoria, come vedremo più avanti, è un susseguirsi di reazioni redox dove le proteine che la compongono si scambiano elettroni: tale passaggio di elettroni andrà a finire sull'ossigeno che accettando elettroni sarà ridotto ad acqua. 48 PROTEINE Un'importante classe di biomolecole è rappresentata dalle proteine. Le proteine sono dei lunghi polimeri le cui unità monomeriche sono costituite da aminoacidi. Ogni aminoacido è formato da un atomo di carbonio centrale, il carbonio α, che porta due gruppi funzionali che sono un gruppo carbossilico -COOH ed un gruppo aminico -NH2, un atomo di idrogeno ed un gruppo indicato con la lettera R (detto anche catena laterale) che è un residuo aminoacidico che è specifico per ciascun tipo di aminoacido e conferisce le proprietà tipiche dell'aminoacido stesso. Il nome aminoacido sta ad indicare la compresenza nella molecola di un gruppo acido (COOH) ed un gruppo amminico (NH2). In natura esistono 20 aminoacidi diversi. Tali aminoacidi si differenziano unicamente per il tipo di catena laterale. E' importante sapere se un aminoacido è polare perché ci saranno delle cariche parziali che andranno a formare delle interazioni elettrostatiche o se è un aminoacido non polare perché andranno a formarsi delle interazioni di van der Waals. Possiamo dividere gli aminoacidi in 5 gruppi, in base alle proprietà della catena laterale: 1. aminoacidi alifatici non polari, con catene laterali R costituite solo da atomi di C ed H. Come descritto nella parte di chimica generale, gli atomi di C ed H hanno valori di elettronegatività simili e questo fa sì che le molecole costituite solo da questi atomi siano molecole senza cariche parziali, e quindi apolari; 49 2. aminoacidi con catene laterali contenenti gruppi aromatici. Le molecole aromatiche sono molecole in cui atomi di C si legano tra loro mediante legami semplici e doppi a costituire un anello chiuso (anello aromatico con elettroni delocalizzati). Non vi e' differenza di elettronegatività tra gli atomi che compongono la molecola, che quindi e' apolare; 3. aminoacidi polari, non carichi, che hanno atomi carichi elettronegativamente nel residuo R e che formano solo parziali cariche positive o negative e non cariche vere (di solito atomi di ossigeno). La cisteina è un aminoacido contenente nel suo gruppo R uno zolfo che è un elemento molto elettronegativo, e quindi questo aminoacido è polare. Il gruppo -SH di questo aminoacido é particolarmente importante perché da’ origine a dei legami covalenti che stabilizzano le strutture delle proteine: i ponti disolfuro; 4. aminoacidi carichi positivamente, con una carica vera positiva in quanto le catene laterali contengono gruppi aminici, oltre a quello classico di tutti gli aminoacidi; 5. aminoacidi carichi negativamente, con una carica vera negativa in quanto le catene laterali contengono gruppi carbossilici, oltre a quello classico di tutti gli aminoacidi. 50 51 IL LEGAME PEPTIDICO Due aminoacidi si legano tra loro mediante la formazione di un legame peptidico. Il legame peptidico coinvolge il gruppo carbossilico di un aminoacido ed il gruppo NH3+ di un secondo aminoacido. La formazione del legame tra il gruppo COO- ed il gruppo NH3+ comporta la perdita di una molecola di acqua. Il prodotto della reazione è detto dipeptide. Il legame peptidico è un legame molto forte che orienta la molecola in una posizione ben precisa nello spazio. Gli altri gruppi di ciascun aminoacido si dispongono come illustrato nella figura seguente. I residui R si dispongono il più lontano possibile gli uni dagli altri, in modo da non creare un ingombro nella molecola. Quando solo pochi aminoacidi sono legati tra loro a costituire una catena aminoacidica si parla di oligopeptide, se la catena è lunga si parla di polipeptide. 52 L'ORGANIZZAZIONE DELLE PROTEINE NELLO SPAZIO La struttura delle proteine è importante per determinare la funzione delle proteine e viene definita in base ai livelli di complessità in struttura primaria, secondaria, terziaria e quaternaria. Le proteine sono dei lunghi polipeptidi. Ogni proteina è costituita da una lunga sequenza aminoacidica, il cui contenuto é diverso da proteina a proteina. Così come le lettere dell'alfabeto si combinano in modo diverso per creare parole diverse, gli aminoacidi si susseguono in modo diverso per formare differenti proteine. La sequenza aminoacidica di una proteina rappresenta la sua struttura primaria. Paragoniamo la sequenza aminoacidica ad un filo di perle, dove ciascuna perla rappresenta un aminoacido. Tale filo di perle assume, a seconda della sequenza aminoacidica, forme diverse. La disposizione nello spazio di perle vicine (i residui aminoacidici) rappresenta la struttura secondaria della proteina. Se invece consideriamo il filo di perle in tutta la sua lunghezza (l'intero polipeptide) guardiamo alla sua struttura terziaria. Se più fili di perle (più catene polipeptidiche) si organizzano a costituire una unica unità funzionale, questa associazione costituirà la struttura quaternaria. In sintesi: struttura primaria: rappresenta la sequenza aminoacidica lineare di una proteina struttura secondaria è l'organizzazione di varie regioni di una proteina struttura terziaria è la forma assunta dall'intera catena proteica 53 struttura quaternaria è la struttura globale assunta da una proteina costituita da più di una catena polipeptidica. Quando la proteina esiste in forma singola si parla di monomero, quando e' costituita dall'associazione di due catene si parla di dimero, mentre l'associazione di quattro catene viene definita tetramero. Un numero maggiore di catene definisce un oligomero. La struttura primaria determina le caratteristiche della proteina, in base alle caratteristiche dei residui aminoacidici che la compongono. Ad esempio una sequenza di aminoacidi apolari darà origine a una regione apolare della proteina, che in seguito alla sua idrofobicità tenderà a stare il più nascosta possibile dall'ambiente acquoso circostante. Le strutture secondarie più comuni sono quelle: 1) ad alfa elica 2) a foglietto beta 54 Ripiegamenti ad alfa elica e foglietto beta Il ripiegamento ad elica può essere descritto come un nastro avvolto su se stesso come una scala a chiocciola. Questa struttura viene stabilizzata dalla formazione di ponti idrogeno che si instaurano tra aminoacidi polari di una stessa catena polipeptidica. Il ripiegamento a foglietto beta ha invece una disposizione più piatta, come un foglio di carta ripiegato. Anche in questo caso ci sono ponti idrogeno che stabilizzano la struttura, ma si formano tra gruppi polari di diversi foglietti, cioè tra parti diverse della proteina, organizzate a foglietto, o anche tra zone a foglietto di diverse proteine. La struttura delle proteine è molto complicata ed è il prodotto di regioni con ripiegamenti diversi: ad elica (raffigurati come eliche), a foglietto (raffigurati come frecce) oppure misti. Le proteine infatti sono formate da diverse combinazioni di strutture secondarie In base alla forma che le proteine assumono, cioè la loro struttura terziaria, esse possono essere distinte in proteine fibrose e globulari. LE PROTEINE FIBROSE Le proteine fibrose sono proteine strutturali con una struttura a filamento. Ogni filamento è costituito da una catena polipeptidica ad alfa elica che si unisce ad altre alfa eliche a costituire un fascio di fibra. Questa struttura "fascio di fibra" viene stabilizzata dalla formazione di ponti idrogeno e ponti disolfuro. I ponti disolfuro sono legami covalenti che si formano tra il gruppo -SH di un aminoacido ed il gruppo -SH di un altro aminoacido. 55 Questo legame può coinvolgere gruppi -SH di aminoacidi appartenenti alla stessa catena polipeptidica, oppure ad un'altra catena. Nel primo caso viene stabilizzata una struttura terziaria, nel secondo caso viene stabilizzata una struttura quaternaria. Il numero dei ponti disolfuro influenza la rigidità della fibra. Sono proteine fibrose le cheratine, il collagene e la seta. LE CHERATINE Le cheratine sono i principali costituenti proteici di capelli ed unghie. La fibra di cheratine del capello si distingue da quella dell'unghia fondamentalmente per la rigidità: il capello è più flessibile dell'unghia. Questa differenza è dovuta al differente numero di ponti disolfuro, che legano parti della proteina e la rendono rigida: le cheratine delle unghie hanno un numero maggiore di ponti disolfuro rispetto alle cheratine dei capelli. I ponti disolfuro possono essere momentaneamente rotti e poi riformati. Ne risulta un cambiamento di forma della proteina che può essere semplicemente alternativo, ma non dannoso alla funzione della proteina stessa. 56 Un esempio a tutti noto, che si basa su questo fenomeno, e' il processo chimico di permanente ai capelli. Nel caso delle cheratine dei capelli la rottura dei ponti disolfuro può essere causata da agenti chimici, la fibra del capello poi viene sottoposta ad una azione meccanica che ne altera la forma (i bigodini) e in questa nuova condizione viene favorita, mediante l'azione di agenti chimici, la formazione di nuovi ponti disolfuro. Al termine del processo la fibra del capello avrà legami disolfuro diversi da quelli posseduti inizialmente e un nuova conformazione (il capello riccio!). Questo banale esempio mostra come l'ambiente possa influenzare la conformazione di una proteina. IL COLLAGENE Il collagene è il componente fondamentale di tutti i tessuti morbidi quale la cartilagine e lo si ritrova nella pelle, nei tendini, nelle ossa. Esso è costituito da tre catene peptidiche organizzate ad elica che si attorcigliano insieme cioè da tre catene alfa levogire superavvolte (non sono alfa eliche, girano a sinistra, si arrotolano al contrario e sono più tirate). La 57 struttura è molto resistente alla trazione meccanica, paragonabile ad un cavo di acciaio delle stesse dimensioni. Il collageno è presente in cartilagine, tendini, tra un osso e l'altro. E’ costituito dalla ripetizione continua di tre aminoacidi: glicina – prolina – idrossiprolina. Le tre catene sono legate le une alle altre da legami idrogeno. Ogni tripla elica si associa poi ad altre triple eliche. Questi legami stabilizzano la fibra del collagene. LA SETA La seta è una proteina fibrosa. Le catene polipeptidiche della fibra setosa sono lunghe catene polipeptidiche ripiegate a foglietto beta. Sono beta foglietti tenuti insieme da ponti idrogeno, e non da legami covanti, il che permette che possano scorrere uno sull'altro rendendo il tessuto della seta molto flessibile. Per poter scorrere, i foglietti beta devono essere molto vicini il che richiede la presenza di aminoacidi piccoli come la alanina e la glicina, ripetute piu' volte. 58 LE PROTEINE GLOBULARI Le proteine globulari hanno forme avvolte con una struttura che nel suo insieme ha un aspetto a gomitolo, un aspetto sferico. Appartengono a questa classe di proteine ad esempio gli enzimi, la mioglobina e le molecole deputate al trasporto. Se si analizzano singoli pezzetti della proteina si riscontrano ripiegamenti diversi, alfa eliche, foglietti beta e zone a ripiegamento misto. Questi singoli pezzetti, ripiegandosi gli uni sugli altri portano alla formazione di una struttura globulare dove all'esterno, verso cioè il mezzo acquoso in cui le proteine sono immerse, vengono esposti gli aminoacidi che vanno d'accordo con l'acqua cioè gli aminoacidi polari (azzurri). Gli aminoacidi idrofobici (gialli) invece vengono nascosti all'interno della proteina. Un esempio è la mioglobina. Viceversa, per le proteine che devono attraversare la membrana plasmatica, che si trovano ad essere in un ambiente idrofobico, gli aminoacidi saranno disposti esattamente al contrario e cioè con i residui polari all'interno e quelli idrofobici all'esterno della proteina. Un esempio è la porina. 59 Le proteine sono diverse nella loro composizione, ma anche nella loro dimensione. Vediamo degli esempi: 60 61 In sintesi: struttura primaria: rappresenta la sequenza aminoacidica lineare di una proteina struttura secondaria è l'organizzazione di varie regioni di una proteina struttura terziaria è la forma assunta dall'intera catena proteica struttura quaternaria è la struttura globale assunta da una proteina costituita da più di una catena polipeptidica. Quando la proteina esiste in forma singola si parla di monomero, quando e' costituita dall'associazione di due catene si parla di dimero, mentre l'associazione di quattro catene viene definita tetramero. STRUTTURA QUATERNARIA delle PROTEINE Descrive quanti monomeri ci sono nella proteina cioè se la proteina è presente come proteina in forma singola (monomeno) o più proteine insieme (dimero: due proteine; tetramero: quattro proteine; oligomero: molte proteine) per collaborare ad un'unica funzione. Ad esempio, l'emoglobina è formata dall'associazione di 4 monomeri, a due a due uguali. Le proteine sono molecole biologiche che svolgono ruoli funzionali e strutturali. 62 Parliamo di proteina in forma nativa quando la proteina è ripiegata correttamente e dove i ponti di solfuro mantengono la proteina in una certa forma. La funzione di una proteina è dipendente dalla sua forma. Parliamo di proteina in forma denaturata quando alterazioni nella sua forma a causa della rottura dei ponti disolfuro (dovuta a interventi chimici, variazione della temperatura e del pH) portano alla rottura della struttura tridimensionale (forma srotolata) causando la perdita della funzionalità. La proteina assume la sua struttura non appena esce dal ribosoma dopo essere stata sintetizzata. I tessuti non possono avere proteine non funzionanti perché esse precipitano sottoforma di aggregati proteici che portano alla morte della cellula. Diverse patologie sono dovute proprio al danno creato nel tessuto dai precipitati proteici. Sono maggiormente evidenti nel tessuto nervoso che non si puo’ rigenerare. As esempio: 63 Le AMILOIDOSI sono malattie genetiche neurodegenerative dovute al ripiegamento difettoso di proteine che si aggregano in fibrille insolubili e si accumulano nel neurone con conseguenze patologiche gravi. 64 Sono riportate qui altre MALATTIE CONFORMAZIONALI dovute ad un ripiegamento non corretto che fa precipitare le proteine in forma di fibrille e porta alla patologia neurodegenerativa (danno irreversibile). 65 Esempi di proteine: le IMMUNOGLOBULINE, gli anticorpi, con struttura tetramerica con due catene leggere e due catene pesanti legate insieme con ponti di solfuro nella caratteristica struttura a Y dove i bracci riconoscono e legano l'antigene; l'EMOGLOBINA, è una proteina globulare il cui compito principale è quello di trasportare l’ossigeno dai polmoni ai tessuti periferici. ⮚ L’emoglobina è la proteina più rappresentata nei globuli rossi. Essa permette di aumentare notevolmente la capacità di trasporto dell’ossigeno da parte del sangue, infatti il sangue ha 66 una capacità di trasporto dell’ossigeno (O2) molto bassa (3 ml/litro), mentre l’emoglobina permette il trasporto di 220 ml/litro. L’emoglobina è un tetramero, ciascuno dei quali possiede un gruppo eme per un totale quindi di 4 eme e può legare fino a 4 molecole di O2. Il gruppo eme è una molecola planare, piatta, con al centro 4 atomi di azoto che legano in Fe2+ che è quello che si occupa di legare l'ossigeno permettendone il trasporto. L’emoglobina ed il trasporto di O2 A livello dei polmoni la concentrazione di ossigeno, con una tensione di ossigeno prossima a 100 mmHg, è molto elevata e, quindi, l’emoglobina presente nei globuli rossi lega molte molecole di ossigeno. A livello dei tessuti la tensione di ossigeno è molto più bassa, pari a 30-40 mmHg, quindi l’emoglobina tende a cedere l’O2 che ha legato. Hb + O2 ↔ Hbox 1 Quindi la presenza di emoglobina ossigenata o non ossigenata dipende dalla tensione di ossigeno circostante: tanto maggiore è la tensione di ossigeno tanto maggiore sarà la quota di emoglobina ossigenata. L’emoglobina si comporta quindi come una spugna che lega l’ossigeno dove questo è abbondante e lo rilascia dove è scarso. 1 Con il simbolo Hbox si intende l’emoglobina in forma ossigenata. 67 Curva di saturazione dell’emoglobina Come abbiamo già detto, nella molecole di emoglobina sono presenti 4 gruppi eme; tuttavia l’emoglobina non lega sempre 4 molecole di ossigeno, ma può legarne un numero variabile da 0 a 4. La curva di saturazione dell’emoglobina (in rosso) indica qual è la percentuale di molecole di emoglobina legate all’ossigeno ad una determinata tensione di ossigeno. E' una curva sigmoide. In questa curva sono rappresentate, lungo l’asse delle Y la saturazione dell’emoglobina e lungo l’asse delle X la tensione di ossigeno in millimetri di mercurio (mmHg). La saturazione di ossigeno va da 0 (nessuna molecola di emoglobina è legata all’ossigeno) ad 1 (tutte le molecole di emoglobina sono legate all’ossigeno). L’asse delle X va invece da 0 a 120 mmHg di tensione parziale di ossigeno. 68 La tensione di ossigeno del sangue venoso di una persona adulta è di circa 30 mmHg (barra in azzurro), mentre nel sangue arterioso è di circa 100 mmHg (barra in marrone chiaro). Osservando la curva di saturazione dell'emoglobina dell’adulto HbA (curva in rosso), si può vedere che a livello dei polmoni, dove la tensione di ossigeno è superiore a 100 mmHg, l’emoglobina è quasi totalmente saturata (saturazione pari a 1), quindi tutte le molecole di Hb sono legate a 4 molecole di O2. A livello periferico, invece, il 50% dell’emoglobina risulta legato a O2 (saturazione pari a 0,5). Questo avviene perché a basse tensioni di ossigeno l’emoglobina perde affinità per l’ossigeno stesso. Questo fatto è alla base della notevole efficienza dell’emoglobina come trasportatore di ossigeno, infatti essa si lega facilmente all’ossigeno dove questo è abbondante (polmoni) e lo cede altrettanti facilmente dove questo manca (tessuti periferici come, ad esempio, il muscolo). Un'ulteriore conferma di quanto detto a riguardo delle notevoli doti di trasportatore di ossigeno dell’emoglobina, viene dall’analisi del comportamento della curva di saturazione della mioglobina (Mb, in violetto). La curva di saturazione dell'ossigeno della mioglobina non è una sigmoide. La mioglobina è una proteina deputata a mantenere le scorte di O2 nei tessuti, soprattutto in quelli che, come il muscolo, lavorano molto. L’ossigeno è infatti indispensabile per la produzione di una quantità di energia adeguata a permettere l’attività muscolare durante lo sforzo. La struttura della mioglobina è simile a quella dell’emoglobina, tuttavia le due proteine si differenziano poiché la mioglobina è un monomero mentre l’emoglobina è un tetramero. Questa differenza nella struttura quaternaria delle due proteine fa sì che la mioglobina sia una proteina di deposito mentre l’emoglobina è una proteina di trasporto. Inoltre questa differenza condiziona pure la quantità di molecole di ossigeno che queste due proteine sono in grado di legare. La mioglobina è, infatti, completamente saturata ad una tensione parziale di ossigeno di 40 mmHg, pari a quella che si ritrova nei tessuti periferici. Questa caratteristica ben si addice alla funzione di “serbatoio” di ossigeno della mioglobina, infatti essa rilascia l’ossigeno legato solo quando la tensione di O2 circostante è molto bassa, come avviene durante intensi sforzi fisici in cui l’apporto di O2 da parte della circolazione sanguigna risulta insufficiente. Visto che la principale differenza strutturale fra l’emoglobina e la mioglobina consiste nel fatto che la prima è un tetramero e la seconda è un monomero, pure i differenti comportamenti nei confronti dell’ossigeno derivano da questa differenza. 69 L’emoglobina fetale (HbF) Prima della nascita il feto possiede un tipo di emoglobina avente una composizione in aminoacidi lievemente diversa da quella dell’adulto. Questa emoglobina è chiamata emoglobina fetale. L’ossigeno arriva al feto trasportato dal sangue materno in cui la concentrazione di O2 è minore di quella presente nei polmoni dell'adulto. La curva di saturazione dell’emoglobina fetale (in verde nell’immagine sopra riportata) è spostata verso sinistra, cioè alla tensione di ossigeno periferica essa risulta saturata al 70%, cioe’ piu’ legata all’ossigeno rispetto alla HbA dell’adulto. Questa caratteristica fa sì che l’emoglobina fetale possa facilmente legare l’ossigeno alle basse tensioni presenti nell’ambiente di vita del feto, dove invece l’HbA della madre sta cedendo piu’ ossigeno. Appena prima della nascita e subito dopo questo evento l’emoglobina fetale viene gradualmente sostituita da emoglobina di tipo adulto più adatta a cedere l’ossigeno ai tessuti rispetto a quella fetale. Con questo esempio si è visto che piccole modifiche nella sequenza aminoacidica di una proteina (struttura primaria) possono provocare grosse differenze nella funzionalità della stessa. L’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno può essere modificata da variazioni della composizione chimica dell’ambiente che la circonda, ad esempio da variazioni della concentrazione di ioni idrogeno (pH) e di CO2. Queste modificazioni funzionali sono molto importanti per migliorare l’efficienza dell’emoglobina nel trasportare l’O2. Nei tessuti periferici, come ad esempio nel muscolo sottoposto a sforzo, si ha una notevole produzione di CO2 e di acido lattico (si vedrà successivamente da dove provengono queste due molecole). L’abbassamento di pH dovuto all’acido lattico e l’innalzamento della tensione di CO 2 spostano la curva di saturazione dell’emoglobina verso destra favorendo il rilascio dell’ossigeno nei tessuti che lavorano, infatti lo spostamento verso destra permette il distacco del 50% di ossigeno dall’emoglobina ad una tensione di O 2 maggiore di quella necessaria normalmente. Questa caratteristica permette all’ossigeno di essere ceduto più facilmente ai tessuti che lavorano maggiormente e che quindi necessitano di maggiori quantità di questa molecola per produrre energia grazie alle reazioni di ossidazione. 70 La struttura è fondamentale per una corretta funzione della proteina. Alterazioni alla struttura comportano non solo il mal funzionamento della proteina, ma anche danni ai tessuti. Nell'anemia falciforme, una malattia genetica, l’HbS presenta la sostituzione del glutammato con la valina sulle catene beta e porta all'insolubilità della forma deossigenata formando fibre che precipitano fino a distorcere la forma tondeggiante del globulo rosso facendo assumere una forma a falce. Nelle zone malariche c'è un aumento dell’allele HbS, perche’ il tratto in eterozigosi comporta un mal funzionamento dell’emoglobina ancora compatibile con la vita, ma in cambio protegge dall’infezione malarica. Percio’ gli individui eterozigoti sono sopravvissuti di piu’ e l’allele si e’ trasmesso. 71 72 METABOLISMO ENERGETICO Il metabolismo energetico è indispensabile alla sopravvivenza e all’attività della cellula e porta, attraverso vari processi ossidativi, alla formazione della moneta di scambio energetico della cellula, che è l’ATP. Il metabolismo è la somma di tutte le trasformazioni chimiche che avvengono in una cellula o in un organismo. Esso avviene attraverso una serie di reazioni catalizzate da enzimi che costituiscono le vie metaboliche. Il catabolismo è la fase degradativa del metabolismo in cui le molecole organiche dei nutrienti (carboidrati, lipidi e proteine) vengono convertite, mediante processi ossidativi, in prodotti finali più semplici (H2O= acqua, CO2= anidride carbonica, NH3= ammoniaca). Le vie cataboliche rilasciano energia, parte della quale viene conservata mediante la produzione di ATP (adenosina trifosfato) e di trasportatori di elettroni in forma ridotta (NADH, NADPH, FADH2). Nell'anabolismo, i precursori semplici vengono uniti tra loro per costruire molecole complesse più grandi come i polisaccaridi, i lipidi, le proteine e gli acidi nucleici. Le reazioni anaboliche hanno bisogno di un rifornimento di energia, in genere sotto forma di ATP e del potere riducente del cofattore NADPH. 73 Digestione di polimeri presenti nella dieta Tutti i polimeri presenti nella dieta (polisaccaridi, trigliceridi, proteine) devono essere digeriti prima di essere assorbiti nell’intestino. I polisaccaridi sono assunti per la maggior parte sotto forma di amido presente in gran quantità nei vegetali, soprattutto in alcuni di essi come le patate, ed in minor quantità sotto forma di glicogeno animale (i tipi di alimento animale più ricchi di glicogeno sono il fegato, il cuore e la carne di cavallo). Nell’intestino questi polisaccaridi sono digeriti, per opera di vari enzimi, a disaccaridi e successivamente a monosaccaridi, soprattutto glucosio, che vengono assorbiti. Nel nostro organismo i monosaccaridi sono utilizzati o per produrre dei polisaccaridi oppure subiscono un metabolismo di tipo ossidativo e vengono utilizzati per produrre ATP. 74 I principali lipidi assunti con la dieta sono i trigliceridi. Particolari enzimi, chiamati lipasi, che sono prodotti soprattutto nel pancreas distaccano una molecola di acido grasso alla volta dando origine dapprima ad un diacilglicerolo (glicerolo unito a 2 acidi grassi), successivamente ad un monoacilglicerolo (glicerolo unito ad un acido grasso) ed infine a glicerolo libero. Gli acidi grassi liberati vengono assorbiti dall’intestino e trasportati nel circolo ematico sotto forma di lipoproteine. Successivamente possono essere o utilizzati per sintetizzare dei lipidi strutturali (fosfolipidi o glicolipidi), o immagazzinati nelle cellule adipose oppure ossidati (β ossidazione) per produrre ATP. Le proteine provengono soprattutto dagli alimenti di origine animale. Esse sono digerite, ad opera di enzimi chiamati proteasi, e danno origine dapprima a proteine più piccole chiamate peptidi e successivamente ad aminoacidi liberi. Una volta assorbiti gli aminoacidi sono utilizzati o per sintetizzare nuove proteine oppure vengono ossidati lungo varie vie per produrre ATP. Con la dieta assumiamo anche le vitamine, da cui derivano molti cofattori enzimatici, e sali minerali, presenti ed utili in tutti i compartimenti e nei tessuti a concentrazione differente come riportato qui sottto. Riassumendo si può dire che le grosse molecole introdotte con la dieta vengono “spezzate” in molecole più piccole e, infine, ossidate per produrre energia che viene immagazzinata nell’ATP. 75 Vie di produzione energetica: il catabolismo ossidativo. La forma più pronta di energia viene fornita dai carboidrati, tuttavia la maggior parte dell’energia utilizzata dal nostro organismo proviene dai lipidi che però sono utilizzati solo in determinate circostanze. La regolazione dell’utilizzo degli uni piuttosto che degli altri è resa possibile da meccanismi di controllo che possono essere alterati in alcune patologie (diabete). Inoltre il nostro metabolismo è influenzato dalla dieta che deve essere bilanciata. Qualsiasi dieta necessita quindi di un corretto apporto di proteine, glicidi e lipidi. Il glucosio è degradato lungo una via chiamata glicolisi, che avviene nel citosol, e porta alla produzione di due molecole di piruvato e di ATP. Il piruvato viene successivamente trasformato in acetato ed entra nel ciclo dell’acido citrico che si svolge nel mitocondrio. Il ciclo dell’acido citrico produce dell’ATP e degli elettroni (e-) che sono indispensabili per far funzionare la catena respiratoria. Anche quest’ultima avviene nel mitocondrio, produce 76 un notevole numero di molecole di ATP e di H2O e richiede la presenza di O2. Il glucosio può quindi produrre l’ATP in tre tappe distinte: la glicolisi, il ciclo dell’acido citrico e la catena respiratoria. I lipidi vengono degradati lungo una diversa via: la β ossidazione. Essa fa sì che la lunga catena di carboni degli acidi grassi sia tagliata in molecole di acetato, con produzione di altre molecole che saranno poi utilizzate per produrre ATP. L’acetato entra poi nel ciclo dell’acido citrico e subisce il destino metabolico analogo a quello dell’acetato proveniente dalla glicolisi. La demolizione degli aminoacidi è più complicata di quella dei carboidrati e dei lipidi, infatti ogni aminoacido vedrà demolito il residuo R in maniera diversa. Tuttavia si avrà sempre la produzione di ATP in quanto i prodotti di tali degradazioni entreranno nel ciclo dell’acido citrico. Riassumendo, la degradazione ossidativa dei diversi substrati porta sempre alla produzione di ATP e di molecole che entrano a far parte del ciclo dell’acido citrico o ciclo di Krebs. Durante il ciclo dell'acido citrico vengono inoltre prodotti gli elettroni indispensabili al funzionamento della catena respiratoria, il processo maggiormente responsabile della produzione di ATP nelle nostre cellule. Nel catabolismo ossidativo i nutrienti vengono ossidati e gli elettroni sono trasferiti sulle unità riducenti NAD e FAD, che li trasferiscono alla catena respiratoria nel mitocondrio- 77 Il NAD (nicotinamide dinucleotide) e' un'importante unità riducente formato da due nucleotidi legati insieme dai gruppi fosforici e formati ciascuno da una base azotata, uno zucchero ed un gruppo fosforico. Una parte di questa molecola deriva dall'acido nicotinico o niacina (vitamina PP). Il gruppo funzionale responsabile delle proprietà ossidoriduttive della molecola e' quello cerchiato in arancione nella figura. Questo gruppo può acquistare o cedere un idrogeno e due elettroni sul suo anello. Se sull'anello saccaridico del NAD e' presente un gruppo fosoforico, la molecola prende il nome di NADP. Il NADP è un'importante unità riducente richiesta in molte reazioni di biosintesi. Il FAD (flavin adenin dinucleotide) e' un'altra importante unità riducente, e deriva dalla vitamina B2 (o riboflavina). Gli atomi di azoto presenti in posizione 1 e 5 dell'anello vitaminico che compone il FAD possono acquistare o cedere due idrogeni e due elettroni, prendendo parte a reazioni redox. IMPORTANTE: il trasferimento di elettroni e protoni. Questo meccanismo viene usato dalle principali unità riducenti prodotte nei vari cicli metabolici, il NAD e il FAD. Queste molecole si scambiano protoni ed elettroni sotto forma di H2 (2 protoni e due elettroni): NAD+ (forma ossidata) NADH + H+ (forma ridotta) il NAD+ carica 2e- e 1 H+ e diventa NADH + H+ FAD (forma ossidata) FADH2 (forma ridotta) il FAD carica 2e- e 2 H+ e diventa FADH2 Il NADH + H+ e il FADH2 costituiscono la forma ridotta della coppia redox, mentre NAD+ e FAD sono la forma ossidata. Durante i vari cicli metabolici che demoliscono il glucosio si producono unità riducenti, cioe' NADH + H+ e FADH2, che sono quindi molecole ricche di elettroni, e cederanno questi elettroni nella catena respiratoria. La molecola che più di tutte acquista elettroni e protoni e' l'ossigeno, che diventa acqua: 1/2 O2 + H2 H2O Questa e' l'ultima reazione che avviene nella catena respiratoria, cioe' l'accettore finale di tutti gli elettroni e protoni scambiati dalle altre coppie redox e' l'ossigeno. 78 ATP (adenosin trifosfato) L’ATP è formato dall’unione di uno zucchero (il ribosio), di una base azotata (l’adenina) e di tre fosfati. I tre fosfati sono chiamati fosfato α (il più vicino alla molecola di ribosio), β e γ. Vedi nota 2 a fondo pagina. La molecola che si origina dall’unione del ribosio all’adenina viene definita adenosina e il successivo legame di tre gruppi fosforici produce l’adenosin trifosfato (ATP). I legami β−γ e α−β sono detti legami anidridici e risultano molto energetici, infatti la loro formazione richiede una notevole quantità di energia e, al contrario, la loro rottura genera energia. L’energia prodotta nei cicli metabolici sopra descritti viene utilizzata per unire l’ADP ad un gruppo fosforico per formare ATP che è la moneta energetica della cellula. 2 In chimica organica le lettere greche (α,β,γ...) indicano la posizione degli atomi in una lunga catena. 79 Tale energia viene poi usata per svolgere diversi lavori che sono alla base della nostra esistenza: sintesi di molecole funzionamento di pompe cellulari (necessarie a mantenere i gradienti ionici) contrazione muscolare: la contrazione muscolare richiede sia la presenza di gradienti ionici sia l’utilizzo dell’ATP per l’accorciamento dei filamenti contrattili altri processi metabolici. I CARBOIDRATI Sono idrati del carbonio, poichè la loro formula grezza generale e’ [C(H2O)]n. Il glucosio (C6H12O6) è uno dei carboidrati principali e può esistere in due forme: la forma lineare in cui gli atomi di carbonio sono disposti a formare una catena ed una forma ciclica, che è la prevalente presente in natura, in cui alcuni atomi si uniscono ad altri atomi presenti lungo la catena portando alla ciclizzazione. In questo caso la formula di struttura risulta utile in quanto ci permette di capire se si parla di una molecola aperta oppure di una molecola ciclizzata. La rappresentazione tridimensionale tramite palline e bastoncini è ancora più utile per capire l’esatta disposizione nello spazio degli atomi costituenti la molecola di glucosio permettendo, ad esempio, di osservare se gli atomi che si legano all’anello sono disposti al di sotto o al di sopra del p

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