Anatomia e Fisiologia 1 PDF
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Il documento fornisce un'introduzione all'anatomia e alla fisiologia, con un focus sulla struttura e funzione del corpo umano. Copre le diverse direzioni anatomiche, regioni topografiche, e l'interazione del corpo con l'ambiente. Include una descrizione della struttura e delle funzioni dell'epidermide. Questo file include informazioni utili agli studenti del liceo per comprendere le basi dell'anatomia e della fisiologia.
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CAP 1 – INTRODUZIONE ANATOMIA→ studia organismo e suoi tessuti Anatomia normale sistematica: analizza conformazione, rapporti, struttura e sviluppo dei organi - Macroscopica: visibili ad occhio - Microscopica: microstrutture Anatomia topografica: studia organi in rapporto loro se...
CAP 1 – INTRODUZIONE ANATOMIA→ studia organismo e suoi tessuti Anatomia normale sistematica: analizza conformazione, rapporti, struttura e sviluppo dei organi - Macroscopica: visibili ad occhio - Microscopica: microstrutture Anatomia topografica: studia organi in rapporto loro sede, suddividendo il corpo in regioni, strati Anatomia patologica: studia le alterazioni patologiche macroscopiche e microscopiche degli organi Anatomia radiografica: si occupa della nomenclatura e dell’aspetto, in condizioni non patologiche, delle varie parti del corpo così come appaiono nelle radiografie. FISIOLOGIA → studia funzioni dell’organismo, organi e tessuti Direzioni anatomiche Animali domestici→ simmetria bilaterale semplice formata da intersezione di tre piani: - sagittale-mediano: sagittale divide il corpo in due metà speculari e simmetriche - dorsale: divide in due parti: dorsale (sopra) e ventrale (sotto) - trasversale: divide in due parti: craniale (davanti) e caudale (dietro) Terminologia - Mediano: sul piano sagittale mediano - Laterale: lontana dal PSM - Mediale: vicina al PSM - Dorsale: parti più vicine al polo dorsale dell’asse dorso-ventrale - Ventrale: parti più vicine al polo ventrale dell’asse dorso-ventrale - Volare: idem ventrale ma per gli arti - Palmare/plantare: parte sottostante zampa anteriore/posteriore - Prossimale: vicina al centro corpo - Distale: lontana centro corpo - Craniale (rostrale, orale): vicina a polo craniale dell’asse cefalo-caudale, rostrale si usa solo per le regioni della testa. - Caudale (aborale): vicina al polo caudale dell’asse cefalo-caudale - Orale: idem di craniale ma usato per parti della testa - Aborale: idem a caudale ma usato per parti della testa. Terminologia suffissi e prefissi Regioni topografiche Testa, collo, torace, regione dorsale, addome, bacino, arto anteriore, posteriore CAP 2 – INTERAZIONE CORPO AMBIENTE Sopravvivenza= armonico accordo tra funzioni vitali, condizioni ambiente in cui vive, interazioni con esseri viventi. Sistema nervoso tiene sotto controllo l’ambiente intorno da punto di vista chimico fisico e metavolico. È continuamente in contatto con ambiente esterno di cui tiene conto per elaborare comandi da inviare a distretti del corpo. Elementi essenziali per interagire→ recettori sensoriali a volte raggruppati in organi sensoriali a volte dispersi in organi o tessuti propriocettori. IL TEGUMENTO Obiettivi→ identificare strati, conoscere annessi cutanei Organo più esteso del corpo, costituisce il rivestimento esterno e a livello dell’orifizio si continua con mucose. Struttura: o EPIDERMIDE: epitelio pavimentoso stratificato corneificato duro o GIUNZIONE DERMO- EPIDERMIDE: membrana basale o DERMA: tessuto connettivo, collagene, fibre elastiche. Annessi cutanei: follicoli piliferi, ghiandole o SOTTOCUTE (o ipoderma): tessuto adiposo. EPIDERMIDE: epitelio (squamoso) pavimentoso stratificato corneificato duro. Si distinguono vari strati: 1. Strato basale o germinativo Strato più interno composto da unico strato di cellule che sono connesse alla membrana basale tramite emidesmosomi e processi interdigitali. Sono: progenitori cellule sovrastanti (moltiplicazione per mitosi); garantiscono l’ancoraggio dell’epidermide al derma. 2. Strato spinoso (1-2 strati in epidermide con peli, + di 20 in cute glabra) Le cellule sono di forma cubico/poliedrica schiacciate. Vi sono desmosomi: connessioni intercellulari e tonofilamenti: filamenti intracellulari che ancorano i desmosomi alla membrana. Intervengono per fenomeni di esfoliazione. 3. Strato granuloso (4-8 strati di cellule) Al loro interno vi sono granuli lamellari (fosfolipidi) e granuli cheratoialini (proteine fibrose). Rappresentano l’ULTIMO STRATO VIVO. 4. Strato lucido Presente SOLO dove l’epidermide è particolarmente spessa. Sono 2-3 strati di cellule molto piatte. Insieme allo strato corneo costituisce una barriera all’evaporazione cutanea. Solo le sostanze oleose, dopo sfregamento, possono superare questa barriera. 5. Strato corneo Strato più esterno composto da 10-20 strati di cellule sottili. Sono cellule morte, anucleari, squamose, piatte e ben coese tra loro in modo da evirare la perdita ed entrata di liquidi. Ciclicamente si staccano (desquamazione). È lo strato protettivo più esterno. Cellule che lo compongono: o Melanociti: Cellule chiare nello strato basale, dendritiche (con prolungamenti citoplasmatici) in rapporto di 1/10-20 con i cheratinociti. Colorazione dipende da numero e tipologia di vescicole di pigmento nell’epidermide e quantità di sangue che irrora la cute e quantità di emoglobina ematica. Producono granuli di pigmento (melanina) che vanno dal giallastro a nero e li trasferiscono ai cheratinociti adiacenti (con dendriti). I melanociti sono localizzati nell’epidermide in profondità e Colore cute dipende da melanina in termini di: quantità, localizzazione e tipo (eumelanina per nero/marrone; feomelanina per rosso/giallo) Il bianco è dovuto ad assenza di melanina. Albinismo condizione ereditaria in cui i melanociti non sintetizzano melanina a causa di assenza dell’enzima tirosinasi. o Cellule di Langerhans Cellule chiare nello strato basale, dendritiche (ramificate), macrofagiche. Intervengono in meccanismi di immunosorveglianza e nell’infiammazione. o Cheratociti Sono 4-5 strato do 0,01-0,1 mm di spessore. Rappresentano la maggior parte delle cellule dell’epidermide (circa 85%). Organizzate in strati identificabili anche secondo diversi strati di differenziazione. Formano una barriera quasi impenetrabile “muro di mattoni” (→ perché tenuto insieme da sostanza intracellulare). Le cellule dell’epidermide sintetizzano cheratina, proteina fibrosa accumulata nel citoplasma: man mano che le cheratizzazione procede, le cellule muoiono. Equilibrio dinamico dell’epidermide→ la velocità di proliferazione dello strato basale è uguale a quella di desquamazione del corneo. Ricambio circa ogni 20-30 gg. Vi sono processi patologici o fisiologici che influenzano l’attività. L’integrità dipende dall’idratazione delle cellule. Fattori nutrizionali nell’epidermogenesi -Vitamina A: differenziazione e maturazione dell’epitelio. Deficienze: ipercheratosi, ostruzione dei follicoli. -Zinco: cheratinizzazione. Deficienze: aumento proliferazione, disordini cheratinizzazione, infezioni batteriche -Rame: cheratizzazione. Deficienze: disturbi produzione lana in pecore. Carenze nutrizionali: scarsa qualità del pelo. Funzioni Barriera, prevenzione dalle perdite delle risorse interne (acqua, elettroliti, proteine, etc..), protezione ambiente esterno (raggi UV, antigeni, etc..) Permeabilità cutanea Benché sostanze, come quelle liposolubili, siano in grado di penetrare la cute, una sua funzione è mantenere le sostanze pericolose fuori dal corpo. Nei mammiferi e uccelli la permeabilità all’acqua dell’epidemie è bassa se comparata ad altri epiteli; questa scarsa permeabilità è dovuta agli strati corneo e granuloso. Oltre alla sintesi della cheratina che, essendo insolubile, impermeabilizza l’epidermide, i cheratinociti sintetizzando anche i lipidi contribuiscono a limitare tale permeabilità. Le secrezioni delle ghiandole sebacee contribuiscono alla resistenza all’acqua. Uccelli sono privi di ghiandole sebacee ma la loro epidermide produce più lipidi di quella dei mammiferi. TUTTAVIA è un’importante via di assorbimento di sostanze tossiche e farmaci. Composti tossici a base di piombo e mercurio e molti insetticidi possono essere assorbiti dalla cute in quantità sufficienti a determinare effetti sistemici. Anche principi presenti in unguenti per uso topico possono essere assorbiti a livello ematico. Cheratina Appartiene alla famiglia delle proteine intracellulari insolubili e stabili chiamate filamenti intermedi. Esistono molti tipi di cheratine prodotti dalle cellule nei vari strati dell’epidermide. Le unghie e peli contengono cheratina dura. La cheratina ha un alto contenuto di cistina, aminoacido solforato; i gruppi sulfidrilici formano legami tra le diverse molecole di cisteina, stabilizzando i filamenti e conferendo resistenza (dieta povera di aminoacidi solforati è associata a scarsa crescita di peli). La cheratina delle unghie, artigli, zoccoli è relativamente morbida e flessibile a contenuto di acqua normale, ma diventa fragile quando è disidratata. DERMA: tessuto connettivo denso e fibroso, collagene, fibre elastiche si trova tra epidermide e tessuto sottocutaneo. Annessi cutanei: follicoli piliferi, ghiandole. Al contrario dell’epidermide il derma è vascolarizzato, nutrienti raggiungono epidermide per diffusione dal derma. Strutturato: o Fibre: collagene, elastiche, reticolari. Di natura proteica prodotte da fibroblasti. Fasci di fibre collagene che corrono parallelamente alla superficie cutanea e sono interconnessi tra loro in una rete organizzata in modo tridimensionale ciò conferisce elevata resistenza alla trazione. Importante la direzione delle fibre in chirurgia per linee di fessurazione (linee di Langer) o Cellule: fibroblasti. Sono presenti altre cellule: macrofagi, linfociti T, mastcellule, cellule di Langerhans. o Gel interfibrillare: acqua, Sali, proteoglicani. Forma sostanza semisolida. o Tessuto connettivo fibroso denso Si può suddividere in due strati: 1. Strato papillare (papille dermiche): strato più sottile sottostante la membrana basale, composto da fasci di fibre collagene. Molto vascolarizzato e contiene molte terminazioni nervose. Papille servono ad adesione meccanica e aumento superficie di contatto per diffusione sostanze. 2. Derma reticolare: strato più spesso con fasci di fibre collagene. Difetti del derma Difetti congeniti fibra collagene, astenia cutanea (lassità elasticità), malattie metaboliche (no elasticità). Annessi cutanei ✓ Peli→ strutture cornee filiformi, elastiche, lunghe e sottili, prodotte da epidermide. - Follicolo pilifero Papilla dermica/Bubo pilifero: porzione basale presente l’epitelio germinativo e i melanociti Guaina esterna della radice: in continuità con epitelio superficiale Guaina interna della radice: guaina dermica ricca di vasi e nervi Funzioni: produzione, attacco e sostegno del fusto - Fusto del pelo Midollare: porzione centrale Corticale: strato più sottile della midollare Cuticola: strato più esterno costituito da cheratociti piatti Funzioni: termica, fisica, fotoprotettiva, comportamentale (muscolo erettore) CRESCITA del pelo Follicolo caratterizzato da attività ciclica con: 1. Fase di crescita (anagen) Interazione fisica tra papilla dermica e bulbo pilifero. In questa fase la papilla dermica è completamente invaginata. Si attua il completo sviluppo della guaina interna della radice ed è attiva la proliferazione delle cellule basali del bulbo pilifero. 2. Fase intermedi (catagen) La papilla dermica ed il bulbo piliferi iniziano a separarsi. Il follicolo pilifero è più corto, non molto approfondito nel derma. Rallentamento o arresto della proliferazione delle cellule basali. 3. Fase di riposo (telogen) Completa separazione/atrofia della papilla dermica dal bulbo pilifero. Perdita della guaina interna della radice. I peli cadono facilmente. Riprende la fase iniziale anagen in cui la papilla si ri-invagina nel bulbo pilifero. Ricomincia la crescita. La crescita è controllata da: ormoni, luce, temperatura, fattori nutrizionali. Generalmente ogni singolo follicolo è formato da: - Pelo principale (peli di guardia): centrale, rigido, presente su quasi tutta la superficie cutanea, protegge dalla pioggia, determina il colore ed è associato a ghiandole sebacee. Esiste un muscolo erettore del pelo fibre muscolari lisce, sotto controllo del sistema simpatico, adrenalina. Funzione: orripilazione, significato comportamentale. - Fino a 5 peli primari laterali: più flessibili, sono orientati diversamente dai peli secondari Funzione: difendere dal freddo. - Fino a 20 peli secondari: rappresentano il “sottopelo”, fini e soffici. Funzione: termoregolazione. ✓ Ghiandole: o sebacee o sudoripare o Ghiandole sebacee Sono ghiandole multilobate ed olocrine (accumulano secreto nel citoplasma della cellula e lo libera attraverso rottura della membrana). Sempre associate e connesse a follicoli piliferi, dotto si apre nell’infundibolo del follicolo. Esse secernono sebo che ha funzioni lubrificanti della superficie cutanea e del pelo. La secrezione è costituita da cellule morte e degenerate ed è una miscela di proteine e vari lipidi, quali trigliceridi, esteri del colesterolo e cere. Il sebo unge il pelo, lubrifica e forma strato oleoso che rallenta la perdita di acqua dalla superficie corporea inoltre inibisce la crescita di alcuni batteri. Il sebo esce dalle ghiandole durante la piloerezione in quanto la contrazione del muscolo attaccato al pelo spreme la ghiandola mediante una pressione esercitata sulla superficie esterna della cute. Nel gatto più numerose su labbra, faccia, mento, faccia dorsale della coda e scroto. Nelle pecore il secreto è detto lanonina o Ghiandole sudoripare apocrine→sudoripare modificate Sono ghiandole merocrine (secreto si forma previa esocitosi delle cellule secernenti che le compongono, versano il secreto all’esterno e la cellula rimane integra). Producono un secreto “odoroso” acido, si aprono nell’infundibolo del follicolo pilifero. Nel fatto sono più grandi su labbra, faccia, mento, faccia dorsale della coda e scroto. Funzione: formazione di film protettivo esterno e attività antimicrobica. o Ghiandole sudoripare eccrine Localizzate nelle zone glabre della cute. Il loro condotto sfocia sulla superficie cutanea. Sono regolate dalla adrenalina. Il secreto prodotto è acquoso con composizione simile al plasma. Mentre il secreto passa per il dotto escretore, la sua composizione si modifica a causa del riassorbimento di ioni (principalmente Na + e Cl - ) da qui dipende anche la velocità di sudorazione. Nel gatto presenti sui cuscinetti plantari. Film idrolipidico di superficie → emulsione sulla superficie cutanea costituita da sebo e sudore. Funzione: barriera chimica e contiene: - Transferrina: limita la proliferazione batterica - Acidi grassi liberi: prevengono la colonizzazione batterica. Il pH cutaneo fisiologico è 5,7-6,5. Vascolarizzazione della cute Cute è molto vascolarizzata ed è fondamentale per la termoregolazione. Si distinguono 3 plessi alimentati dalle arterie cutanee dirette che decorrono parallele alla cute nell’ipoderma. - Plesso superficiale (o papillare): nel derma - Plesso medio: nel derma - Plesso profondo (o sottocutaneo): nel tessuto areolare ed adiposo del sottocute a ridosso del derma L’innervazione della cute Zona molto innervata. Recettori sensoriali sono fondamentali per la percezione di info esterne e interne. SOTTOCUTE (o ipoderma) Profondo strato di tessuto fibroso lasso e tessuto adiposo. Notevole varietà tra specie e tra individui. Funzioni: barriera termica e protettiva, stoccaggio di sostanze nutritive ed energetiche, riserva energetica (trigliceridi del tessuto adiposo possono essere mobilizzati in caso di carenza alimentare). Negli zoccoli, dita ungulati, cuscinetti plantari il t. adiposo sottocutaneo è interposto a un intricato intreccio di fibre elastiche: struttura che funzione di assorbire gli urti meccanici. FUNZIONI DELLA CUTE - Barriera fisica: film lipidico idrofobico, fattori antimicroici (microflora batterica), iniizione delle perdite di acqua interne. - Barriera fotoprotettiva: la melanina protegge il DNA dalle radiazioni UV, dai radicali liberi e dal calore, il mantello pigmentato rappresenta un’ulteriore barriera. - Termoregolazione: il 75% del calore corporeo è dissipato attraverso la cute. - Barriera immunoprotettiva: cellule Langerhans: attività macrofagica; Cheratinociti: secrezione di immunomodulatori; SALT: cellule della memoria immunologia; rete capillare: rapida risposta infiammatoria. - Funzione di stoccaggio: energia, nutrienti, precursori della vitamina D, acqua (idratazione). - Funzione sensoriale: monitoraggio attraversi recettori nervosi, peli tattili (vibrisse). - Accumulo di grasso ed acqua. Lesioni cutanee - MACULA: chiazza circoscritta e piatta < 1cm con alterazione di colore - PAPULA: area rilevata circoscritta solida < 1cm di solito rosa/rosso - NODULO: area rilevata circoscritta solida > 1cm, strati più profondi della cute - PUSTOLA: area circoscritta piena di pus, intradermica o follicolare, colore giallo - POMFO: rilievo cutaneo circoscritto, appare e scompare in breve tempo, bianco/rosato - VESCICOLA: area cutanea circoscritta rilevata piena di liquido - CROSTA: accumulo essiccato (sangue, pus, cellule, peli) - ULCERA: soluzione di continuità dell’epidermide tale da lasciare posto al derma - COMEDONE: follicolo pilifero ostruito da cellule, sporco, grasso e frammenti - IPERCHERATOSI: aumento dello spessore dello strato corneo dell’epidermide Le UNGHIE, gli ZOCCOLI e gli UNGHIONI Nei carnivori prendono il nome di artigli e rappresentano estensioni cutanee molto sviluppate della terza falange di ogni dito (processo ungueale). Sono curve ed appiattite lateralmente. La parte esterna è costituita da cellule epidermiche pigmentate dure che formano una piastra attaccata al periostio dell’osso attraverso il derma (vascolarizzato). Funzione: proteggere osso sottostante, aiutare la locomozione, presa ed offesa. Il ciclo delle unghie del gatto non prevede consumo (come cane) ma sfaldamento. Inoltre quelle degli arti anteriori sono retrattili in posizione di riposo sono introflesse per azione di legamento elastico connesso alla falange distale. Negli equini lo zoccolo avvolge come scatola cornea la terza falange e serve per l’appoggio. Ha forma di tronco di cono e la parte superiore si continua con la pelle. Si suddivide in 4 parti: - la parete: parte visibile quando poggia sul terreno. In essa si distinguono la punta, la mammella, i quarti, il tallone, la barra. Essa è formata da tre strati: strato sottile esterno, strato intermedio, strato più interno lamellare. - la suola: costituisce la parte anteriore e laterale della superficie plantare dello zoccolo, presenta una parte anteriore (corpo) e due rami posteriori; - il fettone: è un cuneo, piramidale sulla superficie plantare, tra i rami della suola, le barre e i talloni; - la benda perioplica: è una sottile lamina cornea che avvolge ad anello la parte prossimale della parete. L’organo cheratogeno costituisce la matrice dello zoccolo e comprende: cornice perioplico (produce barriera perioplica), cornice coronario (produce strato superficiale e medio della parete), tessuto podofilloso (produce strati profondi della parete), tessuto podovilloso (produce la suola e il fettone). Le penne sono tra le strutture più complesse. La porzione esterna della penna del volo mostra un fusto cilindrico centrale (calamo e più distalmente il rachide) che si estende fino alla punta della penna ed è ancorato nel derma alla base del suo follicolo. Il vessillo è la porzione piana della penna e si estende ai due lati del rachide ed è costituito da numerose barbe vicine tra loro che dipartono dal rachide con angolo di 45°. Una barba porta molteplici barbule, piccole estensioni astiformi: su un lato sono fini e morbide, sull’altro presentano piccoli uncini, simili a gancetti. Le barbule si agganciano sui due lati alle barbule delle altre barbe per formare un vessillo solido e coeso. Nel le piume non vi sono gancetti quindi l’aspetto è più morbido. Superficie corporea Animali di piccole dimensioni hanno superficie cutanea maggiore per unità di massa corporea rispetto a quelli più grandi. La superfice corporea (A) di numerose specie aviarie e di mammifero può essere calcolata mediante equazione: A = k x massa corporea0,67 con k costante equivalente a 0,11 se l’area è espressa in m2 e la massa corporea in kg. La TERMOREGOLAZIONE Animali producono calore attraverso i processi metabolici ma alcuni, gli omeotermici, sono in grado di regolare la velocità con cui il proprio calore può essere prodotto e disperso mantenendola entro limiti molto stretti. Gli uccelli per es. sono omeotermici ma anche endotermici produzione interna di calore; i pesci, rettili, anfibi in cui il contenuto di calore proviene soprattutto da fonti esterne sono chiamati ectotermici. Molti animali ectotermici sono anche pecilotermici cioè hanno temperatura corporea che varia in funzione dell’ambientale. Il set point, o punto di taratura, rappresenta lo stretto intervallo cui deve essere mantenuta la temperatura fisiologica corporea. La variazione stimola l’organismo ad attivare meccanismi fisiologici per riportare la temperatura a valori normali. Se la temperatura ambientale scende quella corporea in prima fase diminuisce ma subito reagisce e l’organismo tenta di riportarla a valori fisiologici attraverso: riduzione della sudorazione, vasocostrizione cutanea, brividi, etc… Esiste un centro della termoregolazione localizzato nella regione preottica dell’ipotalamo anteriore dove sono presenti recettori termostatici sensibili alla temperatura del sangue che irrora l’ipotalamo. L’ipotalamo caudale è invece sensibile agli altri segnali afferenti da tutti l’organismo (cute, visceri, SNC). Nel cane il primo centro compensatorio della termoregolazione è il centro della polipnea anatomicamente localizzato nel ponte (del sistema nervoso). La febbre è innalzamento di temperatura che si verifica durante molte malattie, non dipende dal malfunzionamento del sistema di termoregolazione ma da una modificazione del valore di set point che obbliga il sistema termoregolatore ad innalzare la temperatura corporea. La termoregolazione è dunque l’equilibrio tra la produzione di calore attraverso tre meccanismi: - metabolismo basale - attività muscolare (brividi) - metabolismo dei principi nutritivi (ossidazione). e la dissipazione di calore attraverso quattro meccanismi: - evaporazione - irraggiamento (radiazione) - conduzione - convezione Nell’uomo la dissipazione di calore avviene tramite evaporazione di sudore e la radiazione di onde di calore infrarosse. Nel cane avviene attraverso evaporazione, la radiazione e convezione. o Evaporazione (passaggio acqua da stato liquido a gassoso comporta consumo di calore) attraverso: Polipnea ovvero aumento frequenza degli atti respiratori al minuto, il cane fa evaporare saliva ma anche i turbinati nasali offrono un’ampia superficie per l’evaporazione di acqua dalle mucose umide. Ricordare che la polipnea comporta attività muscolare e quindi produzione di calore. Nel gatto la polipnea è inutilizzata viceversa utilizzano l’evaporazione della saliva acquosa che loro stessi distribuiscono sul mantello, leccandosi. o Radiazione (irraggiamento): l’energia termica è trasferita dal corpo all’ambiente sotto forma di radiazione elettromagnetica. Organismo più caldo dell’ambiente emette più energia di quanto ne assorbe quindi perde calore e viceversa. o Convezione: in questo caso il calore viene dissipato dalla cute (più calda) verso l’aria fredda adiacente la cute. Il trasferimento di calore è quindi tramite aria o acqua. o Conduzione: trasferimento di energia termica tra oggetti in diretto contatto. Cute a contatto con pavimento o superfici fredde, > cute a contatto > conduzione del materiale = > calore disperso. Nella conduzione l’energia termica viene trasferita direttamente tra gli atomi, ioni e molecole quando si scontrano: i movimenti termici delle particelle, quindi la loro energia cinetica, aumentano con l’aumento della temperatura. Quando due oggetti con temperature diverse sono in contatto l’oggetto più caldo perde parte dell’energia termica e il freddo ne guadagna la stessa quantità. Questo meccanismo di raffreddamento è favorito da risposte cardiovascolari dell’organismo a temperature elevate cioè: Vasodilatazione periferica: i vasi sanguigni delle regioni periferiche si dilatano Aumento della gittata cardiaca che incrementa la circolazione cutanea = maggiore perdita di calore per conduzione. La lingua del cane è particolare e contribuisce alla termoregolazione - Anastomosi arterovenose (collegamenti diretti tra arteriole e venule bypassando il letto dei capillari): se la temperatura sale queste anastomosi si chiudono, il letto capillare sarà più irrorato facilitando la dissipazione di calore. - Superficie della lingua: la polipnea è un meccanismo che sfrutta la dissipazione di calore attraverso evaporazione superficie della lingua e quindi della rete capillare. - Stimolazioni ipotalamiche: stimolazioni calorifiche dell’ipotalami determinano dilatazione delle arterie linguali, aumento frequenza cardiaca, diminuzione delle resistenze al flusso di sangue arterioso linguale. Il colpo di calore→ temperatura maggiore di 41° Incapacità dell’organismo di mantenere normale equilibrio della termoregolazione attraverso processi di raffreddamento e dissipazione termica. Fattori: - Alte temperature ambiente - Elevati valori di umidità ambientale - Scarsa ventilazione ambientale - Confinamento in ambienti chiusi - Malattie, obesità, etc.. Può coinvolgere vari organi: encefalo, cuore, polmoni, tratto gastroenterico, fegato, reni. Complicazioni saranno: - Polipnea, tachicardia - Nefropatia oligurica (sofferenza reni scarsa urina) - Disturbi dell’equilibrio acido-base - Alterazioni della coagulazione sangue (emorragie petecchiali) - Collasso cardiovascolare - Sindromi neurologiche (perdita equilibrio, cecità, convulsioni) - Mucose secche - Tempo riempimento capillare non rilevabile (pressione su gengive) Cosa fare - Spostarlo dal calore all’ombra e bagnarlo (se cosciente dare da bere) - Ventilatore o bocchetta d’aria (non diretta) - Misurare la temperatura rettale (= o > 40° colpo di calore) - Strofinare con alcool le zone senza pelo e massaggiare - Ghiaccio istantaneo sotto ascelle o su nuca (30/40” e togliere) - Riprovare la temperatura (se scesa tipo 39,5° interrompere e portare in ps, continuerà a scendere da sola NO - Acqua ghiacciata o fare bagno - Bagnare cane in testa (usa ghiaccio) - No farmaci - No in macchina calda (PRIMA VA RAFFREDDATO) L’APPARATO LOCOMOTORE Garantire sostegno e movimento all’animale. Si suddivide in: - Apparato scheletrico - Apparato muscolare ❖ L’APPARATO SCEHELETRICO Obiettivi→ familiarità forma ossa, nome ossa principali. Apparato scheletrico è costituito da ossa e articolazioni che insieme formano lo scheletro, cioè la struttura rigida dell’intero organismo in grado di sostenere il peso. Funzioni ossa: - Sostegno e formazione corpo - Protezione di organi importanti e anche del midollo in cui avviene l’emopoiesi (produzione cellule del sangue) - Movimento: molte ossa si comportano come leve, quando un muscolo agisce su una di queste ne determina lo spostamento. La locomozione è il risultato dell’azione coordinata dei muscoli sulle ossa degli arti. Le inserzioni muscolari rappresentano le zone in cui i muscoli si uniscono attraverso le loro estremità a un osso. - Articolazioni: le ossa tra loro contribuiscono a formare le articolazioni e per alcuni di esse è possibile un notevole movimento - Intervengono nell’omeostasi minerale (calcio, fosforo, magnesio) ▪ OSSA Organi duri, bianco, giallastri, molto resistenti costituiti soprattutto da tessuto osseo e completati da altre parti di minore consistenza quali: cartilagini articolari, periostio (membrana fibrosa che avvolge l’osso), endostio (sottile tessuto connettivo, tappezza le intercapedini ossee), midollo osseo, vasi e nervi. Classificazione in rapporto alla forma e architettura: o Ossa lunghe come femore, tibia, omero, etc.. hanno forma cilindrica ed allungata e si distinguono: Diafisi (o corpo): parte centrale, tubulare, osso compatto, che va a costituire la cavità midollare che contiene il midollo osseo Epifisi: due estremità dell’osso, costituite da osso spugnoso rivestito esternamente da compatto. o Ossa piatte: generalmente dove devono venir protetti gli organi interni quindi sterno, costole, bacino. Sono di scarso spessore, due lamine che delimitano una parte centrale (diploe). Spesso ancoraggio per muscoli. o Ossa corte: nessuna dimensione prevale, sono ossa irregolari. Un rivestimento di osso compatto delimita una parte centrale di osso spugnoso. Ne sono es. le vertebre, ossa carpali, etc.. o Ossa sesamoidee: piccole ossa che si formano nel contesto dei tendini, legamenti o capsula articolare. Possono fungere da protezione dei tendini e migliorarne la funzionalità. o Ossa papiracee: sottili lamine (es. conche nasali). o Ossa pneumatiche: hanno una cavità piena d’aria (uccelli). PERIOSTIO → È una membrana connettiva fibrosa che ricopre la superficie esterna delle ossa, ad eccezione delle zone ricoperte dalle cartilagini articolari o inserzioni tendinee. Si continua nelle articolazioni per formare la capsula articolare, la cui superficie interna è in grado di secernere il liquido sinoviale. Possiede proprietà ontogenetiche, cioè genera tessuto osseo. Formata da strato osteogenico cellulare interno che poggia su osso e produce t. osseo, contiene cellule progenitrici (crescita osso per apposizione) e lo strato fibroso protettivo esterno che è t. connettivo denso irregolare con fibre elastiche. ENDOSTIO → Riveste le superfici interne delle ossa (es. cavità midollare ossa lunghe). Funzioni simili al periostio. Composto da un singolo strato di cellule piatte che si differenziano in: cellule addette a formare l’osso (osteoblasti) cellule per il riassorbimento dell’osso (osteoclasti). Anche esso ha potenziale osteogenico ovvio che vi devono essere le condizioni: disponibilità cellule mesenchimali e proliferazione osteoblasti. MIDOLLO OSSEO →Tessuto molle che occupa cavità midollare delle ossa lunghe e gli spazi delle trabecole delle ossa spugnose. SI riconosce: - Midollo rosso: funzioni emopoietiche (rinnovamento globuli rossi, bianchi e piastrine) oltre che produzione delle cellule che costituiscono il t. osseo stesso (osteoblasti, osteociti e osteoclasti). Nell’animale giovane diffuso in tutte le ossa, nell’adulto solo vertebre, coste, sterno, ossa craniche. - Midollo giallo: t. adiposo che sostituisce nell’adulto il midollo emopoietico. VASI e NERVI → Vasi provvedono al nutrimento del t. osseo, ricordiamo che è un t. vivo che va incontro a rimaneggiamenti durante la vita dell’animale. Le arterie nutritizie entrano nella cavità midollare e nelle trabecole ossee. I nervi si distribuiscono al periostio, al midollo osseo e alle pareti dei vasi. L’osso spugnoso non contiene vasi ma è irrorato per diffusione dal midollo osseo. ▪ ARTICOLAZIONI Sono dispositivi anatomici che servono a collegare le ossa tra loro. Vengono classificate in base al grado di mobilità tra le ossa coinvolte, al movimento che le ossa possono effettuare, e in base al t. che si interpone tra le ossa e l’articolazione stessa. Tre categorie: o Sinartrosi o articolazioni fisse Il collegamento tra ossa avviene mediante t. interposto. Sindesmosi: si interpone t. connettivo fibroso (es. ossa piatte del cranio -suture-) Sinelastosi: si interpone t. connettivo elastico (es. archi vertebrali) Sincondrosi: si interpone cartilagine ialina (es. sternebre) Sinfisi: si interpone cartilagine ialina (esterno) e fibra (interno) (es. sinfisi ischio pubica o mandibolare) Sinostosi: fusione ossa adiacenti (es. ossa del coxale) Sinsarcosi: unione avviene solo mediante muscoli (es. tra scheletro assiale e appendicolare) o Diartrosi o articolazioni mobili I segmenti articolari sono in contatto tra loro mediante superfici articolari, chiamate articolazioni sinoviali. Separate da fluido contenuto in cavità articolare. Consentono movimenti ampi con poco attrito tra le ossa. Le superfici articolari sono rivestite da una lamina di cartilagine ialina, liscia adatta a minimizzare l’attrito durante il movimento e dunque i traumi dell’osso subcondrale sottostante. Questa cartilagine è priva di vasi sanguigni per cui il suo nutrimento è garantito dal liquido sinoviale. La composizione della cartilagine comprende i condrociti (10%) immersi in una matrice da loro stessi generata (90%) contenente collagene, proteine non collagene, proteoglicani (acido ialuronico, cheratina solfato, etc..). L’unione dei capi articolari avviene per mezzo di una capsula articolare -costituita da membrana esterna fibrosa e una interna sinoviale- che delimita una cavità chiusa la cavità articolare -contiene liquido sinoviale, un dialisato plasmatico, derivante dalla vascolarizzazione delle membrane sinoviali. Questo fluido trasparente, vischioso, filane (97% acqua, 1% proteine, 0,5% mucina, 0,6% NaCl) possiede un’azione lubrificante e nutritizia-. Vi sono diverse classificazioni. In base a ossa coinvolte può essere semplice (2 ossa) o complessa (+ di 2 ossa); in base alla possibilità di movimento può essere uniassiale, biassiale, multiassiale e con proprio asse di movimento. Ma anche in base a forma e funzione in: - Sferoidale - A cerniera - A scorrimento (Enartrosi: forma a sfera una concava una cava es. coxo femorale Condilartrosi: forma elllissoidale es. articolazione temporo-mandibolare Pedartrosi: articolazione a sella es. articolazione radio-carpica Finflimo: le ue superfici sono cilindriche es. articolazione tibio astragalica o atlanto-epistrofea Artrodia: le superfici sono piane es. articolazione carpo-matcarpica. In alcuni casi interposto t. fibro- cartilagineo (menischi: art. femoro-tibiale, dischi interarticolari: art intervertebrali). I legamenti sono banderelle di t. connettivo fibroso che collegano capi articolari. Di solito si trova in corrispondenza di una capsula articolare, internamente, esternamente o in sostituzione ad essa. Il legamento è unito a due o più capi articolari determinandone l’entità dei movimenti reciproci. Non vanno confusi con i tendini, i quali sono strutture fibrose appiattite o cilindriche che da un capo si uniscono all’epimisio di un muscolo e dall’altro sulle guaine di un segmento osseo o cartilagineo. o Anfiartrosi o articolazioni semimobili Dette anche cartilaginee come la colonna vertebrale. Le ossa sono collegate da cartilagine che permette qualche movimento, come le fibrose (t. connettivo unisce ossa, movimento limitato/nullo, ossa del cranio) non presentano capsula articolare. Es. sono le sinfisi che dormano le giunture delle vertebre, tra le vertebre vi sono dischi intervertebrali, la cui porzione esterna è formata da un anello di cartilagine fibroso, mentre nel nucleo è costituito da tessuto più soffice; ciò permette un certo movimento tra le vertebre e ammortizzazione. MOVIMENTI - Flessione: angolo articolare tra due ossa si riduce - Estensione: angolo articolare tra due ossa si amplia - Scivolamento: la superficie articolare di un osso scivola sull’altro - Pronazione: superficie palmare/plantare del piede ruota verso l’alto - Supinazione: superficie palmare/plantare del piede ruota verso il basso - Adduzione: l’arto si muove verso il piano sagittale mediano - Abduzione: l’arto si allontana dal piano sagittale mediano - Protrazione: l’arto è mosso in direzione craniale - Retrazione: l’arto è mosso in direzione caudale - Circonduzione: movimento circolare intorno a un asse TERMINI in osteologia Condilo: superficie articolare convessa di sezione ellittica nell’epifisi di un osso, spesso coperto da cartilagine in quanto realizza diartrosi (osso entra in articolazione) Cresta: margine o linea che decorre spesso in modo lineare lungo la superficie di un osso (es. tibiale) Epicondilo: protuberanza ossea adiacente un condilo che dà attacco a tendini o muscoli (es mediale e laterale del femore) Forame: piccola apertura in osso che funge da passaggio per vasi o nervi (es foro occipitale) Solco: lunga e stretta depressione in un osso su cui decorrono vasi, nervi, tendini Processo: protuberanza ossea che dà attacco alle inserzioni tendino muscolari Seno: cavità all’interno di un osso (es. frontale) Spina: sottile ed appuntita prominenza ossea (es. scapolare) Trocantere: larga sporgenza ossea che dà attacco a muscoli (grande trocantere del femore) Troclea: struttura ossea a forma di puleggia (scanso) che contribuisce alla formazione di articolazione (troclea femorale) Tubercolo: piccola ed arrotondata prominenza ossea che dà attacco ai muscoli Tuberosità: piccola prominenza ossea irregolare che do attacca a tendini o muscoli (es. tuberosità ischiatica) SUDDIVISIONE SCHELETRO Cane circa 300 ossa, gatto 280. - ASSIALE: cranio, colonna vertebrale, coste, sterno - APPENDICOLARE: arti toracici, cintura toracica (scapola), arti pelvici, cintura pelvica (coxale) LO SCHELETRO ASSIALE CRANIO Funzioni: - Protezione encefalo - Fornire inserzioni muscoli masticatori, della deglutizione e fonazione, espressioni facciali, denti Parte più complessa ed è distinto in: - Neurocranio o cranio cerebrale (contiene l’encefalo→ cavità cranica) ne fanno parte: occipitale (impari) grande foro occipitale, sfenoide (impari) porzione anteriore e posteriore ciascuna delle due parti con corpo centrale ed ali etmoide (impari) collocato in profondità tra le orbite interparietale (impari) tra peritale e occipitale frontale (par) tra osso parietale e nasale, parietale (pari) tra occipitale e frontale temporale (pari) continua poi direzione laterale e rostrale nel processo zigomatico e si salda con processo temporale dell’osso zigomatico formando arcata zigomatica; nella parte caudale continua con il processo occipitale e ventralmente processo retrotimpanico. - Splacnocranio o cranio viscerale (sostiene e protegge le parti viscerali del cranio) ne fanno parte: mascellare (impari), incisivo (pari), palatino (pari), pterigoideo (pari), zigomatico (pari), nasale (pari), lacrimale (pari), conca nasale dorsale e ventrale (pari), vomere (impari), mandibola (pari), apparato ioideo. Forma dipende da razza, età, sesso. Per cane si distinguono in o Brachicefali: naso corto e schiacciato con brevi cavità nasali, palato duro e mascella. Larghezza testa > della metà della lunghezza della testa (boxer) o Mesocefali: lunghezza media della testa, larghezza = metà lunghezza della testa (beagle, pastore t) o Dolicocefali: lunghe cavità nasali. Larghezza testa < della metà lunghezza testa (levrieri) In alcune razze vi è variazione della lunghezza della mascella rispetto alla mandibola. In tal senso→ brachignatismo mascellare, mandibola sopravanza in lunghezza la mascella. Ossa craniche: o Sono unite tra loro attraverso articolazioni fibrose (suture) la cui mobilità è ridottissima, con eccezione dell’art. temporo- mandibolare (ampi movimenti in apertura e chiusura della mandibola rispetto a mascella). Mandibola è un osso piatto le cui due pozioni destra e sinistra si uniscono sul piano mediano formando la sinfisi mandibolare. Di ciascuna mandibola vi è una parte orizzontale (corpo della mandibola) e una verticale (ramo o branca della mandibola). o Le cavità nasali sono le due concavità più o meno allungate a seconda delle razze, formate da varie ossa craniche: osso incisivo, osso mascellare, osso nasare (tetto) e osso palatino (pavimento). Le due cavità nasali sono separate da un setto cartilagineo, il setto nasale, da cui si dipartono delle delicate lamine ossee (ossa papiracee). o L’apparato ioideo è insieme di piccole ossa sospese a partire dall’osso temporale. o Il foro occipitale (foramen magnum) è il più grande apertura a livello dell’osso occipitale che permette il passaggio del midollo spinale dalla scatola cranica al canale midollare delle vertebre. ARTICLAZIONI CRANICHE o Ossa neurocranio e spancnocranio sono convesse e unite da sinartrosi (art. prive di cavità articolare ma vi è continuità anatomica tramite tessuto). o Spancnocranio vi sono 3 articolazioni: art intermandibolare (connette i corpi mandibolari dei due lati), art. temporo-mandibolare (movimenti sollevamento, abbassamento e laterale), art. temporo- ioidea (giuntura tra apparato sospensore dello ioide e base cranica). COLONNA VERTEBRALE Funzioni: - Proteggere il midollo spinale - Fornire supporto flessibile ma robusto per il corpo dell’animale - Fornire attacco alle coste ed alcuni muscoli. La colonna è costituita da una serie di ossa brevi, disposte sul piano mediano (le vertebre) che si distribuiscono dalla testa fino alla coda. Viene divisa in regioni: - Cervicale – mobilità ampia in tutte le direzioni - Toracica – mobilità limitata - Lombare – mobilità + ampia - Sacrale – mobilità nulla - Coccigea – mobilità ampia in tutte le direzioni Le vertebre sono formate: o Corpo cilindrico presenta una superficie craniale convessa ed una caudale concava. È separato dai corpo delle altre vertebre dal disco intervertebrale, costituito da cartilagine, con funzione di assorbire gli urti tra vertebre stesse e garantendo la flessibilità. I dischi sono formati da due parti: una sostanza di consistenza gelatinosa centrale (nucleo polposo) e una parte periferica di fibre collagene a strati concentrici (anello fibroso). La calcificazione del nucleo polposo e successiva “espulsione” distale, sono all’origine di compressioni sul midollo spinale che si manifestano con dolore e deficit neurologici (ernia del disco). o Arco vertebrale: rappresenta la porzione ossea a forma di arco che si estende sopra il corpo vertebrale per formare un forame in cui decorre il midollo spinale. o Canale vertebrale: si forma dall’unione di tutte le vertebre cervicali, toraciche, lombari e sacrali. In esso decorre il midollo spinale che origina dal tronco encefalico e termina con delle fibre nervose. I nervi spinali lasciano il midollo spinale attraverso dei fori intervertebrali. Sul pavimento del canale vertebrale decorre un lungo legamento longitudinale. o Processo spinoso: è una prominenza ossea, impari, che si estende sul piano mediano a partire dall’arco vertebrale. La lunghezza e direzione varia dal tipo di vertebra. Esistono legamenti che tengono uniti i processi spinosi delle vertebre, più importante è il legamento sovraspinoso (fascio tessuto connettivo fibroso che origina dalla protuberanza occipitale esterna dell’osso occipitale e decorre lungo la sommità dei processi spinsi fino alla regione coccigea) o Processo trasverso: è una prominenza ossea, pari, che si sviluppa lateralmente, la cui estensione varia in base al tipo di vertebra. ARTICLAZIONI RACHIDE e TORACE o Art. rachide – art. atlante occipitale, atlantoepistrofica, intervertebrale o Art. torace – art. costovertebrali, costotrasversarie, costocondrali, condrosternali, intercondrali. LEGAMENTI RACHIDE o Leg. Interarcuali: su spazi interarcuali sotto forma di lamine elastiche o Leg. Interspinosi: tra i processi spinosi di due vertebre o Leg Intertrasversali: tra processi trasversi di due vertebre o Leg. Longitudinale dorsale: adagiato sul pavimento del canale rachidiano, sulla superficie dorsale dei corpi vertebrali o Leg. Longitudinale ventrale: ben sviluppato dall’8° vertebra toracica fino a osso sacro, inserendosi sulla cresta ventrale. o Leg. Sopraspinosos: estende per tutta l’estensione del rachide ad eccezione del tratto cervicale e si inserisce sulla sommità dei processi spinosi. o Leg. Nucale dalla 1° vertebra toracica dell’occipitale o all’epistrofeo a seconda della specie. COSTE Funzioni: - Formare parete toracica - Proteggere i visceri della cavità toracica - Prendere parte a movimenti meccanici di respirazione Sono lunghe ossa piatte, pari. Prime 7-9 coste articolano dorsalmente con le vertebre e ventralmente con lo sterno (coste sternali) tramite porzione cartilaginea distale (= coste vere), le successive, caudali, si collegano con lo sterno indirettamente attraverso l’arco cartilagineo (coste asternali = coste spurie). Le ultime (13°) sono coste fluttuanti si articolano solo dorsalmente e non sono collegate a sterno. L’articolazione tra costa e cartilagine costale prende il nome di giunzione costocondrale. Esistono in tutto 13 paia di coste: prime 8 sternali, successive 4 asternali, ultimo paio fluttuante. Gli spazi intercostali sono 12 ed è importante riconoscerli per indagini clinico terapeutiche (auscultazione, etc..) Nella costa si riconosce il corpo della costa, l’angolo costale (curvatura), la testa delle costa e il collo della costa. STERNO Formato da 8 sternebre (segmenti ossei) che si articolano tra loro e formano il pavimento della cavità toracica. Sternebra più craniale si chiama manubrio, la più caudale forma il processo xifodeo (appiattita forma paletta). Sterno nei carnivori è cilindrico, nei ruminanti largo ed appiattito, nel cavallo sporgenza a cresta. SCHELETRO APPENDICOLARE CINTURA TORACICA Anche chiamata cinto scapolare è formata da scapola, clavicola e osso coracoide. NON esiste una vera e propria articolazione ossea tra il tronco e l’arto anteriore: la connessione avviene esclusivamente attraverso i muscoli che uniscono testa, collo e torace alla scapola ed omero. Alla cintura toracica (scapola) fanno seguito segmenti ossei che costituiscono l’arto toracico: o La clavicola esiste solo nel gatto ed è un piccolo osso senza articolazione o La scapola è un osso piatto triangolare, collocato tra prima e quarta costa. Su esso trovano inserzione diversi muscoli tra cui m. trapezio, m. deltoide, m sopraspinato, m. infraspinato. Presenta lateralmente una rilevanza ossea dorso-ventrale (spina scapolare) che termina con l’acromion. Disutilmente forma una cavità (cavità glenoidea) che contribuisce con l’omero a formare l’articolazione della spalla. Arto anteriore cavallo È collegata al tronco tramite muscoli (sinsarcosi) e non per articolazioni. Il suo margine dorsale è in prossimità del rachide e in continuazione con la cartilagine scapolare. - Ungulati: cartilagine ampia garantisce inserzione muscoli e ammortizza colpi→ col tempo ossifica e diviene fragile - Carnivori: cartilagine assente o ridotta Faccia laterale ha rilievi ossei per inserzione muscoli. La scapola è divisa dalla spina in fossa sopraspinata craniale e fossa infraspinata caudale. Nei carnivori e ruminanti in prossimità dell’angolo verticale si sviluppa un rilievo spigoloso→ processo acromiale (acromion). Faccia toracica rivolta verso le coste, presenta una depressione centrale, fossa sottoscapolare. OSSA degli ARTI ANTERIORI (o TORACICI) o OMERO Osso lungo. La sua epifisi prossimale forma con la scapola l’articolazione della spalla (art. scapolo-omerale) e presenta un grande tubercolo che forma quella che viene comunemente chiamata punta della spalla. L’epifisi distale presenta due condili, uno mediale e uno laterale, tra cui si forma una troclea e sopra alla quale si distingue una importante cavità, la fossa olecranica, che dà alloggio al processo anconeo dell’ulna. L’estremità distale (epifisi distale), con l’epifisi prossimale di radio e ulna, forma l’articolazione del gomito (articolazione omero-radio- ulnare). Patologie → o RADIO Osso lungo, insieme all’ulna forma la regione dell’avambraccio. Epifisi prossimale forma insieme a ulna e omero l’articolazione del gomito. L’epifisi distale si articola con le ossa carpali. o ULNA Osso lungo. L’epifisi prossimale è caratterizzata dall’olecrano con processo anconeo. L’epifisi distale si articola con le ossa del carpo. Si forma di 3 porzioni: estremità prossimale con olecrano sporge in particolare col suo processo tuberosità olecranica (olecrano= braccio di leva dell’articolazione su cui inserisce muscolo brachiale); corpo a forma piramide triangolare; estremità distale (testa). Nel cavallo radio e ulna sono distinti solo nelle parti prossimali. Nei carnivori sono indipendenti. Carnivori sono gli unici che hanno pronazione e supinazione. o CARPO Costituito da 7 segmenti ossei disposti su due file sovrapposte. La prima fila, prossimale, è formata da ossa carpo radiale (sfenoide e semilunare fusi insieme), ulnare (piramidale), accessorio (pisiforme). La seconda fila, distale, è formata da: primo carpale, secondo carpale, terzo carpale e quarto carpale. o METACARPO Nel cane e gatto il metacarpo è formato da 5 ossa metacarpali, denominati: 1°, 2°, 3°, 4°, 5° ossa metacarpale. Ogni metacarpo si articola con la prima falange. Nel cavallo il metacarpo è formato da tre ossa: un metacarpeo principale che si articola distalmente con prima falange e due metacarpi accessori che non si articolano distalmente con nessun altro osso. Nel maiale (artiodattilo) sviluppato il VI e IV metacarpo. Nei ruminanti (artiodattili) sviluppato il III e IV saldate per formare un unico metacarpale principale. o FALANGI Sono 3 ossa che formano le dita del piede. Nei carnivori sono denominate in senso prossimo-distale: falange prossimale (prima), falange media (seconda), falange distale (terza). Nel cane e gatto il primo dito è più corto degli altri, non poggia a terra, è detto artiglio o sperone. Nel cavallo le tre falangi prendono il nome in senso prossimo distale: osso pastorale, osso coronale e osso triangolare. Nel cavallo bisogna inoltre segnalare la presenza delle grandi ossa sesamoidee che sono due ossa distinte per posizione in laterale e mediale, situate nella faccia volare dell’epifisi prossimale della 1° falange; hanno forma di piramide irregolarmente triangolare. Il piccolo osso sesamoide o sesamoide distale (osso navicolare) è trasversale ed ha forma allungata e si mette in rapporto con il margine posteriore della superficie articolare della 3° falange. Il bovino ha ben sviluppati solo il III e IV dito (con tre flangi). Zoccolo prende il nome di unghione. ARTICOLAZIONE ARTI TORACICI - ART. SCAPOLOMERALE Art. Sferoidale in cui la cavità glenoidea della scapola è + piccola della testa dell’omero con cui si articola. Libertà movimento limitata dalla muscolatura vicina così che funzionalmente può essere considerata una condilartrosi. Nei carnivori i movimenti flessori ed estensori sono possibili con ampiezza 120°, rotazione esterna fino 45°, interna 35°, abduzione laterale dell’arto 60°. Nei mammiferi domestici si sviluppa capsula articolare spesso collegata con tendini dei muscoli circostanti. La capsula nei carnivori è rafforzata da legamento trasverso dell’omero, negli ungulati dal legamento coracoomerale. - ART. GOMITO Art. Condiloidea composta che rappresenta in base alla sua funzione un ginglimo angolare o cerniera perfetta. I legamenti collaterali sono ben sviluppati e collegano fossette e tuberosità legamentose (leg. Laterale, mediale, olecrano). - GIUNTURA RADIO-ULNA Rotazione radio-ulna praticamente impossibile. Solo i carnivori lieve pronazione o supinazione. Art. rotatoria nel gatto supina 100° nel cane 50°. Art. RADIO ULNARE prossimale: legamenti anulare del radio (carnivori) avvolge la testa del radio sul versante flessorio, passa sotto i leg. Collaterali dell’art. del gomito e si inserisce in corrispondenza dell’incisura radiale ulnare. Leg. Interosseo dell’avambraccio collega radio con ulna nella metà prossimale dello spazio interosseo dell’avambraccio ed è considerabile come rinforzo laterale della membrana interessa dell’avambraccio che la struttura connettivale ricca di fibre collagene e nei carnivori collega radio e ulna. Art. RADIO ULNARE distale: solo nei carnivori si sviluppa legamento dell’art. radioulnare distale. - ART. MANO Art. CARPO: diversi gradi di movimento e congiungono ossa avambraccio, carpali, metacarpali. Art. antibrachiocarpica: tra estremità distale del radio (e ulna) e serie prossimale ossa carpali. Art. Mediocarpiche e art. intercarpiche tra serie prossimale e distale delle ossa carpali Art. Carpometacarpiche tra ossa carpali della serie distale e metacarpali. APPARATO LEGMANETOSO: leg. Collaterali lunghi laterali e mediani partono dall’avambraccio fino al metacarpo; leg. Brevi longitudinali e trasversi collegano 2 ossa di una stessa serie o ossa serie adiacenti. CINTURA PELVICA La cintura pelvica (o bacino) è costituita da due parti simmetriche che si uniscono sul piano mediano (sinfisi pelvica). Ciascuna metà è costituita da ileo, ischio e pube che uniti assieme formano il coxale. Queste 3 ossa assieme disegnano una importante cavità articolare emisferica (acetabolo o cavità acetabolare) che con la testa del femore forma l’articolazione dell’anca (articolazione coxofemorale). Al centro della cavità acetabolare trova inserzione un legamento, legamento rotondo, che si porta sulla sommità della testa del femore e che contribuisce alla stabilità dell’articolazione dell’anca. o ILEO Osso che forma l’articolazione cartilaginea con il sacro (articolazione sacroiliaca). L’ala dell’ileo è la porzione più craniale di quest’osso, di cui la tuberosità sacrale disegna una prominenza ossea facilmente visibile e palpabile. o ISCHIO Osso che forma il pavimento nonché la parte più caudale del coxale. La tuberosità ischiatica è parte di quest’osso, può essere percepita esternamente. o PUBE Osso disposto tra i due precedenti e forma la parte craniale del piano osseo del coxale. OSSA DEGLI ARTI POSTERIORI (o PELVICI) o FEMORE Osso lungo la cui testa forma con l’acetabolo l’articolazione dell’anca. L’epifisi prossimale presta la testa del femore, arrotondata, quasi sferica, a cui segue il collo del femore. A questo livello si distingue la fossa trocanterica ed il grande trocantere (prominenza ossea facilmente palpabile). L’epifisi distale del femore è formata da due condili, uno mediale e uno laterale, al centro il solco trocleare. All’interno del solco si articola e scivola un piccolo osso breve, la rotula, che in realtà è una porzione ossificata del tendine quadricipite e gioca un ruolo importante nei movimenti dell’articolazione del ginocchio. Essa è tenuta in sede da due legamenti, mediale e laterale. L’epifisi distale del femore, la rotula e l’epifisi prossimale della tibia formano il ginocchio. All’interno di questa articolazione, delimitata da una capsula articolare, è importante segnalare la presenza di menischi cartilaginei (aumentano sup. di scarico delle forze del femore sulla tibia) e di due legamenti, di cui legamento crociato anteriore che impedisce lo scivolamento in senso craniale della tibia rispetto al femore. o TIBIA Osso lungo. La sua epifisi prossimale piuttosto piatta e contribuisce a realizzare l’articolazione del ginocchio. Sulla sua superficie craniale si riconosce una cresta tibiale su cui trova inserzione il legamento rotuleo (o patellare) che unisce la rotula alla tibia. L’epifisi distale si articola con l’astragalo e presenta il malleolo mediale (il malleolo laterale appartiene alla fibula). o FIBULA Osso lungo, abbastanza sottile, nei carnivori è completamente separato dalla tibia con cui condivide la regione della gamba. Nel cavallo è sviluppata solo nella parte prossimale. o TARSO Insieme di ossa che formano la regione del tarso (nel cavallo garretto) che distribuiscono su file. Nel cane la fila prossimale vede: astragalo, centrale, calcagno (con inserzione tendine Achille). La fila distale comprende: 1°, 2°, 3°, 4° tarsale. o METATARSO e FALANGI Nei carnivori si distribuiscono secondo la stessa organizzazione dell’arto anteriore ad eccezione che manca il 1° metatarso e relativa falange (1° dito). Nel cavallo e bovino la disposizione dei metatarsi e falangi riprende quella degli arti anteriori. FISIOLOGIA DELLE OSSA Composizione e funzioni del tessuto osseo L’osso contiene sia composti organici (40% peso) che inorganici, fosfato di calcio. La frazione organica dell’osso è costituita sostanzialmente da fibre di collagene che vengono deposte nel comparto extracellulare delle cellule ossee (osteoblasti). Le fibre collagene forniscono la forza per sopportare la trazione (flessione e stiramento) ma offrono poca resistenza alla compressione. Al contrario la parte inorganica, i cristalli di fosfato di calcio, hanno caratteristiche fisiche simili a quelle del marmo e forniscono grande resistenza alla compressione. Vi sono ovviamente altri minerali come sodio e magnesio e potassio; nelle ossa si possono depositare anche sostanze tossiche come piombo, plutonio e stronzio radioattivo. Le cellule coinvolte nella formazione e riassorbimento dell’osso sono tre: - Osteoblasti che sintetizzano e secernono il collagene e gli altri componenti organici, la matrice, dell’osso. Quando si costituisce il t. osseo, il cacio fosfato viene depositato nell’osteoide in un processo che converte l’osteoide in osseo. Gli osteoclasti rilasciano la fosfatasi alcaline, un enzima che aumento la concentrazione di ioni fosfato, con la rottura dei legami estere che legano i gruppi fosfato a varie molecole organiche. Osteoblasti contribuiscono anche alla formazione dei cristalli di calcio fosfato durante la formazione attiva dell’osso. - Osteociti che vengono intrappolati dal tessuto mineralizzato e perdono la loro capacità di formare la matrice. Le cellule intrappolate, gli osteociti, sono cellule mature meno attive rispetto ai loro precursori, gli osteoblasti; gli osteociti comunque mantengono l’osso come tessuto vivo. Osteociti presentano sottili estensioni citoplasmatiche che si dipartono in maniera selliforme dal corpo cellulare, questi prolungamenti sono collegati alle estensioni di osteociti o di osteoblasti vicini tramite le gap junctions e si distribuiscono in una rete di canali sottili e canalicoli lungo tutto il t. osseo e permettono tramite questi cunicoli un apporto di nutrienti anche alla matrice. Se gli osteociti muoiono la matrice circostante viene riassorbita. - Osteoclasti svolgono funzione importante nell’adattamento osseo durante le sollecitazioni meccaniche e nel determinare il cambiamento della forma e della curvatura delle ossa durante la crescita→ rimodellamento. Importante ruolo del rimodellamento è nelle fratture (callo osseo). Mentre gli osteoblasti aggiungono materiale alla matrice ossea, gli osteoclasti rimuovono l’osso mineralizzato: l’attività integrata di osteoblasti e osteoclasti è responsabile del fatto che il t. osseo sia in fase di crescita, di riduzione o rimanga stabile. Osteoclasti aggrediscono l’osso tramite adesione di molecole alla membrana cellulare, crea una cavità di riassorbimento (lacuna) al di sotto della cellula. Riassorbono l’osso tutt’intorno rilasciando acidi organici (citrico o lattico) ed enzimi proteolitici che digeriscono la matrice organica dell’osso, mentre gli acidi sciolgono i cristalli di fosfato di calcio. I prodotti della digestione penetrano nella cellula per endocitosi e vengono rilasciati nel fluido interstiziale sul lato opposto. L’ACCRESCIMENTO delle ossa La maggior parte delle ossa sono precedute durante la vita fetale da strutture o di tipo cartilagineo o tessuto connettivo fibroso. Esistono quindi due tipi di ossificazioni di queste strutture fetali: 1. Ossificazione indiretta o condrale (ossificazione endocondrale): se l’osso è preceduto da cartilagine che verrà progressivamente sostituita da t. osseo. Molto comune e caratteristica ossa lunghe. Nelle prime fasi della vita fetale lo scheletro è costituito da cartilagine, alla nascita ancora lo scheletro ha un significativo quantitativo di cartilagine. Nella prima fase si assise alla calcificazione del primitivo tessuto cartilagineo, successivamente, poiché la matrice cartilaginea così calcificata non è più permeabile all’ossigeno, i condroblasti del tessuto cartilagineo muoiono in concomitanza alla disgregazione della stessa matrice→ la lacuna che si forma viene invasa dagli osteoclasti (deporranno la matrice dell’osso) e nuovi capillari che riforniscono queste cellule di altro materiale nutrizionale per l’ossificazione. Infine gli osteoblasti si trasformeranno in osteociti, ovvero cellule ossee mature. L’osso in realtà viene compenetrato anche da fibre collagene che lo rendono più resistente. La sequenza è: - Ossificazione pericondrale diafisaria: il passaggio da cartilagine ad osso avviene inizialmente al centro (diafisi – centro di ossificazione primaria) dove compare il primo tessuto osseo dello strato profondo del pericondrio (periostio) verso l’epifisi: gli osteoblasti formano sostanza amorfa e fibre collagene. All’interno penetra un disco vascolare contenente condroclasti che distruggono la cartilagine calcificata. Sulle trabecole cartilaginee risparmiate inizia il deposito di t. osseo, formando trabecole di midollo osseo. Queste verranno poi distrutte da osteoclasti formando così la ampia cavità midollare che conterrà il midollo osseo. - Ossificazione endocondrale diafisaria: in queste fase avviene l’aumento di diametro trasversale dell’abbozzo dell’osso per apposizione di strati di t. osseo sul lato esterno (periostale). Contemporaneamente sulla faccia interna sempre della diafisi, avviene un’erosione che mantiene lo stesso spessore della corticale dell’osso durante l’accrescimento in lunghezza dell’osso. - Ossificazione endocondrale epifisiaria: il processo di ossificazione procede interessando il centro di ossificazione presente nelle due epifisi del futuro osso lungo (centro di ossificazione secondario). L’incremento in lunghezza dell’osso avviene per accrescimento delle epifisi e per estensione del manicotto osseo diafisario verso le epifisi. Il centro di ossificazione epifisario si accresce in tutte le direzioni ad eccezione che sulle superfici articolari e sulla cartilagine di accrescimento presente tra epifisi e diafisi. La cartilagine di accrescimento è dunque un disco di cartilagine tra epifisi e diafisi (metafisi) che rimane tale fino al termine dell’allungamento dell’osso. La metafisi durante l’accrescimento continua ad essere erosa e sostituita da t. osseo dal lato rivolto verso la diafisi, ma sul versante dell’epifisi continua solo la deposizione di osso dunque la crescita. Processo rallenta e poi termina: cane 2 anni, uomo 20-21 anni, cavallo 5 anni. L’aumento in lunghezza delle ossa lunghe dipende dall’attività di ossificazione della metafisi. 2. Ossificazione diretta o membranosa (ossificazione intramembranosa): se l’osso è preceduto da t. connettivo fibroso che si trasforma direttamente in osso (clavicola, ossa testa, etc..) Nelle ossa piatte l’ossificazione inizia quando gli osteoclasti si differenziano dai fibroblasti all’interno del t. connettivo fibroso; gli osteoblasti formano l’osteoide che viene mineralizzato. Come nell’endocondrale, gli osteoblasti vengono incorporati nel t. osseo neoformato e si trasformano in osteociti. Questo t. ha la stessa densità minerale e resistenza dell’osso formato endocondrale. RIMANEGGIAMENTO dell’osso Le ossa adulti subiscono continui processi di distruzione e riedificazione che prendono il nome di rimaneggiamento osseo. Questo meccanismo si realizza mediante l’intervento di due tipi di cellule: osteoblasti che si moltiplicano attivamente formando le vere cellule ossee, gli osteociti e gli osteoclasti che distruggono le sostanze intercellulari e gli osteociti. Perché rimaneggiamento? Perché il t. osseo partecipa al metabolismo dell’organismo mediante la mobilitazione del calcio (che gioca ruolo importante in contrazione, trasmissione nervosa, etc..). Tessuto osseo COMPATTO e TRABECOLARE (spugnoso) TREBECOLARE (spugnoso): costituisce il 25% del t. osseo totale, le sostanze nutritive possono diffondere attraverso il fluido extracellulare. Nel t. osseo compatto la diffusione è meno efficiente e le cellule disposte più in profondità vengono rifornite di ossigeno e nutrienti dai vasi sanguigni presenti nei canali centrali; questi ultimi sono collegati a una vasta rete di piccoli canali, canaliculi, ripieni di liquido, che consentono lo scambio di nutrienti e cataboliti tra il sangue e gli osteociti. COMPATTO: denso e privo di spazi visibili. Comprende le porzioni esterne di tutte le ossa, mentre lo spugnoso è interno. Le estremità (epifisi) delle ossa lunghe sono costituite principalmente da spugnoso rivestito da sottile strato di compatto. Durante la vita fetale degli animali giovani, il midollo osseo rosso (t. ematopoietico) occupa la cavità midollare centrale e spazi più piccoli tra le trabecole dell’osso spugnoso. Quando l’animale si avvicina all’età adulta, il midollo rosso nella cavità midollare viene sostituito dall’adiposo, chiamato midollo giallo (ad esclusione delle aree epifisarie dove rimane midollo rosso). Al contrario delle ossa lunghe, le parti spugnose delle ossa piatte continuano l’attività ematopoietica anche nell’età adulta. Il meccanismo di CALCIFICAZIONE Il processo inizia dopo l’avvenuta deposizione della matrice ossea (fibre collagene e sostanza amorfa interfibrillare). I Sali inorganici provenienti dal plasma si depositano nella matrice in forma di cristali di idrossiapatite: 3[Ca3(PO4)2](OH)2Ca Affinché la calcificazione avvenga sono richiesti due fattori: - Fattore umorale: disponibilità e trasporto di minerali necessari per la calcificazione. Regolazione ormonale (paratormone e calcitonina). - Fattore locale: presenza di matrice calcificabile, contenente fattori enzimatici e non. Se uno di questi due fattori manca la calcificazione non avviene. Es. carenza Vitamina D→ minore disponibilità di Ca e fosfati→ no calcificazione. Il metabolismo del calcio e fosforo Calcio in organismo = 1,5% del peso corporeo. Il 99% del calcio è contenuto nel t. osseo sottoforma di idrossiapatite e carbonato di calcio. Il deposito di calcio e fosforo nelle ossa non è statico ma si svolgono continui processi di rimaneggiamento osseo come sopra descritto. Funzioni del calcio: - Struttura ossa e denti - Coagulazione del sangue - Contrazione muscolare - Regolazione dell’eccitabilità nervosa La concentrazione plasmatica di calcio nel cane in condizioni fisiologiche è circa 10mg/dl (100ml) di cu: - 3,5mg forma non diffusibile legata alle albumine e globulina - 6,5mg forma diffusibile (ionizzata e non) La concentrazione di Ca2+ nel fluido extracellulare svolge un ruolo importante in molti processi cellulari ed è regolata dall’interazione tra l’assorbimento intestinale di Ca2+, la sua escrezione renale e l’assorbimento e il rilascio di Ca2+ a livello del comparto osseo. Ciascun processo è controllato da un punto di vista ormonale; importante è il ruolo della Vitamina D e dell’ormone paratiroideo (PTH). La tireocalcitonina e il paratormone sono due principali ormoni che regolano il metabolismo del calcio nell’organismo, mantenendo la concentrazione plasmatica di calcio in intervallo di normalità. La quantità di calcio e fosforo ingerita in dieta, ma soprattutto il corretto rapporto (2:1), è un parametro molto importante per lo stesso assorbimento intestinale di calcio. Alterazioni del rapporto danno origine a patologie: osteodistrofie durante il periodo di accrescimento, collasso puerpuerale (eclampsia). A livello della cute la luce UV stimola la trasformazione di Vitamina D in Vitamina D3 (o colecalciferolo) la quale può essere assorbita anche a livello intestinale. La Vitamina D3 arriva poi al fegato dove viene trasformata in un altro metabolita, 25(OH)D3, che a sua volta arriverà al rene dove viene convertito nel metabolita più attivo della vitamina D, il calcitriolo. Il calcitrolo determina il riassorbimento di ioni Ca++ nei reni e nel tratto digerente, determinando un aumento dei livelli plasmatici di calcio (ipercalcemia). Il paratormone stimola la formazione del metabolita attivo della vitamina D3 a livello renale, il quale come già visto aumenta l’assorbimento intestinale (ileo) di calcio e di fosforo. Una calcemia bassa favorisce la secrezione di paratormone da parte delle paratiroidi. Il calcio e fosforo sotto l’effetto di questo ormone verranno metabolizzati dalle riserve ossee, al fine di riportare ai valori normali la loro presenza nel sangue. Una calcemia e una fosfatemia elevati inducono la secrezione di calcitonina, la quale favorisce la fissazione del calcio nelle ossa, inibendone inoltre la sua mobilizzazione (ipocalcemia). Funzioni del paratormone: La calcitonina→Ormone peptidico che riduce la concentrazione di Ca2+ nel fluido extracellulare inibendo l’escrezione urinaria. Cell. Bersagio sue sono gli osteoclasti sui quali si lega ai recettori accoppiati alla proteine-G di membrana. La calcitonina riduce il riassorbimento osseo diminuendo la popolazione di osteoclasti attivi sulla superficie dell’osso. ❖ L’APPARATO MUSCOLARE Obiettivi→ identificazione principali muscoli utili per locomozione; conoscere i nomi dei muscoli in cui vengono effettuate iniezioni intramuscolari; conoscere i principali meccanismi fisiologici della contrazione muscolare. Il tessuto muscolare è di 3 tipi: Muscolo scheletrico → in grado di contrarsi rapidamente ma possono sviluppare forza contrattile sono entro certi valori di lunghezza. La maggior parte si inserisce nell’osso tramite tendini che permettono flessione ed estensione dell’articolazione durante la contrazione. Controllo nervoso volontario. Muscolo liscio → miofilamenti hanno organizzazione meno ordinata, la contrazione è più lenta, ma la forza contrattile può essere sviluppata a valori di lunghezza maggiormente variabili. Contrazione involontaria e regolata dal sistema nervoso autonomo ma anche da quello endocrino. Muscolo cardiaco ✓ Muscoli SCHELETRICI Si studieranno i muscoli scheletrici i quali possono essere sotto controllo: - Volontario del sistema nervoso centrale (volontario poiché le singole cellule muscolari scheletriche non sono connesse elettricamente tra di loro, la contrazione di ognuna dipende dall’arrivo di impulsi nervosi- nel muscolo scheletrico le fibre muscolari sono disposte in parallelo e la forza di contrazione dipende dal numero di fibre coinvolte, consentendo in tal modo una variabilità notevole di forza contrattile. - “involontario” del sistema nervoso periferico, sistema nervoso autonomo e anche dal sistema endocrino (muscoli che lavorano per postura quadrupedale). I muscoli motori operano in corrispondenza delle articolazioni, in modo che le ossa agiscano da leve e le articolazioni come fulcro. I muscoli si contraggono solo su di un piccolo spazio, ma essendo molto vicini al punto di attacco dell’articolazione, il movimento che determinano sull’estremità di un arto, è molto ampliato. Inoltre possono passare da uno stato di riposo a uno di contrazione per cui non possono estendersi questo è il motivo per cui molti di essi lavorano in coppia su di una articolazione: uno contraendosi provoca lo spostamento in un senso, l’altro compie il movimento opposto e si chiamano muscoli antagonisti. In un arto abbiamo quindi muscoli flessori e muscoli estensori, muscoli abduttori e adduttori. Dei muscoli scheletrici è possibile distinguere: posizione, forma e struttura. o POSIZIONE Muscoli scheletrici: situati in sede profonda Muscoli pellicciai: situati in sede superficiale sotto la pelle e sono in grado di muoverla Muscoli estrinseci: un capo è attaccato in un punto di un arto e un altro ad es. sul tronco. Sono responsabili del movimento di intere strutture Muscoli intrinseci: entrambi i capi hanno origine nella stessa struttura es. arto. Sono responsabili del movimento di una parte di una struttura. o FORMA Muscoli lunghi: si trovano per lo più negli arti, hanno forma affusolata e si distingue: - Ventre muscolare: parte media carnosa, più rigonfia, capace di contrarsi. - Estremità (capo e coda): più sottile e di natura tendinea (tendine d’origine e tendine di terminazione). Esistono muscoli con più capi d’origine (bicipite, tricipite, quadricipite, etc..) e vi possono essere tendini intercalati tra due tre ventri muscolari (digastrico, poligastrici). Capo e coda dei muscoli trovano inserzione sulle ossa attraverso i tendini che sono formati da robusti fasci di t. connettivo fibroso il quale trasmette l’effetto della contrazione muscolare alle ossa e alla pelle. Se il tendine assume forma larga appiattita prende il nome di aponeurosi. Nelle zone in cui muscoli e tendini decorrono vicino a prominenze ossee possono essere presenti strutture sinoviali a forma di sacco dette borse sinoviali la cui unzione è quella di minimizzare l’attrito tra le parti durante i movimenti. Esistono inoltre guaine tendinee sinoviali anch’esse a forma di sacco contenenti liquido sinoviale. Avvolgono i tendini proteggendoli e riducendo gli attriti durante lo scorrimento. Muscoli piatti o larghi: forma di lamina, rivestono grandi cavità del corpo Muscoli brevi: posti in profondità a contatto di singole articolazioni. o STRUTTURA Cellule muscolari sono cellule giganti derivate dalla fusione di cellule muscolari embrionali (mioblasti) e quando sono sviluppate contengono molti nuclei, localizzati appena sotto la membrana. Dopo la nascita lo sviluppo di nuove fibre è limitato e l’aumento di massa avviene grazie all’incremento delle dimensioni delle singole fibre muscolari. All’estremità del muscolo le fibre collagene presenti nei diversi strati si continuano a livello tendineo, cosicché ogni fibra muscolare è connessa direttamente al tendine e lo sviluppo di tensione in ciascuna fibra può determinare una seppur piccola trazione sul tendine e osso. Il ventre muscolare è costruito da fasci di fibre muscolari striate avvolti da guaine connettivali. Si distingue in fasci primari, secondari e terziari con connettivo interposto (perimisio, endomisio). Tutto il ventre è circondato da uno strato connettivale, l’epimisio. - Fascio muscolare: ogni fascio è composto da più cellule muscolari ciascuna delle quali è avvolta dall’endomisio che le mantiene elettricamente isolate. - Ogni cellula muscolare (o fibra muscolare) è costituita da: Sarcolemma: membrana citoplasmatica della cellula muscolare Cisterna terminale: funge da riserva di ioni calcio Reticolo sarcoplasmatico: è il reticolo endoplasmatico liscio delle cellule Tubulo a T: invaginazione del sarcolemma verso il centro della cellula Triade: unità costituita da un tubulo T con una cisterna terminale per lato Miofibrille: fascio di filamenti proteici dentro la cellula muscolare, queste proteine filiformi sono chiamate miofilamenti e ne esistono due tipi: Actina: filamenti sottili – bande chiare banda I Miosina: filamenti spessi, spessi quasi il doppio dell’actina – bande scure bande A La sistemazione di questi filamenti crea zone chiare e scure che si alternano lungo la miofibrilla e caratterizzano il muscolo striato. Bisogna poi menzionare due proteine: Tropomiosina: proteina filamentosa avvolta all’actina Troponina: complesso di 3 proteine che legano ioni calcio, tropomiosina e actina. I miofilamenti hanno un’organizzazione che si ripete ordinatamente lungo la miofibrilla, la cui unità più piccola è chiamata sarcomero. In tutte le miofibrille i sarcomeri si allineano con precisione uno dopo l’altro dando al muscolo l’aspetto striato. L’accrescimento in lunghezza della fibra muscolare avviene grazie all’aumento del numero dei sarcomeri nella miofibrilla, mentre aumento di diametro è associato a incremento del numero di miofibrille parallele. Il sarcomero corrisponde ad un segmento di miofibrilla delimitata da due linee Z consecutive (disco Z che separa due sarcomeri adiacenti). Del sarcomero fanno parte una banda A e metà delle due bande contigue. Le parti centrali dei filamenti di miosina sono connesse tra loro da lattice proteico visibile in sezione longitudinale come una linea traversa (linea M). Quando il sarcomero è rilassato le due serie di filamenti di actina non si sovrappongono solo all’estremità si sovrappongono leggermente alla miosina. Nel corso dei processi di contrazione muscolare si assiste ad un avvicinamento di alcune delle bande descritte e quindi a una sovrapposizione di miosina e actina. La giunzione neuro-muscolare Sinapsi che si forma tra un neurone (motoneurone) e cellula muscolare. Zona in cui i messaggi elettrici neuronali vengono tradotti in messaggi chimici e tramessi alla cellula muscolare attivandone la contrazione. ANATOMIA APPLICATA Iniezioni intramuscolari CANE E GATTO - M. tricipite (a. anteriore) - M. quadricipite (a. posteriore) - M. semitendinoso e semimembranoso (a. posteriore) - M. epiaxiali (m. psoas) tra L3 e L5 CAVALLO - M. brachiocefalico (collo) - M. semitendinoso e semimembranoso (a. posteriore) BOVINO - M. glutei - M. semitendinoso e semimembranoso - M. cervicali laterali I muscoli epissiali sono muscoli che decorrono lungo la colonna vertebrale dorsalmente ai processi trasversi delle vertebre, più o meno sviluppati, che uniscono alcune vertebre tra loro oppure le vertebre con il sacro, le coste, ecc. E’ difficile distinguere bene il decorso di ciascun muscolo. Talora vengono utilizzati per le iniezioni intramuscolari (nel cane e nel gatto), soprattutto quelli localizzati nella regione lombare. Il tendine calcaneale comune (di Achille), grosso tendine dell’arto posteriore è formato dall’insieme di vari tendini che si inseriscono sull’osso calcaneo e che originano dai ventri muscolari del m. gastrocnemio, m. bicipite femorale, m. semitendinoso, m. flessore superficiale delle falangi. FISIOLOGIA DEL MOVIMENTO – Teoria di scorrimento dei filamenti La contrazione muscolare avviene perché i miofilamenti di actina scivolano lungo i filamenti di miosina riducendo l’ampiezza della zona H e della banda I, mentre la larghezza della banda A non cambia. Il sarcomero si accorcia. Le strutture molecolari che partecipano alla contrazione sono: 1. Filamenti di miosina (spessi): che possiedono due teste, una coda, un sito per l’ATP, un sito per l’actina. 2. I filamenti di actina (sottili) a doppia elica. 3. La tropomiosina (impedisce contrazione, legame teste di miosi e molecole di actina. 4. La troponina – composto da 3 proteine che legano calcio, actina e tropomiosina. Sulla troponina sono presenti diversi siti di legame per il Ca2+ e quando si verifica il legame cambia la conformazione e sposta tropomiosina permettendo allaccio per le teste di miosina 5. Gli ioni calcio Ca++ 6. L’ATP – adenositrifosfato Il ciclo dei ponti trasversali tra actina e miosina La sequenza degli eventi che porteranno alla contrazione muscolare è legata al meccanismo di scivolamento dei filamenti di actina e miosina tra loro. Questo scivolamento è causato dalla flessione delle teste di miosina verso il centro del sarcomero, in seguito le teste si staccano dai filamenti di actina, si raddrizzano e il processo si ripete. Il meccanismo è asincrono cosicchè tutte le teste si staccano contemporaneamente dai filamenti di actina, in questo modo i due gruppi di filamenti di actina del sarcomero scivolano l’uno verso l’altro lungo i filamenti di miosina. Oltre a un sito di legame per l’actina, le teste della miosina presentano un sito di legame per l’ATP. Miosina e actina non fissate: la testa della miosina è nella condizione di bassa energia 1. Sollevamento della testa di miosina: l’ATP viene idrolizzato (ADP e P) con rilascio di energia che viene immagazzinata come energia potenziale nelle teste di miosina che si caricano come una molla. Gli ioni calcio arrivano dal reticolo sarcoplasmatico, si legano alla troponina, che fa spostare la tropomiosina liberando i siti per le teste della miosina. 2. Fissazione della miosina all’actina: la testa della miosina si fissa ad sito di actina iniziando a liberare P. 3. Colpo di forza: il rilascio di P da tornare la miosina nella forma a bassa energia, la testa gira verso il centro del sarcomero, tirando il filamento di actina verso il centro del sarcomero. Irrigidimento (rigor): actina e miosina sono legate insieme. 4. Distacco: arriva una nuova molecola di ATP a legarsi sul sito della testa della miosina, che permette il distacco della miosina dall’actina. Gli ioni Ca++ tornano nel reticolo sarcoplasmatico (pompa Ca++ che usa ATP). Riepilogo L’energia utile per la contrazione è fornita dall’ATP. Siccome il muscolo ne possiede poche riserve è necessario lo stesso sia in grado di sintetizzarlo velocemente per far fronte alle varie esigenze muscolari. Nel muscolo l’ATP gioca ruoli diversi: - Durante la fase del colpo di forza della miosina - Per il distacco della testa di miosina dal sito dell’actina - Per la pompa Ca++ nella membrana della cisterna terminale Fino a che la cellula contiene una quantità sufficiente di ATP e i livelli di Ca2+ nel citosol rimangono alti, le teste della miosina continuano a legarsi ai filamenti di actina e a flettersi. Durante una contrazione rapida, i ponti trasversali tra testa miosina e actina si formano e si distaccano cinque volte al secondo→ accorciamento attivo del sarcomero detto contrazione concentrica. Al contrario una fibra non è in grado di allungarsi attivamente, una forza esterna può stirare una fibra muscolare rilassata. Se il muscolo è attivo mentre viene stirato, le teste di miosina si legano all’actina con le modalità descritte e si sviluppa una forza che si oppone allo stiramento del muscolo→ forza importante nei movimenti di frenata chiamata contrazione eccentrica. Quando le scorte di ATP nel muscolo terminano bisogna sintetizzarne altro, al fine di continuare le contrazioni muscolari e ci sono 3 possibilità: 1. Idrolisi del creatinfosfato (la cretina è una molecola presente nei muscoli) C-Pi (cratinfosfato) + ADP → C(creatina) + ATP Questa reazione è reversibile cioè può avvenire anche in senso opposto. Quando cellula muscolare è a riposo la reazione è in equilibrio. Poiché la scorta di creatinfosfato è limitata nel muscolo questa reazione può produrre ATP per un tempo limitato, intanto iniziano le altre reazioni metaboliche che formeranno altro ATP. 2. La glicolisi: processo metabolico cellulare che porta alla rottura delle molecole di glucosio liberando acido piruvico ed ATP, senza necessità di utilizzare ossigeno (via anaerobica). L’acido piruvico in assenza di ossigeno viene convertito in acido lattico, molecola che ha attività tossica e che darà origine a dolori o crampi. Con la glicolisi attraverso ogni molecola di glucosi si generano 2 molecole di ATP. 3. Il ciclo di Krebs e la fosforilazione ossidativa: il glucosio è la principale fonte di energia, arriva al muscolo attraverso il sangue o per idrolisi del glicogeno accumulato nel muscolo stesso. L’ossigeno a sua volta può arrivare al muscolo attraverso il sangue o liberato dalla mioglobina (proteina presente nei muscoli in grado di legare ossigeno). In presenza di ossigeno (via aerobica), l’acido piruvico prodotto dalla glicolisi verrà trasformato in Acetil CoA e nei mitocondri avrà luogo il ciclo di Krebs e la fosforilazione ossidativa con produzione di 36 molecole di ATP→ più alta resa energetica. Riepilogo: una moderata attività muscolare normalmente usa via aerobica; quando invece le contrazioni sono veloci e a distanza ravvicinata una all’altra non ci sarà il tempo necessario affinché il muscolo sia rifornito con sufficiente quantità di ossigeno, la produzione di ATP sarà pertanto attuata dalla sola via aerobica (glicolisi produz. Acido lattico). Dopo l’esercizio muscolare bisogna reintegrare le energie: - acido lattico presente nel citosol viene convertito in acido piruvico che entra nel ciclo di Krebs per formare ATP - l’ATP viene riutilizzato per riformare creatinfosfato - il glicogeno nel muscolo viene risintetizzato a partire da altre molecole di glucosio giunte nel sangue - altro ossigeno si lega allla mioglobina La giunzione neuromuscolare La cellula muscolare si contrae a seguito di un impulso proveniente dai motoneuroni. La zona in cui l’assone neuronale si unisce alla cellula muscolare prede il nome di giunzione neuro-muscolare. Ogni cellula muscolare è elettricamente isolata dalle altre per la presenza dell’ondomisio che la avvolge, ongi celula è dunque stimolata da una diramazione de motoneurone. Il principale neurotrasmettitore coinvolta nelle giunz. Neuromuscolari della muscolatura scheletrica è l’acetilcolina (Ach), modificando la permeavilità del sarcolemma induce la contrazione muscolare. 1. L’acetilcolina viene liberata dalla terminazione nervosa presinaptica nello spazio sinaptico a seguito dello stimolo elettrico proveniente dal motoneurone. Si fissa quindi ai recettori della placca motrice aprendo i canali Na/K (sodio entra potassio esce) generando un potenziale d’azione nella cellula muscolare (depolarizzazione). 2. Il potenziale d’azione si propaga lungo il sarcolemma fino ai tubuli a T della cellula muscolare 3. Il potenziale d’azione attiva il rilascio degli ioni Ca++ dal reticolo sarcoplasmatico nel citosol della cellula muscolare 4. Gli ioni Ca++ legandosi alla troponina contribuiranno all’attivazione dello scorrimento dei miofilamenti di actina e miosina (contrazione). L’acetilcolina dopo essersi legata ai recettori postsinaptici ed aver svolto la sua azione viene inattivata per idrolisi ad opera dell’acetilcolinesterasi, un enzima che rompe il legame tra acetilcolina e recettore in assenza di stimoli neurologici, con scopo di prevenire la continua stimolazione della fibra muscolare in assenza di potenziale d’azione. La contrazione di un muscolo scheletrico è il risultato dell’attività di gruppi di cellule muscolari chiamate unità motorie. Le dimensioni e numero di queste sono in correlazione con la forza di contrazione muscolare. Motoneurone: cellula nervosa (neurone) che si estende dal midollo spinale (o tronco encefalico) alle cellule muscolari. Unità motoria: un motoneurone e tutte le fibre muscolari da esso innervate. Quando è necessaria un’alta forza di contrazione, il sistema nervoso stimola più di una unità motoria (reclutamento) come avviene per la contraz. Del quadricipite, se il motoneurone coinvolge invece poche fibre muscolari i movimenti saranno più devoli ma precisi (muscoli oculari). Anche quando il muscolo è in stato di “relax” alcune unità motorie asincrone forniscono stimoli per un basso livello di contrazione che caratterizza di quel muscolo il tono muscolare. In casi patologici in cui vi è danno al motoneurone (es. trauma spinale) si originerà una paralisi flaccida. La contraizone muscolare La tensione (o forza di contrazione) è la forza prodotta da un muscolo in rapporto al lavoro che deve svolgere. Tre fattori influiscono sulla tensione: - Frequenza di stimolazione - Numero di unità motorie reclutate - Grado di stiramento del muscolo Contrazione isotonica: tensione costante, accorciamento, lavoro meccanico. Il muscolo si accorcia sollevando il peso Contrazione isometrica: tensione aumenta, lunghezza costante, no lavoro. Il muscolo genera forza ma non può accorciarsi Fattori che influenzano la tensione muscolare: - Frequenza di stimolazione In genere per scossa singola si intende la risposta meccanica di una unità motoria ad un singolo potenziale d’azione (stimolo elettrico). In vivo la contrazione muscolare è in risposta a più stimoli elettrici piuttosto che ad un singolo impulso. Se applichiamo al muscolo un secondo impulso elettrico prima che termini la fase di rilasciamento, stimoleremo un extra afflusso di ioni Ca++ che darà origine ad una seconda contrazione che si somma alla prima ed il picco di tensione finale del muscolo sarà più alto che in precedenza. Se applichiamo ad un muscolo stimoli ripetuti di uguale intensità il picco di tensione aumenta gradatamente fino a un plateau (tetanizzazione) per poi diminuire. Quindi avremo: Contrazioni iniziali: aumento di tensione Sommazione temporanea: accumulo della tensione è dovuto all’incremento della disponibilità degli ioni Ca++ Tetano incompleto: inizia la fase statica della contrazione Tetano completo: fase statica della contrazione in cui la tensione è relativamente costante. Notevole disponibilità di ioni Ca++ Affaticamento: muscolo non è più in grado di sostenere la tensione dovuta a formazione di acido lattico, scarsità di ATP e squilibri ionici. - Numero di unità motorie Il numero di unità motorie reclutate per la contrazione è determinato dal numero di motoneuroni che sono stimolati dal SNC: più aumentano più sarà alta la forza di contrazione. - Grado di stiramento del muscolo Interviene sulla tensione muscolare. Quando una fibra è più corta o lunga della sua lunghezza ottimale, la sua capacità di generare forza diminuisce, perché la forza è in relazione al numero di ponti actina-miosina attivi cioè che si possono potenzialmente creare: maggiore è il numero, maggiore è la forza. Per ipertrofia muscolare si intende aumento del volume di un muscolo. Avviene a seguito di attività fisica: comporta anche aumento di mitocondri nonché maggiore quantità di glicogeno stoccato come riserva di energia. Il numero di fibre muscolari rimane costante ma aumenta il diametro. Per ipotrofia/atrofia muscolare si intende perdita di massa muscolare per fattori come invecchiamento, disuso, patologie motoneuroni o fibre muscolari stesse. Si parla di contrazioni toniche quando si attua una contrazione muscolare involontaria prolungata senza fasi di rilassamento (spasmo tonico). Si parla di clono quando le contrazioni muscolari sono rapide, ritmiche, involontarie (es. convulsioni). Le fibre muscolari possono essere classificate in tre tipologie: - Fibre rosse lente: colore rosso, piccolo diametro, resistenza alla fatica alta, via principale per la sintesi dell’ATP è quella aerobica. Prevalgono nei muscoli che mantengono la postura corporea. - Fibre rapide ossidative: colore intermedio, diametro intermedio, resistenza alla fatica intermedia, la via principale per la sintesi dell’ATP è aerobica. - Fibre rapide bianche: colore bianco, grande diametro, resistenza alla fatica scarsa, la via principale per la sintesi dell’ATP è quella anaerobica, prevalgono nei muscoli propulsori. ✓ Muscolatura LISCIA Muscolo multi unitario→ parete dei grossi vasi sanguigni, vie aeree, muscolo dell’occhio che regola la curvatura del cristallino, iride, follicoli piliferi. Muscolo a singole unità (viscerale)→ parete organi cavi, piccoli vasi sanguigni. La contrazione del muscolo liscio è lenta ed economica. La forza e velocità di contrazione sono modificate dal sistema nervoso autonomo, ormoni, stiramento meccanico. IL MOVIEMENTO Nel cane e cavallo il baricentro dell’animale è posto nel punto di intersezione tra piano sagittale mediano, piano trasverso tangenziale all’angolo caudale della scapola e piano orizzontale passante per l’articolazione scapolo-omerale. Tale punto sarà craniale alla cartilagine xifoidea dello sterno tra terzo medio e inferiore del torace. Arti anteriori→ sopportano la maggior parte del peso Arti pelvici→ organi propulsori Arti si muovono secondo sequenza coordinata appoggiando a turno l’estremità sul terreno. Se il muscolo estensore della coscia si contrae il femore viene tirato indietro, l’attrito delle dita sul terreno impedisce all’arto di scivolare indietro e così attraverso la cintura pelvica si tramette la spinta in avanti a tutta la colonna e quindi all’animale. Quando questo muscolo si rilascia la contemporanea contrazione dei muscoli flessori della coscia e flessore del metatarso porteranno la zampa posteriore in avanti con il piede sollevato da terra. La contrazione del muscolo estensore della gamba raddrizza la gamba al ginocchio, la contrazione del muscolo estensore del metatarso estende invece il piede. Per cui si contraggono contemporaneamente muscoli estensore della coscia, est. Della gamba ed est. Del metatarso la gamba si tenderà come fosse fatta oscillare. La spinta verso il basso e all’indietro di entrambe le zampe posteriori produrrà impennata o salto. I muscoli antagonisti si contrarranno quando i loro opposti si rilasciano, flettendo l’arto e riportandolo in posizione. Il numero di muscoli coinvolti è elevato, il movimento dei muscoli propulsori è coordinato dal SNC che riceve informazioni tramite dei propriocettori localizzati nei muscoli spessi permettendo al cervello di capire la posizione degli arti in ogni momento. Propulsori→ muscoli che spostano in senso caudale l’estremità distale dei raggi ossei su cui agiscono e questo indipendentemente se su tali raggi ossei determinano flessione o estensione. Arto posteriore in fase propulsiva comprende: fase di appoggio, fase di levata, fase di spint