Anatomia 2024 PDF
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Questo documento tratta l'anatomia, in particolare i diversi tipi di tessuti ossei, le membrane e la struttura degli organi. Vengono descritti i processi di osteogenesi e osteolisi, la matrice extracellulare, la composizione dell'osso compatto e spugnoso, il periostio, l'endostio e i diversi tipi di membrane. Il documento è utile per comprendere la struttura e il funzionamento degli organi.
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Questi processi di osteogenesi e osteolisi contribuiscono a modellare e rimodellare di continuo la forma, la massa e la struttura interna delle ossa durante il rimaneggiamento osseo. Gli aggiustamenti nella forma e nella densità ossea permettono alle ossa di adattarsi agli stress (come per esempio l...
Questi processi di osteogenesi e osteolisi contribuiscono a modellare e rimodellare di continuo la forma, la massa e la struttura interna delle ossa durante il rimaneggiamento osseo. Gli aggiustamenti nella forma e nella densità ossea permettono alle ossa di adattarsi agli stress (come per esempio l’esercizio fisico). Qualsiasi esercizio fisico ripetuto nel tempo può indurre adattamenti anche nel tessuto osseo. MATRICE EXTRACELLULARE: La matrice extracellulare è la componente principale del tessuto osseo, infatti le cellule ossee contribuiscono solo al 2% della massa di un osso sano. Un terzo del peso del tessuto osseo è costituito da sostanza organica, osteoide, prodotta dagli osteoblasti. La sostanza organica comprende il collagene e vari complessi di proteine e carboidrati chiamati glicosaminoglicani, proteoglicani e glicoproteine. La materia inorganica è composta per circa l’85% da idrossipatite, un sale di calcio fosfato cristallizzato, per il 10% da carbonato di calcio e da minori quantità di ioni magnesio, sodio, potassio, fluoruro, solfato carbonato e idrossido. I minerali ed il collagene formano un composto cha dà resistenza e flessibilità alle ossa. I cristalli di fosfato di calcio sono molto resistenti e rigidi, queste due caratteristiche conferiscono la capacità di resistere alla compressione, ma se vengono sottoposti a flessione o torsione possono frantumarsi facilmente. Le fibre collagene possono sopportare facilmente la trazione, la torsione e la flessione, mentre si incurvano facilmente se compresse. Quindi il tessuto osseo è il risultato perfetto dell’associazione delle qualità delle fibre collagene e dei sali di fosfato di calcio. Organizzazione tessuto osseo LAMELLARE: Esistono due tipi di tessuto osseo lamellare: l’osso compatto e l’osso spugnoso. L’osso compatto è relativamente denso e solido e forma le pareti delle ossa lunghe, mentre l’osso spugnoso forma una rete di lamine e trabecole e riveste la cavità midollare delle ossa contenete il midollo osseo. La composizione dell’osso compatto e spugnoso è identica, varia la disposizione tridimensionale della matrice e delle cellule ossee. L’unita’ funzionale del tessuto osseo compatto è l’osteone cilindrico, composto da un canale centrale che contiene nervi e uno o più vasi sanguigni che vascolarizzano l’osteone. 21 di 137 Solitamente i canali centrali solo disposti parallelamente alla superficie dell’osso. Gli osteociti si dispongono in strati concentrici intorno al canale centrale, producendo strati concentrici di matrice extracellulare denominata lamelle concentriche. Le fibre collagene delle lamelle concentriche si dispongono a spirale lungo l’asse del canale centrale, così facendo conferiscono maggiore resistenza all’osteone. Nell’osso compatto, gli spazi tra gli osteoni sono riempiti dalle lamelle interstiziali. Inoltre, le lamelle circonferenziali ricoprono le superfici interne ed esterne dell’osso. I canali centrali sono attraversati dai canali perforanti che hanno un andamento perpendicolare alla superficie dell’osso. La principale differenza tra osso compatto e osso spugnoso consiste nella disposizione delle lamelle in trabecole ossee orientate in tutte le direzioni. Le interconnessioni tra le trabecole delimitano piccole cavità comunicanti, contenenti midollo osseo. La rete aperta formata dalle trabecole conferisce all’osso spugnoso maggiore leggerezza rispetto al compatto, sebbene la resistenza rimane elevata. Infatti la ramificazione delle trabecole permette all’osso spugnoso di resistere a sollecitazioni provenienti da diverse direzioni. PERIOSTO ED ENDOSTIO: Il periostio ricopre la superficie esterna dell’osso ed isola e protegge l’osso dai tessuti circostanti e partecipa attivamente alla crescita e alla riparazione dell’osso. Il periostio è costituito da uno strato fibroso esterno di tessuto connettivo fibroso denso e da uno strato cellulare interno contenete cellule osteoprogenitrici, osteoblasti ed osteoclasti. Il periostio è assente nei punti di attacco dei tendini, legamenti, sulle superfici articolari e sulle ossa sesamoidi. Mentre in prossimità delle articolazioni sinoviali, il periostio si continua con la capsula articolare che racchiude tutto il complesso articolare. La cavità midollare delle ossa è rivestita da endostio che contiene cellule osteoprogenitrici, osteoblasti ed osteoclasti. Più in particolare, l’endostio ricopre le trabecole dell’osso spugnoso e riveste la superficie interna del canale centrale e dei canali perforanti. LE MEMBRANE: Le membrane sono la combinazione di un foglietto epiteliale e di uno strato di tessuto connettivo sottostante che coprono e proteggono altri tessuti e strutture del corpo umano. Le membrane ricoprono il corpo umano, «foderano» le cavità del corpo, e ricoprono le superfici degli organi cavi, come gli organi appartenenti all’apparato digerente, riproduttivo, e alle vie di passaggio dell’aria dell’apparato respiratorio. Alcune membrane ancorano un organo all’altro, o ad un segmento osseo, ed altre ricoprono la superficie esterna degli organi interni. Esistono 4 tipi di membrane: - Membrana Mucosa - Membrana Sierosa - Membrana Sinoviale - Membrana Cutanea MEMBRANA MUCOSA: Una membrana mucosa segna i passaggi che aprono all’ambiente esterno: i tratti digerente, respiratorio, urinario e riproduttivo. 22 di 137 Struttura: Una membrana mucosa è costituita da due o tre strati: (1) un epitelio; (2) uno strato di tessuto connettivo areolare chiamato lamina propria; (3) uno strato di muscolatura liscia detto muscolaris mucosae. Funzioni e caratteristiche: Le membrane mucose hanno funzioni assorbenti, secernenti e protettive. Sono spesso ricoperte da muco secereto dalle cellule caliciformi mucipare, dalle ghiandole mucose multicellulari, o da entrambe. Il muco intrappola i batteri e le particelle estranee, proteggendo dall’invasione tissutale e aiutando la loro rimozione dall’organismo. L’epitelio di una membrana mucosa potrebbe anche comprendere cellule assorbenti, ciliate e di altro tipo. La lamina propria forma un ponte che connette i vasi sanguigni e i nervi che riforniscono l’epitelio. MEMBRANA SIEROSA Una membrana sierosa, sebbene sia una membrana interna, non apre mai verso l’ambiente esterno. Le membrane sierose delimitano l’interno di alcune cavità corporee e formano la superficie liscia più esterna di alcuni visceri, come nel tratto digerente. Struttura: La membrana sierosa è costituita da un epitelio semplice squamoso poggiante su un sottile strato di tessuto connettivo areolare. Nei rivestimenti delle cavità pleuriche, pericardica e peritoneale la componente epiteliale è chiamata mesotelio. La pleura, il pericardio e il peritoneo sono membrane sierose. Funzioni: Le membrane sierose producono un fluido sieroso acquoso (trasudato) che origina dal sangue e prende il suo nome dal fatto che è simile alla composizione del siero sanguigno. La funzione del trasudato è quella di ridurre l’attrito tra la superficie parietale e viscerale di una cavità interna. MEMBRANA CUTANEA La più grande membrana del corpo umano è la membrana cutanea, o più semplicemente cute, ricopre l’intera superficie corporea. È costituita da un epitelio pavimentoso stratificato cheratinizzato (epidermide) che poggia su uno strato di tessuto connettivo (derma) composto da un sottostante strato di tessuto areolare, rinforzato da uno strato di tessuto connettivo denso. Rispetto alla membrana sierosa e mucosa, la membrana cutanea è spessa, relativamente impermeabile e asciutta in superficie. MEMBRANA SINOVIALE Le articolazioni che permettono ampi movimenti sono avvolte da una capsula fibrosa e contengono una cavità articolare rivestita da membrana sinoviale. Differisce dagli altri epiteli per tre aspetti: (1) non possiede una lamina basale; (2) lo strato cellulare e’ incompleto poichè esistono spazi tra le cellule adiacenti; (3) le “cellule epiteliali” sono derivate dai macrofagi e dai fibroblasti del tessuto connettivo adiacente. Alcune di esse sono fagocitiche (rimuovono I detriti cellulari) e sono chiamate sinoviociti di tipo A, le altre sono cellule secretorie (rilasciano il liquido sinoviale) e sono chiamate sinoviociti di tipo B. 23 di 137 L’apparato circolatorio è delimitato da una semplice epitelio squamoso chiamato endotelio. L’endotelio poggia su un sottile strato di tessuto areolare, che spesso poggia su un foglietto elastico. Nell’insieme, questi tessuti formano una membrana chiamata tonaca intima dei vasi sanguigni. Nel cuore la tonaca intima prende il nome di endocardio. STRUTTURA ORGANI: Gli organi sono associazioni di tessuti che si dispongono a formare entità morfologicamente definibili che operano nell’ambito di un apparato. Dal punto di vista strutturale si riconoscono in essi tutti o alcuni dei tipi fondamentali dei tessuti: epitelio, connettivo, tessuto muscolare e nervoso. Si possono distinguere due tipi di organi: organi cavi e organi pieni. Gli organi cavi vengono a loro volta divisi in visceri e organi cavi dell’apparato circolatorio (cuore e vasi). ORGANI CAVI: Gli organi cavi sono costituiti da una parete che si dispone a delimitare un lume o una cavità di forma variabile, entro la quale si trova un contenuto. La parete degli organi cavi ha una formazione stratificata, gli strati prendono il nome tonache. - Lo strato più interno (vicino al lume) prende il nome di tonaca mucosa nel caso dei visceri, tonaca intima nel caso dei vasi (sanguigni e linfatici). Mentre nel cuore prende il nome di endocardio. - Procedendo dallo strato più interno allo strato più esterno troviamo la tonaca sottomucosa che è presente in alcuni visceri, ma non in quella dei vasi. - Esternamente è presente la tonaca muscolare, che nei vasi prende il nome di tonaca media e nel cuore di miocardio. - Ancor più all’esterno, sia nei visceri sia nei vasi, è presente la tonaca avventizia o la tonaca sierosa (che nel cuore prende il nome di epicardio). - TONACA MUCOSA La tonaca mucosa è formata, procedendo dall’interno all’esterno, da un epitelio di rivestimento (svolge funzioni protettive e di scambio), da una lamina propria (svolge funzioni di sostegno e trofiche) e da una muscularis mucosae (assicura la motilità). La struttura istologica della tonaca mucosa è stata descritta durante la lezione sulla membrana mucosa. - TONACA INTIMA La tonaca intima degli organi cavi dell’apparato circolatorio si trova a diretto contatto con sangue e linfa. La tonaca intima è formata, internamente da endotelio (che con la sua continuità impedisce la coagulazione del sangue), esternamente da uno strato sottoendoteliale (svolge funzioni di sostegno e trofiche). -TONACA SOTTOMUCOSA La tonaca sottomucosa è presente solamente nella parete degli visceri cavi dell’apparato digerente ed è formata da connettivo lasso (svolge la funzione di svincolare la mucosa dagli strati più esterni). Inoltre questo strato contiene importanti dispositivi vascolari e nervosi. - TONACA MUSCOLARE La tonaca muscolare dei visceri cavi è per lo più costituita da fasci di miocellule diversamente orientati per facilitare i movimenti di tipo peristolico e peristaltico. 24 di 137 - TONACA MEDIA La tonaca media degli organi dell’apparato circolatorio ha una costituzione prevalentemente muscolare nel cuore (miocardio) e in alcune arterie e vene, elastica nelle grosse arterie, oppure fibrosa in alcune vene di piccolo calibro. La costituzione assicura il corretto funzionamento dell’organo cavo. - TONACA AVVENTIZIA La tonaca avventizia si trova nei visceri e nei vasi ed è formata da tessuto connettivo denso (svolge la funzione di ancoraggio tramite i legamenti che prendono direttamente attacco in questa tonaca). - TONACA SIEROSA Il cuore e alcuni visceri cavi, situati nell’addome e nella pelvi, presentano sulla loro superficie uno strato avvolgente detto tonaca sierosa, che sostituisce la tonaca avventizia. La struttura istologica della tonaca sierosa è stata descritta durante la lezione sulla membrana sierosa. Nel caso del cuore prende il nome di pericardio, nei visceri addominali e pelvici peritoneo. ORGANI PIENI: La struttura degli organi pieni è più complessa da generalizzare, tuttavia si possono riconoscere tre componenti fondamentali: la capsula, lo stroma e il parenchima. Tutti gli organi pieni sono avvolti da un foglietto di avvolgimento esterno che prende il nome di capsula. La capsula è prevalentemente formata da connettivo denso che portandosi in profondità origina dei setti (setti della capsula), i setti si dividono in lamine più sottili, cosicché l'organo viene suddiviso in varie concamerazioni più o meno ampiamente comunicanti tra loro. Si dice quindi che l’organo pieno viene suddiviso in lobi, i quali vengono suddivisi in lobuli. La capsula ed i setti costituiscono un reticolo tridimensionale che forma l’impalcatura dell’organo, detto stroma. Lo stroma rappresenta anche un dispositivo di supporto e di guida per i vasi, nervi ed eventuali dotti escretori dell’organo. Lo stroma connettivale contiene una quantità variabile di fibre elastiche e cellule muscolari lisce. A livello della capsula è possibile identificare una regione attraverso la quale passano vasi, nervi e condotti escretori dell'organo: la zona è detta ilo. Il parenchima è costituito dalle cellule specializzate dell’organo disposto in forma di nidi, cordoni, tubuli, follicoli, alveoli, accolti nello stroma. Dal punto di vista funzionale, spettano al parenchima tutte le attribuzioni caratteristiche dell’organo. TESSUTO MUSCOLARE: Il tessuto muscolare è specializzato per contrarsi quando è stimolato, per esercitare così una forza fisica su altri tessuti, organi, o liquidi. Per esempio, un muscolo scheletrico tira un osso agendo come una leva, il cuore si contrae ed eietta il sangue, la vescica si contrae ed espelle l’urina. Esistono tre tipi istologici di muscolo: scheletrico, cardiaco e liscio; tutti differiscono nell’aspetto, nella fisiologia e nella funzione. - Il muscolo scheletrico viene anche definito come striato e volontario. Il primo termine si riferisce all’alternanza di bande chiare e scure, o striature; mentre il secondo termine si riferisce al fatto che di solito noi esercitiamo un controllo conscio dei muscoli scheletrici. - Il muscolo cardiaco è limitato al cuore, è striato ma differisce dal muscolo scheletrico perché involontario, non è sotto un controllo cosciente. - Il muscolo liscio non presenta le striature ed è involontario. Muscolo scheletrico I muscoli scheletrici svolgono 5 funzioni fondamentali: (1) sono responsabili dei movimenti dello scheletro, (2) permettono il mantenimento della postura, (3) offrono supporto ai tessuti molli, (4) regolano l’entrata e l’uscita di materiale (5) producono calore durante la contrazione. 25 di 137 Ciascun muscolo scheletrico è circondato da tre strati concentrici di tessuto connettivo, in continuità tra di loro: 1. L’epimisio delimita l’intero muscolo, isolandolo dai restanti tessuti (connettivo denso irregolare). 2. Il perimisio circonda gruppi più o meno numerosi di fibre, denominati fascicolo; contiene i vasi e i nervi che si portano all’endomisio (tessuto connettivo lasso). 3. L’endomisio circonda ciascuna fibra muscolare, connettendola alle fibre circostanti ed è attraversata dai capillari sanguigni (tessuto connettivo lasso). Sparse tra l’endomisio si trovano le cellule satelliti, cellule staminali deputate a riparare il danno muscolare. MUSCOLO SCHELETRICO: Il muscolo scheletrico è costituito da lunghe cellule fusiformi chiamate fibre muscolari. Le fibre muscolari sono polinucleate, i nuclei sono stipati a ridosso del versante interno della membrana plasmatica. La membrana plasmatica di una fibra muscolare è denominata sarcolemma e il suo citoplasma sarcoplasma. Il sarcoplasma è occupato principalmente da lunghi fasci costituiti dall’aggregazione di filamenti proteici, le miofibrille. La maggior parte degli organuli intracellulari, come i mitocondri, è densamente impacchettata negli spazi compresi tra le miofibrille. Il reticolo endoplasmatico liscio, in queste cellule chiamato reticolo sarcoplasmatico, forma un reticolo tubulare attorno a ciascuna miofibrilla e presenta, a intervalli regolari, dilatazioni denominate cisterne terminali che attraversano tutta la fibra. Il sarcolemma presenta delle invaginazioni tubulari denominate tubuli trasversi (tubuli T), che attraversano tutta la fibra. Ogni tubulo T è associato a due cisterne terminali, che corrono al suo fianco. Il tubulo T porta i segnali elettrici dalla superficie della cellula all’interno ed induce i canali del reticolo sarcoplasmatico a rilasciare Ca2+ nel citosol, attivando la contrazione muscolare. Miofibrille e Sarcomero: La maggior parte della fibra muscolare è piena di miofibrille. La disposizione delle miofibrille parallele all’asse longitudinale della cellula muscolare ne determina il caratteristico aspetto striato quando osservato al microscopio. Infatti, essa appare striata trasversalmente per il regolare alternarsi, lungo il suo asse longitudinale, di bande chiare e scure. Le bande scure vengono definite bande A (dArk), le bande chiare bande I (lIght). Inoltre ogni banda I risulta divisa in due parti uguali da una stria sottile, detta linea Z o disco Z. A sua volta, ogni banda A presenta, nella parte centrale, una zona più chiara, detta banda H (stria di Hensen), attraversata al centro da una linea molto sottile, linea M. L’unità morfofunzionale della miofibrilla è il sarcomero, spazio compreso tra da due linee Z. Miofilamenti: Ogni miofibrilla è composta da microfilamenti paralleli di proteine chiamati miofilamenti. Posso essere distinti due miofilamenti e diverse proteine di sostegno del sarcomero. I filamenti spessi sono costituiti da molte centinaia (circa 500) di molecole di miosina, per questo motivo anche detti filamenti di miosina. La miosina ha la forma di una mazza da golf con due catene che si avvolgono a formare una coda bastoncelliforme e una doppia testa globulare che si proietta all’esterno formando con essa un angolo. La miosina è costituita da due catene pesanti, 26 di 137 che si estendono per tutta la lunghezza della coda, e quattro catene leggere, localizzate nelle teste. I filamenti sottili sono composti principalmente da due fasci spiralizzati di actina fibrosa (F-actina), che assumono l’aspetto di una doppia elica. Ciascuna F-actina è formata da subunità di actina globulare (G-actina). Ogni G-actina ha un sito attivo che può legarsi alla testa di una molecola di miosina. Inoltre il filamento sottile è composto da un’altra proteina chiamata tropomiosina (circa 40-60 molecole). La tropomiosina blocca i siti attivi dell’actina e impedisce alla miosina di legarsi ad essi. Ogni molecola di tropomiosina si lega a una proteina più piccola, legante il calcio, chiamata troponina. La troponina è costituita da tre subunità: - troponina T (tropomiosina legante) unisce la troponina alla tropomiosina; - troponina C (calcio-legante) ha un sito di legame per il calcio; - troponina I (inibitoria) inibisce il legame tra actina e miosina. Proteine di sostegno del sarcomero: Oltre alle proteine che costituiscono i miofilamenti spessi e sottili esistono molte altre proteine che contribuiscono al corretto funzionamento del sarcomero. Tra queste, le più note sono la titina, l’alfa-actinina e la distrofina. La titina è una proteina gigante che si estende dalla linea Z alla linea M. A livello della linea Z, la titina si lega all’alfa-actinina tramite la telethonina, mentre a livello della linea M si lega alla miomesina. La titina, insieme alla nebulina, permette il corretto allineamento dei filamenti all’interno del sarcomero durante la formazione di un nuovo sarcomero o la riparazione di un sarcomero danneggiato. Inoltre, la titina presenta un’elevata capacità elastica che viene attribuita di conseguenza anche al sarcomero. L’alfa-actinina è una delle componenti delle linee Z che controlla il corretto allineamento dei filamenti di actina. La distrofina lega il sarcolemma ai filamenti di alfa-actinina, trasmette la forza prodotta dalla contrazione del sarcomero verso le strutture extracellulari del muscolo (endomisio). I difetti genetici della distrofina sono responsabili della distrofia muscolare. Miofibrille e Sarcomero: L’unità morfofunzionale della miofibrilla è il sarcomero, spazio compreso tra da due linee Z. Le miofibrille, disposte parallelamente all’asse longitudinale della cellula muscolare, determinano il caratteristico aspetto striato (per il regolare alternarsi di bande chiare e scure). Struttura microscopiche del sarcomero: bande A (dArk), bande I (lIght), linea Z o disco Z, banda H, linea M. - La banda I contiene solo i filamenti sottili che, dalle due estremità del sarcomero, attraversano la zona di sovrapposizione per terminare a livello della banda H. 27 di 137 - L’area che contiene i filamenti spessi viene chiamata banda A, e comprende la linea M; - la banda H contiene solamente i filamenti spessi; la zona di sovrapposizione è costituita dai filamenti sottili che decorrono tra i filamenti spessi (sovrapposizione dei filamenti). In sezione trasversale si può notare, in diverse posizioni del sarcomero, l’organizzazione dei miofilamenti specialmente nella zona di sovrapposizione, dove ciascun filamento sottile giace all’interno di un triangolo delimitato da 3 filamenti spessi e ogni filamento spesso è circondato da 6 filamenti sottili. Miofilamenti: Ogni miofibrilla è composta di microfilamenti paralleli di proteine chiamati miofilamenti. Posso essere distinti due miofilamenti (filamenti spessi o di miosina e filamenti sottili o di actina) e diverse proteine di sostegno del sarcomero, le più note sono: Titina, Alfa-actinina, Distrofina. TESSUTO MUSCOLARE CARDIACO: Il muscolo cardiaco è striato come il muscolo scheletrico, ma presenta molte differenze strutturali e fisiologiche. I miociti cardiaci (miocardiociti o cardiociti) sono cellule relativamente corte, grosse. Le parti terminali delle cellule sono leggermente ramificate, come un tronco con intagli alla fine. Con queste ramificazioni, ogni miocardiocita si mette in contatto con altri miocardiociti, al fine di creare un network. Il miocardiocità è mononucleato e spesso il nucleo è circondato da glicogeno. Il reticolo sarcoplasmatico è meno sviluppato che nel muscolo scheletrico; manca di cisterne terminali, anche se ha sacchi simili a piedi associati con i tubuli T. I tubuli T sono molto più grandi che nei muscoli scheletrici. I cardiociti sono molto ricchi mitocondri. I cardiociti sono uniti alle loro estremità l’uno all’altro da sistemi di connessione chiamati dischi intercalari, provvisti di tre caratteri distintivi che non si ritrovano nel muscolo scheletrico: - pieghe interdigitanti, - giunzioni meccaniche - giunzioni elettriche. Pieghe interdigitanti: La membrana plasmatica si ripiega formando delle grinze all’estremità della cellula. Queste pieghe delle cellule adiacenti combaciano reciprocamente ad aumentano l’area superficiale di contatto intercellulare. Giunzioni meccaniche: Le cellule sono strettamente unite da due tipi di giunzione meccaniche: la fascia adherens e i desmosomi. La fascia adherens è una banda estesa a livello della quale l’actina dei miofilamenti sottili si ancora alla membrana plasmatica ed ogni cellula si lega alla successiva tramite proteine transmembrana (così i miofilamenti chesi contraggono in una cellula sono capaci di esercitare una trazione indiretta sui miofilamenti delle cellule adiacenti). I desmosomi sono una sorta di saldatura che impedisce ai cardiociti di separarsi durante la contrazione. Giunzione elettrica: I dischi intercalari contengono anche le gap junction, che formano canali che permettono agli ioni di fluire dal citoplasma di un cardiocita direttamente nel successivo. Esse consentono a ciascun cardiocita di stimolare elettricamente le cellule adiacenti. TESSUTO MUSCOLARE LISCIO: Il muscolo liscio è composto da miociti fusiformi. Nella cellula c’è un solo nucleo, posizionato centralmente. Sono presenti filamenti sottili e spessi, ma non sono allineati e quindi non producono le striature. Le linee Z sono assenti, ma i filamenti sottili sono attaccati tramite il citoscheletro ai corpi densi. 28 di 137 Il reticolo sarcoplasmatico è scarso ed i tubuli T sono assenti. Il calcio è pompato dal liquido extracellulare attraverso i canali del calcio nel sarcolemma. Durante il rilassamento il calcio è pompato fuori dalla cellula. Ci sono due tipi funzionali di muscolo liscio: - Muscolo liscio multiunitario - Muscolo liscio monounitario Il muscolo liscio multiunitario si localizza in alcune delle più grandi arterie e vie aeree polmonari, nei muscoli piloerettori dei follicoli piliferi e nell’iride dell’occhio. La sua innervazione, sebbene autonoma, è per il resto simile a quella del muscolo scheletrico. Le ramificazioni terminali di una fibra nervosa formano delle sinapsi con i singoli miociti e costituiscono un’unità motoria. Ciascuna unità motoria si contrae indipendentemente dalle altre, da cui il nome di questo tipo muscolare. Il muscolo liscio monounitario è più diffuso nel nostro organismo. È localizzato nella gran parte dei vasi sanguigni e a livello degli apparati digestivo, respiratorio, urinario e riproduttivo- per questo motivo è anche chiamato muscolo viscerale. Le fibre nervose in questo tipo di muscolo non formano sinapsi con singole cellule muscolari, ma passano attraverso il tessuto e presentano rigonfiamenti chiamati varicosità a livello delle quali esse rilasciano neurotrasmettitori. I neurotrasmettitori stimolano non selettivamente molte cellule muscolari in prossimità di una varicosità. Le cellule muscolari sono elettricamente accoppiate l’una all’altra da gap junctions. Per questo si stimolano direttamente tra loro e un gran numero di cellule si contrae come un’unità, come se fosse un’unica cellula (questo è il motivo della sua denominazione). Le proteine principali sono le proteine contrattili actina e miosina, organizzate in filamenti sottili e spessi. I corpi densi e aree dense sono formazioni compatte da cui si originano i filamenti sottili e i filamenti intermedi. Come nel muscolo scheletrico, la contrazione avviene per formazione di legami tra testa della miosina e monomero di actina e l’accorciamento è dovuto allo scorrimento dei filamenti sottili sui filamenti spessi. Ma poiché questi filamenti non sono disposti parallelamente ma formano una rete tridimensionale e a causa dell’inserimento dei filamenti sottili nei corpi e nelle aree dense,durante la contrazione le cellule assumono una forma rotondeggiante con tipici rigonfiamenti nei punti di ancoraggio. CONTRAZIONE MUSCOLARE: Il processo di contrazione muscolare venne spiegato con la teoria dello scivolamento dei filamenti. L’accorciamento di tutti i sarcomeri delle miofibille di una fibra muscolare determina la riduzione della sua lunghezza e quindi la contrazione. Durante la contrazione muscolare, a livello dei sarcomeri si osservano i seguenti cambiamenti: (1) le bande H e I si restringono, (2) la zona di sovrapposizione si allarga, (3) le linee Z si avvicinano l’una all’altra, (4) l’ampiezza della banda A rimane costante durante tutto il processo. Queste osservazioni portarono a ritenere corretta la teoria, secondo la quale le teste della miosina dei filamenti spessi si legano a specifici siti attivi presenti sui filamenti sottili. 29 di 137 Quando si realizzano i ponti trasversali, la testa di miosina si flette verso la linea M, trascinando il filamento sottile verso il centro del sarcomero. A questo punto, i ponti trasversali si staccano e ritornano nella loro posizione originale, pronti a ripetere il ciclo di “attacco, spostamento, distacco e ritorno”. In conseguenza a questo meccanismo, le linee Z si spostano verso la linea M e il sarcomero si accorcia. Le nuove tecniche istologiche hanno confermato questa teoria. Gli eventi meccanici che determinano l’accorciamento del sarcomero sono conseguenti ad una serie di eventi molecolari, innescati da uno stimolo nervoso che raggiunge la fibra muscolare attraverso la placca motrice: a) In condizione di riposo le teste della miosina, che legano una molecola di ADP (adenosindifosfato) e una di fosfato inorganico (P), non possono interagire con i siti di legame presenti sul filamento di actina, dal momento che questi sono mascherati dalla tropomiosina. b) a-b) La depolarizzazione della membrana cellulare, innescata dal neurotrasmettitore rilasciato a livello della giunzione neuromuscolare, si propaga ai tubuli T causando l’apertura dei canali del calcio del reticolo sarcoplasmatico e, in particolare, di quelli delle cisterne terminali. Gli ioni Ca2+, sequestrati nel reticolo sarcoplasmatico durate la fase di riposo, si diffondono tra le miofibrille circostanti legandosi alla subunità C della troponina. Il legame tra il calcio e la subunità C della troponina determina una modificazione della molecola che sposta la tropomiosina, esponendo i siti di interazione tra actina e miosina. b) Le teste di miosina possono legarsi al sito di legame posto sul filamento di actina. Questo legame causa un cambiamento della conformazione delle teste della miosina e il conseguente distacco dell’ADP e del P. c) Il distacco dell’ADP e del P determina la flessione della testa della miosina verso la linee Z che esercita una trazione sul filamento di actina, spingendolo verso il centro del sarcomero. d) A questo punto il sito di interazione per l’ATP (adenosintrifosfato), posto sulla testa della miosina, è libero ed una nuova molecola di ATP si può legare al sito. Questo evento induce un nuovo cambiamento di conformazione della testa di miosina che si stacca dal sito di interazione con l’actina. Nel frattempo, l’enzima ATPasi scinde l’ATP in ADP + P e l’energia liberata riporta la testa della miosina nella posizione di riposo (a). L’interazione tra la miosina e l’actina coinvolge siti posti in successione lungo tutto il filamento sottile, con una trazione continua dei filamenti sottili verso il centro del sarcomero. Se lo stimolo nervoso è continuo, il processo si ripete con una frequenza variabile da una a tre volte al secondo. Quando lo stimolo cessa, gli ioni calcio vengono sequestrati dal reticolo sarcoplasmatico e la tropomiosina maschera nuovamente i siti di interazione tra actina e miosina, determinando la fine della contrazione. Al ritorno alle condizioni di riposo della fibra muscolare, che avviene passivamente, contribuiscono le forze elastiche che si sviluppano nel muscolo, grazie alla titina e ai tre strati di tessuto connettivo. LUNGHEZZA OTTIMALE DEL SARCOMERO: Se il sarcomero è troppo corto o troppo lungo, l’efficienza della contrazione viene compromessa. 30 di 137 La forza di contrazione di un muscolo dipende dal numero di ponti trasversi che si formano tra i filamenti spessi e quelli sottili. Questo numero varia in funzione dei gradi di allungamento delle fibre. Quando il muscolo è eccessivamente stirato il numero di ponti trasversi è limitato, riducendo significativamente la forza sviluppata. Lo stesso si verifica se il muscolo è eccessivamente accorciato, perché non possono crearsi nuovi legami tra le teste della miosina e i siti di legame dell’actina. —> Il range normale della lunghezza del sarcomero nel corpo è il 75-130% della sua lunghezza ottimale. UNITA’ MOTORIA E PLACCA MOTRICE: Placca motrice: Il neurone che prende sinapsi con una o più fibre muscolari viene chiamato, motoneurone alfa. L’assone di un motoneurone entra nel muscolo e si ramifica ripetutamente nel perimisio e nell’endomisio. Ciascun ramo forma una sinapsi specializzata chiamata giunzione neuromuscolare. La superficie della fibra muscolare, che è in rapporto con il bottone sinaptico, è definita placca motrice. Nei bottoni sinaptici viene rilasciato il neurotrasmettitore, l’acetilcolina (Ach). La placca motrice è ricca di recettori per l’Ach e di acetilcolinsterasi, enzima capace di inattivare l’Ach. L’arrivo di un potenziale d’azione nel bottone sinaptico, induce il rilascio di Ach che si diffonde nello spazio sinaptico, legandosi ai recettori dell’Ach presenti sulla placca motrice. Il legame tra il neurotrasmettitore e il recettore innesca un potenziale d’azione lungo tutta la fibra che comporta il rilascio di ioni Ca dal reticolo sarcoplasmatico e quindi la contrazione muscolare. RIEPILOGO CONTRAZIONE MUSCOLARE: Unità motoria: L’unità motoria è formata dall’insieme di un singolo motoneurone e dalle fibre da esso controllate. Il numero di fibre per unità motoria può variare molto (da 2-3 fino a 2000). Quante più fibre sono innervate da un motoneurone minore è la sua precisione, al contrario, minore è il numero di fibre innervate e maggiore sarà il controllo da parte del motoneurone. Un muscolo scheletrico si contrae quando le sue unità motorie vengono stimolate. La forza prodotta da un muscolo dipende dal numero di unità motorie stimolate e dalla frequenza di stimolazione (argomento che sarà trattato in fisiologia). 31 di 137 Tutte le fibre di un’unità motoria si contraggono contemporaneamente, e l’intensità della forza esercitata dall’intero muscolo dipende dal numero di unità motorie attivate e dal numero di fibre innervate da ogni motoneurone. Sensibilità propriocettiva: La sensibilità propriocettiva del muscolo viene rilevata da particolari recettori, detti organi muscolotendinei di Golgi e fusi neuromuscolari, i quali forniscono informazioni che si integrano a vicenda. Gli organi muscolotendinei di Golgi si trovano a livello delle giunzioni muscolotendinee, hanno una forma fusata e sono disposti in serie con le fibre muscolari. Sono costituiti da fascetti di fibre collagene del tendine avvolti da una capsula connettivale. Una o più fibre sensitive penetrano nella capsula e si avvolgono sui fascetti di fibre collagene. La loro attivazione è responsabile del riflesso miotatico inverso, che determina il rilassamento del muscolo e la contrazione dei muscoli antagonisti. I fusi neuromuscolari, disposti in parallelo con le fibre muscolari, hanno forma fusata e sono costituiti da fibre muscolari intrafusali (molto piccole) avvolte da una capsula. Le fibre intrafusali sono disposte a sacco nucleare o a catena nucleare.Le fibre muscolari intrafusali sono innervate sia da fibre sensitive che fibre motorie. Le fibre sensitive sono di due tipi: terminazioni anulospirali (meccanocettori a rapido adattamento) che si avvolgono a spirale interno alla zona centrale delle fibre intrafusali, terminazioni a fiorami (meccanorecettori a lento adattamento) che si mettono in rapporto con le fibre a catena nucleare, sui lati estremi. Questo sistema invia al SNC informazioni sulla lunghezza delle fibre muscolari extrafusali (tutto il muscolo), dell’attività del muscolo e della sua velocità di contrazione. L’innervazione motoria del fuso neuromuscolare avviene attraverso i motoneuroni gamma (fibre efferenti), che terminano in prossimità delle estremità delle fibre muscolari. L’innervazione motrice permette alle fibre muscolari intrafusali di adattarsi alle modificazioni di lunghezza del muscolo e di continuare ad inviare informazioni al SNC anche quando, durante la contrazione, la lunghezza del muscolo si riduce. I fusi neuromuscolari sono responsabili del riflesso miotatico o riflesso di stiramento, che comporta la contrazione del muscolo in risposta allo stiramento delle fibre intrafusali. 32 di 137 TESSUTO NERVOSO NEURONE L’unità funzionale del sistema nervoso è la cellula nervosa, o neurone. Queste cellule hanno tre caratteristiche: 1. Eccitabilità: Tutte le cellule sono eccitabili, cioè rispondono a modificazioni ambientali denominate stimoli, ma i neuroni hanno questa capacità altamente sviluppata. 2. Conducibilità: I neuroni rispondono agli stimoli generando segnali elettrici che sono velocemente trasmessi ad altre cellule localizzate a distanza. 3. Secrezione: Quando il segnale elettrico raggiunge la terminazione di una fibra nervosa, il neurone secerne un neurotrasmettitore chimico che attraversa lo spazio sinaptico e stimola la cellula successiva. STRUTTURA DEL NEURONE Le strutture essenziali del neurone sono: - Il pirenoforo (o soma o corpo cellulare), - I dendriti, - Il monticolo assonico, - L’assone (Un neurone non ha mai più di un assone), - L’arborizzazione terminale, - Il bottone sinaptico (o bottone terminale) Ci sono diversi tipi di neuroni, ma al momento descriveremo il neurone tipo. Il centro di controllo del neurone è il pirenoforo, detto anche soma o corpo cellulare. Il neurone è provvisto di un singolo nucleo e un grande nucleolo. Il citoplasma contiene mitocondri, lisosomi, un complesso di Golgi, inclusioni, un reticolo endoplasmatico rugoso e un citoscheletro diffuso. Il citoscheletro consiste di una fitta rete di microtubuli e neurofibrille (fasci di filamenti di actina) che compartimentalizzano il reticolo endoplasmatico rugoso in regioni di colore scuro chiamate corpi di Nissl. Le inclusioni citoplasmatiche più importanti sono: glicogeno, gocciole lipidiche, melanina e lipofuscina. Dal pirenoforo hanno origine alcuni sottili processi che si ramificano in un gran numero di dendriti, chiamati così per la loro forte somiglianza con i rami spogli di un albero. I dendriti rappresentano il sito principale per la ricezione dei segnali. Maggiore è il numero di dendriti, maggiore sarà la capacità del neurone di elaborare informazioni. Inoltre la disposizione dei dendriti non è casuale, ma sono disposte in maniera estremamente precisa. Ad un polo del soma c’è una protuberanza chiamata monticolo assonico, dal quale origina l’assone (fibra nervosa). Il monticolo assonico e il primo tratto dell’assone (segmento iniziale) sono collettivamente chiamati zona trigger (grilletto) perché questo è il luogo dove, generalmente, si origina il potenziale d’azione: i cambiamenti elettrici che costituiscono il segnale nervoso. Un assone è specializzato per la conduzione rapida di un segnale nervoso in punti molto lontani dal soma. L’assone è di forma cilindrica e relativamente non ramificato per la maggior parte della sua lunghezza, sebbene può dare origine a poche ramificazioni chiamate collaterali assonici. Alla sua estremità distale la maggior parte degli assoni si ramifica ampiamente. Un neurone non ha mai più di un assone. Il citoplasma degli assoni è chiamato assoplasma e la sua membrana è chiamata assolemma. All’estremo distale un assone di solito ha un arborizzazione 33 di 137 terminale, un esteso complesso di fini ramificazioni. Ogni ramificazione termina in un bottone sinaptico (bottone terminale). Il bottone sinaptico è un piccolo rigonfiamento che forma una giunzione (sinapsi) con una cellula muscolare, una cellula ghiandolare o un altro neurone. Ogni neurone può comunque fare sinapsi con un solo tipo di cellula. Tipologie Neuronali: Non tutti i neuroni hanno la struttura tipo. I neuroni sono classificati in base al numero e alla struttura dei processi che si dipartono dal pirenoforo. - I neuroni multipolari hanno un assone e molti dendriti. Questi rappresentano il tipo più comune ed includono la maggior parte dei neuroni dell’encefalo e del midollo spinale. - I neuroni bipolari hanno un solo assone ed un solo dendrite. Esempi di questo tipo includono le cellule olfattorie, certi neuroni della retina e i neuroni sensitivi dell’orecchio. - I neuroni unipolari (o pseudounipolari) hanno un singolo processo che abbandona il pirenoforo. Sono rappresentati dai neuroni trasportano segnali sensitivi al midollo spinale. - I neuroni anassonici hanno multipli dendriti ma non posseggono un assone. Comunicano attraverso i loro dendriti e non generano potenziali d’azione. Questi neuroni sono localizzati nell’encefalo, nella retina e nella midollare del surrene. Sinapsi: Il punto di incontro tra un neurone e qualsiasi altra cellula è chiamato sinapsi. L’altra cellula può essere una cellula muscolare, ghiandolare o un neurone. Le sinapsi rendono possibile l’integrazione neuronale, cioè l’elaborazione dell’informazione. Ognuna è un dispositivo “per prendere decisioni” che determina se una seconda cellula risponderà al segnale che proviene dalla prima. Ogni neurone può avere un numero enorme di sinapsi e la capacità di elaborare una grande quantità di informazioni. Un segnale nervoso arriva ad una sinapsi attraverso il neurone presinaptico, poi può continuare la sua via attraverso il neurone postsinaptico. Quando un assone presinaptico termina sul dendrite di un neurone postsinaptico, si dice che le due cellule formano una sinapsi asso-dendritica. Quando l’assone presinaptico termina sul soma della cellula vicina, esso forma una sinapsi asso- somatica. Quando termina sull’assone della cellula vicina, esso forma una sinapsi asso-assonica.Una sinapsi tra un neurone e un altro citotipo è detta giunzione neuroeffettrice. Sinapsi: chimiche ed elettriche Le sinapsi sono di due tipi: - chimiche (o vescicolari) - elettriche (o non vescicolari). Una sinapsi chimica è una giunzione a livello della quale il neurone presinaptico libera un neurotrasmettitore per stimolare la cellula postsinaptica. Ci sono più di 100 neurotrasmettitori. Alcuni neurotrasmettitori sono eccitatori e tendono a generare un segnale nervoso nella cellula postsinaptica (come ad esempio: acetilcolina, glutammato e aspartato). 34 di 137 Altri neurotrasmettitori sono inibitori e sopprimono le risposte nella cellula postsinaptica (come ad esempio: GABA e glicina). Struttura sinapsi chimica: In una sinapsi chimica, il ramo terminale della fibra nervosa presinaptica finisce nel bottone sinaptico, che è separato dalla cellula vicina da uno spazio chiamato fessura sinaptica (20-40 nm). Il bottone sinaptico contiene vescicole secretorie legate alla membrana chiamate vescicole sinaptiche, che contengono il neurotrasmettitore. Il contenuto di queste vescicole viene liberato nello spazio sinaptico non appena il potenziale d’azione giunge al bottone sinaptico. A questo punto il neurotrasmettitore si lega ai recettori specifici per il neurotrasmettitore posti sulla membrana del neurone postsinaptico. Il legame tra il neurotrasmettitore e il recettore induce una stimolazione della cellula postsinaptica. La risposta dipende dal neurotrasmettitore e dal tipo di recettore. Un segnale viaggia attraverso una sinapsi chimica sempre solo in una direzione, dalla cellula presinaptica con vescicole sinaptiche alla cellula postsinaptica con recettori per il neurotrasmettitore. Pool e circuiti neurali: I neuroni funzionano in insiemi chiamati pool neurali. Un pool neurale può essere formato da migliaia di milioni di interneuroni coinvolti in una funzione particolare del corpo. Il funzionamento di un pool neurale dipende dall’organizzazione anatomica dei suoi neuroni. Le interconnessioni tra i neuroni sono chiamate circuiti neurali. - In un circuito seriale, l’informazione viene trasportata mediante una sequenza di singoli neuroni o di pool di neuroni. - In un circuito divergente, una fibra nervosa si ramifica e contrae sinapsi con diverse cellule postsinaptiche. Ciascuna di queste può contrarre sinapsi con molte altre, così l‘impulso proveniente da un neurone può produrre una risposta che coinvolge dozzine di neuroni. - Un circuito convergente è l’opposto di uno divergente, il segnale in ingresso proveniente da diverse fibre nervose viene fatto convergere per raggiungere un solo neurone. Sistema utile per una risposta che deve tener conto di diversi fattori. - In un circuito in parallelo, la stessa informazione viene elaborata contemporaneamente da diversi neuroni o pool di neuroni, circuito utile per elaborare risposte diverse ad uno stimolo. - In un circuito riverberante, gli assoni collaterali tornano indietro, verso la sorgente dell’impulso e stimolano ulteriormente i neuroni presinaptici. Questi circuiti rimangono attivi fino a quando non sopraggiunge l’affaticamento sinaptico o uno stimolo inibitorio. 35 di 137 NEVROGLIA: Il tessuto nervoso, oltre che dai neuroni, è composto da altre cellule di sostegno definite nevroglia (neuroglia o cellule gliali). Le cellule gliali proteggono i neuroni e li aiutano nella loro funzione. Un neurone maturo, dove non è in contatto sinaptico con un’altra cellula, è ricoperto da cellule gliali. Questo impedisce ai neuroni di entrare in contatto reciproco eccetto che nei punti specializzati per la trasmissione del segnale e questo conferisce precisione. Ci sono sei tipi di cellule gliali, ciascuno dotato di una funzione particolare. Quattro si trovano solo nel sistema nervoso centrale (SNC) mentre gli altri due tipi si trovano nel sistema nervoso periferico (SNP). Nevroglia del SNC: - Gli OLIGODENDROCITI hanno una forma simile a quella di un polpo e possiedono un corpo a forma di bulbo con circa 15 processi tentacolari. Ciascun processo raggiunge una fibra nervosa e si avvolge attorno all’assone, come un nastro isolante si avvolge ripetutamente attorno a un filo elettrico. Questo avvolgimento, chiamato guaina mielinica, isola la fibra nervosa dal fluido extracellulare aumentandone la velocità di conduzione del segnale. - Le CELLULE EPENDIMALI hanno la forma di un epitelio cubico che riveste le cavità interne dell’encefalo e del midollo spinale. Diversamente dalle vere cellule epiteliali, non hanno una membrana basale e sono provviste di processi a forma di radice che penetrano all’interno del tessuto sottostante. Le cellule ependimali producono il liquido cerebrospinale (LCS) o liquido cefalorachidiano. - Le MICROGLIA sono piccoli macrofagi che originano da cellule staminali correlate ai leucociti chiamati monociti. Queste cellule perlustrano il SNC, emettendo le loro estensioni digitiformi per individuare e fagocitare detriti cellulari o microrganismi del tessuto. Si concentrano in aree danneggiate da infezioni, traumi o eventi ischemici. - Gli ASTROCITI sono le cellule gliali più abbondanti nel SNC e costituiscono più del 90% del tessuto in alcune aree dell’encefalo. Essi ricoprono l’intera superficie encefalica e la maggior parte delle regioni non sinaptiche dei neuroni nella sostanza grigia del SNC. Il loro nome deriva dalla loro forma pluri-ramificata, a stella. Gli astrociti possiedono numerose funzioni: Formano una rete di sostegno per il tessuto nervoso. Hanno estensioni citoplasmatiche (pedicelli perivascolari), che prendono contatto con i capillari e li stimolano a formare una barriera chiamata barriera ematoencefalica. Questa barriera isola il sangue dal tessuto encefalico e limita l’ingresso di sostanze che possono raggiungere le cellule dell’encefalo, proteggendo in questo modo i neuroni. Convertono il glucosio ematico in lattato e lo forniscono ai neuroni come nutrimento. 36 di 137 Secernono fattori di crescita neuronale che favoriscono la crescita dei neuroni e la formazione delle sinapsi. Possono influenzare la segnalazione sinaptica Assorbono i neurotrasmettitori ed impediscono che raggiungono livelli troppo alti. Formano tessuto cicatriziale quando i neuroni sono danneggiati. Nevroglia del SNP: Le CELLULE DI SCHWANN, o neurilemmociti, ricoprono gli assoni delle fibre nervose del SNP, formando un manicotto chiamato neurilemma. Nella maggior parte dei casi una cellula di Schwann si avvolge ripetutamente intorno ad una fibra nervosa e produce una guaina di mielina tra il neurilemma e la fibra nervosa. Questa è simile alla guaina mielinca prodotta dagli oligodendrociti nel SNC, ma ci sono differenze nel modo di produzione della mielina. Gli assoni dei neuroni del SNP sono molto più lunghi degli assoni dei neuroni del SNC e per questo è necessario che diverse cellule di Schwann ricoprano una singola fibra. Di conseguenza, la guaina mielinica è segmenta: gli intervalli sono chiamati nodi di Ranvier, mentre i segmenti ricoperti da mielina sono chiamati internodi. Le CELLULE SATELLITI circondano i corpi cellulari nel SNP. Provvedono a mantenere un isolamento elettrico attorno ai neurosomi e regolano la composizione chimica dell’ambiente perineuronale. Fibre amieliniche: Molte fibre del SNC e del SNP sono amieliniche. Nel SNP, comunque, anche le fibre amieliniche sono ricoperte da cellule di Schwann. In questo caso, una cellula di Schwann raccoglie diverse fibre nervose in invaginazioni superficiali. La membrana plasmatica, non avvolgendosi ripetutamente attorno alla fibra come fa in una fibra mielinica, non ne aumenta la velocità di conduzione dell’impulso nervoso. Conduzione del segnale: La velocità di conduzione del segnale nervoso lungo la fibra nervosa dipende dal diametro della fibra e dalla presenza o dall’assenza di mielina. La conduzione del segnale si realizza lungo la superficie esterna di una fibra; le fibre di grandi dimensioni hanno un’area di superficie più estesa e conducono i segnali più velocemente rispetto alle fibre di piccole dimensioni. La velocità di conduzione : fibra amieliniche piccola è 0,5-2 m/sec; fibra mieleniche piccola è 3-15 m/sec; fibra mielinica grande è 120 m/sec. Rigenerazione del tessuto nervoso: La rigenerazione del tessuto nervoso è possibile, anche se molto limitata. Nel particolare, le cellule di Schwann giocano un ruolo chiave nella rigenerazione dell’assone danneggiato. Nel caso in cui un assone venga reciso, la porzione di assone distale si deteriora e viene fagocitato dai macrofagi. Le cellule di Schwann nell’area danneggiata si dividono al fine di creare un canale che percorre il percorso originario del neurone danneggiato (dalla porzione di assone prossimale alla cellula innervata). Questo processo viene favorito dal rilascio di neurotrofine, da parte delle cellule Schwann, che promuovono la rigenerazione assonale. La rigenerazione può richiedere da poche ore a diverse settimane. Potrebbe anche succedere che l’assone non cresca distalmente 37 di 137 lungo il cordone creato dalle cellule di Schwann, questo comporta la perdita della normale funzionalità. L’assone che si rigenera avrà più possibilità di ripristinare i giusti contatti se dopo il danno le porzioni prossimale e distale al taglio rimangono in contatto, se la circolazione sarà ripristinata e la pressione sara rimossa nel giro di pochi minuti o ore. Quando un intero nervo viene reciso, solo pochi assoni riescono a ripristinare i normali contatti sinaptici, ne risulta che la funzione di quel nervo rimarrà permanentemente alterata. Una rigenerazione limitata può avvenire all’interno del SNC, ma la situazione è resa ancora più complicata dal fatto che (1) generalmente molti più assoni sono coinvolti contemporaneamente, (2) gli astrociti producono un tessuto cicatriziale che impedisce la crescita assonale nell’area danneggiata e (3) gli astrociti rilasciano sostanze chimiche che bloccano la rigenerazione assonale. MALATTIE DELLA GUAINA MIELINICA La sclerosi multipla e la malattia di Tay-Sachs sono malattie degenerative della guaina mielinica. Nella sclerosi multipla (SM), che si presenta tipicamente ad un’età compresa tra i 20 e i 40 anni, gli oligodendrociti e le guaine mieliniche del SNC degenerano e sono sostituiti da tessuto cicatriziale rigido. La conduzione nervosa è compromessa, con effetti che dipendono da quale parte del SNC è coinvolta: diplopia, cecità, difetti di parola, nevrosi, tremori. I pazienti sperimentano una sintomatologia a carattere ondulante con fasi più lievi o altre più acute, fino alla fine ad arrivare all’allettamento. La causa della SM rimane incerta; l’ipotesi più accreditata sostiene che sia una malattia autoimmune scatenata da un’infezione virale in individui geneticamente predisposti. Non ci sono cure. Ci sono evidenze contrastanti sull’entità della diminuzione dell’aspettativa di vita che può provocare. Alcuni pazienti muoiono ad 1 anno dalla diagnosi, ma molti vivono con la SM per 25 o 30 anni. La malattia di Tay-Sachs è una malattia ereditaria riscontrata principalmente nei bambini discendenti dagli ebrei dell’Est Europa. È causata dall’anormale accumulo di un glicolipide chiamato GM2 (ganglioside) nella guaina di mielina. Il GM2 è normalmente degradato da un enzima lisosomiale che manca agli individui che sono omozigoti recessivi per l’allele di Tay-Sachs. Quando il GM2 si accumula, compromette la conduzione del segnale nervoso e il paziente tipicamente va incontro a cecità, perdita della coordinazione e demenza. I sintomi cominciano a comparire prima che il bambino arrivi all’età di un anno, la maggior parte dei pazienti muore entro l’età di 3 o 4 anni. I portatori adulti asintomatici possono essere identificati tramite un esame del sangue e informati da consulenti genetisti sul rischio di avere figli affetti dalla malattia. APPROFONDIMENTO: Ulteriori punti di riferimento utili per le descrizioni anatomiche sono mostrati in figura. In neretto sono riportati i termini anatomici e i corrispettivi aggettivi sono posti tra parentesi. Ciascuna delle parti in cui è diviso il corpo umano viene a sua volta ulteriormente suddivisa in parti di minore estensione, tuttavia omogenee e ben delimitabili attraverso precisi punti di riferimento (punti di repere). Voglio farvi notare come ogni regione venga identificata da un nome ben preciso e da precisi punti di repere fondamentali nella valutazione antropometriche. Esempio: i campioni di sangue 38 di 137 vengono generalmente prelevati da una delle vene superficiali presenti nella regione cubitale anteriore dell’arto superiore Le quattro slide successive mostrano la veduta ventrale e dorsale del arto superiore e inferiore con la suddivisione delle regioni superficiali e le corrispettiva denominazione. Ulteriore suddivisione della parete addominale anteriore: 4 quadranti o 9 differenti regioni. Due linee perpendicolari, che s’intersecano sull’ombelico, dividono l’addome in un quadrante superiore di destro (QSD), quadrante inferiore destro (QID), quadrante superiore sinistro (QSS) e quadrante inferiore sinistro (QIS). L’addome può essere suddiviso da due linee verticali chiamate emiclaveari, che attraversano il punto medio della clavicola. Queste due linee si intersecano perpendicolarmente con la linea sottocostale e la linea bisiliaca. La griglia che si compone forma 9 regioni denominate: - Ipocondriaca destra - Epigastrica - Ipocondriaca sinistra - Lombare destra - Ombelicale - Lombare sinistra - Iliaca destra - Ipogastrica - Iliaca sinistra ULTERIORE SUDDIVISIONE DELL’ADDOME: 39 di 137 Le origini dei termini medici Le caratteristiche principali dell’anatomia macroscopica hanno nomi standard internazionali prescritti in un libro intitolato Terminologia Anatomica (TA) del 1998. Circa il 90% dei termini medici di oggi sono formati da 1200 radici latine e greche (greci e romani furono i primi a studiare le strutture anatomiche e a coniare molti termini anatomici). I termini coniati da i nomi di illustri professori che hanno scoperto o studiato una particolare struttura anatomica o malattia vengono definiti eponomi, i quali forniscono pochi indizi sulla struttura (esempio: tuba di Falloppio e dotto del Sartorini) e per questo motivo non molto diffusi. Analisi dei termini medici : I termini scientifici sono tipicamente costituiti da uno o più dei seguenti elementi: - Almeno una radice che porta il significato di base della parola. Nel termine cardiologia, per esempio, la radice e’ cardi- (cuore). Molte parole hanno due o più radici, come in cardiomiopatia, le radici sono cardi- (cuore), mio- (muscolo) e pat- (patologia, malattia). - Vocali combinanti sono spesso inserite per unire le diverse radici per rendere la parola più facile da pronunciare. La lettera “o” e’ la vocale combinante più comune (come in cardiologia), ma in questo modo sono usate tutte le vocali. - Un prefisso può essere presente per modificare il significato principale della parola. Per esempio, gastrico (di pertinenza dello stomaco e del ventre di un muscolo) assume una varietà di nuovi significati quando gli vengono aggiunti dei prefissi: epigastrico (al di sopra dello stomaco), ipogastrico (al di sotto dello stomaco), endogastrico (all’interno dello stomaco) e digastrico (un muscolo con due ventri). - Un suffisso può essere aggiunto alla fine di una parola per modificare il suo significato principale. Per esempio, microscopio, microscopia, microscopico e microscopista hanno differenti significati a causa dei loro singoli suffissi. Spesso si hanno frequentemente due o più suffissi o una radice e un suffisso che vengono trattati congiuntamente come un suffisso composto; per esempio, log (studio) + ia (processo) formano il suffisso composto -logia (studio di). Ipertrofia Vs Iperplasia L’esercizio stimola la fibra muscolare a produrre più miofilamenti proteici, come risultato le miofibrille diventano più grosse. Ad un certo punto una miofibrilla grossa si divide longitudinalmente, cosicché un muscolo ben condizionato ha più miofibrille per ogni fibra muscolare di un muscolo debolmente condizionato. Il muscolo intero cresce di volume (grossezza), non per mitosi delle cellule esistenti (iperplasia), ma per ingrandimento delle cellule che esistevano già dall’infanzia (ipertrofia). Sebbene alcuni scienziati pensano, tuttavia, che le intere fibre muscolari (non solo le loro miofibrille) possano dividersi longitudinalmente quando raggiungono certe dimensioni, dando origine ad un aumento del numero delle fibre – non per mitosi, ma per un processo simile alla divisione. Concetto non accettato da tutti nella comunità scientifica perché l’iperplasia nell’uomo non è stata dimostrata pienamente. I muscoli ben esercitati sviluppano più mitocondri, più mioglobina e più glicogeno ed una densità maggiore dei capillari sanguigni. 40 di 137 ATROFIA: Quando un muscolo non è usato diminuisce di volume (si atrofizza). Questo può essere causato da lesioni del midollo spinale o da altre lesioni che interrompono le connessioni tra il nervo ed il muscolo (atrofia da denervazione), da mancanza di esercizio (atrofia da disuso), o da invecchiamento (atrofia da senescenza). La diminuzione di volume di un arto, che è stato ingessato per parecchie settimane, è un buon esempio dell’atrofia da disuso. Con la ripresa dell’esercizio il muscolo aumenta rapidamente di volume, ma se l’atrofia è progredita troppo le fibre muscolari muoiono e non sono rimpiazzate. Per questo motivo la fisioterapia è importante per il mantenimento della massa muscolare nelle persone che non sono in grado di usare i muscoli volontariamente. CLASSIFICAZIONE FUNZIONALE DELLE FIBRE MUSCOLARI: Non tutte le fibre muscolari sono simili o adeguate a eseguire il medesimo compito. Alcune rispondono lentamente, ma sono relativamente resistenti alla fatica, mentre altre rispondono più velocemente, ma altrettanto velocemente si affaticano. Queste fibre hanno parecchi nomi (in base alla caratteristica presa in considerazione [metabolismo prevalente, velocità di contrazione, colore della fibra, tipo di catena pesante della miosina]). Ossidative lente (SO= Slow Oxidative), a contrazione lenta, rosse, o fibre di tipo I : Queste fibre possiedono una quota relativamente abbondante di mitocondri, mioglobina e capillari sanguigni, e perciò un colore rosso relativamente intenso. Esse sono ben adattate alla respirazione aerobica, un mezzo per fare ATP che richiede ossigeno ma che non genera acido lattico, un fattore importante per l’affaticamento muscolare. Quindi queste fibre non si affaticano facilmente. Comunque, in risposta a un singolo stimolo, generano una scossa, o contrazione, relativamente lunga che dura circa 100 msec. Il muscolo soleo del polpaccio e i muscoli posturali del dorso sono composti principalmente da queste fibre SO, ad alta resistenza alla fatica. Glicolitiche veloci (FG= Fast Glycolytic), a contrazione veloce, bianche, o fibre di tipo II: Queste fibre sono ricche di enzimi per il metabolismo anaerobico, un processo che è indipendente dall’ossigeno, ma che produce acido lattico. Esse rispondono rapidamente, con contrazioni brevi, anche di soli 7,5 msec, ma si affaticano più facilmente delle fibre SO, per causa dell’acido lattico. Esse sono più povere di mitocondri, mioglobina e capillari sanguigni delle fibre SO, cosicché sono relativamente pallide (da questo l’espressione di fibre bianche). Esse sono ben adattate alle risposte veloci, ma non alla resistenza. Esse sono particolarmente importanti negli sport come la pallacanestro, che richiede un’attività di arresti e partenze con frequenti cambiamenti di ritmo. Il muscolo gastrocnemio del polpaccio, il bicipite brachiale del braccio e i muscoli dei movimenti oculari sono costituiti principalmente da fibre FG. Ossidative glicolitiche veloci (FOG= Fast Oxidative Glycolytic), fibre intermedie, fibre di tipo IIA e IIB: Le fibre intermedie combinano risposte a rapida scossa con un metabolismo aerobico resistente alla fatica. Alcuni studiosi distinguono due sottotipi di fibre FOG, denominati tipi IIA e IIB. Quasi tutti i muscoli sono composti da tutti e tre i tipi di fibre (SO, FOG e FG), ma le proporzioni relative tra queste categorie di fibre differiscono da un muscolo all’altro. Muscoli composti principalmente da fibre SO sono chiamati muscoli rossi e quelli composti principalmente da fibre FG sono chiamati muscoli bianchi. Individui con differenti tipologie e livelli di attività fisica differiscono nella proporzione reciproca tra i tipi di fibre, anche all’interno dello stesso muscolo, sebbene la componente genetica gioca un ruolo principale. L’attività fisica può solamente, in una proporzione relativamente bassa, indurre un cambiamento delle caratteristiche delle fibre intermedie in veloci o lente. Si ritiene che ogni soggetto nasca con una predisposizione genetica per un certo rapporto tra i tipi di fibre. Chi si dedica a sport agonistici scopre lo sport nel quale eccelle e si dedica preferenzialmente a quegli sport, per i quali l’eredità genetica gli ha fornito l’equipaggiamento più idoneo. In altre parole, un soggetto potrebbe essere uno “scattista nato” e un altro un “maratoneta nato”. Malattia del collagene : Il gene per il collagene è particolarmente soggetto a mutazioni, di conseguenza esistono parecchie malattie causate da difetti ereditari della sintesi del collagene. Dato che il collagene è una proteina tanto diffusa nell’organismo, gli effetti possono essere molto diversi. Le persone con la sindrome di 41 di 137 Ehlers-Danlos hanno fibre di collagene anormalmente lunghe, lasse, che mostrano i loro effetti nella cute che si estende in modo anomalo; hanno articolazioni lasse; guarigione lenta delle ferite; anormalità di vasi sanguigni, intestino e vescica urinaria. L’osteogenesi imperfetta è una malattia ereditaria del collagene che colpisce lo sviluppo dell’osseo. Fortunatamente non tutte le malattie del collagene sono ereditarie. Lo scorbuto, per esempio, è causato da un deficit dietetico di vitamina C. La vitamina C è un cofattore necessario per il metabolismo della prolina e della lisina, due amminoacidi che sono particolarmente abbondanti nel collagene. I segni dello scorbuto sono il sanguinamento delle gengive, la perdita dei denti, le emorragie sottocutanee ed intramuscolari e la scarsa cicatrizzazione delle ferite. Le conseguenze di un’elastina difettosa: La sindrome di Marfan è un difetto ereditario delle fibre elastiche, di solito causato dalla mutazione del gene per la fibrillina, una glicoproteina che forma l’impalcatura strutturale per l’elastina. Segni clinici della sindrome di Marfan sono: articolazioni iperestendibili; ernie inguinali e problemi alla vista, dovuti all’anomalo allungamento degli occhi e della deformazione dei cristallini. Le persone con la sindrome Marfan mostrano caratteristiche tipicamente inusuali come statura alta, arti lunghi, dita lunghe e sottili, curvatura spinale anomala e un torace carenato. La maggior parte dei problemi gravi sono causati dall’indebolimento delle valvole cardiache e delle pareti arteriose. L’aorta, dove la pressione del sangue è maggiore, è a volte enormemente dilatata nelle vicinanze del cuore e può rompersi. La maggior parte dei pazienti muore prima dei 35 anni. Numerosi atleti sono morti in giovane età per la sindrome di Marfan, compreso il campione olimpico di pallavolo Flo Hyman, deceduto per la rottura dell’aorta durante una partita internazionale, all’età di 31 anni. ESAME DEL SANGUE : Una delle procedure cliniche di più comune utilizzo sia in corso di una visita medica preliminare di routine che durante un iter diagnostico più approfondito. L’esame emocromocitometrico completo fornisce un profilo di informazioni altamente qualificate riguardo a una serie di parametri concernenti le caratteristiche del sangue: il numero di globuli rossi, di globuli bianchi e di piastrine per microlitro di sangue; il numero relativo (percentuale) di ogni tipo di GB, definito conta differenziale dei GB; l’ematocrito; la concentrazione di emoglobina e diversi indici eritrocitari, come la dimensione eritrocitaria (volume corpuscolare medio, MCV) e la concentrazione di emoglobina per eritrocita (emoglobina corpuscolare media, MCH). La stima dei GR e dei GB solitamente richiede l’esame microscopico di strisci di sangue allestiti su un vetrino. La conta differenziale dei GB richiede l’esame di strisci di sangue sottoposti a particolari colorazioni. Oggi, la maggior parte di laboratori utilizza contatori cellulari elettronici. Questi apparecchi fanno scorrere un campione ematico attraverso un tubo molto ristretto dotato di sensori che identificano i tipi cellulari e misurano I volumi cellulari e il contenuto di emoglobina. Questi contatori forniscono risultati più rapidi ed accurati, tengono conto di un numero di cellule molto più ampio rispetto a quanto si poteva valutare con i vecchi metodi visivi. Purtroppo i contatori non identificano correttamente alcune cellule, e un tecnico di formazione medica deve rivedere i risultati in caso di anomalie sospette e identificare le cellule che lo strumento non riesce a qualificare. La mole di informazioni ottenute da un esame del sangue e’ troppo vasta perché si possano dare qui pochi esempi. Diverse forme di anemia sono individuate da un numero ridotto di GR o da anomalie nella dimensione dei GR, nella forma e nel contenuto di emoglobina. Una mancanza di piastrine può indicare l’effetto avverso di un farmaco. Una conta elevata di neutrofili suggerisce un’infezione batterica; una conta elevata di eosinofili suggerisce un’allergia o una infezione parassitaria. Un numero elevato di tipi specifici di GB o di cellule staminali dei GB può indicare diverse forme di leucemia. Se un esame del sangue non fornisce sufficienti informazioni, o se pone il sospetto di altre malattie, devono essere effettuati test addizionali, come un tempo di coagulazione e una biopsia del midollo osseo. TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO: Il trapianto di midollo osseo è un tipo di trattamento per la leucemia, la malattia drepanocitica, alcune forme di anemia ed altre malattie. Il principio è quello di sostituire il midollo osseo neoplasico, o comunque difettoso, con cellule staminali di donatore, con la speranza che ricostituiscano una popolazione di midollo e di cellule ematiche normali. Per prima cosa si sottopone il paziente a chemioterapia o radioterapia per distruggere il midollo osseo difettoso ed eliminare le cellule immuni (cellule T) che attaccherebbero il midollo donato. Il midollo osseo è prelevato dallo sterno o dall’osso dell’anca del donatore ed è iniettato nel sistema circolatorio del 42 di 137 paziente. Le cellule staminali del donatore colonizzano le cavità midollari e, idealmente, costituiscono il midollo sano. Ci sono pero parecchi ostacoli per il trapianto di midollo osseo. Per prima cosa e’ difficile trovare donatori compatibili. Le cellule T che sono sopravvissute nel paziente possono attaccare il midollo del donatore, mentre le cellule T del donatore possono attaccare i tessuti del ricevente (la risposta del trapianto verso l’ospite). Per inibire il rigetto del trapianto, il paziente deve assumere farmaci immunosoppressori per tutta la vita. Questi farmaci rendono una persona vulnerabile alle infezioni e presentano molti altri effetti collaterali. Le infezioni qualche volta sono contratte dal midollo donato stesso. In breve, il trapianto di midollo osseo è una procedura ad alto rischio e circa un terzo dei pazienti muore per le complicanze del trattamento. Un’alternativa che presenta parecchi vantaggi è l’uso del sangue che proviene dalla placenta, che normalmente è eliminato dopo la nascita. Il sangue della placenta contiene più cellule staminali del midollo osseo di adulto ed è meno probabile che contenga microbi infettivi. Con il consenso dei genitori, può essere prelevato dal cordone ombelicale con una siringa e può essere conservato quasi indefinitamente, congelato in azoto liquido e depositato in una banca per sangue di cordone ombelicale. Le cellule immature del cordone ombelicale hanno meno tendenza ad attaccare i tessuti del ricevente; cosi i trapianti di sangue di cordone ombelicale hanno una percentuale minore di rigetti e non richiedono una compatibilità stretta tra donatore e ricevente, rendendo più facile trovare un donatore per un paziente che ha bisogno di un trapianto. I trapiantati di sangue di cordone ombelicale, iniziati negli anni 1980, hanno trattato con successo la leucemia e molte altre malattie del sangue. Sono in corso tentativi di miglioramento della procedura, stimolando le cellule placentari a moltiplicarsi prima del trapianto e rimuovendo le cellule T della placenta che possono reagire contro il paziente. 43 di 137