Alimenti Funzionali Vivi 2 PDF
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Il documento analizza il concetto di alimenti funzionali, esaminando come vengono presentati e commercializzati, con particolare attenzione al marketing e all'utilizzo di termini come 'super alimenti' e 'stress ossidativo'. Vengono discussi punti di forza e di debolezza, esaminando anche il rischio di interpretazioni errate da parte del consumatore.
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BARILLA nel 2007 ALIXIR Prodotti considerati funzionali in Italia: Per esempio un alimento funzionale potrebbe essere un alimento come questo che in realtà è uno yogurt latte fermentato con Lattobacillus bulgaricus e Streptococcus termophilus, nel quale però è stata aggiunta della fibra alimen...
BARILLA nel 2007 ALIXIR Prodotti considerati funzionali in Italia: Per esempio un alimento funzionale potrebbe essere un alimento come questo che in realtà è uno yogurt latte fermentato con Lattobacillus bulgaricus e Streptococcus termophilus, nel quale però è stata aggiunta della fibra alimentare solubile, cioè dei fruttoligosaccaridi e della vitamina E e la biotina, per far sì che questo latte fermentato sia ancora più efficace perché fornisce la fibra utilizzata dalle cellule del colon. Questo è un esempio di alimento che potrebbe, secondo la logica del marketing, essere considerato funzionale. Altri alimenti funzionali sono es. il DANACOL che viene utilizzato come fosse un integratore per ridurre il colesterolo; è un latte fermentato con all'interno dei fitosteroli. Oppure Galbusera col “cuore” che ti dice in etichettatura “ricchi di fibre”, “col cuore” sia il nome che il disegno porta a pensare che è benefico per la salute cardio vascolare. Ti dice che “contiene beta-glucani che riducono il colesterolo”, poi ci mettono un * che ti dice praticamente che con “tot grammi di beta-glucani al giorno d ‘avena, riducono il colesterolo nel sangue” e quindi in qualche modo non ti dice che se mangi questi biscotti ti riduce il colesterolo, ma in maniera indiretta ti dice “se prendi questi biscotti ti veicolano i beta- glucani, se prendi tre grammi di beta-glucani al giorno ti aiutano a ridurre il colesterolo nel sangue”. Quindi si pensa che se li compro mi faranno bene per il colesterolo. C’è sempre il rischio che vengono male interpretati: se c'è una persona che soffre di ipercolesterolemia e che non vuole cambiare il suo stile alimentare che fa? Si compra questi biscotti e pensa che ha risolto il problema e seguiterà a mangiare come prima. Purtroppo, l'industria deve vendere e sfrutta questa enfasi del momento sugli aspetti benefici degli alimenti per lanciare messaggi alla popolazione. In realtà se io dico rispetto a un biscotto frollino normale che è fatto con farina bianca e con burro magari anche grassi in eccesso, sicuramente può avere dei vantaggi. Però non è che riduco il colesterolo come vuole far intendere il simbolo del cuore. Qualche anno fa in un panificio venne attaccato in vetrina questo: È del Molino Vigevano, un marchio commerciale molto di qualità. In questa farina loro aggiungevano dei fitosteroli: anni fa neanche si sapeva bene che questi fitosteroli vengono ad esplicare la loro azione anticolesterolo, se sono presenti in alimenti di origine più che altro animale, tipo latte e latte fermentati; quindi metterli nelle farine già non ci aveva molta logica, però all'epoca non si sapeva. Soprattutto la cosa gravissima era questo “salute senza rinuncia”. Quindi la persona poteva pensare ne posso mangiare tre di questi panini, ci metto la mortadella li mangio e il colesterolo è controllato. Ci stava scritto “tutti i giorni fresco” “contengono due grammi di sterolo” e c'era la brochure vicino alla cassa che diceva “- 10% di colesterolo in quattro settimane” quindi la porzione era di tre panini da 40 grammi al giorno (che contenevano 2g di fitosteroli), da assumere durante i pasti, “l'azione dei fitosterolo è massima se ben miscelata con gli alimenti”. In questo modo si sostituivano come industria surclassando il ruolo del dietista e nutrizionista. Loro hanno degli strumenti di pubblicità di marketing che noi non abbiamo sicuramente. Quindi ci troviamo ogni giorno a confrontarci con questa sorta di dibattito alla pari che penso che in qualsiasi area della medicina non c'è. Invece sull'alimentazione c'è questa situazione, infatti in primis questo “salute senza rinuncia” quando oggi noi sappiamo che anche se un alimento ha degli effetti benefici deve essere inserito nel contesto di una normale alimentazione già sana: l'alimento diventa funzionale quando io mangio correttamente e aggiungo qualcosa. Non quando io mangio male e cerco di compensare aggiungendo i tre panini di Pancor. Poi c'era scritto anche che era “sconsigliato nei bambini e nelle donne in gravidanza”, ma io vado al supermercato, non sto comprando un farmaco! cioè quando vi è mai capitato di vedere che un alimento è sconsigliato per una categoria di persone che possono essere i bambini o la donna in gravidanza. Poi ci sono quelle pubblicità obsolete ma che in estate pullula su tutti i rotocalchi: questa si chiama “italiana sviluppo alimenti funzionali” e parla di “dimagrire mangiando cioccolata non è più un sogno di milioni persone in sovrappeso” “ il nuovo nutri cosmetico” “o così fai da te o così io lo mangi, lo bevi, lo massaggi sul corpo, dove vuoi, ti sazi e controlli l'invecchiamento della pelle, inestetismi della cellulite ecc.”. Questa si trova suun rotocalco, su una rivista di queste normalmente presenti in edicola; e perché nessuno fa niente? perché come vi dicevo vengono poi fatte delle segnalazioni ma questo è solo uno dei tanti esempi, ma poi a fronte delle sanzioni applicate l'industria preferisce seguitare a vendere quel prodotto. Talmente vanno di moda questi alimenti funzionali che tutto il business che è rivolto alla alimentazione degli animali adesso sfrutta quella che è l'emozionalità che noi abbiamo sul cibo e addirittura prepara gli alimenti funzionali: per il cane: es. in estate il cane deve essere magro, deve essere in leggerezza perché in estate sappiamo tutti che bisogna fare la prova costume e poi “non contiene glutine” come se ci fosse una certezza che il glutine potrebbe essere un problema per il cane; e inoltre “senza coloranti e conservanti artificiali aggiunti”. Questa e una delle cose che spaventa tantissimo il consumatore: l’aggiunta degli additivi, è una delle cose che noi temiamo di più ma che, tutto sommato, non è certamente quello il problema dell'alimentazione in un soggetto, è molto più grave mangiare in maniera sbilanciata e monotona piuttosto che assumere il colorante o il conservante che, comunque se sono presenti negli alimenti sono stati autorizzati in quei dosaggi, perché tutelano la salute umana. Quindi molto spesso si fa l'errore di scegliere alimento senza coloranti e conservanti, ma che magari è totalmente con ingredienti di scarsa qualità, che è molto peggio del colorante/ conservante. SUPER ALIMENTI è un termine di marketing. Esistono davvero sei super alimenti? Il termine “super alimento” non è un qualcosa che posso attribuire a qualsiasi alimento. Ma l’industria alimentare sfrutta: gli studi che hanno analizzato la composizione chimica di un alimento (e hanno scoperto che magari contiene molto licopene, molte antocianine, molte epigallocatechine gallato, molecole che si sa essere molto bioattive) studi con estratto di quell’alimento su cellule in coltura e vedono, ad esempio, che ne blocca la crescita cellulare (su una cellula tumorale, il fatto che ne blocchi la crescita viene considerata una cosa positiva) studi su modelli animali, ne sono stati fatti diversi. Ad esempio quelli sul resveratrolo: è stato visto che in topolini alimentati con dieta obesiogena, molto ricca di grassi, se consumavano prima molte quantità di questa molecola, ingrassavano di meno rispetto al gruppo di controllo. Quindi è una conferma che se mangi tanto tendi ad ingrassare di meno se assumi quella molecola. Ma se tu mangi un alimento che contiene resveratrolo, come il vino rosso, non è che non ingrassi, perché comunque il vino rosso ti veicola etanolo e altre sostante e da anche un contributo calorico. Quindi sarebbe ridicolo dire che se prendi quella molecola contrasti l’ingrassamento. Sulla CURCUMA: curcuma e curcumina sembrava potevano essere energizzanti e imprescindibili. Quello che in realtà fu chiaramente spiegato è che questi alimenti che vengono dai paesi molto spesso esotici, possono anche veicolare le sostanze benefiche, però sono anche a rischio di contaminazione (in particolare aflatossine, micotossine); quindi è vero che potrebbero anche essere benefiche ma se a lungo andare sono epatotossiche, perché sono mal conservate, forse posso pensare che lo stesso principio attivo lo prendo da alimenti a km 0 che hanno gli stessi principi nutrizionali, ottengo più beneficio perché riduco il rischio per esempio di contaminazione o di altre sostanze nocive veicolate dagli alimenti. STRESS OSSIDATIVO Parlando di super alimenti, una delle cose che si sente sempre dire è che quell’ alimento fa bene perché riduce lo stress ossidativo. Lo stress ossidativo è uno squilibrio tra la produzione di specie reattive dell'ossigeno e le nostre difese antiossidanti. Queste specie reattive dell'ossigeno che per anni sono state considerate la causa del nostro invecchiamento, di tutte le nostre patologie, dovevano essere contrastate. Quindi qualsiasi alimento che avesse una attività anti ossidante, cioè che impediva la formazione di specie reattive dell'ossigeno, era considerato un alimento antinvecchiamento. Oggi sappiamo che le specie reattive dell'ossigeno sono dei segnalatori all'interno dell'organismo, quindi in piccole quantità sono indispensabili per attivare determinati processi metabolici. Quindi se tu le azzeri potrebbe anche non essere così positivo, come l'infiammazione; noi sappiamo che l'infiammazione è un qualcosa di negativo però sappiamo anche che fa parte della risposta che poi attiva delle risposte adattative che ci consentono magari di guarire. Quindi se entro certi intervalli è positiva e benefica. Quindi noi sappiamo che dobbiamo mantenere le specie dei reattivi dell'ossigeno entro certi valori. Ogni giorno noi formiamo specie reattive dell'ossigeno e si formano soprattutto durante la passaggio degli elettroni nella catena di trasporto, quindi se noi facciamo tantissimo sport è più facile che scappi qualche elettrone spaiato e si formino specie reattive dell'ossigeno. Quindi fare un esercizio fisico molto importante non accompagnato dall'allenamento che ti consente di adattarti, per esempio è una situazione che espone a stress ossidativo; il fumo di sigaretta; alcuni farmaci; le radiazioni ecc. Noi potremmo avere anche un aumento delle specie reattive dell'ossigeno senza fare niente semplicemente perché per esempio produciamo meno enzimi antiossidanti. Noi abbiamo un kit di enzimi antiossidanti la superossido-dismutasi, la catalasi, la perossidasi, che servono proprio a contrastare la formazione di specie reattive dell'ossigeno in eccesso. A questi si aggiungono gli antiossidanti esogeni cioè quelli che noi assumiamo attraverso la dieta per esempio la vitamina C, la vitamina E, che hanno delle funzioni così come i composti fenolici. Quindi chiaro siamo una situazione che è molto complessa: produciamo specie reattive dell'ossigeno in risposta a vari stimoli; ci difendiamo da queste attraverso la nostra capacità antiossidante endogena e quelle che noi diciamo attraverso la dieta; quindi non basta prendere molta vitamina C perché se non abbiamo sufficiente attività della glutatione perossidasi (che tra le altre come cofattore ha il selenio, quindi se non c'è il selenio ti puoi prendere pure tanta vitamina C ma poi non ti funzionava la glutatione perossidasi ); come potresti avere delle di deficit della biosintesi: nelle vie di regolazione delle vie biosintetiche, della catalasi o della perossidasi, entrano in gioco dei meccanismi regolatori. Le proteine del nostro organismo non è che vengono prodotte alla nascita e muoiono insieme a noi, c'è una continua produzione, demolizione, rifacimento perché le proteine che noi abbiamo nell'organismo ad oggi in questo momento sono proteine che ci stanno servendo a qualcosa, non abbiamo proteine che stanno al nostro organismo senza un ruolo. Questo fatto deve essere quello che in qualche modo è in continuo come dire disfacimento e rifacimento perché consente di trasformare una proteina che oggi non mi serve nell‘emoglobina che invece magari oggi mi serve e questo avviene con tempi abbastanza veloci, tutto molto controllato (tutta quell'area che studia biologia molecolare). Quindi è molto più complesso di come possiamo pensare noi. “ bevo la spremuta d'arancia con gli antiossidanti e sto bene” certo se la voglio semplificare molto posso pensare se mangio correttamente assumo antiossidanti esogeni, quindi appunto vitamina C, vitamina E o polifenoli metterò un po' al risparmio le mie difese antiossidanti endogene, che potrebbe anche essere considerato un modo per risparmiare proteine antiossidanti. Un’altra cosa che è stata vista: se oggi un individuo x si allena tantissimo e quindi ha molto stress ossidativo e si abitua a prendere mega dosi di vitamina C per contrastare questo stress ossidativo, le sue difese antiossidanti endogene (superossido dismutasi, glutatione perossidasi ) in realtà ne produce di meno. È come se l'organismo dicesse “sai che c'è tanto funzionano quegli esogeni che mi importa di sprecare una proteina per ricavarne una sostanza utile”; quindi se poi il soggetto smette di prendere vitamina C e seguita a fare quel super allenamento, si potrebbe trovare in una finestra temporale in cui ha poche difese antiossidanti, perché il suo sistema endogeno di difese ancora non si è ripreso bene perché si era abituato a quella quantità di vitamina C esogena. Quindi ci sono anche pro e contro; queste mega dosi di supplementi che vengono utilizzati possono avere anche degli effetti controproducenti in questo senso, perché noi teorizziamo dei meccanismi ma che sono molto più complessi di quelli che noi vediamo dai modelli in vitro. Quando c'è troppa produzione di ROS, questi fanno danni: sul DNA sulle proteine e sui lipidi gli squilibri dei ROS sono implicati nell'insorgenza di quasi tutte le patologie cronico degenerative, quindi tumori, malattie cardiovascolari, diabete e obesità. A un certo punto l'industria alimentare decide di misurare l'attività antiossidante di tutti gli alimenti e di classificarli in quelli più buoni, perché hanno più attività antiossidante, e quelli meno buoni. Sono state fatte delle tabelle dove gli alimenti sono stati classificati in base alla capacità antiossidante dandogli un punteggio che sarebbe l’Orac value, che è la metodica che viene utilizzata per misurare l'attività antiossidante; alcuni alimenti sono proprio molto più ricchi di antiossidanti, come le bacche rispetto alla banana o alla pera. Chiaramente se si hanno poche conoscenze, vedendo questa tabella, si può pensare “io che mi mangio a fare le pere che hanno un valore antiossidante così basso, non mi servono a niente”. Ma la pera non veicola solo sostanze ossidanti, ma fibra eccetera; inoltre per misurare la capacità ossidante viene utilizzata una metodica in vitro, cioè si prende una provetta ci si mette un estratto del frutto e si vede quanto impedisce la formazione di specie reattive dell'ossigeno in vitro; ma in vivo, nel mio organismo se mangio quelle bacche eccetera ho esattamente la stessa proporzione? allora dopo che per anni la Food and Drug Administration ha addirittura finanziato progetti perché fossero fatte e completate le tabelle di composizione con i valori di ORAC, quindi accanto ai vari nutrienti c'era anche il valore di ORAC, nel 2012 ha cancellato dal web i valori di ORAC degli alimenti comuni, perché potevano sembrare fuorvianti rispetto al consumo degli alimenti. L'attività antiossidante in vitro non riflette necessariamente l'attività antiossidante in vivo, quindi non si possono classificare gli alimenti in base a questo parametro. Cosa dice la letteratura scientifica?: Se un alimento contiene degli antiossidanti esogeni e viene consumato regolarmente insieme ad altri alimenti, probabilmente darà un miglioramento del profilo e dell'equilibrio specie reattive dell'ossigeno antiossidanti. Per poter valutare meglio l'attività antiossidante in vivo sono state messe a punto altre metodiche. Quindi il valore in vitro non vuol dire niente, però io come faccio a sapere se mangio le bacche di goji se il mio sangue o mie tessuti sono più protetti? Allora sono state messe appunto varie metodiche, quasi tutte si basano sul dosaggio dell'attività antiossidante nel sangue. Le metodiche possono essere: misurare proprio la capacità antiossidante totale del plasma (si è visto che quelli che per esempio non mangiano mai frutta e verdura hanno una capacità antiossidante totale del plasma molto più bassa). (Noi facevamo uno studio anni fa sugli studenti di scienze motorie fuori sede e quelli invece che vivevano in casa. Fu interessante perché quelli fuori sede, che poi mangiavano molto peggio di quelli che vivevano in famiglia, avevano delle capacità antiossidanti nel plasma molto più basse) misurare le attività o l'espressione di alcuni enzimi nelle cellule del sangue (SOD, catalasi ecc.). L’attività di un enzima rispecchia quello che sta facendo, però non è detto che da solo sia un parametro che mi dice come sta l'individuo, così come la capacità antiossidante totale. misurare i marcatori dello stesso ossidativo; per esempio posso misurare il livello di perossidazione lipidica nel plasma oppure posso misurare le proteine carbonilate oppure posso misurare i danni al DNA. Questi tre parametri mi dicono soltanto se c'è stato un danno in pratica, ma non riescono a dirmi come sto, mi fanno pensare che se c'è stato un danno probabilmente non ho tutte queste capacità antiossidanti. In genere i lavori fatti bene: se io do l'alimento l'estratto di mirtillo, misuro l'estratto di mirtillo che capacità antiossidante ha; poi lo somministro a Carlotta, lo somministro a Roberto misuro tutta la batteria di parametri, quindi non solo la capacità antiossidante totale, ma anche gli altri parametri e poi confronto se Roberto e Carlotta mangiando o bevendo lo stesso estratto hanno ricevuto lo stesso beneficio. Perché devo anche pensare che Carlotta e Roberto non partono da zero, partono da una situazione che è già nel loro organismo. Quindi io dovrei comunque misurare il tempo zero di Carlotta, il tempo zero di Roberto e vedere che siano simili come valori di stress ossidativo. Successivamente dargli l’estratto e controllare a distanza di tempo se ha prodotto lo stesso effetto su tutti e due. Quindi questo è per dire che gli studi che mettono a confronto l'efficacia o no di alcuni estratti vanno condotti secondo dei criteri: partire da popolazione omogenea verificare nel tempo l'effetto su un parametro specifico. TERMINOLOGIA e NORMATIVA Es: il cuore messaggio grafico Es: “ad elevato apporto di fibra”, “a ridotto contenuto di colesterolo” Es. DANACOL: riduce la colesterolemia. Dice che ci sono degli studi a favore. Sull’apprendimento quasi mai consentita un’indicazione del genere perché è difficile appurarlo con degli studi. Come identificare un alimento funzionale? Studi in vitro Studi su animali Studi epidemiologici (osservazioni) Prove cliniche Esempio: vedo che mangiando un alimento le cellule captano meglio il glucosio vedo sui topi che la glicemia rimane più costante se lo mangiano poi mi accorgo che tutte le popolazioni che lo mangiano abitualmente tendono ad avere meno il diabete prendo un campione della popolazione con diabete e gli somministro l’estratto di quell’alimento e verifico che rispetto ai controlli gli produce quell’effetto benefico è l’insieme di queste informazioni che potrebbero far pensare che questo alimento, inserito nel giusto contesto, potrebbe migliorare la situazione di un certo paziente. Immaginiamo che una persona gestisca un laboratorio e un’altra un altro laboratorio; la prima prende gli estratti di mirtillo a Copenaghen e la seconda li prende in Alto Adige l’alimento non è lo stesso e quindi già dovrei caratterizzare l’alimento. Poi mi servirebbe un marcatore non solo su quanti mirtilli consumano i soggetti che ha seguito la prima persona e i soggetti che ha seguito la seconda persona, ma quanti ne sono stati assimilati dal soggetto perché c’è la variabilità nella capacità di assimilare gli alimenti (uno li digerisce e uno li digerisce peggio) la nutrigenetica studia le differenze individuali di metabolizzare quello che introduciamo. Quindi bisognerebbe prendere un marcatore di esposizione al componente dell’alimento; sarebbe utile sapere se c’è un parametro ematochimico che, a fronte della stessa quantità, ne hanno assimilato la stessa quantità. Questo è importante anche per un altro motivo perché le persone, parallelamente all’assunzione dell’ipotetico alimento che voglio testare, mangiano. Se per ipotesi, loro mangiano sempre 100g di mirtillo e hanno un parametro ematochimico x, ma mangiano anche altri alimenti ad esempio un soggetto mangia anche altri alimenti che veicolano altre sostanze benefiche, il secondo soggetto mangia tutti i giorni al fast food ci potrebbe essere un differente effetto finale dato dal fatto che i soggetti non mangiano tutti allo stesso modo. Infatti, soprattutto negli studi epidemiologi, importante è livellare. Se esistono diversi studi condotti in luoghi diversi e tutti con lo stesso alimento e vanno tutti nella stessa direzione e danno lo stesso effetto risultato attendibile. Ma se ci sono 3 studi che danno effetti differenti non posso sapere se dipende dal fatto che il campione è fatto da soggetti che di base mangiano in maniera differente oppure l’alimento non era lo stesso; si aggiungono quindi tante variabili che è altamente probabile che non venga lo stesso effetto. Ad esempio in letteratura si trovano 5 studi sul the verde che dicono che ha effetto benefico sulla lipolisi, 5 che dicono che non ha nessun effetto sulla lipolisi, perché il the studiato è diverso e i soggetti studiato sono diversi. Una volta che sono certo che l’alimento è stato mangiato e anche assimilato dovrò vedere se produce una certa risposta, un marcatore biologico e dice che più aumenta quello e più aumentano ad esempio le Ig questi sono i marcatori delle funzioni biologiche. Poi ci sono altri marcatori da prendere in considerazione marcatori per vedere se l’alimento non ha nessun effetto (che non vuol dire che non è buono, magari ha effetti su altri parametri), se aumento lo stato di salute o la performance oppure riduce il rischio di patologia. PRIMO REGOLAMENTO EUROPEO SUGLI ALIMENTI FUNZIONALI 2006 Nei 6 anni successivi si è visto un incremento del marketing di questi alimenti, non c’erano controlli e quindi si è fatto un aggiornamento nel 2012 l’obbiettivo principale era quello che le industrie beneficiassero degli studi che si stavano facendo e che non ci fosse un input nella popolazione a consumare eccessivamente alcuni alimenti o magari abbandonarne degli altri a favore di alcuni ritenuti più benefici. Quindi queste normative avevano come l’obiettivo: Definizione di standard e linee guida che ne regolamentino lo sviluppo e la promozione Tutela dei consumatori da affermazioni false e fuorvianti Soddisfazione delle esigenze di innovazione del settore nelle fasi di sviluppo marketing e promozione del prodotto Quadro normativo per fornire regole alle imprese e messaggi chiari ai consumatori. Una delle cose che fa l’industria alimentare è di screditare alcuni alimenti. “ancora prendi la spremuta d'arancia, le bacche di goji contengono 20 000 volte più attività antiossidante”. La food and drug administration ci dice che l’attività antiossidante in vitro è un parametro che non dice niente, non vuol dire che faccia bene. Esempio: persona obesa che prende cioccolata fondente perché fa bene consumo esagerato li porta a prendere kcal in più. Esiste l’ESFA che si occupa di dare un parere se effettivamente su quell’alimento si possa scrivere che “consumandone due al giorno effettivamente portano a un beneficio”. È un’agenzia europea indipendente finanziata dal bilancio dell’UE, istituita nel 2002. Scopo consulenza scientifica e di comunicazione sui rischi associati alla catena alimentare. Dovrà redigere un “elenco positivo” delle numerose “indicazioni” sulla salute accreditate nell’UE (come “il calcio fa bene alle ossa”) sulla base delle indicazioni presentate dagli Stai membri dell’UE. Normalmente l’iter è azienda individua un certo alimento che gli sembra possa essere pubblicizzato come benefico raccoglie tutte le info scientifiche disponibili mandano tutta la documentazione all’EFSA per chiedere l’autorizzazione a indicare che quell’alimento ha un effetto benefico L’EFSA è tenuta a fornire il suo parere a riguardo nell’arco di 5 mesi. calcio benefico per il metabolismo delle ossa acidi grassi importanti per la maturazione del SN e anche per rallentare il decadimento delle funzioni cognitive nell’anziano colture di lattobacilli vivi compensano mancanza di lattasi Gli alimenti funzionali li potremmo classificare anche in base allo scopo per cui vengono utilizzati (anche se un target preciso sconfina sempre in altri ambiti) alcuni alimenti hanno come obiettivo quello di migliorare le funzionalità intestinali: questi sono gli alimenti più pubblicizzati, anche più venduti, perché oggi molte persone hanno problemi di pancia gonfia, diverticolosi con l’età, reflusso, dato dal problema di cattiva alimentazione e sedentarietà. Gli alimenti che hanno un target nutrizionale sono: FIBRA ALIMENTARE non è un alimento ma un componente dell’alimento; è una componente di tutta una serie di alimenti, come cereali integrali ma anche non integrali, tutto il mondo vegetale ecc. Alla categoria di fibra appartengono più molecole presenti in tanti alimenti differenti. Alcuni componenti della fibra sono definiti PREBIOTICI è un’addizione moderna; è come se alcune molecole, appartenenti alla categoria della fibra, avessero una funzione più spiccata nel favorire la crescita di microrganismi più benefici per la salute dell’ospite. La fibra alimentare, quella componente non digerita, arriva intatta nel colon e viene utilizzata dai microrganismi ospiti: se gli ospiti sono buoni quelle componenti di cui si nutrono vengono chiamate prebiotici. PROBIOTICI microrganismi viventi che esercitano un effetto positivo sulla salute dell’ospite con il risultato di rafforzare l’ecosistema intestinale (pro-bios a favore della vita), come il rafforzamento della barriera contro l’attacco dei patogeni, il miglioramento del nostro sistema immunitario. I prebiotici sono molecole, i probiotici sono microrganismi. SINBIOTICI alimenti nei quali probiotici e prebiotici vengono usati in combinazione. Un esempio è lo yogurt Fibresse perché contiene latte fermentato, con alcuni ceppi di microrganismi benefici per la salute, e dei fruttoligosaccaridi, che sono la fibra che questi microrganismi usano per nutrirsi e per cresce e attecchire nel nostro sistema intestinale. Se alla fibra appartengono tante molecole differenti come faccio a sapere quanta fibra c’è in un alimento? Devo avere una metodica validata, universale e riconosciuta da tutti che misura la fibra. Il problema è che questa fibra è composta da tante molecole differenti e che le metodiche, fino a qualche anno fa, non erano state standardizzate. Quindi gli esperti che lavoravano sulla tematica hanno detto: ai fini dell’etichettatura degli alimenti, se io mangio un pezzo di plastica, lo potrei definire “fibra”, poiché non viene digerito e arriva intatto nel colon; oppure prendo le Dietorelle che contengono sorbitolo, quindi sto prendendo una fonte di fibra perché non digerisco il sorbito? Quindi si sono fatti dei convegni per arrivare a un consenso: il consenso ha stabilito che, essendo complessa la definizione di fibra, deve poter essere dosata con dei protocolli e queste molecole che ho dosato deve essere dimostrato che abbiano un qualche effetto benefico sulla salute umana. L’interesse per queste molecole è nato nei primi anni ’90 quando si è evidenziato che le popolazioni che seguivano una dieta più ricca di fibra e che quindi avevano delle feci che pesavano di più rispetto a quelle delle popolazioni dei paesi occidentali, avevano un rischio molto più basso di ammalarsi di alcune patologie, in primi il tumore del colon-retto e in secundis le malattie cardiovascolari. Quindi due studiosi indagarono su queste feci più pesanti; sono iniziati molti studi sulla fibra e ci fu l’interesse dell’industria nel dire che il proprio alimento era ricco id fibra e la necessita di creare una normativa per dare una definizione di fibra. Le COMPONENTI della FIBRA sono: CELLULOSA polimero di glucosio, può essere più o meno lungo. Non lo possiamo digerire perché non abbiano l’enzima specifico che scinde i legami beta EMICELLULOSA come la cellulosa è un polimero strutturale presente nelle piante che si trova al di sotto della parete vegetale. Sono sempre polimeri di glucosio e di altri monosaccaridi, piò o meno lunghi e articolati LIGNINA non è un polisaccaride, ma è un composto polifenolico. Sta dentro alla fibra perché è strettamente associato alle pareti delle cellule vegetali PECTINE BETA-GLUCANI GALATTOMANNANI FRUTTOLIGOSACCARIDI INULINA AMIDO RESISTENTE I nomi sono sempre al plurale perché la lunghezza e le ramificazioni dipendono dall’alimento da cui provengono. Esistono diversi METODI ANALITICI ritenuti validi ma la normativa prevede che, se si scrive che contiene fibra, i metodi che sono stati utilizzati devono essere quelli approvati dalla società americana dei chimici e devono essere almeno tre metodi differenti per un’analisi completa di tutti i componenti. (è necessario specificare sull’etichettatura o nei claims i metodi analitici utilizzati) Tra i metodi associati il Codex Alimentarius, una commissione intergovernativa che si occupa di regolamentare l’etichettatura degli alimenti soprattutto ora che c’è un ampio scambio merci internazionale, ha dato il parere sui metodi: Metodo enzimatico-gravimetrico: Idrolisi con opportuni enzimi digestivi vengono eliminati amido, proteine e grassi presumibilmente digeriti a livello gastro-intestinale. Poi il residuo viene pesato e questo rappresenta la parte non digeribile dell’alimento che raggiunge l’intestino crasso (include polisaccaridi non-amido, lignina e amido resistente); l’amido resistente lo potrei classificare come fibra perché in realtà non viene digerito infatti c’è dibattito. Per l’etichettatura non viene considerato fibra. Poi c’è il metodo enzimatico-chimico: (medodo utile soprattutto in ricerca perché da una caratterizzazione ai polisaccaridi presenti) Digestione enzimatica fino ad arrivare a polisaccaridi non-amido nella forma dei monosaccaridi Analisi chimica (colorimetrica o HPLC) per vedere esattamente cosa c’è dentro; anche in questo caso non si riescono ad identificare tutte le molecole presenti. In entrambi i protocolli viene utilizzato l’etanolo come agente precipitante, ma alcuni polisaccaridi non precipitano e quindi non li misura e quindi vanno analizzati con altre metodiche: Se si vedono le tabelle di composizione si trovano carboidrati disponibili (alla digestione) e fibra (quelli filtrati con metodo gravimetrico). Es. lattulosio disaccaride non digerito; quindi posso dire che il latte a lunga conservazione è fonte di fibra? E quindi si è deciso che ci devono essere almeno 3 unità monosaccaridiche. Qualsiasi molecole classificata come fibra deve dimostrare di avere almeno uno di questi effetti benefici (ci devono essere dei dati in letteratura che lo riportano): Migliora transito intestinale Migliora processi fermentativi nel colon e quindi porta alla formazione di possibili sostanze benefiche Effetti sulla colesterolemia Effetti sulla glicemia Se la fibra è isolata da alimenti di origine vegetale può includere la lignina e altri composti associati ai polisaccaridi delle pareti cellulari. Le molecole della fibra, proprio per le caratteristiche chimiche che hanno, hanno queste caratteristiche funzionali che portano a effetti benefici: (risentire ultimi 5 minuti) Si è tentato di classificare in categorie le varie molecole (chimicamente differenti tra loro) che fanno parte della fibra alimentare, in modo che queste categorie rispecchiassero le diverse funzioni che hanno sull’uomo; tra le funzioni fisiologiche che svolgono abbiamo: il miglioramento della funzionalità intestinale, il miglioramento delle funzioni metaboliche, il miglioramento di parametri ematochimici (come la colesterolemia o la glicemia). SISTEMA DI CLASSIFICAZIONE 1) In base alla solubilità in acqua: si basa sul fatto che alcune molecole con strutture chimiche più complesse si ritengono meno solubili in acqua e questa caratteristica rispecchia anche le funzioni svolte; se una molecola è poco solubile, probabilmente viene anche meno utilizzata dai microrganismi del colon perché non riesco, attraverso i loro sistemi enzimatici, a utilizzarle a scopo energetico. Fibre insolubili: cellulosa, lignina, alcune pectine (di pectine ne abbiamo tante a seconda dell’origine alimentare), alcune emicellulose, amido resistente (RS1,RS2,RS3); Fibre solubili: beta-glucani, mucillagini, galattomannani, alcune emicellulose, pectine. In linea di massima possiamo dire che quelle insolubili hanno un ruolo più che altri strutturale a livello della pianta, mentre quelle solubili hanno funzioni di deposito di energia all’interno delle piate. Quello che è limitante in questa classificazione è che, ritenere che le fibre insolubili non vengano utilizzate dai microrganismi del colon è riduttivo perché si è visto che in realtà ci sono alcune fibre insolubili, ad esempio l’amido resistente, che viene fermentato bene dai microrganismi; oppure anche la cellulosa che al 50% può essere utilizzata dai microrganismi. Quindi non hanno solo un ruolo sul transito intestinale, andando a catturare l’acqua e aumentando il volume delle feci, favorendone l’evacuazione. Quindi questa classificazione è limitante e nel 1998 la WHO si è raccomandata di abbandonare questa definizione perché non è predittiva delle funzioni svolte nell’organismo; questa classificazione può portare anche l’industria che produce integratori di fibra a dare delle definizioni in etichetta che non rispecchiano ciò che viene svolto da queste molecole; spiegazione: 1. La solubilità e l’insolubilità dipende dalla configurazione delle catene di zuccheri; 2. Alcune fibre solubili non sono poi così differenti da quelle insolubili perché magari sono poco solubili ma possono essere fermentate, mentre altre molto solubili in realtà non sono attaccabili dagli enzimi dei microrganismi. 2) In base alla capacità di produrre gel in acqua: Fibre viscose: pectine, beta-glucani, alcune gomme (guar, karaya; sono gomme estratte da piante asiatiche e usate come additivi alimentari ma possono avere anche impatto sul transito intestinale), mucillagini; creano un rallentamento dello svuotamento gastrico; Fibre non viscose: cellulosa, lignina, inulina, alcune emicellulose, fruttoligosaccaridi; Tra le fibre non viscose troviamo sia le solubili che le non solubili; quindi, se uno dei meccanismi con cui la fibra funziona è il suo grado di viscosità, allora già la classificazione solubile/insolubile già presenta un limite, perché la fibra non viscosa può essere più o meno fermentescibile. Anche le fibre non viscose possono esplicitare gli stessi effetti che esercitano le fibre viscose, ma non attraverso la caratteristica di viscosità, ma per esempio attraverso la loro caratteristica di interferenza; ad esempio la cellulosa non è viscosa ma crea comunque una barriera di rallentamento nello svuotamento gastrico, tendendo ad assorbire più acqua anche se non è viscosa. Ad esempio l’amido resistente non è viscoso ma abbassa il colesterolo. Quindi non è corretto mettere in commercio fibre che ha la caratteristica di viscosità e venderla con questo scopo, quando in realtà quella funzione non viene esplicitata solo da quel tipo di fibra ma anche da altre molecole; spiegazione: CELLULOSA Insolubile Polimero lineare di glucosio con legami b 1-4 Trattiene acqua, quindi tende a gonfiarsi Idrolizzabile dalle cellulasi dei batteri del colon; il 50% viene convertito in acidi grassi a catena corta Non viene considerata un vero e proprio prebiotico perché il prebiotico viene metabolizzato al 100%; ma non si può dire che la cellulosa non esercita un ruolo benefico sulla produzione di molecole bioattive a livello intestinale Le fonti alimentari di cellulosa sono: cereali integrali, legumi, ortaggi, frutta LIGNINA Polimero di polifenilpropano Fa parte della struttura della parete vegetale ed è strettamente adeso alla cellulosa Presente in piccolissime quantità ma ha una funzione che apporta un beneficio a lvelo della flora intestinale; pertanto, pur non essendo un polimero di carboidrati ma essendo comunque assunto insieme alle piante vegetali che assumiamo, viene comunque annoverato tra le molecole di fibra Azione antiossidante; soprattutto nella parte terminale del colon si formano tante molecole potenzialmente nocive o sostanze di scarto che devono essere eliminate; quindi meno si trasformano e meglio è per la nostra salute Fonti alimentari: tutto il mondo vegetale EMICELLULOSE Disomogenee dal punto di vista chimico perché si può andare da 50 a 200 unità; ci possono essere più o meno ramificazioni Come unità di base ci può essere non solo il glucosio, ma anche pentosi ed esosi Possono essere di proporzioni variabili A seconda della struttura chimica (più o meno lunghe, più o meno ramificate) possono essere sia solubili che insolubili in acqua Idrolizzabili dalle cellulasi batteriche Sono circa 1/3 della fibra totale che noi assumiamo quando mangiamo frutta, verdura o cereali integrali PECTINE Polimeri lineari di acido glucuronico e galatturonico, quindi derivati di pentosi ed esosi Legami a 1-4, ma ci possono essere anche ramificazioni Formano gel in acqua, quindi possono essere utilizzate come addensanti nelle marmellate Normalmente sono buoni scambiatori di metalli e quindi sono considerate delle possibili molecole che ci detossificano dal contatto con metalli pesanti Fonti alimentari: prevalentemente la frutta, soprattutto alcuni tipi: mele (mela grattugiata utilizzata come addensante nelle confetture, ad esempio quelle di frutti di bosco che sono poveri di pectina) oppure buccia degli agrumi (parte bianca sotto la buccia) Circa 1/5 della fibra di verdura, legumi e frutta secca BETA-GLUCANI Polisaccaridi di riserva delle piante Possono essere più o meno lunghi, più o meno complessi I legami possono essere b 1-3, b 1-4, b 1-6, tutti legami che noi non possiamo scindere perché non abbiamo gli enzimi necessari Possono essere solubili o insolubili in acqua Possono essere più o meno viscosi però la viscosità è una loro caratteristica Fonti alimentari: cereali, in particolare orzo e avena; anche nei funghi e nel lievito MUCILLAGINI Sono mucopolisaccaridi e contengono una porzione glucidica e uno scheletro proteico Viscose e formano gel in acqua Li ritroviamo nei semi, ad esempio semi di lino o nei legumi o nell’orzo AMIDO RESISTENTE Non è classificato come fibra alimentare ai fini dell’etichettatura degli alimenti però ai fini della funzione svolta nell’organismo appartiene a tutti gli effetti alla categoria della fibra; per cui, quando mangiamo alimenti come patate o riso cotti e poi raffreddati in cui l’amido tende a retrogradare, in realtà assumiamo una parte di fibra; quando si fanno dieta in cui si eliminano i cereali e si assumono solamente proteine e grassi, uno dei problemi è che non assumendo più gli alimenti che contengono amido, in realtà non si assume neanche la fibra; infatti, quando si assumono i cereali una quota di fibra c’è sempre perché una porzione di amido retrogradato (o di amido rimasto nativo, non gelatinizzato) c’è sempre Perché la fibra è importante, al di là delle funzioni meccaniche di viscosità, gelatinizzazione e addensanti? Perché durante i processi di demolizione di queste molecole, da parte dei batteri del colon, si può arrivare alla produzione di metaboliti importanti, a seconda del batterio responsabile: I polisaccaridi non digeriti, durante il processo di fermentazione, vengono trasformati in fosfoenolpiruvato (PEP) che può seguire due vie: 1. portare a PIRUVATO e questo, a seconda dei vari ceppi di microrganismi, può essere trasformato in tre differenti metaboliti: butirrato, acetato, oppure qualcosa di misto (lattato, acido formico ed etanolo); una parte di questi metaboliti può essere utilizzato dalle cellule intestinali come fonte di energia oppure possono essere ulteriormente internalizzati; oppure una parte può entrare nel torrente ematico dove può funzionare da regolatore di vari processi metabolici; ad esempio nel caso del butirrato ci sono tantissimi studi ma la funzione ritenuta più importante è quella trofica, in cui il butirrato viene captato dai colonociti e utilizzato a scopo energetico; oppure potrebbe avere il ruolo di risparmiare molecole utili alle cellule NK oppure altri linfociti associati all’intestino e quindi migliorare le difese immunitarie; anche l’acetato può entrare nel torrente ematico e andare incontro al processo di demolizione completa attraverso il ciclo di Krebs, oppure può essere utilizzato (AcetilCoA) per la biosintesi degli acidi grassi; il lattato, così come l’acido butirrico e l’acetico, è utile perché, abbassando il pH a livello del colon, impedisce la produzione di sostanze potenzialmente nocive; in più porta alla produzione di gas che favoriscono il processo di evacuazione; 2. portare a PROPIONATO, il quale poi può essere riassorbito e, attraverso il torrente ematico, arrivare al fegato dove potrebbe regolare il processo di gluconeogenesi, quindi avere un effetto metabolico (di conseguenza può regolare anche la risposta insulinica ecc.); Con un assetto di flora intestinale adeguato i metaboliti si trovano in questo rapporto: ACETATO : PROPIONATO : BUTIRRATO = 60 : 20 : 15 PREBIOTICI: fruttani lattulosio stachiosio (zucchero presente nei legumi) raffinosio (zucchero presente nei legumi) lattitolo galattooligosaccaridi xilooligosaccaridi beta-glucooligosaccaridi oligosaccaridi da soia amido resistente Questi sono quelli per cui si è visto che i batteri tendono ad utilizzarli in maniera più semplice ed efficace, ma ne esistono anche altri. FRUTTANI polisaccaridi di riserva delle piante la molecola più studiata è l’INULINA, composta da catene di fruttosio (8-50 unità legate da legame b 1-2) e c’è un glucosio terminale; poi esistono i FRUTTO-OLIGOSACCARIDI o OLIGOFRUTTOSIO, che sono catene di fruttosio più corte (4-8 unità con legami b 1-2) e ci può essere o glucosio terminale o fruttosio terminale; si parte dall’inulina per produrre i frutto-oligosaccaridi perché l’inulina viene sottoposta a una scissione enzimatica per ricavarne dei frammenti più piccoli; il vantaggio dei frutto-oligosaccaridi è che sono più piccoli e quindi ancora più fermentescibili e quindi si pensa che questo possa facilitare la crescita dei microrganismi che li utilizzano come substrato energetico. Sono a bassa viscosità, ma a elevata fermentescibilità. Hanno attività prebiotica e per questo l’industria alimentare li considera come degli ingredienti; su alcuni prodotti c’è scritto “ricchi in FOS (frutto-oligosaccaridi). Queste molecole sono presenti anche nei cereali ma, essendo ad elevata fermentescibilità, possono portare ad un’elevata produzione di gas; per cui una strategia per le persone che tendono alla pancia gonfia e all’intestino irritabile è la riduzione dell’apporto di FOS attraverso la dieta; queste diete si chiamano LOW FODMAP, con l’intento di far sfiammare la mucosa intestinale. Ma ancora oggi c’è il falso mito che, eliminando i cereali, si tende a dimagrire più facilmente e quindi si vede questa dieta come una dieta dimagrante e ovviamente non è così; i FOS sono prebiotici e fanno bene nei soggetti sani ma in una persona con patologia infiammatoria intestinale e un’alterata flora intestinale, dare queste molecole che non possono essere fermentate in modo corretto può aggravare la situazione; quindi si tende, per primo periodo, ad assumere cereali che ne contengono quantità minori (esempio il riso). Inoltre si è spesso pensato erroneamente che, se faccio una dieta a ridotto contenuto di frumento quindi a ridotto contenuto di glutine, la pancia è meno gonfia; in realtà è perché, non assumendo frumento, si assumono anche meno FOS che sono anche responsabili del gonfiore. Le radici di cicoria sono la principale fonte di inulina e oligofruttosio che poi vengono utilizzate come base per creare questi alimenti funzionali; ma anche gli altri alimenti (aparago, cipolla..) ne contengono delle quantità interessanti; N.B.: la concentrazione per 100g non è rappresentativa dell’assunzione della fonte alimentare: l’aglio ne contiene 12,5 per 100g, il frumento 2,5, ma come fonte alimentare è più importante il frumento perché arrivo ad assumerne quantità più elevate rispetto all’aglio. Questa tabella ci indica che se mangio in modo variato e assumo questi alimenti non ho bisogno di ricorrere a integratore per assumere questi prebiotici. E’ stato fatto questo studio in cui un campione è stato sottoposto a una dieta con maggior quantità di inulina (con uno yogurt in cui veniva aggiunta inulina) e un campione non è stato sottoposto a questa dieta; dopo un mese si è notato che i pazienti sottoposti alla dieta avena un incremento dei Bifidobatteri (quelli considerati benefici a livello intestinale) dal 20% al 71%; inoltre è avvenuta la riduzione dei Bacteoides dal 65% al 26%, riduzione anche dei Fusobatteri e dei Clostridia. Quindi attraverso l’alimentazione si è riusciti a modulare la composizione della flora intestinale. BENEFICI PER LA SALUTE: 1) Riduzione del colesterolo ematico: ad esempio con i legumi; se assumiamo circa 10g (dei 30g da assumere al giorno) di fibre viscose da fagioli, lenticchie, piselli, avena, abbiamo una riduzione del colesterolo totale e del LDL; infatti, nelle indicazioni dietetiche dell’ipercolesterolemia, prima di arrivare alle statine converrebbe cambiare l’alimentazione dei soggetti da una dieta ricca di alimenti di origine animale e grassi a una dieta quasi vegana; quindi sostituire le proteine di origine animale con quelle di origine vegetale; la FDA aveva anche approvato l’”health claim” che gli alimenti che contengono almeno 0,75g di beta-glucano da avena integrale per porzione, potessero portare a una riduzione delle malattie cardiovascolari; questa quantità però doveva essere inserita in una dieta con bassi livelli di colesterolo e grassi saturi. POTENZIALI MECCANISMI DI AZIONE: 1. Aumento escrezione acidi biliari: se non vengono riassorbiti impediscono anche il riassorbimento intestinale del colesterolo che viene facilmente eliminato attraverso le feci (circolo entero-epatico); inoltre viene ridotta la solubilità nel colon, e quindi viene riassorbito meno colesterolo, attraverso il processo di viscosità e fermentazione; 2. Riduzione assorbimento colesterolo: dovuto alla viscosità dei beta-glucani, 3. Metabolismo lipidico epatico: la sintesi epatica di colesterolo diventa inferiore dell’escrezione; ci può essere da una parte la regolazione negativa della sintesi bioendogena del colesterolo, una riduzione della sintesi degli acidi grassi, ma anche un meccanismo d’azione sulla produzione di insulina, che in qualche modo possono aver anche loro un ruolo regolatorio sul colesterolo LDL; questo è legato sia alla fermentazione perché si parla di metaboliti che entrano nel torrente ematico, sia alla viscosità; 4. Aumento della rimozione di colesterolo plasmatico (meccanismo poco chiaro): il colesterolo plasmatico si trova legato alle lipoproteine ad alta densità o alle lipoproteine a bassa densità; quando il colesterolo viene ad essere incorporato in maggior quantità nelle lipoproteine ad alta densità, questo fa sì che il colesterolo venga più facilmente destinato all’eliminazione; quindi questo fatto di aumentare l’incorporazione nelle lipoproteine potrebbe essere un fattore che spiegherebbe come si riduce il colesterolo plasmatico, ma il meccanismo non è ancora del tutto chiaro anche se sembri ci sia una relazione con la viscosità. 2) Miglioramento della risposta insulinica: c’è un’interferenza con l’assorbimento dei carboidrati e un aumento della velocità di transito intestinale (riduzione dei tempi di permanenza del cibo nelle sedi idonee all’assorbimento, quindi riduzione del tempo in cui il glucosio possa essere captato). 3) Regolazione del transito colico: attraverso due meccanismi: aumento della massa fecale (per i gas prodotti e la fibra che trattiene l’acqua) e aumento della peristalsi (diminuzione del pH); la massa microbica che elimino con le feci è in proporzione alla quantità di fibra che introduco; le fibre prebiotiche impattano anche sulla massa fecale perché più microrganismi ho più probabilmente aumenta la massa delle feci; 4) Modulazione della risposta immunitaria: attraverso o la fermentazione batterica e la produzione del butirrato o grazie all’attività prebiotica e a un miglioramento della microflora del colon; per quanto riguarda il butirrato, ha una funzione energetica per il colonociti, ma è anche stato è una molecola che può bloccare l’attività del fattore di trascrizione NF-kB, un indicatore di cellule che sono in situazioni di sofferenza oppure che stanno producendo sostanze infiammatorie; inoltre il butirrato stimola l’attività dei linfociti NK e modula la produzione di mucina, una molecola che serve ad impedire l’attecchimento dei batteri patogeni a livello intestinale; invece attraverso l’attività della microflora del colon abbiamo sia un effetto barriera contro i patogeni, perché se ho microrganismi benefici quelli patogeni non riusciranno ad attecchire, sia aumentare la produzione di IgA nel GALT, sia aumenta il numero e l’attività di cellule immunocompetenti nelle placche del Peyer. 5) Regolazione del peso corporeo: se si mangia più fibra probabilmente si sta mangiando più alimenti di origine vegetale e generalmente, tra questi, oltre ai cereali ci sono frutta e verdura che hanno una densità energetica più bassa; ma un’altra spiegazione può essere che ci si sente sazi per più tempo, ma negli ultimi anni è emerso anche il fatto di modulare la flora intestinale che regola anche il senso di appetito e sazietà; 6) Aumento dell’assorbimento di calcio: si sa che la fibra rende meno biodisponibile il Fe, il Ca ecc, e negli alimenti ricchi di fibra spesso si trovano i fitati, gli ossalati che interferiscono con l’assorbimento intestinale di alcuni minerali; in realtà per il Ca è emerso, tramite studi su modelli animali, che assumere inulina e oligofruttosio migliora l’assorbimento di Ca e Mg; la spiegazione che è stata data è che l’acido butirrico aumenta l’espressione di una proteina, la calbindina-DK9, che lega il Ca e serve per farlo assimilare meglio; se però si vanno a vedere studi condotti sull’uomo, in cui sono stati dati 15g al giorno di frutto-oligosaccaridi, si vede che in alcuni casi l’assorbimento è aumentato e in altri casi i dati non erano coerenti. Spesso si pensa che la fibra abbia 0 kcal; in realtà visto che si formano tutti quei metaboliti, come acido propionico e butirrico, che vengono immessi nel torrente ematico, la fibra può avere un valore calorico. FONTI ALIMENTARI DI MICRORGANISMI BENEFICI Quelli predominanti nel microbiota intestinale umano sono i Bacteroidedes e i Firmicutes; solo negli ultimi 10 anni si è riuscito ad identificare chi sono questi microrganismi, attraverso l’analisi di sequenze di rRNA 16S recuperate nelle feci dei soggetti sani. Nel tratto GI umano ci sono 10 alla 13- 10 alla 14 microrganismi appartenenti a più di 5000 fenotipi differenti, con biomassa >1kg; Nel colon ce ne sono di più perché trovano terreno fertile in cui crescere perché arriva tutto quello che noi non abbiamo già assimilato. alla nascita e fino a 1 anno aumenta molto la biodiversità di questi microrganismi; poi dallo svezzamento si arriva una stabilità della microflora che però si è visto che cambia perché cambia continuamente la composizione; nelle persone anziane si è visto che la composizione del microbiota è assolutamente diversa da quella di una persona più giovane e questo potrebbe anche spiegare la maggiore vulnerabilità rispetto ad alcune patologie in età anziana rispetto ai giovani. Quali fattori influenzano la composizione? La colonizzazione materna che avviene nel canale del parto alla nascita; siccome si è visto che le persone che nascono con parto cesareo hanno più facilmente un’alterata flora intestinale, una dell’ipotesi che si è fatta è di sottoporre il bambino alla nascita già a un contatto con microrganismi presenti nel canale del parto, proprio per ricreare una situazione più normale. Un altro che la influenza è la dieta e anche l’ambiente (mani messe in bocca, terapie antibiotiche ecc.). Gibson nel 1998 (intesse già alto su questa tematica) ha fatto uno studio per valutare la composizione della microflora intestinale umana, con cui si è vista una grande varietà di microrganismi; alcuni ritenuti patogeni, come E.coli, Clostridia o Vibronaceae, erano comunque presenti e quindi una distribuzione omogenea anche di questa è ritenuta normale; è chiaro che se E. coli prende il sopravvento e i Bifidobatteri diventano bassi si pensa a una disbiosi. ESEMPIO DI NOMENCLATURA: In commercio, quando si aggiungono prebiotici, bisognerebbe almeno indicare la specie, il genere e il ceppo al quale è attribuita quella funzione. FUNZIONI DEL MICROBIOTA INTESTINALE: In passato si pensava che servisse a completare la digestione degli alimenti che non riuscivamo a digerire Contribuisce alla produzione di alcune vitamine; infatti, dopo terapia antibiotica si rischia di avere delle avitaminosi, probabilmente legata alla mancata produzione di alcune vitamine Maturazione della mucosa Stimolazione del sistema immunitario Modificazione del pH Transito intestinale Competizione con i patogeni per la colonizzazione Fibra e microbiota sono due facce della stessa medaglia: da una parte la fibra modula i microrganismi con i loro effetti benefici e dall’altra il microbiota stesso esplica queste funzioni. FLORA PREDOMINANTE: STOMACO Lactobacillus e Streptococcus. Ci sono alimenti che portano a benefici a livello di microflora intestinale, benefici che poi si possono estendere a tutto l’organismo; Noi abbiamo una quantità di microrganismi che cambia dalla parte iniziale (bocca) fino alla parte terminale, che è il colon; nel colon prevalenti sono i Bacteiroides, ma è una flora comunque abbastanza mista: C’è un quantitativo molto importante di cellule, che possono determinare effetti importanti sull’organismo, sia a breve che a lungo termine. FLORA PREDOMINANTE: VAGINA I principali sono i Lattobacilli, importanti perché proteggono da patogenesi determinate da microrganismi che, quando prendono il sopravvento, diventa una situazione da rettificare. Ovviamente i vari distretti dell’organismo non sono comunicanti fra di loro però è come se quello che succede in un distretto (ad esempio il colon) possa andare a interagire con la flora di un altro (come quella vaginale); infatti si parla di situazioni di disiosi associate a cistiti, infezioni micotiche ricorrenti ecc., e molto spesso queste sono legate a situazioni di stitichezza ed irregolarità intestinale. FLORA PREDOMINANTE: TRATTO URINARIO Prevalentemente Coli, in numero contenuto. SVILUPPO DEL MICROBIOTA Quando si parla di modificare il microbiota per farlo essere il più possibile sano, dobbiamo tener conto dei limiti che risiedono già in quello che succede nel canale del parto. - Nascita: intestino sterile primo inquinamento a livello vaginale, secondo con l’ambiente Anche il tipo di allattamento può influenzare il sistema intestinale; quindi se prendiamo un neonato che nasce con parto naturale e poi viene allattato al seno artificialmente avrà un ecosistema differente e ancora più differente sarà se il bambino nasce con parto artificiale (cesareo) e è allattato con latte artificiale; infatti nel caso del latte materno c’è una maggiore prevalenza nelle feci di Bifidobatteri e Bacilli Lattici, invece nel latte artificiale ci sono numerosi Streptobatteri, Batteroidi ed Enterobatteri. - Svezzamento: progressiva diversificazione della microflora, il bambino entra in contatto con più microrganismi; non solo gli alimenti che introduce sono vettori di microrganismi, anche la fibra e le molecole che arrivano indigerite a livello terminale influenzano la tipologia di microrganismi - Adulto: microflora complessa, abbondante in rapporto associativo Durante il DIVEZZAMENTO la diversificazione della dieta porta alla prima diversificazione della composizione della microflora intestinale. Però poi ci sono varie variabili che entrano in gioco; fisiologiche (età, alimentazione, interazione tra i vari costituenti della flora, stile di vita) e variabili patologiche (malattie intestinali soprattutto infettive, trattamenti antibiotici e radioterapia); l’alimentazione è importante ma non è solo quello, ad esempio è importante anche come vengono preparati gli alimenti oppure se il bambino è stato soggetto a infezioni intestinali (salmonella o rotavirus), perché avrà fatto dei cicli di antibiotici. EFFETTI DELL’ALLATTAMENTO SUL MICROBIOTA: quello materno stimola la crescita intestinale di Bifidobatteri e Lattobacilli; inoltre nel latte materno c’è una maggiore presenza di vitamine e minerali biodisponibili; alcune molecole non sono ancora state identificate in modo da conoscerne le quantità esatte, ma sappiamo che ci sono dei peptidi bioattivi (frazioni di caseine presenti nel latte) che favoriscono corretta crescita e maturazione del sistema immunitario; sappiamo che, rispetto al latte artificiale, c’è una maggior quantità di vitamine (anche se i latti artificiali moderni vengono resi più simili al latte materno, tanto che si parla di latte umanizzato; ma ancora non si è arrivato ad avere un latte simile a quello umano perché ci sono molte molecole ancora non del tutto noto e che soprattutto si formano a partire dalla condizione della madre, per cui non è possibile riprodurle in un laboratorio di sintesi), riduzione del rischio di sviluppare allergie ed ostacolo allo sviluppo della flora patogena; quindi questi bambini hanno minore predisposizione alle infezioni. Il latte artificiale è reso il più possibile adatto all’alimentazione del bambino, esistono latti in cui vengono aggiunti microrganismi benefici; mai in alcune situazioni, se non sono quelli corretti o non sono stati studiati bene, potrebbero avere effetti patogeni; infatti attualmente c’è una direttiva su utilizzo dei probiotici, che raccomanda ti utilizzare correttamente. EFFETTO DELL’INVECCHIAMENTO SUL MICROBIOTA: la flora non è stabile tutta la vita: C’è un influenza dei processi di invecchiamento sulla composizione della flora batterica; infatti quello che è stato analizzato a livello fecale, vediamo un cambiamento del pH fecale che rispecchia i metaboliti prodotti dalla flora perché la produzione di acidi grassi a catena corta, acido piruvico, acetilCoA dipende dalla tipologia dei microrganismi; infatti cambia il pH ma cambia anche la tipologia di microrganismi: aumento dei Lattobacilli e dei Clostridi e un crollo dei Bifidobatteri (importanti per la produzione di acido butirrico). Durante i processi di demolizione terminale delle sostanze che non vengono digerite dal nostro organismo, si possono formare tanto metaboliti (acido lattico, piruvico ecc.); però abbiamo anche una serie di composti che si possono formare dai processi delle attività enzimatiche, che sono considerati negativi: Alcuni batteri putrefattivi (Shigella, Salmonella, Clostridium ecc.) hanno questi enzimi (ureasi, triptofanasi ecc.) e, dall’attività di questi enzimi, si possono formare una serie di sostanze (ammoniaca, indolo, composti azotati, amine aromatiche e secondarie ecc.); sono sostanze per la maggior parte sono cancerogene, quindi meno ci sono di quei microrganismi meno probabilità ho che quello che io mangio si trasformi in una di queste molecole. La riduzione di queste sostanze cancerogene può avere effetti positivi sia nel colon, sia in altri distretti. Tra le PATOLOGIE attribuite all’alterazione del microbiota abbiamo: - Allergia atopica e asma - Malattia Celiaca - Tumore del colon - Diabete I e II - Infezione HIV - Patologie infiammatorie intestinali (IBD) - Sindrome dell’intestino irritabile (IBS) - Infezioni del tratto gastroenterico - Obesità - Artrite reumatoide - Diarrea associata ad utilizzo di antibiotici (AAD) - Enterocolite necrotica FONTI ALIMENTARI DI MICRORGANISMI BENEFICI Una delle cose che si può fare per evitare l’alterazione del microbiota, e quindi la possibile insorgenza di queste patologie, è mangiare alimenti che contengono microrganismi benefici: il primo alimento storicamente ritenuto fonte di microrganismi benefici è lo yogurt; il biologo russo Elie Metchnikoff (1908) propose che la longevità, maggiore rispetto alla popolazione, dei pastori bulgari e caucasici dipendesse dal loro consumo massiccio di yogurt. Tra gli effetti benefici dello yogurt troviamo: - L’acido-3-idrossi-3-metilglutarico prodotto dalla fermentazione batterica e ha azione modulatrice della sintesi del colesterolo (azione ipocolestolemica) - b-galattosidasi: enzima specifico per l’idrolisi del lattosio che viene prodotto dai batteri, liberato nell’intestino a seguito di lisi cellulare; sono importanti se il soggetto adulto ha una lattasi che non funziona bene - peptidi bioattivi: frammenti prevalentemente di caseine, di 5-6 aminoacidi; in teoria non dovrebbero passare la barriera intestinale perché quando ingeriamo proteine queste vengono scisse in peptidi più piccoli e poi specifici trasportatori trasportano i singoli aminoacidi; è un mistero come questi peptidi possano essere rinvenuti nel torrente ematico dopo l’ingestione di alcuni alimenti; l’ipotesi è che queste sostanze possano passare tra una giunzione e l’altra della cellula, oppure che possano essere internalizzati tramite vescicole nelle cellule intestinali e poi riversati nel torrente ematico per esocitosi; questi frammenti possono essere dei modulatori del sistema nervoso e immunitario. Il latte è un sedativo quasi naturale: il latte ingerito, in parte viene digerito come caseine in singoli aminoacidi, e una piccola quota di peptidi bioattivi invece entrano nel torrente ematico, e possono avere un effetto analogo a quello delle endorfine, peptidi prodotti dall’organismo che aiutano a dormire. Ma lo yogurt non è un probiotico perché il probiotico, per definizione, riesce a superare il pH acido dello stomaco e arriva al colon intatto. Quello che sappiamo è che per produrre yogurt devono esserci questi due organismi: Lactobacillus Bulgaricus e Streptococcus Thermophilus; poi se ne possono anche aggiungere altri (Bifidus, Acidophilus ecc.), ma se non ci sono questi due microrganismi il prodotto non può essere definito yogurt. Allo stesso tempo lo yogurt non può essere definito probiotico a meno che non contenga, oltre a questi due, anche un microrganismo che resiste alla digestione. Ma lo yogurt, put non facendo arrivare tutti questi microrganismi vivi nel colon, avrebbe degli effetti modulatori sulla composizione della flora intestinale. La definizione di probiotico, fatta e approvata nel 2002 dalla WHO e poi condivisa dalla FAO, è che sono microrganismi vivi che se assunti in quantità adeguate determinano effetti benefici sulla salute e il benessere dell’individuo. Quelli considerati probiotici sono: Lattobacili, Bifidobatteri, alcuni Streptococchi, e alcuni lieviti , come il Saccaromiyes boulardi. Ogni ceppo ha caratteristiche probiotiche diverse: capacità di crescita differente, capacità di attecchire sulla mucosa del colon differente, ecc. Sui prodotti che contengono probiotici deve essere indicato il nome completo del microrganismo probiotico. Il Ministero della Salute dice che è un microrganismo ma, oltre a dover essere vivo, deve risponde a dei requisiti: - Deve essere accertato il suo effetto benefico sulla salute - Deve avere origine da materiali intestinali dell’uomo - Deve essere stabile all’acidità e ai Sali biliari - Deve aderire alle cellule intestinali - Deve resistere nel tratto intestinale - Deve produrre sostanze microbiche, che impediscano la crescita di patogeni - Devono antagonizzare contro i batteri cariogeni e patogeni; infatti si è visto che c’è correlazione tra alterazione della flora orale e facilità alla formazione della carie - Devono essere biosicuri Quelli principalmente diffuso in commercio: Bifidobatteri gram-positivi, Latobacilli gram-positivi (come LC1), Cocchi gram-positivi. Questa è una revisione dell’opuscolo su probiotici e prebiotici, fatta nel 2018 dal Ministero della Salute; b) il concetto del “sicuro” è molto importante perché, se usi un ceppo creato in laboratorio e che poi prende il sopravvento o che ha un’antibiotico-resistenza, poi è difficile eliminare il problema; deve essere testato che quel ceppo che si sta usando non causi problemi alla salute. Oppure se si crea un integratore con un ceppo benefico, ma che è antibiotico-resistente, può essere molto pericoloso perché, se mi prende un’infezione, quello trasferisce l’informazione a un altro microrganismo patogeno. Quindi l’uso indiscriminato che oggi si tende a fare di questi probiotici, in soggetti anche vulnerabili con sistema immunitario compromesso o che hanno subito molti cicli di antibiotico, è da valutare con cautela. Anche se sono stati indicati gli effetti benefici, siccome sono effetti indiretti, non possono essere utilizzati per etichettare l’alimento. Nel caso degli effetti accertati posso dire che, nel caso della mal digestione del lattosio, la presenza di Acidophilus e Bifidobatteri ne migliora la digestione; infatti chi è intollerante, a meno di intolleranze gravi, può consumare lo yogurt, se lo yogurt rispetta tutte le caratteristiche di produzione; questo perché la quantità di lattosio trasformata in acido lattico è poca. Nel caso della diarrea da Rotavirus si è visto che si ha la riduzione della durata della diarrea e un miglioramento della risposta immunitaria; i microrganismi che danno questo effetto benefico sono B. bifidum, S. thermophilus ecc.; ma, visto che sono più di uno, nel caso di diarrea da Rotavirus quale si deve prendere? Non si può sapere quale situazione di partenza ha la singola persona e come si è alterata la flora intestinale; molto spesso i prodotti commerciali sono dei mix di microrganismi. In genere per le diarree sono benefici il Rhamnosus GG e Rhamnosus 66. Nella modulazione immunologica si è visto che il Rhamnosus GG, L. johnsonil e Bifido lactis sono stati associati a un livello più elevato di IgA e un miglioramento della fagocitosi, ritenuti positivi per la funzione immunitaria. Nel caso del rhamnosus GG, gasseri ADH e casei Shirota, si è visto che si ha una riduzione dell’attività di alcuni enzimi patogeni che portano alla formazione di sostanze cancerogene. Questi sono effetti dimostrati in vitro o in vivo. MECCANISMI D’AZIONE PROBIOTICI: sicuramente c’è una competizione con i patogeni, vince chi è più forte ma soprattutto chi è più numeroso; poi abbiamo: Produzione di composti antimicrobici Riduzione del pH luminale attraverso la produzione di SCFA Competizione con i patogeni per i nutrienti e i prebiotici Esclusione competitiva dei patogeni per adesione alle cellule epiteliali Produzione di substrati di crescita Amplificazione della funzione della barriera intestinale: vengono secrete maggiori quantità di muco e beta-difensine che servono a formare le giunzioni strette, che rendono la mucosa intestinale molto più impermeabile al passaggio di sostanze negative Modulazione della risposta immunitaria I LATTOBACILLI AGISCONO IN DIFESA CONTRO L’INSORGENZA DI INFEZIONI MICROBICHE Attraverso 3 meccanismi: 1) Abbassano il pH, impedendo la crescita dei batteri che vivono a pH più elevati 2) Producono perossido di idrogeno, che ha un effetto battericida su alcuni ceppi Producono delle batteriocine, ossia molecole che hanno attività antibiotica Competono per le fonti nutrizionali; ad esempio i Lattobacilli si nutrono in parte di arginina, che è uno dei substrati per la crescita dei microrganismi anaerobi; quindi se sono tanti gli tolgono l’arginina. Altro meccanismo per possibile effetto protettivo di batteria dei Lattobacilli rispetto ai patogeni: il Lattobacillo può portare al rilascio di APR (FATTORE DI PROMOZIONE DELL’AGGREGAZIONE); questo fa sì che il Lattobacillo impedisce al microrganismo di attecchire sulla mucosa intestinale perché rilascia questo fattore e si coaggrega al patogeno, impedendo a questo di crescere. Questo si chiama FENOMENO DI COAGGREGAZIONE. RUOLO DEL MICROBIOTA NELLA GESTIONE DEI PAZIENTI OBESI O COME CAUSA DELL’OBESITA’ E’ noto che i soggetti obesi hanno un ecosistema intestinale alterato rispetto ai soggetti normopeso; una delle ipotesi è che, questo alterato rapporto tra i Firmicutes e i Bacteroitedes, possa portare a varie condizioni che potrebbero spiegare questo fatto che chi ha questa alterazione diventa obeso; in realtà è l’obesità che spesso causa questa alterazione, che a sua volta può favorire l’aumento di peso. Comunque un ipotesi (ritenuta tra tutte la meno importante) è che questo rapporto alterato piò influenzare l’estrazione calorica del cibo ingerito, in particolare della fibra. L a fibra ha un valore calorico 1,5-2 per grammo; alcuni pensano che possa arrivare anche a 3; quindi questo alterato rapporto si può pensare che faccia ingrassare di più perché estrae più kcal dal cibo; ma abbiamo visto che, se anche arriviamo a 30g di fibra al giorno con valore calorico di 2,5 per grammo, arriviamo a 75kcal che non giustificano il fatto che uno diventi obeso. Un’altra ipotesi è che le sostanze rilasciate da questi microrganismi possano favorire il deposito di grassi, quindi la biosintesi degli acidi grassi e l’immagazzinamento sotto forma di trigliceridi. Altra ipotesi: si crea un fenomeno di infiammazione che determina insulino-resistenza; questa favorisce il continuo rilascio di insulina che a sua volta favorisce i processi anabolici. Altra ipotesi: Infiammazione cronica POSIZIONE DELL’EFSA: l’EFSA è stata Interpellata per decidere cosa possono utilizzare le aziende per pubblicizzare i prodotti contenenti i microrganismi benefici; ha stabilito che “incrementare il numero di un qualsiasi gruppo di batteri” come “aumentare i livelli di microflora benefica” non siano in sé effetti benefici sulla salute; non dice che non funzionano ma non vuole che venga posta un’enfasi solo su questo aspetto; inoltre dice che “sostenere una microflora intestinale equilibrata” o “influire beneficamente sulla microflora intestinale” potrebbero essere ritenuto benefiche per la salute “in caso di una concomitante diminuzione dei microrganismi potenzialmente patogeni”. Infatti i gastroenterologi, soprattutto nelle condizioni di infiammazioni intestinali, di solito danno antibiotici per sterilizzare l’intestino e poi somministrano un mix di microrganismi benefici per tentare di riequilibrare la condizione della flora, che poi ciclicamente tende a peggiorare. L’EFSA nel 2012 ha espresso un parere sul Lactobacillus Casei Shirota: ha concluso che non c’è nessun effetto tra questo microrganismo e il mantenimento delle difese nel tratto respiratorio superiore; infatti anni fa, nella pubblicità di Yakult diceva “ti rafforza le difese immunitarie”; l’EFSA non vuole che si dica una cosa del genere. RISCHIO DI INFEZIONI CON ASSUNZIONE DI MICRORGANISMI PROBIOTICI Anche su questo c’è cautela. Se somministro Lattobacillus su soggetti immunocompromessi, prende il sopravvento e diventa patogeno Lactococcus: rischio di infezione basso Leuconostoc: principalmente non patogeno, ma qualche caso isolato di infezione è stato riportato Questo vuol dire che questi microrganismi hanno un ruolo importante ma vanno utilizzati solo nel caso in cui ci sia, non una situazione di immunocompromissione, un soggetto che ha avuto un infezione, un’alterazione dell’ecosistema intestinale e in questo caso possono accelerare il processo di ripristino della flora intestinale, che altrimenti richiederebbe magari molto tempo. Come si piò intervenire per evitare di prendere i supplementi? STRATEGIE PER MODULARE IL MICROBIOTA INTESTINALE: Dieta bilanciata e supporto nutrizionale: adeguato apporto quantitativo e qualitativo di carboidrati, proteine e lipidi, vitamine e minerali; presenza di prebiotici nella diete; ad esempio una dieta iperproteica, soprattutto ricca di proteine di origine animale, più facilmente porta alla formazione di sostanze putrefattive e a un pH più alto; posso anche prendere questi microrganismi ma non risolvo il problema se non cambio dieta Attività fisica: facilito la motilità intestinale, associata a maggiore regolarità intestinale Rimozione delle condizioni che aumentano la disbiosi patologie: patologie non adeguatamente trattate, utilizzo in maniera esagerata di farmaci (problema comune nei pazienti psichiatrici in trattamento costante con antidepressivi oppure pazienti che prendono antiacidi) Interventi terapeutici: utilizzo di probiotici + prebiotici; come FIBRES, uno yogurt che contiene fruttoligosaccaridi e microrganismi benefici Trapianto fecale del microbiota ??? non tra le strategie migliori Pane integrale: contiene quota di fibra e potenzialmente di prebiotici; Frutta fresca di stagione: contiene fruttoligosaccaridi; Carciofi: ricchi di fruttoligosaccaridi (prebiotici); anche la cicoria li contiene. REVIEW: strategie dietetiche del paziente con sindrome metabolica attraverso il ruolo del microbiota intestinale. In questa review si vede che, nella condizione di eubiosi, si ha la produzione di una quantità di butirrato, acetato e propionato corretto, che entrano nel torrente ematico e possono avere degli effetti nel caso della sindrome metabolica (dislipidemia, alterata glicemia, ipertensione, circonferenza dell’addome elevata); alcuni acidi grassi a catena corta e alcune molecole che sono prodotte a livello dell’intestino e che sono rilasciate, possono influenzare il senso di sazietà e il controllo dell’appetito; quindi il soggetto che ha una situazione di eubiosi è più facile che si regoli meglio; nella situazione di disbiosi invece, oltre alla produzione di sostanze negative come il lipopolisaccaride, prodotti da microrganismi non benefici, questi vanno ad alterare alcuni aspetti: ad esempio il differenziamento dei pre-adipociti che non vanno ad essere controllati nella loro crescita e crescono in maniera eccessiva; oppure i metaboliti del triptofano possono aumentare la secrezione di insulina; oppure gli acidi biliari secondari vanno ad alterare il catabolismo lipidico sia a livello del fegato che del tessuto adiposo, dove favoriscono il deposito dei grassi. Poi c’è la Trimetilammina-N-ossido, prodotta sempre da questi microrganismi patogeni, che aumenta l’attività delle piastrine che diventano iperattive e ciò aumenta il rischio di malattie cardiovascolari; e poi aumentano le specie reattive dell’ossigeno (che vanno ad alterare tanti processi); aumentano il metabolismo del colesterolo, quindi aumenta la sua biosintesi; infine c’è anche un’attivazione dei macrofagi. Sempre in questa review viene spiegato il meccanismo di produzione di questi metaboliti e le conseguenze sulla salute; tutto viene collegato al fatto che c’è una tossicità causata dal lipopolisaccaride prodotto da questi microrganismi e una situazione di basso grado di infiammazione (endotossiemia), che potrebbe essere tra le cause della sindrome metabolica. Invece nel caso della dieta mediterranea c’è la produzione di acidi grassi a catena corta e prevalgono gli effetti antinfiammatori: RUOLI DEI FITOCHIMICI NELLA PREVENZIONE DEI TUMOSI E DELLE MALATTIE E CARDIO-VASCOLARI I fitochimici sono tante molecole differenti anche se attualmente non possiamo definirne un livello di assunzione di riferimento perché, pur sapendo che sono importanti, non sappiamo dirne quanti ne dovremmo assumere per prevenire alcune patologie, perché le patologie sono multifattoriali. Tra le patologie che hanno un nesso più importante ci sono quelle cardiovascolari, che risentono molto di quello che mangiamo. Per molti anni ci si è focalizzato sull’apporto di grassi saturi e quindi sul bilanciamento monoinsaturi/polinsaturi/saturi; negli ultimi 15 anni sono emerse queste sostanze che sono non tanto delle sostanze che assumiamo in quantità tali da avere un effetto diretto sulla salute, ma che possono influenzare molti processi che poi sono alla base della formazione della placca, dell’aterosclerosi, dell’infarto ecc. Quindi i fitochimici sono utili nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e soprattutto nella prevenzione del decorso della patologia, quindi nel rallentare la formazione della placca o nell’impedire la formazione della placca nella popolazione più giovane. Principali classi di fitochimici: composti fenolici sono divisi in sottoclassi: il gruppo più importante è quello dei flavonoidi, quelli che assumiamo in quantità importanti; poi ci sono gli stilbeni, acidi fenolici, altri fenoli, lignani (lignina componente non polisaccaridico ma associato a parete cellule vegetali; la lignina è un lignano); i flavonoidi suddivisi in sottoclassi: flavanoni, flavoni, flavonoli, anocianine, flavanoli, isoflavoni; questi ultimi insieme ai lignani sono definiti fitoestrogeni, cioè molecole che hanno caratteristiche chimiche tali da assomigliare agli estrogeni e quindi avere azioni agoniste o antagoniste con gli estrogeni dell’organismo. I composti fenolici sono quelli che hanno il ruolo più importante nel ruolo della prevenzione delle malattie cardiovascolari, insieme ai sulfuri allilici. Come lavorano questi composti? Per capirlo dobbiamo prima comprendere qual è la causa che porta a quella patologia; quindi poi posso andare a cercare se quella sostanza interferisce con quel meccanismo; Classificazione sul ruolo dei fitoestrogeni: lignani e isoflavoni; hanno un’attività che li rende o agonisti o antagonisti degli estrogeni. Gli studi degli ultimi anni si è concentrata soprattutto sul ruolo di protezione dalle malattie cardiovascolari e dai tumori, ma c’è anche letteratura sulle malattie neurodegenerative. Sulle malattie cardiovascolari e sui tumori tutte le malattie vanno a ricercare dei meccanismi che sono alla base di queste patologie. FITOCHIMICI-POTENZIALI MECCANISMI D’AZIONE SULLA PREVENZIONE DEI TUMORI E DELLE MALATTIE CARDIO-VASCOLARI inibizione della sintesi di colesterolo, tramite l’inibizione dell’enzima che serve a produrlo attività antinfiammatoria inibizione dell’aggregazione piastrinica attività antiossidante, quella più aspecifica; anche se sono assorbiti in basse quantità e quindi la loro attività antiossidante in vivo è ritenuta poco rilevante regolazione del tono vascolare inibizione della formazione della placca aterosclerotica, perché si riducono le molecole di adesione Questi sono i meccanismi di azione più studiati. Ma non ogni studio che vuole studiare gli effetti di una molecola, studia tutti questi processi; infatti nelle review spesso si vede che uno studio dimostra un meccanismo d’azione, uno ne dimostra un altro, e quindi poi si può arrivare alla conclusione che quella molecole ha un beneficio. PREVENZIONE DEI TUMORI Ci si concentra sui FATTORI DI RISCHIO: Fattori genetici, come i polimorfismi che predispongono a una maggiore probabilità di sviluppare un tumore Fattori ambientali Per cui è complesso andare a dimostrare in maniera diretta che una molecola ridurrà tanto il rischio di tumore. Oggi si ragiona in termini di sinergia tra queste molecole: a una dieta più di tipo mediterranea (elevato consumo di cereali integrali, legumi, verdure, spezie, aromi, quindi alimenti vettori di questi composti bioattivi) è associato a basso rischio, data dalla sommatoria di più componenti bioattive contenuta in questi alimenti. Nella dieta occidentale invece è caratterizzata da basso apporto di questi alimenti c’è un maggior rischio di tumori ormono-sensibili (seno, prostata, utero, ovaie ecc.) e dell’apparato digerente. Nella CANCEROGENESI, se vogliamo analizzare l’effetto benefico di un composto bioattivo, si analizzano vari livelli: INIZIAZIONE: se pensiamo che un tumore inizi da un processo che porta a una divisione cellulare incontrollata, noi potremmo bloccare all’inizio questo processo, andando a controllare i processi di riparazione del DNA; oppure posso controllare le mutazioni nei geni che controllano la divisione cellulare, oppure vado a vedere se prevale un effetto di proliferazione o di morte cellulare. Quindi possono studiare se questi processi sono controllati da questo composto bioattivo; immaginiamo che un composto favorisca i processi di riparazione del DNA o che ne inibisca il danno, già di per sé è considerato antitumorale. PROMOZIONE: controllo se c’è una divisione cellulare incontrollata e se si forma il tumore. PROGRESSIONE: controllo se avviene l’estensione del tumore ad altri organi distanti (metastasi). Poi posso anche controllare a monte di tutto ciò; sono AGENTI CHEMIOPREVENTIVI: sappiamo che altre sostanze favoriscono la divisione cellulare e fanno danni al DNA; se vedo che una sostanza viene a non formarsi più perché viene trasformata o neutralizzata dai composti bioattivi, posso dire che riduce l’insorgenza del tumorale, è come se fosse un detossificante (ad esempio una sostanza che neutralizza la nicotina); altri possono prevenire la formazione di composti cancerogeni da precursori; spesso entriamo in contatto con sostanze cancerogene che a volte diventano ancora più cancerogene per processi di biotrasformazione, ossia a livello epatico cerchiamo di disintossicarci dalle sostanze tossiche ma ci sono dei passaggi che possono portare alla formazione di sostanze anche più nocive per qualche minuto, finché non vengono neutralizzate; possono bloccare l’attivazione metabolica della carcinogenesi. COMPOSTI FENOLICI FLAVONOIDI: è la classe principale, comprende più di 5000 molecole differenti. Le piante ne producono in quantità variabile in risposta agli stress ambientali (es. ambiente umido). Riguardo l’ultima frase la spiegazione è perché gli alimenti (li ritroviamo nel mondo vegetale) che contengono i flavonoidi sono vettori anche di altri composti bioattivi, come i glucosinolati. Una delle classi più studiate è quella delle ANTOCIANIDINE (ANTOCIANINE AGLICONI): le antocianidine sono molecole in cui non c’è una porzione glucidica. Tutti i composti fenolici sono legati a porzioni glucidiche e, prima di essere assorbiti deve avvenire un distacco di questa porzione; quindi quando si parla di antocianine è già la porzione che è stata deglicosilata da enzimi della microflora intestinale. Si ritrovano nell’uva rossa, uva rosa, vino, frutti rossi. Le molecole più sudiate sono: Pelagonidina, Cianidina, Delfinidina, Petunidina e Malvidina. La struttura chimica è simile ma la differenza sta nel gruppo R. Questi alimenti le contengono in quantità abbondanti ma non sono contenute solo in questi alimenti; FLAVANOLI: monomeri (CATECHINE) e dimeri (TEAFLAVINE); Le più note sono la catechina, la gallocatechina e la epigallocatechina. Tra i dimeri abbiamo la teaflavinagallato, teaflavina 3-3 digallato; le troviamo nei frutti rossi, the, cioccolata e mele. Quindi se mangio frutti rossi mi posso chiedere se mi fanno bene perché ci sono le antocianine o perché ci sono i dimeri delle teaflavine. FLAVANONI: ben rappresentati negli agrumi (pompelimi, arancie, mandarini, limoni); tra i flavanoni abbiamo: Naringenina, Eriodictolo, Hesperidina; sono veicolati dagli agrumi che comunque sono gli stessi alimenti che ci veicolano grandi quantità di vitamina C. FLAVONOLI: presenti nei broccoli, cavolo a foglia riccia, erba cipollina, cipolla, mele, the; quindi sono ampiamente distribuiti. A esempio si parla di Quercetina e COVID ma non è necessario assumerla tramite integratore se la ritroviamo in moltissimi di questi alimenti. Broccoli e cavoli sono fonti eccellenti di glucosinolati; la cipolla e l’erba cipollina di sulfuri allilici. FLAVONI: presenti nel prezzemolo, timo, sedano, peperoncino; ma anche nella camomilla che è fonte di Apigenina e Luteolina. Studio sulla camomilla: sono stati presi 5 estratti di camomilla di 5 marche diverse; la quantità di Apigenina e Luteolina cambiava da 100 a 0, in alcune camomille non c’erano per niente e altre ne erano molto ricche. Quindi la cultivar, ossia la tipologia di pianta, la modalità di preparazione della camomilla, l’origine cambia molto la concentrazione di queste molecole; ad esempio nel biologico c’era una concentrazione ed era immaginabile perché queste molecole vengono prodotte dalle piante in risposta all’ambiente, quindi se una pianta è cresciuta in presenza di fitofarmaci non producono sufficienti molecole protettive. Nel ribes nero la quantità di flavanoli è di 13-19 mg/110gr, di antocianine di 89-221, di proantocianidine 6-97; questo vuol dire che sono sicuramente una fonte buona di questi composti, anche se meno di flavanoli. I mirtilli sono ricchi di antocianine (67-183); nel vino rosso possono andare da 1 a 35, quindi c’è un divario molto ampio. Negli alimenti ricchi in flavanoli non sono praticamente presenti le antocianine; i flavanoli sono presenti in buone quantità (24-216) nel the verde; 5-178 nel the nero. Il contenuto di flavoni del prezzemolo è di 24-63. Contenuto variabile anche dei flavanoni contenuti negli agrumi. I polifenoli entrano nell’apparato digerente, vanno nel colon dove possono essere demoliti o metabolizzati; una parte può essere riassorbita e quindi buona parte dei composti fenolici la troviamo nelle feci; una parte arriva nel fegato dove può essere secreta nella bile e rientrare nell’intestino; a livello del colon possono essere trasformati in altri composti o metaboliti perché a livello epatico vengono riconosciuti come sostanze estranee e possono andare agli altri tessuti come molecola o come suo metabolita; una parte va al rene e poi viene escreta con le urine. Quindi i polifenoli non digeribili li ritroviamo nelle feci. Invece polifenoli come tali o metaboliti li ritroviamo nelle urine. Trovarli nelle urine non è semplice perché la biodisponibilità è bassa. Esempio: se studio l’effetto dell’Esperidina sul polmone, prima devo vedere se viene assimilata; una volta assimilata devo capire se quella che arriva al fegato è Esperidina o un suo metabolita. Quindi, quando faccio lo studio in vitro, non dovrei usare l’Esperidina ma il suo metabolita, che è quello che arriva al tessuto. La maggior parte dei flavonoidi sono legati a una porzione glucidica e solo quelli che vengono deglicosilati possono essere assorbiti; questo è il motivo per cui la maggior parte si ritrova nelle feci. Una volta tolta la porzione glucidica vengono assorbiti nel fegato, dove possono avvenire tre reazioni: metilazioni, glucoronidazione, solfurilazione. Normalmente nel colon una porzione viene demolita e quindi può arrivare al fegato se non ci è arrivata prima. Quelli che dal colon arrivano al fegato quanti sono? Non lo so, dipende dalla flora; si è visto che la porzione glucidica è utilizzata dalla microflora per sorpravvivere; così come si è visto che gli stessi flavonoidi possono modificare la flora intestinale. Sappiamo però che se abbiamo batteri benefici per la salute (i probiotici), questi riescono ad utilizzare meglio questi composti fenolici. Bisogna poi considerare che le concentrazioni utilizzate nella maggior parte degli studi è discutibile; spesso vengono utilizzate delle concentrazioni che già sappiamo in partenza che al tessuto non arriveranno mai. La concentrazione plasmatica di isoflavoni, flavanoli, favonoli e antocianine è di 10 micromoli/litro. ATTIVITA’ BIOLOGICA: 1) ATTIVITA’ANTIOSSIDANTE: non rilevante in vitro; 2) ATTIVITA’ CHELANTE I METALLI: riducono la presenza di metalli che in generale possono innescare reazioni di perossidazione, ma non si sa se in vivo sia così importante; 3) EFFETTO SULLE VIE DI SEGNALEZIONE, che riteniamo essere ruolo principale; quuesto si traduce sui meccanismi collegati all’infiammazione e uno dei meccanismi più studiato è quello di controllare le attività di alcune chinasi (enzima che fosforilano enzimi e proteine), attivandole o inibendole; inibire le chinasi fa sì che questo si possa tradurre in un effetto a valle su vari meccanismi che possono portare poi alla produzione di citochine infiammatorie. Di norma quasi tutti gli studi cercano qualche chinasi coinvolto in qualche processo di attivazione dei processi infiammatori. Altro aspetto importante è l’alterazione del segnale di crescita cellulare perché, quando vedo che una cellula smette di crescere, potrebbe essere una riduzione della formazione della placca. Oppure un altro meccanismo sulle vie di segnalazione potrebbe essere quello di fosforilare un recettore (e quindi bloccare il legame di una qualsiasi molecole sul suo recettore), oppure bloccare il legame dei fattori di crescita al recettore. MECCANISMI IMPLICATI NELLA PREVENZIONE DELLE MALATTIE CARDIOVASCOLARI 1) Riduzione dell’infiammazione attraverso la soppressione di mediatori pro-infiammatori, ad esempio abbiamo meno citochine infiammatorie; 2) Down-regolazione dell’espressione delle molecole di adesione delle cellule vascolari, che contribuiscono al reclutamento di globuli bianchi infiammatori dal sangue alla parete arteriosa; 3) Aumento della produzione di ossido nitrico mediante l’ossido nitrico sintetasi endoteliale, migliorando così la funzione endoteliale vascolare; 4) Inibizione dell’enzima di conversione dell’angiotensina inducendo così il rilassamento vascolare; 5) Inibizione dell’aggregazione piastrinica; 6) Riduzione della proliferazione delle cellule muscolari lisce e la migrazione che si verifica durante l’aterogenesi; Anche nella cura dell’Alzheimer si tende a dare queste molecole. Hanno cercato di valutare, attraverso diversi studi osservazionali in vivo sulle malattie cardiovascolari, la correlazione tra assunzione di flavonoidi con la dieta e malattie cardiovascolari: nel 63% c’è una correlazione positiva sulla salute, il 37% degli studi non trova nessuna correlazione. Invece studi analizzarono la correlazione tra assunzione flavonoidi con la dieta e rischio di infarto: il 70% hanno trovato correlazione positiva, il 30% nessuna correlazione. Conclusioni e limiti degli studi: evidenze a favore di un ruolo positivo; ma non è possibile determinare se tale protezione sia conferita dai flavonoidi o da altri composti presenti negli alimenti ricchi di flavonoidi. Infatti, dove non è stata trovata la correlazione, magari è stata trovata la correlazione tra tipologia di dieta e rischio cardiovascolare, ma non si può attribuire in maniera più certa ai flavonoidi. MECCANISMI IMPLICATI NELLA PREVENZIONE DEL DIABETE 1) Interferiscono con la digestione, assorbimento e metabolismo dei carboidrati; studi in vitro e in vivo lo dimostrano; 2) Migliorano la secrezione dii insulina, rendendo le cellule beta del pancreas meno infiammate; 3) Aumentano la captazione di glucosio stimolata da insulina da parte delle cellule bersaglio (come le cellule muscolari); 4) Proteggono le cellule muscolari dall’insulino-resistenza indotta dagli acidi grassi; 5) Riducono l’iperglicemia e migliorano la tolleranza al glucosio nei modelli animali di obesità e/o diabete mellito di tipo 2. MECCASMI IMPLICITI NELLA PREVENZIONE DI TUMORI 1) Prevengono danni al DNA: attraverso la modulazione di enzimi chiave detossificanti impediscono la formazione di radicali liberi che poi causano danni al DNA; 2) Regolano l’attività di enzimi di biotrasformazione e di trasportatori di efflusso, evitando che si formino sostanze chimiche procarcinogeniche e promuovendo la loro escrezione dall’organismo; 3) Regolano la proliferazione cellulare, la riparazione del DNA, o l’attivazione di percorsi che conducono all’apoptosi (processo positivo in un tumore perché la cellula non rilacia sostanze infiammatorie nell’ambiente circostante) in caso di danno irreversibile al DNA; 4) Inibizione dell’invasione tumorale e dell’angiogenesi (formazione di nuovi vasi); quando il tumore viene ad essere circondato da una vascolarizzazione si autoalimenta, ma soprattutto una delle cellule potrebbe andare nel torrente ematico e creare una metastasi in un distretto lontano. Negli studi in vivo si è visto che non c’è un’evidenza così forte sulla prevenzione dei tumori, a differenza delle malattie cardiovascolari dove sempre più evidente il ruolo dei flavonoidi nella prevenzione. Quindi se ho una categoria a rischio (fumatori) vedo l’effetto protettivo, nei soggetti normali con meno rischio l’effetto protettivo non lo vedo. RUOLO DEI FITOCHIMICI NELLA PREVENZIONE DELLE PATOLOGIE CRONICO- DEGENERATIVE Soprattutto i FLAVONOIDI vengono largamente consigliati nel caso di malattie neurodegenerative, come Alzheimer o Parkinson, come supporto nel rallentamento della progressione della patologia. Studi fatti negli animali, in cui la dieta ricca di flavonoidi è stata controllata rispetto a un gruppo di controllo, si è visto che c’è stato un rallentamento del declino delle funzioni cognitive legate all’invecchiamento e alla demenza senile. Invece gli studi condotti sull’uomo (studi prospettici che tengono conto per 25/30 anni dell’incidenza della patologia in relazione all’assunzione di flavonoidi) non hanno evidenziato nessuna correlazione tra l’assunzione di flavonoidi e il rischio di demenza o di malattie neurodegenerative; sono patologie multifattoriali, quindi è più difficile trovare la correlazione, mentre per quelle cardiovascolari in cui i flavonoidi giocano un ruolo diretto è più facile trovare la correlazione, anche se abbiamo trovato dei dati che non erano coerenti. Elevati livelli di assunzione di tofu (ricco di isoflavoni) nella mezza età sono stati associati a riduzione del danno cognitivo durante l’invecchiamento. C’è un altro studio che ha dimostrato il contrario: non che l’assunzione di flavonoidi riduce il rischio di demenza, ma al contrario che chi assume bassi livelli di flavonoidi ha un maggior rischio di sviluppare demenza nei 5 anni successivi. Sebbene alcuni flavonoidi e cibi ricchi di flavonoidi possano migliorare la funzione cognitiva negli anziani, non è ancora chiaro se il loro consumo potrebbe ridurre il rischio di declino cognitivo e demenza. Se ne consumi poco hai un maggior rischio, ma se ne consumi tanti probabilmente c’è un valore soglia oltre il quale non si vede più l’effetto benefico. Se questo dato è vero vuol dire che l’integratore funzionerebbe soltanto nella popolazione che assume poco questi alimenti, che però in realtà fornisco anche altri componenti che hanno gli