Lezione 22-24 novembre 2022 - Flusso dell'Informazione Genetica PDF

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Università degli Studi Federico II Napoli

2022

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biologia molecolare acidi nucleici DNA genetica

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Questi appunti riguardano la lezione 22-24 novembre 2022 sul flusso dell'informazione genetica. Coprono argomenti quali la funzione autocatalitica del DNA (replicabilità) e la funzione eterocatalitica (sintesi di RNA). Gli appunti trattano anche gli acidi nucleici, i nucleotidi e la loro struttura.

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Lezione 22 -24 novembre 2022 FLUSSO DELL’INFORMAZIONE GENETICA Vedremo le varie fasi con le quali l’informazione genetica, contenuta all’interno del nucleo (anche nel cloroplasto e nel mitocondrio), si traduce nella formazione di proteine e in ultima istanza di molecole, quindi dobbiamo vedere la pr...

Lezione 22 -24 novembre 2022 FLUSSO DELL’INFORMAZIONE GENETICA Vedremo le varie fasi con le quali l’informazione genetica, contenuta all’interno del nucleo (anche nel cloroplasto e nel mitocondrio), si traduce nella formazione di proteine e in ultima istanza di molecole, quindi dobbiamo vedere la prima parte, cioè la funzione autocatalitica, ovvero quella funzione con la quale il DNA produce una copia di se stesso, che avviene quando l’informazione genetica deve passare da una cellula madre alle cellule figlie. In più c’è la funzione eterocatalica, ovvero la funzione in base alla quale sullo stampo del DNA si produce la molecola di RNA, che è l’altro acido nucleico, nelle sue forme principali che è l’RNA transfer, ribosomiale e messaggero. Poi vedremo come, studiando la traduzione o sintesi proteica, l’informazione contenuta nel DNA e trascritta nell’RNA messaggero, diventa proteina. In realtà abbiamo già visto che molte di queste proteine sono enzimi e quindi contribuiscono alla sintesi delle molecole presenti all’interno di una cellula. La biologia genomica studia il DNA, cioè l’informazione nel nucleo, la transcrittomica studia l’RNA, cioè che percentuale e in che modo l’informazione nel nucleo diventa RNA, la proteomica studia le proteine di una cellula, la metabolomica studia i metaboliti di una cellula. Cominciamo con la definizione di gene, da cui genoma: il gene è il più piccolo segmento di DNA che ha un effetto fenotipico. L’effetto fenotipico è un carattere che si manifesta nell’individuo, carattere di tipo evidente, somatico, o un carattere biochimico. Ogni carattere fenotipico si può associare ad un fenotipo, quindi i geni che codificano per quel carattere. ACIDI NUCLEICI Gli acidi nucleici sono di due tipi, quelli del genoma e quelli del transcrittoma, cioè DNA e RNA. Le strutture di queste molecole sono abbastanza diverse tra loro, però hanno dei caratteri comuni, cioè entrambe queste strutture hanno la stessa famiglia di monomeri, che si chiamano nucleotidi, che è il monomero sia dell’acido desossiribonucleico, sia dell’acido ribonucleico. Il nucleotide è un’unità complessa costituita da due costituenti principali: una base azotata e uno zucchero. - La base azotata può essere di due tipi: o Pirimidinica: in chimica organica si intende un anello a sei termini con due atomi di azoto in posizione 1,3. Quindi ricorda la pirimidina. Questi anelli hanno un estesa planarità, perché anche se non ci sono doppi legami nel ciclo, nelle posizioni in cui non ci sono i doppi legami c’è il CO, quindi quel carbonio è comunque ibridato sp2, quindi quella molecola ha un estesa planarità. o Purinica: la purina invece è un sistema biciclico costituito da due parti, una pirimidina a sinistra e a destra un imidazolo, cioè un anello a 5 termini con due atomi di azoto, che è esattamente lo stesso anello che si trova nell’istidina. Queste molecole sono diffuse abbastanza nell’organismo umano e quello vegetale non solo nel DNA, ma anche all’esterno (per esempio la struttura della caffeina o la teobromina). Queste basi azotate sono legate con un monosaccaride in forma ciclica, con il ribosio o il desossiribosio, il ribosio nell’acido ribonucleico, il desossiribosio nell’acido desossiribonucleico. Che legame unisce il ribosio con la base azotata? È il legame glicosidico, che però normalmente avviene perché il carbonio anomerico dello zucchero si lega con un OH e quindi si forma l’acetale, qui però l’OH non c’è, quindi si lega con un azoto, quindi quel legame non si chiama glicosidico e basta, ma è un legame N-glicosidico, dove la N sta per azoto. Ma quale azoto? Quelli in rosso in evidenza. I legami glicosidici degli zuccheri non si aprono e si chiudono, sono o alfa o beta, qui abbiamo un legame β-N-glicosidico. L’unità costituita da base azotata e zucchero si chiama nucleoside, quando in posizione 5’ (usiamo il ‘ perché si usa l’apice per numerare lo zucchero, mentre senza apice per la base azotata) c’è legato il gruppo fosfato allora diventa nucleotide. Che legame è con il fosfato come gruppo funzionale? Fosfoestere tra un alcol e l’acido fosforico, tra l’OH in 5’ e il gruppo fosfato. Delle 5 basi azotate ci sono 3 pirimidine (citosina, timina, uracile) e 2 purine (adenina, guanina), la loro distribuzione è tale che adenina e guanina sono presenti sia nel DNA che nell’RNA, la citosina è presenza sia nel DNA che nell’RNA, la timina e l’uracile sono presenti in maniera alternata, per cui l’uracile è presente nell’RNA, la timina è presente nel DNA. Quindi quanti nucleotidi esistono? 8: due per la citosina perché il nucleotide comprende anche lo zucchero, quindi ci sarà una citosina che lega il desossiribosio e una che lega il ribosio, due per la guanina, due per l’adenina, uno per la timina e uno per l’uracile. A livello di nomenclatura si usano dei nomi diversi per indicare la base azotata, il nucleoside e il nucleotide: per l’esempio l’adenina come base azotata, quando diventa nucleoside si chiama adenosina, quando diventa nucleotide si dice adenosinamonofosfato, se è ATP si chiama adenosinatrifosfato; con la citosina il nome cambia e diventa citidina e poi citidinamonofosfato; con la guanina abbiamo la guanosina e guanosinamonofosfato; timidina e urinina (monofosfato nella forma di nucleotide). SCHELETRO COVALENTE DEGLI ACIDI NUCLEICI Quando abbiamo un polimero c’è bisogno che la molecola abbia almeno due gruppi funzionali con i quali formare una catena: quali sono i gruppi funzionali con i quali il nucleotide può formare i legami? il gruppo alcolico presente sullo zucchero e lo stesso gruppo fosfato, che è un acido che può formare due esteri (gli acidi al carbonio possono formare solo un estere perché hanno COOH, invece il gruppo fosfato ha tre gruppi OH in linea di principio ne potrebbe formare anche 3). Quindi i due gruppi che reagiscono e danno il polimero sono il gruppo OH dello zucchero e il gruppo fosfato di un altro nucleotide. Sullo zucchero di gruppi OH ce ne sono 1 o 2, quando ce n’è uno solo e parliamo quindi del desossiribosio che ha solo l’OH in 3 si forma qui, nel caso del ribosio si forma comunque in posizione 3 nonostante ci sia anche un altro gruppo OH libero. Quindi qual è il legame che formano i nucleotidi tra loro? 3’-5’ fosfodiestereo. Quindi il legame è tra il 3’ e il 5’ fosfodiestere, perché il fosfato forma due esteri a cavallo tra i due nucleotidi. Il nome “acido” che diamo a queste molecole deriva dal fatto che l’acido fosforico è un acido triprotico, cioè ha 3 gruppi OH acidi, quindi con due di questi li impegna per il legame estereo, e ne rimane uno libero che conferisce il carattere acido alla molecola, che noi vediamo scritto sottoforma di O-, che sarebbe la base coniugata. Da qui il nome acido nucleico. A questo punto ci troviamo come nella situazione dei polipeptidi: abbiamo una lunga catena ma questo ha una caratteristica particolare, è un eteropolimero, cioè ogni posizione può essere occupata da una molecola su 4, nel caso delle proteine da una su 20, quindi bisogna dire per ogni posizione quello che c’è se vogliamo indicare la catena. Per indicare la catena siccome lo scheletro zucchero-fosfato è sempre immodificabile, basta indicare la base azotata, che è l’unico elemento di variazione, quindi indichiamo la base azotata con le iniziali, e si scrivono per convenzione in direzione 5’- 3’. La direzione 5’-3’ significa che ci sarà un’estremità 5’ che non ha impegnato il 5’ in un legame, e un’estremità 3’ che non ha impegnato il 3’ in un legame. La sequenza parte dall’estremità 5’ e finisce in 3’, perché è il modo in cui viene sintetizzata e letta questa sequenza nelle fasi successive. Ovviamente questo è possibile a meno che il filamento non si chiuda su se stesso come nel caso del DNA ciclico dei procarioti. STABILIZZAZIONE π-π STACKING Parlando di un singolo filamento e quindi riferendoci sia al DNA sia all’RNA, qual è la parte covalente che mantiene questo filamento stabile? I legami covalenti che mantengono il filamento stabile sono solo i legami fosfoesterei, le basi azotate non contraggono legami all’interno del filamento se non con lo zucchero all’interno del nucleotide, c’è però una stabilizzazione accessoria, che si chiama π-π stacking: questa è una stabilizzazione che stabilizza ciascun singolo filamento dell’acido nucleico, sia esso DNA o RNA. Stacking in inglese significa impilamento (tipo tilacoidi), questo somiglia alle forze di London, che sono forze che si stabiliscono sta molecole che sono abbastanza apolari ma che istantaneamente generano un dipolo e lo inducono nelle molecole adiacenti e poi fanno interazioni. Queste basi azotate hanno un sistema π abbastanza esteso, e siccome stanno una sopra l’altra (gli elettroni π stanno sopra e sotto il piano della molecola) un piano genera un sistema π che si polarizza istantaneamente e polarizza quello di sopra e così via. Si chiama π-π perché gli elettroni coinvolti sono quelli dei doppi legami che interferiscono l’uno con l’altro in verticale, quindi esattamente nella posizione in cui si trovano le basi azotate che stanno una sopra l’altra, quindi teniamo presente che oltre al legame covalente che unisce lo scheletro, ci sono delle interazioni deboli che fanno si che le basi azotate preferiscano stare una sopra l’altra, perché così hanno delle interazioni tra gli elettroni π di una e gli elettroni π dell’altra. DNA Il DNA ha una struttura quaternaria, cioè ci sono due strutture primarie che interagiscono tra loro. Ci sono stati degli esperimenti preliminari che hanno portato alla conclusione che il DNA avesse struttura quaternaria, tra questi troviamo: - Regola di Chargaff: c’è un rapporto di equivalenza. Nel DNA c’è un rapporto di equivalenza tra adenina e timina e guanina e citosina, cioè il rapporto tra purine a pirimidine è sempre uguale a 1 e all’interno di questo rapporto il contenuto di adenina è sempre uguale a quello di timina e quello di guanina e citosina altrettanto. Trattandosi di una purina e una pirimidina vale anche che il rapporto tra purine e pirimidine è 1:1. Questo non poteva essere spiegato da un singolo filamento. Questo implicava che la struttura fosse a doppia elica. Il diametro di questa doppia elica è costante, ed è di 20 Å. Un diametro costante è possibile solo interagiscono tra loro in maniera regolare una purina e una pirimidina, perché due pirimidine si avvicinerebbero di più e due purine darebbero un diametro più grande. Quindi ciascuna A è sempre accoppiata a T e ciascuna C è sempre accoppiata a G in questa doppia catena. Perché questo accoppiamento specifico? Perché il legame a idrogeno è direzionale, quindi questo accoppiamento è quello che consente di formare il maggior numero di legami a idrogeno possibili. La combinazione G-C riesce ad essere stabilizzata da 3 legami a idrogeno, la combinazione A-T da due legami a idrogeno (non ne forma tre perché l’idrogeno non ha il delta + che serve, e perché non sono nella direzione giusta). Il fatto che da una parte si formino 3 legami idrogeno e da un’altra parte 2, fa sì che questa doppia elica ha delle zone di maggior legame (C-G, più stabili, si rompono meno facilmente) e delle zone di minor legame (A-T, si rompono più facilmente). Quindi se il DNA vuole che una zona si apra più difficilmente, la riempie di guanina e citosina, al contrario se vuole che una zona si apra più facilmente, ci mette più adenine e timine. STRUTTURA DEL DNA È una doppia elica: elica vuol dire che i due filamenti si spiralizzano. La doppia elica è tenuta insieme da legami a idrogeno tra le basi puriniche e pirimidiniche. Si tratta di catene polinucleotidiche antiparallele: antiparallelo significa che una catena che ha il 5’ e il 3’ in una direzione, si appaia con l’altra che ha il 5’ e il 3’ in direzione opposta; all’estremità 3’ di una catena corrisponde l’estremità 5’ dell’altra. L’estremità 5’ ha lo zucchero CH2O-fosfato, invece l’estremità 3’ ha l’OH libero in posizione 3’. Quindi sono catene antiparallele ad avvolgimento spirale destrorso, cioè che gira verso destra, intorno ad un asse verticale. Dal punto di vista della lunghezza ci aggiriamo su centinaia di milioni di nucleotidi in una e in altrettanti nell’altra catena. Questa struttura fa sì che gli zuccheri e i gruppi fosfato si trovino all’esterno, quindi la molecola id DNA nella sua struttura a doppia elica è propensa a stare in un ambiente idrofilo, perché i gruppi polari, lo zucchero e i fosfati, sono rivolti verso l’ambiente esterno. Nella struttura ci sono polarità diverse: c’è una parte estremamente polare che è data dagli zuccheri e dai fosfati e si trova all’esterno su entrambi i filamenti, quindi la molecola di DNA sta bene in un ambiente acquoso; invece la parte centrale non è idrofoba, ma per come è fatta la doppia elica l’acqua interagisce all’esterno e non entra nella parte centrale. L’acqua è esclusa dalla parte centrale. Per quale motivo è meglio che l’acqua non entri nella parte centrale? Perché l’acqua è competitiva con i legami a idrogeno, quindi la base azotata potrebbe rompere il legame con l’altra base azotata e farlo con l’acqua, ma sarebbe un disastro. La struttura tridimensionale del DNA può essere descritta da dei parametri: i piani delle coppie di basi contrapposte sono spaziate da 3,4 Å, il giro dell’elica completo è di 34 Å, ovvero 10 base azotate, o ancora 3,4 nm. MAJOR GROOVE E MINOR GROOVE In questa struttura si possono individuare dei solchi, che si chiamano major groove e minor groove, in italiano solco maggiore e solco minore. - Il minor groove, solco minore: lo possiamo concepire come quella specie di spazio che si crea quando un’elica gira da un lato e l’altra gira dall’altro lato e formano questa specie di X. Questi solchi sono il punto importantissimo in cui il DNA interagisce con le altre molecole, soprattutto con le proteine: sono i siti di legame per le proteine, perché il DNA è una struttura che non troviamo quasi mai libera, ma interagisce con le proteine, quindi l’interazione avviene a livello dei solchi. Con che proteine interagisce? Ci sono due funzioni diverse: - Struttura della cromatina: cioè il DNA interagisce con delle proteine che facilitano l’avvolgimento di questa molecola complessa. Avvolgimento significa che deve occupare meno spazio possibile, quindi deve essere ripiegata su se stessa, ma questo avvolgimento non può essere spontaneo, ma deve essere guidato da proteine che interagiscono con il DNA. - Regolazione dell’espressione genetica: ovunque prendiamo le cellule nel nostro corpo, queste avranno lo stesso DNA, ma poi si differenziano e danno funzioni e aspetti diversi. Questo si ottiene perché in un tessuto, organo, distretto vengono prodotte alcune proteine, in un altro distretto ne verranno prodotte delle altre, ma i DNA restano uguali. Tutto ciò è possibile regolando l’espressione genica, cioè facendo sì che il processo di trascrizione e traduzione avvenga per determinate proteine in un organo e per altre proteine in un altro organo. È necessario che il DNA interagisca con dei fattori di regolazione che bloccano il DNA dal fare la sintesi proteica oppure che lo stimolano; siccome si tratta di proteine, queste devono interagire con il DNA e lo fanno sempre all’interno di questi solchi. Quindi da un lato i solchi sono essenziali per l’interazione di superavvolgimento, ma molto importante anche la regolazione dell’espressione genetica, cioè il processo che parte dal genoma e porta alla proteina o al metabolita. Nel minor groove o major groove queste proteine non trovano gruppi OH alcolici, perché lo zucchero e il desossiribosio, che in 1 ha l’azoto della base azotata, in 2 non ha l’OH, in 3 ha l’OH impegnato nel fosfodiestereo, in 4 l’OH è andato a formare il ciclo e in 5 c’è il fosfodiestereo: quindi gruppi OH liberi non ce ne sono, quello che trova la proteina nei solchi sono i gruppi fosfato. Quindi qual è l’interazione tra queste proteine e il DNA? Interazione di tipo IONE-IONE. Quindi le proteine che vogliono interagire con il DNA devono essere ricche di amminoacidi basici, così si caricano positivamente e interagiscono con il – dei gruppi fosfato, quindi è un’interazione ione- ione. ISTONI E NUCLEOSOMA La prima interazione che fa il DNA è con le proteine che si chiamano istoni, è la prima organizzazione di superavvolgimento. Gli istoni sono piccole proteine ricche di amminoacidi basici che formano un ottamero e intorno a questo ottamero si avvolge il DNA, formando una struttura che si chiama NUCLEOSOMA. Un ottamero di istoni ha 146 basi avvolte intorno. A cosa serve? Serva a occupare meno spazio, perché avvolgiamo la doppia elica attorno al nucleosoma. Si crea il DNA linker, che sarebbe il DNA non avvolto nel nucleosoma, ma è molto meno delle basi avvolte (circa 60 basi tra un nucleosoma e l’altro). Questo ha una doppia funzione: riduce lo spazio quindi è propedeutico al superavvolgimento, ma ha anche la funzione di regolare la lettura. Ad un certo punto dal DNA vogliamo sintetizzare RNA: la prima cosa che dobbiamo fare è sciogliere il rocchetto del nucleosoma per leggere il DNA. Quindi poiché per leggere il DNA c’è bisogno che sia aperto, l’avvolgimento intorno al nucleosoma ha sia funzione di occupare meno spazio, ma anche la funzione di regolare l’espressione genica, perché se io riesco a regolare questo srotolamento regolo l’espressione genica. Qui vediamo gli istoni che costituiscono l’ottamero, e si chiamano istoni: H3, H4, H2A, H2B, che presi due volte danno l’ottamero. Se io voglio regolare l’avvolgimento e lo svolgimento, ho bisogno di un altro istone, che si chiama istone H1. È un istone a parte che funge da collante, e blocca tutto; se togliamo l’H1 il nucleosoma si svolge. Quindi il vero istone regolatore è l’H1, perché gli altri 4 servono solo da base per l’avvolgimento. Quando noi decidiamo di trascrivere il pezzo di DNA che è super avvolto in un ottamero, devo staccare l’H1 e quello si scioglie: infatti si chiama legame di tipo cooperativo, è tutto dipendente dall’H1, se togliamo l’H1 si srotolano tutti gli altri. Il legame con l’istone H1 è regolato da un’acetilazione e deacetilazione: quando l’istone H1 si deve sciolgiere, questo viene acetilato (leghiamo il CH3-C=O) e l’H1 si stacca, quindi tutto il DNA attorno al nucleosoma si apre, c’è un enzima ad hoc che si chiama istoneacetil-transferasi. Perché l’acetilazione? Perché l’acetilazione va a bloccare i gruppi amminici, che diventano ammidi se leghiamo l’acetile, e quindi non interagiscono più con il DNA. Infatti in tutti negli istoni ci sono 213 amminoacidi, di cui il 20% sono basici, e nell’istone H1 la lisina è il più abbondante, con un rapporto di 20:1 con l’arginina. Quindi su 40 amminoacidi 36 lisine e 4 arginine circa. Quindi chi è che viene acetilata? La lisina. Ci sono diversi farmaci antitumorali che puntano al blocco dello srotolamento dei nucleosomi per bloccare la replicazione del DNA, quindi l’istone è un bersaglio delle terapie antitumorali. CROMATINA L’organizzazione complessa del DNA prende il nome di cromatina, quindi con il nome di cromatina si intende un qualche cosa che si vede al microscopio come DNA condensato. A livello di microscopio si dividono due tipi di cromatine: la eucromatina e la eterocromatina. Hanno intensità di colore diversa, la eucromatina è meno condensata e appare più chiara al microscopio, la eterocromatina è più condensata. Questo significa che c’è qualche tratto del DNA che viene poco srotolato, quindi il tratto di eterocromatina è un tratti che non viene letto, non viene tradotto, non diventa proteina, invece la eucromatina è quella in cui è più intensa l’attività di passaggio dal DNA all’RNA. C’è una parte del DNA che codifica molto poco per le proteine. La struttura che ci interessa è quella con i vari nucleosomi spaziati tra loro. A questo punto ci sono due modi in cui si impaccano i nucleosomi. - A solenoide - A zig-zag Si tratta sempre di nucleosomi di spaziatori che raggiungono livelli di organizzazione superiore. Quindi l’interazione con gli istoni ha creato queste specie di monete, che ora possono essere “piegate” in due modi in modo tale da occupare meno spazio possibile. Questi due livelli costituiscono il livello successivo. A questo punto la sezione del cromosoma si ripiega su sé stesso e diventa una catena polinucleotidica volta a proteine tutta intrecciata, e si chiama cromatina. Ha occupato il minore spazio possibile perché ha creato degli elementi rigidi, che sono i nucleosomi, che vengono orientati in maniera strategica, in modo da occupare meno spazio possibile (a solenoide o a zig-zag). CROMOSOMA Questo che poi si verifica è la costituzione finale del cromosoma, che è l’intero gruppo costituito da una catena 3’-5’ e una catena 5’-3’, ovviamente a doppia elica, compattate e ripiegate in questo modo. Quindi ciascun cromosoma contiene circa alcune centinaia di milioni di basi, in totale, poiché nel nostro DNA non c’è un solo cromosoma, nell’uomo ci sono circa 3 miliardi di basi. Il 20% di queste basi è associato a geni, cioè si può individuare un genoma, quindi sono stati individuati circa 25000 geni, però solo il 6% di questo 20% codifica, le altre sono sequenze regolatorie della trascrizione, che si chiamano introni. Il 6% del 20% è 1.2%, cioè pochissimo, che codifica per geni, il resto del 20% è DNA di regolazione. L’80% viene chiamato DNA extragenico. Quindi quelli che codificano si troveranno nell’eucromatina, perché lì c’è l’attività di trascrizione; quelli che non codificano si troveranno nell’eterocromatina. Questi possono codificare per proteine regolatorie, RNA transfer ed RNA ribosomiale. Nel nucleo c’è il nucleolo, che contiene il DNA che codifica per l’RNA. I ribosomi si riciclano, quindi non è che quella parte del nucleo è ad intensa attività di trascrizione. C’è una parte del DNA di questo 80% di cui non sappiamo a che serve, e non escludiamo che non serva a niente. Da dove lo prendiamo questo che non serve a niente? Ogni volta che incontriamo un DNA esterno (con l’alimentazione, con le infezioni) noi possiamo introdurre nel nostro genoma una parte di DNA, ma questo non significa che diventa DNA che viene tradotto, trascritto e diventa proteine. Quindi questo DNA potrebbe derivare dalle interazioni che abbiamo avuto con altri DNA. I cromosomi sono l’organizzazione tridimensionale che risulta dalla forma che si ottiene alla fine di questo ripiegamento e superavvolgimento. Nel caso dei procarioti è presente un singolo cromosoma, quindi nel caso dell’uomo è presente più di un cromosoma, ma nel caso dei procarioti ce n’è uno solo. Fatto un confronto tra le dimensioni di escherichia coli, che sarebbe il puntino, tutto quello intorno è la dimensione del suo DNA. Come è possibile ciò? Con il super avvolgimento grazie al quale viene compattato. I procarioti, a parte il DNA di questo singolo cromosoma, (che ha due caratteristiche: è a doppia elica ma è circolare) contiene un altro DNA circolare, che si chiama plasmide. Questo plasmide è di cruciale importanza, perché questo è un piccolo tratto di DNA sempre circolare, che al limite può derivare dal DNA perché separato da esso, e può essere trasmesso da una specie all’altra; cioè è un DNA che i procarioti fanno uscire dalla cellula e danno ad un’altra specie che lo ingloba. I procarioti non hanno il nucleo quindi deve solo uscire dalla cellula. La resistenza è una modifica che il batterio fa nel proprio DNA. Se io do un antibiotico a un batterio e quello sviluppa la resistenza, dopo un poco tutta la popolazione è resistente all’antibiotico. Dal punto di vista dello sviluppo tecnico della resistenza è impossibile che tutti abbiano sviluppato la resistenza contemporaneamente. Quindi quello che succede è che il batterio che ha sviluppato la resistenza trasmette un tratto di DNA a tutti gli altri, che acquisiscono quel tratto e manifestano anche loro la resistenza. Questo fenomeno si chiama horizontal gene transfer, trasferimento genico orizzontale. Ora ritorniamo a come è possibile che nel cloroplasto o nel mitocondrio vengano sintetizzate otto subunità della rubisco e altre 8 stanno nel nucleo: come è possibile? È entrato un batterio, ha trasferito per trasferimento genico orizzontale una parte del genoma in quello dell’organismo che li ha ospitati, e quindi hanno condiviso questa informazione genetica. Per cui l’orizontal gene transfer è anche alla base di quello che può essere successo per questo fatto che un polimero di proteina è codificata in parte nel cloroplasto e in parte nel nucleo: perché è entrato un batterio che è abituato a fare questo processo e gli ha dato una parte del suo DNA, che è migrata in quello che sarebbe diventata nucleo. La struttura del DNA degli eucarioti è costituita da più cromosomi, mediamente da 10 a 50. L’uomo ha il fenomeno della diploidia: nelle nostre cellule somatiche sono presenti due copie, non esattamente identiche, per ciascun cromosoma. Quindi noi abbiamo 23 cromosomi x2, cioè i due sarebbero l’altra copia non esattamente identica (omologo), quindi abbiamo un cromosoma e il suo omologo; quando invece la copia è esattamente identica viene detta in inglese sister chromosome, mentre in italiano cromosoma fratello. FORMA DEL CROMOSOMA La forma del cromosoma dipende: durante la replicazione del DNA e poi la duplicazione cellulare per cui avviene la mitosi, il corredo cromosomico deve essere raddoppiato, perché le due cellule che derivano da questa separazione devono avere lo stesso corredo cromosomico della cellula madre. La prima fase, che si chiama replicazione del DNA, serve esattamente a raddoppiare il corredo cromosomico; come viene raddoppiato? Ciascun cromosoma viene copiato in un cromosoma esattamente identico a fianco, quindi la forma a X o Y del cromosoma si riferisce al cromosoma quando è stato raddoppiato. Cioè nel DNA delle nostre cellule somatiche che non stanno facendo la mitosi, ci sono 46 cromosomi, che non hanno né la forma a X né a Y, ma hanno la forma a BASTONCELLO, perché a X significa che già ha raddoppiato il suo corredo cromosomico, quindi ce ne sono 92, non 46. Ne sono 46 perché per ciascuno esiste il suo omologo, che è quasi identico. Quando avviene la mitosi, queste è preceduta dalla replicazione del DNA, cioè ciascun cromosoma crea il suo gemello a fianco e si forma la struttura a X. Quindi il dipende iniziale si riferiva alla fase in cui noi osserviamo i cromosomi: siccome li vediamo bene nella metafase perché si dirigono verso la piastra equatoriale, allora noi diciamo che hanno forma a X, ma in realtà un cromosoma inizialmente ha forma a bastoncello. Il cinetocore è la zona di unione tra i due cromatidi fratelli. FORME NON CANONICHE DEL DNA In percentuali molto piccole, in seguito a condizioni fisiologiche estreme, non nell’ambiente normale, il DNA può assumere altre forme. Quello “nomale” descritto finora è il DNA B, ma esistono innumerevoli altre forme. - FORMA A: una delle forme alternative, DNA A. Nel nostro corpo è difficile da trovare. Però come è fatto il DNA A ci può dare l’idea di come è l’RNA quando forma un appaiamento: l’RNA può formare su se stesso delle zone di appaiamento con conseguente doppia elica, quelle zone le possiamo immaginare come la struttura del DNA A. La differenza può evidente è che l’orientamento delle basi azotate è obliquo e non orizzontale come nel DNA B. Inoltre, il giro dell’elica è di 11 coppie di basi e non 10; la distanza invece è di 28,2 Å, quindi gira di più. Quando vedremo un RNA appaiato vedremo l’RNA di tipo A e non B. - FORMA Z: DNA Z è più disordinato ma è fisiologico. In alcuni tratti del DNA eucariotico c’è la forma Z, ma un aumento è segnalato come patologico. Andamento a zig- zag dei montanti di deossiribosio e fosfato, che lo rende più secco. Ha come passo 44,6 Å e 12 coppie di basi come passo dell’elica. La sua caratteristica è che è sinistrorso, si avvolge al contrario. - G-QUADRUPLEX: la incontreremo nei telomeri. È una forma particolare. Immaginiamo un tratto di DNA ricco di guanine messe in posizione strategiche, per cui sullo stesso piano si trovano 4 guanine che formano tra loro legami a idrogeno: si forma così un quadruplex, una struttura a 4 guanine legate tra loro. G sta per guanina e quadruplex perché è una struttura planare fatta da 4 guanine. Si parla anche di G-tetradi: normalmente una tetrade di guanina è stabilizzata da un catione monovalente, il potassio, che si mette in mezzo, e il catione monovalente viene chelato dagli atomi di azoto della guanina. Le strutture G- quadruplex sono presenti nei telomeri e in altre regioni del DNA non codificanti, e regolano l’espressione genica. Quindi in questo tratto la doppia elica è alterata e un filamento fa interazioni con se stesso: le G devono quindi stare in posizioni strategiche, basta che ne manchi una e non è più possibile il G-quadruplex. Quindi in alcuni tratti del DNA la doppia elica è interrotta e un solo filamento forma la G-quadruplex: quello è un punto che viene riconosciuto come punto di regolazione dell’espressione genica. La tetrade può anche formarsi da filamenti diversi, ma questa è una cosa da laboratorio. Lezione 23 -29 novembre 2022 FUNZIONE AUTOCATALITICA: REPLICAZIONE DEL DNA La replicazione del DNA fa parte della funzione autocatalitica di questo acido nucleico, per cui il DNA funge da stampo per se stesso. Questo processo avviene in un determinato momento del ciclo cellulare, una sola volta, cioè quando la cellula decide di dividersi, quindi in previsione di questa duplicazione cellulare, il DNA va copiato perché deve essere trasmesso alle due cellule figlie. La fase in cui avviene la mitosi, o fase M del ciclo cellulare, è preceduta (due fasi prima) dalla fase S del ciclo cellulare, nella quale avviene questa funzione che descriveremo oggi. Quando la cellula decide che deve dividersi, la prima cosa che fa è entrare nella fase S, nella quale moltiplica x2 il suo corredo genetico, in previsione di quella che sarà la fase M nella quale avverrà la divisione cellulare e quindi ci sarà la trasmissione del corredo genetico nelle cellule figlie. Di conseguenza questo processo avviene una sola volta nella vita di ogni cellula che si divide. Schematicamente all’interno del nucleo i cromosomi sono organizzati in una maniera nella quale è difficile capire la loro forma, perché sono tutti raggomitolati e tutti insieme all’interno di quello che è il nucleo. Ma si può immaginare che la forma di un cromosoma nel nucleo sia più o meno quella di un bastoncello. Dopo questa fase ciascuno di questi cromosomi avrà a fianco un cromosoma esattamente identico, per cui si chiamerà cromosoma unico con forma X o Y dal corredo esattamente identico; all’interno del genoma però c’è un altro cromosoma, anche questo che si raddoppierà, che è un cromosoma omologo, non identico, perché contiene alcune piccole differenze in alcuni geni. In questo schema riassunto è possibile vedere le varie fasi con i corrispondenti numeri di cromosomi. Ma per quale motivo le cellule hanno scelto di essere diploidi? Quindi perché le cellule hanno due versioni non identiche ma omologhe dello stesso cromosoma? REPLICAZIONE SEMICONSERVATIVA Si parla di replicazione semiconservativa perché passiamo da una doppia elica di DNA a due doppie eliche di DNA. Semiconservativa perché nelle due doppie eliche che si generano, uno dei filamenti deriva da quello che era la doppia elica originaria. Nelle eliche figlie c’è un filamento che è originario dall’elica prima della replicazione. Quindi da due filamenti in doppia elica ricaviamo quattro filamenti associati in due doppie eliche. Un punto chiave è: chi decide che ad un certo punto deve avvenire la replicazione del DNA? Cioè chi è che stimola il DNA a fare una copia di sé stesso e quindi procedere con il ciclo cellulare? Una cellula che raddoppia il proprio corredo cromosomico ha deciso di dividersi, perché il corredo cromosomico non è compatibile con una cellula che non si deve dividere. Quindi nel passaggio dalla fase di vita metabolica attiva al passaggio in cui avviene la duplicazione del DNA, c’è la decisione di quella cellula che tra un po' si dovrà dividere, quindi è un processo fisiologicamente fondamentale. Questo processo è regolato da quelli che si chiamano check-point del ciclo cellulare. Questo check-point è regolato da proteine che si chiamano cicline, e il nome deriva dal fatto che sono fondamentali nella regolazione del ciclo cellulare. Quindi è bene sapere che le cicline saranno quelle che avranno dato il via a questo processo. Il DNA si deve preparare ad avere questa copia srotolandosi e allontanando le proteine che lo tenevano raggomitolato. Questo srotolamento è sempre coordinato dal livello di cicline. Gli istoni, e quindi i nucleosomi, ostacolano questo processo, quindi anche se noi adesso non lo vediamo, prima di procedere con la copia sarà necessario che tutti i nucleosomi si srotolino attraverso l’istone H1, e liberino la doppia elica in modo tale da poter essere copiata. Il processo di replicazione ha 3 fasi: - Apertura o srotolamento dei filamenti antiparalleli della doppia elica. - Generazione dei filamenti figli sulla base dei filamenti utilizzati come copia, secondo le regole di appaiamento complementare tra le basi. Il DNA è a doppia elica e non a singola elica perché così durante la replicazione è possibile ottenere due eliche figlie grazie alle regole dell’appaiamento, perché l’informazione contenuta nell’una è complementariamente contenuta nell’altra. Chiaramente se si fosse trattato di un singolo filamento, crearne un altro completamente identico avrebbe richiesto un processo diverso e molto più complicato e prono ad errori. - Terminazione. Questo è un processo che richiede una quantità di energia spropositata, ma non perché l’enzima che catalizza questo processo richiede energia, ma semplicemente perché per ogni base azotata che va appaiata, serve un equivalente di XTP, quindi mi servono miliardi di unità di ATP, GTP, CTP, TTP, perché il substrato di questo enzima non è il nucleotide, ma il nucleotide trifosfato. Quindi è un processo che consuma una quantità di energia enorme, quindi le cicline devono considerare se la cellula ha l’energia sufficiente per imbarcarsi in questo processo: quindi le cicline devono verificare anche la disponibilità energetica della cellula a fare questo processo, perché se la cellula si trova in un momento di crisi energetica non può dividersi, perché non riesce nemmeno a fare la replicazione del suo DNA. Quindi partiamo dal presupposto che è processo che richiede molta energia, e le cicline devono considerare anche se la cellula si trova in un tessuto o è separata, perché se si trova in un tessuto le servirà anche l’ok dalle cellule che le stanno intorno, se è una cellula isolata può anche decidere di dividersi ma deve verificare se ha l’energia sufficiente. DOVE INIZIA LA REPLICAZIONE? Indipendentemente da quanti cromosomi si hanno, nel caso del DNA procariotico si inizia in un punto e si comincia a copiare finché non è finito il giro e non è completa la replicazione, nel caso del DNA eucariotico, un approccio di questo tipo non avrebbe una durata accettabile, quindi nel caso del DNA eucariotico la replicazione comincia contemporaneamente in più punti dello stesso cromosoma. Questo significa che saranno all’azione più enzimi contemporaneamente, quindi nel caso degli eucarioti si parla di repliconi multipli. La forma che ha al microscopio l’apertura del DNA è quella di una bolla, da cui il nome bolla di replicazione (in inglese replication bubble) o forcella di replicazione. L’enzima che srotola il DNA si chiama DNA-elicasi: ha bisogno di energia perché deve rompere dei legami a idrogeno, quindi l’enzima DNA-elicasi, a parte tutta l’energia che serve per i substrati, consuma altra energia perché la formazione di legami a idrogeno è una forma di stabilità, quindi se li voglio allontanare devo dare energia. L’enzima DNA elicasi agisce grazie al segnale dell’ORC, o complesso di origine della replicazione. L’enzima DNA elicasi è un enzima che tecnicamente separa la doppia elica, ma quello che sceglie il punto di partenza è il complesso di origine della replicazione, che riconosce sul DNA una sequenza ricca di A e T, perché è la sequenza dove è più facile rompere i legami perché è unita da meno legami a idrogeno. Questo ORC recluta altre proteine, che si chiamano CDT e CDC che a loro volta attaccano la DNA-elicasi. Quindi la DNA elicasi non riconosce il tratto di DNA da separare, ma il tratto è riconosciuto da questo complesso a cui l’enzima di attacca. Quando noi separiamo la doppia elica la abbiamo separata, ma quando la C vede la G vuole subito formare il legame a idrogeno, quindi nonostante abbiamo utilizzato energia per separare la doppia elica, se la lasciassimo così si riattaccherebbe subito. L’appaiamento A-T e C-G è una cosa spontanea, determinato dalla forma di queste molecole. Per questo è necessario che dopo che la DNA elicasi ha fornito energia per staccarle ci sia qualcosa che le tenga lontane: allora subito dopo l’azione della DNA elicasi, entrano il gioco le SSBP, che sono delle proteine che fanno un’interazione con il DNA simile a quelle degli istoni (quindi di tipo elettrostatica). Si chiamano SSBP perché sta per “single strand binding protein” cioè proteine che si legano al filamento singolo con l’obiettivo di evitare che si riattacchi con l’altro filamento singolo. Quindi le SSBP ce le ritroviamo sia da un lato che dall’altro, e il loro obiettivo è evitare che la doppia elica si riattacchi una volta separata. A questo punto abbiamo un altro problema, ovvero il super avvolgimento: dato che abbiamo una doppia elica, se facciamo forza per separarla la tensione che noi facciamo, si trasmette più avanti per cui l’elica tende ad avvolgersi ancora di più, creando il super avvolgimento. L’energia che ha impiegato la DNA elicasi e le SSBP per tenerli separati, si trasmetterebbe a valle creando un super avvolgimento che renderebbe impossibile un ulteriore azione della DNA elicasi. Per evitare ciò le DNA-topoisomerasi sono un altro enzima che agisce a questo livello: onde evitare il super avvolgimento questo enzima taglia il filamento, così non si trasmette il super avvolgimento. Quando l’elicasi si avvicina, la topoisomerasi ricuce il taglio che ha fatto e l’elicasi può continuare. È un unico complesso (elicasi-SSBP-topoisomerasi) che viaggia lungo la doppia elica: l’elicasi separa, la SSBP mantiene separato, la topoisomerasi evita il super avvolgimento. La differenza tra la DNA-topoisomerasi I e la DNA-topoisomerasi II è che la I effettua un solo taglio su uno dei filamenti, mentre la II li taglia entrambi. Tagliare un filamento significa rompere un legame 3’-5’ fosfodiestereo e ci vuole l’energia per romperlo e poi per ricostruirlo: quindi a livello di consumo energetico sia la DNA elicasi che la DNA topoisomerasi consumano altra energia. Quindi è un processo molto dispendioso dal punto di vista energetico. Quindi le tre proteine che abbiamo analizzato sono parte del complesso che dà inizio alla replicazione, cioè che prepara il lavoro dell’enzima che deve fare la copia, l’obiettivo di questa fase è separare i due segmenti della doppia elica. DNA POLIMERASI III (DNA DIPENDENTE) L’enzima che deve fare veramente il lavoro si chiama DNA polimerasi III. DNA polimerasi è un termine abbastanza impreciso perché bisogna dire che il nome vero è DNA polimerasi DNA dipendente, cioè che è in grado di sintetizzare il DNA su un filamento di DNA, perché ci sono anche enzimi che sono DNA polimerasi RNA dipendenti, cioè sintetizzano il DNA a partire da uno stampo di RNA. Quindi una DNA polimerasi DNA dipendente è in grado di sintetizzare il filamento di DNA a partire dal filamento stampo. Il “III” deriva dal fatto che esistono più DNA polimerasi che si occupano di funzioni diverse, o per esempio di zone diverse del DNA. Questi numeri sono riferiti ai procarioti. Questo enzima dove c’è la C deve mettere la G, dove c’è la A deve mettere la T e così via. Il problema è che è un enzima in grado di aggiungere nucleotidi solo all’estremità 3’, ha una limitazione. 31.00-32.00 inserisci disegno. Questo enzima prende un nucleotide trifosfato e fa un ponte tra l’ossigeno e il fosfato in 5’ del nucleotide entrante, quindi forma un legame tra il 5’ del nucleotide entrante e il 3’ libero del filamento che si sta accrescendo. Quindi il substrato di questo enzima è il nucleotide trifosfato. Quindi ha formato un legame tra il 3’ e il 5’. In altri termini l’enzima DNA polimerasi è in grado di allungare il filamento solo dal lato 3’ perché il suo substrato, che sono i nucleotidi trifosfato, vengono legati al 3’ formando il legame 3’-5’. La velocità è di 1000 nucleotidi al secondo nei procarioti e 10 nucleotidi al secondo negli eucarioti, perché vuole stare più attenta. Però questo enzima per aggiungere nucleotidi ha bisogno che il filamento già ci sia. Questo enzima deve avere il 3’ libero; se qui non avesse niente questo enzima non saprebbe come lavorare. Quindi è necessario all’estremità del DNA che ci sia un filamento sul quale può lavorare questo enzima, altrimenti a chi lo lega il 5’? Cioè questo enzima non è in grado di iniziare il lavoro, ma solo di completarlo. Ha bisogno quindi che ci sia un filamento precostituito, e questo filamento precostituito al quale si aggancia la DNA polimerasi, è un filamento che viene chiamato innesco. I primi nucleotidi sul quale si attacca la DNA polimerasi vengono messi da un altro enzima che si chiama RNA primasi, perché mette un filamento di RNA; quindi l’innesco sul quale si mette la DNA polimerasi è fatto di RNA. Ad ognuno dei repliconi delle bolle di replicazione, si crea un piccolo tratto di acido nucleico ibrido, dove da un lato c’è il DNA e dall’altro c’è un tratto di RNA. L’enzima RNA primasi, a differenza della DNA polimerasi, è in grado di cominciare da capo, anche senza niente, quindi crea l’innesco. Si crea un acido nucleico ibrido fatto da DNA e RNA. La domanda è: come mai l’RNA primasi è in grado di fare questa cosa senza l’innesco? Si presume che i primi organismi che sono nati sulla terra avessero come acido nucleico qualcosa che somiglia all’RNA, quindi i primi organismi erano a RNA; questo RNA primitivo aveva la capacità di auto replicazione, il DNA sarebbe venuto dopo ereditando la necessità di partire dall’RNA come innesco per la copia. L’RNA primasi lavora sempre con le regole dell’appaiamento ma non ha bisogno dell’innesco, mette piccoli tratti di nucleotidi e poi entra in funzione la DNA polimerasi. Fatto questo l’enzima DNA polimerasi continua la copia di direzione 5’  3’, quindi si muove verso il 3’ perché avrà sempre il 3’ libero, finché non arriverà all’ultimo 3’ dove è finita la sequenza. Un aspetto da considerare: l’enzima è in grado di leggere il nucleotide in modo da appaiare il complementare? Come fa l’enzima a rispettare le regole dell’appaiamento? L’enzima non se frega proprio, perché la selezione della base che si deve appaiare è una selezione dinamica. Significa che se per esempio c’è una C alla quale va appaiata una base, tutto intorno ci sono tutti i nucleotidi trifosfato (A, C, G, T): ad un certo punto si attacca la G, perché è quella che forma più legami a idrogeno con la base preesistente: una volta che si è attaccata con le regole della complementarità del legame a idrogeno, solo allora l’enzima provvede a fare il legame 3’-5’ fosfodiestereo. L’enzima DNA polimerasi ha solo il compito di legare il fosfato con l’OH in pozione 3’, ma non è lui a dover scegliere la base. Ecco perché serve una grossa quantità di energia, perché per ogni nucleotide che si lega, il substrato è il nucleotide trifosfato, non monofosfato, quindi si consuma un’unità di nucleotide trifosfato per ogni nucleotide che si deve attaccare. Poi l’energia per fare il legame 3’-5’ fosfodiestereo da dove la prende l’enzima? In linea di principio si rompe un legame fosfoanidridico e questa energia viene trasferita per formare l’altro legame. La DNA polimerasi non ha bisogno di ATP, perché l’energia sta nel nucleotide entrante. Quindi l’energia per formare il legame sta nella molecola. Però bisogna anche idrolizzare un gruppo pirofosfato, e l’energia dell’idrolisi di questo è appena sufficiente per formare il legame, quindi per spostare completamente a destra la reazione e renderla irreversibile l’enzima è associato ad una pirofosfatasi, cioè un enzima che scinde questi due gruppi fosfato facendoli diventare due fosfati separati, mentre prima erano uniti. Questa è una cosa importantissima perché rende il processo irreversibile, lo sposta tutto verso destra; abbiamo già visto una cosa del genere nel ciclo di Hatch-Slack, quando volevamo spostare la reazione fosfoenolpiruvato – piruvato a destra e quindi abbiamo dovuto idrolizzare tutti e tre i legami dell’ATP. La stessa cosa succede qua: il primo fosfato si lega, ma gli altri due fosfati vengono comunque scissi per dare l’energia per spostare a destra la reazione. Quindi la pirofosfatasi è un enzima associato alla DNA polimerasi. DOPPI FILAMENTI ANTIPARALLELI Anche il filamento di DNA che dobbiamo ottenere deve essere antiparallelo, quindi uno dovrà essere 5’-3’ e un altro deve essere 3’-5’, perché anche i filamenti figli devono essere antiparalleli. Abbiamo capito che la DNA polimerasi è in grado di polimerizzare solo in direzione 5’-3’, cioè è in grado di aggiungere nucleotidi ad un 3’ libero. Questo significa che la direzione 5’-3’ non avrà problemi, e quindi il filamento 3’-5’ è il filamento guida, perché quello corrispondente in allungamento non ha problemi. Immaginiamo quello che può succedere dall’altra parte. Se lavoriamo sull’altro filamento, la direzione del filamento in accrescimento è 3’-5’, quindi la DNA polimerasi non riesce a fare il legame solo in questa direzione. Quindi come si fa? In questo caso deve procede a scatti, e questo fa sì che il filamento 5’-3’ venga chiamato filamento ritardo. Il filamento ritardo è il filamento 5’-3’ nel quale la copia deve avvenire in direzione 3’-5’. La DNA polimerasi è un enzima che copre un certo numero di nucleotidi: vediamo come si comporta con il filamento ritardo. Qui dovrebbe polimerizzare in direzione 3’-5’, ma non lo può fare: quindi in un primo momento crea un primer al centro e polimerizza in direzione 5’-3’, poi l’enzima si sposta e crea un altro primer più avanti per polimerizzare di nuovo in direzione 5’-3’, e così via. Perciò questo è un filamento ritardo, perché quello in allungamento viene polimerizzato a scatti. Nel filamento guida c’è un solo primer all’inizio e poi la polimerizzazione avviene tranquilla nella sua direzione. Nel filamento ritardo invece la polimerizzazione procede comunque in direzione 5’-3’, ma la direzione 5’-3’ è contraria a quella che è la direzione di spostamento dell’enzima; essendoci questo problema la polimerizzazione avviene solo nel tratto coperto dall’enzima, poi si sposta avanti e fa la stessa cosa. Questo comporta due cose: - Ha bisogno di un primer per ogni tratto perché ogni volta ricomincia da capo. - I tratti creati solo tutti slegati tra loro, e questi si chiamano frammenti di Okazaki, e sono frammenti perché non sono uniti, sono a pezzi. Quindi questo filamento si chiama ritardo perché ha tanti tratti che non sono legati tra loro. Questo perché la polimerizzazione avviene in direzione opposta a quella di spostamento dell’enzima. Alla fine della replicazione poi tutti i primer di RNA che sono stati messi devono essere rimossi e sostituiti dal DNA. C’è un’altra DNA polimerasi che si occupa di rimuovere il primer e sostituirlo. Nel filamento guida deve fare questa operazione solo in un punto, all’inizio. Nel filamento ritardo lo deve fare in tantissimi punti, quanti sono i frammenti di Okazaki, perché ciascun frammento ha il suo primer di RNA. Quanto è lungo un frammento di Okazaki? Un migliaio di nucleotidi, che è esattamente la dimensione di DNA che viene coperta dall’enzima DNA polimerasi. Esiste la DNA polimerasi I che ha solo il compito di rimuovere l’RNA e sostituirlo con DNA. Poi esiste un altro enzima, che si chiama DNA ligasi che ha il compito di unire tra di loro i frammenti di Okazaki, cioè il pezzetto di RNA viene sostituito da DNA e poi la DNA ligasi li unisce. Quindi la DNA ligasi interviene per compattare tra di loro i frammenti di Okazaki che in realtà avevano anche l’RNA ma questo viene sostituito. Questo ci fa venire in mente che questi enzimi hanno non solo l’attività polimerasica, ma hanno anche l’attività esonucleasica, cioè sono in grado di rompere i legami che hanno formato, perché la DNA polimerasi I rompe i legami dell’RNA primer e lo sostituisce con il DNA, invece la DNA ligasi deve solo formare un legame tra nucleotidi adiacenti che non sono legati tra loro, non deve mettere nessun nucleotide, deve solo formare un legame. NOMENCLATURA I nomi detti finora, DNA polimerasi I, DNA polimerasi III, DNA ligasi, sono nomi che si riferiscono ai procarioti. Nei procarioti il DNA è circolare, quindi non hanno l’estremità 3’-5’, ma esiste comunque una direzione verso il 3’ e una verso il 5’, quindi lo spostamento verso il 3’ o il 5’ è indipendente dal fatto che esista o meno l’estremità. Negli eucarioti la DNA polimerasi III non esiste, si chiama DNA polimerasi δ, cioè l’enzima principale della replicazione del DNA degli eucarioti si chiama DNA polimerasi δ, che è un enzima di 170 kilodalton, cioè pesa 170000 come unità di massa atomica: è un enzima che si trova nel nucleo. Ci sono delle DNA polimerasi fuori dal nucleo? Nei mitocondri e nei cloroplasti, a seconda che parliamo di cellule animali o vegetali, perché quando avviene la duplicazione dell’organello si deve duplicare il suo DNA, quindi entrerà in gioco una DNA polimerasi. Nei procarioti esiste solo la DNA polimerasi III, negli eucarioti, oltre alla δ, esiste anche la DNA polimerasi γ che fa la replicazione nei mitocondri e nei cloroplasti. La RNA primasi, quindi l’enzima che fa il primer, negli eucarioti si chiama DNA polimerasi α. Lezione 24 -30 novembre 2022 ATTIVITA’ ESONUCLEASICA Abbiamo visto il funzionamento della macchina replicativa del DNA che è basata su diverse proteine e enzimi, però l’enzima più importante è la DNA polimerasi III o δ, a seconda che parliamo di procarioti o eucarioti, che ha delle caratteristiche che ne limitano l’azione: queste caratteristiche sono il fatto che questo enzima è in grado di aggiungere, avendo come substrato i nucleotidi trifosfato, solo in posizione 3’, quindi prende l’energia dal trifosfato che sta in 5’ e la utilizza per legare questo nucleotide alla posizione 3’. Quindi la direzione con cui questo enzima tende a funzionare è la direzione 5’-3’. Ciò comporta che in uno dei due filamenti del DNA non ci sia la direzione giusta, o meglio che la direzione sia contraria a quella di spostamento dell’enzima DNA polimerasi, e questo viene risolto sintetizzando nella direzione opposta e quindi a scatti. Nei frammenti di Okazaki mancano dei legami tra i vari pezzi e ci sono tanti pezzi di RNA, che vengono rimossi, sostituiti e poi i frammenti vengono legati. Ci sono enzimi che sono in grado di rompere i legami tra i nucleotidi: in realtà le DNA polimerasi, oltre ad avere attività di sintesi, quindi polimerasica, è lo stesso enzima che ha attività esonucleasica, cioè di rompere il legame. La esplica non quando rimuove il primer (questo lo fa la DNA polimerasi I), ma quando corregge i propri errori. La DNA polimerasi può commettere errori di replicazione: si è stimato che ne può commettere 1 ogni 10 milioni di nucleotidi copiati, quindi ne commette diverse decine ogni volta che fa la replicazione. In cosa consiste questo errore? Non consiste nello scegliere il nucleotide sbagliato perché il nucleotide non lo sceglie, ma il problema è che per esempio potrebbe formare un legame con un nucleotide che si stava avvicinando che non aveva ancora formato il legame a idrogeno, e la DNA polimerasi forma il legame con l’appaiamento sbagliato. La selezione della base è dinamica, quindi non è che la DNA polimerasi sbaglia e seleziona il nucleotide sbagliato, è che si avvicinano le basi e all’improvviso si trova una base sbagliata lì vicino e l’enzima forma erroneamente il legame. In questo caso c’è un appaiamento sbagliato. La DNA polimerasi, dopo aver formato i legami, funge da editing, cioè controlla anche quello che ha fatto e prova a risolvere il problema. La cosa importante è che questo controllo lo fa a ritroso, quindi l’editing lo fa in direzione 3’-5’: se si trova con un appaiamento sbagliato rompe il legame fosfodiestereo liberando via il nucleotide e rilasciando l’OH in 3’ di nuovo libero, sul quale provvede a legare il nucleotide con la base azotata corretta. ATTIVITA’ RIPARATORIA E DIREZIONE DI ACCRESCIMENTO Proprio questa attività esonucleasica e la possibilità che ci siano errori che vanno corretti, è la spiegazione che viene data sul perché l’evoluzione non ha corretto il problema della direzione unica 5’-3’; abbiamo detto che probabilmente deriva dal fatto che prima si è iniziato con l’RNA, ma perché l’evoluzione ha mantenuto questo fatto a scapito della velocità? Perché se polimerizzasse in tutte e due le direzioni, non potrebbe fare l’attività di correzione, quindi non potrebbe correggere gli errori. Sulla destra c’è la situazione che accade normalmente: legame tra un OH libero in posizione 3 e un nucleotide trifosfato che si avvicina e ha il trifosfato in posizione 5’; l’OH libero in 3 è pronto a formare il legame con il nucleotide trifosfato, si forma il legame e si libera il pirofosfato. L’energia per fare questo legame l’ha messa il nucleotide che viene, non stava sul filamento, perché il trifosfato era legato al nucleotide che si stava avvicinando, quindi l’energia si trova sul nucleotide in avvicinamento. Immaginiamo che commetta un errore: torna indietro, rompe il legame e manda via il nucleotide che lega il gruppo fosfato, e libero di nuovo il 3’ OH. A questo punto si avvicina un altro nucleotide trifosfato e porta l’energia e c’è la possibilità di riformare il legame. Vediamo cosa succederebbe se il legame fosse fatto tra un 5’ e un 3’ che si avvicina. In questo caso l’energia si troverebbe sul filamento, non sul nucleotide in ingresso, perché avremmo il 5’ libero e l’OH 3’ che si avvicina. Allora avremmo il 5’ con i tre fosfati, si avvicina l’OH e si forma il legame, ma se c’è un errore dobbiamo togliere il nucleotide con i suoi fosfati, quindi dopo avendo rimosso il nucleotide non avremmo l’energia per formare ulteriormente il legame. Fare il legame tra il 3’ libero e il nucleotide trifosfato in 5’ significa che l’energia si trova sul nucleotide; se invece facciamo il legame tra il 3’ che si avvicina e il 5’, l’energia sta sul filamento, quindi se dobbiamo rimuovere un nucleotide sbagliato, rimuoviamo un nucleotide con tutta la sua energia, tutti e tre i gruppi fosfato. Quindi ci troviamo senza gruppi fosfato per formare il nuovo legame per la correzione di un errore. Per formare un legame dobbiamo idrolizzare due volte un trifosfato, tra l’1 e il 2 per formare il legame, tra il 2 e il 3 per spostare a destra la reazione: tutto questo è possibile se l’energia si trova sul nucleotide che viene. Se invece l’energia si trova sul filamento, una volta che io ho fatto un errore rimuovo il nucleotide con il gruppo trifosfato, mi trovo che manca il gruppo fosfato, e si avvicina un 3’ libero con un 5’ senza gruppi fosfato, come faccio? Non ho più energia per formare il legame. Quindi in questo caso non è che non si può formare il legame, ma non si possono corregge gli errori, non sarebbe possibile rimuovere nessun nucleotide. Un ipotetico accrescimento 3’-5’, l’energia sarebbe depositata sul filamento in allungamento, quindi non ci sarebbe energia per formare un legame dopo un eventuale correzione di un errore. Quindi questa è una spiegazione abbastanza valide del perché è stata selezionata un’unica modalità di accrescimento. TELOMERO Vediamo cosa succede in un tratto che si chiama telomero. I telomeri sono sequenze non codificanti, prevalentemente non codificanti, significa che al telomero non è associato nessun gene. Ha delle sequenze ricche di guanina, che spesso danno al telomero la forma G-quadruplex; quindi, alle stremità ha il G-quadruplex dove non è appaiato, perché il G-quadruplex si forma con delle guanine che stanno sullo stesso filamento. Queste sequenze telomeriche con le G-quadruplex hanno una forma particolare e si trovano alle estremità 3’ di ciascun cromosoma eucariotico (i telomeri nei procarioti non ci sono perché non c’è l’estremità 3’). I telomeri sono “un’invezione dell’eucariogenesi”, quando le cellule sono diventate eucariotiche, prima non c’erano. A cosa servono queste sequenze telomeriche a forma di loop? Proteggono il DNA dagli enzimi nucleasici, cioè enzimi che potrebbero degradare lo stesso DNA facendo l’idrolisi: è una specie di blocco al punto di attacco di questi enzimi, che cominciano al 3’. Qui il 3’ è mascherato da questo loop, quindi, non dà punto di attacco agli enzimi. Inoltre i cromosomi hanno una tendenza a una fusione, cioè a formare legami tra loro; siccome questi legami si formano in corrispondenza dell’estremità 3’, allora il telomero serve anche ad evitare che si formi un legame tra cromosomi, un ostacolo alla fusione tra cromosomi. Due cromosomi, infatti, potrebbero scambiarsi le doppie eliche, cioè uno potrebbe formare la doppia elica con l’altro filamento; è una tendenza termodinamicamente lenta ma alla lunga si potrebbe verificare, quindi onde evitare questo viene protetto. Infine, il telomero cerca di porre un argine all’end replication problem. Quando comincia la macchina replicativa, questa macchina replicativa non riesce a fare una copia esatta a partire dall’ultimo nucleotide dell’estremità 3’ per diversi problemi: - Il primo problema è che va in direzione 5’-3’, dunque sull’estremità 3’ dovrebbe cominciare a partire il 5’ per andare in 3’. Allora qui dovrebbe esserci il primer di RNA sull’ultimo, ma una volta rimosso il primer di RNA, poi dopo non viene sostituito bene perché non c’è un attacco dall’altro lato, quindi non viene sostituito dalla DNA polimerasi e non viene legato dalla DNA ligasi. - Il secondo problema è che la DNA polimerasi III non riesce a partire dall’inizio, quindi si perde qualche centinaio di nucleotidi ad ogni ciclo, quindi parte dal centesimo nucleotide, non dal primo. Questo significa che se queste sequenze fossero codificanti allora noi avremmo perso informazioni genetiche ad ogni ciclo, e questo si risolve mettendo delle sequenze che non sono codificanti, e che se pure si accorciano, non danno un problema alla trasmissione dell’informazione genetica. Quindi l’end replication problem è che il primer non copre esattamente all’estremità 3’ il cromosoma, non riesce dal primo nucleotide; infatti il primer “primo” viene posto 70-100 nucleotidi di distanza dal 3’, quindi se quei 70-100 nucleotidi non vengono copiati allora vengono persi, e quindi se ne perde una somma del genere ad ogni ciclo. Il DNA dunque si accorcia di 70-100 basi ogni divisione. Questo accorciamento dei telomeri è un processo fisiologico delle cellule somatiche. LIMITE DI HAYFLICK Verso la seconda metà degli anni 50, Hayflick ha fatto un esperimento, ha preso i fibroblasti umani e ha detto “vediamo quante divisioni fanno”; li ha messi a crescere in cultura e facevano diverse mitosi, ma ad un certo punto si fermavano. Da qui ha tratto una legge generale “il numero di divisioni cellulari che può fare una linea cellulare è un numero finito” e questo numero viene chiamano limite di Hayflick: superato il limite di Hayflick, se quella cellula fa un’ulteriore divisione perde parte del suo genoma. Quando Hayflick ha postulato questo limite non c’erano conoscenze sui telomeri; la successiva scoperta dei telomeri ha fornito una spiegazione razionale all’esistenza del numero di Hayflick. Se noi accorciamo i telomeri di 100 unità alla volta, arriverà un momento in cui il telomero finisce, e quindi dobbiamo arrivare al punto in cui il genoma viene intaccato e quindi la cellula perde la sua funzione. Il limite di Hayflick ha una stretta connessione con i telomeri. Un’altra cosa da tenere in considerazione è che quando abbiamo parlato di stress ossidativo e i ros, abbiamo detto che sicuramente iniziano la loro attività sulla membrana (sugli acidi grassi di membrana), ma poi colpiscono anche il DNA. È stato infatti visto che i danni ossidativi sono principalmente concentrati sulla zona telomerica. “I telomeri giocano un ruolo critico nel mantenere l’integrità e la stabilità del genoma, infatti non lo fanno perdere nei successivi cicli di divisione cellulare. Sono suscettibili di danno ossidativo soprattutto quando si accorciano. Alcuni tipi di tumore sono dipendenti dall’ossidazione e stress ossidativo dei telomeri. Questi risultati mostrano un’evidenza: che il rischio di tumore al seno è influenzato dalla lunghezza dei telomeri nelle donne prima della menopausa o nelle donne che hanno una bassa assunzione con la dieta di antiossidanti o di supplementi antiossidanti”. TELOMERASI Ci sono alcune cellule nelle quali i telomeri non si accorciano. Qual è il limite di Hayflick? Circa 20, cioè ogni cellula può fare circa 20 cicli dopodiché va in un processo che si chiama senescenza e infine apoptosi. Quello che succede è che ci sono alcune cellule che non possono accettare il limite di Hayflick: - Le cellule embrionali. Quando si sta sviluppando l’organismo una cellula deve poter fare più di queste circa 20 divisioni cellulari, e quindi non può accettare di avere il limite di Hayflick. Questa cosa è possibile perché esprime un enzima che si chiama telomerasi. La telomerasi è un enzima che ha un primer di RNA incorporato nell’enzima, che si attacca vicino alla zona del telomero e lo polimerizza lei, e quindi sulla copia di DNA la DNA polimerasi lavora solo a valle del telomero e quindi il telomero non si accorcia, perché della sua replicazione se ne occupa l’enzima telomerasi, che ha il primer di RNA (quello che si sarebbe accorciato) già implicito nella sua struttura. Quindi questa soluzione consente alle cellule germinali di non avere il limite di Hayflick; poi quando si differenziano e diventano cellule adulte, somatiche, a quel punto non esprimono più l’enzima telomerasi, e quindi vanno incontro al limite di Hayflick. Questo fatto di avere il limite di Hayflick per le cellule non è un limite. Questa cosa viene accettata a causa della degradazione degli organelli: una cellula quando fa la divisione cellulare non solo trasmette il DNA ma anche gli organelli, perché una metà li sintetizza ex novo, un’altra metà stava nella cellula precedente, quindi questa trasmissione degli organelli fa sì che gli organelli, il DNA sia soggetto ad invecchiamento, cioè si degrada, ad un certo punto bisogna interrompere la trasmissione di queste biomolecole degradate, quindi il limite di Hayflick è una soluzione a questo. - Nei tumori si ri esprime la telomerasi: una delle strategie dei tumori per continuare a crescere in maniera indefinita è esprimere la telomerasi. A questo punto bloccare l’enzima telomerasi è una strategia antitumorale, che tra l’altro è anche una strategia selettiva, perché in un organismo che presenta cellule tumorali, le cellule adulte normali non ce l’hanno la telomerasi, quindi si va a colpire selettivamente un enzima espresso dalle cellule degenerate. Quindi alcune molecole inibiscono selettivamente la telomerasi. Questa a lato è un farmaco antitumorale che blocca la telomerasi perché somiglia esattamente a dei nucleotidi, a delle basi azotate, che sono il substrato della telomerasi, e quindi la blocca perché entra nel sito attivo e ne blocca l’azione. Questa molecola funge quindi da inibitore competitivo del sito attivo della telomerasi. LA PCR La tecnica PCR serve a fare un’amplificazione del DNA: partire da un campione di DNA e crearne tantissimo attraverso una macchina replicativa. Quindi l’obiettivo della reazione a catena della polimerasi è quello di amplificare frammenti di acidi nucleici. Per fare ciò non bisogna conoscere la sequenza, d'altronde ci pensa la polimerasi a formarla in maniera complementare, l’unica cosa che bisogna fare è mettere dei primer per far partire la catena. Ci sono delle sequenze standard in tutti i DNA quindi i primer sono sempre gli stessi. La macchina prende il DNA e lo denatura; abbiamo visto che bisogna separare il DNA, e lo fa la DNA elicasi, le SSBP e la topoisomerasi, a scapito di ATP. Tutte queste cose lì non ci sono: si prende il DNA e si porta a 95° C, che è l’energia sufficiente per separare i due filamenti del DNA. A questo punto si sono sperati i due filamenti del DNA di interesse; con dei primer che vengono inseriti, i primer si attaccano alle zone iniziali da un lato e dall’altro e a quel punto dentro la macchina c’è un enzima polimerasico che prende i nucleotidi e fa la copia fino alla fine. Questo ciclo non si fa una sola volta, siccome questa tecnica si fa per i campioni archeologici, per le diagnosi prenatali, per le diagnosi della polizia scientifica, cioè tutti i casi nei quali la quantità di DNA a disposizione è poca e la si vuole aumentare per poterlo analizzare in maniera sensibile. Cioè noi di questo DNA non sappiamo ancora nulla e lo stiamo amplificando proprio perché lo vogliamo analizzare, perché ci sono delle macchine in cui mettiamo il DNA e ci dice direttamente la sequenza delle basi azotate, sequenziatori di DNA, ma se ne mettiamo troppo poco non riescono a leggerlo, e quindi prima di fare questi esperimenti bisogna amplificare il DNA. Vediamo cosa bisogna inserire all’interno: ovviamente il campione di DNA, dei primer che sono più o meno sempre gli stessi, nucleotidi trifosfato, il buffer e una DNA polimerasi. Dobbiamo prendere una DNA polimerasi specifica: dato che utilizziamo la temperatura per separare la doppia elica, non possiamo usare la polimerasi umana, perché sopra i 40° si denatura, e allora si mette la DNA polimerasi di un organismo termofilo, che è stabile a 95° e riesce a lavorare a quella temperatura. Poi si fanno diversi cicli, e dopo un numero sufficiente si interrompe e si riprende il campione. LA PCR PER I TAMPONI DEL COVID Questa tecnica è stata applicata per i tamponi molecolari del covid. Si fa il tampone, sul tampone ci sono particelle del genoma virale, il virus del covid è un virus a RNA, quindi non va bene per fare la PCR che vuole il DNA come substrato. Esiste però un enzima che si chiama transcrittasi inversa, che è un enzima che è una DNA polimerasi RNA dipendente: quindi se noi prendiamo un frammento di RNA del virus e lo sottoponiamo alla transcrittasi inversa, questo ci darà filamenti di DNA, perché è una DNA polimerasi RNA dipendente. Questo enzima deve fare due cose: ha il filamento di RNA che è a singolo filamento, prima lo copia e fa un filamento di DNA complementare a quello di RNA facendo una doppia elica ibrida, poi dopo separa l’RNA e fa il filamento complementare al DNA che ha già fatto, e quindi crea il DNA. A questo punto il DNA che rappresenta quello che era l’RNA virale, viene sottoposto alla tecnica PCR, perché vengono inseriti nella PCR anche dei dye, pigmenti specifici per legarsi al DNA. Quando il DNA viene amplificato, se il DNA è virale, ci si legano questi pigmenti specifici e si ha la risposta fluorescente positiva; se non c’è DNA virale i pigmenti stanno sotto alla soglia di detection e quindi non c’è il segnale. Facciamo tutto questo perché c’è bisogno di una consistente quantità di DNA che leghi i pigmenti specifici. A questo punto prima cosa dall’RNA dobbiamo fare il DNA, ma poi lo dobbiamo amplificare, perché sul tampone ce ne sarà una quantità troppo piccola. Allora lo amplifichiamo nella PCR e tutto questo farà in maniera tale che se c’era l’RNA virale, sarà stato amplificato in DNA e si creerà la fluorescenza, dal legame del DNA con i pigmenti. I test rapidi invece sono un’altra cosa, perché nel test si va a vedere solo se ci sono proteine virali, e in quel caso la reazione è immediata, c’è una molecola che interagisce con la proteina virale e dà la colorazione della striscia del tampone: il problema di questi è che la reazione non è così sensibile come può esserlo il tampone molecolare, perciò l’affidabilità del tampone antigenico è minore di quella del tampone molecolare. Quindi la tecnica della PCR è entrata nella storia del covid ed è una tecnica che si utilizza ancora. L’altra possibilità sono le analisi sierologiche del sangue, e verificare se si sono formati anticorpi contro le proteine del virus e quindi andare a vedere il dosaggio degli anticorpi. LE MUTAZIONI Fortunatamente anche dopo il controllo della DNA polimerasi scappano degli errori, quindi ad ogni ciclo replicativo i più probabili sono errori che chiameremo mutazioni puntiformi, cioè appaiamenti sbagliati. Questi errori prendono diversi nomi a seconda che impattano o meno sul diametro del DNA: - Transizioni: se noi sostituiamo una pirimidina con una pirimidina, o una purina con una purina, in linea di principio non c’è un impatto sul diametro del DNA - Transversioni: se noi sostituiamo una purina con una pirimidina, in quel tratto il DNA avrà un tratto diverso, sbagliato, e il diametro sarà diverso. Se l’errore viene commesso nella prima fase, dopo la prima generazione c’è una linea figlia che ha l’appaiamento sbagliato, ma dopo la seconda generazione l’errore si perde, perché l’appaiamento è giusto. Lo si può vedere bene nell’immagine a fianco. Se l’errore fatto non causa l’immediata morte della cellula, quello che accade è che dopo un secondo ciclo replicativo, non abbiamo più prontezza di avere un errore sottomano, ma viene creato un nuovo DNA in cui al posto di esserci G con C c’è A con T, tutto corretto e quindi l’enzima DNA polimerasi non ha nessuna chance di correggere l’errore. Questa mutazione ha creato una linea mutante in cui è avvenuta una mutazione. Questo impatterà sulla proteina che viene sintetizzata, e questo avrà delle conseguenze da genotipiche a fenotipiche. Quello che succede nel virus è che ne fa tante di replicazioni, quindi la possibilità di mutare è molto veloce, e quindi queste mutazioni possono conferire delle caratteristiche che sono meglio o peggio. In generale le cellule che si duplicano velocemente, come per esempio quelle dei batteri, immaginiamo i batteri che a un certo punto, a seguito di queste mutazioni, cambiano la struttura o delle caratteristiche della parete batterica: diventeranno resistenti agli antibiotici. Quello che succederà poi è che questa caratteristica del proprio genoma la possono pure trasmettere attraverso i plasmidi agli altri batteri, e abbiamo che quello che è un evento accidentale che capita su una cellula, viene trasmesso a tutte le cellule attraverso i plasmidi e tutta la popolazione diventa resistente agli antibiotici. Queste mutazioni “fortunatamente” avvengono perché sono una delle possibilità che abbiamo di ricombinazione genetica, cioè di avere delle cellule figlie che non sono esattamente identiche alle cellule originarie. Le strategie di ricombinazione genetica che noi osserviamo sono fondamentalmente tre: - Mutazioni che inducono dei caratteri diversi nell’organismo - Ricombinazione genetica che avviene con la riproduzione sessuale, e avviene a due livelli, prima quando si crea la cellula aploide dalla cellula diploide, perché lì c’è una ricombinazione degli alleli, e poi avviene perché arriva il corredo genetico dell’altro organismo, e quindi si ottiene la ricombinazione delle due cellule in maniera tale da avere cromosomi diversi. - Horizontal gene transfer, che abbiamo visto essere un esempio di ricombinazione genetica. Tutte queste possibilità di cambiare il proprio DNA sono esattamente la strategia dell’evoluzione. L’evoluzione è la risposta genetica alla pressione ambientale: la pressione ambientale condiziona le performance di alcuni fenotipi. La pressione ambientale può far sì che alcune modifiche del genoma che sono avvenute per uno di questi processi, siano più performanti rispetto ad altre, e quindi le seleziona. La teoria, quindi, è che modificando il proprio genoma con le mutazioni, con la riproduzione sessuale (che per questo motivo è quella che predomina sulla terra) e con l’horizontal gene transfer (nei procarioti), modificando il proprio genoma si hanno più possibilità di poter rispondere a delle condizioni ambientali diverse, non a livello di individuo ma a livello di specie. Quindi queste strategie servono a fornire alla specie una risposta alla pressione ambientale. Le banane sono cloni dello stesso ceppo, quindi hanno tutte lo stesso genoma, se non ci fosse l’uomo che le cura e gli dà le stesse condizioni ambientali, sarebbero già esiste, perché non potrebbe mai rispondere alle condizioni ambientali avendo tutte lo stesso genoma. L’agricoltura nasce quando l’uomo ha deciso di utilizzare le mutazioni a proprio vantaggio. Il pomodoro rosso, ad esempio, si è creato grazie ad una mutazione dell’enzima che sintetizzava il licopene. Quella mutazione era associata anche ad un sapore leggermente diverso, ma indipendentemente dal sapore o dal colore l’uomo ha deciso che quella specie mutata gli piaceva di più; quindi, l’ha dovuta isolare e l’ha protetta, e l’ha fatta proliferare. Quindi l’uomo ha agito sin dagli albori sulla manipolazione genetica, solo che non l’ha fatta lui, l’ha fatta fare alla natura e poi l’ha governata. Dalle nostre parti si usa la farina di un certo tipo che ci consente di fare la pasta; se noi avessimo usato la farina che si usava 700 anni fa la pasta non l’avremmo mai fatta, perché non aveva un contenuto proteico sufficiente per mantenere la forma. Quella farina ha avuto il sopravvento perché abbiamo deciso noi di portare avanti solo quella cultura: quindi agricoltura significa intervento dell’uomo nella selezione dei ceppi che hanno avuto mutazioni favorevoli; siccome questi ceppi sarebbero soggetti alle pressioni ambientali, l’uomo si deve prendere cura di questi ceppi per farli proliferare. Le mutazioni di questi tipo sono mutazioni che possono portare a cambiamenti utili per l’adattamento della specie. MUTAZIONI DA INVECCHIAMENTO DEL DNA Ci sono poi mutazioni che hanno lo stesso nome ma che sono danni del DNA. Si usa lo stesso termine “mutazione” sia quando un nucleotide viene sostituito da un altro, ma anche quando c’è un danno sul DNA. Questi danni sul DNA possono avere diversa origine. - La prima origine è l’invecchiamento, il tempo: quello che può accadere nel danno da invecchiamento è per esempio la deaminazione della citosina. La citosina è una pirimidina con C=O, N, N e un NH2; la deaminazione consiste nella sostituzione del NH2 con C=O. Questa reazione è promossa dall’acqua che prende il posto del NH2, e questa reazione ci dà anche una motivazione del fatto che l’acqua deve essere esclusa dal centro della doppia elica, perché potrebbe catalizzare delle reazioni chimiche di idrolisi, perché il nucleotide non è che è blindato ed è completamente non reattivo, alla lunga reagirebbe, e quindi una delle prime cose che potrebbe succede è questa. Ovviamente quando accade questo, accadrà quando o quando il DNA si apre o quando i nucleotidi devono entrare in fase di replicazione, lì non sono protetti e quindi possono dar luogo a deaminazione. Nel caso della deaminazione cosa si ottiene? L’uracile, che è quindi il prodotto di deaminazione della citosina. Ecco il motivo per il quale nel DNA non c’è l’uracile, perché se ci fosse stato noi avremmo avuto che la deaminazione avrebbe trasformato un nucleotide in un altro nucleotide, e quindi avrebbe impedito la lettura, sarebbe cambiato il codice genetico. Quindi questa cosa, l’assenza dell’uracile dalla sequenza del DNA, impedisce che questo uracile venga riconosciuto come non proprio. Ovviamente questo uracile è una molecola spuria, perché è un uracile legato al deossiribosio; l’uracile può essere legato solo al ribosio, invece questo, siccome deriva da una degradazione del DNA, è legato al desossiribosio; quindi, viene immediatamente riconosciuto come errore e deve essere rimosso per la riparazione. Il DNA ha risolto il problema metilando l’uracile, facendo cioè la timina, quindi il DNA ha la timina, che è un uracile metilato al posto dell’uracile. Quindi l’altra complicazione che ci sembrava inutile, cioè che il DNA aveva la timina e l’RNA aveva l’uracile, è una cosa che si spiega con questo motivo. Ma nell’RNA invece c’è la citosina e c’è l’uracile, nell’RNA non può succedere che la citosina diventa uracile? Perché nell’RNA non ci sta la timina ma si è tenuto l’uracile? Perché il DNA si trasmette di generazione in generazione; la reazione di deaminazione è lenta, ha una cinetica di 3 anni; una molecola di RNA non dura tutto questo tempo: gli RNA vengono sintetizzati, letti e smaltiti, quindi non hanno il tempo di degradarsi. Quindi questo problema di invecchiamento del nucleotide vale per il DNA ma non per l’RNA. - Un altro danno da invecchiamento è la depurinazione: significa che nei nucleotidi in cui la base azotate è una purina, noi abbiamo l’idrolisi del legame glicosidico, che si forma per condensazione, quindi il legame glicosidico si può rompere sempre quando viene a contatto con l’acqua: cinetica lenta ma avviene. Il legame glicosidico che si rompe più facilmente è quello delle purine, perciò si parla di depurinazione. Quando le molecole d’acqua riescono ad accedere all’interno della doppia elica, possono rompere il legame glicosidico delle purine. Quindi troviamo un DNA in cui manca la base azotata: quel DNA è danneggiato e va sostituito, in questo caso fortunatamente presiedono le regole della complementarietà, perché dall’altro lato c’è la pirimidina che dà l’informazione su qual è la purina. - L’altra mutazione da invecchiamento si chiama tautomeria: nella struttura delle basi azotate ci sono una serie di chetoni che possono diventare enoli. Quando i chetoni diventano enoli, cambiano le regole dell’appaiamento: normalmente l’adenina e la timina hanno due legami a idrogeno, e qui la citosina e la guanina ne hanno tre, quando cambia la struttura con l’enolo, si indebolisce la struttura del DNA perché cambiano i legami a idrogeno che possono fare, quindi la tautomeria, spinta anche questa dalla molecola d’acqua, indebolisce il DNA. MUTAZIONI DEL DNA DA AGENTI CHIMICI E FISICI - Una mutazione molto nota è la formazione dei dimeri di timina, causata da agenti fisici: la radiazione ultravioletta. In un filamento di DNA le basi azotate fanno un’interazione tra di loro, π-π stacking, che però è una forza intermolecolare debole. Quando c’è la radiazione elettromagnetica, le basi azotate che si trovano una di fronte all’altra, formano addirittura dei legami covalenti, quindi si legano tra loro le basi azotate: quegli elettroni π che formavano solo un’interazione debole, va a finire che con l’energia sufficiente formano dei legami covalenti, quindi si formano legami covalenti tra due timine adiacenti. Accade che quel pezzo di DNA con le timine attaccate è assolutamente inservibile, l’unica cosa che può essere fatta è che devono essere rimosse e sostituite: si perde completamente l’informazione genetica. Statisticamente capita spesso di avere due tratti con T vicine, e allora cosa bisogna fare? Nel tempo questo è inevitabile, ma l’esposizione a radiazioni ultraviolette è quello che catalizza questa reazione: questa è la motivazione dell’insorgenza di tumori della pelle in seguito all’esposizione ripetuta ed eccessiva alla radiazione ultravioletta, perché si formano legami covalenti tra le basi azotate. - L’altra fonte di danni al DNA è l’intercalazione e l’alchilazione: intercalazione significa molecole che riescono a mettersi tra una coppia di basi azotate e l’altra; le molecole che sono in grado di fare questo devono essere molecole che hanno una struttura planare, se no non riescono a mettersi tra due basi azotate. Quindi le molecole più pericolose sono per esempio molecole poliaromatiche che hanno una struttura assolutamente planare. Queste molecole sono quelle che si producono con la combustione incompleta: cioè praticamente la combustione incompleta significa che quando noi prendiamo una materia organica e facciamo la combustione con l’ossigeno, vogliamo ottenere CO2, H2O ed energia, ma vogliamo che la materia organica venga ossidata completamente ad anidride carbonica; quando la quantità di ossigeno non è sufficiente, la combustione è incompleta, e allora si forma o il monossido, o residui del carbonio che si legano tra loro: idrocarburi policiclici aromatici. Si formano quando bruciamo qualsiasi cosa di organico in maniera incompleta, per esempio quando si fa la brace, quando si fuma la sigaretta e così via. Una molecola del genere, a 5 anelli aromatici condensati, è assolutamente un piatto, è planarissima, e quindi riesce ad inserirsi all’interno della doppia elica, proprio ci entra dentro, la disturba ma non fa niente. Il problema è quando questa molecola reagisce con le molecole della doppia elica, con i nucleotidi: e allora quando dovrebbe reagire con i nucleotidi? Un anello aromatico così è molto poco reattivo, solo che i nostri enzimi quando vedono una molecola del genere cercano di eliminarla, eliminarla con le urine, e quindi la devono rendere idrosolubile. Questa modifica, per renderla idrosolubile, la rende anche reattiva, quindi per esempio quando chi fuma respira una molecola del genere, nei polmoni, la molecola viene trasformata nel suo derivato: OH e un ciclo a tre termini con l’ossigeno, che si chiama epossido. Queste molecole così sono preparate per essere eliminate, ma il problema è che una molecola del genere è ancora planare però è diventata reattiva, quindi su questo ciclo a tre termini va a reagire la base azotata, quindi una molecola del genere si attacca al DNA. Questa reazione qui, introdurre questa molecola e formare il derivato, è una reazione personale, cioè dipende dall’efficienza degli enzimi che fanno questa reazione: è molto meglio avere degli enzimi poco efficienti; un’altra cosa personale è l’efficienza nella riparazione del danno: una volta che questa molecola si è legata al nucleotide, il nucleotide prima viene rimosso e sostituito e meglio è: se non si è molto efficienti nel riparare il danno, allora il danno rimane e può causare la degradazione cellulare. Il danno si accumula. - Si chiamano crosslinkers, ed è una sottospecie degli alchilanti, molecole che hanno due siti reattivi: entrano nel DNA e si legano sia a una base azotata di un filamento e contemporaneamente alla base azotata dell’altro filamento. In quel caso il DNA non si riesce neanche ad aprire, perché ci sta un legame covalente da un lato e dall’altro, quindi è un danno grave al DNA. Molecole di crosslinkers: acido nitroso, aldeidi derivanti dalla perossidazione dei lipidi. L’ossigeno singoletto spezza le molecole in due metà, liberando delle aldeidi: queste molecole sono dei crosslinkers, quindi quando vanno nel DNA legano i due filamenti, e quindi sono dei danni gravi al DNA. La DNA polimerasi può fare poco, perché ripara il danno rompendo dei legami fosfato e sostituisce il nucleotide. In questo caso la DNA polimerasi dovrebbe rompere 4 legami fosfato, quelli del nucleotide coinvolto in un filamento, sopra e sotto, e quelli del nucleotide dall’altro lato, sopra e sotto: il problema è che poi se rimuove tutto non riesce a ricostruire, perché ha perso l’informazione della complementarietà, li ha buttati entrambi, quindi perde completamente l’informazione genetica, e lì poi c’è la mutazione indiretta ovvia. L’acido nitroso ha una caratteristica: quando lo mettiamo sulle carni, l’acido nitroso fa assumere alla carne l’aspetto rosso, quindi nei salumi e affettati aggiungono nitriti, usati come conservanti altrimenti perderebbero il colore. Il nitrito sarebbe la base coniugata dell’acido nitroso, siccome noi lo assumiamo per via orale, va nello stomaco e nello stomaco diventa esattamente acido nitroso. quindi alcuni tipi di alimenti vengono conservati con i nitriti, e i nitriti nel nostro organismo generano acido nitroso, e l’acido nitroso è un crosslinker, si lega a due parti. LA TRASCRIZIONE La trascrizione attiene a quella che si chiama funzione eterocatalitica del DNA, cioè ottenere partendo dal DNA, ottenere RNA, quindi un acido nucleico diverso. I nostri RNA sono di tre tipi: ribosomiale, transfer e messaggero. Praticamente sono tutti collegati alla funzione della sintesi proteica, perché l’RNA ribosomiale è un RNA che costituisce i ribosomi, cioè le macchine che fanno la sintesi proteica. L’RNA transfer è collegato alla sintesi proteica perché è il veicolo con il quale gli amminoacidi che devono costituire la proteina vengono portati al sito di assemblaggio. L’RNA messaggero è collegato alla sintesi proteica perché è esattamente il codice che viene letto per poter codificare e sintetizzare la proteina. La differenza sostanziale che c’è con la replicazione è innanzitutto che la trascrizione non avviene su tutto contemporaneamente il genoma, ma avviene solo su una parte, cioè quella che codifica per la proteina che serve, che bisogna sintetizzare, quindi riguarda solo una piccola parte. Anche in questo caso il DNA deve essere srotolato, liberato dagli istoni, i nucleosomi devono essere liberati, perché il DAN deve essere libero per poter essere il substrato dell’enzima che fa questa reazione, che si chiama RNA polimerasi DNA dipendente. Tutta la fase di elicasi, topoisomerasi è uguale, perché serve allo stesso scopo, cioè rendere il DNA disponibile per un enzima che deve fare la copia, o meglio la copia complementare. La bolla di trascrizione coinvolge 30 basi circa e si sposta leggendo il DNA finché non è finito il gene che corrisponde a quella proteina. Il substrato di questo enzima è anche in questo caso i nucleotidi trifosfato, la differenza è che sono ribonucleotidi, cioè hanno il ribosio come zucchero. Anche questo enzima ha la limitazione di

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