Summary

Il documento fornisce un'analisi del cosiddetto "modello italiano" nel design industriale tra gli anni '50 e '60, evidenziando le relazioni tra designer e aziende italiane impegnate nella produzione di mezzi di trasporto, elettrodomestici e oggetti tecnici. Il testo descrive il ruolo dei designer nel processo di produzione e le strategie di promozione del design italiano.

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Rosalinda Inglisa Il modello italiano Tra gli anni Cinquanta e i Sessanta si definisce il rapporto tra designer e industria in Italia in quello che si può definire il “modello italiano”. I designer italiani in quegli anni trovano precisi rapporti...

Rosalinda Inglisa Il modello italiano Tra gli anni Cinquanta e i Sessanta si definisce il rapporto tra designer e industria in Italia in quello che si può definire il “modello italiano”. I designer italiani in quegli anni trovano precisi rapporti con la rete di aziende italiane impegnate nella produzione di mezzi di trasporto, di elettrodomestici, di oggetti tecnici (aziende come Fiat, Olivetti, Ideal Standard per i sanitari, Necchi e Borletti per le macchine da cucire, produttrici di elettrodomestici piccoli e medi come Brionvega ecc.). Per esempio, la produzione italiana di elettrodomestici bianchi in pochi anni conquista il primo posto in Europa e il secondo nel mondo, mentre l’Olivetti ottiene un ruolo di primo piano nell’ elettro-meccanica. È con la crisi degli anni Settanta che si modifica il quadro della produzione industriale italiana e di conseguenza anche la collaborazione con i designer. Design e industria: il modello italiano e il Radical Design 2 di 24 Rosalinda Inglisa In effetti, già negli anni Cinquanta molti piccoli imprenditori artigiani comprendono come la domanda di arredi moderni sia in crescita, con la modernizzazione degli stili di vita in particolare nel nord e nel centro del Paese. Sono imprenditori innovativi, girano l’Europa acquisendo macchine per la lavorazione del legno o conoscenze sulle materie plastiche. In questa situazione imprenditori e architetti-designer si incontrano, dando vita a sodalizi che in alcuni casi dureranno a lungo. Si tratta di imprenditori dinamici e innovativi, ma non sempre detentori del know-how necessario per sviluppare la produzione meccanizzata di serie degli arredi: essi riconoscono ai progettisti esterni il ruolo di esponenti di una cultura di prestigio, quella dell’architettura e del design, portatrice di modernità. Il designer così, oltre a progettare arredi, assume a volte un ruolo tra il consulente e l’art director, agevolando la collaborazione dell’azienda con professionisti quali fotografi, grafici, progettisti di allestimenti per i cataloghi, la comunicazione, gli stand ai saloni. Si instaura anche un particolare rapporto tra progettista e tecnici interni alla fabbrica, che non hanno perso i contatti con una tradizione artigiana tipica dei laboratori di falegnameria o di carpenteria metallica dell’anteguerra, in particolare per quanto riguarda prototipi e finiture. Design e industria: il modello italiano e il Radical Design 3 di 24 Rosalinda Inglisa Questa capacità delle aziende italiane di dialogare con i designer costituisce un carattere specifico del modello italiano: è questa disponibilità al confronto la ragione per cui nei decenni successivi i designer di tutto il mondo saranno ben disponibili a collaborare con le aziende italiane. Nuovi materiali rendono possibile la lavorazione a macchina e l’industrializzazione: i designer italiani dimostrano un’alta capacità di dar loro forma e senso, reinventando tipologie e morfologie arredative. Le plastiche permettono una nuova generazione di arredi e di oggetti per la casa e gli uffici. Dalla fine degli anni Sessanta si generalizza l’impiego del truciolare per produrre mobili modulari componibili, dando vita a un nuovo ampio comparto industriale. Si sviluppa anche il settore dell’illuminazione con attenzione alla continua evoluzione tecnologica degli apparecchi luminosi, dalle lampade specchiate alle fluorescenti alle alogene. Design e industria: il modello italiano e il Radical Design 4 di 24 Rosalinda Inglisa C’è un ulteriore aspetto da prendere in considerazione: emerge la capacità delle aziende di autopromuoversi, affermando il design come simbolo della nuova modernità. Si sviluppa dunque un’articolata attività di promozione, comunicazione e pubblicità. Nel 1961 apre a Milano il Salone del Mobile e ciò modifica profondamente il rapporto tra le aziende e i rivenditori, prima affidato ai grossisti. Si afferma un nuovo ruolo degli showroom che promuovono nei territori la propria identità con allestimenti spesso curati dagli stessi designer delle aziende, costituendo una rete di diffusione del gusto moderno dell’abitare. Si sviluppa così in Italia il rapporto tra aziende, designer, comunicazione, distribuzione e mercato. Design e industria: il modello italiano e il Radical Design 5 di 24 Rosalinda Inglisa L’Italia e il radical design In Italia all’inizio degli anni Sessanta si registra ancora una profonda separazione tra la cultura progettuale e quella dei consumatori. Il design degli oggetti quotidiani si pone l’obiettivo di eliminare questo divario: - da un lato sfruttando i nuovi materiali, come quelli plastici che introducono nuovi metodi di produzione, scenari commerciali allargati e promettono un design democratico (spesso più teorico che realmente raggiunto nei fatti); - dall’altro proponendo un progetto che si ispira alle istanze della cultura internazionale, a partire da quella Pop, che farà scegliere a molti architetti di quegli anni la via del design come affermazione di una contro-cultura, diversa dai parametri di quella passata e dai diktat dei maestri del Movimento Moderno. Design e industria: il modello italiano e il Radical Design 6 di 24 Rosalinda Inglisa Il movimento studentesco e l’occupazione della Triennale I centri propulsori di questo mutato atteggiamento verso il progetto delle merci sono Firenze e Torino. Nella Facoltà̀ di Architettura del capoluogo toscano inizia, a partire dai primi anni Sessanta, una serie di occupazioni da parte di studenti che seguono il generale clima di contestazione internazionale. Nel 1964, infatti, a Berkeley, in California, gli studenti erano insorti contro la guerra del Vietnam, inneggiando a un diverso approccio verso la politica sia nazionale sia internazionale. I movimenti studenteschi scuotono animi e coscienze in tutto il mondo e sfociano nel cosiddetto “maggio francese” del 1968, anno che segna con azioni di ribellione tutti i principali stati industrializzati del pianeta. In Italia questo coinciderà con l’occupazione della Triennale di Milano (la XIV Triennale avrebbe dovuto aprire le sue porte al pubblico il 30 maggio 1968. Tuttavia, durante l’inaugurazione viene occupata e danneggiata da operai, studenti e artisti che volevano una direzione immediata e democratica di tutti i luoghi e le istituzioni di cultura. Per questo, l’apertura fu posticipata al mese seguente). Il movimento studentesco italiano porta avanti azioni di rivolta e denuncia contro la classe politica identificata col capitalismo industriale e si sovrappone alle contestazioni della classe operaia. Design e industria: il modello italiano e il Radical Design 7 di 24 Rosalinda Inglisa 1966: l’alluvione di Firenze I gruppi radicali non si fanno più chiamare architetti o designer bensì “operatori culturali” e maturano il proprio contro-progetto assimilando diverse influenze. Prima fra tutte, senz’altro, quella dell’arte pop che viene esposta alla Biennale di Venezia nel 1964 e alla Fortezza da Basso a Firenze nel 1965. Un anno dopo, nel 1966, Firenze vive la tragedia dell’alluvione che devasta il patrimonio culturale della città. I monumenti del Rinascimento sono sommersi dal fango. Un movimento di solidarietà internazionale si attiva attraverso quelli che verranno chiamati “gli angeli del fango”, giovani di tante nazionalità che arrivano nella città per salvare quanto più possibile. Alcuni dei progettisti fiorentini colgono il potere evocativo di queste immagini: è la tabula rasa, il grado zero della cultura, che si sovrappone al contesto classico. La commistione tra ricostruzione contemporanea e seppellimento del passato è potente ed entra nelle coscienze dei progettisti. Design e industria: il modello italiano e il Radical Design 8 di 24 Rosalinda Inglisa Di lì a pochi mesi nascono le proposte visionarie di molti di loro, a partire dal Monumento continuo dei Superstudio alla Non-Stop City degli Archizoom. Superstudio, Monumento continuo, 1969 Con il Monumento continuo il gruppo dei Superstudio dà forma a un progetto virale in grado di invadere con la sua razionale superficie quadrettata il mondo intero. Da qui nascerà la serie di arredi Quaderna rivestita in laminato plastico e prodotta da Zanotta. Design e industria: il modello italiano e il Radical Design 12 di 24 Rosalinda Inglisa Al tempo stesso, essi affiancano alle proposte architettoniche le sperimentazioni in altre discipline tra le quali spicca il design. Notiamo come in gran parte si diano nomi di gruppo, in critica esplicita al carattere autoriale del design industriale. Emerge un progetto che vede nel mobile di arredo non solo la possibilità di realizzare concretamente le proprie idee, ma anche un modo per immaginare un mondo che, come massima espressione di ribellione, assume l’ipotesi di vivere senza architettura. “Fine ultimo dell’architettura è l’eliminazione dell’architettura stessa”, così Andrea Branzi, fondatore degli Archizoom, sintetizza il concetto, proseguendo nel dire che: “Il design, operando pur con diversa fortuna sulla merce, diventa lo strumento progettuale fondamentale per modificare realmente la qualità della vita e del territorio” E infatti diversi saranno i territori di confine indagati, luoghi non legati tradizionalmente al progetto di architettura e design: dalla piccola galleria Jolly 2 a Pistoia, dove avrà luogo la prima mostra Superarchitettura di Archizoom e Superstudio, sino ai supermarket, immaginati come luoghi del commercio e studiati dallo stesso Branzi, che nella sua tesi di laurea ne trasformerà uno in una specie di luna park del consumo. Design e industria: il modello italiano e il Radical Design 13 di 24 Rosalinda Inglisa In questi progetti il largo ricorso all’estetica pop sconfina volutamente nel kitsch, teorizzato da Gillo Dorfles negli stessi anni come forma simbolica della contaminazione tra generi e commistione tra la cultura tradizionale e quella popolare. Alcuni gruppi si affidano a forme espressive vicine all’happening e alla performance artistica: è il caso del gruppo UFO di Firenze, ma anche di Ugo La Pietra a Milano e Riccardo Dalisi a Napoli, i quali escono letteralmente nelle strade e praticano azioni situazioniste legate al contesto urbano sul quale intervengono fisicamente. N.B. Il situazionismo è un movimento sociale-politico-artistico che nasce in Europa sulla fine degli anni Cinquanta. Obiettivo dei protagonisti è quello di creare situazioni dove innescare azioni collettive atte a indagare e cambiare la relazione tra uomo e ambiente contestuale. Strumenti prediletti del situazionisti sono l’indagine urbana e la psico-geografia, ovvero l’occupazione di spazi pubblici attraverso performance e installazioni che, attraverso un’azione ludica e fisicamente attiva, creano elementi di speculazione e ragionamento su relazioni e comportamenti. Design e industria: il modello italiano e il Radical Design 16 di 24 Rosalinda Inglisa Mentre gli UFO creeranno azioni “disturbanti” con i loro oggetti gonfiabili su scala urbana, La Pietra genererà performance a cielo aperto con dispositivi che indagano il confine tra percezione personale e spazio pubblico, seguendo lo slogan situazionista “Abitare è essere ovunque a casa propria”. Pettena porterà anche oltre confine italiano le sue azioni, vedi l’happening delle Wearable Chairs nel quale un gruppo di studenti del Minneapolis College of Arts and Design “indossa” sedie portatili per una giornata intera indagando le relazioni tra corpo e oggetto. Design e industria: il modello italiano e il Radical Design 17 di 24 Rosalinda Inglisa Altri designer progettano mobili che trovano nell’alleanza con giovani industriali la possibilità di sintetizzare in una nuova idea di prodotto le proprie idee. Base comune è l’idea di un oggetto nomade, multifunzionale, pensato per essere trasportato in una casa mutevole e trasformabile. Fondamentale per l’affermazione di questo progetto dell’abitare è l’alleanza con alcuni industriali, primi fra tutti Aurelio Zanotta, dell’omonima azienda, e Sergio Camilli di Poltronova (che mette in produzione una serie di progetti di Ettore Sottsass, da tempo anche consulente dell’azienda). Tra gli arredi entrati in produzione seriale troviamo la Superonda degli Archizoom, prodotta da Poltronova nel 1966, che nasce dal taglio unico ondulatorio di un pane di poliuretano rivestito, che può essere utilizzata come letto, divano o chaise longue. Nel 1969 De Pas, D’Urbino e Lomazzi trasferiscono l’uso della plastica gonfiabile dalle proposte utopico- urbanistiche in una seduta, la Blow per Zanotta, che identifica il design giovane e dinamico. Il tema del gonfiabile sarà tra i più seguiti sia nell’architettura che nel design radicale. La materia plastica insufflata, capace di passare dal piatto al volumetrico, è un veicolo ottimale per le ricerche sull’arredo nomade, leggero, trasportabile e trasformabile. Design e industria: il modello italiano e il Radical Design 18 di 24 Rosalinda Inglisa Alcuni arredi, quindi, arrivano decisamente a incarnare le suggestioni della cultura pop. È il caso, ad esempio, della seduta Joe di De Pas, D’Urbino e Lomazzi, che glorifica un simbolo della cultura popolare americana (il guantone da baseball del campione Joe Di Maggio); ma anche del Pratone del gruppo Strum, che stava lavorando in quegli anni a un tema di interni come quello della discoteca – con il progetto per il Piper di Torino – intesa come spazio sociologico sperimentale. Gli ambienti multifunzionali, basati su mobili intercambiabili, creano la base per una dimensione installativa dello spazio che poi sarà indagata anche in ambito domestico. Spesso in questi arredi, così come negli interni che popolano, i materiali fino a quel momento reclusi dentro alle strutture o con funzione d’imbottitura da rivestire vengono riversati all’esterno, invertendo ogni procedura sinora acquisita. Tutti questi ultimi esempi sono accomunati dal salto di scala, dal gigantismo delle proporzioni che costringono a un ripensamento della relazione tra il corpo umano e le cose. Ma il cambiamento di scala riguarda anche l’idea di trasferire il grande nel piccolo e l’esterno nell’interno. Molte proposte di interior design di questi anni presentano uno spazio diffuso, un open space nel quale l’arredo cede il posto a una sorta di allestimento di elementi. La cultura stanziale dell’arredo fisso ripartito in stanze, che identificano ciascuna una funzione dell’abitare, viene sostituito da uno spazio libero nel quale gli oggetti migrano e sono loro a svolgere la funzione pratica dell’abitabilità. Design e industria: il modello italiano e il Radical Design 21 di 24 Rosalinda Inglisa Dimostrazione di questa rivoluzione che privilegia il ruolo del mobile è alla base della mostra Italy: The New Domestic Landscape, inaugurata al MoMA di New York nel 1972 con la curatela di Emilio Ambasz. Il design italiano del decennio precedente viene proposto come avanguardia assoluta di una nuova sensibilità del progetto di interni. Tre sono gli approcci identificati da Ambasz a rappresentare l’Italia: 1) il conformista, dove il designer deve solo perfezionare forme sociali già accettate e precostituite; 2) il riformista, nel quale il consumo è strumento per la felicità individuale e assicura stabilità, e quindi per cambiare il design bisogna prima cambiare la società, altrimenti si fanno opere di redesign utilizzando ironia, ma senza rivoluzionare il sistema; 3) il contestatario, per il quale il design ha la funzione di trasformare i modi sociali e i costumi e quindi l’oggetto si orienta verso estrema flessibilità e molteplicità d’uso. Rappresentanti dei tre gruppi sono le vecchie edizioni dei classici del mobile, per il primo; i maestri che lavorano con le aziende più illuminate, nel secondo caso; infine nel terzo troviamo i rappresentanti di quello che viene denominato nel 1969 il “Radical Design”, riferendosi ai gruppi sperimentali di architetti e designer. Design e industria: il modello italiano e il Radical Design 23 di 24 Rosalinda Inglisa Design for the Real World Il decennio si chiude con lo sbarco del primo uomo sulla Luna e con l’uscita di un saggio di Victor Papanek, Design for the Real World. È una delle prime volte in cui non si parla di design del mobile, di prodotto o di grafica, ma di design sociale e dei servizi, di sostenibilità ecologica e ambientale. Il testo esordisce citando Buckminster Fuller (“Se vuoi fare il designer, devi scegliere se dare un senso alle cose o far denaro”) e sottolinea la responsabilità del progettista come operatore dell’industria, ponendo le basi per una nuova sensibilità ecologica che vede nel riuso e nel riciclo, ma anche in un’embrionale intuizione sulla decrescita della produzione, le vie per un approccio differente al design. Questo produce nel progetto anche un largo uso in quegli anni di materiali considerati poveri. Tra il 1969 e il 1972, per esempio, Frank Gehry progetta la sua casa di Santa Monica con materiali che sembrano quelli di fortuna, rimediati da un cantiere, e inizia a sperimentare i suoi mobili in cartone da imballaggio compresso. Il Club di Roma, fondato nel 1968 dall’imprenditore italiano Aurelio Peccei e dallo scienziato scozzese Alexander King, conquista l’attenzione dell’opinione pubblica con il suo Rapporto sui limiti dello sviluppo pubblicato nel 1972, il quale predice, con qualche punta di catastrofismo, che la crescita economica non può continuare indefinitamente a causa della limitata disponibilità di risorse naturali, specialmente il petrolio, e della capacità finita di assorbimento degli inquinanti da parte del pianeta. Tra presagi di rovina e dati tecnici, l’argomento del volume solleva un dibattito che ancora oggi non trova conclusione. Design e industria: il modello italiano e il Radical Design 24 di 24

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