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Summary
This document discusses the concept of participation and evaluation in the context of social policies, examining the intricacies of stakeholder engagement and methodologies. It explores different perspectives on participation and its challenges.
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_Nello specifico, la crisi della democrazia coinvolge i concetti di rappresentanza, di delega e di legittimazione ad assumere decisioni che coinvolgono soggetti terzi. La crisi di queste dimensioni ha condotto gli attori sociali beneficiari (i cittadini) a fare alcune rivendicazioni che sono state r...
_Nello specifico, la crisi della democrazia coinvolge i concetti di rappresentanza, di delega e di legittimazione ad assumere decisioni che coinvolgono soggetti terzi. La crisi di queste dimensioni ha condotto gli attori sociali beneficiari (i cittadini) a fare alcune rivendicazioni che sono state recepite dalla ricerca sociale che ha cercato di mettersi in ascolto e a disposizione, ponendo l’accento appunto sulla valutazione partecipata. La valutazione quindi si è configurata proprio come processo democratico, mettendo in rilievo i concetti di società civile, strutture di policy e governance complesse, forme di partecipazione e dialogo tra i cittadini. Oggi assistiamo ad un’epoca segnata da profondi e significativi cambiamenti. Le conseguenze della modernità, per riprendere il titolo di un famoso testo scritto da Giddens nella metà degli anni Novanta, appaiono infatti come minacce per gli individui e le comunità e come difficilmente ignorabili. _La discontinuità tra i modi di vita attuali e quelli passati; l’affermarsi delle due dicotomie sicurezza e pericolo, e fiducia e rischio; lo sfaldamento della vecchia idea di spazio e la sua trasformazione in uno spazio vuoto, grazie all’avvento delle nuove tecnologie; la disaggregazione, ovvero l’enuclearsi dei rapporti sociali dai contesti locali di interazione e il loro ristrutturarsi attraverso archi di spazio-tempo indefiniti; il passaggio dal confidare (convinzione della stabilità delle cose) alla fiducia, intesa come consapevolezza del rischio; l’avvento della riflessività come caratteristica distintiva delle azioni umane. Queste conseguenze danno vita allora ad una società del rischio, cojme sottolinea Beck agli inizi del 2000, ad una modernità in polvere (Appadurai 2001), ad una società individualizzata (Bauman 2002), nella quale si fanno avanti la precarietà, le culture producono e studiano strategie di trascendenza della morte e regna un forte individualismo. _Il marchio distintivo di questa società è sempre di più la globalizzazione, ovvero la «intensificazione delle relazioni sociali mondiali che collegano tra loro località distanti facendo si che gli eventi locali vengano modellati dagli eventi che si verificano a migliaia di chilometri di distanza» (A. Giddens, “Le conseguenze della modernità”, il Mulino, Bologna, 1994, pag. 74). Di fronte a tutto questo il compito della sociologia è quello di tenere aperto e allargare quella parte di mondo umano soggetta a un incessante vaglio discorsivo, per impedire che si arrivi all’assenza di scelta (Bauman 2002). In questo panorama le politiche sociali, in Italia come in tutta Europa, stanno assumendo importanti tratti di elevata complessità a causa della presenza di più categorie di popolazione in stato di bisogno, del diversificarsi dei bisogni stessi, dell’emergere di necessità di cura (dei bambini e degli anziani), di sostegno all’occupazione, dell’emergere di corsi di vita (Saraceno 2001) articolati dove l’attenzione per il lavoro e la carriera deve tenere in considerazione le responsabilità familiari, della presenza di situazioni di povertà e dell’aumentato rischio per molte persone di scivolare proprio verso quelle situazioni. _ LEX 3511 _Ritornando alla valutazione pare opportuna una considerazione: se la complessità dei sistemi sociali è caratterizzata dalla riflessività degli attori sociali, se essa ha raggiunto questo livello e porta alle conseguenze che si è avuto modo di considerare poc’anzi, non si deve però rinunciare a fare previsioni, utilizzando per la previsione quegli stessi elementi che costituiscono le cause della complessità. In altri termini «occorre operare previsioni riflessive, ossia che incorporino al loro interno i processi mentali e comunicativi che gli attori sviluppano a partire da una conoscenza condivisa dei dati di contesto» (M. Palumbo, op. cit., pag. 68). In sostanza la complessità della società deve essere affrontata e indagata con strumenti adeguati e attraverso un confronto diretto con gli attori, facendoli quindi partecipare al processo di ricerca e valutazione. _In realtà, andando ad esplorare la letteratura, si scopre che la partecipazione è un concetto ancora debole, confuso, poco fondato dal punto di vista epistemologico e a cui manca una definizione precisa. Questi contorni sfumati rimangono tali anche nel momento in cui il concetto è applicato ad ambiti specifici, come ad esempio la valutazione, e questa confusione ricade in qualche modo anche sul dibattito circa la valutazione partecipata, causandone una debolezza concettuale. In questa sede non ci si soffermerà su questo punto, nè sul procedere ad una definizione/chiarificazione concettuale, ma piuttosto si vogliono individuare le dimensioni fondative del legame tra partecipazione e valutazione. _E’ opportuno segnalare comunque che quando si parla di partecipazione ci si muove su un terreno sconnesso, insidioso proprio perché poco conosciuto. Ecco perché è importante tenere in considerazione che il concetto di partecipazione non è scontato e chiaro, ma che in ogni situazione essa ha necessità di una definizione adattata al contesto in cui il ricercatore si trova ad operare. 2. Valutazione partecipata nelle politiche sociali Nelle politiche sociali se la valutazione diventa «spazio relazionale di una pluralità di attori» posti nella condizione di «confrontarsi su obiettivi, regole e valori dell’azione» (Boccacin 2001), allora essa può portare ad una concreta ridefinizione dei bisogni. _ LEX 3521 La vera opportunità che si viene così a creare è il passaggio dal tradizionale metodo di programmazione e azione sociale dall’alto (top- down), al metodo dal basso (bottom-up), cioè alla costruzione assieme agli attori sociali interessati di strategie, di azioni, ma soprattutto di esigenze e di bisogni. Secondo questa prospettiva i bisogni «andrebbero più correttamente visti come il risultato di una coproduzione dei decisori e dei destinatari delle politiche» (M. Palumbo, op. cit., pag. 119), e considerati come «una costruzione sociale negoziata tra un insieme di agenti sociali dotati di responsabilità sui programmi e sulle politiche sociali e un insieme di richiedenti e di loro difensori che asseriscono che un problema esiste e che richiede un intervento» (P. Rossi, H. E. Freeman,M. W. Lipsey, “Evaluation. A systematic approach”, 1999, pag. 120). _Il ruolo dei fruitori non viene più collocato soltanto nella fase di attuazione ed implementazione di una politica, ma anche nella fase decisionale e programmatica. Anche perché ogni attore sociale coinvolto (decisore, attuatore, destinatario, valutatore) è portatore di istanze, valori e punti di vista differenti. Un presupposto importante alla proposta e alla scelta di un approccio partecipato in ricerca è costituito dall’individualismo metodologico secondo il quale è possibile dar conto dei fenomeni sociali attraverso due fasi riprese dall’impostazione di Weber: 1) la spiegazione che intende dimostrare che gli stessi fenomeni sociali sono la combinazioni di azioni individuali; 2) la comprensione che coglie il senso delle azioni, risalendo alle buone ragioni per cui gli attori hanno deciso di compierle (Boudon e Fillieule 2005). _L’individualismo metodologico quindi, lontano da voler proporre spiegazioni universali e universalmente valide, preferisce considerare le singole situazioni (fenomeni sociali) come risultato di azioni individuali, cercando di capire le ragioni che hanno portato gli individui ad agire in determinati modi e a produrre determinate situazioni. Nella ricerca sociale ed in quella valutativa questa proposta viene raccolta allorché si decide di coinvolgere gli attori sociali per ricostruire le dinamiche dei fenomeni o spiegare l’andamento di politiche, programmi, servizi. Favorire la partecipazione degli attori sociali (a vari livelli: decisori, attuatori, destinatari) è quindi un importante meccanismo per esplorare non solo l’andamento di un programma, ma anche per stabilirne l’efficacia e i motivi del funzionamento. _ LEX 3531 Gli oggetti con cui si ha a che fare nel settore sociale (politiche, programmi, servizi) possono ragionevolmente essere considerati anch’essi “fenomeni sociali” e quindi “costruzioni sociali”, frutto dell’interazione tra attori e sono valutabili proprio chiamando in causa gli attori stessi. Nella valutazione nelle politiche sociali i soggetti consultati possono sia fornire indicazioni utili in merito all’andamento effettivo della politica, ma anche rendere conto dei motivi del buono o del cattivo funzionamento. Ad esempio, nella valutazione di programmi di lotta all’esclusione sociale o di servizi alla persona, gli utenti e i destinatari, ma anche gli operatori/attuatori, sono testimoni utili per ricostruire le dinamiche di vita dei soggetti sottoposti all’azione del programma o del servizio per comprendere come realmente esso funziona e le ragioni del suo successo o del suo insuccesso. _Anche la fenomenologia e l’etnometodologia sono un essenziale riferimento per il l’orientamento partecipato della ricerca. Esse fanno tesoro dell’insegnamento teorico weberiano, sviluppando una teoria costruttivista dove non solo il mondo viene considerato una costruzione continua degli attori, ma la realtà viene dissolta in una serie di realtà multiple e di province finite di significato. Con tali concetti si va ad evidenziare il carattere soggettivo e individuale dell’esperienza oltre che la stretta connessione tra la realtà sociale (le situazioni e gli eventi) e gli attori sociali che la determinano. Inoltre l’etnometodologia riprende e rafforza l’idea del valore della ricerca particolare e contestuale, sottolineando la validità di indagini e di spiegazioni legate a determinati contesti e agli attori (individui) che li animano. _Questo in valutazione va a tradursi nella specificità della ricerca in merito a una singola politica/programma, all’impossibilità di proporre modelli valutativi universalmente validi, nella necessità di «cucire ogni valutazione su misura» (Rossi, Freeman). Ogni valutazione non deve e non può fermarsi alla constatazione di indicazioni di merito e di gradimento da parte degli intervistati, o a un uso di controllo manageriale dei servizi (management). Ma deve andare oltre e capire dai dati quale «beneficio per le istituzioni (worth)» e quale «corrispondenza ai bisogni (value)» (Scriven 1993) provocano le politiche dell’amministrazione che ne fa richiesta. _ LEX 3601 L’indirizzo di un coinvolgimento degli attori sociali è assunto d’altronde dalla legge 285/97, che fonda la progettazione su due principi: la concertazione degli enti promotori ed il protagonismo dei cittadini (Di Santo 2001). Il protagonismo si verifica creando «i luoghi organizzativi dove i cittadini possano esprimere i loro bisogni, qualificarli in senso sociale, prendersi responsabilità gestionali, imparare a mediare esigenze contrastanti, [...], esprimere valutazioni di merito sulla qualità dell’intervento e impegnarsi in prima persona nell’apportare miglioramenti. Ciascuno secondo le proprie capacità» (P. Di Santo, “Leege 285/97”, Ediesse, Roma, 2001, pag. 31). In questo senso si conferma la funzione della valutazione come un’attività che dopo aver verificato se l’azione pubblica risponde ai bisogni, può portare ad un miglioramento degli interventi tramite riorientamenti della strategia (Palumbo 2001). _L’elemento innovativo sta però nell’intenzione di coinvolgere in questo processo i destinatari stessi dell’azione pubblica. Ecco che promuovere, gestire e fruire non sono più tre aree distinte e separate, ma diventano «spazi organizzativi dove gli attori devono affrontare problemi diversi. Momenti organizzativi dove si valuta, si condivide, si prendono decisioni specifiche» (P. Di Santo, op. cit., pag. 33). Dunque lo spazio relazionale di cui si parlava poco sopra viene ad essere sia teorico che fisico. Ed il servizio può “produrre qualità” in quanto: a) è orientato verso la persona, b) la persona entra a far parte costitutivamente del processo di costruzione del servizio. _Gli strumenti con i quali si possono sviluppare la partecipazione ed il coinvolgimento di tutti gli attori sociali ed in particolare dei fruitori - beneficiari di un servizio, in genere vengono definiti “qualitativi” e sono molteplici, come ben riportato da Bezzi (2001). In questa sede non si vuole proporre un’esaustiva rassegna sui metodi e le tecniche di ricerca (v. quadro 8.1 per alcuni approfondimenti), ma giustificare i motivi che conducono ad un approccio partecipato. Lo stesso Bezzi sottolinea infatti che in ogni caso prima di definire le tecniche per la rilevazione dei dati è necessario costruire un progetto di ricerca, il disegno della ricerca valutativa. Ad ogni modo è possibile dire in maniera sintetica che si utilizza il focus group per far esprimere le opinioni di attori diversi, ognuno portatore di istanze e bisogni particolari. _ LEX 3611 Questa tecnica, che serve per l’osservazione del contesto, consiste in un incontro fra più persone condotto dal valutatore, che deve favorire le prese di posizione contrapposte di esperti o degli utenti, facendo emergere più punti di vista sull’oggetto (servizio, programma, ecc.) che si sta valutando. Un altro strumento spesso utilizzato è l’intervista in profondità, con la quale si raccolgono le conoscenze degli esperti (testimoni privilegiati) su un dato fenomeno, su un servizio o su un complesso di servizi. Altre tecniche per facilitare la partecipazione degli attori sociali sono il brainstorming, simile al focus group ma più vasto per gli argomenti trattati e il Delphi, nel quale gli attori coinvolti interagiscono tra loro non direttamente, ma a distanza tramite il valutatore-facilitatore. Anche il questionario, uno strumento sicuramente quantitativo, attraverso le ‘domande aperte’ può essere utilizzato per raccogliere le opinioni di utenti o comunque di attori sociali lontani dalle sfere della decisione. _Sembra dunque più chiaro perché un servizio o un’amministrazione debbano cercare percorsi nuovi attraverso il dialogo e l’ascolto, attento e riflessivo, delle proposte degli attori sociali direttamente coinvolti. L’opportunità fornita da una valutazione di tipo partecipato costituisce un momento “fondante” per intraprendere una progettazione in costante dialogo tra enti - soggetti erogatori e beneficiari - fruitori. Tale valutazione può costituire un momento verso la costruzione dello spazio relazionale, partecipativo e organizzativo garante di qualità in un contesto di servizi alla persona. Questa scelta di “dare la parola” al cittadino-utente va a (ri)definire in ultima istanza la qualità come una costruzione sociale, frutto di una negoziazione tra decisori-erogatori e destinatari, con l’obiettivo specifico di una continua ridefinizione dei bisogni. _Questi ultimi «andrebbero più correttamente visti come il risultato di una coproduzione dei decisori e dei destinatari delle politiche, mediata dal comune sistema socioculturale di appartenenza e dalle procedure operative grazie alle quali la definizione di bisogni prende corpo» (M. Palumbo, M. Vecchia, “La valutazione: teoria ed esperienza”, Rassegna italiana di valutazione, n. 4, 2006, pag. 3). Essendo la materia delle politiche sociali un oggetto articolato ed in continua evoluzione, appare più adeguata una valutazione di questo tipo, in grado di aggiornare continuamente il quadro dell’intervento, piuttosto che norme e tecniche basate sulla standardizzazione dei bisogni e dei criteri qualitativi. Questi ultimi, nell’ottica della valutazione appena descritta, appaiono più come qualcosa da scoprire e riscoprire, che come oggetti dati e fissati una volta per tutte. _ LEX 3621 In realtà, come fa notare Marta Foresti (2008), quello di partecipazione è un concetto ancora confuso e debole, che stenta a trovare una definizione precisa. Tale debolezza si riflette anche sugli approcci valutativi di tipo partecipato nel momento in cui si cerchi di descrivere tali approcci. Foresti fa comunque notare che «esiste in letteratura consenso circa il fatto che la partecipazione sia “una buona cosa”» (M. Foresti, “La valutazione: teoria ed esperienza”, Rassegna italiana di valutazione, n. 25, 2008, pag. 56) e questo ha permesso (e permette) che anche in ambito valutativo venga ritenuta utile, capace di stimolare e produrre nuovi processi conoscitivi. In generale l’approccio qualitativo, e la ricerca non standard in particolare (sociale e valutativa), presentano una serie di caratteristiche e tratti comuni di indagine nelle politiche e nei servizi, oltre a configurare la ricerca come un momento utile e di affiancamento per la programmazione. Ecco in sintesi tali caratteristiche: a) l’orientamento a ridurre al minimo la separazione tra scienza e vita quotidiana, la propensione ad abbandonare le torri d’avorio della scienza pura a favore di un contatto diretto con i soggetti; b) la marcata dipendenza dal contesto: la ricerca si focalizza sulla situazione specifica oggetto di studio; c) da ciò deriva la preferenza per problemi micro (nel caso della valutazione i servizi specifici o politiche di determinati enti pubblici); d) l’orientamento marcatamente idiografico, attraverso il quale si ricostruisce e si descrive la situazione del servizio o della politica considerati; e) l’orientamento di tipo induttivo: il ricercatore preferisce non restare ancorato esclusivamente alle ipotesi di ricerca (e di valutazione) di partenza, assume un atteggiamento di apertura verso scenari e messaggi che la situazione gli presenta; _f) concezione della causazione e della causalità (su cui si torna in maniera più approfondita nel nono capitolo) come processo da ricostruire attraverso le narrazioni degli attori sociali coinvolti e che partecipano alla ricerca piuttosto che attraverso relazioni statistiche; g) infine l’importanza delle qualità e capacità del ricercatore e dei collaboratori, per le loro esperienze pregresse e le conoscenze nell’ambito in cui realizzano l’indagine. Questi punti, gli ultimi due in particolare, introducono nuovamente il tema della coproduzione in ricerca, che non riguarda solo i bisogni, ma anche le informazioni e i dati: nei processi di indagine le informazioni e le conoscenze acquisite sono da intendersi propriamente come il frutto di una produzione congiunta di ricercatore e attore (attori) sociale, osservatore e osservato. _ LEX 3631 _Il dato non è disponibile direttamente, non è già presente in modo puro nella realtà così come inteso in ambito positivista; bensì l’informazione (al pari dei bisogni e delle necessità) è una produzione derivante dall’interazione tra due o più interlocutori e dipende strettamente dalla metodologia di rilevazione adottata. Questo riguarda sia le tecniche quantitative, che a maggior ragione quelle qualitative, in cui il rischio di distorsioni aumenta in ragione della forte componente soggettiva di ricercatore e attore sociale. Questo fenomeno, come evidenziato sopra, non deve condurre ad una sfiducia verso tecniche qualitative, ma ad una positiva presa di coscienza dei rischi insiti in esse e ad un conseguente e sapiente controllo. _Quadro 8.1. Tecniche di gruppo non standard Focus group. E’ una tecnica di discussione fra un gruppo di interlocutori, attorno ad una o poche questioni chiaramente formulate e note ai presenti, guidata da un valutatore (col ruolo di “facilitatore”). Il punto di forza della tecnica è la sua capacità di far emergere i nodi focali del problema posto in maniera approfondita e veloce, a patto che il gruppo degli interlocutori sia ben selezionato. La tecnica permette inoltre di ricostruire il processo di formazione delle opinioni nei diversi contesti operativi e di favorire l’interazione tra interlocutori (che possono anche essere esperti o stakeholder) al fine di operare approfondimenti. Il suo valore aggiunto nasce proprio dall’interazione che si crea tra i partecipanti; di qui l’importanza della loro scelta e del ruolo del moderatore. Lo scopo del focus non è necessariamente quello di giungere ad una posizione unanime, quanto piuttosto di mettere in luce e argomentare i diversi aspetti di un problema. _La funzione principale del focus è quella di sviluppare le argomentazioni a sostegno di tale conclusione. Grazie alla diffusione capillare della rete si sono diffusi anche focus group via Internet. Il risultato di un focus è una breve sintesi curata dal valutatore, che riporterà i passaggi salienti della discussione e ne trarrà le conclusioni valutative. Delphi. Utilizzata sia in fase di analisi e programmazione che, più raramente, di valutazione degli interventi, la tecnica Delphi si prefigge di acquisire, su temi poco noti o sui quali esistono grosse difficoltà a formulare previsioni affidabili e condivise, il parere di un panel, di norma nazionale o internazionale, di esperti in materia. Il Delphi permette di raccogliere idee creative ed attendibili, ovvero di elaborare informazioni utili al processo decisionale. _ LEX 3701 Ciò che qualifica la tecnica è il fatto che agli esperti vengono sottoposti dei quesiti, strutturati in modo più o meno formalizzato (dalla traccia d’intervista al questionario). Le risposte sono raccolte ed elaborate in una prima sintesi, cui fa seguito un secondo invio degli stessi quesiti o di loro rielaborazione sulla base delle prime risposte fornite, fino a quando non sono raggiunti o l’unanimità delle posizioni, ovvero un ventaglio argomentato di posizioni divergenti. Anche in questo caso, la diffusione e l’utilizzo della rete, ma più specificatamente della posta elettronica, hanno molto agevolato l’impiego di questa tecnica, che prevede di norma da tre o quattro cicli d’intervista. Tra i vantaggi del Delphi, oltre al costo relativamente contenuto, il fatto che preserva l’anonimato del rispondenti, evitando quindi fenomeni di acquiescenza alle posizioni di leader riconosciuti, che penalizzerebbero sia l’utilizzo creativo che quello valutativo dello strumento. _I punti delicati della tecnica sono costituiti dalla scelta e disponibilità degli esperti, che di solito sono contattati da un esperto locale, che cura anche la lettura e l’assemblaggio delle risposte, dal modo in cui sono formulati i quesiti, dal grado di precisione e di accuratezza delle previsioni richiesto. Brainstorming. E’ una tecnica che incentiva la produzione di idee entro un gruppo di “esperti” e in valutazione è spesso utilizzato per la produzione di alternative progettuali o di indicatori. Questa tecnica, si basa sull’assunto che per riuscire a produrre idee qualitativamente elevate per la soluzione dei problemi è necessario incentivare la produzione di un considerevole numero di idee. Il brainstorming tende a sviluppare al massimo tale produzione senza preoccuparsi in prima istanza del loro valore e della loro capacità di portare alla soluzione del problema. _Le regole base per condurre una riunione Brainstorming sono: a) la critica è esclusa: il giudizio negativo sulle idee deve essere rimandato ad un secondo tempo; b) la corsa in folle è ben accetta: più è audace l’idea meglio è; è più facile frenare che incoraggiare; c) si cerca la quantità: quanto maggiore sarà il numero delle idee, tanto più probabile sarà trovarne di utili e di qualità; d) si cercano combinazioni e miglioramenti: oltre a contribuire con idee proprie, i partecipanti dovrebbero suggerire come le idee altrui possono essere trasformate in idee migliori o come due idee possono essere fuse in un’altra idea ancora. Una riflessione comune su quanto emerso dal brainstorming è ammessa solo quando si conviene che la sua fase creativa sia conclusa. _ LEX 3711 _Anche in questo caso sono rilevanti il ruolo del moderatore e la scelta degli esperti. Nominal Group Technique (N.G.T.). E’ una tecnica per la gestione di riunioni per produrre stime e previsioni su problemi che non possono essere trattati con tecniche quantitative o per prendere decisioni su problemi non sufficientemente noti o comunque non controllabili con processi decisionali rigidi. La riunione gestita con la tecnica N.G.T. prevede la partecipazione di un gruppo ristretto di esperti-giudici (da 7 a 12), chiamati ad interagire fra di loro attraverso un processo diretto e strutturato. Il termine «Nominal» sta ad indicare un processo di aggregazione di individui, messi assieme con uno specifico obiettivo conoscitivo o decisionale, dove le normali dinamiche di gruppo sono evitate strutturando e riducendo al minimo la comunicazione verbale tra i partecipanti. _Il fine è di costruire una base di idee comuni al gruppo degli esperti e di chiamare, poi, i singoli partecipanti ad esprimersi su ognuna delle idee emerse. Il confronto avviene in un primo momento per iscritto; si chiede poi a tutti di reagire alle cose che sono state scritte. Tra la fase di scrittura e quella verbale si perde l’identità delle cose scritte ed il conduttore cercherà continuamente di dividere l’idea dall’ideatore. Questa avvertenza nella gestione della comunicazione è fondamentale per evitare che i giudizi sulle idee siano dovuti alle dinamiche psico-sociali che influenzano l’interazione di un gruppo, piuttosto che alle considerazioni che i singoli fanno sulla natura del fenomeno da giudicare. Occorre quindi controllare che il giudizio non sia il frutto dei rapporti di potere, ma sia legato alle reali conoscenze dei partecipanti al gruppo di lavoro. _3. Caratteristiche della valutazione partecipata La difficoltà di delineare la partecipazione consiste anche nel fatto che se ne possono individuare vari livelli, anche se in pratica (nelle ricerche) questo accade raramente. Secondo Rebien (1996), per esempio, la partecipazione deve prevedere che gli stakeholder siano presenti nella fase di definizione dei termini di riferimento della valutazione, in quella di interpretazione dei dati e in quella di utilizzo dell’informazione valutativa. Si possono individuare una serie di livelli di partecipazione in valutazione, che possono variare a seconda del grado di partecipazione (coproduzione totale o valutazione esterna) e dell’estensione della partecipazione (che può la serie di attori che va dai committenti ai cittadini). _ LEX 3721 _Nonostante queste debolezze costitutive, in realtà nella recente storia valutativa la partecipazione è stata proposta in una serie di approcci. Con la loro responsive constructivist evaluation Guba e Lincoln hanno prodotto un primo quadro epistemologico adeguato. Caratteristiche di questo approccio sono la teoria costruttivista della realtà come costruzione sociale (e non oggettiva e oggettivamente data) e la visione di un processo dialettico tra valutatore e oggetto della valutazione (evaluando), che si influenzano reciprocamente. Diventa quindi importante il coinvolgimento degli attori sociali, che sono chiamati ad esprimere le loro istanze e ai quali vengono sottoposte le questioni rilevanti per la valutazione. Questa posizione è stata però criticata sia per l’ontologia relativista che per l’approccio soggettivo. _E’ cosi che posizioni più recenti hanno proposto modelli alternativi, caratterizzati da un impianto teorico meno relativista e maggiormente preoccupato degli aspetti concreti del coinvolgimento degli attori sociali che dovrebbero essere coinvolti in ogni fase della ricerca: dalla programmazione fino alla diffusione dei dati della valutazione. Esistono inoltre diversi livelli o gradi di partecipazione all’interno di una valutazione: secondo Cousins e Whitmore sono da considerare la Practical Partecipatory Evaluation, secondo cui la partecipazione deve avvenire per migliorare la valutazione, e la Transformative Partecipatory Evaluation che sposta l’attenzione sulla democratizzazione del cambiamento sociale e sull’empowerment per i gruppi sfavoriti. Patton, autore della responsive evaluation, pone l’accento sulla funzione di empowerment della valutazione partecipata, che contribuirebbe ad aiutare la cittadinanza. _Riquier traccia invece due assi sui quali si sposta la partecipazione: uno orizzontale, che rappresenta l’estensione della partecipazione (dai committenti ai cittadini), ed uno verticale, che rappresenta il grado di partecipazione (dalla valutazione esterna alla coproduzione totale). Riquier individua una serie di livelli di partecipazione in valutazione, che possono variare a seconda del grado di partecipazione (coproduzione totale o valutazione esterna) e dell’estensione della partecipazione (che può la serie di attori che va dai committenti ai cittadini). E’ possibile notare già in queste tesi una certa distanza rispetto alla concezione più diffusa che la valutazione partecipata si realizzi con alcune tecniche come l’intervista e il focus group, e che gli attori sociali non abbiano alcun ruolo nella fase finale della ricerca. _ LEX 3731 _Si può sostenere che occorre prestare attenzione prima di considerare “partecipata” una ricerca valutativa o, in senso più generale, sociale. Assieme a Fareri (2000) e De Ambrogio (2003) (v. tab. 1), che mettono giustamente in guardia dal fornire facili definizioni in questo senso, è quindi possibile oltre che utile distinguere tra: 1) una ricerca partecipata pura, dove il ricercatore/valutatore provvede ad un coinvolgimento di altri attori sociali sin dalla definizione degli obiettivi e della stesura del disegno di ricerca e successivamente anche nella fase di realizzazione della ricerca stessa; 2) un’indagine di carattere consultivo, ove la partecipazione si sostanzia in una consultazione degli stakeholder soltanto nella fase di rilevazione delle informazioni e dei dati; 3) infine una valutazione che prevede un coinvolgimento di altri attori soltanto nella fase finale di restituzione dei risultati. _Queste distinzioni impongono un ripensamento di definizioni di valutazione partecipata di molte indagini, che in realtà sono assai più semplicemente ricerche che prevedono il coinvolgimento, in alcune fasi soltanto della ricerca, di testimoni qualificati, attori, destinatari o committenti. Ha così senso parlare di partecipazione in modo specifico quando l’intero disegno di ricerca è condiviso dal valutatore con gli altri stakeholder che non solo possono essere consultati per fornire informazioni (qualitative o quantitati ve), ma anche per costruire l’intera ricerca, per fornire spunti e feedback utili, per definire e ridefinire gli obiettivi conoscitivi.