IVG e Legge 194/1978

La L. 194/1978 tutela la salute fisica e psichica della donna in gravidanza, contemplando l'interruzione volontaria di gravidanza (IVG) come ultima risorsa.

La legge 194 definisce tre periodi durante i quali è possibile richiedere l'IVG: entro i primi 90 giorni, tra il 90° giorno e la 23° settimana, e dopo la 23° settimana.

La donna che accusa circostanze che mettono a rischio la sua salute fisica o psichica può richiedere l'IVG entro i primi 90 giorni.

La donna può richiedere l'IVG entro i primi 90 giorni per motivi relativi al suo stato di salute, condizioni economiche, sociali o familiari, circostanze del concepimento o previsioni di anomalie o malformazioni del feto.

La donna può rivolgersi a un consultorio pubblico, una struttura socio-sanitaria abilitata o a un medico di sua fiducia per richiedere l'IVG.

Il consultorio valuta la situazione della donna, esplorando possibili soluzioni ai problemi, aiutandola a rimuovere le cause della richiesta, promuovendo il suo sostegno durante la gravidanza e dopo il parto, e garantendo i suoi diritti di lavoratrice e madre.

Dopo il colloquio con il consultorio, la donna riceve un documento attestante la richiesta di IVG, firmato anche da lei stessa. Dopo 7 giorni, salvo urgenza, la donna può presentarsi presso una struttura autorizzata.

Il procedimento per l'IVG dopo il 90° giorno e fino alla 23° settimana di gestazione è più restrittivo e richiede condizioni specifiche.

L'IVG dopo il 90° giorno è consentita solo in caso di grave pericolo per la vita della donna o di grave pericolo per la sua salute fisica o psichica a causa di accertati processi patologici, tra cui anomalie o malformazioni del feto.

Un medico del servizio ostetrico-ginecologico di una struttura ospedaliera accerta e certifica i processi patologici che giustificano l'IVG dopo il 90° giorno. L'intervento può essere praticato immediatamente in caso di urgente pericolo di vita della donna.

Quando si raggiunge la possibilità di vita autonoma del feto (23-25 settimane), l'IVG è consentita solo in casi di grave pericolo per la vita della donna. Nel caso di intervento, vengono adottate tutte le misure per proteggere la vita del feto.

La ratio della L. 194/1978 è focalizzata sulla tutela della salute della donna in gravidanza, non sull'autodeterminazione della donna o sulla negazione dell'umanità del concepito.

La L. 194 riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana «dal suo inizio», ma non specifica il momento preciso.

La L. 194 promuove la procreazione cosciente e responsabile, disincentivando l'utilizzo dell'IVG come metodo di controllo delle nascite.

I consultori hanno il compito di assistere le donne in gravidanza e di contribuire a superare le cause che potrebbero indurle all'IVG, offrendo supporto e aiuto per affrontare le difficoltà.

L'obiezione di coscienza esonera il personale sanitario dal compimento delle procedure e delle attività dirette all'interruzione di gravidanza, ma non dall'assistenza prima e dopo l'intervento.

L'obiezione di coscienza deve essere comunicata preventivamente al Direttore sanitario dell'ospedale o al Direttore generale della Azienda Sanitaria Locale, nonché al Presidente dell'Ordine dei Medici provinciale.

Il diritto all'obiezione di coscienza è riconosciuto come un diritto umano, connesso alla libertà di coscienza del personale sanitario.

L'obiezione di coscienza non riguarda solo l'astensione dall'intervento, ma anche la promozione di alternative, come il sostegno alla maternità e alla vita.

L'obiezione di coscienza è riconosciuta in diversi ambiti legislativi italiani, non solo in relazione all'IVG.

Alcune criticità legate all'interpretazione e all'applicazione della L. 194 riguardano la prevenzione considerata solo in chiave pre-concezionale, la considerazione dell'IVG come unica soluzione per la gravidanza indesiderata, l'interpretazione dell'aiuto alla donna come sinonimo di aborto libero e l'equiparazione della libertà con l'autodeterminazione per l'IVG.

La legge 194 promuove l'assistenza alla donna in gravidanza ma è spesso utilizzata come strumento per facilitare l'aborto.

Tra le criticità dell'applicazione della legge 194 ci sono lo spregiudicato ricorso alla dichiarazione di “urgenza”, le obiezioni all'“obiezione di coscienza”, la mancanza di approfondimento nei colloqui, la scarsa attenzione all'identità umana del concepito, l'insufficiente valorizzazione del volontariato e l'inefficacia dei consultori in ordine alla prevenzione post-concezionale.

L'aborto ‘nascosto’ si riferisce all'uso di pratiche farmacologiche che mirano a impedire l’impianto dell'embrione nell'utero, rendendo difficile stabilire se si tratti di contraccezione o di aborto.

La contraccezione di emergenza, anche nota come pillola del giorno dopo, ha effetti contrastanti sull'impianto dell'ovulo fecondato. Alcuni la definiscono come un metodo contraccettivo, mentre altri la considerano un metodo abortivo.

La contraccezione di emergenza, secondo alcuni, non avrebbe alcun effetto antinidatorio. Tuttavia, sia l’EMA che l’AIFA riconoscono la possibilità di un effetto abortivo.

La tecnica più utilizzata per l'IVG nel 2020 è stata l'isterosuzione. L'aborto farmacologico è in aumento, con l'utilizzo di Mifepristone e prostaglandine.

L’aborto farmacologico, con l'utilizzo di Mifepristone e prostaglandine, è in crescita, con il 35,1% dei casi nel 2020.

Il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) riconosce il dovere morale di tutelare l'embrione umano sin dalla fecondazione, attribuendogli lo statuto di individuo umano.

Le difficoltà della vita non vanno superate sopprimendo la vita, ma affrontando insieme le difficoltà.

Esistono diversi centri e associazioni che si occupano del sostegno alla vita e alla maternità difficile, come i CAV, SOS Vita, Case di accoglienza e altri progetti come Progetto Gemma, Il Cuore in una Goccia.