Riassunto Dinamica Gestionale ed Equilibri Aziendali PDF

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Università del Salento

Stefano Mauro

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business plan economia aziendale finanziamento aziendale gestione aziendale

Summary

Questo documento riassume la dinamica gestionale e gli equilibri aziendali, partendo dalla fase istitutiva. Analizza i punti chiave come il fabbisogno finanziario iniziale, le fonti di finanziamento, e la struttura del capitale di funzionamento. Il documento si concentra sulla comprensione delle attività e strategie durante la fase di avvio di un'azienda, includendo la pianificazione strategica e l'analisi SWOT.

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lOMoARcPSD|30458943 Riassunto Dinamica gestionale ed equilibri aziendali Economia Aziendale (Università del Salento) Scansiona per aprire su Studocu Studocu non è sponsorizzato o supportato da nessun...

lOMoARcPSD|30458943 Riassunto Dinamica gestionale ed equilibri aziendali Economia Aziendale (Università del Salento) Scansiona per aprire su Studocu Studocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo. Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 Capitolo 3  La dinamica gestionale dell’impresa 1. La dinamica gestionale nella fase istitutiva dell’impresa: il fabbisogno finanziario iniziale e la sua copertura È evidente che l’avvio di un’attività di impresa non può essere affidata all’improvvisazione o al semplice intuito imprenditoriale, in quanto necessita una preliminare attenta valutazione circa la convenienza economica ad istituire l’attività produttiva, in termini di possibili riflessi generali dall’attuazione del progetto aziendale. Il riferimento è al BUSINESS PLAN, documenti che formalizzano il processo di pianificazione dei programmi necessari per implementare le strategie aziendali (pianificazione strategica). Attraverso il business plan si prendono in considerazione i punti di forza/debolezza, nonché le minacce/opportunità del progetto stesso (swot analisys), ciò mediante l’illustrazione del progetto e, in generale dell’iniziativa imprenditoriale, analizzata, in chiave previsionale, nelle azioni previste e nel relativo impatto economico-finanziario. LA DETERMINAZIONE DEL FABBISOGNO FINANZIARIO INIZIALE E LE FONTI DI FINANZIAMENTO Uno degli aspetti di maggior rilievo è costituito dalla determinazione del FABBISOGNO FINANZIARIO INIZIALE, ossia dall’individuazione della misura dei mezzi finanziari necessari per avviare l’attività di impresa. Notoriamente, tale fabbisogno si caratterizza in funzione dei seguenti aspetti: - Dimensione aziendale, in quanto al crescere della dimensione di impresa tenderà a crescere anche il relativo fabbisogno; - Tipo di impresa, poiché è evidente come le esigenze di finanziamento mutino a seconda della prevalenza di strutture permanenti rispetto a quelle circolanti ovvero in ragione della presenza di processi produttivi stagionali; - Possibilità offerte dal mercato, in termini di consistenza, intensità e distribuzione della domanda. Prima di procedere alla relativa copertura, il fabbisogno finanziario deve essere verificato in termini economici attraverso la predisposizione di un apposito piano riferito ad un esercizio medio (Piano Economico Medio), la cui redazione si pone in stretto collegamento sia con i Piani finanziari, sia con i Piani patrimoniali (piano degli investimenti durevoli e piano degli investimenti circolanti) che un corretto studio di fattibilità richiede. Una volta identificato il fabbisogno finanziario iniziale, si pone il conseguente correlato problema dell’individuazione delle FONTI DI FINANZIAMENTO le quali, in fase di avvio dell’attività, trovano origine negli apporti dei proprietari (capitale di apporto) e nel ricorso al capitale di terzi, identificabile nei debiti di finanziamento (obbligazioni dell’azienda connesse a somme di denaro ricevute in prestito e da restituire ad una data scadenza) e nei debiti di funzionamento o commerciali (obbligazioni a scadenza dilazionata connesse a fornitura di beni o servizi). Occorre considerare il necessario sostegno da parte della proprietà (fonti proprie) che deve essere disponibile ad effettuare investimenti significativi, non solo in fase di avvio, ma anche durante il regolare funzionamento laddove richiesto. Attesa la contestuale presenza di investimenti di media-lunga durata (struttura permanente) e di impieghi di breve durata (struttura circolante) sono evidenti le differenze in termini di durata dei tempi di rotazione, poiché i fattori produttivi a fecondità semplice hanno una rotazione tendenzialmente breve, mentre quelli a fecondità ripetuta presentano tempi di ritorno sotto la forma finanziaria piuttosto lunghi. Fattori a fecondità ripetuta  rotazione lenta  ritorno finanziario nel lungo termine Fattori a fecondità semplice  rotazione rapida  ritorno finanziario nel breve termine. Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 In relazione alle varie tipologie aziendali riscontrabili nella realtà concreta, è possibile identificare dei fabbisogni finanziari le cui modalità di formazione si connettono alle peculiarità dell’andamento dei relativi cicli produttivi. È possibile distinguere aziende con: 1. Cicli produttivi STAGIONALI MARCATI: tendono a concentrare la loro attività operativa in un solo periodo dell’anno con conseguente punta di massima espansione del fabbisogno in un dato momento del periodo amministrativo (aziende olearie, imprese turistiche balneari); 2. Cicli produttivi TENDENZIALMENTE STAGIONALI: la relativa attività operativa, seppur influenzata dalla stagionalità tende a ricorrere più volte in un anno, con un fabbisogno che non si concentra in un solo periodo (aziende di abbigliamento, imprese dolciarie); 3. Cicli produttivi UNIFORMI: l’influenza stagionale si riduce drasticamente favorendo una distribuzione uniforme del fabbisogno che, in tali casi, può essere sensibile alle oscillazioni della domanda dei relativi prodotti o servizi (imprese automobilistiche, imprese chimiche, imprese siderurgiche, di trasporto). Da ciò scaturisce l’esigenza di individuare il TASSO DI RINNOVO DEL PROCESSO PRODUTTIVO, ossia il numero di volte che durante un periodo amministrativo il ciclo si ripete e che si ottiene rapportando i 12 mesi dell’anno con il numero di rotazioni. LA DINAMICA GESTIONALE NELLA FASE ISTITUTIVA Sotto il profilo dinamico, si rende opportuno evidenziare come un’operazione di finanziamento generi di norma un doppio effetto finanziario (con variazioni di segno opposto), mentre l’effetto economico, rappresentato dagli interessi è generalmente differito. In conformità all’impostazione tradizionale, la rappresentazione dei conferimenti iniziali può operarsi distinguendo, da un lato, i mezzi conferiti e, dall’altro, la relativa fonte di derivazione. Tale rappresentazione può denominarsi STRUTTURA DEL PATRIMONIO o DEL CAPITALE DI FUNZIONAMENTO. Una volta acquisita la disponibilità di risorse finanziarie, l’impresa potrà dare avvio alla prima fase del processo produttivo, ossia la fase di acquisizione dei fattori produttivi necessari per l’allestimento della struttura permanente e per l’avvio della gestione corrente. L’operazione di acquisto è uno scambio esterno che interessa i vari aspetti della gestione (economico e finanziario). In particolare, l’acquisto di un fattore produttivo da un fornitore determinerà da un lato la variazione passiva finanziaria connessa al pagamento per cassa (diminuzione cassa) o a mezzo bancario a fronte di un contestuale effetto incrementativo di natura patrimoniale espresso da una variazione economica (costo di acquisto). L’acquisizione di fattori produttivi può anche avvenire con la concessione di credito che il fornitore può garantire all’impresa. Il che genererà sempre una variazione finanziaria passiva (aumento di debiti commerciali), fermo restando il contestuale effetto economico di natura patrimoniale e la connessa variazione economica (costo di acquisto). Trattasi di attività che comportano l’impiego di mezzi finanziari ai fini della predisposizione dell’assetto organizzativo-giuridico dell’azienda, con acquisizione di utilità economiche identificabili in fattori produttivi specifici, senza i quali la combinazione economica non sarebbe in grado di avviare la propria attività per il raggiungimento dei prefissati obiettivi. 2. La struttura del capitale di funzionamento nella fase istitutiva L’insieme dei mezzi e delle fonti costituisce il patrimonio dell’impresa, corrispondente all’equazione A=P+N. Esso rappresenta la struttura aziendale (A) e le fonti da cui la stessa discende (P+N), risultando al momento costituito solo da mezzi finanziari derivanti da fonti proprie (N 0). Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 I primi impieghi riguardano le acquisizioni dall’esterno delle utilità economiche che incorporano fattori che, ad esempio, per un’impresa industriale possono ricondursi agli stabilimenti, agli impianti e macchinari, alle materie prime e ai materiali di consumo. L’allestimento della struttura aziendale si concreta anche in acquisizioni di utilità connesse alla sola disponibilità di mezzi che hanno la natura propria di fattori di lunga durata. È il caso delle locazioni di fabbricati e delle acquisizioni del fattore lavoro dipendente destinato sia alla funzione produttiva sia alla funzione amministrativa. Tali acquisizioni evidenziano utilità economiche a fecondità semplice, in quanto ciò che si acquisisce di tali fattori è la disponibilità (beni immobili) o le prestazioni (fattore lavoro). Gli impieghi delle disponibilità finanziarie di fattori produttivi determinano una modifica nella struttura del patrimonio che, gradualmente passa dalla connotazione iniziale finanziaria ad una composizione mista, e cioè in parte finanziaria ed in parte tecnica o economica, in corrispondenza dei fattori progressivamente acquisiti. I mezzi finanziari inizialmente acquisiti dall’impresa da fonti proprie e fonti di terzi sono stati impiegati per l’acquisizione di utilità economiche idonee allo svolgimento dell’attività economico-produttiva, con la conseguente modifica nella sezione dei mezzi i quali nel loro totale si riconducono, in questa fase, sempre e comunque alla fonte iniziale. STRUTTURA DEL PATRIMONIO  Af + Ae = N0 - MEZZI (A): zona finanziaria (denaro e titoli rappresentativi); zona economica (fattori produttivi); - FONTI DEI MEZZI (N+P): capitale di apporto, debiti di finanziamento e debiti di funzionamento. Questo quadro rappresenta la STRUTTURA DEL PATRIMONIO (O CAPITALE) DI FUNZIONAMENTO dell’impresa, articolato nelle sue varie parti: i mezzi (A) che costituiscono il patrimonio lordo e le fonti di finanziamento proprie (N) e di terzi (P) che hanno favorito l’acquisizione della dotazione aziendale. A = P + N. Evidentemente, il patrimonio lordo dell’impresa (A) costituisce la dotazione complessiva dell’azienda in funzionamento e solo per la parte che non è gravata da debiti può considerarsi riconducibile ai proprietari: A – P = N. La grandezza N si denomina CAPITALE O PATRIMONIO NETTO ed assume un’evidente connotazione quantitativa, coincidente con la parte dei mezzi di pertinenza del soggetto proprietario. 3. La dinamica gestionale nel funzionamento aziendale Una volta acquisiti i fattori produttivi volti a struttura l’impresa e a dare avvio al processo economico- produttivo, la vera e propria attività di funzionamento aziendale potrà proseguire nelle successive fasi della combinazione dei fattori stessi, esecuzione del processo lavorativo e ottenimento del prodotto da destinare poi alla vendita. Data una dotazione iniziale di utilità acquisite, i conseguenti consumi (totali o parziali) delle singole utilità acquisite daranno vita all’ottenimento di un’UTILITA’ ECONOMICA COMPLESSA rappresentata dai prodotti. Fattori produttivi (UTILITA’ SEMPLICI)  Consumi/utilizzazioni  UTILITA’ COMPLESSE. La trasformazione da utilità semplici ad utilità complesse comporta una serie di fasi lavorative che gradualmente utilizzano i fattori trasferendone le relative singole utilità, dapprima in utilità composte (semilavorate) per giungere, infine, all’utilità complessa (prodotto finito). Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 UTILITA’ SEMPLICI  UTILITA’ COMPOSTE  UTILITA’ COMPLESSE In relazione a ciò, è chiaro come tale passaggio risulti più evidente nelle imprese industriali, attesa la presenza di un processo tecnico di trasformazione vera e propria. Differentemente dalle operazioni di acquisizione dei fattori, gli effetti connessi alle operazioni di combinazione, esecuzione ed ottenimento del prodotto non determinano il movimento della zona finanziaria del patrimonio. Dal punto di vista strutturale, il patrimonio rivelerà mutamenti rilevanti all’interno dell’area economica dei mezzi con la trasformazione dei semilavorati in prodotti finiti per la vendita. Attraverso tali mutamenti si favorirà la creazione dell’utilità incrementativa in termini di valore, poiché le operazioni di gestione interna favoriscono l’utilizzo dei vari fattori acquisiti e il trasferimento in un’utilità complessa delle singole utilità contenute originariamente nei fattori acquisiti. L’utilità incorporata nei prodotti finiti rappresenta il maggior valore (VALORE AGGIUNTO) che la combinazione produttiva è in grado di generare e che la vendita degli stessi dovrà confermare. Proprio con la vendita si completa il ciclo di ritorno dei mezzi finanziari inizialmente investiti nei fattori. Tale ritorno finanziario potrà consistere sia in una entrata di denaro o nella nascita di crediti commerciali concessi ai propri clienti, in connessione a dilazioni di pagamento. Il completamento del processo produttivo determinerà l’incremento dei mezzi finanziari, in corrispondenza di una riduzione della zona economica dei mezzi, con la precisazione che il ritorno sotto forma finanziaria dei mezzi impiegati si rivelerà maggiore della posizione di partenza dei fattori consumati. La validità della combinazione produttiva si manifesterà attraverso la vendita del prodotto finito ottenuto mediante lo svolgimento del processo tecnico che avrà generato un bene il cui valore è maggiore rispetto alla semplice sommatoria dei valori delle utilità semplici utilizzate per l’ottenimento del bene stesso. Laddove la vendita risultasse pattuita a termine (crediti commerciali), la certezza assoluta del ritorno sotto forma monetaria degli impieghi iniziali si avrà solo con il concreto rientro in cassa delle somme di denaro connesse alla vendita e cioè con l’incasso dei crediti. Le risorse finanziarie così ottenute consentono il proseguimento dell’attività aziendale attraverso il loro reimpiego in nuove acquisizioni di fattori ovvero l’estinzione di posizioni debitore dell’impresa. Nel rinnovare il processo economico-produttivo, l’impresa si trova nella condizione di rinnovare i soli fattori totalmente consumati potendo invece continuare ad utilizzare quelli dell’area permanente i quali, benché utilizzati, rilevano ancora l’attitudine a cedere ulteriormente porzioni di utilità posseduta. 4. La rotazione economico-finanziaria del patrimonio aziendale Lo svolgimento del processo economico-produttivo si sviluppa secondo un percorso in cui si genera un continuo interscambio tra zona finanziaria e zona economica del patrimonio dell’impresa. I mezzi finanziari apportati inizialmente, dapprima si convertono in mezzi economici che una volta combinati e lavorati favoriscono l’ottenimento dei prodotti e la loro vendita, fase ultima che appunto segna il ritorno graduale dei mezzi finanziari impiegati nell’impresa: MEZZI FINANZIARI  MEZZI ECONOMICI  MEZZI FINANZIARI Da ciò discende che nelle aziende di produzione tradizionali il ciclo economico-produttivo segue un percorso che muove dalle acquisizioni dei fattori alla vendita dei prodotti. La corrispondente dinamica finanziaria genererà flussi in uscita nelle fasi di acquisizione, combinazione, lavorazione e ottenimento per arrivare ai flussi in entrata derivanti dalle vendite. Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 Il raggiungimento dell’equilibrio aziendale richiede che la rotazione assicuri nella fase terminale del ciclo una produzione di ricchezza incrementale rispetto ai consumi dei fattori impiegati per l’ottenimento dell’utilità complessa venduta; ricchezza incrementale che troverà corrispondenza nella differenza tra i flussi finanziari in uscita connessi alle fasi di acquisizione e consumo e i flussi finanziari in entrata scanditi dalle vendite. Fattori produttivi  utilità consumate  utilità complesse  ricchezza. La regolarità di tale percorso implica il rispetto di razionali condizioni di funzionamento dell’impresa. Il processo incrementativo dei mezzi aziendali sancito dalla rotazione economico-finanziaria illustrata determina un corrispondente incremento delle fonti proprie, ciò in quanto A-P=N. 5. Il controllo economico-finanziario della gestione corrente Durante il regolare funzionamento, le esigenze finanziarie dell’impresa presentano fabbisogni tendenzialmente più contenuti rispetto alla fase costitutiva, in quanto l’impegno finanziario connesso alla struttura permanente è già stato effettuato in fase di impianto. In effetti, il fabbisogno finanziario riferito al regolare funzionamento (FABBISOGNO FINANZIARIO CORRENTE) si correla direttamente con il ciclo operativo acquisiti/processo lavorativo/vendite. Da ciò discende che le risorse finanziarie necessarie al funzionamento di breve termine si concretano nella misura volta: - Da un lato, a ricostituire lo stock dei fattori consumati; - Dall’altro, alla restituzione delle somme ricevute a fronte di debiti di funzionamento e finanziamento. In presenza di un funzionamento regolare della gestione il rinnovo dei fattori a fecondità semplice dovrebbe essere garantito dal flusso di entrate finanziarie che gradualmente affluisce all’azienda in seguito alle vendite, comportando un fenomeno di finanziamento interno all’azienda che si può denominare FINANZIAMENTO DA VENDITE. Affinché i flussi in entrata siano sufficienti a soddisfare i flussi in uscita connessi alla ripartenza del ciclo, è necessaria la capacità di creazione di valore incrementale che la combinazione economica dell’impresa deve essere in grado di perseguire attraverso la vendita degli output ottenuti dagli input acquisiti. Il fabbisogno finanziario CORRENTE di un’impresa si concreta, in primo luogo, con il rinnovo dei fattori a fecondità semplice, per la cui copertura si ricorre alla provvista che la gestione operativa corrente dovrebbe garantire nel breve termine, al fine di pervenire alla ricostituzione delle dotazioni rinnovabili a breve. La gestione corrente dell’impresa determina situazioni in cui i flussi in entrata derivanti dalle vendite non sempre si realizzano con una tempistica in grado di garantire le esigenze temporali dei flussi in uscita. Ciò discende da ragioni fisiologiche riconducibili: - Alle modalità di svolgimento del processo produttivo tradizionale che segue una sequenza uscite entrate; - Alla velocità di circolazione dei fattori produttivi (in termini di tempi di ritorno sotto forma monetaria dei vari investimenti/impieghi); - All’esigenza operativa di avviare un nuovo ciclo di produzione, prima della conclusione di quello precedente (e quindi nuove uscite prima ancora che si sia completato il ritorno delle entrate del ciclo precedente). Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 Tali motivi generano l’inevitabile insorgenza di un fabbisogno corrente che dovrebbe essere soddisfatto con idonee politiche di gestione commerciale e finanziaria volte a razionalizzare il ricorso a capitale esogeno, sfruttando al massimo il debito di fornitura e le opportunità concesse dal sistema bancario in termini di formule autoliquidanti (anticipi su fatture, factoring, sconto di cambiali) contenendo entro misure fisiologiche e temporanee il ricorso all’indebitamento vero e proprio che deve costituire una sorta di riserva di liquidità a cui ricorrere in momenti di tensione finanziaria non recuperabili operativamente nel breve termine. La stretta relazione tra circuito finanziario ed economico implica una costante e attenta verifica dei relativi funzionamenti, onde evitare che fenomeni come quello dello sfasamento temporale dei due circuiti mascherino in realtà condizioni di inefficienza. Un efficace controllo durante il regolare funzionamento si attua mediante un’adeguata programmazione dell’andamento gestionale di ogni singolo periodo amministrativo, onde stabilire i relativi obiettivi da raggiungere. È noto che le previsioni in questione risultano affidate ai tradizionali strumenti del controllo direzionale mediante i quali effettuare fondate previsioni sia sull’andamento dei mercati in cui l’impresa intende collocare la propria produzione (piano o budget delle vendite), sia sui volumi fisici delle produzioni da attuare (piano della produzione). In stretta connessione, si redigono i piani volti a prevedere i costi connessi ai consumi periodici di fattori produttivi a fecondità semplice (piani dei costi di produzione) onde pervenire al piano economico generale o Budget generale riferito al singolo periodo oggetto di previsione che, combinando i dati del piano delle vendite con quelli dei vari piani dei costi, segnalerà il risultato economico previsto per il prossimo esercizio. Tale previsione, riportata in appositi Piani finanziari/monetari, risulta idonea anche a favorire un’opportuna sincronizzazione dei tempi di incasso con quelli di pagamento, non solo avendo riguardo alla produzione del periodo considerato, bensì tenendo conto dei crediti e debiti eventualmente provenienti da esercizi precedenti e delle giacenze di magazzino in attesa di vendita (capitale circolante operativo netto). Capitolo 4  L’esercizio di impresa e i risultati gestionali 1. Premessa L’osservazione dell’incremento può dare luogo a due principali configurazioni di risultato: - Una prima configurazione, attinente l’intera vita dell’impresa (esercizio totale) che si identifica con il RISULTATO FINALE o DELLA GESTIONE TOTALE; - Una seconda configurazione, riguardante singoli periodi della vita aziendale (esercizio periodico) che si indentifica con i RISULTATI PERIODICI. 2. L’esercizio d’impresa e la misurazione del risultato finale o della gestione totale L’esercizio totale (totalità delle operazioni che l’impresa ha svolto nel corso dell’intera sua vita) si può esprimere attraverso il risultato globale del progetto aziendale, ossia alla cessazione della vita dell’impresa stessa. La determinazione di tale risultato totale permette di dare contezza del risultato gestionale complessivo conseguito a seguito del funzionamento dell’impresa. L’individuazione della posizione di partenza è agevole, poiché è sufficiente riprendere la struttura che caratterizza un’impresa in fase di costituzione, ossia il momento del conferimento iniziale dei mezzi da parte dei proprietari. Differentemente, la posizione finale della struttura patrimoniale riscontrabile al momento Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 dell’evento che determina la cessazione assoluta dell’impresa molto raramente denota strutture patrimoniali costituite solo da componenti finanziarie. Ne discende quindi l’elevata probabilità che, al momento della cessazione dell’attività, risultino ancora presenti tanto elementi economici dell’area circolante, quanto elementi economici dell’area permanente. In sostanza, la struttura di un’impresa che nel corso del funzionamento dovesse pervenire ad una cessazione tenderà a presentare una situazione appunto di un’impresa in funzionamento. Al fine di operare un confronto in termini di risultato globale della gestione d’impresa, si rende necessario omogeneizzare le grandezze. Ne consegue l’esigenza stabilita anche dalla legge nel caso di cessazioni assolute di qualsiasi impresa di procedere alla liquidazione in cui le principali operazioni sono: - Vendita dei beni aziendali monetizzabili, con acquisizione di mezzi finanziari; - Incasso dei crediti esistenti; - Estinzione dei debiti esistenti. A conclusione di tali operazioni, la struttura patrimoniale contrapporrà la sezione dei mezzi finanziari eventualmente residui alla sezione delle fonti ancora da estinguere rappresentate dal capitale netto, ossia dal capitale riferibile ai proprietari. Confrontando la struttura del patrimoniale finale (C f) con quella del patrimonio iniziale (Ci), entrambe espresse in termini finanziari, si potrà desumere se l’andamento riferibile all’intera vita aziendale abbia prodotto un incremento (Cf > Ci) o un decremento (Cf > Ci). Data una posizione di funzionamento A = N+P, alla fine della vita aziendale si potranno riscontrare le seguenti situazioni finali: A < P  posizione finale NEGATIVA A = P  posizione finale DI PAREGGIO A > P = (A = P + N)  posizione finale POSITIVA. Nella posizione finale NEGATIVA, è evidente un andamento non positivo della gestione che ha denotato la perdita del patrimonio conferito dai proprietari, ma anche di parte del patrimonio acquisito con fonti di terzi. Il che determina una situazione conclusiva, non solo negativa in termini economici, ma anche sul piano giuridico. Nella posizione di PAREGGIO, negativa sul piano economico (l’intero patrimonio dell’imprenditore, N, è andato perduto), quanto meno si dovrebbero evitare riflessi patologici di natura giuridica, poiché i creditori dell’impresa (P) dovrebbero poter essere soddisfatti dai mezzi residuati (A). Nella posizione POSITIVA, si denota un risultato positivo, in quanto i mezzi aziendali esistenti alla cessazione dell’impresa, oltre ad estinguere i debiti ancora presenti nello stesso momento, rivelano un residuo per il proprietario. È chiaro che per l’apprezzamento di tale residuo si renderà necessario effettuare una verifica dell’effettiva dimensione quali-quantitativa del residuo stesso. Da qui l’utilizzo dell’espressione REDDITO TOTALE, con cui si indica il risultato aziendale totale riferibile ai soggetti (o al soggetto) che hanno immesso nell’impresa il capitale inziale. A tal riguardo, laddove con tale espressione si volesse identificare non la semplice eccedenza contabile, bensì la sua effettiva dimensione economica (convenienza), si renderà necessario richiamare alcune Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 precisazioni, poiché non ogni valore differenziale, per quanto rappresentativo di incremento rispetto alla grandezza di partenza, può identificarsi come reddito. In effetti, l’apprezzamento economico dell’eventuale eccedenza richiede lo svolgimento delle seguenti operazioni tecniche: 1. Calcolo di normalizzazione del modulo monetario  omogeneizzazione temporale delle grandezze a confronto (capitale finale e iniziale) che si attua mediante l’annullamento degli effetti connessi alle variazioni del potere di acquisto della moneta (inflazione/deflazione) intervenute nel periodo di tempo intercorso tra la costituzione dell’azienda e la sua cessazione; 2. Ricostruzione dei movimenti in termini di patrimonio netto  al fine di considerare successivamente al conferimento iniziale di capitale, sia eventuali ulteriori immissioni di capitale da parte della proprietà, sia eventuali prelevamenti di utili o diminuzioni di capitale con rimborso ai proprietari effettuate durante il funzionamento; 3. Verifica di congruità economica  costituisce il calcolo economico volto a verificare se, dopo la normalizzazione e la ricostruzione precedenti, la misura della grandezza così normalizzata riveli i caratteri di congrua remunerazione del capitale complessivamente investito nell’impresa dall’imprenditore/soci; la valutazione della congruità in parola trova espressione nei seguenti parametri: - Rendimento dell’investimento alternativo  tendenzialmente privo di rischio, a cui si è rinunciato, optando per l’impiego nel capitale di rischio dell’impresa; - Premio di rischio  spread aggiuntivo da calcolare in funzione dei differenti gradi di rischio riscontrabili nei vari settori di attività. Laddove il rendimento derivante dall’investimento nel capitale di rischio di un’azienda risulti pari o superiore al rendimento ottenuto dal calcolo di congruità così calcolato, l’investimento nell’impresa si sarà rivelato conveniente per l’investitore. In tale caso, l’espressione “reddito totale” risulta del tutto appropriata nell’identificare il risultato dell’esercizio totale dell’impresa. 3.L’esercizio d’impresa e la determinazione dei risultati periodici La conoscenza del risultato totale dell’impresa costituisce sicuramente un’informazione di specifica utilità per individuare in quale misura il progetto aziendale abbia generato riflessi positivi per l’imprenditore e per i soci. In effetti, l’imprenditore e i soci di una qualsiasi azienda non possono certo attendere la relativa cessazione per avere contezza dei risultati dell’investimento effettuato; a ciò si aggiunga l’esigenza di percepire nel tempo i frutti generati dall’attività economica di impresa. Ne discende l’esigenza di monitorare periodicamente l’andamento gestionale, favorendo così, da un lato, la possibilità di intervenire con adeguati correttivi ed accorgimenti, e al contempo, di fornire una base informativa utile ai vari livelli. All’imprenditore e agli organi di governo aziendale che vengono messi nelle condizioni di procedere a scelte amministrativamente razionali. Al contempo, tale monitoraggio periodico permette di fornire anche agli altri portatori di interessi le informazioni utili per le rispettive decisioni economiche (soci, dipendenti, fornitori, finanziatori,…). La produzione di tali informazioni sull’andamento gestionale costituisce un obbligo di legge, dal momento che le imprese, per motivi fiscali, sono tenute a redigere annualmente il BILANCIO DI ESERCIZIO, il quale si compendia nell’insieme di documenti rivolti a rappresentare la situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa, nonché il connesso risultato economico riferiti ad un dato intervallo di tempo, identificabile con il periodo amministrativo. Il periodo amministrativo non coincide con esercizio, che identifica, invece, il Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 complesso delle operazioni gestionali che si svolgono all’interno di ogni periodo amministrativo (esercizio annuale) o nell’intervallo di vita totale dell’impresa (esercizio totale). La verifica dei risultati periodici se, da un lato, assume un rilevante valore segnaletico, da altro presenta delle problematiche a livello di relativa determinazione. Tali risultati periodici scaturiscono da un calcolo complesso attraverso il quale pervenire a due grandezze di sintesi: 1. RISULTATO ECONOMICO DI PERIODO, ottenuto dal confronto tra i consumi dei vari fattori produttivi e i benefici correlati a tali consumi; 2. STRUTTURA PATRIMONIALE, esistente alla fine dello stesso periodo amministrativo, espressa in termini di fattori produttivi ancora da utilizzare e di mezzi finanziari, da un lato, e di debiti e capitale di apporto, da altro lato. Diversamente dal risultato totale, la cui misura può rendersi oggettiva a seguito degli interventi di normalizzazione, i risultati periodici si fondano sull’inevitabile soggettività insita nelle stime, giudizi e apprezzamenti da parte del soggetto che effettua il calcolo periodico. Capitolo 4  L’incidenza dei fattori produttivi nella formazione dei risultati periodici della gestione 1. Premessa Al fine di pervenire alla rappresentazione periodica degli andamenti gestionali dell’impresa, occorre procedere su due livelli: - dapprima comprendere le modalità attraverso cui le varie tipologie di fattori contribuiscono alla formazione dei risultati periodici; - poi, conoscere gli strumenti applicativi che favoriscono la razionalità del calcolo. L’utilizzo combinato delle utilità incorporate nei vari fattori produttivi acquisiti dall’impresa trova espressione secondo modalità differenti: - Nelle aziende di produzione originaria, la combinazione tecnica determina dei processi di estrazione, coltivazione e allevamento, per lo svolgimento dei quali i vari fattori si combinano tra loro favorendo l’ottenimento di un output che necessita di un intervento produttivo rilevante; - Nelle realtà industriali, le relative combinazioni tecniche implicano che la cessione dell’utilità posseduta dai vari fattori produttivi acquisiti soggiaccia ad un processo di trasformazione attraverso il quale le singole utilità tendono a combinarsi tra loro, anche in senso fisico; - Nelle realtà mercantili, le combinazioni tecniche non prevedono processi di trasformazione fisica; quindi pur permanendo l’utilizzo combinato dei vari fattori, gli stessi tendono a fondersi, con il loro impiego, solo economicamente, ma non anche fisicamente; - Nelle realtà di servizi, le combinazioni tecniche sono pure basate sull’utilizzo combinato dei vari fattori necessari per rendere la prestazione richiesta; la prestazione di servizi può anche implicare la presenza di un processo di trasformazione fisica, al fine di fornire la prestazione; - Le realtà produttive del settore finanziario, il cui processo produttivo, non solo non rivela trasferimenti di merci, ma neanche determina processi tecnici di trasformazione fisica. 2. L’incidenza dei fattori produttivi a fecondità semplice materiali I fattori produttivi a fecondità semplice sono quei fattori, materiali e immateriali, la cui utilità risulta ceduta all’atto del relativo utilizzo. Nell’ambito dei fattori materiali assumono rilievo quei mezzi rappresentati da merci (impresa mercantile) o da materie prime e materiali di consumo (impresa industriale). Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 L’atto di utilizzo rilevi il momento in cui i fattori cedono alla combinazione produttiva la relativa utilità. Ne consegue che il problema principale da considerare è individuare il momento di tale consumo, in quanto può accadere che l’esigenza di determinare il risultato periodico ad una data precisa implichi inevitabilmente l’accentramento se, alla stessa data, il fattore acquisito dall’impresa sia stato utilizzato o meno. Se il fattore acquisito nel corso del periodo amministrativo non risulta ancora utilizzato alla data del 31/12/n, la zona economica patrimoniale non rivelerà variazioni di alcun tipo. Se, invece, vi è stato un consumo dell’utilità posseduta dai fattori acquisiti nel periodo in questione, si renderà necessario misurare quanta pare dell’utilità posseduta dai fattori sia stata utilizzata, in modo da poter correttamente attribuire al periodo in questione solo i consumi e non anche l’intera acquisizione. Ciò avviene secondo due modalità: - O si individua la parte consumata, ossia quella parte delle merci acquistate nel periodo che è stata venduta, riscontrando per differenza le merci residue; - Oppure si procede alla ricognizione inventariale delle merci ancora presenti in azienda e per differenza si otterrà la misura delle merci che, sebbene acquisite nello stesso periodo, siano state vendute. Il contributo che le merci acquisite nel corso del periodo amministrativo hanno offerto alla formazione del risultato di periodo è rappresentato dalla misura del consumo connesso all’utilizzazione dei fattori (COSTO DI UTILIZZAZIONE – Cu), che deriva dalla differenza tra i valori riferiti alle acquisizioni delle merci nel periodo considerato (Ca) e i valori connessi all’eventuale rimanenza dei fattori assunti in carico (Raf). Del fattore acquisito in dotazione: - La parte consumata o utilizzata contribuisce alla formazione del risultato di periodo (COSTO DI UTILIZZAZIONE – Cu); - La parte non utilizzata (RIMANENZA DI MAGAZZINO) continua a rappresentare un elemento del patrimonio economico utilizzabile nei processi produttivi dei successivi periodi amministrativi. L’utilità economica acquisita si divide in: - Parte utilizzata (consumi) - Parte residua (rimanenza). Ossia: Costo di utilizzazione (Cu) = Costi di acquisizione (Ca) – Rimanenze attive finali (Raf) Il ragionamento operato per le merci può ribadirsi anche per altre tipologie di fattori a fecondità semplice, con la rilevante differenza che l’utilità incorporata nei fattori acquisiti, con il relativo utilizzo potrebbe essere stata semplicemente trasferita in un bene intermedio (SEMILAVORATO o PRODOTTO FINITO) senza ancora aver generato la realizzazione attesa con la vendita del prodotto. Ne deriva la necessità di distinguere tali fattori a fecondità semplice in ragione dello stato di avanzamento del processo di trasformazione. In particolare, nel momento in cui giunge la chiusura di un dato periodo amministrativo, possono presentarsi differenti situazioni in funzione del grado di lavorazione subito dai fattori stessi: - Presenza di fattori ancora nella forma grezza, nel cui caso si parlerà di MATERIE PRIME; - Presenza di fattori produttivi in corso di lavorazione, per i quali si parlerà di SEMILAVORATI o di PRODOTTI IN CORSO DI LAVORAZIONE; Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 - Presenza di fattori, denominati PRODOTTI FINITI, per i quali si è completato l’iter di trasformazione tecnica, ma che non sono stati ancora venduti. In definitiva, nelle realtà imprenditoriali industriali, è possibile distinguere: - Le RIMANENZE DI MAGAZZINO IN FORMA GREZZA (Rag)  rappresentate dalle materie prime, per le quali la rappresentazione è analoga a quanto visto per le merci; - Le RIMANENZE DI MAGAZZIINO IN FORMA LAVORATA (Ral)  rappresentate dalla combinazione definitiva o meno di più fattori produttivi (semilavorati, prodotti in corso di lavorazione e prodotti), la cui rappresentazione richiede anche la considerazione dei fattori produttivi di cui si dirà nel seguito. 3. L’incidenza dei fattori produttivi a fecondità semplice a consumo immediato (materiali e immateriali) La dotazione di utilità economiche in termini di servizi industriali genera una serie di acquisizioni che partecipano all’ottenimento dell’utilità complessa, favorendo la definizione di un COSTO DI UTILIZZAZIONE GLOBALE derivante dai consumi dei fattori acquisiti. Il principale elemento di differenziazione di tali fattori rispetto alle materie prime e alle merci si connette alla peculiarità dei fattori “A CONSUMO IMMEDIATO”: - In alcuni casi, l’utilizzazione dei fattori si correla alla presenza di un aspetto fisico/materiale precedente o contestuale all’acquisizione dei fattori stessi (servizi industriali: consumo di acqua, gas, energia elettrica); - In altri casi (servizi amministrativi e commerciali) pur non essendovi la materialità del consumo fisico, l’utilità discendente dal fattore risulta consumata attraverso lo svolgimento dell’attività sottostante (attività di distribuzione e di vendita, servizi telefonici); - Un’ulteriore categoria è rappresentata dalla possibilità di disporre temporaneamente di beni riconducibili a soggetti terzi rispetto all’impresa. È il caso delle operazioni di locazione che consentono all’impresa di disporre dell’utilità derivante dagli spazi di beni immobili e mobili (capannoni, uffici, automezzi). In tali casi, non si acquisisce il bene oggetto di locazione, bensì la relativa disponibilità fisica per un dato intervallo di tempo contrattualmente definito. Quindi, il costo di acquisto che si sostiene in tali casi (CANONE DI LOCAZIONE) identifica l’utilità economica connessa alla disponibilità del bene; - Una tipologia particolare di fattore è il fattore lavoro rappresentato dall’opera lavorativa prestata da un soggetto a favore dell’impresa. Ciò che si acquisisce è costituito dalla prestazione resa dal singolo individuo all’impresa con il suo materiale intervento. L’utilità economica connessa a tale prestazione è misurata dalla remunerazione corrisposta (stipendi o salari). Facendo riferimento alle categorie di cui sopra, emerge la tendenziale caratteristica di fattori produttivi non generativi di rimanenze della forma grezza, da cui l’espressione FATTORI PRODUTTIVI A CONSUMO IMMEDIATO (ci) riguardo ai quali è possibile distinguere: - Fattori produttivi in cui è data riscontrare la tendenziale contestualità tra consumo e acquisizione del fattore, per cui è rara, per tali fattispecie, la possibilità di avere utilità acquisite e non ancora utilizzate (rimanenze). In tali casi, trattasi di fattori (materiali e non) denominati A CONSUMO IMMEDIATO EFFETTIVO; - Fattori produttivi non direttamente correlabili con l’atto di acquisizione, bensì con la sola disponibilità del fattore stesso. Il riferimento è a fattori A CONSUMO IMMEDIATO VIRTUALE, nel Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 senso che ad essere oggetto di consumo non è un bene, bensì la disponibilità che l’azienda ha assunto di un bene o di prestazioni lavorative. Anche per tali fattori il relativo utilizzo determina un trasferimento di utilità economiche nell’ambito di un’utilità complessa in cui convergono tutti i consumi di utilità economiche singole (prodotto finito). Il ragionamento risulta utile a meglio comprendere le modalità di formazione del risultato di periodo, in quanto fino a quando non si perviene al completamento del processo economico-produttivo (vendita), l’utilità economica ceduta da ogni fattore con l’uso rimane incorporata nel prodotto finito e quindi all’interno dell’azienda, con ciò confermando che l’utilizzazione definitiva di ogni fattore genera i propri effetti benefici con il completamento del ciclo economico-produttivo. 4. L’incidenza dei fattori produttivi a fecondità semplice immateriali a consumo immediato virtuale Nell’ambito dei fattori a consumo immediato, si individua una specie A CONSUMO IMMEDIATO VIRTUALE, in cui ad essere oggetto di consumo non è un bene materiale, bensì immateriale. L’acquisizione di tale fattore si fonda sulla presenza di contratti che, a fronte di accordi riferiti a periodi pluriennali o infrannuali, risultano ancorati, ai fini della effettiva disponibilità, al pagamento periodico del corrispettivo, favorendo quindi il sorgere di una distribuzione del consumo di utilità “correlato al trascorrere del tempo”. In effetti, l’utilizzo del bene locato o della prestazione lavorativa è direttamente correlato al trascorrere del tempo. Se il tempo trascorrerà senza effettivo impiego del fattore immateriale acquisito, l’utilità si intenderà ugualmente consumata. Finché la disponibilità di tali fattori si colloca all’interno di uno stesso intervallo di tempo (periodo amministrativo) non sorgeranno particolari problemi di attribuzione dei relativi consumi che risulteranno imputabili interamente al periodo stesso, senza generazione di specifiche rimanenze. Il ragionamento cambia allorquando le utilizzazioni dei fattori presi in disponibilità rivelassero uno sfasamento temporale tra periodo di disponibilità e periodo amministrativo. Ciò può avvenire in presenza di operazioni in cui la disponibilità acquisita risulti distribuita lungo due o più periodi consecutivi; come accade di frequente nei contratti di locazione con scadenze dei canoni tali da interessare due periodi amministrativi diversi. Il medesimo ragionamento effettuato per l’operazione di locazione può ripetersi ogni qualvolta si presenti per tali fattori uno sfasamento tra la manifestazione finanziaria (anticipata) rispetto alla maturazione economica che avviene in via direttamente proporzionale al tempo, interessando periodi differenti. In questi casi, la parte di utilità consumata rappresenta il costo di utilizzazione del fattore acquisito (cu), mentre la parte di fattore acquisito non ancora utilizzato costituirà il magazzino “virtuale” che la logica contabile denomina RISCONTO ATTIVO (ra). I RISCONTI ATTIVI derivano da operazioni che nel periodo hanno avuto la loro manifestazione finanziaria senza che si sia verificata la completa manifestazione economica corrispondente a quella. A fronte di un costo di acquisizione di una utilità (ca) si contrapporrà un valore residuo, rappresentano dal risconto attivo (ra), dalla cui differenza emergerà il relativo costo di utilizzazione: cu = ca – ra. Nella realtà operativa accade che alcune operazioni di gestione favoriscano la disponibilità di fattori produttivi, senza che sia ancora avvenuto il relativo scambio di acquisto. Il riferimento è alla possibilità di Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 disporre di un bene immobile in locazione, senza ancora aver pagato alcun canone, ovvero alla fruizione di un’opera lavorativa di un terzo, il cui pagamento avverrà posticipatamente. In tali casi, se da un lato, la mancanza dello scambio di acquisto preventivo determina l’assenza di variazioni dell’area patrimoniale finanziaria, da altro lato, è evidente che l’impresa ha la disponibilità di fattori che vengono consumati progressivamente con il trascorrere del tempo. Di tale consumo, che confluisce nell’utilità complessa prodotto finito unitamente agli altri consumi, occorrerà tener conto per un calcolo economico corretto. In relazione a ciò, emerge una sorta di debito presunto la cui regolazione avverrà, in un’unica soluzione, con il pagamento del debito complessivo che sorgerà solo alla fine del periodo annuale di locazione. Il debito presunto in questione si denomina RATEO PASSIVO. Esso rappresenta una sorta di debito presunto avente il compito di misurare il consumo attribuito al periodo amministrativo n secondo competenza economica (costo imputazione), ciò con riferimento ad operazioni che hanno avuto la loro manifestazione economica nel periodo, senza avere ancora avuto la corrispondente manifestazione finanziaria. Da qui la differenza tra ratei e risconti. Entrambe le grandezze, oltre a calcolarsi seguendo il medesimo criterio temporale, mirano a favorire l’individuazione della misura di utilità economica imputabile ad un dato periodo amministrativo. Del pari, in entrambi i casi, si riferiscono spesso ad acquisizioni di disponibilità dell’utilità derivante da beni di proprietà di terzi. Da ciò, la necessità di distinguere: - I RISCONTI ATTIVI, che sono utilità economiche di fattori immateriali a fecondità semplice acquisite mediante specifico scambio di acquisto, ma non ancora consumate; - I RATEI PASSIVI, che non sono utilità economiche, bensì misurano utilità economiche di fattori immateriali a fecondità semplice di cui si è avuta la disponibilità prima ancora dello scambio di acquisto; quindi la relativa variazione finanziaria, che ancora non si è avuta, si presume soltanto. La differenza principale attiene il fatto che, mentre i risconti attivi sorgono in seguito al mancato utilizzo di porzioni di fattori produttivi immateriali già acquisiti mediante specifico scambio di acquisto, i ratei passivi rappresentano il debito potenziale connesso a porzioni di fattori immateriali utilizzate, la cui disponibilità (e consumo) non hanno avuto il corrispondente scambio di acquisto. 5. L’incidenza dei fattori produttivi a fecondità ripetuta materiali e immateriali I fattori a fecondità ripetuta sono rappresentati da tutti quei beni di proprietà dell’azienda rappresentati da mezzi materiali quali fabbricati, macchinari, impianti, ecc, generalmente destinati ad uno strumentale o immateriali quali diritti di brevetto, marchi, concessioni, licenze. L’attitudine reiterativa di tali fattori tende a distribuire l’utilità economica posseduta attraverso plurimi utilizzi effettuati lungo intervalli temporali medio-lunghi. È per questo motivo che si parla anche di IMMOBILIZZAZIONI o di ATTIVITA’ FISSE. Anche per i fattori a fecondità ripetuta si rende necessario individuare la parte di utilità acquisita che in ogni singolo periodo amministrativo viene consumata con l’uso e la parte, invece, non ancora utilizzata che costituirà il valore residuo del bene. La determinazione di utilizzazioni e grandezze residue dei fattori a fecondità ripetuta richiede il ricorso a procedure volte a considerare una serie di variabili fisico-tecniche ed economico-finanziarie. Nello specifico si adotta la procedura dell’AMMORTAMENTO. Trattasi di procedura mediante la quale si procede all’individuazione dell’utilità consumata e, per via indiretta, alla determinazione del valore di rimanenza, anche se a rigore quest’ultima dovrebbe seguire un percorso differente. Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 Con la procedura di ammortamento si misura, in termini quantitativi, l’utilità economica che un fattore di lunga durata ha ceduto, in seguito al suo utilizzo, ai processi produttivi svolti durante il periodo amministrativo oggetto di osservazione. Mediante l’ammortamento si ripartisce l’utilità economica posseduta da ogni fattore produttivo a fecondità ripetuta lungo tutto il periodo di utilizzo. Il costo di utilizzazione (COSTO IMPUTAZIONE) di tali fattori si denomina QUOTA DI AMMORTAMENTO (Q), il cui calcolo implica una maggiore soggettività rispetto ad altre tipologie di fattori. Per il calcolo in questione, si ricorre a vari parametri variamente connessi alla durata fisica, all’uso specifico, al settore di attività, all’obsolescenza, alle politiche di manutenzione, alle politiche di rinnovo che nel loro insieme definiscono la DURATA ECONOMICA del fattore. Da un punto di vista applicativo, il calcolo della quota di ammortamento si opera rapportando il costo di acquisizione del fattore per la durata economica prevista: Q = Ca/ durata economica Anche per i fattori a fecondità ripetuta possono ripetersi le stesse considerazioni svolte per i fattori a fecondità semplice, ossia che i consumi periodici connessi all’utilizzazione dei fattori in parola determinano il trasferimento UTILITA’ SINGOLE  UTILITA’ COMPLESSA. Gli stessi utilizzi/consumi via via individuati possono non attribuirsi definitivamente ad un dato periodo amministrativo poiché le utilità possono risultare trasferite ed incorporate in un prodotto ancora in corso di lavorazione ovvero in un prodotto finito non ancora venduto. Quanto appena affermato per i fattori materiali, vale anche per i fattori immateriali che a loro volta possono ricondursi tanto a beni consistenti in diritti, quando ad investimenti in attività di marketing, di ricerca e sviluppo, di organizzazione del personale. Trattasi di mezzi immateriali strettamente legati all’esistenza dell’impresa, che cedono utilità proprio grazie alla loro interdipendenza e complementarità con gli altri fattori e globalmente con l’entità aziendale. 6. Utilità economiche singole, composte e complesse. Utilizzi tecnici ed economici Le utilità economiche possedute dai vari fattori, mediante il relativo utilizzo combinato, permettono all’impresa di pervenire all’obiettivo operativo di ottenimento del prodotto finito da offrire sul mercato al fine di completare il processo economico-produttivo con la relativa vendita. Per un efficace esame della dinamica gestionale, ciò che merita di essere posto in rilievo è proprio l’utilizzo combinato dei vari fattori, dal quale scaturisce un processo in cui, attraverso l’atto produttivo le utilità economiche possedute dai vari fattori tendono a comporsi confluendo in un’unità utilità composta fino a giungere all’ottenimento dell’utilità complessa da porre sul mercato per la vendita. Tale processo appare più agevole da individuare nelle imprese in cui si opera una trasformazione di fattori grezzi in fattori finiti. La presenza di un processo di lavorazione fondato su una sequenza di atti tecnico- produttivi genera altrettanti stadi di lavorazione attraverso cui passano le singole utilità che divengono prima utilità composte (semilavorati e prodotti in corso di lavorazione) e infine utilità complesse (prodotti finiti). I vari stadi di lavorazione scandiscono un percorso di tipo input/output in cui è possibile riscontrare un progressivo trasferimento di utilità economiche singole che combinate ad altre utilità singole, via via passano dai fattori grezzi in fattori composti, i quali a loro volta con ulteriori lavorazioni che implicano la combinazione con altre utilità economiche cedute da altri fattori a fecondità semplice e ripetuta. Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 I vari utilizzi generano utilità economiche che, sebbene già impiegate sul piano tecnico, sotto il profilo economico risultano ancora incorporate in utilità complesse e composte che solo con la vendita favoriranno il definitivo utilizzo in senso economico, in termini di conseguimento di ricchezza. In relazione a ciò, sorge il problema di valorizzare le combinazioni di utilità nei diversi gradi di lavorazione, in quanto è evidente che i trattamenti lavorativi progressivamente operati sulle materie prime consentono di combinare tante singole utilità semplici, onde pervenire alle utilità complesse che incorporano tutte le utilità consumate per il loro ottenimento. Ne discende l’esigenza di calcolo di un consumo globale, che può denominarsi COSTO DI UTILIZZAZIONE GLOBALE (Cut), che prenda in considerazione tutti gli utilizzi connessi ad altri fattori che contribuiscono tecnicamente al processo di fabbricazione. Tale calcolo discende dalla separazione dai costi di acquisizione globali dei vari fattori, sia dalla parte non ancora utilizzata rimasta nella forma grezza (rimanenze in forma grezza), sia dalla parte che, sebbene utilizzata, abbia solo trasferito singole utilità in utilità composte o complesse, presenti in azienda in quanto non vendute (rimanenze di magazzino in forma lavorata). Nel loro insieme le rimanenze di magazzino in forma grezza (Rag) e le rimanenze di magazzino in forma lavorata (Ral) costituiscono le RIMANENZE ATTIVE FINALI DI MAGAZZINO: Raf = Rag + Ral. È possibile ora sintetizzare quali possono essere le varie possibili condizioni, alla chiusura del periodo amministrativo, di una singola utilità acquisita dall’impresa e cioè: - “assenza di utilizzo”, quando in presenza di residui rappresentati da mezzi ancora da utilizzare, ossia da rimanenze della zona patrimoniale economica del patrimonio di funzionamento; - “utilizzazione tecnica” (trasferimento dell’utilità economica), tipica dei processi di lavorazione industriale che determinano il trasferimento congiunto dell’utilità semplice incorporata nei singoli fattori in un’utilità complessa non ancora realizzata sul piano della completa rotazione economico- finanziario e, quindi, costitutiva di un mezzo ancora da utilizzare della zona patrimoniale economica dell’impresa in funzionamento; - “utilizzazione economica”, nel senso che l’utilità posseduta dal singolo fattore non solo è stata ceduta tecnicamente all’utilità complessa (prodotto finito), bensì risulta definitivamente realizzata sul piano della rotazione economico finanziaria a seguito della collocazione sul mercato (vendita prodotti finiti). 7. Le correlazioni consumi/benefici Le vendite alimentano la produzione di ricchezza che il processo produttivo deve essere in grado di generare per il raggiungimento delle finalità aziendali. L’espressione economica delle vendite è rappresentata dai RICAVI delle vendite o delle prestazioni di servizi (R) che costituiscono l’aspetto economico dello scambio di vendita misurato dalla connessa variazione finanziaria. Rappresentando il riflesso della fase conclusiva del processo produttivo aziendale il beneficio derivante dalla vendita dovrà confrontarsi con i consumi dei fattori che hanno concorso all’ottenimento e vendita del bene. Si badi bene che il confronto deve essere limitato ai soli consumi e non anche al totale delle acquisizioni. Ai fini di un corretto calcolo del risultato economico di periodo è necessario rispettare questo principio di correlazione tra benefici e consumi (ricavi e costi), considerando che i benefici derivanti dalla vendita del prodotto discendono proprio dal fatto che l’impresa ha acquisito, impiegato e consumato dei fattori produttivi, senza i quali l’ottenimento del prodotto o del servizio non apparirebbero possibili. Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 Mentre nelle imprese industriali e mercantili la dinamica gestionale muove dagli acquisti e relative utilizzazioni (costi) per giungere alla generazione di ricchezza sotto forma dei correlati benefici (ricavi), in altre tipologie di impresa si determinano cicli produttivi in cui la gestione corrente denota la continua e regolare anticipazione dei benefici rispetto agli utilizzi, con conseguente anticipo dei ricavi rispetto ai correlati costi. Alcuni esempi produttivi: - Nelle imprese assicuratrici, i ricavi (premi di polizza) precedono i consumi connessi al risarcimento dei danni e alle attività connesse; - Nelle imprese editoriali i ricavi derivanti dagli abbonamenti precedono i consumi connessi all’effettiva produzione dei prodotti editoriali; - Per alcune imprese di servizi, in cui la vendita anticipata di pacchetti di servizi (ricavi) precede lo svolgimento del servizio (viaggio). Alla fine di un dato periodo amministrativo, se la gestione è caratterizzata dalla presenza di tali operazioni, sorgerà una duplice esigenza: - Da un lato, individuare la parte di beneficio che può correttamente considerarsi definitivamente maturato e attribuito all’esercizio in chiusura; - Da altro lato, considerare come a livello patrimoniale, la zona economica non considera una sorta di vincolo a cui soggiaceranno alcuni fattori la cui utilità economica dovrà destinarsi ai fini della produzione di beni/servizi già venduti. Nello specifico il ricavo di vendita conseguito (V) dovrà essere economicamente depurato della parte non ancora maturata che si denomina RIMANENZA PASSIVA (Rp) e che indica un ricavo che, ancorché finanziariamente già incassato, compete economicamente ad un periodo amministrativo futuro. Nel momento in cui tali ricavi anticipati si maturassero in diretta proporzione al tempo saremmo in presenza di fenomeni analoghi ai risconti attivi. In tali casi si parlerà di RISCONTI PASSIVI (rp), ossia di rimanenze relative ad operazioni generatrici di ricavi già manifestati sul piano finanziario, ma non ancora sul piano economico. Capitolo 6  Le sintesi periodiche 1. Premessa Le grandezze fondamentali che caratterizzano l’economia dell’impresa sono capitale e reddito. Tali grandezze risultano periodicamente trasposte, sotto forma di informazione quantitativa, nelle seguenti rappresentazioni: - RISULTATO ECONOMICO DI PERIODO (reddito): facendo riferimento ad un dato periodo amministrativo, confronta i consumi dei vari fattori produttivi con i benefici correlati a tali consumi. Tale confronto viene rappresentato in una tavola denominata STRUTTURA DEL RISULTATO ECONOMICO DI PERIODO; - STRUTTURA PATRIMONIALE: si pone a monte (1/1/n) e a valle (31/12/n) di ogni singolo periodo amministrativo, ovviamente con rispettive composizioni patrimoniali. 2. Il quadro di sintesi del risultato economico di periodo La fase conclusiva della vendita segna il ritorno alla forma finanziaria degli elementi economici consumati. Invece, nel momento in cui un mezzo acquisito risultasse utilizzato solo parzialmente, esso continuerà a Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 mantenere la propria connotazione economica. Alla fine di ogni processo produttivo il patrimonio di funzionamento dell’impresa risulterà modificato rispetto alla fase di partenza nel senso che alcuni mezzi aziendali avranno già svolto la loro funzione cedendo l’utilità incorporata e contribuendo al relativo incremento, denominato UTILE. Tale utile determina, nella sezione delle fonti, l’incremento del patrimonio netto che risulta ora costituito, oltre che dal capitale di apporto, proprio dall’incremento in questione. Nella sezione dei mezzi, il completamento del ciclo completa la rotazione con il ritorno sotto l’originaria forma finanziaria dei mezzi stessi. Questi si uniscono sia ad eventuali altre risorse finanziarie non ancora utilizzate, sia ad altri mezzi economici che non hanno ancora svolto totalmente la loro funzione, incorporando utilità residua da cedere. STRUTTURA DEL RISULTATO ECONOMICO DI PERIODO: Produzione effettuata (primo esercizio): - CONSUMI: Cu, cu, ci, cs, Q; - BENEFICI: R (benefici di vendita/ricavi di competenza: ricavi conseguiti – rimanenze finali passive); Rafl (benefici di produzione: rimanenze finali di lavorazioni in corso e prodotti finiti). Come desumibile dal prospetto, nella sezione dei componenti positivi, compaiono i benefici complessivi. Più precisamente, la struttura in questione, dal lato dei consumi, indica i consumi totali della produzione complessivamente effettuata che, alla fine del periodo, avrà generato ricavi di vendita (benefici espressivi della conclusione del processo produttivo) oppure benefici di produzione (rappresentati da produzioni in corso di lavorazione e prodotti finiti). Quindi, rappresentando le componenti secondo una diversa modalità, si avrà: ACQUISIZIONI FATTORI PRODUTTIVI A FECONDITA’ SEMPLICE (Ca+ca+ci+cs) – RIMANENZE FATTORI (IN FORMA GREZZA) (Rag e ri) = COSTO DI UTILIZZAZIONE FATT. PROD. A FECONDITA’ SEMPLICE (Cu+cu+ci+cs) + QUOTE DI AMMORTAMENTO (Q) = COSTO DI UTILIZZAZIONE LORDO (Cutl). Tale modo di procedere pone in evidenza i consumi/utilizzazioni totali (Cutl) correlabili con tutti i benefici (di vendita e di produzione: Rt). Quindi è evidente come nell’ambito della complessiva Produzione ottenuta in un dato periodo sia possibile distinguere: - La parte della produzione effettuata che è stata venduta: PRODUZIONE VENDUTA (connessa alla vendita di prodotti finiti e merci); - La parte della PRODUZIONE EFFETTUATA NON ANCORA VENDUTA (semilavorati, prodotti finiti, merci acquistate non ancora vendute). Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 Laddove si volesse operare il confronto in termini di consumi/utilizzazioni avvenute per ottenere i soli benefici di vendita (produzione venduta), lo schema dovrebbe così reimpostarsi: STRUTTURA DEL RISULTATO ECONOMICO DI PERIODO: PRODUZIONE VENDUTA (primo esercizio): - CONSUMI: Cu+cu+ci+cs+Q – Rafl (benefici di produzione: utilità non ancora definitivamente utilizzate quali lavorazioni in corso e prodotto finiti); - BENEFICI: R (benefici di vendita/ricavi di competenza: ricavi conseguiti – rimanenze finali passive). Il che equivale a dire: COSTO DI UTILIZZAZIONE LORDO (Cutl) – RIMANENZE FATTORI (IN FORMA SEMILAVORATA O FINITA) (Ral) = COSTO DI UTILIZZAZIONE NETTO GLOBALE (Cut) Quindi: Cut = (Cu+cu+ci+cs+Q) – Raf Cut = Consumi – Raf = Consumo economico connesso alle vendite In definitiva, nella grandezza (Cut) convergono tutti i consumi di fattori produttivi materiali e immateriali, sia a fecondità semplice sia ripetuta (Cu, cu, ci, cs, Q) i quali, risultando già al netto dei relativi fattori grezzi non ancora utilizzati (Rag e ri), sconteranno anche quella parte di utilità da essi ceduta, ma ancora incorporata in elementi non ancora venduti che rappresentano delle rimanenze (semilavorati, prodotti in corso di lavorazione e prodotto finiti – Ral). Dal lato dei benefici rimarranno i soli benefici di vendita (R). Il percorso illustrato può anche essere riproposto da una prospettiva differente: data una dotazione totale iniziale di fattori a fecondità ripetuta e semplice, materiali e immateriali, le utilità economiche derivanti dalla stessa dotazione risulteranno in parte ancora incorporate in beni grezzi o intermedi (nel complesso Raf) e nelle utilità residue dei fattori a fecondità ripetuta. Se: DOTAZIONE TOTALE FPFS FPFR – RIMANENZE MATERIALI GREZZE (Rag) – RIMANENZE VIRTUALI (Ri) – RIMANENZE LAVORATE (RAL) – RESIDUE UTILITA’ FPFR = Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 COSTO DI UTILIZZAZIONE NETTO GLOBALE (CUT). Seguendo tale prospettiva, il confronto tra dotazione totale e rimanenze finali attiene, da un lato, la sommatoria dei costi di acquisizione relativi a tutti i fattori tecnici, materiali e immateriali a fecondità semplice e ripetuta e, da altro lato, la rimanenza finale in termini di sommatoria delle varie tipologie di rimanenze di magazzino e di risconti attivi, oltre le utilità residue di fattori a fecondità ripetuta. Al di là delle differenti modalità di rappresentazione del risultato economico di periodo è chiaro che, dal confronto tra consumi da utilizzazione (costi dell’esercizio) e benefici conseguiti (ricavi dell’esercizio), scaturisce il risultato economico che potrà assumere: - SEGNO POSITIVO  se : Cut < R (Cutl < Rt); - SEGNO NEGATIVO  se : Cut > R (Cutl > Rt). Al risultato economico di periodo si attribuiscono espressioni derivanti dalla terminologia contabile, poiché il risultato positivo viene anche denominato UTILE DI ESERCIZIO (Ue), il risultato negativo PERDITA DI ESERCIZIO (Pe): Ue = Cut < R = Cutl < Rt Pe = Cut > R = Cutl > Rt Dal lato dei consumi, deve considerarsi un ulteriore elemento connesso al servizio pubblico che lo Stato dovrebbe garantire alle aziende ed ai cittadini tutti della collettività che si concreta nell’ordine giuridico, nella sicurezza, nella viabilità. Tale servizio pubblico comporta un prelievo da parte dello Stato, in termini di “imposte e tasse” (t) che sono generative di un costo. Ciò ricordato, per lo schema reddituale generale avremo: Ue = R – [(Cu+cu+ci+cs+Q – Ral) + t] Ovvero: Cut + t + Ue = R Che equivale a dire: Ue = R – (Cut + t) Cut = costo di utilizzazione netto globale Cu = costo utilizzazione fattori produttivi a fecondità semplice materiali cu = costo utilizzazione fatt. prod. A fecondità semplice immateriali ci = costi utilizzazione fattori a consumo immediato cs = costi a manifestazione finanziaria futura Q = utilizzazioni fattori produttivi non tecnici a fecondità ripetuta t = imposte e tasse R = Ricavi di competenza (V – Rp). Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 Il risultato economico così determinato (utile o perdita) è esso stesso grandezza del patrimonio, in quanto esprime il valore di sintesi differenziale (incrementativo o decrementativo) scaturito dagli effetti che la dinamica gestionale riflette sui mezzi aziendali e sulle fonti di terzi (A e P). In linea di principio, dopo il primo esercizio annuale di attività la dotazione aziendale dovrà tendenzialmente rinnovarsi solo per l’area circolante, in quanto la struttura permanente è ancora presente e suscettibile di cedere ancora utilità economica alla combinazione produttiva. Quindi, mentre per i fattori produttivi a fecondità ripetuta si continueranno a calcolare regolarmente i relativi costi di utilizzazione (Q), per i fattori a fecondità semplice il ragionamento cambia avendo riguardo alle tipologie generative di rimanenze. Nello specifico i costi di utilizzazione dei fattori produttivi a fecondità semplice generativi di rimanenze deriveranno dalla sommatoria dotazione iniziale + nuove acquisizioni fattori – rimanenze finali. La dotazione iniziale di ogni periodo sarà data dalla rimanenza finale del periodo precedente (che diviene dotazione iniziale del periodo successivo, ossia RIMANENZA ATTIVA INIZIALE). Analoga situazione si riscontra per i fattori a fecondità semplice immateriali che generando risconti attivi alla fine di ogni esercizio, comportano la presenza, all’inizio dell’esercizio successivo, di RISCONTI ATTIVI INIZIALI. Volendo schematizzare la struttura completa del risultato economico di un periodo diverso dal primo, si avrà: STRUTTURA DEL RISULTATO ECONOMICO DI PERIODO: PRODUZIONE VENDUTA (successivo al primo): - CONSUMI: Rail (benefici di produzione derivanti dal precedente esercizio) +Cu+cu+ci+cs+Q+t – Rafl (benefici di produzione); - BENEFICI: R (benefici di vendita/ricavi di competenza) Da ciò discende che il costo di utilizzazione di un periodo successivo al primo scaturisce dal seguente calcolo: Cut = (Ril + Cu + cu + ci + cs + Q – Rafl) + t Quindi: Ue = R – [(Rail + Cu + cu + ci + cs + Q – Rafl) + t] Ovvero: Ue = R – (Cut + t) Il risultato economico di periodo (utile o perdita) discendente dalla gestione potrà essere normalizzato, laddove necessario, in termini di omogeneizzazione dei valori, in seguito ad eventuali variazioni del potere d’acquisto della moneta. Del pari, si potrà anche procedere ad una verifica di congruità dell’eventuale eccedenza, al fine di effettuare il necessario monitoraggio dell’andamento gestionale: - il risultato dell’esercizio totale è una grandezza che può considerarsi compiuta ed oggettiva; Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 - il risultato dell’esercizio periodico deriva in gran parte da valutazioni e stime soggette a discrezionalità, con la conseguenza che l’attendibilità del risultato economico risulterà inversamente proporzionale al peso di tali valutazioni. 3. La struttura del patrimonio di funzionamento L’altra fondamentale grandezza di sintesi che le determinazioni periodiche devono rappresentate è la STRUTTURA PATRIMONIALE, la quale fornisce la rappresentazione del patrimonio aziendale, sia in termini di fattori produttivi utili allo svolgimento dei processi produttivi, sia dai relativi vincoli che l’impresa ha posto in essere nei confronti di soggetti terzi e avendo riguardo alla proprietà. Alla fine di un periodo amministrativo è normale riscontrare situazioni del seguente tipo: STRUTTURA DEL PATRIMONIO (Af + Ae = N0): - MEZZI (A)  Struttura permanente: ZONA ECONOMICA (fattori a fecondità ripetuta); Struttura circolante: ZONA ECONOMICA (fattori a fecondità semplice) + ZONA FINANZIARIA (crediti commerciali, crediti verso banche, denaro e titoli rappresentativi); - FONTI DEI MEZZI (N+P)  FONTI PROPRIE (capitale di apporto, utile di esercizio o perdita) + FONTI DI TERZI (debiti di finanziamento e di funzionamento). Sembrerebbe porsi una sorta di priorità del patrimonio rispetto al reddito, nel senso di considerare il risultato di periodo un semplice effetto delle variazioni del patrimonio, ossia: beni economici  capitale  variazioni  risultati periodici (reddito) Se ciò, da un lato, appare logico, in quanto i risultati economici di periodo possono identificarsi quale variazione che il capitale di un’impresa subisce in conseguenza della gestione, dall’altro, si rendono necessarie delle precisazioni. Le operazioni gestionali, oltre a dare vita al patrimonio, ne comportano le continue mutazioni. È evidente che tali operazioni sono rese possibili dalla presenza di un patrimonio iniziale in mancanza del quale un’impresa non potrebbe in concreto istituirsi. Ricordato che le operazioni di gestione non possono prescindere dalle modalità secondo cui il patrimonio è organizzato e governato dalla componente personale, il valore dello stesso tenderà a crescere se le performance aziendali saranno positive, a diminuire in presenza di risultati negativi. Secondo tale visione, che identifica la stretta interdipendenza tra le due grandezze, assume centralità la gestione, ossia il “sistema delle operazioni aziendali” che favorisce il combinato utilizzo dei beni economici ai fini dello svolgimento del processo produttivo: - Il patrimonio costituisce l’inevitabile presupposto che sin dalla fase istitutiva deve caratterizzare un’impresa; - I risultati economici, da un lato, costituiscono l’espressione dei movimenti del patrimonio, da altro lato, determinano l’indispensabile valorizzazione di quest’ultimo. In tale senso, assume deciso rilievo l’assunto secondo cui il capitale deriverebbe dal reddito; il valore del capitale, tendendo a coincidere con il valore capitalizzato dei redditi futuri, trova origine nel reddito. I risultati di periodo pongono in luce il divenire del capitale per effetto della gestione, esprimendo il flusso di valori (reddito) accertato nell’intervallo temporale delimitato da due successive determinazioni del valore capitale. Per tale motivo, nella sua essenza il patrimonio di funzionamento rappresenta utilizzazioni future e Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 remunerazioni relative a utilizzazioni future, mentre il reddito rappresenta il risultato di una comparazione tra utilizzazioni avvenute e remunerazioni correlative a quelle utilizzazioni. 4. Le correlazioni tra risultati economici di periodo e patrimonio di funzionamento Ai fini della rappresentazione dell’andamento gestionale periodico di impresa, si combinano, in stretta interconnessione, vari processi valutativi rivolti: - Ad individuare la corretta correlazione tra utilità consumate e ricchezza prodotta nel periodo considerato; - A rendere razionale l’attribuzione di valori alle utilità residue ancora da utilizzare per lo svolgimento della combinazione produttiva. Ne consegue che ogni incremento o decremento della dotazione patrimoniale dell’impresa deriva dall’intreccio di due processi correlati, in cui la determinazione del risultato di periodo definisce la misura dell’incremento/decremento del capitale, capitale che a sua volta costituisce il riferimento sul quale fondare i calcoli di determinazione del reddito. In definitiva, reddito di esercizio e capitale di funzionamento derivano da determinazioni interconnesse, poiché un’attribuzione periodica di ricchezza (reddito di esercizio) che si possa considerare economicamente razionale non può non tenere conto dell’integrità economica del capitale. In presenza di andamenti gestionali negativi, il riscontro di risultati negativi (Cut > R) se prolungato nel tempo genererà situazioni che possono azzerare il capitale proprio. Tali casi possono rappresentarsi con la seguente equazione che evidenzia uno stato di evidente squilibrio aziendale, frutto di risultati economici di periodo negativi, i cui mezzi risultano riconducibili solo a fonti di terzi: A = P. A maggior ragione, laddove gli andamenti gestionali negativi intaccassero anche le fonti di terzi, emergerebbe una situazione deficitaria che integra normalmente i presupposti delle liquidazioni forzate mediante specifiche procedure concorsuali regolate dalla legge: A+D=P Ove: A = attività patrimoniali; P = passività patrimoniali e D = deficit o perdita. Il calcolo stimato del consumo dei fattori da correlare alla ricchezza realizzata deve fondarsi sull’esigenza di mantenimento dell’integrità economico-finanziaria del capitale, in termini di capacità della combinazione produttiva di favorire l’invarianza del valore del capitale mediante l’effetto reintegrativo generato dalla ricchezza realizzata (ricavi). Ne consegue la necessità di tener conto delle seguenti problematiche: - Possibili variazioni dei prezzi di scambio dei fattori e del potere di acquisto della moneta; - Valore d’uso del fattore produttivo collocato in via complementare nell’ambito del più ampio sistema aziendale. Ai fini della rappresentazione gestionale periodica d’impresa, si combinano due processi di misurazione/valutazione interconnessi: - Rapporto di stretta correlazione tra utilità consumate e ricchezza prodotta nel periodo amministrativo considerato; - Valore attribuibile alle utilità residue ancora da utilizzare ai fini dello svolgimento della combinazione produttiva. Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 Capitolo 7  Economicità aziendale e creazione del valore 1. Le condizioni di esistenza dell’impresa Le aziende di produzione (imprese) sono sistemi complessi volti allo svolgimento di un’attività produttiva al fine della creazione di valore. È evidente che la creazione di valore diviene finalità preminente dell’impresa, in quanto necessaria, nel medio-lungo termine, sia a garantire l’assolvimento della funzione di produzione di beni e servizi atti a soddisfare i bisogni del mercato e dei consumatori in genere, sia ad assicurare la generazione della ricchezza rimuneratrice della componente personale tutta. Tale considerazione consente di distinguere una “finalità naturale o originante” (soddisfacimento dei bisogni) da una “finalità istituzionale” (creazione del valore). In stretta connessione, la PERDURABILITA’ dell’azienda nel tempo, identificata quale caratteristica implicita per il perseguimento delle finalità aziendali si esplicita nella continuità dell’azienda, rappresentando l’obiettivo funzionale dell’impresa posto in relazione circolare con la condizione di ECONOMICITA’. Essa si concreta nella capacità dell’azienda di produrre ricchezza in misura adeguata ai fattori produttivi impiegati e nell’equa distribuzione della ricchezza in parola tra i fattori che, a vario titolo, hanno concorso alla sua produzione. Quindi, se da un lato l’azienda può considerarsi strumento per il perseguimento di fini personali degli individui, da altro lato, vive e si sviluppa in funzione di fini e obiettivi di istituto che solo indirettamente favoriscono gli scopi individuali. Nel momento in cui obiettivo istituzionale è il funzionamento nel tempo, si deve conseguentemente parlare di capacità dell’azienda di operare nel contesto economico di appartenenza, garantendosi la sopravvivenza e poi lo sviluppo. Quindi, l’obiettivo di sopravvivenza può meglio essere considerato quale fase propedeutica ad una successiva fase di sviluppo, rappresentando un primo obiettivo dell’azienda nel senso di ricerca di una propria dimensione, in termini di adeguato posizionamento sul mercato. 2. L’economicità aziendale La continuità nel tempo del sistema aziendale richiede la capacità costante nel tempo di pervenire al raggiungimento delle condizioni atte a favorire ciò, configurabile sinteticamente nella capacità aziendale di produzione ed equa distribuzione della ricchezza. Al centro di tale capacità, si pone il concetto di efficienza che, a sua volta, trova nel principio economico del minimo mezzo il riferimento essenziale. Tale principio coniuga le dimensioni fondamentali dell’azione economica, in termini di efficacia ed efficienza. L’efficienza costituisce la regola volta ad orientare l’attività produttiva, nella consapevolezza che essa rappresenta, non solo una legge economica, ma anche una legge morale, poiché rivolta ad evitare lo spreco di risorse. Comportamenti amministrativamente razionali richiedono che la struttura aziendale e la conseguente gestione debbano essere funzionali al raggiungimento della condizione/obiettivo di economicità. Essa può essere analizzata sotto vari profili: - Profilo economico - Profilo tecnico-produttivo. Il PROFILO ECONOMICO si compone di tre equilibri interrelati tra loro: equilibrio economico, equilibrio patrimoniale, equilibrio finanziario. Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 Un’impresa si dice in EQUILIBRIO ECONOMICO nel momento in cui attraverso la propria attività produttiva riesce ad ottenere risultati economici in grado di remunerare costantemente e congruamente le utilizzazioni dei fattori necessari allo svolgimento del processo produttivo, compresi gli elementi per i quali l’azienda non ha direttamente sostenuto un impiego di ricchezza, in termini di potere di acquisto. Connesso con il concetto di equilibrio economico risulta l’EQUILIBRIO MONETARIO-FINANZIARIO, a livello di struttura patrimoniale finanziaria e sincronica correlazione tra entrate e uscite monetarie e variazioni finanziarie che misurano i riflessi economici delle operazioni gestionali. Il giudizio inerente l’economicità dell’azienda non può non tener conto anche dello svolgimento efficiente della combinazione produttiva (PROFILO TECNICO-PRODUTTIVO) attraverso un adeguato assetto organizzativo dell’impresa e un conseguente rendimento fisico-tecnico dei diversi fattori. Si tratta di rendimenti connessi con rapporti quantitativi non monetari, espressi dalla relazione tra quantità fisica del prodotto ottenuto in un dato tempo e quantità impiegata di un dato fattore (produttività) i quali devono valutarsi nell’ottica dell’intero complesso aziendale. L’esigenza per l’impresa di perseguire la condizione/obiettivo di economicità, ponendosi alla base dell’esistenza di qualsiasi azienda, seppur con precipue specifiche peculiarità, trova nella correttezza del processo di formazione della ricchezza e nella conseguente equa distribuzione la sua essenza. 3. Vantaggio competitivo, strategie aziendali e valore economico Il massimo risultato possibile ottenibile deve conseguirsi nel rispetto di quei principi fondamentali a cui l’azienda deve rispondere: - Continuità, intesa come attitudine a durare nel tempo, pur operando in un ambiente mutevole; - Autonomia, ovvero capacità dell’impresa di essere interlocutore diretto degli altri portatori di interessi senza interventi di sostegno; - Economicità o equilibrio economico durevole, condizione necessaria per la sopravvivenza e l’autonomia dell’impresa consistente nel raggiungimento e mantenimento nel tempo di un adeguato equilibrio tra costi sostenuti e ricavi percepiti mediante l’offerta di beni e servizi. Il valore economico può identificarsi con la somma dei redditi futuri attesi, ponderati in funzione del tempo e del loro grado di incertezza. In questa determinazione si esprime la capacità dell’impresa di contemperare gli obiettivi di breve con quelli di lungo periodo. VANTAGGIO COMPETITIVO Emerge l’importanza che lo svolgimento di una qualsiasi attività aziendale possa fondarsi sulla presenza di un VANTAGGIO COMPETITIVO, inteso come capacità dell’azienda di sviluppare e sostenere nel lungo termine competenze distintive in grado di generare un differenziale che possa essere percepito positivamente dal mercato in cui opera. La definizione in oggetto pone l’accento sulla sostenibilità dello stesso nel tempo. Essa risiede nella capacità dell’azienda di resistere agli effettivi erosivi prodotti dal comportamento della concorrenza. Ciò è possibile solo se le singole attività aziendali strategicamente rilevanti siano svolte come se fossero sub-sistemi in stretta relazione tra loro e facenti parte di un sistema più ampio, quale l’azienda. L’identificazione delle stesse e del modo come queste partecipano alla formazione del valore, può avvenire attraverso lo strumento della catena del valore. STRATEGIE AZIENDALI Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 Dall’inquadramento appena operato risultano evidenti le strette relazioni esistenti tra strategie aziendali, azione manageriale, economicità e creazione di valore. In effetti, la capacità dell’impresa di creare valore trova radice nelle politiche aziendali e nelle relative strategie di impresa poste in essere dal soggetto economico attraverso l’azione manageriale. Sulla base di un disegno unitario complessivo, gli organi di governo aziendale formulano un sistema di strategie interne ed esterne: - Strategie interne, riguardanti l’assetto strutturale che si esprimono in termini di strategie organizzative, strategie delle risorse materiali e immateriali dell’impresa, strategie operative e direzionali; - Strategie esterne: strategie di business, strategie multi-business, strategie finanziarie, strategie sociali. La realizzazione delle strategie in questione deve operarsi mediante il ricorso a strutture organizzative funzionali e attraverso lo svolgimento di azioni/operazioni efficaci ed efficienti che permettano all’impresa di operare in condizioni di adeguato funzionamento (economicità). Capitolo 8  Efficienza gestionale ed equilibri aziendali 1. La dimensione temporale dei cicli produttivi dell’impresa Si è già segnalato il rilievo assunto dal carattere temporale della dimensione economica d’impresa, poiché è solo nel tempo che l’impresa può esplicare la propria funzione economica di produzione di ricchezza. In effetti, la dimensione temporale permea il complesso fenomeno economico in tutti i suoi aspetti, caratterizzando, a vario livello, la natura sistemica dell’impresa che opera in un contesto dinamico e complesso. Nell’ambito del generale processo gestionale di funzionamento, è possibile individuare diversi sub-cicli e relative caratterizzazioni temporali (duration) e cioè: - ciclo gestionale economico-produttivo - ciclo gestionale tecnico-produttivo - ciclo gestionale finanziario - ciclo gestionale monetario. CICLO GESTIONALE ECONOMICO-PRODUTTIVO Il ciclo gestionale economico-produttivo abbraccia tutte le fasi del processo produttivo generale in quanto, partendo dalle operazioni di acquisto dei fattori produttivi (scambi esterni) passa per le operazioni di gestione interna (scambi interni) per giungere agli scambi di vendita dei prodotti finiti/merci/prestazioni di servizi che segnano la conclusione del ciclo stesso. CICLO GESTIONALE DI TRASFORMAZIONE Esso considera l’intervallo temporale intercorrente tra il momento in cui i fattori produttivi sono disponibili dando seguito alla loro combinazione ed utilizzo, fino al momento conclusivo di ottenimento dei prodotti finiti. CICLO GESTIONALE FINANZIARIO Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 Rappresenta l’intervallo temporale che intercorre tra la variazione finanziaria (di debito) connessa alle operazioni di acquisizione dei fattori e la variazione finanziaria (di credito) discendente dalle operazioni di vendita di prodotti finiti/merci/prestazioni di servizi. CICLO GESTIONALE MONETARIO Esso osserva le uscite di mezzi monetari conseguenti al regolamento dell’acquisto dei fattori, nonché le entrate di mezzi monetari relative alla riscossione dei ricavi di vendita di beni o di servizi. 2. Le dimensioni quantitative dell’efficienza economica 2.1. L’equilibrio economico tra consumi e produzione di ricchezza L’efficienza economica si compone di tre equilibri interrelati: equilibrio economico, patrimoniale e finanziario. L’equilibrio economico focalizza la sua attenzione sulla capacità del sistema aziendale di generare ricchezza attraverso l’attività produttiva. Esso considera il processo produttivo nella sua interezza osservando i riflessi strettamente economici di consumo/beneficio. L’equilibrio economico, fondandosi sulla capacità di produrre durevolmente ricchezza, rappresenta il fattore fondamentale dell’economicità; esso tende a coincidere con questa, laddove risultino presenti determinate caratteristiche della grandezza stessa. Esso si esprime mediante la capacità dell’impresa di remunerare (reintegrare) costantemente tutti i fattori impiegati nell’attività dell’impresa, compresi i fattori con riflesso figurativo. Un’impresa può considerarsi in equilibrio economico nel momento in cui attraverso la propria attività economico-produttiva riesce ad ottenere risultati economici in grado di reintegrare, non solo le utilizzazioni dei fattori acquisiti in dotazione dall’esterno, ma anche quei fattori che risultano conferiti all’impresa da parte dei proprietari sotto forma di denaro stesso, ovvero di opera imprenditoriale. L’equilibrio economico può intendersi perseguito laddove l’attività gestionale riveli l’attitudine a produrre periodicamente un flusso di ricchezza tale da favorire la copertura di tutte le utilizzazioni dei fattori necessari per lo svolgimento dell’attività produttiva, compresi gli interessi sul capitale di rischio ed il salario direzionale, oltre il rischio di impresa (ONERI FIGURATIVI). CONSUMI FATTORI PRODUTTIVI A FECONDITA’ SEMPLICE (fattori tecnici materiali e non; fattore lavoro; risorse finanziarie: interessi su capitale di terzi) + CONSUMI FATTORI A FECONDITA’ RIPETUTA (fattori tecnici materiali e non) + CONSUMI A RIFLESSO FIGURATIVO (risorse finanziarie capitale di apporto: interessi di computo; opera imprenditoriale: salario direzionale) Quindi CONSUMI FATTORI A FECONDITA’ SEMPLICE + CONSUMI FATTORI A FECONDITA’ RIPETUTA + CONSUMI A RIFLESSO FIGURATIVO = UTILITA’ COMPLESSE Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 Dal confronto tra componenti connessi alle utilizzazioni dei fattori impiegati e componenti di ricchezza correlata deve emergere non una semplice eccedenza di questi ultimi sui primi, dovendosi trattare di una eccedenza di misura tale da remunerare anche quei consumi inerenti la disponibilità dei capitali conferiti dai soci (interessi di computo) e l’eventuale opera imprenditoriale prestata dal proprietario (salario direzionale). Solo nel momento in cui l’incremento periodico (utile) rivelasse i caratteri appena richiamati, si sarà in presenza di un RISULTATO ECONOMICO CONGRUO. Ai fini della sussistenza delle condizioni di equilibrio economico, si rendono necessari due tipi di accertamento: - Di tipo quantitativo, volto a verificare la capacità dell’impresa di produrre benefici superiori ai consumi effettuati per ottenere i benefici in oggetto; - Di tipo temporale, nel senso di verificare l’attitudine dell’impresa a generare tali benefici per un periodo non breve. 2.2. Le grandezze di riferimento dell’equilibrio economico Il REDDITO, quale grandezza riferibile all’imprenditore, assume un significato propriamente economico coincidente con l’utile contabile solo nel momento in cui quest’ultimo sia di misura tale da potersi considerare sufficiente a remunerare i fattori apportati dall’imprenditore (capitale conferito e opera lavorativa): RICCHEZZA PRODOTTA (RICAVI VENDITE/PRESTAZIONI) – CONSUMI FATTORI PRODUTTIVI A FECONDITA’ SEMPLICE (fattori tecnici materiali e non; fattore lavoro; risorse finanziarie: interessi passivi) – CONSUMI FATTORI A FECONDITA’ RIPETUTA (fattori tecnici materiali e non) = REDDITO = CONSUMI A RIFLESSO FIGURATIVO Per tale motivo, la grandezza in oggetto può apparire non appropriata se intesa quale grandezza differenziale che si correla direttamente con la copertura delle utilizzazioni dei fattori produttivi conferiti dall’imprenditore. Invece, laddove con l’espressione reddito intendessimo riferirci all’intero organismo aziendale, considerato a sé stante, ecco che risulta più appropriata l’espressione REDDITO DELL’IMPRESA, con conseguente relativa configurazione. In tale ottica, l’angolo di visualizzazione risulta riferito all’azienda quale istituto in cui convergono gli interessi di più parti sociali; ne discende che la ricchezza prodotta potrà anche configurarsi riferendosi ad una grandezza diversa dal reddito, meglio identificabile nel VALORE AGGIUNTO. La grandezza in questione favorisce un’adeguata analisi della ricchezza stessa, grazie ai plurimi riflessi informativi da essa derivanti a vario livello: - Accrescimento di valore che i beni acquisiti ed impiegati dall’azienda hanno avuto in seguito allo svolgimento dell’attività produttiva; - Ricchezza rivolta alla remunerazione delle componenti sociali direttamente o indirettamente interessate all’andamento aziendale (proprietari, dipendenti, finanziatori, Stato). Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 Differentemente dalla configurazione del reddito dell’imprenditore, la grandezza valore aggiunto tende a confrontare la ricchezza prodotta con le utilizzazioni di fattori non direttamente riconducibili al fattore lavoro ed al fattore capitale, favorendo con ciò l’analisi della distribuzione della ricchezza prodotta dall’azienda tra le varie parti sociali direttamente coinvolte. Quindi: RICCHEZZA PRODOTTA (RICAVI VENDITE/PRESTAZIONI) – CONSUMI FATTORI A FECONDITA’ SEMPLICE (fattori tecnici materiali e non; esclusi fattore lavoro e fattore capitale) – CONSUMI FATTORI A FECONDITA’ RIPETUTA (fattori tecnici materiali e non) = VALORE AGGIUNTO NETTO Tale configurazione di valore aggiunto si denomina “netta” e si differenzia da quella “lorda” che esclude dal confronto anche i riflessi economici derivanti dalle utilizzazioni dei fattori a fecondità ripetuta (ammortamenti). Il valore aggiunto netto costituisce la ricchezza atta a remunerare i fattori fondamentali (capitale e lavoro) che hanno determinato lo svolgimento dell’attività produttiva, mentre quello lordo considera anche la ricchezza che deve remunerare la struttura aziendale permanente (ammortamenti). Alcune grandezze economiche particolarmente utilizzate sono il MARGINE OPERATIVO LORDO (MOL) e il REDDITO OPERATIVO AZIENDALE (RO). Il MARGINE OPERATIVO LORDO indica la ricchezza creata dall’impresa, escludendo dal calcolo sia i consumi del fattore capitale, sia i consumi connessi con la struttura permanente, tendendo a segnalare la capacità dell’impresa di generare ricchezza atta a remunerare sia i portatori di capitale sia la struttura permanente: RICCHEZZA PRODOTTA (RICAVI VENDITE/PRESTAZIONI) – CONSUMI FATTORI A FECONDITA’ SEMPLICE (fattori tecnici materiali e non, escluso fattore capitale) = MARGINE OPERATIVO LORDO Il REDDITO OPERATIVO indica la ricchezza creata dall’impresa, escludendo dal calcolo i soli consumi del fattore capitale. Esso quindi segnala la capacità dell’impresa di generare ricchezza atta a remunerare i portatori di capitale: RICCHEZZA PRODOTTA (RICAVI VENDITE/PRESTAZIONI) – CONSUMI FATTORI A FECONDITA’ SEMPLICE (fattori tecnici materiali e non, escluso fattore capitale) – CONSUMI FATTORI A FECONDITA’ RIPETUTA (fattori tecnici materiali e non) = REDDITO OPERATIVO Scaricato da Stefano Mauro ([email protected]) lOMoARcPSD|30458943 In tempi più recenti le grandezze appena richiamate trovano identificazione con le espressioni anglosassoni EBITDA (Earnings before Interest Taxes Depreciation and Amortization) ed EBIT (Earnings before Interest and Taxes) e riferite rispettivamente al Margine Operativo Lordo e al Reddito Operativo. Volendo considerare ulteriori grandezze identificative della capacità produttiva dell’impresa è possibile ribadire quanto già visto, laddove si è trattato dei benefici di produzione discendenti dal processo economico produttivo che coincidono con l’intera PRODUZIONE EFFETTUATA che un’impresa è stata in grado di generare in un dato esercizio e identificabili con il totale dei benefici di vendita e dei benefici di produzione: BENEFICI DI VENDITA (RICAVI VENDITE/PRESTAZIONI) + RIMANENZE FINALI TOTALI (BENEFICI DI PRODUZIONE) = PRODUZIONE EFFETTUATA Nel caso in cui si volesse invece considerare solo la ricchezza totale generata dall’impresa a seguito del completamento della rotazione economico-finanziaria del processo produttivo la grandezza di riferimento sarà rappresentata dalla sola PRODUZIONE VENDUTA (benefici di vendita): BENEFICI DI VENDITA = PRODUZIONE VENDUTA 2.3. L’equilibrio economico-reddituale Il REDDITO DI ESERCIZIO deve intendersi quale risultato economico attribuibile alla gestione di un esercizio, ossia ri

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