Realismo - Capire l'Arte PDF
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This document explores the Realist art movement in 19th-century France. It examines the key figures and themes within the movement, including the shift away from romanticized depictions of reality towards a more objective and realistic representation of everyday life and social conditions.
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# Realismo Alla metà del XIX secolo in Francia, artisti come Gustave Courbet (1819-1877), Honoré Daumier (1808-1879), Jean-François Millet (1814-1875) rifiutarono le convenzioni e gli artifici della pittura accademica e il mondo dei sentimenti e delle fantasie romantiche per rivolgersi alla rappres...
# Realismo Alla metà del XIX secolo in Francia, artisti come Gustave Courbet (1819-1877), Honoré Daumier (1808-1879), Jean-François Millet (1814-1875) rifiutarono le convenzioni e gli artifici della pittura accademica e il mondo dei sentimenti e delle fantasie romantiche per rivolgersi alla rappresentazione obiettiva della realtà contemporanea. Anche se non si può parlare di vero e proprio movimento, il Realismo nasce ufficialmente nel 1855 quando la commissione selezionatrice dell'Esposizione Universale di Parigi rifiutò due opere (Funerale a Ornans e Atelier del pittore, vedi pagg. 70-73) delle trentasei presentate da Courbet. Per protesta il pittore organizzò, a proprie spese, una mostra delle sue opere in uno spazio temporaneo, adiacente a quello dell'Esposizione, che chiamò Pavillon du Réalisme (Padiglione del Realismo, vedi anche Focus a pag. 55). Ai visitatori veniva fornito un catalogo che enucleava gli obiettivi e i caratteri della nuova tendenza pittorica. ## La Francia di Napoleone III La corrente del Realismo, a cui questi artisti furono accomunati, nasce in Francia sullo sfondo di una serie di eventi storici che fecero sorgere l'esigenza irrinunciabile di fare della contemporaneità la tematica centrale del messaggio artistico. La rivoluzione del 1848, che aveva portato alla Seconda Repubblica, finì nella repressione e Luigi Bonaparte (Napoleone III), salito al potere con un colpo di stato nel 1852, trasformò la Repubblica in un mandato plebiscitario imperiale, sancendo così la fine di ogni ideale democratico e il fallimento di ogni utopia progressista. L'esito di tale processo storico fu la società del Secondo Impero, segnata dallo sviluppo industriale, dal dilagante culto del denaro, da una chiusa mentalità borghese e dall'accentuazione delle differenze di classe. ## L'estetica realista In questo contesto storico gli artisti avvertirono l'urgenza di uscire dall'isolamento romantico per prendere coscienza della loro funzione sociale e intervenire nella realtà presente. La mitologia, la bellezza convenzionale, i quadri di rievocazione storica o il classicismo che esprimevano i valori delle classi sociali più elevate vennero rifiutati dai pittori realisti in nome della contemporaneità che essi avvertivano grandiosa, epica addirittura. Si trattava di rivendicare la verità e di indagare con sguardo diretto e oggettivo tutti gli aspetti della vita moderna, anche quelli più immediati e quotidiani. Le drammatiche condizioni dei lavoratori, operai e contadini, le loro esistenze anonime e sofferenti, le attività quotidiane della gente comune acquistano dignità di soggetto pittorico e vengono rappresentate senza sentimentalismi, senza atteggiamenti nobilitanti ma nella nuda realtà della loro esistenza. I pittori realisti avvertirono che dopo le esperienze romantiche, il contenuto di realtà esigeva un linguaggio nuovo che, lontano da sentimentalismi o idealizzazioni, fosse fedele al vero e determinasse la fisionomia e la forma dell'opera d'arte. ## Realismo In arte con il termine "realismo" si intende, in generale, la rappresentazione di ambienti, personaggi, oggetti e comportamenti in modo fedele alla realtà in opposizione ai criteri classici di bellezza ideale. Si parla, infatti, di realismo per la pittura di Giotto, Caravaggio, Velázquez, Vermeer o Delacroix, sottolineandone la maggiore rispondenza alla concretezza della vita. II termine "Realismo" (questa volta in maiuscolo ad indicare il movimento artistico) apparve per la prima volta quando Courbet allestì la sua mostra in quello che battezzò il Pavillon du Réalisme. La definizione si affermò l'anno successivo con il periodico "Réalisme", fondato dal critico Edmond Duranty, impegnato nella battaglia contro la pittura accademica. Determinante fu nel 1857 il libro di Jules Champfleury (1821-1889), scrittore e primo teorico realista, Le Réalisme dove, risistemando una serie di interventi a favore della pittura di Courbet degli anni precedenti, proclamò la necessità per l'arte di rappresentare in maniera fedele il mondo reale, studiandone tutti gli aspetti di vita e costume. ## L'estetica realista - **Adesione al "vero"** I pittori realisti concentrano il loro interesse sulla realtà oggettiva fuori da ogni idealizzazione, artifici retorici o sentimentalismi romantici. L'arte deve nascere dall'osservazione diretta e fedele della realtà anche nei suoi aspetti più ordinari, ai quali viene data la stessa importanza riservata precedentemente ai temi mitologici o storici. - **Arte come impegno** Si abbandona l'iconografia accademica, mitologica, storica, sacra e profana e si trae ispirazione direttamente dalla contemporaneità sulla quale i pittori realisti proiettano le loro tesi politiche, religiose o filosofiche. L'arte deve rivolgersi alla descrizione della società nei suoi aspetti più popolari, concreti e materiali, svelando le contraddizioni sociali. - **Temi realistici e quotidiani** I soggetti sono la vita dei contadini, le attività lavorative degli umili, le dure condizioni di impoverimento e privazione, gruppi di figure e scene di vita quotidiana. - **Generi** Contro la tradizione accademica che stabiliva la gerarchia dei generi pittorici, dalla più alta "pittura storica" alla più umile "natura morta", i Realisti affermano la dignità sia delle scene di vita quotidiana e rurale sia del paesaggio, a cui dedicano opere di grande formato e complessità formale. Con Daumier acquista importanza e valore artistico anche la caricatura. ## 6.1 Alle origini del Realismo: la Scuola di Barbizon Alle origini del linguaggio figurativo realista si pone la pittura di paesaggio sperimentata dai cosiddetti pittori di Barbizon (o Barbizonnters), un gruppo di artisti che, a partire dal 1830, operò nell'area della foresta di Fontainebleau, nei pressi di Parigi. I principali esponenti del gruppo furono Théodore Rousseau (1812-1867), che ne fu il capofila, Jules Dupré (1811-1889), Constant Troyon (1810-1865), Diaz de la Peña (1808-1876), a cui si unirono Jean-Baptiste-Camil-le Corot (1796-1875), Charles Daubigny (1817-1878) e Jean-François Millet (1814-1875). L'intento dei Barbizonniers era quello sia di ritrarre in modo diretto e obiettivo la natura, sia di cogliere l'essenza intima ed emotiva del paesaggio. Nasce così una pittura attenta agli effetti di luce, carica di colori puri stesi rapidamente con pennellate larghe e dense tese, più che a definire con precisione il soggetto, ad evocar-lo. Importante fu l'uso sistematico della pittura en plein air intesa come mezzo per cogliere le luci, il tempo, le stagioni e penetrarne le forme e le atmosfere mutevoli. ## Jean-Baptiste-Camille Corot Vicino ai pittori di Barbizon, dei quali condivise i principi estetici e la ricerca formale, Jean-Baptiste-Camille Corot (1796-1875) è considerato il maggior paesaggista dell'epoca e colui che anticipò alcuni aspetti della pittura impressionista. Ricco di una solida formazione classica, fondata sui valori del disegno e della composizione, Corot si rivolse allo studio della resa plastica della luce e ad un uso delle variazioni tonali tese alla restituzione dell'impressione visiva (vedi pag. 85). La fedeltà alle impressioni costituisce per lui il fondamento di un'arte sincera e capace di esprimere la sintonia affettiva e profonda tra la realtà interiore e quella della natura. Il metodo di lavoro di Corot, pertanto, si fonda sull'osservazione diretta della natura e sulla pratica dell'en plein air al fine di penetrare l'immagine al più alto livello di realismo; segue la fase di realizzazione e rifinitura del dipinto in atelier, che, sulla scia del ricordo e dell'immaginazione, si connota come un momento di creatività. ## La Cattedrale di Chartres Sintesi della pittura di Corot è La Cattedrale di Chartres (1830, f. 6.5): in questo dipinto il pittore non punta semplicemente a ri-produrre la realtà, quanto piuttosto a creare uno spazio figurativo unitario dove le varie forme si organizzano in un sistema cromatico fondato sul contrasto di singole variazioni tonali e sulla brillantezza. La gamma delle tinte spazia dall'azzurro, al verde e al giallo con un ampio ventaglio intermedio di valori tonali. Corot definisce con chiarezza gli alberi e l'edificio, ma anche l'intero spazio: la composizione contrappone le linee architettoniche della facciata gotica al monticello opaco con poca erba attraversato da una strada tagliata dal bordo del dipinto. Le pennellate visibili sintetizzano con grazia e sicurezza i profili di figure, edifici e alberi lontani e ricreano la luce e la tonalità ariosa diffuse nell'intera scena. ## 6.2 I pittori del Realismo in Francia ### Jean-François Millet Tra gli artisti vicini alla Scuola di Barbizon, e a Rousseau in particolare, spicca Jean-François Millet (1814-1875) che proseguì una ricerca autonoma rispetto alla poetica del gruppo, divenendo uno degli esponenti più importanti del Realismo francese. I temi principali della sua opera sono tratti dal mondo contadino della campagna di Barbizon. II socialismo umanitario di Millet emerge nella scelta di rappresentare la difficile vita rurale con realismo e senza artifici, ma anche con intensa partecipazione umana e profondo senso del sacro, al riparo dal sentimentalismo con cui tradizionalmente si descriveva il mondo degli umili. - **Il seminatore** Nel dipinto Il seminatore (1850, f. 6.3), l'umile figura del contadino, che unisce in sé il senso evangelico della "buona semina" a quello critico-ideologico riferito alle classi subalterne (l'uomo veste i colori della Francia repubblicana: il rosso, il bianco e il blu), è rivestita di un'aura quasi eroica nella sua solitudine e nella forza espressiva che incarna l'antica lotta dell'uomo con la natura. - **L'Angelus** Sentimento religioso e legame tra l'uomo e la terra sono i temi de L'Angelus (1857-1859, f. 6.7). Sullo sfondo della campagna desolata al crepuscolo, si stagliano nettamente le due figure monumentali dei contadini in preghiera, eroi di una fatica quotidiana a cui sono condannati, ma che viene accolta con cristiana accettazione. Centrale è la resa cromatica dell'atmosfera nella quale predominano i toni caldi e i contrasti tra colori complementari (ad esempio il blu dei pantaloni dell'uomo si contrappone all'arancione del campo). La luce radente del tramonto illumina diffusamente il terreno e, provenendo da sinistra, lascia i due protagonisti in gran parte in ombra, dilatando l'intensità emotiva della loro preghiera. - **Le spigolatrici** Gli stessi elementi compositivi e strutturali de L'Angelus si ritrovano ne Le spigolatrici (1857, f. 6.8), uno dei capolavori di Millet. Il soggetto è tratto dalla vita del proletariato rurale: le spigolatrici erano infatti quelle contadine che al tramonto, dopo la mietitura, andavano nei campi a raccogliere una ad una le spighe rimaste a terra. - **Le spigolatrici** Millet ha posto in primo piano le tre protagoniste isolandole dallo sfondo, dove si svolgono le attività della mietitura, e ha trattato lo spazio in modo da aumentare il senso di vastità del paesaggio, che comunica una profonda solitudine. L'orizzonte è alzato sopra il livello dell'occhio; su questa linea sono disposti i covoni di paglia e le abitazioni che, da destra verso sinistra, aumentano la loro dimensione con l'effetto di far sembrare le figure in primo piano più grandi di quello che dovrebbero essere se rapportate con lo sfondo. Per aumentare il senso di vastità e di spazio Millet ha eliminato il secondo piano e ha collocato il punto di vista dell'osservatore leggermente più in alto rispetto alle donne, come se si potesse guardare oltre le loro schiene. La testa della donna a destra coincide con la linea di orizzonte, mentre quelle delle altre donne è piegata diagonalmente verso il basso, allungando la percezione delle linee in profondità. Anche la luce radente del crepuscolo aumenta i volumi delle figure in primo piano e dà alle donne un aspetto scultoreo evidenziandone le mani e la schiena, ma nascondendone il volto. Quindi, attraverso semplici procedimenti plastici e compositivi, Millet conferisce a queste spigolatrici, dignitose nella loro povertà, il valore di emblema della condizione di fatica e lavoro delle classi più umili e invita a riflettere sul rapporto che lega l'uomo alla terra, e sulla speranza che egli le affida per poter sopravvivere raccogliendone i frutti. - **Le spigolatrici** Millet scompone il movimento della spigolatura nelle tre fasi di cui si componeva questo duro e ripetitivo lavoro: il cercare (la figura a destra), il trovare (la figura a sinistra) e il raccogliere (la figura al centro). I gesti sono ritmati dalla successione delle posizioni delle mani, dall'inclinazione delle schiene e delle teste distribuite su due linee curve (una che passa dalle tre cuffie, l'altra dalle mani) e da una diagonale (collegante i tre zoccoli) per conferire continuità all'azione. ## Gustave Courbet Capofila del movimento realista è Gustave Courbet (1819-1877). Nato a Ornans nella Franca Contea da genitori contadini, studia a Parigi presso insegnanti privati e in libere accademie, ma soprattutto si forma autonomamente al Louvre dove riflette sui veneziani, i fiamminghi, Velázquez e Rembrandt. Dopo i primi dipinti di gusto romantico, il momento decisivo nella vita di Courbet risale al 1848, quando fu testimone dei moti di Parigi, condivide gli ideali democratici. Dirà poi che "Senza la rivoluzione di Febbraio forse non si sarebbe mai vista la mia pittura". E, infatti, in questo clima che Courbet matura una pittura che ha per tema la realtà contemporanea nei suoi aspetti più umili e materiali, espressa in un linguaggio oggettivo, privo degli artifici accademici e romantici. Il realismo di Courbet non si limita, però, alla riproduzione mimetica della realtà, ma lascia emergere la visione del mondo propria del pittore. Le sue ricerche artistiche, del resto, hanno per sfondo il socialismo libertario di Pierre-Joseph Proudhon, che l'artista non nasconde di professare e che lo spinge a partecipare attivamente alle vicende politiche della Francia. - **Gli spaccapietre** , manifesto del Realismo Il manifesto visivo della nuova pittura realista è Gli spaccapietre (1849, f. 6.13), realizzato a pochi mesi dai moti rivoluzionari del 1848 (quando, in più parti d'Europa, la popolazione si solleva contro i regimi monarchici nati dalla Restaurazione). Il quadro raffigura con essenzialità due operai di una cava: un vecchio dai movimenti irrigiditi dal lavoro e dall'età, e un adolescente che cerca di sollevare un cesto pieno di pietre. Courbet descrive la scena senza abbellimenti, riuscendo, tuttavia, a comunicare il senso di un'esistenza anonima, chiusa interamente in un lavoro massacrante, attraverso indizi oggettivi: lo sforzo di alzare il paniere di pietre contrapposto al colpo verso il basso della mazza; la miseria nell'abbigliamento. Ogni indugio emotivo è evitato mediante una luce chiara e piatta che limita le ombre e definisce ogni dettaglio materiale: il caos delle pietre spaccate, la natura morta con il pane, il cucchiaio e la pentola sulla destra. La presenza materiale e tangibile dei due personaggi è amplificata dalle dimensioni della tela e dallo sfondo costituito dalla scura terra di una collina che preme le figure verso lo spettatore. - **Le opere maggiori** La democratizzazione dell'arte continuò con altre tele di forte intensità come Un funerale a Ornans (1849, vedi Opera zoom, f. 6.17), Giovani donne danno l'elemosina ad una guardiana di vacche (1852), Le vagliatrici di grano (1854, f. 6.1). Di fronte alla pittura di Courbet il pubblico reagi con indignazione poiché gli parve che il degrado avesse preso il posto della bellezza idealizzata, cancellando così ogni forma di evasione tradizionalmente legata all'arte. - **L'atelier del pittore** La grande tela L'atelier del pittore (1855, sottotitolata Allegoria reale che definisce una fase di sette anni della mia vita artistica e morale, f. 6.14) offre una sintesi complessiva del percorso artistico e umano di Courbet. "È il mondo che viene a farsi dipingere da me", diceva in proposito il suo autore, senza sciogliere la complessità di un'opera difficile da decrittare. La composizione è suddivisa in tre parti: a destra, ben riconoscibili nei tratti, committenti e amici del pittore che ne sostenevano l'attività e che ne condividevano le convinzioni politiche, emblema delle persone che "vivono della vita" e consentono il progresso; a sinistra, al contrario "il mondo della vita triviale, il popolo, la miseria, la povertà, la ricchezza, gli sfruttati, gli sfruttatori, tutti coloro, cioè, che vivono della morte"; al centro l'artista, Courbet, mentre dipinge una veduta di Ornans (suo paese natale), alla vista di una modella senza vesti, allusione alla ricerca della "nuda verità", e di un bimbo, simbolo dello sguardo puro e incontaminato dell'infanzia. Rappresentandosi al centro il pittore si pone come mediatore tra due mondi opposti e riafferma la funzione sociale dell'artista. Simboli e allegorie ricorrono in ogni parte del quadro: la natura morta con cappello piumato, spadino e chitarra denuncia gli orpelli eccessivi del Romanticismo, mentre dietro la tela un modello maschile in posa e un putto che scarabocchia irridono l'arte accademica. Nel quadro, quindi, Courbet ha impiegato un linguaggio allo stesso tempo reale e allegorico, dove persone, animali e cose tangibili possono diventare una finzione e veicolare un'idea. - **Paesaggi e scene di genere** Courbet coltivò anche altri generi, come ritratti, paesaggi marini, scene di caccia e nature morte floreali, dove il linguaggio realistico si arricchisce di simboli e significati sottesi. Notevole è il contributo del pittore all'evoluzione del paesaggio: nel dipinto Il mare in burrasca [f. 6.16] viene esclusa ogni presenza umana a favore di un primo piano ravvicinato caratterizzato da una forte densità della materia dovuta all'uso consistente della spatola; ne risulta una visione inquietante e intensa delle forze e della sacralità della natura. - **Un funerale a Ornans** Il dipinto descrive un rito di sepoltura nel cimitero di Ornans, la piccola città natale dell'artista a est della Francia, nella valle del Doubs. Dipinta nel 1848, ma rifiutata dalla commissione dell'Esposizione Universale per il Salon del 1855, la grande tela fu esposta, con altri quaranta dipinti, nel Pavillon du Réalisme allestito da Courbet in segno di protesta (vedi Focus a pag. 55). Il quadro, che a una prima osservazione può sembrare di grande ingenuità, in realtà rompe con la tradizione pittorica sotto ogni punto di vista. Un funerale a Ornans si colloca, infatti, nella prospettiva di riforma della pittura di storia intrapresa da Courbet, come rivela il sottotitolo: Quadro di figure umane, storico. Per il pittore, infatti, "L'arte storica è per definizione contemporanea", cioè deve "esprimere i costumi, le idee, l'aspetto del mio tempo, in una parola deve fare dell'arte viva". Il grande formato scelto da Courbet generalmente era riservato alla rappresentazione di importanti eventi storici, mitologici o divini (si pensi a La sepoltura del conte di Orgaz di El Greco sul medesimo soggetto). In questo caso, invece, l'evento narrato è il funerale di provincia di uno sconosciuto, che ha come protagonisti la piccola borghesia rurale. È la prima volta che una folla di persone qualunque, provinciali poco interessanti, viene scelta come soggetto di un quadro e ritratta nella sua verità, senza celarne la sofferenza, gli abiti mediocri, le debolezze, la "bruttezza". Mostrare la mediocre realtà della campagna e dei suoi abitanti con la stessa dignità con la quale si rappresentavano le gesta di dèi ed eroi rispondeva in Courbet all'esigenza di introdurre la "democrazia nell'arte", puntando l'attenzione su mondi fino ad allora rimasti ai margini dell'immaginario e della storia. E a differenza delle scene di genere dedicate ai poveri fin dal Seicento, lo sguardo punta ad essere onesto e distaccato. - **I personaggi** Courbet, nei circa quarantasei personaggi che animano il quadro, ritrae effettivamente gli abitanti del proprio paese natale, chiamati a posare uno per uno. Come nella tradizione del ritratto di gruppo fiammingo, a cui il quadro si ispira, ogni personaggio è individualizzato nell'abito, nel volto e nella gestualità. Ma a differenza della tradizione, Courbet rifiuta ogni forma di idealizzazione così come ogni sguardo paternalista: la sua pittura mira ad essere onesta e distaccata, per aprire a un'autentica comprensione del mondo del popolo - **Un complesso impianto compositivo** La composizione ha una disposizione a fasce orizzontali: in alto il cielo freddo e cangiante, nettamente diviso dalle masse scure delle colline e delle falesie; la parte centrale della folla; la fascia in basso del terreno che riprende alcune variazioni di tono del cielo. I personaggi sono disposti a fregio, definendo un corteo che segue un movimento ondulato e si distribuisce intorno alla fossa. Le verticali e il vuoto centrale della fossa creano una tripartizione verticale, che riprende la divisione tripartita delle fasce orizzontali, insistendo sul numero tre, dal forte valore simbolico e religioso (la santissima Trinità). Le verticali definiscono anche l'ordine dei personaggi, che non è gerarchico, ma distribuito a fregio e per gruppi, secondo la prassi ecclesiastica: a sinistra gli officianti, al centro gli uomini, a destra la schiera delle donne [f. 6.18]. Le due verticali principali sono segnate dalla croce e dall'uomo vestito in azzurro chiaro in primo piano; queste formano un rettangolo leggermente decentrato rispetto alla superficie pittorica, al centro del quale, in basso, vi è la buca di sepoltura. L'espediente compositivo conferisce all'intera immagine il senso di movimento della folla in processione. Il taglio "fotografico", che lascia supporre il prolungarsi del corteo, e la fossa appena scavata, solo parzialmente visibile come fosse ripartita tra lo spazio del dipinto e quello di chi osserva, richiamano l'idea di un evento in presa diretta, di un fermo immagine che rivela la realtà senza mai esaurirla. La struttura compositiva, inoltre, porta in evidenza figure e gesti dal vivo valore simbolico, aprendo il dipinto a suggestioni che vanno oltre il mero intento cronachistico. Si osservi, ad esempio, la parte centrale del quadro: a sinistra l'area è incorniciata dal crocefisso, dal prete e dal chierichetto che reca il secchiello dell'acqua benedetta, a suggellare, in consonanza con la religiosità cristiana, il legame tra cielo e terra, vita terrena e vita celeste; a destra, specularmente, la figura in azzurro di un rivoluzionario partigiano della repubblica che, con la mano tesa, sembra porgere un estremo saluto civile complementare a quello religioso; al centro, la fossa aperta, nucleo rivelatore dell'evento, ed il becchino che, posati il cappello e la giacca per terra, aspetta il feretro con lo sguardo rivolto agli officianti e il corpo verso il sepolcro (in una posizione che rinvia al suo ruolo di mediazione tra vita e morte, tra mondo e terra). - **I colori** Dal punto di vista cromatico il quadro presenta alcuni aspetti non convenzionali: i pochi colori utilizzati sono trattati con un'ampia variazione dei valori tonali, interrotti da vivaci macchie cromatiche. La combinazione di tonalità e colori aiuta a cogliere le forme e individuare la posizione che i personaggi assumono nello spazio, nonché a drammatizzare la scena. Un effetto accresciuto anche dall'uso integrato del pennello (per i visi e le mani) e della spatola (per lo sfondo e il terreno) che conferiscono densità e pesantezza agli esseri umani e agli elementi naturali. Nella fascia della folla predominano le tonalità scure (variazioni tonali di nero, verde, violetto e blu) su cui spiccano note violente di bianco e macchie di colore vivo, come il giallo ambra, il rosso vermiglio, il verde oliva. La distribuzione complessiva dei toni crea un gioco di sottili corrispondenze, rafforzando l'impianto compositivo: al cielo più scuro a sinistra e abbagliato di luce sulla destra fa da contraltare l'andamento cromatico della folla, con le vesti nere dei fedeli a destra e i paramenti bianchi degli officianti sulla sinistra; due figure in rosso delimitano la parte centrale del dipinto, giocando per contrasto con la figura in azzurro dalla parte opposta. - **I colori** La tela si divide in tre fasce orizzontali, con la parte centrale occupata dal corteo. La tripartizione viene ripresa anche dalle verticali, che dividono il dipinto in tre aree, con quella centrale occupata dalla fossa, secondo una scelta dal forte valore visivo e simbolico. I personaggi si articolano a fregio, ma tendono a convergere verso la sepoltura. - **Un funerale a Ornans** || bozzetto preparatorio del dipinto rivela come Courbet sia pervenuto per stadi successivi alla composizione rigorosa e complessa dell'opera finale. Nello schizzo il corteo è in marcia attraverso il cimitero e le figure si distribuiscono in modo netto e lineare sul piano orizzontale, a differenza di quanto avviene nel dipinto, dove tutti i personaggi gravitano intorno alla fossa di sepoltura; anche le posture e le direzioni si moltiplicano, sostituendosi alla giustapposizione paratattica del bozzetto. ## Honoré Daumier Pittore, scultore, disegnatore e litografo, Honoré Daumier (1808-1879) occupa un posto singolare nell'arte dell'Ottocento. Repubblicano e progressista, trovò nella caricatura un linguaggio congeniale a manifestare le proprie idee e ad additare le contraddizioni della borghesia dell'epoca. Dopo un'importante carriera come caricaturista sui giornali di satira politica e sociale, dal 1848 Daumier si dedicò anche alla pittura, con quadri di piccolo formato nei quali la parodia cede alla rappresentazione di quella nuova umanità dolente e senza riscatto che si affacciava anonima ai margini della metropoli. È il caso de La lavandata (1863, f. 6.22), sintesi del linguaggio pittorico di Daumier: i colori smorzati e tenui, lo sfondo sfumato, le forme potentemente sintetiche e semplificate sono definite da una pennellata larga e da un forte risalto plastico ottenuto dalla variazione del chiaroscuro. - **Il vagone di terza classe** Ne Il vagone di terza classe (1863-1865, f. 6.21) Daumier si rivela un pittore dei tempi moderni, dedito a fissare sulla tela inedite forme di vita sociale: il pendolarismo, le masse proletarie pigiate nelle carrozze, la tangibile divisione tra "classi". Daumier descrive l'interno di uno scompartimento di ultima classe, fiocamente illuminato, e si sofferma sulla povera gente che lo abita: su una panca in primo piano una giovane sta allattando un neonato accanto ad un'anziana donna dal viso segnato, con le mani composte su un paniere, e ad un bimbo addormentato. La sensazione di angustia del locale e di ammassamento è data dalla prospettiva non rigorosa e dalla parete scura in fondo. Sebbene Daumier non indulga in sentimentalismi, nell'opera emerge la partecipazione e la solidarietà del pittore nei confronti di questi viaggiatori scavati dalla fatica e rassegnati ad un destino di disagi; il punto di vista, infatti, è interno alla scena, come se l'artista, e lo spettatore con lui, fosse seduto su una panca dentro lo scompartimento, di fronte a questa umanità con cui il pittore sente di condividere lo stesso viaggio. - **Ne Il ventre legislativo** il bersaglio della satira è la borghesia ricca, conservatrice e oscurantista della monarchia di Luglio, rappresentata dai suoi parlamentari soddisfatti, obesi, poco attenti, e ben infagottati nei loro abiti comodi. Questa umanità deforme incarna la pigrizia, l'arroganza e la corruzione della classe dirigente che fa del corpo legislativo dello stato, cuore della democrazia parlamentare, un ventre inerte che inghiotte ogni cosa. Quindi, deformando l'aspetto reale dei personaggi, Daumier penetra sino all'essenza del loro carattere e del loro ruolo sociale. Nel disegno l'artista utilizza un tratto continuo che ha la capacità di modellare e di generare volume. La forza espressiva di grande intensità della stampa è data dall'uso dei toni della luce e dalle linee dei contorni morbide che testimoniano un uso molto variato del pastello litografico. Molti di questi ritratti di deputati hanno avuto come modelli i piccoli busti in terracotta dipinti ad olio che Daumier aveva modellato precedentemente. ## Honoré Daumier: la caricatura tra realismo e satira La figura dell'artista come interprete impegnato della realtà sociale e politica contemporanea è impersonata in modo significativo da Daumier che, con le sue caricature, commentò in modo graffiante le vicende politiche dando legittimità artistica a un genere che troverà largo sviluppo in tutto il Novecento, nutrendosi e nutrendo a sua volta il linguaggio di molti artisti d'Avan-guardia (dall'Espressionismo al Dadaismo alla Nuova Oggettività tedesca, per citare solo alcuni eclatanti esempi). Le litografie di Honoré Daumier, pubblicate sulle riviste satiriche "La Caricature" e "Le Charivari" accompagnarono la caduta di Carlo X (re di Francia e Navarra dal 1824 al 1830), il regno di Luigi Filippo d'Orléans (re dei Francesi dal 1830 al 1848), i moti del 1848, l'ascesa di Napoleone III (al potere dal 1848 al 1870) e l'insurrezione del 1871 indagando e registrando le pose, la corruzione, le ottusità e l'arroganza dei conservatori, in vignette di grande efficacia comunicativa. Daumier attribui alla caricatura profondità contenutistica e forza assertiva, ne articolò la protesta e ne sviluppò le possibilità formali. Con grande capacità di sintesi, egli coglie al cuore ogni fenomeno e senza pietà trasforma le cose in forme dinamiche ed espressive di grande naturalezza. Se fino ad allora il genere caricaturistico si limitava a schernire la propria vittima mediante l'esagerazione e la deformazione fisiognomica, con l'artista francese la caricatura assume una valenza etica, passando dal livello comico a quello della satira: al tentativo di ridicolizzare persone e comportamenti si affianca, infatti, il dichiarato obiettivo di denudarne la personalità e le responsabilità umane e civili in un'ottica più universale. Fino a che punto Daumier innovi il concetto di caricatura è evidente nelle litografie simbolico-allegoriche in cui lo scarno linguaggio espressivo affronta i grandi temi dell'umanità. Nella litografia del 1866, Von Dreyse, l'inventore del fucile più efficiente dell'epoca che garanti con la sua velocità di sparo la vittoria prussiana sugli austriaci nella battaglia di Sadowa (1866), osserva soddisfatto con un ghigno diabolico un campo di battaglia su cui giace l'intera umanità. Mai una caricatura ha evocato con maggior forza espressiva icastica gli orrori che genera il progresso tecnico quando passa in mano ad uomini privi di scrupoli. Questa litografia è un esempio di come la caricatura per Daumier sia rivolta da una parte al realismo e dall'altra tenda alla semplificazione, alla concisione del segno anticipando le formule espressive sintetiche, lineari e schematiche dell'Espressionismo (vedi pag. 180). ==End of OCR for page 26==