Appunti Storia Radio e TV PDF
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Università degli Studi di Milano Bicocca
Camilla Gommaraschi
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Questi appunti trattano la storia della radio e della televisione, mettendo in luce la figura di Guglielmo Marconi e altri pionieri. L'analisi si concentra sull'evoluzione dei media, considerando aspetti tecnologici, sociali e culturali. Gli appunti esplorano anche l'impatto dei media sulla società e l'influenza della storia sull'uso dei media.
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Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 1 Introduzione del corso Attenzione alla terminologia: Medium: colui che è mediatore tra due mondi ma anche mezzo di comunicazione al singolare Media: mezzo di comu...
Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 1 Introduzione del corso Attenzione alla terminologia: Medium: colui che è mediatore tra due mondi ma anche mezzo di comunicazione al singolare Media: mezzo di comunicazione al plurale Il sistema dei media è un macrosettore convergente che coinvolge aspetti tecnologici, politici, giuridici, economici, sociali, culturali… è un tema complesso in quanto influisce fortemente sulle mentalità (già da tutto il 900). Narrazione transmediale: una storia unica che si sviluppa su diversi media, ad esempio una linea narrativa che passa dal cinema, dalla televisione, dal fumetto… non sono copie che passano da un mezzo di comunicazione all’altro, la storia si adatta al singolo medium. Fare la storia di un mezzo di comunicazione significa anche studiare gli imperi multimediali come la Rai (in Italia). È un'altra prospettiva sugli intrecci tra i media. Ma fare la storia di radio e televisione significa anche studiare attraverso altre discipline come il giornalismo, lo spettacolo… ma anche tener presente dell’aspetto culturale e delle emozioni che tali media suscitano, è il caso dell’allunaggio, ricordato dai più soprattutto per il medium con cui è stato trasmesso: la televisione. Un altro caso è il settembre del 1960 quando va in diretta una puntata del Musichiere, un grande evento tra televisione e spettacolo all’arena di Verona in cui Mario Riva cade e rimane ferito gravemente fino a morire. Questa morte accidentale ha una risonanza mediatica enorme, egli era una figura fondamentale nella scena italiana tanto che sul giornale “il mondo” si scrive addirittura che egli fosse stato il responsabile dell’unità nazionale. Dino Buzzati scrive sul Corriere Della Sera a proposito utilizzando l’espediente della madre anziana borghese che non era molto amante delle “canzoni e canzonette” tipiche della cultura popolare ma che finisce per appassionarsi alla televisione proprio grazie a Mario Riva. È evidente come la televisione ha avuto un impatto fortissimo sulla mentalità delle persone. Anche Indro Montanelli dice la sua, parlando di Riva dice che era un uomo comune, non un grande attore: fu la televisione a renderlo tale grazie alla sua capacità di abbattere le barriere tra gli strati sociali. Perché studiare i media dal punto di vista storico? Non si studieranno i media dal punto di vista tecnologico ma piuttosto il loro impatto sulla società, i media non sono infatti solo oggetti di uso quotidiano ma “strumenti del presente”, quasi vivessero in una dimensione isolata dalla storia. I mezzi di comunicazione sono artefatti culturali, tanto quanto i libri. È importante il processo di costruzione storica dei media che avviene attraverso processi più o meno rapidi, ma anche l’influenza del mercato, la regolamentazione politica della funzione pubblica… anche quando si studiano le relazioni tra i vecchi e i nuovi media è indispensabile una prospettiva storica. Al riguardo è importante la legge di Riepl: idea che i vecchi media non scompaiono ma cambiano funzione, nessuno strumento usato per lo scambio di informazioni e idee e che sia socialmente consolidato viene soppiantato completamente da nuovi strumenti, continuano ad esistere in un diverso contesto. Ad esempio, il quotidiano non si è estinto con l’introduzione della radio e della televisione ma ha semplicemente, appunto, cambiato funzione. 2 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione Perché ci occupiamo di Radio e Televisione in Italia? I media sono legati all’identità nazionale, ed è necessario fare una storia politica, culturale, sociale… del milieu in cui essi si sviluppano. Ha senso seguire una prospettiva nazionale anche perché ciò che viene dall’estero viene comunque adattato al contesto italiano. Radio e televisione sono strumenti di incivilimento e di crescita, che allo stesso tempo però potrebbero diventare anche strumenti di incatenamento. Bisogna sempre essere consapevoli di chi tiene le fila della comunicazione per la loro influenza sulla vita collettiva. Parte 1: L'evoluzione del sistema radiotelevisivo italiano dai suoi esordi alla Seconda guerra mondiale 1. La nascita della radiofonia: un panorama generale 1895: è la data di nascita dell’epoca della radiofonia. Il grande protagonista di questo momento è Guglielmo Marconi, colui che, per convenzione, in quanto le invenzioni sono frutto di lunghi processi, è l’inventore della radiotelegrafia (non si può ancora parlare di radiofonia o radio diffusione circolare, broadcasting). Si tratta della trasmissione di segnali telegrafici senza fili che utilizza i segnali magnetici dell’atmosfera per trasportare dei messaggi. La radio è quindi quel mezzo tecnico che permette la diffusione di messaggi da stazione emittente a stazione ricevente. Si fa risalire a Guglielmo Marconi ma a dire il vero già almeno per tutti gli anni 80 dell’800 diversi inventori si erano occupati della possibilità di comunicare attraverso le onde e l’atmosfera. Questo interesse per ciò che può passare nell’atmosfera nasce dallo studio della natura ondulatoria della luce e la scoperta delle onde elettromagnetiche. Marconi è uno scienziato ma non solo, è anche un imprenditore, una figura tutto sommato particolare: nasce nel 1874 a Bologna in una famiglia benestante, il padre è un ricco possidente terriero e la madre era irlandese, ciò comporta la possibilità per Guglielmo di conoscere molto bene la lingua inglese e di avere contatti diretti con il mondo anglofono e soprattutto con la realtà industriale inglese, molto sviluppata. È un uomo che si fa da sé, studierà anche fuori dall’accademia, una volta iniziato ad “inventare” entrerà subito nel mondo degli affari. La sua passione è l’elettrotecnica, a 18 anni realizza il suo primo progetto e capisce che il suo interesse risiede soprattutto nelle applicazioni pratiche delle scoperte scientifiche. Egli capisce che un obiettivo può essere l’utilizzare le onde elettromagnetiche per comunicare a distanza. Ma perché ricordiamo la data del 1895? È quando riesce per la prima volta a trasmettere un segnale tra due punti posti a 2km di distanza: un primo passo, ma già molto importante. Già nell’anno successivo Marconi si trasferisce in Inghilterra in quanto il suo interesse è l’ottenimento del brevetto industriale. Siamo negli ultimi anni dell’800, a cosa poteva servire comunicare senza fili? A tenere in contatto Europa ed America, per motivi bellici, per la navigazione… ma soprattutto per motivi commerciali: è l’epoca dei grandi traffici. Può essere importante fornire le navi di canali di comunicazione con la terra, e ciò Marconi lo capisce subito. Nel 1897 presenta il suo primo brevetto ma soprattutto fonda la The Wireless Telegraph & Signal Company. Essendo uno scienziato, aveva ben presente che ci sarebbero potuti essere altri sviluppi in futuro: l’obiettivo è quello di aumentare la portata delle trasmissioni ma anche un altro di tipo commerciale e militare: garantire la riservatezza di tali comunicazioni. Egli però, essendo anche un grande imprenditore, è interessato allo sviluppo delle sue imprese, si dedica infatti ad una serie di manifestazioni ed eventi per promuovere le sue scoperte. Ad esempio, nel 1898 segue a bordo di un piroscafo una regata e trasmette le informazioni ad un giornale che così pubblica i risultati Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 3 prima che le navi tornino in porto a comunicarle direttamente. Più volte poi comunica in anteprima i risultati di vendita che interessano particolarmente il pubblico americano, guadagnandosi sempre di più una fama dal carattere internazionale. Riesce poi a collegare gli arei di Francia e Inghilterra, nel 1899, e nel 1901 garantisce la prima trasmissione transatlantica via etere1 tra Inghilterra e Terranova. Si tratta di un’impresa particolarmente clamorosa in quanto fino alla riuscita dell’esperimento si riteneva che le onde elettromagnetiche potessero viaggiare solo in linea retta; invece, si scopre che funziona nonostante la curvatura terrestre. È un’importante fusione tra impresa scientifica e impresa commerciale. Nel 1908 poi Marconi raggiunge un ulteriore obiettivo: creare un ponte di comunicazioni regolari tra le due sponde atlantiche, per garantire un miglior servizio alle navi. Da questo punto di vista lo scienziato è coinvolto in un fatto drammatico quanto celebre: l’affondamento nel 1912 del Titanic. Il transatlantico era dotato di un apparecchio radio fornito proprio da Marconi (all’epoca per le navi non era obbligatoria la presenza di un apparecchio radiofonico), grazie a cui è stato possibile inviare un segnale di SOS che ha raggiunto un’altra nave vicina che ha salvato parte dei passeggeri: questo fatto ha aumentato ulteriormente la sua fama. Da quel momento è stato infatti obbligatorio per le navi avere a bordo tale apparecchio. All’epoca, comunque, si pensava solamente al collegamento 1 a 1 e non vi era l’ipotesi dell’uso della radio lontano da scopi commerciali e militari. Nei primi anni del secolo l'idea di un servizio radiofonico quale noi oggi lo conosciamo era certamente ben lontana dai piani e dai progetti di quell'industria che in seguito ne avrebbe patrocinato lo sviluppo ma che allora tra i propri cospicui ricavi ancora da un mercato fondamentalmente basato sullo sviluppo del telegrafo e del telefono. Intrattenimento e cultura ancora non hanno spazio in quanto manca lo sviluppo tecnico che permetterebbe tale uso. Le comunicazioni non sono infatti di messaggi vocali, ma in codice morse, e per questo non accessibile a tutti. Manca lo strumento tecnico in grado di trasmettere la voce, anche se la direzione è questa. A tale ricerca si applicano soprattutto due scienziati: Reginald Fessenden, fisico canadese, e Lee De Forest, fisico americano. Il primo nel dicembre del 1900 riuscirà per primo a trasmettere la voce umana, ma ci vorrà ancora tempo perché questa comunicazione diventi stabile. Ancora più incisivo è il ruolo del secondo, è l’inventore del triodo: una valvola che permette di amplificare i suoni. Nel 1910 riuscirà a trasmettere un’intera opera lirica. Sei anni dopo, nel 1916, De Forest erige una torre alta 40 metri (nella sua fabbrica): è proprio da qui che comincia a trasmettere, per chiunque fosse all’ascolto, delle rudimentali trasmissioni, tra cui una partita di football, musica, i risultati delle elezioni presidenziali... si tratta di una trovata pubblicitaria in quanto pochi, o nessuno, erano all’ascolto, se non gli appassionati di elettrotecnica. Siamo poco prima dell’entrata in guerra degli USA (nel 1917) dopo di che tutte le stazioni radio civili devono smettere di trasmettere, inclusa questa (revocato nel 1919). Questi due fisici furono fondamentali per il progresso della radio ma anche per l’innovazione riguardo il tipo di messaggi che il nuovo medium poteva trasmettere. Tuttavia, De Forest è uno dei pochi che cerca di costruire tali apparecchi: mancano i grandi finanziamenti in quanto il mercato industriale ancora non aveva recepito quale poteva essere il potenziale significato commerciale dell’uso di una radio che trasmetta messaggi culturali e di informazione. Ciò si lega ad un altro fatto che coinvolge David Sarnoff: un giovane emigrato ebreo russo negli Stati Uniti che nel 1906 diventa impiegato nell’azienda di Marconi (americana) dove fa notare la sua intraprendenza. Entra con bassissime mansioni ma poi diventa presto radio telegrafista, nel 1916 (anche se non è certissimo, le fonti sono discordanti) pare che abbia indirizzato alla direzione dell’azienda un progetto in cui ipotizzava l’avvento di un Music Box, una scatola sonora, per uso domestico. L’idea era di tenerlo in salotto per ascoltare musica, conferenze, concerti… è indubbio però che sia centrale nello sviluppo di questa nuova idea della radio. Al momento la compagnia di Marconi non sviluppa il progetto, 1 L'aria o il vuoto in quanto mezzo in cui si propagano i fenomeni elettromagnetici: 4 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione solo 5 anni più tardi la proposta sarebbe decollata rendendo Sarnoff uno dei protagonisti del Broadcasting americano, divenendo presidente della RCA, Radio Corporation of America. Perché questo ritardo tra ideazione del progetto e messa in pratica? In quanto nel mentre vi è stata la Prima guerra mondiale, momento poco opportuno per lanciare una novità tecnica nel mercato. Lo sviluppo della tecnologia della radio in Europa è ostacolato dalle questioni belliche, in quanto sostituto senza fili della comunicazione 1 a 1 è riservato alla campagna militare. Il progetto presupponeva, inoltre, un cambiamento riguardo questo tipo di comunicazione: non più 1 a 1 ma a più dispositivi, e ciò era ostacolato dal fatto che un messaggio recepibile da tante persone era considerato rischioso in tempo di guerra. Il dopoguerra La radio fu una delle poche industrie a trarre enormi vantaggi dalla guerra, in tutti i paesi direttamente coinvolti nel conflitto la radio si sviluppa come mezzo bellico e da lì inizia la sua trasformazione. Solo al termine del conflitto ci sarà infatti un decollo della radiofonia: la guerra aveva consolidato la concezione anti-visiva della radio ma dall’altra aveva generato delle competenze in quanto la radio era stata molto utilizzata. Non è un caso che nell’immediato dopoguerra si moltiplicano i radioamatori: coloro che sanno fabbricarsi i propri rudimentali apparecchi radiofonici con cui comunicare; si tratta soprattutto di un interesse che viene dal basso. Si comincia poi a percepire la possibilità di sfruttare commercialmente il potere diffusivo della radio. Lo sviluppo della radio nel dopoguerra è esplosivo soprattutto negli USA (che non avevano subito la guerra sul loro territorio). Nel novembre del 1920 vanno in onda le elezioni presidenziali, buon momento per far pubblicità all’apparecchio radiofonico, che inizia a vendere bene sul mercato: da qui parte la scintilla che porta ad intuire le potenzialità del mercato, le grandi imprese provano infatti a sviluppare anche questo ambito. Intanto si sviluppa la NBC, National Broadcasting Corporation, il primo network2 nazionale americano; pochi anni dopo nasce anche il primo concorrente, La CBS, Columbia Broadcasting System. Negli USA lo sviluppo dei network è clamoroso, tra il 1922 e il 1924 nascono oltre 1000 stazioni radiofoniche. In Europa, invece, la prima trasmissione radiofonica risale al 1919 e il paese coinvolto è l’Olanda dove una stazione inizia a trasmettere una serie di concerti. Tuttavia, in prima linea nello sviluppo del settore si trova la Germania, nonostante le difficoltà economiche, politiche… nasce la Telefunken che però non può realizzare appieno i suoi progetti a causa delle limitazioni imposte dalle potenze vincitrici al settore industriale tedesco. Diverso è il caso della Marconi Wireless Telegraph Company che sviluppa le sue apparecchiature con capitali inglesi in Inghilterra. Tuttavia, questo sviluppo industriale non è riservato a pochi paesi: anche in territorio russo vengono costruite le prime stazioni trasmittenti, in Francia la stazione ha sede sulla Torre Eiffel dove le trasmissioni iniziano nel 1922… Sempre nello stesso anno, ad ottobre, nasce la BBC, British Broadcasting Company, che nel novembre da avvio al primo regolare servizio di trasmissioni nel contesto europeo. Anche questa come le altre inizialmente è un’azienda privata che però due anni dopo diventa nazionale. Inoltre la Vox-Haus inaugura le trasmissioni regolari in Germania. Tanti esperimenti diversi ed inaugurazioni. Il processo di commercializzazione del settore radiofonico è rapidissimo in tutta Europa e America, il numero degli abbonati alla radio cresce notevolmente. Quali sono i fattori favorevoli a questa crescita? Riguardano realtà diverse (importante guardare al contesto): Presenza di un’industria elettrotecnica solida, lato produttore, che permette di mettere in commercio gli apparecchi in grande quantità, relativamente facili da usare e a prezzi sempre più contenuti (legge domanda-offerta); 2 Network: sistema di interconnessione che permette ad un emittente radiofonica di coprire con il proprio segnale un territorio, che può essere nazionale, regionale… Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 5 Bisogna tenere presente del lato del pubblico3 ricevente, acquirente: vi erano mercati particolarmente ricettivi, quello americano era imponente, così come quello inglese anche se in misura leggermente minore, che garantisce il successo dell’apparecchio; Uno dei problemi fondamentali è avere la nuova tecnologia che consente di trasmettere messaggi, si ha qualcuno che li vende e che li acquista: ma che cosa trasmetto? È il lato dei contenuti. La radio si sviluppa molto rapidamente proprio in quei paesi in cui l’industria dello spettacolo è particolarmente ricca e attiva. La radiofonia si sviluppa quindi per motivi economici, culturali, sociali… ma non solo. Un caso eccezionale è quello del territorio sovietico, attraversato da guerra civile e molto povero, eppure la radiofonia si sviluppa largamente anche nell’URSS, per motivi propagandistici. Sono i bolscevichi a cogliere da subito l’importanza della radiofonia. Due modelli diversi: americano ed europeo Appare evidente fin dall’inizio che in tutti i diversi paesi ci sono due soli modelli di trasmissione radiofonica, di organizzazione della radiofonia a livello nazionale: Sistema di monopolio pubblico, in Inghilterra, Francia, Germania… Sistema privato: prevede l’esistenza di molte emittenti private sempre però “controllate” dallo stato tramite legislazione, ma di fatto lasciate molto libere (libertà di antenna). È il caso degli Stati Uniti, dove la radiofonia è una vera attività commerciale. Questi due sistemi, in termini generali, impongono anche canali di finanziamento diversi: il modello americano si basa sulla pubblicità mentre quello inglese è alimentato dal canone4. Sistema privato pubblicità Sistema di monopolio pubblico canone I privati che si buttano nell’impresa sono soprattutto i grandi colossi industriali come la General Electric che traevano profitto soprattutto dalla vendita di apparecchi riceventi alle famiglie piuttosto che dei trasmettitori. In un secondo momento anche dalle inserzioni pubblicitarie, dal cosiddetto sistema degli spot. È importante chiarire la differenza: Sponsorizzazione: finanziare un programma radiofonico con la citazione dell’azienda che ha consentito al programma di andare in onda. Lo sponsor è incluso nel programma; Spot: si inserisce all’interno del programma; Negli USA lo stato federale mantiene il ruolo di regolatore molto distaccato, un’autorità governativa deve vigilare varie questioni per evitare le concentrazioni monopolistiche. È un’attività di regolazione del mercato. Si tratta di un modello molto longevo tanto che la sua struttura è ancora in vigore oggi. Il modello europeo è molto diverso: la Radio è monopolio dello Stato dove l’offerta di un prodotto è nelle mani di un solo soggetto che mantiene il controllo del servizio ma può decidere di concederlo ad una società, una sola (sempre di monopolio si tratta) in cambio del pagamento di un canone. In genere queste società concessionarie nascono come private, che con il tempo diventeranno pubbliche e semi pubbliche, questo sarà anche il caso dell’Italia. Questi due modelli sono diversi tra loro anche per la loro identità culturale e conformazione di contenuto: Negli USA la radio è un prodotto commerciale e ciò comporta la necessità di sostenersi tramite la pubblicità: vanno ricercati gli inserzionisti, che pagano solo se hanno la 3 il problema del pubblico è il grande paradosso di qualunque studio sui moderni mezzi di comunicazione. Il consumatore dell'industria culturale rappresenta il lato più innovativo della nostra epoca che ha contribuito il passaggio verso la modernità ed è la ragione stessa del prodotto cognitivo. Fare la storia di un mezzo di comunicazione senza individuare al tempo stesso coloro ai quali esso destinato è una lacuna grave. Tuttavia, la storia della radio non può che essere storia di un intreccio variegato e complesso costituito da elementi che si inEluenzano a vicenda e che mutano con il mutare delle condizioni esterne. Una storia della radio vista solo come storia del punto di vista degli ascoltatori è un'ipotesi che sopravvaluta le fonti disponibili e limita la sua visione di insieme. EH la varietà dei punti di vista che può consentire la comprensione globale del fenomeno. 4 Somma da corrispondersi periodicamente per il godimento di un immobile o la prestazione di un pubblico servizio. 6 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione garanzia che ci sia qualcuno in ascolto. Le stazioni devono quindi cercare costantemente pubblico, “produrre” pubblico. Tutte le stazioni cercano quindi di aumentare i propri ascoltatori. Di conseguenza, il palinsesto5 si orienterà sui generi di intrattenimento. Nei casi di monopolio pubblico la radio si copre di ragioni culturali e ideologiche. Ha quindi il compito di informare e educare. In questo senso, quando parliamo di monopolio di stato il modello è quello della BBC (1922) che fino al 1938 viene guidata da John Reith, colui che formula e da corpo alla funzione prettamente pedagogica della radio inglese. Il suo principio è infatti "Inform, educate, entertain". Egli considerava in maniera eguale tutti i punti di vista, mantenendo sempre l’onestà intellettuale in quanto tutti coloro che lavoravano alla BBC svolgevano un servizio pubblico, e dovevano essere consapevoli del loro ruolo sociale. Ovviamente, nei regimi totalitari, ciò assumeva delle connotazioni di controllo dell’opinione pubblica. Se consideriamo questi diversi modelli dal punto di vista storico è importante chiedersi il perché si siano affermati. Ci sono ragioni diverse, economiche, geografiche, politiche… Questioni geografiche: il territorio americano è composto da vaste pianure mentre quello Europeo è caratterizzato da molte catene montuose che separano i vari luoghi. Dal punto di vista tecnico ciò è fondamentale, un territorio vasto e senza ostacoli permette un passaggio più chiaro delle onde. Ciò significa che in USA è possibile concedere tante licenze in quanto ci sono molte frequenze disponibili, a differenza dell’Europa; Problema culturale: gli USA non hanno subito la guerra sul loro territorio mentre gli Europei si, hanno più consapevolezza del significato strategico della radiofonia, per questo lo Stato preferisce mantenere il controllo anche in tempo di pace; Motivazione giuridica: negli USA nel 1912 era stato pubblicato il Radio Act (anche se nasce ancora pensando alla radiofonia dal punto A al punto B) per cui non si poteva negare a nessun americano una licenza radiofonica. Al contrario, in Europa vi era il retaggio di una cultura statalista che colpisce il settore delle comunicazioni, negli Stati Uniti, invece, la cultura era prettamente liberista. Ciò alimenta l’investimento nel settore. 2. La nascita della radiofonia in Italia Quanto detto si sposa molto bene con il modello italiano, tuttavia, ci sono alcune particolarità: è un caso unico riguardo la nascita della radiofonia. L’Italia è la patria di Marconi quindi si potrebbe immaginare uno sviluppo precoce, anche se in realtà non è così. I primi passi del nuovo mezzo di comunicazione in Italia sono difficili. Vi è una cornice legislativa che risale al 30 giugno 1910: Art. 1: Sono riservati al Governo lo stabilimento e l'esercizio degli impianti radiotelegrafici e radiotelefonici, e, in generale, di tutti quelli per i quali, nello Stato e nelle colonie dipendenti, a terra e sulle navi, si impieghi energia allo scopo di ottenere effetti a distanza senza l'uso di fili conduttori. Si fa riferimento alla comunicazione senza fili in generale. Siamo solo nel 1910 quando la radiofonia è ancora un esperimento ma viene già contemplata. Allo stesso tempo è evidente che l’accento è posto sulla radiotelegrafia per scopi commerciali e militari: si fa infatti riferimento diretto alle navi. È però in facoltà del Governo di accordare a qualsiasi persona, ente o amministrazione pubblica o privata, a scopo scientifico, didattico, o anche di servizio pubblico o privato, l'autorizzazione di 5 Prospetto sinottico dei programmi della radiotelevisione, a volte comprendente le ore e i minuti stabiliti per le singole trasmissioni radiofoniche e televisive Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 7 stabilire ed esercitare impianti di tal natura a terra e sulle navi da diporto o di commercio, previa regolare concessione Si cerca con questa prima regolamentazione di abbracciare tutto, non solo la realtà attuale della radiotelegrafia, ma tenere presente gli eventuali sviluppi futuri, si fa infatti riferimento a scopi didattici, scientifici… chiaramente, le concessioni possono essere revocate. Anche le stazioni non governative comunque dovranno lasciar svolgere il proprio operato ai funzionari del governo, in quanto si tratta di un servizio di interesse per la collettività. Si sta inserendo anche dove avrebbero potuto trovare spazio i privati. Art. 2: Le Amministrazioni governative competenti in questi servizi sono i Ministeri delle poste e dei telegrafi, della guerra e della marina… la competenza tecnica della radio e della televisione rimarrà per decenni nelle mani del ministero delle Poste che riuscirà a mantenere la competenza tecnica sulla gestione dei nuovi media. Ciò significa avere le mani sull’organizzazione di un ente, il vero e proprio controllo dell’ente stesso. Art. 4: Chiunque arrechi guasto o deterioramento agl'impianti, od in qualsiasi altro modo interrompa o comprometta il servizio, anche temporaneamente, è punito ai termini dell'art. 315 del Codice penale, salve per i militari le pene comminate dal Codice penale militare. Incorrerà nelle stesse pene chiunque abuserà del segnale d'allarme delle navi in pericolo. Già si pensa a possibili abusi e/o interruzioni di servizio. È evidente come siano servizi che hanno un peso rilevante sia dal punto di vista commerciale che militare e per questo non devono essere interrotti per nessun motivo. Questa è la cornice in cui ci si muove in Italia, ancora sta prevalendo l’idea che la radio debba essere un mezzo di comunicazione simile al telegrafo. La Prima guerra mondiale interrompe poi qualunque ipotesi di sviluppo della radiofonia in Italia, anche se i soldati useranno spesso la radio: ciò fa in modo che si sviluppino competenze ed interesse tra le persone comuni. Nel dopoguerra, infatti, si registrano i primi radioamatori. Intorno al 1920 i negozi nelle grandi città cominciano a vendere i primi apparecchi radiofonici con, ovviamente, un costo molto elevato in quanto non esiste un’industria degli apparecchi radiofonici in Italia, vengono acquistati all’estero e rivenduti. La prima esperienza radiofonica è Araldo telefonico fondato da Luigi Ranieri, ingegnere e imprenditore, un primo servizio di radiotelefonia circolare. Permetteva a chi aveva acquistato un apparecchio di recepire un palinsesto (il primo della radio italiana): era un grosso apparecchio che a un certo orario emetteva un segnale e, avvicinandosi e mettendo delle cuffie, si poteva ascoltare la programmazione. Ha ancora le caratteristiche del telefono, è una sorta di “radio su appuntamento”. Questo dispositivo rudimentale mandava in onda un notiziario molto scarno, piccoli spettacoli… l’esperienza di Araldo telefonico dura poco in quanto dopo breve tempo Ranieri capisce che la vera novità tecnologica è la radio e traspone il suo stesso servizio in campo radiofonico creando Radio Araldo nel 1922: è la prima radio italiana. Questa radio ha una concorrenza molto agguerrita in questa fase, caratterizzata soprattutto dalle imprese straniere che si impongono sul mercato italiano. Questo era molto ristretto, vi erano condizioni molto difficili per lo sviluppo della radio: non esisteva un’industria nazionale che producesse apparecchi riceventi, il mercato era poverissimo e non omogeneo dal punto di vista linguistico e culturale, in ogni zona d’Italia si parlava soprattutto il dialetto. È importante anche lo sviluppo dell’industria dello spettacolo, serve qualcuno che produca i programmi da mandare in onda, ed in Italia questo era un punto molto dolente, se non in alcune città. L’andare al cinema, a teatro… era una cultura strettamente urbana. Ciò causa molto ritardo nello sviluppo della radiofonia. Inoltre, tra il 22 e il 24 si sta iniziando ad affermare il fascismo, in concomitanza con la radiofonia e radiotelegrafia. Siamo in una fase successiva alla marcia su Roma quando però il fascismo detiene il potere ancora in un governo di coalizione con altri partiti, non imponendosi con la forza sulla vita pubblica. Il fascismo crea quindi un compromesso con altre 8 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione forze, soprattutto con la borghesia imprenditoriale: ciò è favorito dal fatto che il governo di Mussolini mantiene una politica liberista in campo economico, che vuole mettere a tacere i sindacati, favorire l’arrivo di capitali dall’estero… è comunque una politica che non ha grande successo, anzi, danneggia la lira: è necessario cambiare impostazione, nel 1925 si passa al nazionalismo/protezionismo (statalizzazione). Intanto, questa è la fase in cui si sta sviluppando la lotta per le concessioni, prima radiotelegrafiche e poi radiofoniche. È un momento di crisi del regime e ciò impone un giro di vite sui giornali, con sequestri, violenze… si avvia nel pieno senso della parola la dittatura. La nascita di un servizio che fornisce informazioni come quello della radio in questi mesi significa che fin dalla sua origina avrà le stigmate di controllo politico sull’informazione, non è un medium libero. Tuttavia, la coincidenza della nascita del broadcasting con la fondazione del potere fascista fu puramente occasionale: la massiccia presenza dello Stato, nell'esperienza degli anni 20, cominciava a farsi sentire su tutti gli aspetti della vita sociale e produttiva. Ovunque si andava affermando un modello radiofonico che, tutelando gli interessi privati, ne sanciva tuttavia il carattere di pubblica utilità riconducendolo sotto la protezione e la vigilanza dello Stato. Furono piuttosto le incognite di un mercato assai povero che condizionarono il destino del broadcasting nel nostro paese legandolo saldamente al potere pubblico. Questo è il sottotesto della lotta per le concessioni, con processi di tipo politico, economico, sociale... Al momento dell'insediamento del nuovo governo la questione dell'organizzazione dei servizi radiotelegrafici era già stata attentamente esaminata negli ambienti finanziari e industriali. La guerra, però, aveva rallentato lo spirito d’impresa di un settore così nuovo, ma aveva pur contribuito a creare interessi, competenze ed entusiasmo. Gli ambienti finanziari, inoltre, cominciano seriamente a interrogarsi sul valore economico e politico della radio e in questo senso se ne servivano come strumento di pressione sul nuovo governo fascista. Concessioni radiotelegrafiche: Qui rientra in campo la figura di Marconi, lodato da Mussolini; quindi, potremo aspettarci un suo sguardo di favore verso le imprese dell’imprenditore bolognese. Egli aveva creato la SISERT, Società italiana servizi radiotelegrafici e radiofonici, gestita in maniera diretta da Luigi Solari, il suo braccio destro. Quando arriva il momento di stabilire a chi dare la concessione per la radiotelegrafia Mussolini tentenna, si è ancora nella fase in cui il regime non vede l’ora di accogliere capitali stranieri. Ecco che la soluzione SISERT non è particolarmente apprezzata da parte del governo nel 1922. È evidente che il prestigio e le relazioni politiche strette in Italia da Marconi non erano state sufficienti a garantirgli quel favore che aveva così facilmente ottenuto all'estero. Egli sosteneva, per interesse più che per patriottismo, l'indipendenza della nascente struttura delle comunicazioni italiane dal capitale straniero. Era dell'idea di costruire una società italiana rappresentata da un ente nazionale in grado di difendere gli interessi dell'Italia stessa. Di fatto però il gruppo Marconi non godeva in quel periodo di grande fiducia a causa del processo iniziato contro l'inventore per il fallimento della banca italiana. La domanda di concessione presentata dal gruppo Marconi non ebbe esito positivo, lo stesso capo del governo non sembrava disposto ad affrettare una decisione ancora piena di dubbi. In seguito Marconi stesso decise di scrivere direttamente a Mussolini per sollecitarlo a prendere posizione sul progetto di convenzione riservata tra SISERT e ministero degli esteri facendo presente al capo del governo che il regime fascista doveva assumersi precise responsabilità in merito allo sfruttamento del mezzo radiofonico. Ribadiva che sarebbe stato opportuno riservare allo stato tutti gli strumenti di controllo dei servizi radiofonici per contrastare le iniziative delle società straniere. Le concessioni, infatti, fanno gola alle società tedesche, tra cui la Telefunken che fonda Radio Elettra, e a quelle francesi, tra cui la Société Générale de Thélégraphie Sans Fil che fonda Radio Italia: il governo chiede a queste società che volevano gestire le comunicazioni di unirsi in una sola. A questo punto la SISERT fa un passo indietro: Marconi stava intanto studiando le onde corte e con questa fusione avrebbe dovuto condividere con le altre compagnie le sue nuove scoperte. Così i capitali italiani si fanno da parte Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 9 e si assiste alla fusione di quelli tedeschi e francesi con la creazione della SIR, Società Italo Radio, per la gestione delle comunicazioni radiotelegrafiche. Lo scacco per Marconi non poteva che essere più grande: egli aveva, bene o male, mantenuto un'esclusiva fino al 1922, ma questo momento segnava la fine della possibilità di creare in Italia un servizio radiofonico controllato esclusivamente dal capitale del suo gruppo. Concessioni radiofoniche: abbiamo diversi protagonisti, qui Marconi capisce che per questi servizi deve sviluppare meglio la sua proposta. Non basta la SISERT, si unisce altre fabbriche di apparecchiature radiotelegrafiche, tra cui la SARI, di Enrico Marchesi, ex direttore generale della FIAT: si fondono nella Radiofono, diretta proprio da Marchesi. Questa ha al suo interno diversi interessi e diversi soggetti, ma di nuovo il mercato italiano attrae anche gli sguardi provenienti dall’estero. La Western Electric Company statunitense ha nella SIRAC, Società italiana radio audizioni circolari, la sua succursale italiana diretta da Raul Chiodelli. Anche per questo le trattative procedono con lentezza fin quando non interviene Costanzo Ciano, ministro delle comunicazioni 6(fascista della prima ora), fu ufficiale di marina ma soprattutto un uomo politico potentissimo di Livorno. Egli era legato a Marconi e molto sensibile per le questioni di radiotelefonia: fu lui a guidare le danze in questa fase della lotta per le concessioni. Non bisogna dimenticare che Marconi e il suo consigliere Solari erano ufficiali di Marina come Ciano e con lui avevano stabilito un'intesa che si sarebbe rivelata fruttuosa. È quindi da attribuire ai risultati conseguiti dallo sviluppo della radiotelegrafia marittima e ai meriti che Marconi si era conquistato presso Ciano il consenso che il gruppo della Radiofono ottenne dal ministro delle comunicazioni nel periodo immediatamente successivo al suo insediamento al ministero. Si giunse finalmente, su suo impulso, nell’estate del 1924 a stabilire definitivamente il quadro entro il quale sarà gestita la radiofonia, prima con il R.D.L.7 n. 655 del 1° maggio 1924 e poi recepito in toto dalla Legge 1226 del 10 luglio 1924. Questo quadro legislativo è coerente con la legge sopracitata del 1910. Nel dettaglio: R.D.L. n. 655 del 1° maggio 1924: Prende in considerazione due grandi aspetti relativi alla radiofonia: contenuti e finanziamento. Per i primi stabilisce che avrebbero dovuto essere concerti, spettacoli teatrali, conversazioni, discorsi, notizie, lezioni, prediche. Per il secondo punto stabilisce un doppio finanziamento, sia il canone sia la pubblicità (unico paese al mondo che lo prevede fin dall’inizio); Legge 1226 del 10 luglio 1924: ribadisce quanto detto dal decreto-legge e stabilisce che l’impianto e l’esercizio di comunicazioni per mezzo della radio sono riservate al governo, che ha la facoltà di accordarle in concessione. Un articolo, inoltre, stabilisce che l’eventuale società concessionaria non avrebbe potuto trasmettere notiziari senza visto preventivo dell’autorità politica locale. Siamo nel luglio 1924, poco dopo il delitto Matteotti, c’è un forte desiderio di controllo. La soluzione è l’unione della SIRAC e della Radiofono che danno vita all’URI, Unione Radiofonica Italiana, il 27 agosto 1924 che rappresenta gli interessi dei produttori di materiali per gli impianti radiofonici trasmittenti e riceventi (interessati allo sviluppo del mercato). Con la mediazione di Ciano fu impedito alle società francese e tedesca di estendere il loro controllo dai servizi radiotelegrafici a quelli radiofonici propriamente detti. La convenzione istituiva definitivamente la figura giuridica della società concessionaria, rappresenta quindi l'atto di nascita del primo regime radiofonico in Italia. L’URI, inoltre, essendo nata da un compromesso, deve tenere conto dei vari interessi e forze in gioco. I protagonisti dell’URI all’origine, infatti, sono: Vicepresidente: Luigi Solari (uomo di Guglielmo Marconi) Direttore: Raoul Chiodelli (su proposta di Ciano) 6 il ministero delle comunicazioni nasce con un decreto dell'aprile del 1924 con cui le amministrazioni delle ferrovie, delle poste e telegraEi, dei telefoni e della Marina mercantile venivano uniEicati 7 Regio decreto-legge 10 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione Presidente del CdA: Enrico Marchesi (uomo di Giovanni Agnelli) N.B. La famiglia Agnelli aveva dimostrato interesse verso I grandi mezzi di informazione adoperati come merce di scambio tra potere economico e potere politico; infatti si era già interessato nell’ambito della stampa. Al presidente della Fiat non sfuggì quindi il valore potenziale del nuovo mezzo radiofonico da cui poteva ricavar sicuramente un tipo di interesse economico. Tuttavia, non è possibile stabilire con esattezza quale in quanto la Fiat fino agli anni 30 fu tradizionalmente estranea al settore elettromeccanico, non si può quindi supporre che la proprietà dell'URI potesse interessare i dirigenti della casa torinese allo scopo di ricavarne un'utile immediato. È da ritenere piuttosto che il governo fascista, affidando la Presidenza dell'unione radiofonica ad un uomo di Agnelli, puntasse su una di quelle operazioni di controllo indiretto di un organo di formazione. Inoltre, se alla Presidenza dell'URI era stata chiamata una persona di rilievo come Marchesi voleva dire che il governo non nutriva scarsa considerazione per la nuova società, nonostante l'esiguo numero degli abbonati, la limitata estensione della rete trasmittente e il livello ancora semi artigianale della nascente industria degli apparecchi riceventi. Dal punto di vista industriale il gruppo americano e quello di Marconi si erano messi d’accordo per “spartirsi la torta” in quanto il mercato italiano era ancora tutto da conquistare, ma soprattutto doveva ancora essere creata la stessa infrastruttura. Non solo c’erano da costruire e vendere gli apparecchi radiofonici ma appunto era necessario costruire la struttura delle stazioni trasmittenti su tutto il territorio nazionale. L’obiettivo è la costruzione della rete. Il vero obiettivo di queste imprese non è tanto vendere il servizio ma costruire una rete in cui si possano svolgere molti investimenti. Non saranno le imprese, e quindi l’URI, a spingere per uno sviluppo numerico del “parco abbonati”, ma sarà frutto di una decisione politica. Per Agnelli la radio era un mezzo importante, a sua volta Ciano ha tutto l’interesse a controllare, quanto meno in maniera indiretta, il nuovo mezzo: si cominciano a intuirne le potenzialità. Il controllo indiretto avviene proprio attraverso il controllo di un industriale come Agnelli: non è lo stato che si appropria di un’impresa culturale, l’URI è un’azienda privata, gli industriali fanno così il loro interesse favorendo intanto il regime. L’avvio del broadcasting in Italia, non tanto per le premesse iniziali ma per il modo in cui si era risolto, non era stato il frutto di una gara tra diverse società ma un’intesa, un compromesso (pilotato dal governo). Già alla sua nascita la radio presuppone un compromesso tra potere politico e imprenditori. Un altro aspetto è che tutta questa lotta per le concessioni si è svolta in piena crisi aventiniana e si è risolta in piena coincidenza con la fine della stessa. L’URI inizierà a svolgere le prime trasmissioni il 6 ottobre 1924 e poco dopo viene firmata la convenzione tra URI e Ministero delle Comunicazioni del 27 novembre dello stesso anno. Siamo poco prima del discorso del 3 gennaio del ’25. Il contratto tra Stato e URI sancisce: Lo stato concede all’URI per sei anni, prorogabili per 4, l’esclusiva del servizio radiofonico su tutto il territorio nazionale. Le viene garantito il monopolio (ad una società privata strettamente controllata), che non è un’emanazione statale, non possiamo parlare di principio del servizio pubblico; Per convenzione il servizio dell’URI doveva essere di almeno sei ore al giorno; il Governo si riservava due ore al giorno per le proprie comunicazioni (in caso di urgenza anche oltre) e controllava tutte le notizie. Nei primi anni andrà oltre il tempo concesso; il “mantello radiofonico” (copertura con le onde radio) non copriva ancora tutto il territorio nazionale ma dovevano esserci alcune stazioni trasmettitrici nel territorio: una a Roma, una a Milano e una terza a Napoli o Palermo; Si fissa la cifra dell’abbonamento annuo e delle tasse: 90 lire il canone annuo, 50 lire per la licenza dell’apparecchio radiofonico, la tassa di bollo, tassa inferiore che variava a seconda della potenza dell’apparecchio da 20 a 60 lire (+ chiaramente il costo per acquistare l’apparecchio). Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 11 Possibilità di introiti pubblicitari; Stabilita una protezione doganale per le apparecchiature delle stazioni trasmittenti. 3. L’URI - Unione radiofonica italiana (1924-1928) L’URI durante la sua breve vita è la concessionaria della radiofonia. Il 6 ottobre 1924 inizia le trasmissioni regolari, di cui non abbiamo l’audio originale. La voce che annuncia l’avvio dei programmi è quella di una donna, una musicista, Ines Viviani Donarelli: si inizia, infatti, con un concerto dal vivo (non esiste la registrazione dei programmi); viene suonata musica da camera, brani di opere liriche, musica folkloristica… già capiamo il mix di gusti tipico dell’offerta musicale dell’URI. Il parlato c’è ma si tratta di intervalli tra i brani, si trasmette il bollettino meteorologico, le notizie di borsa, e una conversazione riguardo la radio: parla di sé stessa. Si conclude poi dopo 1h e 30 e l’ultima cosa ad essere mandata in onda sono gli inni ufficiali. La prima programmazione viene trasmessa da Roma, ma lo “studio di registrazione” si trovava distante, in un palazzo storico. Si trattava di un salone abbastanza modesto con soffitti e pareti ricoperti da drappi pesanti per una questione di acustica. La prima vera annunciatrice fu sempre una donna: Maria Luisa Boncompagni, figura fondamentale nella radio dell’epoca, aveva esordito nel 1914 e aveva poi lavorato per l’agenzia Stefani… lavorò all’URI come figura tuttofare. Fu la prima vera diva radiofonica italiana. Nei giornali del 1924 si parla delle nuove tecnologie, tra cui la radio, raccontano come migliorano gli apparecchi e anche quanto stiano diventando meno costosi. È un tema fondamentale in Italia perché i prezzi non diminuiscono. Il re parla per la prima volta alla radio, quale sarà stato l'obiettivo del re e della BBC di trasmettere la sua voce anche alle colonie? La popolazione più conservatrice e anziana come ha reagito? Perché è chiamato wireless se ci sono così tanti fili connessi all' apparecchio? Perché la comunicazione è trasmesso via etere, i fili servono ad alimentare l'apparecchio, è sempre necessario avere dei fili collegati alla corrente elettrica. In Italia non tutto il territorio è coperto dalla rete elettrica quindi non è possibile ricevere la radio in tutto il territorio. La prima cosa che si ascolta alla radio è la musica. È infatti una fase rivoluzionaria per la musica, ad esempio, negli anni ’10 in Inghilterra si sviluppa la vendita della musica riprodotta, è una fase fondamentale anche dei consumi musicali. In Italia siamo ancora in una fase sperimentale, nessuno ha idea di cosa piaccia al pubblico quindi si va per tentativi. L’URI in un primo tempo trasmette soltanto per due ore al giorno, dalle 20:30 alle 22:30: nel palinsesto vi è molta musica (è l’idea del music box). Si trasmette l’opera, musica da camera, ma anche canti popolari: si tratta del concerto variato, concerto in quanto si tratta di artisti che trasmettono in diretta. È una scelta culturale antologica e non colta, questo mix di tipologie diverse di brani musicali coinvolge livelli culturali diversi. Non vi sono rubriche fisse (o meglio ve ne sono poche), ci sono degli stacchi comici… insomma, è un gran minestrone. Il palinsesto, infine, comprendeva anche dei notiziari molto limitati ma già alla fine del 1924 l’agenzia Stefani è l’unica che potrà fornire le notizie alla radio. Inoltre, a parte alcune rare figure, chi lavora nella radio non è un esperto del settore. È importante anche chi fosse all’ascolto in questa fase: soprattutto un pubblico borghese urbano di persone abituate ad andare al cinema o a teatro. Dal punto di vista della socialità il possedere una radio pone una questione sociale, possederla non significa cancellare gli usi quotidiani come proprio l’andare al cinema, non ha modificato il modo di vivere. Il pubblico in questo momento quindi è molto esiguo, di provenienza medio-alto borghese in quanto i prezzi si mantengono a livelli molto alti. Ritornando all’orario, un operaio e un contadino alle 8 di sera probabilmente sarebbero stati già a dormire. Inoltre, da un esame delle prime riviste del radio dilettantismo italiano emerge lo scarso interesse per i programmi e una ben più marcata attenzione per la tecnica; ma soprattutto ne deriva l'immagine fortemente caratterizzata di un 12 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione pubblico di amatori. L’ascolto radiofonico non è certo ancora quel fenomeno collettivo promosso su basi di massa dal regime fascista ma non è neppure ancora definibile in termini quantitativi e qualitativi. Due anni dopo la nascita dell'URI gli abbonati sono circa 26.000: il numero coincide probabilmente con quello di amatori e radio dilettanti, organizzati anche in forme volontarie di discussione sul mezzo radiofonico. Sappiamo poco della vita effettiva di queste associazioni; qualcosa di più sulle leghe nazionali, sorte tra 1924 e ‘27, come la RAI, radio associazione italiana, la FIR, Federazione italiana radio cultori, e altre che confluirono nell'ARI, associazione radiotecnica italiana. Questi gruppi erano portatori di interessi spesso contrastanti che corrispondevano a differenti modelli di espansione della radiofonia e del pubblico radiofonico. Radio orario Agli inizi del 1925 le ore di trasmissioni aumentano e nasce Radio Orario, che si occupava di fornire i palinsesti. C’è una sorta di auto riconoscimento dei gusti: in prima pagina si trova una cantante lirica in quanto si sa che al pubblico piace. Inoltre, c’è un riferimento alla prima guerra mondiale, con le medaglie per gli eroi: è una visione patriottica, facilmente condivisibile. C’è l’idea di creare un rapporto con il pubblico. Uno dei problemi all’epoca per cui molto si lamentavano i pochi ascoltatori era il fatto che ci fosse scarsa puntualità nella messa in onda delle trasmissioni, ad esempio, non si da orario preciso per le notizie Stefani e il bollettino borsa. All’epoca, però, non interessava molto in quanto per i borghesi che usavano la radio le notizie venivano fornite da altre fonti come i giornali, il nuovo medium serviva soprattutto per la musica. Vi erano poche trasmissioni parlate. Dal punto di vista della programmazione il palinsesto si strutturava come la foto che segue: Inoltre, vi è un articolo che racconta della prima stazione radiofonica a Roma, si nota lo studio da cui andavano in onda le prime trasmissioni, una stanza con tendaggi per cercare di avere un’acustica migliore, gli strumenti musicali… c’è poi la vera e propria stazione trasmittente. Si arriva poi alla principale programmazione delle radio straniere. Serviva probabilmente per invogliare all’ascolto radiofonico, come vediamo la loro programmazione è ben più evoluta. Di conseguenza, invoglia ad acquistare l’apparecchio: dietro l’impresa vi erano le aziende produttrici di materiale elettrotecnico che guadagnavano dall’aumento degli acquisti. La radio comincia ad essere internazionale, dato che serve Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 13 soprattutto come music box non interessava la provenienza delle emittenti, si poteva superare la barriera linguistica. Inoltre, dedica spazio alle questioni tecniche ma anche alle pubblicità, c’è l’immagine di uno dei primi negozi a vendere radio (si trattava soprattutto di negozi di arredamento). Lo strumento radio orario serve soprattutto per vendere. L'idea di aprire un dialogo con gli ascoltatori è dettata infatti da una necessità di marketing: più li si coinvolge più si favorisce la crescita degli abbonamenti. La stampa aziendale risulta così un terreno privilegiato di comunicazione: riservando largo spazio alle lettere degli ascoltatori, ricevendo informazioni sugli indirizzi e le scelte persegue anche l'obiettivo di promuovere nuovi abbonamenti e reclutare nuovi ascoltatori. Quello che si verifica però, non sarà conforme alle aspettative: le vendite, infatti, ristagnano e così il numero di abbonati. L’industria italiana era troppo debole per concorrere con quella straniera, all’estero si ha una superiorità tecnica innegabile a cui si accompagna una di tipo commerciale. In Italia si fanno avanti gruppi di industriali dilettanti e dilettanti industriali: industrie artigianali dalle dimensioni ristrette. Inoltre, l’Italia dipenderà sempre dall’industria straniera per i prezzi dei componenti. In generale poi le vendite non andavano oltre i centri urbani ed erano limitate ai ceti più abbienti. La provincia italiana degli anni 20 non era certo in condizione di favorire l'espansione del nuovo mezzo, a causa soprattutto dell'esistenza di ampie zone sottosviluppate, il permanere delle differenze tra nord e sud, l'analfabetismo… insomma una serie di squilibri endemici della società italiana che rappresentavano un ostacolo serio allo sviluppo dei moderni metodi di comunicazione. Ritornando al “parco abbonati”, nei primi tre anni cresce molto lentamente. Alla fine del ’25 gli abbonati erano 10.000, ma non sappiamo invece quanti fossero coloro che l’ascoltavano senza pagare l’abbonamento. Si tratta comunque di un numero molto basso confrontato alle medie europee: nel ’26 vi erano 27.000 abbonati mentre la BBC ne aveva milioni. In parte è perché l’Italia era più arretrata rispetto a questi paesi, la maggior parte della popolazione non può accedere all’acquisto della radio, inoltre, non tutto il territorio era coperto da una rete elettrica e non giovava nemmeno che l’URI avesse una programmazione così ridotta. Il problema più grande, comunque, rimanevano i costi: una buona radio costava almeno 3.000 lire a cui vanno aggiunti canone e tasse. Il reddito medio pro-capite era circa 3.000 lire, un operaio specializzato non arrivava nemmeno alle 400. Il prezzo di una radio era quasi uguale a quello di un’automobile: era un bene di lusso. Questo il governo lo sa e prova ad abbassare le spese, ad esempio consentendo la rateizzazione dell’abbonamento. L’URI comunque non era un’azienda ricca, passa un periodo di difficoltà, ma per legge deve costruire la rete radiofonica in Italia, missione che ha un costo molto elevato. Per questo, deve ricorrere ad un aumento di capitale: si inserisce la SIP, società idroelettrica piemontese (con sede a Torino), che si occupa di reti elettriche. Bisogna trovare anche altre vie di finanziamento, si trova un’altra soluzione, non definitiva, per consolidare i bilanci tramite la pubblicità: nasce la SIPRA, società italiana per la pubblicità radiofonica e anonima, che deve raccogliere e gestire la pubblicità trasmessa dalla radio (tra gli azionisti vi è la SIRAC). Il fatturato è ancora limitato ma qualcuno ha cominciato ad intuire i possibili sviluppi della radiofonia. La pubblicità che compare nella radio nel ‘26 è molto rudimentale, si tratta per lo più di comunicati brevi. Un altro aspetto importante è che la radio viene accolta molto freddamente nel mondo della cultura, solo due ne sono molto attratti: Marinetti ed Enzo Ferrieri, un letterato che animava il circolo del convegno che collaborerà alla radio a Milano e diventerà regista radiofonico. Si tratta comunque di casi rari. La radio, quindi, stentava a decollare indipendentemente dal regime politico vigente, il mancato decollo scoraggia poi qualunque ulteriore iniziativa. Il governo non ha interesse ad occuparsi maggiormente della radio se nessuno la ascolta, così come molti imprenditori. Non c’è concorrenza in quanto non c’è vivacità sul mercato, anzi, sigilla la condizione di monopolio. 14 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione La tipologia di trasmissioni Con il tempo qualcosa inizia ad emergere: i contenuti delle diverse stazioni si assomigliano ma ognuna delle tre ha delle proprie specificità. La programmazione è quindi fatta da tre diversi palinsesti in quanto non vi è un collegamento stabile: Roma, Milano, Napoli. I programmi si caratterizzano per fattura artigianale, gli speaker sono persone senza esperienza pregressa che devono improvvisare la loro attività. L’ossatura è data dal concerto variato, la musica serve anche a perfezionare la trasmissione. Ogni stazione trasmittente ha la propria orchestra. L’offerta musicale comunque è dignitosa, può aiutare il pubblico ad arricchire le proprie competenze musicali. Per quanto riguarda le trasmissioni non musicali l’offerta è più modesta in quanto il contesto politico è vincolante: non vi è improvvisazione, ogni testo deve essere approvato. Sempre per questo l’offerta culturale è abbastanza modesta. I dirigenti dell’URI, inoltre, non sono intellettuali ma industriali a cui interessa lo sviluppo della rete più che le cose che vengono dette. Ci sono comunque alcune produzioni simili come rubriche di moda, astronomia, medicina… la stazione di Milano è la prima a mandare in onda rubriche fisse, Colantuoni dirigerà la rubrica fissa “di tutto e un po’”. Iniziano a trovare spazio anche le prime radioconversazioni, genere divulgativo molto importante che però non funzionano granché. Il testo è scritto quindi sono sempre molto rigide e schematiche, inoltre, l’oratore a teatro vedeva la reazione del pubblico mentre alla radio no, poteva giocare molto con i toni della voce, mentre alla radio la variazione di toni era molto più difficile da rendere in quella fase (dal punto di vista tecnico), manca anche la gestualità. I contenuti poi non possono che essere limitati. Si ha anche la prima radio scena rievocativa, si celebrano alcune ricorrenze come l’entrata in guerra dell’Italia. Vi è comunque una totale mancanza di orientamento culturale, c’è sicuramente un contatto con la tradizione umanistica e un aspetto patriottico, aspetti che caratterizzano l’educazione medio-borghese. Vi sono poi alcuni esperimenti di varietà: nel ’26 fa la sua apparizione alla radio Ettore Petrolini, il re dell’avanspettacolo e genere comico. Egli collabora alla radio con fatica; poi troverà spazio anche il teatro radiofonico, opere pensate per la scena vengono riadattate e trasmesse sulla scena, e quelli che saranno i radiodrammi, testi scritti esplicitamente per la radio. In Italia il primo esperimento di radiodramma è trasmesso nel 1927. Ci sono anche i primi programmi sportivi: ciò segna un cambiamento, per la prima volta la radio informa il suo pubblico prima dei giornali, non si tratta di radiocronache ma di aggiornamenti sull’andamento delle gare. Per quanto riguarda le trasmissioni per un pubblico più basso, esistevano programmi per gli agricoltori, ad esempio, negli Stati uniti erano una delle colonne portanti della programmazione: il numero degli agricoltori con una radio era altissimo e quindi la programmazione si incentra sulla produzione agricola; in Italia, invece, ci sono solamente alcune rubriche. È la stazione di Milano che inaugura una programmazione dedicata ai temi agricoli: sono conversazioni che hanno l’obiettivo di sviluppare la cerealicoltura. Nel 1926 siamo nel pieno della battaglia del grano mussoliniana quindi ci si concentra su questi temi. Tale battaglia ha l’obiettivo pratico di diminuire l’importazione di grano dall’estero ma anche un obiettivo ideologico, si comincia a parlare della sterilità delle nazioni portata dall’urbanesimo. Si parla dell’uomo italiano fascista che vive in campagna e sta lontano dalla città, è l’inizio delle campagne anti-urbane che il fascismo farà proprie negli anni Trenta. I programmi però sono per un pubblico urbano, non certo per i contadini; anche questa fetta di pubblico deve assorbire la propaganda di regime. La radio viene coinvolta pe la prima volta in una campagna del fascismo. Altro settore importante è quello dei programmi per l’infanzia che sono tutti incentrati sui temi della fedeltà, della disciplina e del patriottismo. Ogni stazione ha i suoi collaboratori, a Milano nasce una trasmissione che avrà vita molto lunga: il cantuccio dei bambini. È un programma contenitore, cioè che ha al suo interno diversi momenti differenziati tra loro tenuti insieme da una cornice narrativa molto lassa. Vengono messi in onda giochi, si recitano le prime commediole, ci sono canzoni per bambini... Gli altri programmi sono il giornalino radiofonico del fanciullo e Bambinopoli. Il coinvolgimento dei bambini è Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 15 fondamentale e verrà ripresi in futuro. Ci sono delle scolaresche che partecipano con la loro voce alle trasmissioni, soprattutto a Napoli con Bambinopoli, la città dei bambini. Il giornalino radiofonico del fanciullo di Roma ha una struttura diversa, si vuole mimare quella di un giornale, ma per l’infanzia, e l’avvio della trasmissione giornaliera è con brevissimo esordio di carattere patriottico e educativo. Da questo deduciamo che questa trasmissione è delle tre la più politicizzata: perchè siamo a Roma e c’è un contatto diretto con l’organizzazione per l’infanzia del regime. È la trasmissione più ricordata grazie al protagonismo di Maria Luisa Boncompagni. Più degli altri programmi, è impregnato di ideologia fascista, si esaltano gli eroi, s’impone la disciplina e la fiducia cieca nel regime. Questo adattamento all’educazione fascista viene anche dal basso. I programmi hanno un’impostazione de amicisiana, i bambini che ascoltano i programmi sono tutti delle élite, figli di famiglie colte; se noi analizziamo l’offerta musicale notiamo che è colta. I programmi per l’infanzia sono una cartina tornasole per capire l’impostazione che si vuole dare a un pubblico che sta crescendo. Vi erano anche programmi curati dalle organizzazioni fasciste, tra cui l’opera nazionale del dopolavoro, la prima ad avere un programma quotidiano di 10 minuti autonomo. È una presenza del regime che vuole sostituire quell’apparato dedicato al tempo libero che il movimento operaio aveva costruito nei decenni e che il fascismo aveva distrutto. Ci sono anche servizi di informazione sulla previdenza del regime, informazioni effettivamente utili per la popolazione. Era un programma noioso. L’informazione era quella più in difficoltà, che più difficilmente si poteva rendere vivace. Le informazioni potevano essere trasmesse alla radio solo se date dall’agenzia Stefani. Erano notizie già passate al vaglio del regime e che erano anche già state pubblicate dalla carta stampata. La radio, quindi, non aggiunge nulla all’informazione. Solo nel settembre ’26, l’URI chiede l’autorizzazione di ampliare i propri servizi informativi, traendo in un primo momento le informazioni dai quotidiani: il quotidiano scelto è il Popolo d’Italia, organo del partito nazionale fascista. La vera novità sta nel fatto che si consente ai notiziari serali dell’URI di anticipare le notizie che il Popolo d’Italia avrebbe pubblicato il giorno successivo. Il vantaggio è reciproco perché l’Uri può vivacizzarsi e il giornale si fa pubblicità gratuitamente. Il settore delle informazioni subisce le maggiori carenze, nessun utente accende la radio per informarsi. C’è comunque il problema che i notiziari non sono molto puntuali. Per quanto riguarda invece l’aspetto religioso, l’ipotesi di trasmettere la messa domenicale salta subito perché la chiesa si rifiuta. Non esistono, quindi, veri e propri programmi religiosi, ma solo un concerto di musica sacra la domenica mattina. Inoltre, non esistevano trasmissioni antimeridiane, se non la musica sacra la domenica mattina. È una radio per appuntamento, non puntuale però. Questo è dovuto al fatto che bisognava risparmiare, le 4 ore di trasmissioni di Milano valgono solo per Milano, e questo vale anche per Roma e Napoli, non vi era una diffusione dei programmi radiofonici lontani dalla stazione trasmittente. Solo alla fine degli anni ’20 sarà possibile ascoltare il programma di Napoli a Milano. Il primo referendum del 1927 rende possibile conoscere i gusti del pubblico borghese, di cui abbiamo poche risposte via lettera che arrivano all’URI; il giudizio generale era tutto sommato positivo; quindi, c’era un rispecchiamento tra programmazione e pubblico. Si chiede un aumento del teatro, di ridurre il jazz e la musica ritmata, c’è un giudizio negativo sulla programmazione culturale e sui notiziari del dopolavoro, c’è anche chi si lamenta della pubblicità. Lo spettatore medio è benestante, vive in città, non è giovane, ha una cultura modesta e non è politicizzato, perché nessuno chiede più informazione. Da questa programmazione non emerge una programmazione fascista, ancora non è intrisa di ideologia. 16 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione Il clima politico traspare ben poco, è una programmazione disimpegnata e qualunquista. Non è un caso perché è un’impostazione culturale che asseconda la costruzione della dittatura, come se il fascismo fosse una realtà connaturata alla vita italiana e non qualcosa che è stato imposto. L’URI doveva riservare due ore al governo al giorno, ma non se ne faceva nulla. Il regime fascista ha posto le premesse per il controllo della radio ma non se ne sta servendo. La programmazione non è antifascista ma sono gli stessi programmatori ad avvicinarsi al volere del governo, a mimare la cultura fascista, non c’è un’impostazione dall’alto: c’è il controllo ma non la propaganda. I borghesi che ascoltavano la radio erano già fascisti, non c’era bisogno di fascistizzarla. Mussolini era stato un giornalista della carta stampata, conosceva benissimo i meccanismi interni e questa sua formazione lo porta fuori strada, non ha ancora quella attenzione al nuovo mezzo di comunicazione che assumerà più avanti. Siamo negli anni ’20, una fase in cui possiamo parlare di regime autoritario che ancora deve diventare totalitario, non è ancora scattata la politica di mobilitazione delle masse degli anni ‘30. Invece, i giornali sono caratterizzati da una fascistizzazione, la stampa non è più libera. Nasce una filiera di produzione delle notizie dettate dal governo. Per la radio questo trauma non c’è, ma avverrà al crollo del regime fascista. N.B Lo sviluppo tecnologico negli anni che vanno dal 1927 alla guerra d'Etiopia obbedisce alle necessità della produzione in un paese in via di sviluppo. Al di là della conquista del potere da parte dei «fascisti», i veri protagonisti dell'azione egemonica furono i quadri direttivi e imprenditoriali, espressione delle forze che contavano nell'economia e nella società. Queste forze avevano bisogno di rilanciare tutto l'apparato produttivo in un contesto internazionale in rapida evoluzione. Nel potenziamento della radio, che si manifesta in Italia solo dopo il 1927, oltre a quello politico c'è quindi anche l'interesse di larghi settori dell'industria nazionale, per i quali l'ampliamento della rete radiofonica costituisce un solido terreno di investimenti e di profitti. Le iniziative e gli interventi che potevano favorire un altrettanto celere sviluppo del settore incontravano però un limite nelle condizioni generali della società e dell'economia: basso tenore di vita, costo eccessivo dei canoni di abbonamento, mancanza in alcune zone di impianti per l'energia elettrica. Nel 1927 il numero degli abbonati, fra privati e speciali (esercizi pubblici, circoli ecc.), non superava le 40 mila unità, mentre in Inghilterra nello stesso anno se ne contavano più di 2.250.000. Se è vero che gli interessi della radiofonia erano collegati a quelli di un largo settore dell'industria italiana, bisogna considerare che questo legame, se poteva fornire incentivi e realizzi quasi immediati per l'industria elettromeccanica, solo indirettamente e a lungo termine favoriva i profitti dell'URI. L'ampliamento della rete e dei servizi richiedeva grandi disponibilità di capitali che i proventi dei canoni di abbonamento non bastavano ad assicurare. Gli investimenti richiesti all'industria privata, per quanto a medio e lungo termine, tardavano a dare i loro frutti. All'inizio del 1927 l'URI non era in grado di continuare l'esercizio dell'attività sociale senza l'intervento di massicci finanziamenti: l'intervento pubblico, che si inseriva nella politica dei salvataggi non ancora conclusa, sarebbe stato assicurato a un nuovo organismo, un ente speciale a capitale privato che, in cambio, avrebbe fornito al regime la struttura giuridica e amministrativa indispensabile per coordinare tutto il controllo delle informazioni e della politica culturale radiofonica. Esattamente in un anno, dal gennaio 1927 al gennaio 1928, si definiscono le caratteristiche del nuovo sistema: potenziamento delle stazioni trasmittenti, creazione di un nuovo ente concessionario, istituzione di un Comitato superiore di vigilanza sulle radiodiffusioni. Una convenzione, la cui durata è stabilita in venticinque anni, fissa un aumento di capitale nella misura di 2 milioni di lire mediante nuove sottoscrizioni di azioni e stabilisce il nuovo piano tecnico delle trasmittenti. Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 17 Si comincia a capire che la radio può svolgere un ruolo nella vita economica, si prevede uno sviluppo della rete e si decide quindi di riformare l’URI; la si vuole potenziare, ancora senza farne un uso politico ma che potrebbe essere utile in futuro. La situazione dell’URI rispetto alle reti straniere è imbarazzante; la questione radiofonica diventa una questione di prestigio nazionale. Nel 1927 viene istituita la commissione Turati, commissione per lo studio dei problemi dello sviluppo e del controllo della radiodiffusione, presieduta da Augusto Turati, segretario del partito fascista. Il regime prova ad essere più consapevole di dover guidare anche lo sviluppo della radiofonia, lavora e studia il dossier radiofonico e giunge ad alcuni risultati: il principio del monopolio deve essere ribadito, la natura pubblica della trasmissione radiofonica; propone un piano per lo sviluppo della radiofonia, propone la creazione di un nuovo ente radiofonico che sostituisca l’URI. Deve essere più potente e deve rappresentare tutte le forze economiche e industriali interessate alla radiofonia. Il Consiglio dei ministri esamina la proposta di Turati ed emana un decreto, nel 1928, che trasforma l’URI in EIAR, ente italiano audizioni radiofoniche. Costituisce anche un comitato di vigilanza, ma la cosa importante è che va firmata una nuova convenzione, un contratto tra il governo e l’ente concessionario: 28 dicembre 1927, che scade nel 1952. La radio italiana esce così definitivamente dal periodo delle origini e comincia a imporsi all'opinione pubblica come mezzo di comunicazioni di massa. 4. I primi anni dell’EIAR (1928-1933) Siamo al termine della prima fase della radiofonia in Italia. Con il ’28 il governo italiano ha capito che deve dare di più, ma siamo ancora in una fase di passaggio, la vera cesura sarà nel ’33. Il passaggio tra i due enti è indolore, non se ne accorge nessuno. Sono entrambe aziende private in collaborazione con il governo, non cambia la dirigenza né il nucleo centrale degli azionisti di maggioranza (Marconi, SIRAC, Fiat, SIPRA) ma il consiglio di amministrazione sì, entrano ad esempio figure come Lionello Garbaccio e Isaia Levi, entrambi industriali piemontesi; è evidente come stava già iniziando la piemontizzazione dell’EIAR che giunge al suo culmine con l'ingresso sulla scena di Giancarlo Vallauri. Rispetto all’URI il capitale dell’EIAR è maggiore perché si vogliono aprire le porte ad altre aziende, fare comprare le azioni. Con questa nuova legge si capiva come questo settore fosse protetto, investire in quel campo significava fare un investimento sicuro. È una circostanza favorevole. I costruttori di materiale elettronico sono quelli che investono di più. Nel consiglio di amministrazione ci sono personaggi che prima non si erano messi nel campo radiofonico: da una parte si rafforzano gli esponenti delle industrie idroelettriche, dall’altra entrano dei delegati del governo. L’elemento nuovo è che alla vicepresidenza arriva Arnaldo Mussolini, direttore del Popolo d’Italia. È importante perché significa che la famiglia Mussolini si era accorta della radio; soprattutto è un avallo politico. Però al di là di questo aspetto la situazione generale non cambia, la radio ha ancora un numero molto basso di abbonati, quando nasce ha poco più di 40.000 abbonati, la BBC nel ha 2.500.000 e realizzava in un mese più del doppio degli introiti annuali dell’EIAR. La nuova convenzione ribadisce che l’azienda concessionaria avrebbe beneficiato sia del canone che dei proventi pubblicitari. Si aggiunge però una nuova tassa che avrebbe gravato sui locali pubblici con radio e i comuni italiani con più di 1.000 abitanti. Perché nuove tasse? Si decide di ridurre il canone, ma si impone una tassa indiretta, per sgravare gli abbonati. Si impongono delle garanzie sull’italianità dell’ente radiofonico anche a livello materiale, protezionismo delle industrie italiane per le attrezzature radiofoniche. Il comitato di vigilanza era un organo consultivo 18 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione senza vero potere. L’ingerenza si fa sempre più diretta, tra i membri c’è il presidente della confindustria, segretario del sindacato dei giornalisti, Pietro Mascagni, Arnoldo Mondadori, che aveva fondato la SIPRA, l’agenzia pubblicitaria. La partecipazione della SIP al pacchetto azionario si fa molto più consistente agli inizi del ’29. È una svolta industriale che segue la nascita dell’EIAR, perché ora abbiamo una torta in cui aumenta il numero di fette di proprietà della SIP, a discapito di altri azionisti come i pionieri del broadcasting, ad esempio Marconi. È una nuova generazione di industriali, dell’elettrica. Il consiglio di amministrazione vede Marchesi alla presidenza, ma Solari, uomo di Marconi, è relegato a un ruolo di secondo piano. Industria meccanica, elettrochimica e la finanza si impegnano perché vedono vantaggi futuri sulle costruzioni di impianti. Per potenziare la rete servono cavi telefonici, forniti dalla SIP. La FIAT riforma la Marelli. Si parla, di nuovo, di piemontizzazione dell’EIAR, che sposta la sua direzione da Milano a Torino. Nel ’31 la SIP entra in possesso del pacchetto azionario della SIPRA. Era il primo passo verso il controllo definitivo del capitale EIAR da parte di una società che, assorbita nell'IRI dopo il 1933, si sarebbe configurata come una finanziaria prevalente capitale pubblico. Nell'estate del 1931 venne approvato e reso esecutivo un atto aggiuntivo alla convenzione con il quale il governo continuava ad accordare all'EIAR la concessione in esclusiva del servizio di radioaudizione circolare per l'Italia e le Colonie e inoltre la concessione, ma senza esclusività, dei servizi di radiofotografia e di radiovisione circolare. L'atto aggiuntivo faceva obbligo all'EIAR di estendere la rete nazionale e aumentare la potenza di alcuni impianti, dettava nuove norme in materia di riscatto delle installazioni da parte dello Stato, ma soprattutto introduceva all'art. 2 una disposizione che salvaguardava gli interessi dell'industria radioelettrica nel settore della televisione. Questa norma sostanzialmente raccomandava all'EIAR di studiare le premesse per l'introduzione della televisione in Italia in accordo con le effettive possibilità di sfruttamento del mercato da parte dell'industria radioelettrica. Tuttavia, il problema della trasmissione delle immagini restò, durante il periodo fascista, allo stadio di sperimentazione e non coinvolse grandi interessi economici. Dopo la svolta degli anni trenta, la struttura e l'organizzazione radiofonica italiana erano ormai definite sia giuridicamente che finanziariamente. Nasce in questo periodo il modello della radio italiana: regime di monopolio; combinazione singolare di struttura privatistica e di controllo governativo; ampliamento dei settori di intervento; ricorso ai sistemi più diversi, e spesso mascherati, di finanziamento. L’uomo potente dell’EIAR è Giacomo Ponti, e nel ’34, quando muore Marchesi, alla presidenza sale Vallauri, presidente della SIP. Egli guidò l’apparato di propaganda negli anni di costruzione dello stato totalitario. Viene incaricato di risanare l’organo piemontese nell’ambito dell’IRI. Potenziare la rete è una spesa molto ingente e le entrate stanno aumentando ma poco per garantire un equilibrio nel bilancio. Siamo negli anni in cui stanno arrivando le conseguenze della crisi del ’29. La SIP è una delle società che sente più di tante altre gli effetti della depressione. Nel ’33 rischia il fallimento ma l’intervento del governo lo impedisce, attraverso l’IRI, Istituto di ricostruzione industriale, che nasce proprio nel ’33. L’industria radiofonica europea è poco colpita dalla depressione del ’29, ma in Italia si sente perché l’EIAR era in mano alla SIP. Salvando la SIP salva anche l’EIAR, al CETRA, la SIPAR. Ovviamente non può che consolidare il legame già stretto con il governo. Nel ’33 l’EIAR diventa una società semi pubblica. Viene messa sul mercato la radio Marelli, nel 1930, patrocinata dal ministro delle comunicazioni Costanzo Ciano. La fiat aveva dato molte Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 19 disponibilità finanziarie alla Marelli. È uno dei primi apparecchi costruiti in serie; così facendo si cerca di abbassare i prezzi, anche se non sono ancora convenienti. Nel ’31, grazie a un abbassamento dei dazi doganali, la Marelli può ridurre ancora il costo, ma rimane un apparecchio di lusso, per la borghesia. L’industria italiana non ha ancora modo né interesse a produrre per le masse. Ci sono tante iniziative governative per la promozione della radiofonia, ad esempio, una legge del ’28 riguarda la diminuzione dei disturbi dell’ascolto. Si cerca di diffondere la radio nelle scuole, negli enti pubblici e nelle associazioni parallele. Dal ‘28 al ’33 viene potenziata la rete radiofonica. Nel ’28 viene inaugurata la seconda stazione di Milano, entra in atto la stazione di Bolzano e di Genova, nel ’29 quella di Torino, un’altra a Roma... le prime trasmissioni in comune tra Milano e Torino sono del ‘29. La rete viene potenziata solo nel nord Italia, dove c’è il più grande bacino d’utenza. Tra il ’31 e il ’32 ci sono le stazioni di Palermo, Trieste, Bari. È compiuta l’unificazione nazionale. Le ore di trasmissione aumentano nel ’29 in quanto aumentano le stazioni. Sono fornite anche trasmissioni al mattino, la prima a farlo è quella di Torino. Il 56% è dedicato alla musica, il 44% al parlato. C’è la pubblicità ma è soltanto il 2-3% della programmazione perché gli investitori pubblicitari sono pochi. Il ruolo principale era e rimane quello del concerto variato, ma anche delle opere liriche. La produzione dell’EIAR è molto simile a quella dell’URI, non vi è una stagione musicale coerente, anche se sono spesso presenti gli stessi compositori, di comprovata fede fascista. Quel sistema che funzionava per gli industriali funzionava anche per il mondo dell’arte: la disponibilità dei compositori li portava ad avere vantaggi, ad esempio nella vendita dei loro spartiti. Non erano però opportunisti, si trattava dei primi compositori ad essere aperti alla messa in onda delle loro opere alla radio, disponibili a prevedere collegamenti della radio dai teatri da cui venivano organizzati i concerti. Sono quindi disponibili a mettersi in gioco anche con questo nuovo strumento. Non era scontato dare la disponibilità per la messa in onda delle proprie composizioni. Comunque sia, a prevalere è un certo tipo di scelta musicale: il verismo, comunque un orientamento classico e tradizionale in cui si cerca di evitare di mandare in onda opere di compositori stranieri. C’è una difesa della produzione artistica nazionale, già presente negli anni 20: si tratta di solo parole, ad esempio, la musica da camera rimaneva prevalentemente nord-Europea. In questi anni è marginale lo spazio lasciato ad altri generi, come il jazz. Una cesura avviene nel 1930: l’EIAR chiude un accordo con delle case discografiche, ciò prevede che alla radio sia consentito mandare in onda musica riprodotta. Non è più indispensabile avere in studio un’orchestra o un collegamento con teatro / sale da concerto. Non viene meno la trasmissione di musica in diretta, ma in questo modo si riesce facilmente ad aumentare le ore di trasmissione. Spostandoci a guardare i programmi parlati, ogni stazione emittente aveva il proprio programma di radioconversazioni. A volte hanno presenza di speaker o radioconversatori colti ma prevale in generale la conversazione leggera, disimpegnata, questo perché il clima è quello della dittatura. Tutto ciò che viene detto è passibile di controllo, bisogna evitare qualsiasi discussione, polemica… le questioni di attualità non vengono affrontate, quando si parla di argomenti storici si da una visione edulcorata e patriottica con un tono fortemente didascalico, dai toni paternalistici. C’è una novità che riguarda il programma condottieri e maestri, gestito da Arnaldo Mussolini (fratello del duce). In un editoriale di radio corriere 8 scrive che bisogna giustificare la piemontizzazione dell’EIAR, la cui causa era stata principalmente la SIP che era diventata l’azionista maggioritaria. Dice inoltre che la radio è diventata parte della vita civile: in pochi la ascoltavano ma c’è una prospettiva al 8 Con la nascita dell’EIAR Radio orario diventa Radio Corriere 20 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione futuro. Molto intelligentemente ha capito che la radio può allungare i tentacoli del regime, si è ormai fuori dalla fase del dilettantismo ed è quindi necessario che i suoi sviluppi siano controllati attentamente. La radio: «non deve essere diffonditrice di chiacchiere inutili, non deve propagare musichette da strapazzo [...] La radio è diventata una cattedra: come tale va considerata, seguita, controllata». Deve istruire senza annoiare, ma senza cadere nelle questioni mondate, tantomeno nella vecchia cultura popolareggiante: parla della cultura operaia, socialista. Ha impostazione modernizzatrice. Il suo programma porta tutte le stigmate di questa volontà; il titolo si rifà a dei modelli di italiani dell’epoca contemporanea, dell’Italia fascista. A ogni trasmissione ospita alcune figure di rilievo del tempo, non eroi militari quanto piuttosto eroi “borghesi”: medici, industriali… già ora ha l’idea di mostrare modelli di vita per l’Italiano fascista, di cui si vuole contribuire alla crescita. Riesce anche a non scadere nell’ accademismo in quanto si parla di questioni di attualità, i toni sono moderni, non vi è approssimazione tipica dei programmi di tipo divulgativo Altro articolo tratto sempre dal Radio Corriere che dimostra come settimanalmente si parlasse molto del programma e soprattutto degli ospiti. Metteva in luce i personaggi pubblicizzati dal regime. Vediamo una vera e propria sinergia tra il settimanale e l’emittente. La programmazione dell’EIAR Dopo il 28 nascono le prime compagnie radiofoniche in prosa. Se in un primo tempo si trasmettono ancora gli atti unici e brevi nei primi anni 30 vi sono opere teatrali più impegnative, anche in tre atti che, essendo più lunghe, richiedono anche un maggior numero di personaggi e quindi di attori che vengono coinvolti nel mondo della radio. È tutto un altro modo di fare teatro. Il repertorio perfetto non c’è, si ha ancora un’impostazione tradizionale e piuttosto povera. Il primo tentativo di aumentare il corpus di opere teatrali fallisce: l’EIAR indice alcuni concorsi per drammaturghi ma i risultati non sono dei migliori in quanto i musicisti non amano l’idea di lavorare alla radio, tanto meno i commediografi. Uno dei primi a cimentarsi è Luigi Chiarelli con l’Anello di Teodosio, un giallo con una trama molto leggera: è il primo tentativo effettivo di creare un atto unico per la radio (il primo radio teatro). Per quanto riguarda le trasmissioni per bambini godono fin dalle origini di grande favore, piacciono molto e per questo sono molto longeve e attive in tutte le stazioni radiofoniche. Il successo è dovuto al fatto che per un bambino l’apparecchio radiofonico emanava un certo senso di mistero, lo affascinava, ma allo stesso tempo gli ideatori dei programmi erano professionisti del mondo dell’educazione, esperti di pedagogia: molto competenti; sanno bene come creare trasmissioni che appassionino i bambini. Fin da subito hanno quindi grande successo, anche perché la fascia di pubblico era molto omogenea. Vi è inoltre la tendenza a creare gruppi di partecipazione che si cimentano nella produzione di radio drammi studenteschi. Le trasmissioni per bambini fin da subito subiscono l’attenzione più molesta da parte del regime, la cui politica per l’infanzia sta vivendo una fase di grande intensità. L’opera nazionale balilla sarà l’unica associazione a raccogliere i programmi per l’infanzia, superando anche la chiesa cattolica. La radio deve mobilitare il pubblico dei bambini, e ha questo compito fin dagli anni 20, sarebbe impreciso parlare di una cesura netta in quanto i programmi per l’infanzia già avevano una forte impostazione politicizzata. Tallone d’Achille della programmazione dell’EIAR è ovviamente l’informazione, le notizie sono poche e mutuate dall’agenzia Stefani o dai quotidiani fascisti: Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 21 informazione radiofonica è sussidiaria a quella della stampa. Gli ascoltatori non risentono dell’assoluta mancanza di informazione in quanto la radio non è ancora strumento di informazione, si privilegiano i giornali/cinegiornali dell’istituto LUCE. Nel 1929/30 c’è un cambio di passo anche nel settore dell’informazione, non a causa di lamentele da parte del pubblico, quanto piuttosto dall’estero e dalle ambasciate, la prima è quella italiana a Vienna. All’estero chi voleva conoscere la situazione italiana ascoltava la radio, soprattutto i giornalisti per trarre informazioni, che loro ritenevano aggiornate, sulla situazione. Ma di fronte a notiziari così poveri le redazioni dei quotidiani stranieri finivano per non sentire la radio italiana e ascoltavano piuttosto le notizie date dagli inviati stranieri, leggendo quotidiani esteri e dando un colpo forte all’immagine nazionale. Si decide un rafforzamento dell’informazione nelle ore serali. Vengono moltiplicati i notiziari, l’attenzione al settore dell’informazione viene posta sull’offerta di Radio Roma; nel 29 nasce il primo giornale parlato che nel 30 viene definito giornale radio. Il modello di riferimento resta comunque la stampa cartacea. Nel settore dell’informazione rientra l’informazione sportiva, anche se la cronaca in diretta inizia ad essere usata anche per eventi ufficiali. Molto lentamente la radio inizia a scoprire una sua nuova vocazione di tipo informativo, sempre in linea con la propaganda fascista. Il giornalismo sportivo era molto avanzato, anche grazie all’opera di Lando Ferretti. Un’altra figura importante è Nicolò Carosio, il primo radiocronista sportivo delle partite di calcio: debutta nel gennaio ’33 e nel ‘34 quando l’Italia vince il primo mondiale diventa un vero e proprio divo. È un personaggio molto inventivo anche dal punto di vista linguistico, molti termini ancora oggi utilizzati li ha coniati lui alla radio. La pubblicità è ancora molto povera, composta da una serie di annunci, la réclame continuava a non essere gradita ma dal 1930 viene inaugurata una nuova formula pubblicitaria con prodotti sponsorizzati dalle case produttrici di apparecchi radiofonici o dalle grandi aziende che hanno capito le potenzialità della radio. Per quanto riguarda le trasmissioni religiose la chiesa cattolica non è favorevole inizialmente allo sviluppo della radiofonia, vuole evitare la trasmissione di cose religiose, soprattutto la messa, in quanto non ne aveva il controllo. Tuttavia, non si può quindi parlare di pregiudizio riguardo al mezzo di comunicazione, piuttosto, appunto, non ha la certezza di poterlo gestire a suo piacimento. Le cose iniziano a cambiare con i patti lateranensi, nel 30 iniziano i lavori per costruire radio vaticana, in cui si impegna in prima persona anche Marconi. Viene inaugurata nel febbraio del ’31. Quanto all’EIAR, solo nel 1928 padre vittorino Facchinetti ottiene la prima dispensa vescovile per tenere una radio conversazione in occasione del centenario francescano. Questa prima occasione, stando poi alle lettere, ha un successo strepitoso, egli a sua volta diventa un divo radiofonico: siamo in un paese cattolico che ascolta molto volentieri le prediche, anche quelle radio. L’anno successivo ne farà un’altra in occasione della quaresima e da li in poi diventerà un personaggio mitico, tanto che i suoi discorsi verranno anche trascritti e pubblicati, tutte le stazioni emittenti dovranno fornirsi di un radio predicatore. Non per questo il Vaticano cessa di preoccuparsi per quello che temeva essere un uso sbagliato del mezzo radiofonico, ci sono diversi tentativi di esperimento e condizionamento: a preoccupare la chiesa sono soprattutto alcune conversazioni e il teatro che nella scelta dei testi doveva essere particolarmente attento. Bisognava avere riguardo per la famiglia. La programmazione presentata è quella di un ente che piano piano si sta consolidando, la rete è sempre più potenziata, si ha una copertura dell’intero territorio nazionale e una politica di favore. L’aumento del parco abbonati, seppur costante, non è ancora clamoroso, rimane alto il numero dei galenisti. Nel 29 si sale a 99.000 abbonati in quanto stanno aumentando le stazioni emittenti, soprattutto grazie a quella di Torino che copre il bacino del Piemonte e della Liguria. Nel 31 si arriva a 241.000, un numero però molto basso se paragonato a quello dell’Inghilterra dove gli abbonati sono 4 milioni. Inoltre, diminuiscono i prezzi degli apparecchi soprattutto per gli sforzi della Marelli. La radio comunque non è ancora uno strumento popolare tanto che l’industria del tempo produce per la “buona e prudente media borghesia italiana”. Non è 22 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione questione di incapacità industriale, i finanziamenti c’erano ma non si sente la necessità di fare della radio uno strumento popolare, ne da parte del regime, ne dagli industriali. Tra il 1930/31 si assiste al completamento del mantello radiofonico: tutta Italia è coperta dalle onde radio, inizia ad attenuarsi il divario nord-sud ma non si verifica un aumento clamoroso del numero di abbonati. I programmi sono quasi sempre gli stessi, non c’è un programma per un pubblico più ampio. Non si può ancora parlare di propaganda. Non perché non ci fossero stati dirigenti attenti, manca piuttosto la forma mentis, ci sono obiettivi diversi: finora l’attenzione è rimasta agli aspetti tecnici più che politici. La rete è abbastanza avanzata ma l’ascolto rimane elitario: la radio in questa fase è il prodotto culturale di un’azienda privata che dopo il ’33 viene indirettamente posta sotto il controllo dello Stato ma non ancora all’interno di un sistema di propaganda compiuto. Via via che si definisce la fisionomia del pubblico emergono le prime concrete ambizioni culturali dell’EIAR il cui obiettivo è quello di riuscire a coniugare divertimento, informazione ed educazione, come appare del resto dalle novità introdotte nel palinsesto quotidiano della programmazione: un forte aumento del consumo musicale, nuove formule di spettacolo leggero, attenzione per il teatro e per il radiodramma, riorganizzazione del settore conversazioni e delle notizie politiche. Nel panorama di questo primo orientamento culturale, ancora nella fase di un certo esordio, non va sottovalutato il momento religioso. L'iniziale ostilità della Chiesa riguardava il possesso di apparecchi riceventi da parte di singoli sacerdoti e di organizzazioni confessionali, le autorità ecclesiastiche guardavano invece con favore la presenza di predicatori ai microfoni dell’EIAR, come Vittorino Facchinetti. 5. L’EIAR - Ente italiano audizioni radiofoniche - dal 1933 alla Seconda guerra mondiale Lo scatto avviene nel 1933 grazie anche al contributo di queste due figure: A sinistra vi è Galeazzo Ciano, figlio di Costanzo Ciano e marito di Edda Mussolini, egli inizia ad avere un ruolo importante, non era un uomo cresciuto all’interno dell’industria quanto un politico-intellettuale: cambia il modo di percepire la radio. A destra vediamo Joseph Goebbels, ministro della propaganda nazista. Il suo ruolo sarà totalmente indiretto. Perché è un anno di cesura? Mutamento dei rapporti tra Mussolini e il mezzo radiofonico I rapporti sono meno saltuari: Mussolini inizia a essere attratto dall’idea di far sentire la sua voce in tutto il mondo: il 1 gennaio ’31 manda in onda un discorso alla radio per raggiungere gli americani, in particolare gli italo-americani. È anche l’occasione per inaugurare le stazioni ad onde corte che trasmettono più lontano. Nel ‘32 va a visitare varie stazioni radiofoniche, in Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 23 particolare nell’ottobre ‘32 visita il palazzo della SIP e fa un discorso rivolto agli operai della Fiat riuniti per quell’occasione. È il decennale della rivoluzione fascista, celebrato anche nella mostra artistica fascista: si avvia la spettacolarizzazione del regime che è sempre più attento all’immagine che produce Accresciuta consapevolezza del ruolo della propaganda: Ancora è fondamentale la mostra rivoluzione fascista, ci si rende conto di come il fascismo abbia fatto sistema. Ogni settore risulta informato dalla presenza del fascismo nella società. Scadenze in vista: Nel ‘29 si era tenuto il primo plebiscito, quindi, nel ‘34 se ne doveva tenere un altro: si votava a favore o contro un listone (non è democrazia); la necessità non è certo sondare la volontà polare, il punto è far partecipare le persone al voto: mobilitare la popolazione. Ci si accorge che tra tutti gli strumenti disponibili c’è anche la radio che deve essere pronta in vista del plebiscito. È un momento di svolta nella politica estera: Nel 1932 Mussolini inizia a diventare inquieto e sostituisce il ministro degli esteri Dino Grandi, filo-occidentale e quindi favorevole a una politica di accordo con Inghilterra e Francia. Rompe con questa tradizione e assume in prima persona la carica di ministro degli esteri. L’Italia deve diventare protagonista e in quest’ottica la radio può servire a parlare ad un pubblico mondiale. Nel ‘34 c’è un decreto-legge che obbliga l’EIAR a potenziare gli impianti di trasmissione ad onde corte. Sono i mesi della crisi in Albania e di quella austriaca, la politica estera è centrale. La radio viene inserita per la prima volta in un sistema più ampio: Hitler sale al potere nel gennaio ’33 La carica di ministro della propaganda viene assunta da Goebbels: egli era uno dei fautori dei grandi successi elettorali nazisti dal ‘30 al ‘33. La strategia elettorale era puntare sulle capacità comunicative di Hitler, sulla sua voce, ad esempio, fece in modo di trasmettere alla radio i comizi (circolavano anche i dischi). Egli era ben consapevole del ruolo che potevano svolgere i nuovi mezzi di comunicazione. Anzi, dopo il ’33 pone la radio al centro del sistema di propaganda, messa sotto il controllo del ministero apposito, epurata dagli elementi anti- nazisti/ebrei. Inoltre, da disposizioni per installare altoparlanti in edifici pubblici, piazze, luoghi di lavoro… chi non aveva la radio poteva così ascoltare sempre la voce di Hitler. Si tratta di un ascolto collettivo. Inoltre, mette insieme una rete di posti radio, piccoli uffici sparsi per il territorio, che continuano a ricordare tramite funzionari la necessità di ascoltare la radio. Tutto ciò non basta, una fetta importantissima dell’ascolto avviene sempre in casa, quindi, è fondamentale abbassare i prez