RADIO_E_TV_APPUNTI_(1)-31-62[1].pdf

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Università degli Studi di Milano Bicocca

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radio history television history Italian propaganda media studies

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30 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione pubblico femminile diventa addirittura l'interlocutore privilegiato della pubblicità radiofonica. Sia come destinataria dei comunicati commerciali trasmessi durante il giorno, sia come emblema de...

30 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione pubblico femminile diventa addirittura l'interlocutore privilegiato della pubblicità radiofonica. Sia come destinataria dei comunicati commerciali trasmessi durante il giorno, sia come emblema delle réclames che annunciano i nuovi modelli di apparecchi riceventi, l'immagine della donna italiana nel corso degli anni Trenta appare via via più aperta e moderna, ben vestita ed elegante, elemento primario e seducente della neonata società dei consumi. Nel periodo compreso fra il 1935 e lo scoppio della Seconda guerra mondiale la radio possiede ormai il volto sicuro del mezzo di comunicazione di massa e assume nella società italiana quel ruolo decisamente politico che Mussolini aveva tardato a riconoscerle. Il completamento di questo processo, giunto a maturazione, si manifesta in coincidenza con alcuni «nodi» fondamentali: creazione di un organismo accentrato per il controllo dell’informazione e della cultura; l'impegno bellico e propagandistico relativo all'impresa etiopica; l'uso della radio come strumento non secondario di politica interna e internazionale. Le iniziative prese dal regime per diffondere l'ascolto collettivo nei luoghi pubblici, o in occasione delle grandi adunate, dimostra che si era attribuito al mezzo un «potere delegato» di amplificazione, e per ciò stesso di persuasione, che in realtà esso possedeva in misura contenuta. Anche se lo scopo della complessa trasformazione operata nel campo della politica culturale era quello di adoperarsi efficacemente per allargare il più possibile le dimensioni e i confini sociali del consenso, vedremo tuttavia più avanti come, nel caso della radio, l'immagine che il regime aveva del suo pubblico, e sulla quale aveva modellato funzioni e strutture dei suoi «portavoce», era in palese contraddizione con le tendenze spontanee dell'ascolto che si manifesteranno nell'arco del decennio 1934-44. Le nuove direttive riguardavano tutti i settori della cultura di massa: giornali, cinema, radio, sport… Questo cambiamento nell'apparato di controllo ebbe varie cause ma principalmente fu dovuto a due e avvenimenti esterni: l'ascesa del nazismo, come già visto, e la guerra di Etiopia. Guerra d’Etiopia Nell’ottobre del 35 l’Italia invade l’Etiopia e dopo 7 mesi, nel maggio del 36, dichiara la vittoria in questa guerra e proclama la nascita dell’impero: nasce l’Africa orientale Italiana (Somalia, Eritrea, Libia ed Etiopia). Il regime immagina in questo modo di avviare una nuova fase gloriosa della storia italiana, ma in realtà anche a causa di questa guerra coloniale inizia un decennio molto duro, seguito poi dalla guerra di Spagna, in Albania e infine la Seconda guerra mondiale. L’idea di questa impresa in Etiopia ha un pregresso abbastanza lungo, già nel 32 Dino Grandi venne sostituito da Mussolini come ministro degli esteri, vuole prendere le redini della politica estera. Inghilterra e Francia avevano i loro interessi in Africa ma il problema maggiore riguardo l’Etiopia era che era uno Stato appartenente alla società delle nazioni; quindi, l’Italia andava contro il sistema giuridico internazionale con l’occupazione. È qui che avviene il cambio di passo propagandistico perché l’azione del regime va giustificata anche all’occhio degli italiani, si decide quindi di accusare l’Inghilterra e la Francia e tutte le nazioni coloniali di negare all’Italia un posto al sole. I due stati poi idearono delle sanzioni contro l’Italia che vennero però aggirate dal regime, tuttavia, aiutano il progetto fascista dal punto di vista propagandistico: l’idea che esistano stati “cattivi” che impediscono all’Italia di emergere funziona. Inoltre, la chiesa cattolica in questa fase sostiene la campagna d’Etiopia, così come gli italiani in generale che sono perlopiù favorevoli alla guerra tanto che Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 31 questo periodo corrisponde con il momento di più ampio “consenso” nei confronti del regime. La guerra viene vinta anche se con varie sconfitte sul campo e soprattutto hanno vinto tramite azioni criminali (venivano avvelenati i pozzi dei villaggi). La guerra d’Etiopia è la prima prova a cui l’apparato propagandistico 9 costruito dal regime è chiamato a rispondere, non è colto impreparato: la guerra era stata decisa da tempo. Un piano di organizzazione della nazione in guerra era già stato progettato nei primi mesi di vita del regime fascista, poi la guerra non ci fu negli anni 20; tuttavia, le cose cambiano quando la situazione internazionale cambia in Asia e in Europa: allora si mette in pratica questo piano. All’interno di quest’ultimo si parla già di un organo per la propaganda e l’assistenza civile, già si ipotizza che si debbano creare strumenti per la propaganda senza dire quali siano esplicitamente. Il meccanismo viene perfezionato nel ‘31 quando una nuova circolare viene inviata dal ministero dell’interno a tutti i prefetti del regno per incentivare ulteriormente l’attenzione a questo piano dell’organizzazione in guerra. Si tratta di una circolare che parla degli strumenti per una propaganda efficace, e questi nel 31 erano la stampa e i comizi a tema patriottico, di radio non si parla in quanto non c’era ancora lucidità su ciò che poteva fare in termini di propaganda. Tutto cambia con la costruzione del sottosegretariato per la stampa e propaganda, quindi allo scoppio della guerra d’Etiopia il regime e ancora più pronto. Nel novembre del 35 Mussolini dispone che si attivi il meccanismo di propaganda stabilito dalle normative, ecco che il ministero invia una nuova circolare ai prefetti (6 novembre) ed è qui che per la prima volta non solo si parla di radio ma diventa lo strumento principale. La nazione deve partecipare nella sua totalità allo sforzo bellico o per lo meno deve essere informata al riguardo, la radio viene considerato un mezzo rapido e sicuro di notizie. Per la prima volta in questa circolare si fa riferimento alla mobilitazione di tutto il sistema dei mass media. La propaganda non è informazione oggettiva ma è cambiamento della mentalità del paese, si parla di militarizzazione psicologia, soprattutto dal 34 si costruisce questa immagine dell’Italia aggressiva e guerriera, da quel momento si trasmettono sempre di più i discorsi del duce, tutti che riguardano la tradizione guerriera dell’Italia. Viene istituzionalizzato il sabato fascista, introdotta la cultura militare nelle scuole; e poi è una fase dove ci sono diverse liturgie, si istituisce la “giornata della fede” intesa come anello; quindi, si spingeva la popolazione a donare la proprio fede in oro in cambio di una fede in ferro, oro che veniva poi fuso. Questa operazione viene istituzionalizzata in risposta alle sanzioni, ma in realtà la reale motivazione era la necessità di coinvolgere il popolo facendogli donare la cosa di più valore che possedevano per la patria: il regime ti chiede un sacrificio che riguarda anche gli affetti. Prima dell’inizio della guerra in Etiopia era stato costituito un ufficio stampa per l’Africa Orientale perché si sapeva che l’esercito sarebbe partito per l’Africa, questo ufficio è una sorta di emanazione del ministero della stampa e della propaganda. Quando scoppia la guerra non c’è bisogno di censura perché non c’era libertà di stampa e tutto è già organizzato e indirizzato, 9 Propaganda: «Azione che tende a influire sull’opinione pubblica e i mezzi con cui viene svolta. EH un tentativo deliberato e sistematico di plasmare percezioni, manipolare cognizioni e dirigere il comportamento al fine di ottenere una risposta che favorisca gli intenti di chi lo mette in atto. La p. utilizza tecniche comunicative che richiedono competenze professionali, nonché l’accesso a mezzi di comunicazione di vario tipo, in particolare ai mass media, e implicano un certo grado di occultamento, manipolazione, selettività rispetto alla verità. I messaggi possono arrivare a implicare diversi gradi di coercizione o di minaccia, possono far leva sulla paura o appellarsi ad aspirazioni positive.» «[...] Assai più forte che nell’antichità (che pure non la ignorava), la necessità della p. si è affermata in tempi recenti, in relazione con la sempre maggiore partecipazione delle masse e con il riconoscimento dell’opinione pubblica come forza agente nella storia. La p. moderna tende a rivolgersi in modo particolare non alla ragione, bensı̀ all’inconscio e all’irrazionale; si avvale quindi della psicologia, della sociologia, della psicologia delle masse ecc., per elaborare una tecnica speciale, identica nella sua sostanza a quella della p. commerciale, detta propriamente pubblicità. I mezzi cui ricorre la p. sono tutti quelli atti a provocare emozioni intense, anche se non immediatamente apparenti, ma durature, quali la creazione di slogan ripetuti costantemente dalla radio, televisione, stampa, manifesti ecc., e anche forme di più sottile diffusione, quali la letteratura, il teatro, le arti figurative ecc., che possono più facilmente influenzare i ceti colti.» 32 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione siamo arrivati ad un punto dove i giornalisti non possono fare altro che riprendere le poche notizie che vengono date da questi uffici stampa e ribadirle; quindi, sempre di più diventa difficile parlare di cosa sta accadendo. Allo stesso tempo la guerra viene accolta con entusiasmo collettivamente, è una guerra molto seguita, ci sono molti volontari tra cui diversi giornalisti, poi ci sono gli invitati speciali italiani o stranieri, gli inviati italiani sono 36: si sa che la guerra susciterà l’interesse del popolo. Tuttavia, l’atteggiamento dei comandi militati nei confronti dei giornalisti è di diffidenza e di ostilità, perché secondo questi i giornalisti italiani tendono a ingrandire e a infiocchettare gli eventi in maniera eccessiva. In questo contesto dove le notizie sono pilotate e scarne ovviamente eccellono quei giornalisti più bravi degli altri a usare la penna, diventa tutto una questione di stile, non si forniscono notizie ma si narrano episodi con enfasi e retorica. Non a caso dopo questa fase del ‘35 la radio passa sotto il controllo del ministero della stampa e della propaganda, al ministero delle comunicazioni invece rimane soltanto la competenza tecnica e amministrativa sulla radiofonia che dopo la guerra passarono al ministero delle poste. Dal ‘35 la radio è alla stessa altezza rispetto agli altri strumenti di comunicazione. Il genere guerra e bellico era già presente nella programmazione della radio sin dal ‘26 dove, per esempio, Radio Milano trasmetteva i primi comizi e discorsi con anche le voci dei reduci della Prima guerra mondiale. La guerra era sempre stata presente nella radio italiana, anche perché si trattava di un topos della letteratura fondamentale per il regime; la guerra piaccia o non piaccia é un genere spettacolare quindi sulla radio trova spazio facendo sentire i suoni delle bombe, i rombi dei motori… La guerra di Etiopia trova il terreno già arato all’interno della radiofonia italiana. Inoltre, la guerra arriva in una fase in cui la radio fascista raggiunge i primi successi. È pronta ad affrontare un’impresa del genere. Viene usata in due direzioni: 1. Fronte interno: Dall’agosto del ’35 si invitano gli ascoltatori a seguire le radiocronache delle partenze dei militari per l’Africa. L’impegno dell’EIAR nella propaganda interna è molto massiccio, ci sono sempre più casi di ascolti collettivi come nel momento di dichiarazione della guerra. In quest’occasione per la prima volta Mussolini si rivolge ad un pubblico che è anche assente, ma si indirizza agli ascoltatori come se fossero presenti. Si modifica l’impostazione del discorso in vista del passaggio della comunicazione a un pubblico più ampio: la radio da corpo all’identità tra Italia e fascismo. Vengono rafforzate sia le radiocronache sia il settore dell’informazione, viene rilanciato il giornale radio che si accresce di due ulteriori edizioni meridiane, alle 13:00 e alle 13:50. Il minutaggio totale dei programmi di informazione viene triplicato: nel ’34 sono 40 minuti mentre nel ’35 120. Le varie direzioni dei giornali radio vengono unificate a Roma: in momento di guerra era indispensabile fornire al regime una voce sola. Alla base del giornale radio vi erano chiaramente i dispacci del comando militare, diventa sempre più importante la costruzione di una narrazione intorno a questi comunicati. Ne è un esempio questo estratto tratto da un discorso di Varo Varanini, inviato speciale, è l’assoluta normalità di ciò che veniva raccontato sulla guerra in Etiopia: «Rombo di ali sfolgoranti sulle fortezze barbariche, rombo di carri d’assalto sul terreno impervio della fulminea avanzata; passo marziale, canto virile di battaglioni in marcia: dalle bocche tonanti dei cannoni, dallo gole insaziabili delle mitragliatrici esplodeva la fiera gioia di un Popolo sicuro di sé, che rispondeva coi fatti alle verbosità cavillose dell’areopago ginevrino di marca inglese. Della vittoria, della sua sorte imperiale il Popolo era sicuro, ma quando la radio, onnipresente aedo della Patria, diffuse le parole dell’epopea che accompagnava con strofe di fuoco e di ferro l’avanzata inesorabile delle Divisioni, l’entusiasmo divampò come un fuoco e, nella notte di domenica scorsa, fu così caldo e ardente da illuminare il volto della Patria per renderlo visibile ai combattenti accampati in terra conquistata.» Con “Areopago ginevrino” si intende la società delle nazioni: il vero nemico è l’Inghilterra, vista come capostipite dell’organizzazione. Questi temi e soprattutto il modo di raccontare ritornano Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 33 in tutta la programmazione dell’EIAR in tempo di guerra. È evidente in “Cronache del regime” programma nato prima dello scoppio della guerra ma nel momento del suo inizio si concentra chiaramente su quanto sta avvenendo in Etiopia e sul commento del rapporto Italia-Inghilterra. È diretto da Roberto Forges Davanzati, una delle figure di maggior spicco del regime, intellettuale nazionalista, direttore del quotidiano la tribuna di Roma e membro del gran consiglio del fascismo e del consiglio di amministrazione dell’EIAR. Aveva un ruolo importante nella gestione dei mezzi di comunicazione. Metterà il suo programma serale al servizio del regime. Egli usa la stessa retorica molto ampollosa ma a differenza del precedente raggiunge un livello meno elevato e ha alcuni passaggi più falsamente oggettivi, non si fa mai prendere dall’entusiasmo, usa un tono sempre pacato. Le sue trasmissioni sono quindi fintamente obiettive, non sono attraversate da quel pathos. Viene mandata in onda dopo il momento di massimo ascolto, appena dopo il giornale radio: arriva molto di più ed è quindi pericolosa. Stessa struttura retorica della vittoria mutilata, gli altri ci impediscono di ottenere ciò che ci spetta di diritto. Il suo apporto alla propaganda è di grande importanza. Esempio da un suo editoriale: «Il controsanzionismo deve agire, secondo le disposizioni date da ieri, anche negli spettacoli, nella musica, nel libro [...] Noi ci liberiamo di tutta la musica di basso conio, largamente importata, asfissiantemente eseguita, al cui ritmo caotico e monotono si stava imbecillendo anche la nostra sana gioventù. La nostra virilità gioconda può essere canora con più parsimonia e con maggiore originalità. Così anche questa prova deformatrice, insinuatasi da alcuni anni, sarà fallita.» La prova che la sua trasmissione ha avuto riscontro tra gli ascoltatori sono le lettere spedite all’EIAR da cui deduciamo che era diventata pratica comune in onore e ricordo suo apporre una coccarda all’apparecchio radiofonico. Si chiedeva anche che gli venisse conferita una medaglia d’oro per la campagna d’Africa nonostante non avesse combattuto sul campo. Oltre alle cronache del regime non va dimenticato il ruolo delle prediche domenicali che sono ormai ben presenti nella programmazione, soprattutto quelle di padre Vittorino Facchinetti con l’obiettivo di esaltare l’impresa civilizzatrice ed evangelizzatrice in Etiopia. Anche le trasmissioni per bambini vengono mobilitate, si moltiplicano le lezioni sulla geografia dell’Africa, sulla sua storia… insinuando nei bambini il senso dell’esotismo si fa passare la propaganda. Anche le trasmissioni dell’EIAR si rivestono di una pratica militaresca, ma si parla anche delle sanzioni decise contro l’Italia da Francia e Inghilterra (anche se molti paesi non le rispettano): si è in un’economia di guerra, ne parla la rubrica economia domestica in tempo di sanzioni. Non è tanto il danno economico quanto il vantaggio propagandistico. Anche l’intrattenimento risente di questo nuovo clima, l’opera musicale continuamente mandata in onda è infatti l’Aida. Ogni aspetto della vita è ricoperto da questa nuova retorica. In questa fase avviene una vera e propria sinergia tra propaganda e consumismo, con prodotti che ricordano la campagna d’Africa. Le trasmissioni di intrattenimento, inoltre, non diminuiscono nonostante l’aumento dell’informazione, anche questa è una scelta propagandistica: l’Italia è in una guerra, ma in una guerra vittoriosa, si può continuare a intrattenersi con musica, teatro… con la normalità della vita quotidiana. Gioca a favore di questa scelta il fatto che la guerra sia lontana migliaia di chilometri. Il bilancio della radiofonia durante guerra è senz’altro soddisfacente, gran parte degli italiani ha abbracciato la visione stereotipata che veniva data dai media. Indro montanelli addirittura negherà i crimini commessi dai soldati in Etiopia, dimostrando quanto fosse permeato il mito degli “italiani brava gente”. Questa congiuntura ebbe ampie conseguenze per la radiofonia: Aumento abbonamenti radiofonici, tocca punti finalmente importanti nel ’39 si ha 1 milione di apparecchi anche in Italia, grazie ai prezzi più bassi. La guerra provoca sete di notizie e la radio può darle molto velocemente; 34 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione Internazionalizzazione ascolto radiofonico: in quanto il secondo obiettivo della propaganda riguarda l’estero. Mussolini deve parlare a Inghilterra, Francia… agli italoamericani… diventa necessario potenziare la radiofonia e garantire una voce unitaria al regime. È difficile poi valutare gli effetti dell’ascolto all’estero ma sappiamo che grazie alla radiofonia vennero rafforzati i rapporti tra patria e italoamericani. Per ottenere questo risultato si rafforzano gli apparecchi a onde corte per fare in modo che la voce arrivi più lontano. Significa anche un’altra cosa, l’ascolto di radio internazionali, aumenta l’interesse per le radio che trasmettono dall’estero. L’ascolto della radio era sempre stato internazionale ma ora la voce del regime rimbomba all’estro, si ha guerra dichiarata… si tratta di eventi di portata internazionale raccontati anche all’estero: cosa dicono gli altri? L’ascolto delle radio straniere diventa una tendenza per recepire l’eco della vittoria italiana. Il problema è che le radio straniere non mandano lodi del duce ma anche molte critiche. Si può presumere che qui inizi per alcune persone la pratica di ascoltare un diverso modo di raccontare le cose, per “sentire l’altra campana”. Non vale per tutti, serve avere un apparecchio radio e un rapporto attivo con esso per riuscire a sintonizzarsi sul canale giusto. Ci vuole poi un atteggiamento critico e distaccato nei confronti del regime per farlo, non si tratta chiaramente della massa ma di pochi. Questo fatto comincia a preoccupare il regime, ciò ce lo dimostra il fatto che dal ’35 si avviano azioni di spionaggio e disturbo delle radio estere. Inoltre, è vietato l’ascolto delle radio straniere nei locali pubblici. Guerra di Spagna Appena conclusa la guerra di Etiopia subito scoppia la guerra di spagna: le elezioni erano state vinte dal fronte popolare, scoppia però una rivolta in Marocco guidata da Francisco Franco che comincia a risalire verso la capitale con l’appoggio di monarchici, conservatori, filofascisti… una parte dell’apparato militare rimane fedele al governo legittimo, quindi i rivoltosi hanno bisogno di aiuto esterno per vincere la guerra civile: si appellano a Italia e Germania che a parole si rifiutano ma in fatto inviano segretamente molti contingenti. Tuttavia, arrivano anche volontari repubblicani, socialisti… a favore del governo legittimo, tra cui gruppi di antifascisti italiani di cui spicca il gruppo di giustizia e libertà, organizzazione guidata da Carlo Rosselli. Egli si rende conto delle potenzialità radiofoniche nel campo antifascista, cerca quindi di raccogliere fondi per cercare di ottenere una stazione che trasmettesse in Italia. Con la guerra il progetto diventa di impiantarla proprio in Spagna, egli inizia a parlare da Radio Barcellona e per la prima volta inizia a rivolgersi al pubblico italiano con il motto “oggi in Spagna, domani in Italia”. Anche altri cominciano a far sentire la loro voce alla radio come Pietro Nenni e tra 37/38 si intensifica la campagna radiofonica dalla spagna come la radio repubblicana che crea trasmissioni in lingua straniera per i volontari presenti nel territorio. Sono però i comunisti italiani in spagna a mettere in piedi Radio Milano, chiamata così in quanto Milano si contrappone a Roma e alla romanità fascista, inoltre, il nome è facile da ricordare e fa credere che la trasmissione provenga effettivamente da Milano. Si simula la presenza in quella città di anarchici, comunisti… che riuscivano a trasmettere. Si cerca di creare confusione ma soprattutto speranza. I programmi continuano fino alla fine della guerra civile. Da questa radio prendono la parola moltissimi dirigenti e combattenti, i nomi vengono annotati dalle spie del regime e da ciò sappiamo che le trasmissioni erano di grande efficacia, soprattutto rispetto a quelle tradizionali dell’EIAR che avevano quel modo di parlare tipico dei comizi, non si poteva sperare in un più moderno approccio al parlare radiofonico, cosa che invece si nota in radio Milano. Gli antifascisti fuoriusciti avevano ascoltato molto la radio estera, diversissima dal modo ampolloso e retorico dell’EIAR, notiziari in cui non si raccontava “il rombo del tuono” ma si discuteva di questioni politiche ed economiche. È la prima radio parlata da italiani che trattava temi nemmeno immaginati dall’EIAR, come il carovita: è la prima volta che queste questioni viaggiano nell’etere in lingua italiana e raggiungono l’Italia. Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 35 Elio Vittorini scrive e ricorda di essere stato ascoltatore di queste trasmissioni e che ha avuto un grande ruolo nella formazione della sua coscienza politica. È sicuramente un caso rarissimo, ma è evidente come ci fosse qualcuno all’ascolto. Era comunque propaganda anche la radio antifascista, l’oggettività è una retorica, anche se meno evidente. Per la prima volta qualcuno comunica agli italiani in maniera efficace. È inoltre meno pericolosa rispetto alla circolazione di opuscoli. L’EIAR non rimane a guardare: all’interno di essa si crea un clima iberico con canzoni spagnoleggianti ma è un repertorio che non ha successo, la guerra di Spagna non è sentita quanto la guerra in Etiopia, non si capisce perché bisogna andare in guerra. Manca la tradizione coloniale. Agli inizi del ’37 organizzerà quindi programmi destinati alla Spagna, è una risposta ai programmi spagnoli destinati all’Italia messi in onda dalle 21:45 alle 24:00 in spagnolo e catalano da stazioni di Roma, Firenze, Genova e Milano collegate tra loro. Si simula che i programmi siano emessi da una stazione spagnola chiamata radio verdad, che di fatto non esiste, è l’EIAR, finge solo di essere in Spagna. In realtà il gioco viene subito scoperto, l’identità dell’emittente viene riconosciuta e spiattellata subito. I notiziari sono infarciti di propaganda fascista contro l’antifascismo, vi sono motivi come scontro tra civiltà e barbarie, attacco ad ateismo anarchico, difesa dei valori… con la guerra di Spagna si ha uno dei primi esempi di guerra delle onde, che inizia PRIMA della Seconda guerra mondiale. Nel ’37 le trasmissioni radiofoniche italiane per l’estero aumentano del 95%. Effetti controversi della propaganda L’opinione più diffusa è che la guerra in Etiopia sia l’apice del “consenso” 10 degli italiani al regime fascista. Tuttavia, chi ha studiato le minuzie di questi passaggi e le biografie dei personaggi coinvolti ha dedotto che proprio a partire da questa guerra si iniziano a intravedere fenomeni e tendenze opposti a questa idea del consenso, evidenti sul piano della propaganda e della politica culturale. Come si spiega? Da una parte la guerra ha spinto l’Italia a diventare protagonista sulla grande scena internazionale e questa ha risvegliato l’interesse degli italiani per la politica estera, cresce in generale la curiosità per gli eventi. Questo processo una volta innescato, proprio perché continuano a esserci fenomeni gravi che coinvolgono tutta la popolazione, non si ferma più. Difficilmente si tornerà ad ascoltare solo il radiogiornale dell’EIAR, non si torna più indietro. Si va verso una chiusura totale nell’editoria e nella stampa mentre nella radio è immediata la ricezione di notizie estere. Comincia, per alcuni, ad essere minata la fiducia nel regime. Proprio la radio, lo strumento fascistissimo nato con il fascismo, che non era mai esistita come antifascista è il mezzo da cui si infiltrano notizie contrastanti. Comincia un cambio di passo anche nel regime, c’è l’escalation totalitaria proprio quando il fascismo si avvicina al nazismo, si cerca di manipolare la cittadinanza per creare l’uomo nuovo fascista. Nel 37 viene infatti istituito in MINCULPOP in cui tutta la cultura è coinvolta. Il perno su cui ruota la propaganda del regime dopo la guerra è autarchia culturale, difesa della tradizione italiana e tentativo di costruzione di una cultura fascista. Anche la campagna raziale diventa durissima. Naturalmente l’autarchia è difille da portare avanti in quanto serve una censura preventiva, tanti censori, accordi con editori… tutti i media sono coinvolti. Un altro aspetto è che la radio è un mezzo di comunicazione complesso, ci sono una varietà di generi, dove controllare l’informazione è facile ma molto meno lo è per i programmi di intrattenimento la cui forma non è mai scontata e banale. Tra questi vi è la musica, non si può trasmettere solo inni fascisti, anche le conversazioni comiche sono un problema, non si può fare sempre le stesse battute approvate dal regime. Oltretutto l’intrattenimento è fatto per vendere, quindi c’è sempre un rapporto difficilissimo con gli editori. Rilevante è il caso delle olimpiadi del ’36: l’EIAR trasmette la radiocronaca, colonna portante del palinsesto, tenuta da Niccolò Carosio. Gli italiani, e tutto il mondo, scoprono gli atleti di colore e si entusiasmano proprio grazie a queste 10 È impossibile parlare di consenso vero e proprio in quanto non è dato il dissenso, tuttavia, si usa come categoria storiograEica 36 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione cronache. È un esempio di come involontariamente passi un messaggio anche quando il regime cercava di trasmetterne uno diverso. I mezzi di comunicazione di massa giocano un ruolo ambiguo, possono essere strumenti efficaci di mobilitazione. La radio in questi anni non ha ancora capacità massificante, è lo strumento della classe media, non può quindi plasmare la società. Nasce negli anni ’30 il cabaret radiofonico, vi sono molti autori che costruiscono la propria fama attraverso la radio come Cesare Zavattini che tratta semplici episodi di vita quotidiana, lontani dalla tronfia retorica fascista. Egli, infatti, aprì la strada al neorealismo nel secondo dopoguerra. Il grande genere che si afferma a metà anni ’30 è quello del varietà nonostante i vari problemi per gli attori come l’impossibilità di usare i gesti, il dialetto… negli anni gli attori si adattano alle nuove esigenze. Un genere importante è l’operetta che però non rende molto alla radio in quanto si basava sul mostrare le gambe delle subrette. Si crea un’altra forma di radiofonia che deriva dall’avanspettacolo (andava in onda prima dei film) con sketch molto rapidi. Anche la rivista viene adattata alla radio, seppur con difficoltà, finché non si palesano sulla scena Nizza e Morbelli che si occupano del programma “i quattro moschettieri” che ha molto successo in quanto composto da sketch, rumori scenici molto originali (opera di Egidio Massucci) e soprattutto si fonda sull’elemento della serialità. Questo fattore già esisteva, soprattutto nei periodici grazie al rotocalco, ma anche in radio soprattutto negli stati uniti. La serialità serve a fidelizzare l’ascoltatore, ogni settimana veniva mandata in onda la vicenda di uno stesso personaggio. Viene sfrutta dai quattro moschettieri facendo riferimento a topoi musicali e letterari. Siamo di fronte a una parodia di Dumas dei “tre moschettieri”, è un programma parodistico che dal luglio 34 al 35 affronta la storia di questi moschettieri. La trasmissione ha così tanto successo da essere replicata gli anni successivi, vengono poi agganciati a questi racconti riferimenti alla letteratura di tutti i tempi. Il topos serve a replicare e ricordare qualcosa che già si conosce e in cui il pubblico si può rispecchiare. Ritornano una serie di personaggi che diventano punti di riferimento per tutti gli spettatori. Diventa un vero e proprio fenomeno di costume. Si crea poi una sinergia con la pubblicità e le sponsorizzazioni, da parte ad esempio di Buitoni e Perugina che lanciano un concorso di collezione di figurine a premi. Ciò avviene anche nell’editoria con la pubblicazione ad esempio di dischi, intanto è, infatti, nata la CETRA. I quattro moschettieri è a tutti gli effetti un fenomeno moderno. Ha tutto questo successo proprio perché è una parodia: fa la caricatura di quegli elementi (eroismo, militarismo…) propri della propaganda fascista in maniera molto leggera e permetteva agli spettatori di esorcizzare la cupezza sempre più marcata del regime. Era una valvola di sfogo per il pubblico. Ritorna il tema degli effetti controversi della propaganda e della complessità del messaggio trasmesso dalla radio. Un riferimento alla questione della musica: è il genere dominante dell’intrattenimento, rimane il 60% della trasmissione. Scende l’interesse per la musica folkloristica, rimane alto l’attenzione per l’opera lirica. Diventa sempre più importante la musica registrata e si afferma la musica leggera. La radio è fondamentale per far circolare i gusti e opera un processo di nazionalizzazione a discapito della musica regionale. Essendo un prodotto di consumo il regime non la censura e trasmette messaggi e modelli che il regime non è in grado di fermare. La radio è lo strumento che consente di trasmettere modelli, stile di vita e poi prodotti, in quanto siamo ancora in una società povera. L’acquisto dei prodotti arriva nell’Italia del boom economico. Il fascismo riesce a bloccare il consumo a certi prodotti ma non l’aspirazione ai modelli. Quando non riuscirà più a realizzare le promesse di una vita dignitosa per tutti allora il fronte interno crollerà. I programmi di intrattenimento radiofonico sono programmi che attraverso certa musica permettono l’inserimento dell’ideologia ma hanno anche un aspetto controproducente. 6. La Seconda guerra mondiale Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 37 Il 1° settembre 1939 i tedeschi invadono la Polonia senza dichiarazione di guerra e scoppia la Seconda guerra mondiale. Nei primi mesi di guerra Hitler si dedica all’occupazione dell’Europa del Nord per poi dirigersi verso la Francia fino all’occupazione di Parigi. L’Italia è assolutamente impreparata alla guerra e dichiara quindi la non belligeranza in attesa di intervenire, cosa che fa quando l’avversario sembra già sconfitto, ovvero dopo la caduta di Parigi. Si pensava ad una guerra molto breve, cosa che poi non fu, e l’Italia subì gravi sconfitte sia sui Balcani che in Africa. La situazione è molto difficile ma tenuta a galla dal regime fascista. Una nuova fase della guerra si apre con la campagna di Russia: è l’inizio della disfatta, insieme all’ingresso in guerra degli USA. La guerra diventa di logoramento, che può essere vinta solo dalla superiorità economica. Nel ’43 Germania e Italia sono pienamente in difficoltà. All’interno dell’ambito radiofonico si assiste a varie fasi diverse, è importantissima la contestualizzazione. Il fronte interno è fondamentale, così come la capacità della propaganda di essere credibile. In Italia dal ’43 si verifica uno scollamento tra il regime e il popolo: nelle grandi fabbriche del nord si assiste ai primi scioperi (era vietato) che vengono dal basso, azione di una gravità assoluta. È la popolazione al di là di qualsiasi controllo delle organizzazioni politiche che si rivolta. Gli alleati percepiscono la difficoltà italiana e si muovono per un intervento nella penisola: nel ’43 si apre il nuovo fronte, il 10 luglio vi è lo sbarco in Sicilia. È la sconfitta più grave per il fascismo, nella notte tra 24 e 25 nel Gran Consiglio del Fascismo Dino Grandi prende l’iniziativa e mette in minoranza Mussolini (anche Galeazzo Ciano è d’accordo). Il Duce viene destituito, il regime implode e il re riprende nelle mani il governo insieme a Pietro Badoglio. La notizia della sua caduta porta a reazioni estremamente positive nella penisola, non solo perché il suo mito era ormai sbiadito ma soprattutto perché si credeva nella fine della guerra. Cominciano le trattative per arrivare ad un armistizio, la guerra continua a fianco della Germania anche senza Mussolini. Intanto, cominciano a riemergere i partiti e rientrano gli antifascisti dal confino, ancora tutto in maniera clandestina. Le trattative vanno per le lunghe ma i tedeschi capiscono della pericolosità e si preparano ad intervenire: viene firmato l’Armistizio di Cassibile, trasmesso alla radio l’8 settembre 43. L’annuncio è ambiguo e crea il panico tra i generali: nessuno sa come comportarsi e senza istruzioni operative l’esercito si disgrega. I nazisti occupano l’Italia e di conseguenza inizia la resistenza: nasce la repubblica Sociale Italiana, annuncio dato da Radio Monaco. Che cosa è successo alla radio tra ’39 e ’43? Non era questa la prima volta in cui l’EIAR deve agire e organizzare un palinsesto in tempo di guerra, quindi sa come comportarsi. Il problema è che questa volta la guerra è in casa, non si può riprendere ugualmente la strategia della guerra d’Etiopia. La situazione è complicata, non si può parlare di una sconfitta a livello propagandistico, ma deve farlo, mimetizzando ciò che sta accadendo. Allora gli italiani imparano a “leggere tra le righe” e sempre più sono portati ad ascoltare altre radio. Dalla guerra di Etiopia il genere più seguito era la radiocronaca che consentiva anche di sentirsi coinvolti in ciò che accade. Tuttavia, dal fronte di guerra sono difficili da avere, i giornalisti stessi sono in difficoltà anche per la censura di guerra, non si possono intervistare i soldati. A un certo punto spariranno dai palinsesti dell’EIAR, erano dei documentari studiati a tavolino, delle vere e proprie messe in scena. La parte informativa era completamente assente e prevaleva la propaganda dove la spettacolarità faceva da padrona. La programmazione 1. Informazione Dopo il giornale radio delle ’20 il primo programma serale era l’editoriale politico “commento ai fatti del giorno”, tenuto da var giornalisti, tutti di punta del regime, come Aldo Valori. È questa la voce ufficiale del regime che va in onda nel momento di massimo ascolto. Del programma attrae l’idea che sia tutto semplice, facilmente comprensibile. Se il programma è disorganico, in un momento di guerra, anche ciò che viene colto è più vario, e ciò è deleterio: sarebbe stata necessaria una sola voce. La mancanza di coerenza fa in modo che sarà sempre 38 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione più malvisto dal regime. Il direttore era Mario Appelius che piaceva per il suo linguaggio diretto e colorito capace di scaturire forti emozioni nel pubblico. Egli comincia ad avere difficoltà nel momento in cui arrivano le sconfitte, cominciano anche a comparire sui giornali commenti negativi del suo lavoro. L’opinione pubblica appare sempre più disorientata. Egli vuole esaltare i nazisti e fare in modo che si mantenga il morale alto, a volte per farlo inventa addirittura delle notizie di vittorie. Quando si comincia ad inventare/modificare notizie su ciò di cui il popolo aveva esperienza ecco che perdono attrattiva. Nell’aprile ’43 poi il programma viene abolito. I 5 minuti del signor x: si tratta di una rubrica breve (5 minuti circa) di pura propaganda, che per la prima volta passa dall’ironia attraverso la presa in giro del nemico e soprattutto di Radio Londra. 2. Programmi contenitore, di servizio La radio si mette a servizio della popolazione, passando anche propaganda, attraverso la creazione di un rapporto diretto pubblico-ente e quindi pubblico-regime. Durante la guerra sono dedicate ad utenze particolari. Il programma di servizio sparirà una volta finita la guerra e tornerà dopo la riforma del ’75. La più importante è Radio Igea, programma dedicato ai degenti negli ospedali, diretto da Fulvio Palmieri. I discorsi recitati e letti alla radio venivano poi pubblicati. Era di conforto per i malati negli ospedali. Veniva mandato in onda alla domenica mattina. Era “di servizio” in quanto dava voce ai feriti di guerra dando l’idea propagandistica di questa comunità. Un altro è Radio Sociale, va in onda tre volte a settimana dalle 12:30 alle 13:00, diretto agli operai in pausa pranzo. È creato per essere trasmesso nelle mense durante le pause sul modello della radio nazista. Mescola intrattenimento ad obiettivi di propaganda: gli operai in guerra sono fondamentali, devono produrre per l’industria bellica. Non era molto amata dagli operai che preferivano fare altro piuttosto che ascoltare i proclami del regime durante le pause. Fondamentali erano anche le trasmissioni per le forze armate che con la guerra diventano quotidiane. C’era una parte di intrattenimento a propaganda, insieme alla corrispondenza: venivano lettere di familiari o militari. 3. Trasmissioni per l’estero Sono quei programmi pensati soprattutto per la contropropaganda, gli italiani ascoltavano moltissimo le radio estere, soprattutto Radio Londra. Erano dedicate sia a paesi nemici che a quelli neutrali. Da un punto di vista tecnico visti i grandiosi progressi nella costruzione dell’infrastruttura la capacità della radio italiana di raggiungere territori lontani erano molto elevati, l’EIAR aveva la possibilità di diffondere la sua voce. I contenuti erano problematici, le trasmissioni non hanno successo ma non smette mai di trasmettere. Il grande errore è che questi programmi sono tutti uguali, manca lo studio e la capacità di approfondimento delle caratteristiche delle varie popolazioni a cui erano diretti questi programmi. L’EIAR con il tempo perde sempre più credibilità e aumenta l’ascolto clandestino delle radio straniere, lo sappiamo perché nel settembre ’42 il partito fascista decide di creare un ufficio radio per creare una rete di spie, i fiduciari radiofonici, con il compito di promuovere l’ascolto dell’EIAR e controllare chi ascoltasse radio straniere. 25 luglio ’43 con la destituzione del regime tutti i direttori dei quotidiani vengono sostituiti: avere un direttore fascista inizia a diventare problematico. L’EIAR non viene invece toccata da questi cambiamenti di direzione, probabilmente perché i grandi quotidiani erano in mano ai privati mentre l’EIAR al governo, era la voce del regime quindi si decide di non sostituire nessuno per rassicurare la popolazione e fingere che ci sia una certa continuità. È un modo di temporeggiare. Non abbiamo l’archivio sonoro dell’EIAR in questa fase, le poche cose registrate sono andate perdute e non recuperate; quindi, la fonte di riferimento per ricostruire Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 39 questa fase fu il radio corriere che continua ad essere pubblicato anche dopo il 25 luglio. La firma dell’armistizio fu un momento decisivo anche per la radiofonia in quanto avvenne il cosiddetto “blackout radiofonico”, la radio non trasmette più. Quando la classe dirigente si accorda con gli alleati e venne firmato l’armistizio gli italiani e alleati decisero che avrebbero annunciato la firma dell’armistizio in contemporanea: gli accordi prevedevano che il giorno 8 settembre sarebbe partito un segnale dalla BBC e 6 ore dopo ancora la BBC (ente britannico), ma anche la Voice of America (ente statunitense) e l’EIAR (ente italiano) avrebbero mandato in onda l’annuncio dell’armistizio da parte di Badoglio,. L’annuncio avrebbe quindi dovuto essere mandato in diretta su questi 3 canali radio all’orario concordato delle 19 ed effettivamente a quell’ora Badoglio si reca alla stazione trasmettitrice a Roma e legge il seguente messaggio: «Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.» Si tratta di un proclama molto scarno e netto, nonostante fosse un messaggio di una gravità inaudita in quanto la guerra portata avanti per più di 3 anni avrebbe dovuto concludersi con una resa incondizionata. Questa fu l’unica dichiarazione di Badoglio. Inoltre, quando egli arriva alla stazione trasmettitrice di Roma non parla in diretta, l’EIAR lo registra il messaggio: così Badoglio va in onda in diretta alle 19 su BBC e Voice of the America, mentre in Italia il messaggio è mandato in onda registrato alle 19:42. Chi è in ascolto in Inghilterra, America… viene a conoscenza dei fatti 42 minuti prima degli italiani. Questo piccolo dettaglio ebbe una grandissima importanza nell’evoluzione della guerra, erano 42 minuti di vantaggio per i tedeschi per muoversi e per iniziare ad occupare delle postazioni, erano 42 minuti di ritardo per una notizia che non dava ulteriori spiegazioni. È verosimile che gli alleati si aspettassero che dopo la trasmissione del messaggio Badoglio desse delle indicazioni alla popolazione civile o ai militari, cosa che non avvenne. Le indicazioni per i militari in questo messaggio riguardando il fatto che non devono più combattere contro inglesi o americani e che devono invece reagire a qualsiasi attacco da parte di altre nazioni, sono indicazioni molto vaghe. Il messaggio era opaco quindi la risposta non poteva essere forte, potente e unidirezionale. Perché questo ritardo nell’annuncio? Quei 42 minuti servono al Re e al governo per allontanarsi da Roma così da rifugiarsi a Brindisi, è chiaro quindi che la radio si rende corresponsabile di un momento di grande sbando dello Stato e della popolazione. Badoglio e il governo provano a giustificare questo ritardo sostenendo che avevano voluto posticipare l’annuncio per mandarlo in onda nel momento di maggiore ascolto, ma è una scusa che non regge. Dopo tutto ciò seguono 2 giorni di vuoto di potere, si tratta di un momento di interregno, non c’è nessuno che comanda. Quando avvengono momenti in cui non c’è nessun comando gli strumenti di comunicazione, in assenza di controlli, diventano il centro di grandi sviluppi della comunicazione stessa perché c’è piena e totale libertà, ma tutto questo non accade dopo l’8 settembre. Sono due giorni di totale paralisi informativa questo perché la radio è nata contemporaneamente con il Fascismo e non è stata mai abituata a fare di testa sua, a differenza dei giornali che avevano una lunga tradizione di lotta per la libertà. Da qui capiamo come la radio fascista non ha niente di suo da dire, era stata semplice organo del regime, quando il governo non lancia più messaggi la radio tace. 40 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione Lo storico Gianni Isola ha provato a ricostruire i motivi per cui anche quei politici che cominciano ad uscire dall’isolamento non intervengono nei microfoni dell’EIAR, nessuno dei politici prova a parlare. Questo probabilmente fu dovuto alla scarsa dimestichezza con il mezzo radiofonico. La seconda motivazione riguarda il fatto che in una situazione di così grande confusione c’erano altre necessità più importanti che andare alla radio, c’erano motivi di ordine pratico più grandi che prendevano il sopravvento su qualsiasi altra motivazione politica. Ma c’è anche un’altra motivazione che dà conto come la prima all’incomprensione del ruolo della radio, in quanto gli antifascisti si occupano immediatamente della stampa cartacea, riescono a prende il controllo delle testate, ma arrivano in ritardo sulla radio. Da parte di molti antifascisti c’è una certa lentezza nel campo della radiofonia. Il silenzio dura 2 giorni e mezzo, inizialmente non è un silenzio tecnico perché per un po’ di tempo il messaggio di Badoglio viene trasmesso a ripetizione alternato a della musica, vengono a scomparire i programmi d’intrattenimento e di informazione, ma tra il 9 e il 10 settembre viene effettivamente sospesa ogni trasmissione. Se si accende la radio si sente solo un ronzio, questo perché non c’era più nessun giornalista e tecnico rimasto negli studi dell’EIAR. Tuttavia, si è anche ipotizzato che questa fosse una scelta politica da parte dei dirigenti dell’Ente che erano ancora gli stessi di Mussolini, fedelissimi al regime fascista e alla monarchia; quindi, la volontà di non lanciare messaggi era anche in solidarietà con il silenzio della corona. La paralisi informativa continuò fino alla sera del 10 settembre quando ci fu un nuovo comunicato dell’agenzia Stefani che ribadì la resa dell’esercito italiano, seguì di nuovo il silenzio e questo secondo corrisponde al momento in cui i nazisti entrarono nelle sedi dell’EIAR di Roma. Le trasmissioni riprendono la mattina successiva alle 11, la voce fu quella di un soldato tedesco che parlava in italiano sollecitando gli italiani nel ritornare sui loro passi. Lo scrittore Paolo Monelli ricorda invece quanto accaduto la mattina del 12 settembre, quando alle 8 del mattino un incolto portinaio dell’edificio dell’EIAR pronunciava un bando del maresciallo che dichiarava lo stato di guerra, il tutto con un forte accento romano e con grandi difficoltà nel leggere in maniera fluida, è una situazione assurda. Cosa era successo al personale dell’EIAR? Erano scappati tutti ma erano rimasti a Roma, in particolare il direttore generale rimane in città, convoca a Roma tutti i suoi collaboratori più stretti e cerca di convincerli a riprendere a lavorare collaborando con i tedeschi. Ovviamente c’erano costrizioni, si minaccia di morte chi non collabora ma c’era anche la minaccia della distruzione degli impianti che avrebbe rappresentato una grave perdita anche economica. Tra i presenti la gran parte accetta di continuare a lavorare e di collaborare con i tedeschi, ma 2 persone presenti alla riunione, che quindi erano stati personaggi in prima fila durante la fase fascista dell’EIAR, decisero di non collaborare e anzi faranno bagagli e di soppiatto si trasferirono in Puglia per unirsi a una nuova forma di radiofonia: Antonio Piccone Stella e Sergio Pugliese, unici 2 a rifiutarsi di collaborare. Il direttore generale dell’EIAR, Raul Chiodelli, in quel momento aveva preso sulle spalle 2 cariche diverse: quella di direttore generale e quella di amministratore delegato, il direttore generale si occupa di dirigere l’azienda, é la figura politica che decide la condotta e gli orientamenti politici, l’amministratore delegato si occupa invece della parte amministrativa, finanziaria e della gestione del personale. Quindi, in questo momento Chiodelli aveva entrambe le cariche, ma dopo la riunione a Roma decide di dimettersi da direttore generale e mantiene solo la posizione da amministratore delegato. In tal modo l’EIAR dal punto di vista politico non ha più nessuno che la dirige, è totalmente alla mercé dei nazisti, tanto che la sede viene spostata a Busto Arsizio, questo perché ci si voleva avvicinare alla Germania ma soprattutto per allontanarsi dal sud Italia da dove stavano salendo gli alleati. Sarà quella la sede dell’EIAR di Salò. L’EIAR si scinde in quanto al sud si costituisce una nuova radio italiana che inizia a dare il loro contributo alla lotta antifascista. All’EIAR di Salò corrisponderà una sorta di EIAR dell’Italia liberata la cui prima sede sarà a Palermo per poi essere spostata a Bari, a Napoli e infine ritornerà a Roma nel 44. Non si sa molto dell’attività dell’EIAR in questi giorni quello che Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 41 sappiamo è che i dirigenti si vogliono liberare dalle loro responsabilità politiche, la radio ha avuto quindi un ruolo negativo in questa fase in quanto senza di essa la popolazione italiana non sa più a chi rivolgersi, tutto ciò dopo soli 20 anni dalla nascita della radio in Italia. Nel territorio italiano nasce quindi la cosiddetta “guerra delle onde” che raggiunge il suo apice tra il settembre del 43 e l’aprile del 45, i protagonisti sono: l’EIAR di Salò, le stazioni liberate nel Sud (Palermo, Bari, Napoli e Roma), le radio straniere, le radio naziste, le radio partigiane: Emittenti straniere: radio Londra L’emittente straniera più importante ed ascoltata é Radio Londra, lo sappiamo per via dei provvedimenti giudiziari che venivano presi contro coloro che la ascoltavano: si vietò l’ascolto nei locali pubblici e successivamente anche nelle case private. È importante ricordare che radio Londra era il servizio per l’Italia della BBC, e soprattutto non era un servizio di un partito politico ma solo di informazione, ciò significa che se una persona si metteva all’ascolto di Radio Londra non lo faceva come scelta politica ma solo come scelta informativa in quanto l’ente sembrava dare notizie oggettive mentre l’informazione dell’EIAR diventava sempre più retorica. L’impostazione di Radio Londra era molto diversa da quella dell’EIAR, c’era la separazione tra la notizia e il commento; tuttavia, anche questa oggettività era un modo indiretto per fare propaganda in quanto la BBC ribadiva più volte di essere oggettiva nel proporre una notizia e così facendo facevano propaganda per un certo modo di vedere. Si dichiarano oggettivi e quindi vengono accolti e interpretati come oggettivi. Quando nasce Radio Londra la guerra non è ancora iniziata, siamo nella fine del 39 quindi periodo della non belligeranza dell’Italia ma comunque alleata con i nazisti, però la BBC, previdente, crea questo servizio per l’Italia cercando di allontanarla dai nazisti. L’oggettività su cui si basa la BBC diventa la strategia, non nega mai gli insuccessi inglesi, quando i tedeschi bombardano l’Inghilterra racconta, non nasconde come invece tendeva a fare l’EIAR. La retorica sta invece nella dichiarazione di fiducia nella cosiddetta guerra del tempo, la BBC dichiara che la guerra sarebbe stata vinta sul lungo periodo, é una dichiarazione che è totalmente opposta rispetto a ciò che venne dichiarato da Hitler e Mussolini e quindi anche dall’EIAR. Quando la guerra non viene vinta velocemente la fiducia nei confronti dell’EIAR crolla e quella nei confronti di Radio Londra sale, di fronte alla realtà dei fatti gli italiani iniziano a capire che l’EIAR non è affidabile mente lo è Radio Londra. Informazione e commento erano quindi divise, erano contenuti preparati da persone diverse: l’informazione era predisposta da una redazione centrale a Londra, i commenti venivano preparati dai diversi servizi nazionali, l’informazione e centralizzata dalla redazione mentre il commento è lasciato ai singoli servizi perché radio Londra ha capito che in una guerra non ci si fida più del commento che è diventato puramente propagandistico, ciò che conta in guerra sono è la notizia, è guerra d’informazione. In tal modo radio Londra garantisce una copertura informativa più minuziosa e dettagliata rispetto al commento, è la strategia vincente. Lo stile di radio Londra è diverso da quello dell’EIAR, il commentatore principale è il colonnello Stevens, iniziava le sue trasmissioni dicendo “buonasera”, per un ascoltatore italiano era fuori dalla norma in quanto era abituato a sentire l’inizio del programma con un “camerati” o con direttamente la notizia. Inoltre, molti fuoriusciti italiani, anche socialisti, collaborano nella realizzazione dei programmi di Radio Londra e ovviamente conoscono molto bene la situazione italiana, per questo funzionano. In Italia, invece i programmi dell’EIAR per il Medio Oriente falliscono perché a realizzarli sono italiani in Italia che parlano del Medio Oriente per il Medio Oriente senza l’ausilio di emigrati mediorientali che aiutano ad indirizzare i testi. Altro aspetto che riguarda la forma di Radio Londra è che molti erano i programmi che giocavano sull’ironia e che prendevano in giro per esempio i fascisti, il messaggio era che per anni il regime fascista non ha fatto altro di spingere verso la direzione di una piena identificazione tra fascismo e la nazione, tra fascista e cittadino 42 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione italiano, e l’ironia utilizzata da radio Londra aveva lo scopo di strappare questa un’unione. Il messaggio era: “gli italiani non sono fascisti”, si cerca di rompere quell’identificazione. Inoltre, un tono più leggero e ironico è più passibile di essere ascoltato e accolto da un pubblico più popolare, e quindi l’obiettivo era anche quello di espandere il messaggio. Non c’è solo Radio Londra, nella guerra delle onde ci sono molte altre trasmissioni che parlavano in Italia: Prima di tutte quelle della Svizzera Italiana, la più celebre era Radio monte Ceneri posizionata sul Monte Ceneri (poco più a Nord di Lugano) che domina Lugano e la Pianura Padana. Quindi il segnale della radio era molto limpido in gran parte del nord Italia, sicuramente per tutta la pianura padana e fino a Milano. Era una radio ovviamente non fascista, la Svizzera ha avuto una posizione neutrale quindi il messaggio politico era più libero rispetto a quello della radio italiana. Politicamente era una radio interessante per gli antifascisti, dal punto di vista informativo era molto più oggettiva dell’EIAR. Altra radio che parlava Italiano dall’estero era Radio Vaticana, dallo stato del Vaticano, era una radio molto potente; non si immischia mai in dichiarazioni politiche ma ha comunque un ruolo fondamentale, infatti, sappiamo che le radio naziste attaccavano spessissimo radio Vaticana quindi qualche fastidio lo dava. Durante la Seconda guerra mondiale era una vera e propria radio di servizio, crea un ufficio informazioni per rintracciare i civili e i militari che resterà attivo fino al ’46. Siamo in una fase confusa della guerra dove non è possibile comunicare con i familiari, quindi, è evidente che vengono a cadere i rapporti e le relazioni, radio vaticana serve a rintracciare i prigionieri, a rintracciare i parenti dispersi. Radio Vaticana durante la guerra manda in onda 1 milione e 250 mila messaggi di famiglie dei dispersi che sono pari a 12000 ore di trasmissione, era una radio. Radio Monte Ceneri e Radio Vaticana entrambe importanti ma con dei limiti, quello della prima era di tipo geografico, mentre della seconda politico. La radio che fa veramente da contraltare politico a Radio Londra fu Radio Mosca. Radio Londra era ascoltata per l’informazione, quindi anche chi non è politicizzato la ascolta per le informazioni, mente radio Mosca è per comunisti o socialisti, é una radio fortemente politicizzata. Si tratta del servizio italiano della radio sovietica, aveva iniziato a trasmettere come servizio internazionale nel 29 per i comunisti all’estero, non c’era solo il sevizio per l’Italia che in realtà nascerà solo nel 36. Durante la guerra aumenta anche se di poco l’ascolto clandestino di radio Mosca, durante la quale la radio vive delle fasi molto difficili: gli anni 30 sono quelli di grande avanzata del consumismo tra gli intellettuali, nel ‘39 avviene il patto tra l’Unione Sovietica e la Germania nazista, fase di grande imbarazzo per i comunisti; quindi, radio Mosca in questo momento si mette un po’ a tacere ed è molto in difficoltà nel propagandare il suo messaggio. Questi servizi per l’estero vengono rilanciati dopo l’avvio dell’invasione tedesca dell’Unione sovietica nel ‘41, sono soprattutto trasmissione di propaganda ma c’è anche intrattenimento. Al centro ci sono appelli, comunicati e discorsi da parte di fuoriusciti, politici italiani che vivevano in Unione Sovietica come Togliatti che parlava da Radio Mosca sotto pseudonimo (Mario Correnti). La radio mandava in onda le sue trasmissioni 3 volte a settimana in serata, è interessante perché i suoi messaggi erano quelli che avremmo ritrovato alla base della resistenza italiana cioè “unità all’antifascismo”, “risorgimento” come elemento unificante dell’antifascismo, “italianizzazione” della tradizione comunista in Italia, “richiamo alla tradizione liberale italiana”… già da Radio Mosca viene accreditata la visione per cui il partito comunista sarebbe un partito nazionale, diventerà poi effettivamente di massa dopo “la svolta di Salerno”, quindi ancora una volta la radio anticipa motivi politici importanti. Radio Mosca è il vero contraltare di Radio Londra nel senso che è il servizio per l’Italia della radio Sovietica, da cui però trasmette anche un’altra radio dedicata all’Italia che nasce nel luglio del 41 e si chiama “Radio Milano Libertà” indipendente da Radio Mosca (ovviamente non dal punto di vista politico). Trasmetteva da Mosca ma fingeva di essere a Milano, che non era stata ancora liberata, voleva presentarsi come Italia. Con “Radio Mosca” subito si pensava al comunismo mentre se si sentiva “Radio Milano Libertà” sembrava non aver Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 43 nulla a che fare con il comunismo, utilizza questo nome dal punto di vista propagandistico in quanto pretende di presentarsi come emittente di tutte le forze anti-naziste e anti-fasciste. Grazie alla radio riusciamo a vedere che i comunisti tendono a impadronirsi di tutti gli spazi culturali, politici e propagandistici, c’è l’idea che il partito comunista sia rappresentante di tutto l’antifascismo. Bisogna tenere in considerazione che quanto avviene in Italia é parte di un sistema molto più complesso, quindi anche le decisioni politiche, tecnologiche e culturali vengono prese con uno sguardo a quanto avviene all’estero, e sono spesso una conseguenza. Radio liberate: radio trasmesse dalla parte d’Italia liberata dagli alleati Radio monte ceneri, Radio Vaticana, Radio Mosca, radio Milano libertà sono tutte radio che trasmettono dall’estero verso l’Italia, in luoghi lontani più o meno lontani dalla penisola. Si distinguono da quest’ultime le cosiddette “radio liberate” che trasmettono da Bari, Palermo, Napoli e Roma in quanto in queste particolari città erano rimaste le stazioni periferiche dell’EIAR. Queste “radio liberate” sono effettivamente le radio liberate dagli alleati e sono le vecchie stazioni trasmettitrici dell’EIAR. Ciò comporta delle questioni di natura pratica: sono stazioni trasmettitrici che funzionano solo nella mistura in cui funzionavano le stazioni trasmettitrici dell’EIAR, questo vuol dire che la potenza e la capacità di far arrivare il più lontano possibile il messaggio definisce anche l’importanza politica di una radio liberata. Seguendo questa la logica la più importante fu Radio Bari; cronologicamente la prima stazione liberata fu quella di Palermo, ancor prima della firma dell’armistizio in quanto gli alleati sbarcarono in Sicilia nel luglio del ‘43, mentre Radio Bari venne liberata appena dopo l’armistizio. Inoltre, a Bari si erano trasferiti i 2 funzionari dell’EIAR che decisero di non collaborare con i tedeschi a seguito della riunione a Roma. Quindi, un’importante differenza tra le due radio sarà data dall’aiuto di questi 2 funzionari dell’EIAR, molto capaci di aiutare lo sviluppo della radio. Non furono gli unici, verso Bari arriveranno una serie di rappresentati del mondo politico, antifascisti, intellettuali… vengono chiamati “i 100 Bari”. Quindi, non tutte le radio liberate erano uguali; inoltre i programmi di Radio Bari ovviamente erano molto politicizzati. Radio Palermo fu il primo servizio radiofonico libero sul territorio italiano, il suo problema era però che la stazione non era particolarmente potente e quindi poteva essere sentita quasi solamente dai siciliani. La radio viene gestita in collaborazione con qualche antifascista ma viene quasi in proprio dalla PWB, “Psycological warfare branch”, che non era altro che un ufficio angloamericano che si occupava di propaganda in quei paesi che erano sottoposti al controllo militare alleato. Ovviamente tutti i media sono sottoposti a questo ufficio, a cui collaborano giornalisti e funzionari americani, figli di immigrati, che avevano una conoscenza non solo linguistica ma anche culturale dell’Italia. Per quanto riguarda Bari, con l’armistizio la stazione trasmittente più potente viene messa fuori servizio dai tecnici dell’EIAR perché era un impianto molto importante e costoso quindi si aveva timore che i tedeschi potessero distruggerlo. Tuttavia, al momento dell’armistizio, nella sede barese dell’EIAR non arrivano per primi gli alleati, ma dei giovani intellettuali baresi antifascisti che erano legati alla libreria Laterza e indirettamente a Benedetto Croce, in quanto editore: questo fu l’unico caso dove qualcuno prova a trasmettere qualcosa e non fa altro che confermare che non sono i giornalisti dell’EIAR a colmare il silenzio di questa fase ma dei giovani che non erano stati istruiti all’uso della radio. L’11 settembre viene trasmesso un nuovo proclama del re, e qualche giorno dopo arrivano a Bari anche gli alleati, così nasce la fase di Radio Bari come “radio liberata”. La Psycological warfare branch lascia che siano gli italiani a muoversi per creare i programmi. A seconda degli accordi e dei luoghi in cui ci si trovava c’erano responsabile diversi, a Bari c’era l’influenza degli inglesi mentre a Napoli degli americani. In particolare, a Radio Bari il responsabile era Ian Greenlees, non era un funzionario né un militare ma un’intellettuale che aveva terminato i suoi studi a Roma con Mario Praz, figura per lui fondamentale in quanto aveva fatto sì che ottenesse una cattedra di letteratura inglese all’Università di Roma. 44 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione Successivamente si trasferì alla direzione del British institut di Roma, era quindi un intellettuale funzionario che conosceva bene l’Italia e il mondo accademico. Inoltre, aveva tradotto in inglese i saggi filosofici di Benedetto Croce, quindi, era una figura che veniva apprezzata sia dagli antifascisti crociani sia dagli inglesi. Greenlees crea una relazione molto ampia e vasta dal punto di vista politico, assumendo una direzione rappresentativa di tutte le componenti antifasciste uscite dalla clandestinità. Le sue indicazioni sono abbastanza vaghe il che consente agli italiani della direzione di muoversi con autonomia, al suo interno erano presenti varie figure, tra cui la scrittrice Alba de Sespedes, Antonietta Drago… sono quindi persone con certe capacità e competenze a livello radiofonico. Era la direzione italiana a creare i programmi e a scrivere i testi e allo stesso tempo gli inglesi controllavano; c’era una guerra in corso, c’erano casi dove la censura degli alleati cadrà sulla programmazione: è una radio liberata ma non del tutto libera. L’avvio di radio Bari in Puglia determina una grande vivacità politica ma soprattutto la necessità di far sentire un legame tra gli italiani del sud e gli italiani che stanno ancora al centro- nord sotto il controllo nazista e fascista. Vogliono far sentire agli italiani del nord che gli alleati stanno per arrivare. Questi redattori di radio Bari troveranno un modo per dare un contributo alla campagna militare e non solo alla propaganda, e per via di questi obbiettivi entrerà in concorrenza con radio Londra. Era una radio molto politicizzata dove la politica veniva posta al centro dei programmi, esistevano rubriche come “la voce dei lavoratori” o “la voce dei giovani”, ma soprattutto “la voce dei partiti”, programma che ebbe un’enorme importanza in quanto per più di 20 anni non c’era stata una vera ed autentica discussione politica in Italia, alla radio non avevano parlato mai altro che fascisti. È quindi la prima esperienza di partecipazione e coinvolgimento di tutti i partiti politici alla radio e alla vita politica. Alla “voce dei partiti” parla ad esempio Aldo Moro che era barese, ma anche Benedetto Croce. C’era un’altra trasmissione intitolata “L’Italia combatte”, il programma di Antonio Piccone Stella, era una trasmissione dedicata ai partigiani che stavano combattendo nel nord Italia. Si trattava di un notiziario a 2 voci moderno per l’epoca, forniva informazioni sullo stato di avanzamento delle truffe ma allo stesso tempo forniva dei messaggi in codice per i partigiani che stavano sulle montagne al nord, servivano per far sapere ai partigiani dove si trovavano le truppe tedesche. La popolazione ovviamente non poteva comprendere i messaggi in codice mandati in radio ma ascoltandoli si sentiva partecipe alla lotta. È quindi un contributo emotivo alla lotta. Oltre a questi scopi la trasmissione ne aveva anche di molto pratici, esisteva una rubrica intitolata “radio Naia” dedicata ai militari con notizie e consigli specifici per quelli che ascoltavano sia al sud sia al nord, ve ne era poi una chiamata “spie al muro” dove si denunciavano le spie fasciste. Radio Bari era una radio molto parlata ma si ascoltava anche musica, l’esercito americano si spostava e portava con sé i cosiddetti i “Victory disk” i dischi della vittoria, era riuscito a stringere degli accordi con le case discografiche per creare un’etichetta che pubblicava i brani dei grandi artisti americani. Questi Victory disk accompagnano l’avanzata degli alleati e portano una ventata di novità nel panorama musicale italiano. A dettare le regole a Radio Bari sono gli inglesi, che sono fortemente anti-comunisti, ciò comporta che anche quei notiziari sempre oggettivi, come era nella tradizione anglosassone, siano limitati dalla regola di citare con molta parsimonia le notizie dei successi dell’unione sovietica per non dare troppa pubblicità a Stalin. Gli inglesi sono anche monarchici e i diversi partiti che tornano a fare politica non sono invece amanti della monarchia, l’idea era che in Italia dovesse subentrare la repubblica. Nel gennaio del 1944 Bari non è solo la sede della radio ma è anche il luogo del sud in cui si ritrovano molti uomini politici antifascisti e dove riprende la vita dei partiti, è proprio qui che si organizza il primo grande congresso del comitato di liberazione nazionale in cui i diversi partiti politici devono riflettere sul futuro dell’Italia. Si tratta di un congresso di grandissima importanza e radio Bari non può far altro che predisporre una lunga diretta di questo congresso, bloccata dagli inglesi per un motivo politico, in quanto era chiaro che quel congresso sarebbe stato anti-monarchico. Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 45 Si tratta di un episodio di censura anche se non totale perché vengono mandati nei diversi servizi alcuni spezzoni dei discorsi ma ovviamente selezionati. Nel febbraio del 1944 avviene anche la liberazione di Napoli, la radio liberata che prende le redini fu Radio Napoli che viene sottoposta al controllo degli americani. La situazione era quindi molto diversa rispetto a quella di radio Bari, sia per il controllo americano sia perché Radio Napoli si trova ad essere meno politicizzata, vi è meno la presenza di militanti antifascisti a favore invece della collaborazione di molti intellettuali come Ugo Stille, Domenico Rea, Francesco Rosi. È una radio più culturale in quanto gli americani tendevano a controllare molto più strettamente quanto veniva trasmesso, restano alcuni programmi politici ma c’erano soprattutto programmi culturali ed educativi. Gli storici li hanno definiti come qualunquisti, meno specifici nella lotta politica e più attenti al generale; radio Napoli la ricordiamo infatti per i programmi d’intrattenimento come “Stella Bianca”, un programma che fin dal titolo vuole sostenere il modo di vivere americano. Anche nelle sue scelte musicali è distaccata rispetto a Radio Bari, c’è spazio per la musica folkloristica napoletana ma anche quella americana. Anche questa esperienza dura pochi mesi perché il centro dell’attenzione nel giugno del 44 con la liberazione di Roma si sposta appunto a Roma. Nell’ottobre del 44 nasce la RAI. L’EIAR di Salò Dopo l’8 settembre avviene lo sbriciolamento dell’organizzazione dell’EIAR e il trasferimento ufficiale della sede al nord (Busto Arsizio). Vi è una nuova organizzazione politica dovuta al fatto che si sta creando un nuovo Stato cioè la repubblica di Salò con i suoi ministeri, soprattutto con il ministero della cultura popolare responsabile della radiofonia. Una nuova ondata di figure un po’ losche prendono il controllo dei media della repubblica di Salò; si cerca di riorganizzare la radio con grandi difficoltà che non sono tanto difficoltà tecniche ma politiche, perché i nazisti, che erano i veri padroni della situazione, non vogliono lasciare il via libera ai fascisti. C’è un continuo braccio di ferro con le autorità tedesche che volevano mantenere il controllo soprattutto sulle stazioni più potenti. Vallauri che era stato per un lungo periodo direttore generale dell’EIAR e figura di riferimento per Mussolini viene cacciato, perché aveva aderito al cambio di governo con la salita al potere di Badoglio. Il direttore generale diventa nel frattempo Cesare Rivelli, egli era molto fedele a Mussolini ma di carattere molto particolare, era un uomo molto violento che girava per strada con le bombe a mano in tasca, era un fanatico. A confermare questi suoi atteggiamenti è il radio corriere che sotto la Repubblica Sociale cambia titolo in “segnale radio”: si trasforma da rivista per gli ascoltatori di radio a rivista di pura propaganda, vi si può ritrovare il peggio della propaganda di Salò. Il programma radiofonico dell’EIAR cambia sia per motivi puramente tecnici, in quanto le stazioni più potenti rimangono in mano ai tedeschi, ma soprattutto per motivi politici: esistevano ancora diversi uomini politici e giornalisti che credevano nella RSI e che sostenevano Mussolini e che di conseguenza potevano collaborare all’EIAR, ma dal punto di vista di messaggio politico c’era una certa aridità, non può esserci la stessa vivacità che si sentiva al sud. Di conseguenza ci si limitava a ripetere i messaggi di propaganda che venivano dall’alto, i programmi parlati diventano marginali, la programmazione si compone per lo più di programmi d’intrattenimento perché la radio aveva sede a Milano e Milano era il nucleo della grande cultura italiana (c’era la scala, le redazioni dei grandi giornali, sede delle grandi case editrici, sede di molti teatri). Da un punto di vista dello spettacolo e cultura la radio di Salò era di altissimo livello, il problema era la parte politica. Molti volevano collaborare all’EIAR perché in piena guerra bisognava comunque lavorare; quindi, cantanti e molti attori continuano collaborano con i fascisti. I bollettini militari che erano l’unica scarsa presenza parlata vengono sempre meno, non è più possibile raccontare la guerra che si sta perdendo, ma comunque fino all’ultimo i messaggi che vengono mandati sono fanatici, razzisti e antisemiti. La contropropaganda 46 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione Ci troviamo nel bel mezzo della guerra delle onde quindi c’è una proliferazione di stazioni trasmittenti, oltre all’attività di propaganda esisteva anche l’attività di contropropaganda, portata avanti da piccoli emittenti che svolgevano un’azione parallela all’EIAR e sempre sotto il controllo fascista. La più importante fu radio Tevere che sembra essere stata voluta direttamente da Mussolini e nacque nel giugno 44. Venne chiamata in questo modo perché Roma era stata persa da Mussolini, in quanto liberata; quindi, radio Tevere finge di trasmettere da Roma, in particolare finge che a Roma ci sia un gruppo di resistenti fascisti sufficiente per creare una stazione radiofonica. Ovviamente non era vero ma si cerca di far passare questa idea come se esistessero dei partigiani fascisti a Roma che combattevano contro gli alleati. Radio Tevere era una radio bellissima perché molto finanziata su iniziativa dello stesso Mussolini, da un punto di vista musicale metteva in onda solo musica leggera e molto jazz, questo perché una radio attirava principalmente per la musica che trasmetteva e quindi si sceglie appositamente questi generi musicali per attrarre giovani, militari e soldati che stavano combattendo. Poi inseriva il suo messaggio propagandistico che passava attraverso scenette comiche oppure tramite notiziari a più voci, era la prima radio che cerca di essere veramente moderna dal punto di vista tecnico e non di messaggio. Utilizzava toni molto violenti in quanto attaccava i partigiani, gli americani e anche la chiesa accusata di aver tradito il fascismo. “Radio Patria” è un altro emittente che nasce per disorientare i partigiani; quindi, per dare informazioni false ai partigiani che si nutrivano di informazioni radiofoniche. Si può capire come questa “guerra delle onde” sia un vero e proprio conflitto per cui ci si gioca tutto tramite il passaggio dell’informazione, è la veridicità dell’informazione il vero segreto che permette ad un’emittente oppure all’altra di farsi ascoltare. Ciò non significa che la guerra delle onde la vince la radio che trasmette le notizie oggettive e autentiche, ma si fa ascoltare l’emittente che sembra più verosimile, è una battaglia non tanto per i cuori ma per i cervelli delle persone. Tra tutte queste radio ce ne sono poche che si fanno ascoltare più di altre sera dopo sera, questo perché non tutti potevano ascoltare due stazioni contemporaneamente e soprattutto non tutti erano attratti da tutte le stazioni, ma sicuramente la radio più ascoltata rimaneva Radio Londra anche all’interno di tutta questa vastissima offerta. Nascono molte radio in italiano, solo 10 anni prima questa varietà di offerta non sarebbe stata presente; quindi, è stata la guerra a imporre un cambio di passo alla radiofonia. Ora la radio è patrimonio di tutti, senza di essa non sarebbe stata concepibile una guerra così partecipata, non era un caso che Mussolini fino all’ultimo prova a far passare dalla radio i suoi ultimi messaggi. Infatti, l’ultimo guizzo della Repubblica di Salò, quando ormai gli alleati erano vicini ad entrare nella pianura padana, è quando nel dicembre del 44 Mussolini riesce a far trasmettere nella repubblica di Salò, potenziando il segnale, il suo ultimo discorso: vuole farlo sentire anche all’estero per far credere che è ancora un leader carismatico in grado di vincere la guerra. Ancora una volta si afferma l’idea che sia attraverso la radio che può passare l’immagine di un leader. Appena Milano è liberata i capi dei partigiani vanno alla stazione di Milano e annunciano la fine della guerra: all’inizio di maggio del 45 finisce la Seconda guerra mondiale in Europa. L’annuncio è segnalato dalla radio cronaca della storica sfilata dei partigiani per le vie di Milano, parata militare trasmessa alla radio dal radiocronista Nicoló Carosio. A questo punto nasce una fase completamente nuova per la radio; tuttavia, è possibile prevedere i gravi problemi organizzativi che caratterizzeranno l’immediato dopoguerra per molti motivi, innanzitutto per la distruzione di molti impianti e quindi l’impossibilità per un certo periodo di riavere il mantello radiofonico l’Italia non è più tutta collegata. Ci saranno poi problemi relativi alla riorganizzazione dell’azienda, c’è una parte dell’EIAR a Roma e una a Milano quindi non si sa dove stanno i capi e chi deve gestire. Ci saranno problemi relativi al personale, ci saranno coloro che ritengono di meritare dei meriti perché ha combattuto attraverso la radio il fascismo rispetto a coloro che rimasero fedeli all’EIAR e al fascismo… Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 47 Parte 2: Radio e televisione in Italia dal dopoguerra alla riforma del 1975 7. La radio italiana nel dopoguerra Il primo grande punto che riguarda l’Italia nel dopoguerra è la drammatica spaccatura tra il Sud, liberato per primo alla fine del 43, e il nord, liberato soltanto nella primavera del 45. Questa spaccatura avrà delle conseguenze molto evidenti sull’EIAR e sui giornalisti e tecnici dell’azienda, così come avrà delle conseguenze pratiche sull’esistenza stessa degli apparati tecnici dell’azienda. Si tratta di un periodo in cui l’attività politica è frenetica, c’è una forte politicizzazione che riguarda soprattutto il nord e naturalmente tutti coloro che si occupano di radio nel nord del paese. I problemi più impellenti da un punto di vista politico in questo periodo riguardano sicuramente la questione istituzionale, cioè bisognerà decidere se l’Italia continuerà ad essere una monarchia o diventerà una repubblica. Altro grande problema politico riguarda il processo di epurazione, cioè l’eliminazione del fascismo dalle istituzioni italiane, una pulizia dalle scorie del processo negativo che rappresentò. Altra grande questione è sicuramente quella economica, far la guerra costa molto e lo Stato non può più sostenere spese, gli stessi privati hanno perso molte proprietà per i bombardamenti e per gli espropri; naturalmente questa questione tocca da vicino anche la radio e la sostenibilità dell’EIAR. Altra questione centrale era quella internazionale, i trattati di pace e l’inizio della guerra fredda. Sono tutti temi che sembrano lontani ma che in realtà toccano da vicino la vita e il destino della radio, anche perché una volta iniziata la guerra fredda il mondo si divide in sfere d’influenza, e anche la radio subirà da vicino le conseguenze di quella costante opposizione tra comunisti e anticomunisti. Il paese è diviso in due e dopo l’aprile del ‘45 ci sono forti esigenze di rinnovamento portate avanti soprattutto dai partiti nati dopo il ventennio. Nel giugno del 45 si forma il nuovo governo guidato da Ferruccio Parri che era stato uno dei capi della resistenza; è un governo che dura molto poco perché Parri era un rappresentante politico del partito d’Azione che entra in forte crisi in questa fase. Ad aggravare la situazione si aggiunge il fatto che in questi mesi si verificano forti problemi di ordine pubblico: girano molte armi e ci sono molti omicidi politici, quindi la classe media trova difficile proseguire con un governo che non sembra in grado di gestire la situazione. Inoltre, Parri vorrebbe un profondo cambiamento dell’assetto industriale spaventando molto i conservatori e la classe media. Il Governo Parri viene, quindi, sostituto da Alcide De Gasperi, il rappresentante principale della democrazia cristiana. Uno dei suoi primi atti al governo è quello di sostituire nella pubblica amministrazione quei funzionari che erano stati eletti dal comitato di liberazione nazionale con dei funzionari di carriera, hanno esperienza e quindi sono consapevoli dell’opera che devono svolgere. Tuttavia, sono cresciuti negli anni del fascismo, quindi, hanno alle spalle un’esperienza politicamente compromessa. Questo è il primo segno della continuità istituzionale tra guerra e dopoguerra che ovviamente toccherà anche la radio. In questa fase si conclude anche il processo di epurazione con la celebre amnistia Togliatti che chiude i processi già nel 46. L’epurazione era stata avviata già dal governo Badoglio, l’obiettivo iniziale era quello di epurare l’intera amministrazione italiana ma ci si rende conto che è impossibile: il fascismo è durato ben vent’anni quindi non si può sostituire un’intera classe dirigente. Tuttavia, il processo ha avuto anche dei risvolti positivi, infatti, un intento era quello di chiudere la pratica della guerra e iniziare una nuova fase. Accantonata l’epurazione i governi si devono 48 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione occupare di altri temi come la questione economica, le elezioni amministrative, le votazioni per la repubblica, e soprattutto, si inizia a scrivere la costituzione. N.B. È importante ricordare la situazione politica in questa fase, infatti, l’esigenza della classe media di ritornare alla tranquillità aveva anche a vedere con la ricostruzione economica e con la difesa della proprietà privata; per questo motivo si diffidava dei comunisti e socialisti in quanto si temeva che potesse accadere in Italia ciò che era accaduto in Europa orientale. La concezione democristiana dello Stato, invece, è molto favorevole al mantenimento e rafforzamento dello Stato; quindi, si accentra sempre di più il contrasto tra democristiani da una parte e i socialcomunisti dall’altra. Le elezioni politiche del 48 sanciscono una vittoria schiacciante per la democrazia cristiana che da sola arriva quasi alla maggioranza assoluta. Da qui in poi inizia la fase che gli storici hanno definito “centrismo”: governi di coalizione dove la DC governa nella maggioranza insieme al partito liberale, socialdemocratico e repubblicano. La DC ha raccolto tutto l’elettorato moderato e anticomunista deve giostrarsi con degli alleati e deve confrontarsi con le opposizioni in parlamento, c’è una forte politica egemone ma che deve sempre valutare come muoversi per portare avanti la sua agenda. Ci troviamo in un contesto democratico anche se con dei limiti; infatti, non c’è una vera e propria partecipazione popolare, basta ricordare che la corte costituzionale non interviene fino al 1955, ciò vuol dire che tutti i provvedimenti presi tra gli anni 40 e 50, anche se apparentemente incostituzionali, rimangono all’attivo perché non c’è nessuno che li può bloccare; infatti, la prima sentenza della corte costituzionale in materia radiotelevisiva verrà promulgata solo nel 1960. Da un punto di vista sociale ed economico sappiamo che in questa fase, grazie anche agli aiuti degli Americani, l’Italia si riprende e si stabiliscono i presupposti per il “miracolo economico” della seconda metà degli anni 50 e dei primi anni 60. Nascita della Rai La Rai nasce nell’Ottobre del ‘44 a Roma in una fase in cui la guerra è ancora in corso, l’attenzione per la radio, infatti, non è immediata da parte del governo. In questo momento al governo vi era Ivanoe Bonomi, il cui primo obbiettivo per quanto riguarda i mezzi di comunicazione di messa è quello di sostenere la ripresa della cinematografia. Bisogna ricordare che ci troviamo a Roma, luogo in cui si trova Cinecittà, un vero e proprio luogo di lavoro; quindi, il governo è molto attento alla ripresa dell’attività cinematografica perché bisogna dare lavoro alla popolazione. Quindi, la radio non è uno dei primi interessi per il governo Bonomi. La Rai è, di fatto, la continuazione dell’EIAR, le strutture sono le stesse e molti dipendenti sono gli stessi, c’è una soluzione di continuità e ciò lo deduciamo dal fatto che la convenzione stilata tra l’EIAR e il governo nel 27 (che sarebbe dovuta rimanere valida fino al 52) rimane in vigore anche con la nascita della Rai. Altro tema importante è cosa farne dei tecnici e dei giornalisti dell’EIAR? Ad esempio, molti dipendenti di Firenze ritenevano di avere il diritto di continuare lavorare alla radio nell’azienda Rai. Il Comitato di Liberazione Nazionale quando Firenze viene liberata organizza il palinsesto di radio Firenze, radio in cui operano soprattutto intellettuali legati al comitato stesso. Ebbe grande successo tanto che verranno creati due programmi radiofonici che ritroveremo nel palinsesto della Rai degli anni successivi: “L’approdo”: un programma letterario che sarà uno dei più longevi della radio italiana nel dopoguerra; “Botta e risposta” che è il primo quiz della radio italiana, l’EIAR fascista non aveva mai avuto un quiz che viene introdotto proprio da Radio Firenze gestita dal CLN. L’esempio di Radio Firenze porta a riflettere sul problema citato inizialmente: cosa farne di tutti questi tecnici e giornalisti ora che il processo di epurazione è finito, ora che si sta tentando di normalizzare tutto l’apparato? Nascono molti dissidi tra la “vecchia guardia” che ritiene di avere Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 49 tutto il diritto di proseguire nell’azienda e i più giovani collaboratori fortemente politicizzato; naturalmente le forze moderate spingono per una cancellazione dell’esperienza radiofonico del CLN e così quest’ultimo viene sempre più marginalizzato. A livello aziendale è necessario riprendere in mano la situazione ed è per questo motivo che il governo Bonomi nel ‘44 lascia insediare una commissione delle attività radiofoniche dell’Italia centro-meridionale. Il compito di questa commissione è di gestire le stazioni radiofoniche che fino a quel momento erano state sottoposte al governo alleato che aveva nominato Luigi Rusca commissario straordinario dell’EIAR (siamo ancora nell’agosto del 44). Luigi Rusca era un liberale che aveva fatto grande esperienza manageriale nell’editoria, non é un caso che venga scelto un liberale e non un socialista o comunista proprio perché gli alleati stanno già molto attenti a chi inseriscono in posizioni importanti. È importante sottolineare questo passaggio perché una volta nata la Rai bisogna stabilire come e da chi sarà gestita, così nel gennaio del ‘45 viene emesso un decreto che sancisce la gestione tecnica della radio come sottoposta alla vigilanza del ministero delle poste e delle comunicazioni, e la gestione politica come sottoposta al sottosegretariato per la stampa. È evidente il fatto che ci sia un disequilibro perché un ministero vale molto di più di un sottosegretariato, inoltre il ministero delle poste sarà costantemente nelle mani della democrazia Cristiana. Ciò è importante perché il ministero delle poste gestisce principalmente gli uffici postali presenti in ogni singola zona d’Italia e ciò permette di creare forti legami sul territorio. Con il tempo, infatti, prevarrà sul sottosegretario per la stampa, già negli anni 50 tutte le decisioni relative alla Rai verranno prese dal ministero delle poste, anche le decisioni che concernono i contenuti dei programmi. Ovviamente rimane il ruolo dello Psycological warfare branch che agisce controllando l’attività del governo, del CLN e delle diverse stazioni liberate, ma il suo controllo non porta a modifiche strutturali della radio italiana, gli alleati angloamericani non impongono un nuovo modo di fare la radio; quindi, il modello rimane lo stesso del fascismo. L’unica novità riguarda una trasmissione dove è il presidente del consiglio a parlare alla radio ai cittadini, programma che Bonomi riprende direttamente dalla radio americana dalle conversazioni “al caminetto” del presidente Roosevelt. Non si trattavano di proclami alla nazione ma di conversazioni in tono più intimo che avevano fatto il successo della figura di Roosevelt, vengono quindi prese come punto di riferimento per provare a riprendere quel rapporto tra radio e popolazione italiana che era andato sgretolandosi durante la guerra, quando gli italiani non potevano più credere a ciò che raccontava la radio ufficiale (EIAR). All’interno della nuova Rai il clima è incandescente, ci sono assemblee indipendenti molto accese in cui viene chiesta l’epurazione dello stesso Luigi Rusca per i suoi passati all’interno del regime. In effetti, Rusca viene dimesso prima della scadenza del suo mandato e sulla spinta di queste contestazioni si nomina direttore generale Armando Rossini, che fu il primo direttore generale della Rai del centro-sud. Intanto, al nord subito dopo il 25 aprile il CLN nomina come direttore delle attività radiofonica in Italia del nord Enrico Carrara. È evidente come nord e sud siano nettamente separati sotto il profilo dell’attività radiofonica. I collegamenti tra le diverse stazioni si erano ridotti rispetto agli anni della guerra; quindi, il mantello radiofonico dell’inizio degli anni 30 è stato danneggiato e doveva essere ricostruito, questo è il primo problema ma non l’unico. La stessa azienda Rai si trova in una situazione di dissesto finanziario grave, non solo perché non c’è più il gettito pubblicitario a garantire delle entrate, ma c’è anche la totale inadeguatezza del canone di abbonamento che non era più stato elevato rispetto l’anteguerra, e nel frattempo era aumentata l’inflazione (il canone annuale era intorno alle 82 lire, cifra totalmente inadeguata visto il galoppare dell’inflazione). Altro problema era che questo canone quasi nessuno lo pagava più. In generale la situazione dell’azienda è disastrosa dopo la fine della guerra. La rete viene riunificata nel novembre del 46, un anno e mezzo dopo la fine della guerra, si creano due collegamenti paralleli su tutto il territorio nazionale, e questi 2 canali dovevano 50 Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione avere una perfetta equivalenza tecnica ma anche artistica; non si vuole creare una rete primaria e una secondaria, per questo non si parla di rete 1 e rete 2 ma di: rete rossa; rete azzurra. Si procede ovviamente anche all’aumento del canone per via dell’inflazione e nel gennaio del ‘48 sale a 2450 lire. Tale aumento consente maggiori introiti e consente maggiori investimenti sulle strutture tecniche che devono essere rafforzate, si vogliono creare impianti più moderni con l’idea di avere omogeneità a livello nazionale. Tutto il territorio deve essere omogeneo dal punto di vista tecnico e ciò va a gran vantaggio ovviamente del sud; infatti, nell’immediato dopoguerra a Napoli viene installato un nuovo trasmettitore che è più potente di quello già presente prima della guerra. Una volta conclusa la ricostruzione tecnica due sono i progetti principali: creare un terzo canale radiofonico; nascita della televisione; I primi esperimenti sulle trasmissioni televisive in Italia erano iniziati nel ‘29 con un’accelerazione negli anni ‘30 e con un blocco durante la guerra. Tuttavia, visto che all’estero nel dopoguerra la televisione è già una realtà, anche la Rai deve mettere in cantiere la sua nascita (avverrà nel 1954). Quindi, sul piano tecnico, é un processo che viene compiuto molto velocemente e con risultati ottimi. Però, c’è da reimpostare anche da un punto di vista organizzativo e amministrativo la stessa Rai. Il problema più grande dal lato gestionale riguardava il fatto che le diverse stazioni radiofoniche, via via prese dagli alleati o liberate dai partigiani, avevano iniziato a produrre in proprio dei programmi e nascono delle vere e proprio redazioni, composte da personaggi e intellettuali molto capaci e politicizzati che una volta ricostruita l’azienda si scontrano con chi aveva sempre lavorato nell’EIAR e poi nella Rai. Si tratta di uno scontro sempre più strisciante tra la vecchia guardia e i nuovi giornalisti. Si pone anche il problema del monopolio, l’EIAR aveva sempre avuto il monopolio delle trasmissioni radiofoniche, ma con la nascita di queste piccole emittenti private ci si chiede se il monopolio sia il modo migliore per gestire la radiofonia in Italia; e anche se fosse stato il modo migliore il problema era a chi affidare questo monopolio? Era soprattutto un problema politico, ancor più problematico dopo il fallimento del processo di epurazione. Quindi di fronte all’urgenza della ricostruzione ci si ingegna per tornare a un livello tecnico molto buono, e questo finisce per avere priorità su qualsiasi spinta riformatrice. Oltretutto, le strutture non vengono modificate perché la stessa democrazia radicale detiene il controllo del ministero delle poste e quindi preferisce che le cose si mantengano come l’anno prima. Su questi presupposti che la Rai avvia il suo sviluppo nel dopoguerra sempre seguendo un criterio centralizzato, è chiaro che le piccole stazioni locali vengono messe a tacere e anche la divisione che era venuta a configurarsi fra il nord e il sud viene superata sul versante tecnico e poi sul versante politico. Perché si fa di tutto per centralizzare e marginalizzare le stazioni locali? Per una questione prettamente politica: nel secondo dopoguerra la situazione era molto agitata con una guerra civile non ancora conclusa, e la radio proprio in quei mesi lascia spazio alla gente comune che finalmente trova possibilità di espressione dopo vent’anni di censure. È proprio questo il problema in quanto in questo contesto era rischioso avere tante voci, manca una voce unitaria. Manca la voce del governo, molte voci fanno confusione; quindi, l’opinione pubblica moderata spinge affinché venga superata la frammentazione della radio, è una necessità politica, addirittura molte lettere venivano mandate ai quotidiani in cui gli ascoltatori si lamentavano di questa anarchia delle voci. Queste opinioni si sposano con le esigenze della stessa Rai che non avrebbe gradito la presenza di tante reti concorrenti. Questa chiusura è una saldatura tra l’azienda e il potere politico in modo da soffocare qualunque autonomia. Dopo l’elezione della costituente Arturo Carlo Jemolo, il presiedente della Rai cattolico ma non Camilla Gommaraschi – Storia della radio e della televisione 51 integralista, viene sostituito da Giuseppe Spataro. Egli era un democristiano ed era stato una figura di primo piano del partito popolare; il fatto che sia proprio lui a ricoprire la carica di presiedente della Rai significa che la classe politica della democrazia cristiana aveva capito molto bene quanto fosse importante la gestione della Rai. L’arrivo di Spataro coincide con il recupero dei vecchi dirigenti dell’EIAR, è con lui che avviene la vera e propria normalizzazione, tra l’altro in questa fase è il presidente che gestisce praticamente tutto. Nell’ottobre del 47 viene nominato come direttore generale della Rai Salvino Sernesi, un manager che viene da ambienti vicini alla democrazia cristiana. È lui che si prende il compito di ristrutturare l’azienda Rai. La rete rossa e la rete azzurra avevano sedi diverse: Rete rossa → Roma Rete azzurra → Torino Tuttavia, Sernesi decide di unificare le direzioni delle due reti, lascia l’esistenza di 2 reti ma con la stessa direzione che viene accentrata a Roma. Inoltre, si introduce da un punto di vista organizzativo la preordinazione dei programmi con mesi di anticipo, cioè i programmi devono essere ordinati mesi prima di essere messi in onda. Ciò significava avere l’occhio lungo su quelle che sarann

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