La politica di stabilizzazione secondo i monetaristi PDF

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Summary

Questo documento fornisce una panoramica sulla scuola monetarista e il dibattito sulle politiche di stabilizzazione. Analizza le differenze di opinione tra i keynesiani e i monetaristi, soprattutto sui ritardi nella politica economica. Include illustrazioni grafiche e concetti chiave sulle politiche economiche.

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I monetaristi ed il dibattito sulle politiche di stabilizzazione Politica Economica Davide Bazzana [email protected] La scuola monetarista o M. Friedman ed altri economisti americani (molti dell’università di Chicago), portarono un assalto alla nuo...

I monetaristi ed il dibattito sulle politiche di stabilizzazione Politica Economica Davide Bazzana [email protected] La scuola monetarista o M. Friedman ed altri economisti americani (molti dell’università di Chicago), portarono un assalto alla nuova ortodossia della “sintesi neoclassica”. recuperando gran parte della visione classica pre-keynesiana: controrivoluzione monetarista. o All’inizio (anni ’50), il dibattito tra keynesiani e monetaristi verteva sull’efficacia relativa della politica monetaria e della politica fiscale. o In seguito, attacco di Friedman (1968) alla teoria della curva di Phillips: non c’è trade-off nel lungo periodo. La distinzione tra equilibri temporanei di breve periodo (in cui prevalgono risultati di tipo keynesiano) ed equilibri di lungo periodo (di tipo classico) è portata alle estreme conseguenze. o Infine (anni ’70) contrapposizione sulla necessità, opportunità ed efficacia delle politiche di stabilizzazione nel loro complesso. Risposta agli shock d’offerta degli anni ’70, la crescente inflazione, ecc. o Inoltre, rispetto alle politiche discrezionali dei keynesiani, i monetaristi preferivano le “regole” di politica economica. I casi estremi keynesiani I casi estremi keynesiani In un modello keynesiano di sintesi neoclassica (tipo IS-LM) agisce il meccanismo di trasmissione keynesiano: ! →#→$→% I primi keynesiani enfatizzavano però due casi importanti nei quali esso può incepparsi: a) quando non agisce # → $, perché gli investimenti sono insensibili al tasso d’interesse e quindi la curva IS diviene verticale (caso d=0 della funzione lineare degli investimenti), ad es. a causa dello stato depresso dell’economia e delle aspettative pessimistiche le altre determinanti degli investimenti (livello dei profitti, domanda attesa, grado di utilizzo degli impianti, ecc.) e gli animal spirits possono essere più importanti che non il tasso d'interesse. I casi estremi keynesiani In un modello keynesiano di sintesi neoclassica (tipo IS-LM) agisce il meccanismo di trasmissione keynesiano: ! →#→$→% I primi keynesiani enfatizzavano però due casi importanti nei quali esso può incepparsi: b) quando non agisce M & → #, perché siamo in presenza della trappola della liquidità che genera una curva LM orizzontale il tasso d'interesse nominale è così basso che non può scendere ulteriormente, qualunque cosa accada all'offerta di moneta; infatti le generalizzate aspettative di un rialzo del tasso d'interesse fanno sì che le scorte di moneta rimangano inattive, nessuno investe in titoli, il cui prezzo non sale e quindi il tasso d'interesse non scende. I casi estremi keynesiani L’inefficacia della politica monetaria Situazioni di trappola della liquidità possono verificarsi in presenza di tassi d’interesse nominali molto bassi (per cui l’aspettativa media è che salgano) La comparsa di deflazione complica la situazione: i tassi d’interesse reali (r) divengono positivi ed anche elevati, * nonostante tassi nominali vicini allo zero (dalla relazione di Fisher: ' = # − ) ), per cui non fungono da stimolo alla ripresa, poiché gli investimenti dipendono soprattutto dai tassi reali: $ = $(', %). Ciò è probabile nei periodi di depressione. Esempi: (i) la Grande Depressione che colpì l’economia mondiale nel 1929-33; (ii) la stagnazione giapponese degli anni ’90; (iii) recentemente nell’Eurozona, dove i tassi d’interesse hanno raggiunto lo zero e la Bce ha dovuto adottare misure “non convenzionali”. Conclusione: in entrambi questi casi estremi (IS verticale e LM orizzontale) la politica monetaria diviene completamente inefficace. L’unica politica efficace è quella fiscale. Fallimento del riequilibrio di mercato Secondo i keynesiani, in trappola della liquidità, se %. è inferiore al reddito di piena occupazione (%^), non funziona nemmeno il meccanismo riequilibratore di mercato, che di solito agisce attraverso la deflazione: 2 ↓ 0 →↑ →↓ # →↑ % (questo è il noto effetto Keynes). 3 I monetaristi hanno allora enfatizzato un riequilibrio automatico di altro tipo (anche in assenza di variazioni dei tassi d’interesse), ad es. attraverso il cd. effetto Pigou o effetto dei saldi liquidi reali (real balance effect), che agisce sui consumi e quindi sulla curva IS invece che sulla LM (dove è Ω la ricchezza reale): ↓ 0 →↑ →↑ Ω →↑ 5 →↑ %. 0 Fallimento del riequilibrio di mercato Effetto Pigou : ↓ 0 →↑ →↑ Ω →↑ 5 →↑ %. 0 I keynesiani hanno ribattuto che l’effetto Pigou può essere controbilanciato da effetti di segno opposto (per i quali ↓ P -> ↓ C): l’effetto redistributivo: la deflazione favorisce i creditori (propensione al consumo minore) e quindi deprime la spesa dei consumatori (che più spesso hanno dei debiti); l’effetto aspettative: la deflazione incentiva il rinvio degli acquisti. In conclusione, per i keynesiani l’unica soluzione al verificarsi dei casi estremi è una politica fiscale espansiva (↑G), che faccia spostare la curva IS verso l’esterno (massima efficacia). I monetaristi: la teoria quantitativa della moneta La vecchia teoria quantitativa della moneta (riscoperta da Friedman) postulava una relazione diretta tra stock di moneta e valore nominale delle transazioni (PY), come rappresentato dalla “equazione degli scambi” (I. Fisher, 1911): 7 = 0 % dove M è lo stock di moneta, V la sua velocità di circolazione, P il livello generale dei prezzi e Y il reddito reale. Se ↑M certamente aumenta il reddito nominale ↑(PY), dato che V è supposta costante; ma Friedman aggiunge che solo per un breve periodo potrebbe ↑ Y, mentre nel lungo anche Y è costante (al livello %8 ), quindi ↑ →↑ 0. Comunque la domanda di moneta dei monetaristi non dipende dal tasso d’interesse, diversamente dalla teoria della “preferenza per la liquidità” di Keynes. 9 ! Tasso d’interesse fenomeno reale per i classici (I=S), monetario per Keynes ( = ), congiunto nella sintesi neoclassica (IS-LM). L’inefficacia della politica fiscale Se la domanda di moneta non dipende dal tasso d’interesse, la curva LM diviene verticale (nella versione lineare della domanda di moneta f=0) e la politica fiscale (spostamenti della curva IS) diviene completamente inefficace E’ infatti questo il caso monetarista estremo. Comporta lo spiazzamento completo degli investimenti: ↑ : →↑ # →↓ $ ; Δ$ = −Δ: → Δ% = 0. Uno spiazzamento parziale si verifica quando le curve IS e LM hanno la solita inclinazione; Un altro caso di spiazzamento completo si verifica invece quando vi sono vincoli dal lato dell’offerta (% = %8 ), ma in tal caso nessuna politica di stabilizzazione può risultare efficace. Secondo i monetaristi, pertanto, l’unica politica efficace è una politica monetaria espansiva (↑ ! ), che sposti la curva LM verso l’esterno. Il dibattito successivo: la politica monetaria secondo i keynesiani Nel dibattito successivo sulla politica monetaria, tra le due scuole, i keynesiani, pur escludendo i casi estremi, si mostravano ancora scettici circa la sua piena efficacia: per i lunghi ritardi connessi al meccanismo di trasmissione monetaria: ! → #? → '? → '@ → $ → % ; per l'eventualità di inceppamenti dello stesso meccanismo; per il manifestarsi di probabili asimmetrie di effetti, a seconda di: (i) fase ciclica (per stabilizzare Y può essere più efficace una stretta monetaria che una politica monetaria espansiva); (ii) del settore (le costruzioni sono più sensibili al tasso d’interesse); (iii) delle dimensioni d’impresa (le piccole imprese sono più sensibili al credito bancario: conta il grado di intermediazione bancaria e l’autofinanziamento); per la più o meno elevata capacità dell'autorità monetaria di controllare effettivamente l'offerta di moneta, considerata (ad es. dai postkeynesiani) endogena; per l'elevata instabilità della domanda di moneta. Politica monetaria considerata quindi ausiliaria della politica fiscale: occorre stabilizzare i tassi d’interesse La politica monetaria secondo i monetaristi Per i monetaristi il giudizio sull’efficacia dipende dall’orizzonte temporale: a) L'ipotesi di neutralità della moneta regge solo nel medio/lungo periodo. Naturalmente anche nel lungo la moneta è importante per i prezzi (e l’inflazione). b) Nel breve periodo money matters, con effetti reali anche prolungati nel tempo e tuttavia con ritardi variabili. Privilegiati obiettivi intermedi di quantità (come la quantità di moneta) piuttosto che di prezzo (tassi d’interesse). La politica monetaria secondo i monetaristi Inoltre, una politica monetaria espansiva: nel breve periodo fa scendere i tassi d’interesse nominali (la curva LM si sposta all’esterno: ↓i); nel medio periodo, a causa della maggiore inflazione (anche attesa), li fa salire Nella relazione di Fisher (# = '8 + ) * ) il tasso d'interesse reale di medio/lungo periodo è dato (determinato dalle forze reali della propensione al risparmio e della produttività del capitale): ↑ ! →↑ ) → ↑ #. La politica monetaria secondo i monetaristi Sono comunque l'erraticità della politica monetaria ed il suo utilizzo (ritenuto improprio) ai fini della stabilizzazione del reddito, che causano le fluttuazioni cicliche e tassi d'inflazione indesiderati: da qui, meglio il ricorso a "regole fisse" per la crescita degli aggregati monetari. Problemi: (i) quale aggregato monetario usare?; (ii) è davvero significativo il legame tra crescita monetaria ed inflazione?; (iii) la velocità di circolazione della moneta è divenuta più instabile dagli anni ’80 La politica fiscale secondo i keynesiani In certe situazioni è l’unica efficace, ad es. in profonde depressioni. Il moltiplicatore fiscale è quello keynesiano "pieno" in assenza di effetti spiazzamento o di effetti ricchezza diretto nel caso di variazioni della spesa pubblica, indiretto nel caso di imposte o dei trasferimenti. E’ importante un'analisi disaggregata degli effetti sul reddito della spesa pubblica (G), come pure delle imposte (T) La politica fiscale secondo i keynesiani Diversamente dalla politica monetaria, può essere manovrata in modo selettivo Riconosciuta talvolta la scarsa flessibilità della spesa pubblica, anche verso il basso G aumenta, sia per esplicite decisioni di spesa, sia a causa di meccanismi inerziali (ad es. derivanti da programmi pluriennali di spesa). Scarsa controllabilità nel caso dei trasferimenti agli enti decentrati. La politica fiscale secondo i monetaristi La politica fiscale non esercita, nel lungo andare, alcun effetto "aggregato dal lato della domanda“ Effetti disaggregati riguardano la ricomposizione della spesa: nel medio periodo, se ↑ : e 5 + $ + : = %8 si determina una compensazione tra ↑G e ↓I: effetto spiazzamento fisico (o da offerta), diverso da quello finanziario. Effetti negativi dal lato dell’offerta per cui ↓%8 quando↑:, specie per gli effetti disincentivanti sul settore privato (vedi la supply-side economics). La politica fiscale secondo i monetaristi La politica di bilancio può causare inflazione attraverso gli effetti dal lato dell’offerta (inefficienze, ecc.), della domanda (a seguito di variazioni della spesa pubblica) e dei costi (in occasione di aumenti d'imposte). Soprattutto le imposte indirette (come l'IVA) ed i contributi sociali hanno un impatto diretto sui prezzi di vendita e sui costi di produzione. Composizione della politica di bilancio L’efficacia della politica fiscale dipende non solo dal livello della spesa pubblica, ma anche dalla sua composizione. Azioni di riqualificazione della spesa pubblica auspicate per accrescere la “qualità” ed eliminare inefficienze e sprechi. Infatti la spesa pubblica può esercitare effetti positivi sull'offerta aggregata, se è rivolta a fini produttivi, all'innalzamento dell’efficienza dei mercati, ecc. In particolare, gli investimenti pubblici, se volti all'accumulazione di capitale infrastrutturale, sociale, umano od anche direttamente produttivo, accrescono le potenzialità di offerta (%8 ), il gettito fiscale attesto (B * ) e quindi si autofinanziano. Composizione della politica di bilancio L’evidenza empirica mostra però alcune asimmetrie nella politica di bilancio, ad es.: l'aumento della spesa pubblica (specie quella di trasferimento) è lo strumento più spesso impiegato nel caso delle politiche fiscali espansive; l'incremento delle imposte (invece che la riduzione della spesa) è invece di solito l'intervento preferito in occasione di politiche fiscali restrittive; nel caso degli aggiustamenti di bilancio, si interviene spesso tagliando gli investimenti pubblici. Modalità di finanziamento e bilancio in pareggio Dato il vincolo di bilancio dell'operatore pubblico: D = G-T = ΔM+ΔB una data spesa pubblica può essere finanziata secondo le seguenti modalità alternative: 1. mediante i proventi della tassazione: in questo caso non si forma nemmeno il disavanzo, il bilancio è in pareggio (G=T, ΔG=ΔT e D=0); 2. con moneta (ΔM), se si forma un disavanzo (D>0, perché G>T, ΔM=D); 3. con titoli, sempre in caso di disavanzo (ΔB=D). Modalità di finanziamento e bilancio in pareggio Riguardo al primo punto, il moltiplicatore del bilancio in pareggio assicura che una variazione di spesa pubblica ed imposte a somma fissa di pari ammontare (ΔG=ΔT) induce una variazione del reddito della stessa entità (ΔY=ΔG). I keynesiani considerano il deficit spending (G>T, per cui: D>0) accettabile, per fini anticiclici, nel breve periodo. Modalità di finanziamento e bilancio in pareggio Secondo i monetaristi, il bilancio pubblico dovrebbe essere tendenzialmente in pareggio anche nel breve periodo (per cui ΔG=ΔT). Tuttavia per altri monetaristi, più «liberisti», il problema maggiore non riguarda i saldi (ossia il pareggio del bilancio), ma il livello, ossia il peso del settore pubblico nell'economia (G/Y o T/Y), peso da contenere. Anzi, limitati disavanzi sono accettabili, se essi derivano da una riduzione delle imposte, in quanto generano un maggior volume di risparmio privato. Le riduzioni della spesa pubblica possono stimolare gli investimenti privati (crowding-in) e la contrazione delle imposte (effettiva o prevista) può incentivare i consumi. Disavanzi finanziati con moneta e con titoli Se si crea un disavanzo, per il breve periodo keynesiani e monetaristi concordano che un finanziamento con moneta è più espansivo rispetto ad un alternativo finanziamento con titoli. Si tratta infatti di una politica fiscale e monetaria congiunta (nel modello IS- LM si spostano verso destra entrambe le curve IS e LM). Nel lungo periodo sono però maggiori i rischi d’inflazione. Disavanzi finanziati con moneta e con titoli Nel caso di un finanziamento con titoli possono determinarsi (nel medio periodo) effetti ricchezza Le analisi di breve periodo si limitano alla considerazione dei flussi ed agli equilibri di mercato per dati stock; Quelle di medio periodo esaminano le variazioni degli stock (in particolare di attività finanziarie ed i conseguenti effetti ricchezza); Quelle di lungo periodo: quando s'impone il rispetto del vincolo di bilancio del settore pubblico. Disavanzi finanziati con moneta e con titoli Gli effetti ricchezza possono aggravare gli effetti spiazzamento Tesi sostenuta dai monetaristi, secondo cui la domanda di moneta aumenta dopo il finanziamento con titoli (in quanto meno liquidi). Quest’ultima ipotesi è rigettata dai keynesiani, che anzi ipotizzano un effetto ricchezza sui consumi (che potrebbe in parte compensare l’effetto spiazzamento) I ritardi di politica economica e la permanenza degli effetti Nelle analisi empiriche risulta importante l’elemento temporale, che nel caso della politica economica riguarda: I. il ritardo nell’azione degli strumenti, II. la permanenza nel tempo degli effetti. I ritardi di politica economica e la permanenza degli effetti I ritardi di politica economica, secondo M. Friedman, sono lunghi e variabili, quindi scarsamente prevedibili Perciò una politica economica di stabilizzazione rischia paradossalmente di destabilizzare essa stessa il ciclo economico. I ritardi sono di diverso tipo ed influenzano diversamente politica monetaria e politica fiscale. Tipologia dei ritardi in politica economica Si consideri questa successione di eventi nei seguenti istanti temporali: CD – vi è uno shock che colpisce il sistema (ad esempio↓C autonomi), CE – vi è un primo riconoscimento dello shock da parte del policymaker, CF – vengono adottati i provvedimenti legislativi, governativi, amministrativi, ecc. da parte delle autorità competenti (ad esempio ↓T), CG – i provvedimenti cominciano a manifestare gli effetti sul sistema (ad es. C aumenta, ma l’effetto massimo potrebbe essere ancor più ritardato). Profili temporali del moltiplicatore fiscale per keynesiani e monetaristi Diverse stime empiriche nei modelli keynesiani (k) ed in quelli monetaristi (m). Riguardo ad es. agli effetti reali della politica fiscale: Moltiplicatore Moltiplicatore Keynesiano monetarista HI HJ KL HI > 0 HJ ≈ 0 KP HI = QRS HI > H J > 0 KT HI > 0 HJ = QRS KU HI > 0 HJ ≈ 0 Ultimi punti di controversia I keynesiani ritengono le politiche di stabilizzazione utili e necessarie. Per i monetaristi sono invece inutili (c’è l’equilibrio «naturale» e l’economia di mercato è stabile), inefficaci (incertezza e ritardi) e dannose (se lo Stato non persegue il benessere sociale). Sottolineata (dopo l’articolo di Friedman del 1968) l’inesistenza di un trade- off di lungo periodo tra inflazione e disoccupazione; I ritardi, l’incertezza, le carenze informative a cui è soggetto il policymaker consigliano limiti alle azioni di politica economica. Ultimi punti di controversia Mentre i keynesiani sostengono politiche di stabilizzazione discrezionali, per i monetaristi dovrebbero essere attuate non in modo discrezionale, ma secondo uno schema di regole fisse. Per i keynesiani, il sistema economico è soggetto a continui shock e perturbazioni di vario segno ed intensità: esso quindi richiede un intervento flessibile. Contro-proposta keynesiana delle regole flessibili (o regole "attive", ovvero "con retroazione" o con feedback, dette anche “contingent rules”) per quel che riguarda la politica monetaria: VJ = R + W(%8 – %XYL ) invece che VJ = Z. Ultimi punti di controversia Diverse preferenze (ad es. con riferimento alla loss function): Sia per gli obiettivi desiderati: [^ = [8 e )^ = 0 per i monetaristi, [^ > [8 e )^ > 0 per i keynesiani. Sia riguardo ai loro pesi: \] > \_ per i monetaristi e \_ > \] per i keynesiani. Maggiore convergenza, invece, sull’efficacia relativa di politica monetaria e politica fiscale.

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