Diritto Penale II: Reati Contro la Persona (PDF)
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Università degli Studi di Brescia
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These notes discuss the Italian criminal law concept of homicide, focusing on the objective elements and the legal aspects of the crime, including the concept of the protected right (the right to life) and the different levels of intent (dolus). It details the different categories involved including dolo intenzionale, dolo diretto, dolo eventuale, and dolo generico, and explores the concept of causality in the context of various scenarios, including medical negligence and professional diseases.
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DIRITTO PENALE II VIGANO’: REATI CONTRO LA PERSONA CAPITOLO I: DELITTI CONTRO LA VITA §Introduzione L’omicidio costituisce l’archetipo del fatto illecito ed è punito con pene severe in ogni ordinamento giuridic...
DIRITTO PENALE II VIGANO’: REATI CONTRO LA PERSONA CAPITOLO I: DELITTI CONTRO LA VITA §Introduzione L’omicidio costituisce l’archetipo del fatto illecito ed è punito con pene severe in ogni ordinamento giuridico. Nell’ordinamento italiano, i delitti di omicidio sono incriminati: nel Libro II (dei delitti) Titolo XII (delitti contro la persona) Capo I (delitti contro la vita e l’incolumità individuale). §L’ELEMENTO OGGETTIVO DEI DELITTI DI OMICIDIO Il BENE GIURIDICO TUTELATO da ogni fattispecie di omicidio presente nel c.p. è la VITA UMANA bene che, seppur non presente esplicitamente in Costituzione, è pacificamente dotato di rilievo costituzionale Molto più discussa è invece la natura di diritto individuale o collettivo della vita umana ci si chiede se oggetto della tutela penale è non solo l’interesse individuale a vivere, ma anche quello Statale alla conservazione della consistenza demografica della popolazione. i primi commentatori (tra cui Antolisei) La dottrina odierna considera tale bene giuridico aderivano all’impronta ideologica autoritaria come pacificamente INDIVIDUALE fascista, considerando il bene giuridico VITA TUTELATO ANCHE NELL’INTERESSE SUPERIORE DELLO STATO in quanto altrimenti si arriverebbe alla paradossale conseguenza di non punire l’omicidio di un criminale di professione senza legami affettivi o portando come argomento l’indisponibilità di familiari, in quanto, non arrecando tale atto un esso, ricavabile dall’incriminazione danno alla collettività dell’omicidio del consenziente il principio di offensività imporrebbe l’assoluzione dell’omicida. Quanto all’indisponibilità di tale bene giuridico, la dottrina odierna la considera semplicemente come una caratteristica della tutela. 1 Il SOGGETTO PASSIVO + OGGETTO MATERIALE dell’atto la persona umana. QUANDO un essere vivente esce dallo stato PRE-NATALE? un essere vivente VIENE IDENTIFICATO COME PERSONA UMANA a partire dalla fase del parto (il cui inizio è identificato dalla giurisprudenza con la rottura delle acque) infatti l’art. 578 c.p. equipara l’uccisione del neonato immediatamente dopo il parto a quella del feto durante il parto ciò segna il discrimine tra l’applicazione della disciplina sull’omicidio e quella extra codicistica a tutela del feto e dell’embrione VITALITÀ DEL FETO/NEONATO era considerata dalla dottrina come requisito per (ossia la sua “idoneità alla vita” una volta l’esistenza del soggetto passivo separato dall’organismo materno) (sostenendo che l’omicidio di un feto/neonato non vitale non costituisse omicidio) ad oggi è da considerarsi superata. In materia sono da segnalare le severe conclusioni tratte da una sentenza della Cassazione del 2004, riguardante i medici di una clinica di aborti clandestini (praticati fuori dai limiti legali, ossia dopo i 90 giorni di gestazione e senza che sussistessero pericoli in capo alla madre): i giudici di legittimità hanno ritenuto fondata la contestazione ai medici dell’accusa di omicidio doloso, in quanto era stato accertato che la SOPPRESSIONE DEI FETI avveniva dopo il distacco dall’utero della madre (distacco dall’utero: rottura acque) non risultando quindi più applicabili le pene previste per l’interruzione illecita di gravidanza, che riguardano ipotesi di causazione della morte di feti nel grembo materno. Peraltro, nella stessa sentenza, era stata affermata la possibilità di procedere per concorso in omicidio doloso aggravato dalla discendenza (pena: ergastolo) nei confronti delle donne che si erano sottoposte volontariamente all’aborto (gli esiti del procedimento a carico delle madri non sono noti). Sempre con riguardo al soggetto passivo, se esso è: il Presidente della Repubblica (a cui i patti lateranensi equiparano il Papa) un Capo di Stato straniero si applicano le disposizioni speciali di cui agli artt. 276 e 295 c.p., ove vengono sanzionate a titolo di delitto consumato anche le condotte di attentato (nel caso del Pdr, non solo alla vita, ma anche solo all’incolumità fisica o alla libertà personale). 2 EVENTO: è rappresentato dalla MORTE (intesa come cessazione irreversibile delle funzioni cerebrali) del soggetto passivo ciò esclude l’applicabilità delle norme lo stesso accadrà, in virtù del PRINCIPIO incriminatrici dell’omicidio alle condotte DELL’IN DUBIO PRO REO incidenti su un essere umano cadavere quando all’esito dell’istruttoria in luogo si applicheranno quelle sui delitti risulti incerto se il soggetto passivo contro la pietà dei defunti era ancora in vita al momento della condotta CONDOTTA: l’omicidio è un REATO D’EVENTO A FORMA LIBERA il delitto di omicidio è realizzabile con qualsiasi condotta commissiva od omissiva che rappresenti un antecedente causale dell’evento-morte NB: di OMICIDIO PER OMISSIONE potrà rispondere solo chi rivestiva una posizione di garanzia nei confronti del soggetto passivo es. medico nei confronti del paziente; datore nei confronti del lavoratore, etc. La giurisprudenza ha mostrato a lungo incertezze sulla qualificazione commissiva od omissiva dell’azione in alcuni settori, in particolare: Nel settore delle MALATTIE PROFESSIONALI era solita qualificare la responsabilità in termini omissivi, posto che oggetto di rimprovero era la mancata predisposizione delle misure di sicurezza; tuttavia tale orientamento è mutato a seguito di pesanti critiche dottrinali, basate sul fatto che l’omissione rileva nel momento della valutazione della colpa (in cui è sempre presente una componente omissiva, in quanto si rimprovera di non avere tenuto il comportamento doveroso) mentre la RESPONSABILITÀ È COMMISSIVA, in quanto all’imputato si contesta di avere esposto i lavoratori al contatto con gli agenti nocivi. Con la sentenza del processo che vedeva imputati i dirigenti del Petrolchimico di Porto Marghera, la Cassazione ha affermato che la condotta di sottoporre i lavoratori alle esposizioni nocive, pur connotata da condotte omissive, è attiva. Quanto ALL’ATTIVITÀ MEDICA, la responsabilità ha, secondo la dottrina largamente prevalente, NATURA OMISSIVA, in quanto l’imputazione è a titolo commissivo solo quando la condotta dell’agente abbia ricoperto un ruolo effettivo nel decorso causale. 3 §IL NESSO CAUSALE La causalità è stata analizzata, negli ultimi trent’anni, soprattutto in tre ambiti: malattie professionali, responsabilità medica e contagio da HIV. Negli anni ’90 prevaleva in giurisprudenza, in ambito di causalità omissiva, il criterio dell’aumento del rischio, che conduceva a ritenere sussistente il nesso causale sulla base del riscontro che la condotta doverosa omessa avrebbe diminuito le probabilità di verificazione dell’evento: tale teoria ha sollevato numerose critiche dottrinali, basate sul fatto che essa viola: il principio di legalità, trasformando l’omicidio il principio dell’in dubio pro reo: da reato di danno in reato di pericolo il dubbio sull’efficacia impeditiva dell’azione omessa non osta alla condanna dell’imputato. Tali critiche hanno dunque portato all’affermazione di un modello diverso, che, sia in ambito commissivo che omissivo, richiedeva una legge scientifica con probabilità statistica prossima al 100%. Entrambi tali modelli sono poi stati superati dalle SS.UU. nella Sentenza Franzese (2002), che introduceva un modello bifasico di accertamento causale, particolarmente utile in materia di contagio da HIV a causa della distinzione tra probabilità statistica e probabilità logica (cfr. caso Lucini), mentre impercorribile in ambito omissivo, in cui non è possibile eliminare i possibili decorsi alternativi. Quanto al nesso causale tra la morte ed una condotta che ha solo ANTICIPATO il decesso della vittima giurisprudenza e dottrina non dubitano sull’esistenza di tale nesso, in virtù del principio generale per cui la relazione causale va instaurata tra la condotta e l’evento hic et nunc (e non tra la condotta ed un generale evento morte) in ambito medico, basterà provare che le terapie omesse avrebbero anche solo prolungato la vita del paziente. DOLO INTENZIONALE: si verifica quando lo scopo del delitto commesso è quello di realizzare la condotta criminosa o di provocare l’evento. DOLO DIRETTO: si verifica quando vengono rappresentati gli elementi costitutivi del reato e si è consapevoli che agendo in un certo modo li si commetterà. Il reato non rappresenta lo scopo da realizzare ma lo strumento utilizzato per raggiungere l’obiettivo. DOLO EVENTUALE: si verifica quando anche se non si agisce con l’intenzione di commettere un reato si è consapevoli che ciò potrebbe accadere e si accetta il rischio che accada. DOLO GENERICO: si manifesta per il semplice fatto che chi commette il reato ne sia consapevole e lo abbia provocato in modo volontario DOLO SPECIFICO: si persegue un fine ben preciso che tuttavia non deve verificarsi concretamente affinché il reato possa configurarsi. 4 §L’OMICIDIO DOLOSO Art 575 c.p. : chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni 21. Il codice Zanardelli nella definizione dell’omicidio doloso conteneva l’inciso “a fine di uccidere”, formula che venne soppressa nel codice attuale perché ritenuta superflua. Il fine di uccidere non può ritenersi necessario perché non sempre vi è questa volontà infatti si può rispondere anche a titolo di dolo diretto o eventuale. Quanto al problema del confine tra dolo eventuale e colpa cosciente: Nel caso Lucini, (cassazione2000) in MATERIA DI CONTAGIO DA HIV, nella condanna a titolo di omicidio colposo di un soggetto sieropositivo che aveva avuto rapporti non protetti con la moglie, poi morta è stata valorizzata la RIMOZIONE MENTALE, da parte dell’imputato, del pericolo di contagio, comprovata dal fatto che costui aveva anche scelto di interrompere le cure Il marito non aveva la volontà di contagiare la moglie e farla morire Criterio distintivo del dolo eventuale all’epoca era l’accettazione del rischio (colpa: se non accetti il rischio) il marito avendo dei rapporti sessuali con la moglie ha accettato il rischio di contagio (secondo l’accusa) Diversi e numerosi casi di MACROSCOPICHE VIOLAZIONI DEL CODICE DELLA STRADA, in materia di morti cagionate nell’ambito della circolazione stradale hanno portato la giurisprudenza (prima dell’introduzione dei reati di omicidio e lesioni stradali) a forzare la categoria del dolo eventuale, (es. soggetto che, in fuga dai poliziotti, cagiona un incidente mortale passando col rosso; oppure soggetto che lo cagiona essendosi messo alla guida sotto effetto di alcool e psicofarmaci ecc. ecc.) in favore di un coefficiente colposo, spesso aggravato dalla previsione (propria di chi si raffigura l’evento ma sottovaluta le probabilità che si verifichi o sopravvaluta le proprie capacità di evitarlo) La categoria dei casi di COLLUTTAZIONI O SCONTRI A FUOCO in cui la giurisprudenza si interroga sui casi in cui l’evento morte non è causato: si risponde di tentato omicidio o di lesioni (tentate o eventualmente consumate) nel caso, più ricorrente, del soggetto che per sfuggire alle forze dell’ordine spara alla cieca nella loro direzione? In ipotesi del genere la giurisprudenza tende a ravvisare un TENTATO OMICIDIO A TITOLO DI DOLO ALTERNATIVO (considerato equivalente al dolo diretto) 5 proprio di chi prevede e vuole, indifferentemente, l’uno o l’altro evento: nel caso di specie, morte o rallentamento della vittima Tale categoria è criticata dalla dottrina, in quanto considerata nient’altro che un escamotage terminologico per superare il problema dell’incompatibilità tra tentativo e dolo eventuale, al quale il dolo alternativo corrisponde, secondo la dottrina IL CASO THYSSENKRUPP in cui le SS.UU. hanno fornito una serie di indicatori per accertare il coefficiente psichico in esame (c.d. criteri Thyssen) IL CASO DELLA CLINICA DEGLI ORRORI in cui un’equipe medica eseguiva interventi non necessari né utili, in assenza di valido consenso dei pazienti, per far ottenere alla casa di cura i rimborsi da parte della Regione per le prestazioni eseguite. In tale caso la qualificazione, data dai giudici di merito, di OMICIDIO DOLOSO CON DOLO EVENTUALE è stata corretta dalla Cassazione in OMICIDIO PRETERINTENZIONALE, in quanto i giudici di legittimità non hanno rilevato alcuna volontà omicida in capo ai medici, neanche sotto la forma del dolo eventuale Infine, facendo una valutazione complessiva dei più recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di dolo eventuale nel delitto di omicidio, pare che rivestano in concreto grande importanza: il contesto lecito o illecito in cui si sia verificata la condotta il tipo di agente (“persona perbene” o “criminale”: dal testo traspare una velata critica a tale valutazione giurisprudenziale “stereotipata”). §LE IPOTESI DI ABERRATIO CAUSAE ED IL C.D. DOLUS GENERALIS Un classico caso di ABERRATIO CAUSAE in materia di omicidio si ha nell’esempio più classico di dolo colpito a mezza via dall’errore: l’imputato provoca volontariamente la morte della persona offesa ma il decesso si verifica per un decorso causale diverso da quello che l’agente si era rappresentato nel caso giurisprudenziale, gli imputati compiono un feroce pestaggio fino al momento in cui ritengono la vittima morta, successivamente la collocano in un bagagliaio di un’auto a cui danno fuoco per occultare il (da loro considerato) cadavere: tuttavia in seguito si scopre che la vittima era morta per ustioni derivanti dall’incendio e non per il pestaggio 6 In materia, la giurisprudenza più risalente adottava l’istituto del DOLUS GENERALIS ai fini di condannare per omicidio volontario: il dolo che sorreggeva la prima condotta era ritenuto idoneo a coprire anche la morte verificatasi in seguito alla seconda azione. Tale istituto è stato superato da una costante giurisprudenza che ritiene necessario SCINDERE LE DIVERSE FASI DELLA VICENDA, riscontrando: per la prima un TENTATO per la seconda un OMICIDIO COLPOSO la colpa sta nel fatto che l’agente modello si OMICIDIO (con dolo intenzionale) sarebbe accorto che la vittima era in realtà ancora viva Secondo gli autori bisognerà verificare: se la PRIMA CONDOTTA sia almeno una CONCAUSA DELL’EVENTO MORTE (es. se la vittima del pestaggio non fosse stata tramortita, non sarebbe stato possibile dare il suo corpo alle fiamme) se la NUOVA CONDOTTA inseritasi nel decorso causale abbia o meno le caratteristiche di eccezionalità tali da interrompere il nesso causale ai sensi della teoria della causalità umana Se la prima risposta è positiva e la seconda è negativa, ci si troverà davanti ad una condotta (la prima) dolosa e causalmente legata all’evento tanto basterà per fondare una CONDANNA PER OMICIDIO VOLONTARIO (SENZA CONCORSO DI ALTRI REATI). Tuttavia, si sottolinea che tale questione perde gran parte della sua importanza all’atto pratico: infatti, nella maggior parte dei casi, l’occultamento del (presunto) cadavere si realizzerà quando esso è “rantolante, che si sta dibattendo tra la vita e la morte”, e dunque non ci sarà l’assoluta certezza che la vittima sia morta (idonea ad escludere il dolo) ma un dubbio, il quale è invece compatibile con l’elemento del dolo (eventuale o, volendo accogliere la legittimità di tale figura, alternativo) §LA PROVA DEL DOLO DI OMICIDIO Come in tutti i problemi probatori, nel caso della prova del dolo di omicidio bisognerà avere innanzitutto riguardo al caso concreto. Nonostante ciò, dottrina e giurisprudenza hanno elaborato una serie di indici fattuali a cui il giudice può fare ricorso. 7 I più importanti sono gli indici oggettivi, la cui presenza rende plausibile la volontà omicida: essi sono la natura e micidialità del mezzo prescelto (sparare ad un soggetto con un fucile renderà plausibile un dolo di omicidio; percuoterlo con un bastone, cagionandone tuttavia inopinatamente la morte farà propendere per un coefficiente colposo) il numero dei colpi sparati o inferti alla vittima e la violenza con cui lo strumento è stato utilizzato (30 pugnalate saranno indice di dolo; una coltellata di striscio no) la distanza tra l’agente e la vittima, nelle ipotesi di omicidio mediante arma da fuoco la regione del corpo attinta o presa di mira (una coltellata al petto sarà indice di dolo, una al piede no; un colpo sparato mirando al cuore ma che attinge il soggetto al piede, causandone la morte per dissanguamento invece che sul colpo (aberratio causae) sarà comunque indice di dolo; un colpo sparato mirando al piede ma che attinge il soggetto, inopinatamente abbassatosi, alla testa sarà comunque indice di colpa) Quanto agli INDICI SOGGETTIVI, essi hanno un ruolo meramente sussidiario che però può essere anche decisivo qualora gli indici oggettivi non forniscano risposte univoche tra di essi spicca il movente (la causale dell’azione illecita). §CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE Le cause di giustificazione tipicamente invocate in tema di omicidio sono : la legittima difesa l’uso legittimo delle armi consenso dell’avente diritto esercizio di un diritto adempimento di un dovere In questa sede gli autori si concentrano sulla configurabilità di un tentato omicidio quando all’agente sia stato riconosciuto un eccesso colposo di legittima difesa nel caso giurisprudenziale, l’imputato era stato aggredito a mani nude per futili motivi, ed aveva risposto vibrando diverse coltellate all’aggressore, che riportava ferite guaribili in 40 giorni in materia è opinione della Cassazione, condivisa dagli autori, che ogniqualvolta si configuri un eccesso colposo, il vizio nella formazione della volontà rende inapplicabile l’istituto del tentativo (che richiede un dolo almeno diretto). Dunque la condotta dell’agente andrà derubricata in lesioni colpose. 8 §IL TENTATIVO DI OMICIDIO: L’ELEMENTO OGGETTIVO E LA DESISTENZA ELEMENTO OGGETTIVO: quale è la soglia di prossimità alla consumazione dell’omicidio da raggiungere per considerare l’autore punibile di omicidio tentato? 1. Sono punibili anche gli atti preparatori o solo gli atti esecutivi? 2. Cosa accade in caso di interruzione del piano criminoso da parte delle forze dell’ordine? Quanto ALL’IDONEITÀ DEGLI ATTI a cagionare la morte del soggetto passivo, la Cassazione ha ritenuto presente tale requisito nei casi in cui la condotta che l’agente ha tentato di tenere (senza riuscirci) era da considerarsi EFFICIENTE: nel primo caso è stato condannato un soggetto che ha tentato di sparare alla persona offesa, senza riuscirci perché la pistola aveva la sicura nel secondo il soggetto condannato ha cosparso la vittima di benzina minacciando di darle fuoco, salvo non riuscirci per il mancato reperimento di un accendino. Quanto alla configurabilità della DESISTENZA nel delitto di omicidio, la giurisprudenza la esclude quando l’agente abbia eseguito una parte della condotta già dotata di potenzialità letale: in tali casi si potrà tuttalpiù configurare un recesso attivo, in quanto la desistenza presuppone che la condotta già tenuta non sia ancora potenzialmente in grado di cagionare l’evento (si parla di tentativo incompiuto: nel caso del tentativo compiuto si può avere solo recesso attivo). §CONCORSO DI PERSONE In materia trovano applicazione i consueti requisiti del concorso di persone. Quanto al CONCORSO MORALE, gli autori si concentrano sulla SENTENZA DORONZO (Cass. 1999), che si pone in contrasto con i consolidati principi della materia concorsuale. Il caso è quello di due soggetti che, nel corso di una rissa, sparano entrambi alla vittima, cagionandone la morte, ma l’istruttoria non consente di accertare da chi fosse stato esploso l’unico colpo rivelatosi letale i due soggetti vengono condannati per concorso morale in omicidio, in quanto le simultanee e coordinate condotte, secondo la Cassazione, erano idonee a rafforzare la determinazione ad agire. Tale sentenza lascia perplessi, in quanto fondare la responsabilità a titolo di concorso morale sul riscontro ex ante che la condotta dell’imputato era idonea a rafforzare il proposito criminoso 9 espone al rischio che vengano punite anche condotte che ex post si scoprono ininfluenti su tale proposito criminoso in palese violazione del principio di offensività. Sempre in materia di concorso morale, la Cassazione ha più volte affermato che la responsabilità (a titolo di concorso morale in omicidio) dei VERTICI MAFIOSI per gli omicidi compiuti dai loro affiliati non può basarsi solamente sull’appartenenza di essi all’organismo direttivo dell’associazione (la c.d. commissione, o cupola) ma bisognerà verificare se ciascun capo-mandamento (nome del vertice mafioso) abbia o meno fornito un contributo all’assunzione della decisione da parte dell’organo collegiale in ambiente mafioso vige la regola secondo cui un “omicidio eccellente” non può essere commesso senza la preventiva approvazione di tutti i capi-mandamento. Dunque, da un lato la mera presenza in commissione non è sufficiente a fondare una responsabilità penale, ma dall’altro può esserlo un’assenza o un mancato dissenso, ove sia provato che essi fossero univocamente espressivi del consenso (tacito) del capo-mandamento Quanto alla responsabilità a titolo di concorso ex art. 110 (c.d. concorso pieno) piuttosto che ex art. 116 (c.d. concorso anomalo), il concorrente risponderà: a titolo di CONCORSO PIENO A titolo di CONCORSO ANOMALO ex art 110 c.p Ex art 116 c.p. (con conseguente diminuzione di pena per chi ha quando il rischio di omicidio fosse voluto il reato meno grave, es. rapina invece che stato preventivato da tutti i omicidio) concorrenti quando il reato diverso non è stato previsto (nemmeno a titolo di dolo eventuale) dal concorrente in questione, anche se era prevedibile. Infine, se l’omicidio (o comunque il reato diverso da quello voluto) era imprevedibile nel caso concreto es. una rapina senza armi vere con un soggetto incensurato che è improvvisamente preso da un raptus e soffoca una vittima il concorrente risponderà del solo reato da lui voluto (nell’esempio, la rapina). 10 §RAPPORTI CON ALTRE FIGURE DI REATO Il delitto di omicidio doloso può essere assorbito nel delitto di strage, dove la causazione (con dolo intenzionale) della morte di una o più persone è elemento costitutivo delle fattispecie più gravi, quelle punite con l’ergastolo. In materia, per DISTINGUERE tra L’OMICIDIO DOLOSO PLURIMO e la STRAGE: sarà necessario verificare se la condotta fosse idonea a mettere in pericolo l’incolumità pubblica, oltre che la vita delle persone sussistendo tali condizioni, offese l’imputazione sarà per strage e se il dolo del reo coprisse anche tale pericolo In materia la Cassazione ha respinto l’eccezione del difensore di uno dei membri della Commissione che aveva deciso L’OMICIDIO DI GIOVANNI FALCONE: il difensore sosteneva che il suo assistito avesse solo il dolo di omicidio e non quello di strage, avendo lui dato l’assenso all’omicidio di Falcone, senza conoscere le concrete modalità di realizzazione del delitto. tale obiezione è stata respinta in quanto i giudici di legittimità hanno ritenuto che l’uccisione di un soggetto costantemente sotto scorta armata non poteva che avvenire in una maniera idonea a porre in pericolo l’incolumità pubblica (come poi effettivamente è stato). Nei numerosi DELITTI AGGRAVATI DALL’EVENTO, in cui la causazione della morte di un uomo è evento aggravante di un reato base diverso (es. la pena per l’abbandono di minore è aggravata se dall’abbandono deriva la morte del minore stesso) l’omicidio è assorbito solo se la morte non è stata oggetto di volizione da parte dell’agente Quando essa sia stata voluta, anche solo a titolo di dolo eventuale, l’imputato risponderà del reato base (non aggravato) in concorso con l’omicidio volontario es. Tizio abbandona un bambino di sei anni nella foresta accettando il rischio che questi muoia di stenti: risponderà di abbandono di minore non aggravato in concorso con omicidio volontario Quanto alla possibilità di concorso formale tra il tentato omicidio e la resistenza a pubblico ufficiale (es. Tizio fermato in macchina dal vigile riparte a tutta velocità costringendo il vigile ad un balzo per non essere investito), la risposta della giurisprudenza è affermativa, visto che le due fattispecie tutelano beni giuridici diversi: 11 la violenza (costitutiva della resistenza a pubblico ufficiale) potrà dunque assorbire al massimo il delitto di percosse, ma non condotte che fuoriescono dalla violenza funzionale all’esercizio della resistenza. §PROFILI PROCESSUALI Per tutte le ipotesi di: o omicidio doloso (compresi i reati di cui al 578, salvo che per la madre, 579 e 580) o omicidio preterintenzionale è competente la Corte d’assise composta da quattro giudici popolari e due togati Salvo che l’imputato non opti per il rito abbreviato (per cui è competente il giudice monocratico). La presenza di giurati popolari, unita al forte impatto psicologico esercitato su chiunque (giudice popolare o togato) dai fatti di omicidio, hanno condotto in alcuni casi le Corti d’assise a decisioni molto fragili nelle motivazioni, ed ispirate ad evidenti finalità equitative (anche se molto più spesso i giudici togati riescono a convincere i giudici popolari a seguirli, anche per il fatto che basta convincerne uno, dato che in caso di parità prevale il voto del presidente): es. in un caso che vedeva un soggetto assolto dall’accusa di aver ucciso, in un momento di disperazione, la moglie ricoverata in rianimazione, i giudici avevano motivato che non fosse certo oltre ogni ragionevole dubbio che la vittima fosse ancora viva al momento in cui l’imputato aveva strappato i supporti vitali (quando in realtà non c’era alcun ragionevole motivo per credere che la moglie, in condizioni gravi ma stabili, fosse già morta) in tale caso è evidente che i giudici popolari hanno messo in minoranza quelli togati, costretti poi a motivare in qualche modo la decisione della Corte nel suo insieme. §LE CIRCOSTANZE AGGRAVANTI SPECIALI DELL’OMICIDIO DOLOSO Le aggravanti speciali dell’omicidio doloso sono previste agli artt. 576 e 577 (la divisione è dovuta al fatto che, quando era in vigore la pena di morte, le aggravanti di cui al 576 portavano a tale sanzione, mentre quelle di cui al 577 solo all’ergastolo) in presenza di esse si applica la pena dell’ergastolo (fatta eccezione per il 577 co. 2), in luogo della reclusione non inferiore ad anni 21 prevista dal 575. 12 A seconda della ratio dell’aggravamento di pena, si distinguono cinque tipologie di aggravanti dell’omicidio doloso: 1) QUELLE ATTINENTI ALLE MODALITÀ OGGETTIVE DELL’AZIONE: ESSE SONO: o l’utilizzo di sostanze venefiche o altro mezzo insidioso (577): la condotta fraudolenta, che priva la vittima di ogni possibilità di difesa, rende il fatto più grave. Dunque, mezzo insidioso è quello che per la sua natura ingannevole o per le circostanze dell’utilizzo, reca in sé un pericolo nascosto (dunque non è tale un coltello a serramanico, arma in cui la lama è sì “non sguainata”, ma sicuramente il farla scattare non sorprende la vittima). N.b. che tale aggravante opera quando la sostanza venefica o il mezzo insidioso cagionino la morte del soggetto (dunque non quando es. venga utilizzato un sonnifero per assopire la vittima, in modo da poterla asfissiare) o L’aver agito con sevizie o crudeltà verso le persone (circostanza comune prevista al 61 c.p. ma richiamata dal 577): in tale caso, invece, non è necessario che le sevizie fossero finalizzate ad uccidere, ma basta che abbiano accompagnato la realizzazione della condotta dunque l’aggravante si configura comunque nel caso dei militari argentini che torturavano i desaparecidos per ottenere informazioni, e poi li uccidevano senza adoperare sevizie in tale secondo momento Quanto all’elevato numero di colpi inflitti alla vittima, tale dato non è di per sé sufficiente per giustificare l’aggravante, in quanto può ricadere nei limiti della violenza necessaria a cagionare la morte es. uccidere una persona con un coltellino svizzero richiede svariate coltellate, ma non per questo c’è una particolare efferatezza CRUDELTA’: inflizione di una sofferenza non necessaria per la causazione della morte (50 coltellate n.b. con coltellino non c’è crudeltà se ho bisogno effettivamente di 50 coltellate per uccidere il soggetto) QUELLE ATTINENTI AL COEFFICIENTE SOGGETTIVO DELL’AUTORE: o La PREMEDITAZIONE (577) c’è il massimo della volizione del risultato della morte: propria di chi ha commesso il fatto all’esito di un proposito omicida insistito e perdurante nel tempo. La configurazione di tale aggravante richiede la sussistenza di due requisiti: 13 1. lasso di tempo tra l’insorgenza e l’attuazione del proposito omicida (non rigidamente determinabile in astratto: ci sono state cassazioni che hanno ritenuto sufficiente un’ora ed altre che non l’hanno ritenuta sufficiente); 2. persistere senza resipiscenza (aka ravvedimento) del proposito criminoso, che perdurando nel tempo ha avuto modo di tradursi in un’accurata macchinazione dell’omicidio. Quanto invece al MOVENTE, esso non è necessario perché si configuri la premeditazione. A causa del fatto che la premeditazione rappresenta la forma più intensa di dolo, essa si ritiene (in dottrina e giurisprudenza) strutturalmente incompatibile con il dolo eventuale. Tale figura può sussistere anche in forma condizionata (premeditazione condizionata), ossia quando l’agente premediti l’omicidio, subordinandolo però al verificarsi di una condizione indipendente dalla sua volontà: es. marito che programma di uccidere la moglie se lei non recede dalla volontà di separarsi analogamente può sussistere anche nei casi di aberratio ictus (premedito di sparare a Tizio per ucciderlo ma lo manco e uccido Caio), sulla base dell’insegnamento giurisprudenziale per cui in tali casi il dolo va parametrato con riguardo alla persona cui l’offesa era diretta, non con riguardo a quella effettivamente attinta (nell’esempio il mio dolo di omicidio di Tizio era intenzionale e premeditato, mentre quello di omicidio di Caio era al massimo eventuale, se non del tutto assente: ciononostante rispondo di omicidio premeditato). Infine, quanto alla compatibilità della premeditazione con il vizio parziale di mente, dottrina e giurisprudenza la ritengono possibile a condizione che il perdurante proposito criminoso non sia riconducibile a un’idea ossessiva facente parte del quadro psicologico. o I MOTIVI ABIETTI O FUTILI: il motivo è abietto quando appare ignobile e spregevole (bestie di satana che uccidono per sacrificare vite ai demoni); il motivo è futile quando totalmente sproporzionato rispetto al reato (qui l’omicidio) a cui ha dato origine (caso di scuola: Tizio non mi dà la precedenza, io scendo dalla macchina e gli sparo). La giurisprudenza tende ad escludere la gelosia come motivo futile, quando essa costituisca uno stato passionale, in quanto “per la coscienza collettiva non è tale da costituire una ragione inapprezzabile di pulsioni illecite”; viceversa, alcune sentenza hanno ammesso l’aggravante se l’omicidio è originato da uno spirito 14 punitivo nei confronti dell’ex-coniuge (una in cui era stato ucciso l’ex, una in cui era stato ucciso il nuovo compagno dell’ex). Casi giurisprudenziali in cui sono stati riconosciuti dei motivi abietti sono, tra gli altri: o i sacrifici umani compiuti dal gruppo criminale noto come “Bestie di Satana” o il reato compiuto solamente per dimostrare la forza e il prestigio dell’organizzazione mafiosa a cui l’agente era affiliato o l’omicidio originato dal rifiuto della vittima di compiere atti sessuali ecc. QUELLE INERENTI AI RAPPORTI TRA IL COLPEVOLE E L’OFFESO O A PARTICOLARI QUALITÀ DELLA PERSONA OFFESA: o L’AVER CAGIONATO LA MORTE DI UN ASCENDENTE O DISCENDENTE (C.D. PARRICIDIO) con il concorso delle circostanze di cui ai n. 1 (motivi abietti o futili) e 4 (sevizie o crudeltà) o adoperando mezzi venefici o insidiosi parricidio aggravato o con premeditazione Tale ipotesi, prevista al 576 (e originariamente punita con la pena capitale) si distingue da quella del parricidio semplice (577) in quanto quest’ultima non è aggravata da altre circostanze oltre al rapporto di ascendenza/discendenza con la vittima: in materia è evidente l’irrazionalità del sistema sanzionatorio per cui il parricidio aggravato e quello semplice, con l’abolizione della pena di morte, sono puniti allo stesso modo: in materia gli autori auspicano un intervento di riordino. o Il parricidio semplice di cui al 577 cui sono state aggiunte con recenti riforme le ipotesi di omicidio del coniuge, anche legalmente separato, dell’altra parte dell’unione civile e della persona stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva o Le ipotesi disciplinate al 577 co. 2, che non configurano l’ergastolo, bensì prevedono la reclusione da 24 a 30 anni, qualora il fatto sia commesso da : il coniuge divorziato l’altra parte dell’unione civile ove cessata, la persona legata al colpevole da stabile convivenza o relazione affettiva, ove cessata, il fratello o la sorella, l’adottante o l’adottato nei casi di adozione di maggiorenne, il padre o la madre adottivi, 15 il figlio adottivo (sempre nei casi di adozione di maggiorenne) o un affine in linea retta. In tali casi la pena è meno aggravata, rispetto a quella prevista dal 575, a causa del fatto che il legame tra agente e vittima è meno intenso rispetto agli altri casi. o L’aver cagionato il fatto contro un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ovvero un ufficiale o agente di pubblica sicurezza, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio. Tale circostanza configura un’ipotesi speciale rispetto alla circostanza comune di cui al 61 n.10 che tutela i pubblici ufficiali e le persone incaricate di pubblico servizio. Dunque, l’applicazione della circostanza speciale esclude l’applicazione di quella generale. QUELLE RELATIVE A QUALITÀ PERSONALI DELL’AUTORE: o Il fatto che l’omicidio sia cagionato da un latitante, per sottrarsi all’arresto o alla cattura. In questo caso, a differenza dell’aggravante comune (che prevede l’aumento di pena se il fatto è commesso da un latitante), serve anche un nesso finalistico tra la commissione del fatto e l’elusione della cattura. Quanto all’applicabilità dell’aggravante all’evaso, la giurisprudenza la ammette, sulla base del fatto che il 296 c.p.p. equipara l’evaso al latitante per ogni effetto; viceversa, la dottrina ritiene che tale norma riguardi solo gli effetti processuali. o Il fatto che l’omicidio sia cagionato dall’associato per delinquere, per sottrarsi all’arresto, alla cattura o alla carcerazione. In tal caso la qualità di associato per delinquere deve essere accertata con sentenza passata in giudicato (ma non serve che tale passaggio in giudicato sia precedente alla commissione del fatto) QUELLE RELATIVE ALLA CONNESSIONE CON ALTRE FIGURE DI REATO: o Quando il reato è compiuto per eseguirne od occultarne un altro, o per assicurare a sé o altri il profitto o l’impunità di un altro reato (c.d. nesso teleologico). Anche in tale caso il 576 rimanda al 61. In tale caso, la giurisprudenza è solita escludere l’aggravante quando l’omicidio sia stato compiuto dopo un furto, per assicurare a sé o altri il possesso della cosa: in questo caso, infatti, la violenza è elemento costitutivo della rapina impropria, reato di cui l’agente risponderà in concorso con l’omicidio semplice. 16 o Quando l’omicidio sia compiuto in occasione della commissione di taluno di una serie di delitti: maltrattamenti deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso prostituzione minorile pornografia minorile violenza sessuale atti sessuali con minorenne violenza sessuale di gruppo In tali casi, il reato in occasione del quale è cagionata la morte rimane assorbito nell’omicidio aggravato non è richiesto un nesso teleologico tra il reato e l’omicidio, e qualora esso ci sia, si applicheranno entrambe le aggravanti. o Quando il fatto sia commesso dall’autore del delitto di atti persecutori (c.d. stalking) nei confronti della stessa persona offesa §L’ESTENSIONE DELLE CIRCOSTANZE AI CONCORRENTI DEL REATO Il 118 c.p. prevede che le circostanze aggravanti concernenti: i motivi a delinquere l’intensità del dolo sono valutate soltanto riguardo alla il grado della colpa persona a cui si riferiscono le circostanze inerenti alla persona del colpevole Le altre saranno comunicabili a ciascuno dei concorrenti, purché da questi: conosciute ignorate per colpa ritenute insussistenti per errore determinato da colpa se essi invece le ignorano incolpevolmente o le ritengono insussistenti per errore incolpevole, le circostanze non potranno estendersi ai concorrenti Quanto alle aggravanti speciali dell’omicidio, ai sensi del 118 sono tutte estensibili ai concorrenti tranne: la premeditazione (che riguarda l’intensità del dolo) i motivi abietti e futili la connessione teleologica (riguardanti i motivi a delinquere). 17 §LE IPOTESI PRIVILEGIATE DI OMICIDIO VOLONTARIO (DOLOSO) – L’INFANTICIDIO IN CONDIZIONI DI ABBANDONO Le ipotesi privilegiate sono dotate di una propria cornice edittale. L’INFANTICIDIO IN CONDIZIONI DI ABBANDONO MORALE E MATERIALE punito al 578 c.p. con la reclusione da 4 a 12 anni (n.b. per il 575 non meno di 21). In particolare è punita la madre che cagione la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto. In mancanza di anche uno solo degli elementi specializzanti, riacquista vigore la disciplina generale, e dunque il fatto sarà punibile con l’ergastolo (omicidio doloso aggravato dalla discendenza). La ratio del trattamento sanzionatorio privilegiato è soggettiva: si punisce meno gravemente la madre non perché la condotta sia meno lesiva del bene giuridico vita del neonato, ma perché il fatto è meno rimproverabile in ragione del turbamento psichico ed emotivo connesso al parto ed alle condizioni di difficoltà di esso. il 578 è un reato proprio in deroga ai principi generali in tema di concorso nel reato proprio, ai concorrenti si applicheranno le pene del 575, con un’eventuale riduzione qualora essi abbiano agito al solo scopo di favorire la madre. Gli elementi specializzanti sono due: IL FATTO CHE L’OMICIDIO SIA AVVENUTO DURANTE O IMMEDIATAMENTE DOPO IL PARTO. In materia la dottrina concorda sull’elasticità con cui bisogna interpretare l’avverbio “immediatamente”, avendo riguardo soprattutto alla circostanza che perduri o meno lo stato di intenso turbamento psichico legato al parto LE CONDIZIONI DI ABBANDONO MORALE E MATERIALE IN CUI LA MADRE DEVE TROVARSI AL MOMENTO DEL PARTO. La giurisprudenza più recente afferma che tale requisito vada valutato in senso individualizzante, applicando la fattispecie anche quando la madre aveva oggettivamente possibilità di ricevere aiuto (almeno dalle istituzioni pubbliche: in sostanza, poteva andare in ospedale ed essere aiutata lì), ma si trovava in condizioni di solitudine esistenziale (es. una ragazza madre cacciata di casa dai genitori e lasciata dal padre del bambino) ELEMENTO PSICOLOGICO: è sufficiente anche un dolo eventuale (esempio della madre che, accettando il rischio della morte del figlio, lo abbandona davanti ad un convento di notte e al freddo). 18 AGGRAVANTI: non sono applicabili le aggravanti comuni del 61 le aggravanti del 576 e 577, che possono accedere solo alla figura di omicidio doloso ex 575. §L’OMICIDIO DEL CONSENZIENTE Il 579 c.p. punisce con la reclusione da 6 a 15 anni chiunque cagiona la morte di un uomo col consenso di lui. LA VITA nonostante sia un bene individuale e non pubblico è considerato un bene indisponibile dunque l’omicidio del consenziente non può essere scriminato dal 50 c.p. (consenso dell’avente diritto). La ratio del trattamento sanzionatorio privilegiato qui è: OGGETTIVA: viene sì leso il bene vita della vittima, ma non la sua libertà morale di disporre della sua esistenza SOGGETTIVA: il consenso rende il fatto di cagionare la morte non un’aggressione alla vita altrui, ma un modo estremo di assecondare fino in fondo l’altrui volontà L’unico elemento specializzante è il consenso della vittima alla causazione della propria morte, che però (a pena dell’applicazione del 575) non deve essere: Prestato da un minorenne Prestato da un infermo di mente o da soggetto in condizione di deficienza psichica per altra infermità o per abuso di alcolici o stupefacenti Estorto con violenza, minaccia, suggestione o carpito con l’inganno Secondo la giurisprudenza il consenso deve essere: serio senza riserve esplicito e non equivoco perdurante fino al momento in cui il colpevole commette il fatto. Quanto alla RAPPRESENTAZIONE SOGGETTIVA DEL CONSENSO: Se il soggetto ha cagionato la morte della vittima ignorando che questa volesse essere uccisa, risponderà comunque di omicidio del consenziente le circostanze che attenuano o escludono la pena sono valutate a favore dell’agente anche se da lui non conosciute o ritenute inesistenti ex art. 59 Se il soggetto ha cagionato la morte della vittima nell’erronea convinzione che essa fosse consenziente, secondo gli autori si applicherà il 59 co. 4 se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di attenuazione o esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui: 19 in materia n.b. che si applicherà il 579 e non il 589), ma la questione è molto dibattuta in dottrina e giurisprudenza Anche in questo caso non sono applicabili le aggravanti comuni per esplicita previsione del 579, né quelle speciali riguardanti l’omicidio doloso, proprio perché riguardano tale fattispecie. §L’ISTIGAZIONE O L’AIUTO AL SUICIDIO è sanzionato con la reclusione da 5 a 12 anni chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio (istigazione) ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione (aiuto). La sola differenza tra le fattispecie previste al 579 ed al 580 è che: nel caso dell’omicidio del consenziente nel caso dell’istigazione o aiuto al suicidio, la sua l’agente realizza direttamente l’azione condotta configura una forma di concorso omicida nell’auto-causazione della morte. In materia, gli autori sottolineano che la norma punisce con la medesima sanzione due condotte con un disvalore profondamente diverso, al punto da violare il principio di ragionevolezza: un conto è convincere qualcuno a suicidarsi “sfruttando ignobilmente la sua debolezza psichica o disperazione”, un altro conto è aiutare materialmente chi aveva già deciso di suicidarsi. Come in tutte le ipotesi di responsabilità concorsuale, la punibilità del concorso è subordinata all’accertamento del NESSO DI CAUSALITÀ tra le condotte e la realizzazione del reato es. in caso di istigazione, il soggetto non sarà punito se il suicida era omnimodo facturus ossia aveva già deciso di suicidarsi Quando l’agente realizzi entrambe le condotte descritte dalla norma (istigazione e aiuto) non si configura un concorso di reati trattandosi di c.d. NORMA PENALE MISTA (o a più fattispecie), in cui l’offesa al bene giuridico si considera unica. Si discute in dottrina sulla possibilità di configurare il reato nelle ipotesi di condotte di partecipazione in incertam personam (l’ipotesi è quella dell’autore di un libro che esalti il suicidio): gli autori sembrano propendere per la tesi negativa, basandosi sul principio della libera manifestazione del pensiero. ELEMENTO SOGGETTIVO: è il dolo generico in materia è rilevante il caso di un soggetto, morbosamente geloso della fidanzata, che, di fronte alle minacce di lei di uccidersi se lui non avesse cambiato atteggiamento, l’aveva ripetutamente sfidata a compiere davvero quanto minacciato, affermando che il suicidio sarebbe stata la soluzione migliore ma che lei non ne avrebbe avuto il coraggio. 20 Il soggetto, condannato ex 580 in primo grado, è stato assolto in secondo e terzo grado poiché: le modalità del fatto e l’assenza di seri tentativi pregressi di suicidio rendevano non riconoscibile la serietà dell’intenzione suicida della vittima, escludendo in tale maniera l’elemento rappresentativo del dolo. Se, nonostante l’istigazione o l’aiuto il suicidio non avviene, il colpevole è punito con una pena diminuita (da 1 a 5 anni) Se dal tentato suicidio è derivata una lesione grave o gravissima si tratta di una forma di incriminazione autonoma del tentativo, che rende inapplicabile il 56 c.p. dunque NON SARANNO PUNIBILI: o l’istigazione non accolta o quella accolta ma non seguita dal tentativo di suicidio o quella accolta e seguita da un tentativo di suicidio, ma che non sia tale da comportare lesioni gravi o gravissime. Infine, LA PENA È AUMENTATA (aggravante ad effetto comune: +1/3) se il fatto è compiuto nei confronti di: o un minore o un infermo di mente o un soggetto in condizioni di deficienza psichica o per malattia o per abuso di alcolici o stupefacenti viceversa, si applica il 575 quando la vittima sia un minore di anni quattordici, o comunque privo della capacità di intendere e di volere. §LE DIVERSE FIGURE DI EUTANASIA Vi sono diversi tipi di eutanasia: L’EUTANASIA ATTIVA: categoria che comprende le situazioni in cui con una condotta positiva (iniezione letale, colpo di arma da fuoco ecc.) viene cagionata, su richiesta di un soggetto che versi in una situazione di intollerabile sofferenza fisica o psichica, la sua morte. La qualificazione giuridica di tali condotte, in termini di illiceità, è fuori discussione: la nostra Costituzione non prevede un diritto a morire (neppure implicitamente), e dunque la condotta in questione configura un omicidio. molto spesso, a causa del grande disagio psico-fisico del soggetto in questione, è impossibile prestare un valido consenso, circostanza che esclude l’applicazione del 579 in favore del 575 21 (peraltro spesso aggravata dai rapporti di parentela tra il soggetto e chi, in tali tragici casi, ne cagiona la morte). Sull’illiceità di tale condotta non ha peraltro inciso la l. 219/2017 in materia di consenso informato e DAT (disposizioni anticipate di trattamento): dunque la soluzione non può che passare da una modifica normativa. L’EUTANASIA INDIRETTA: essa si ha nelle situazioni in cui, nell’ambito della terapia del dolore, ad un malato terminale venga somministrato un farmaco che ne lenisce il dolore, ma che spesso ha l’effetto di accelerare il decesso (spesso gli oppiacei). Se è pacifica la legittimità dell’uso degli antidolorifici, rimane il problema di come argomentare la legittimità di condotte che prima facie integrano un omicidio doloso: l’argomento più convincente è quello che fa leva sull’art. 51 c.p.: evitando al paziente inutili sofferenze, il medico agisce nell’adempimento di un dovere deontologico, e dunque la sua condotta è scriminata. ART 51 C.P. ESERCIZIO DI UN DIRITTO O ADEMPIMENTO DI UN DOVERE L’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, ESCLUDE LA PUNIBILITÀ. L’EUTANASIA PASSIVA DI SOGGETTO COSCIENTE: in tale caso ci si riferisce alle ipotesi in cui un soggetto decida consapevolmente di non sottoporsi alle cure mediche che potrebbero allungargli la vita, preferendo lasciarsi morire. In tale caso non ci sono dubbi circa la liceità e incoercibilità della scelta del malato: IL 32 COST., infatti, dispone che nessuno può essere obbligato a subire un trattamento sanitario se non per disposizione di legge (legge che deve in ogni caso rispettare i limiti imposti dal rispetto della persona umana), ponendo in tal modo un rilievo decisivo in capo alla figura del CONSENSO INFORMATO. Inoltre, l’eutanasia passiva consensuale è regolata dalla l. 219/2017, che, dopo aver ribadito ancora la necessità del consenso informato, prevede la possibilità di rifiutare i trattamenti anche preventivamente attraverso la predisposizione di DAT. La questione tuttavia si complica quando il soggetto, sebbene sia perfettamente lucido, sia impossibilitato a realizzare direttamente la propria volontà, necessitando dell’ausilio di qualcuno che materialmente interrompesse la prosecuzione della terapia Se oggi la l. 219 consente di ottenere la sospensione di qualsiasi trattamento terapeutico, anche salva-vita, in passato vi sono state diverse vicissitudini giudiziali nel caso Welby: 22 il giornalista, soggetto a una distrofia degenerativa (patologia che lascia intatte le capacità cognitive, paralizzando a mano a mano il corpo), richiede che gli sia sospesa la respirazione artificiale, con la somministrazione di una sedazione profonda che gli eviti le sofferenze di una morte per soffocamento, prima ai medici dopo il loro rifiuto, al giudice, che tuttavia rigetta il suo ricorso in quanto, pur riconoscendo il diritto di cui al 32 cost., ritiene che esso rimanga privo di tutela giuridica in mancanza di una disciplina ad hoc, e che dunque, in allora, l’attuazione di esso andrebbe a contrastare con il 579 e il 580 c.p. Dunque Welby chiede aiuto ad un medico anestesista, che esaudisce la sua richiesta: questi viene dunque indagato nonostante la procura chieda l’archiviazione il Gip lo rinvia a giudizio tuttavia il Gup assolve il soggetto in virtù del 51 c.p., affermando che questi abbia agito adempiendo al dovere di non imporre al paziente presidi sanitari da lui rifiutati. L’EUTANASIA PASSIVA DI SOGGETTO INCOSCIENTE: prima della l. 219 era parimenti difficile valutare la legittimità della condotta di interrompere le cure salva-vita nei confronti di un soggetto che non sia più in grado di esprimere un valido consenso. Il caso-guida in Italia è quello di Eluana Englaro, ragazza di vent’anni che, nel 1992, rimane vittima di un incidente in cui riporta un trauma encefalico e la frattura della colonna cervicale. Dopo sette anni in tale situazione, diagnosticata come irreversibile da diversi esperti, il padre, tutore legale della figlia dichiarata interdetta, inizia una lunghissima battaglia legale, che vede sette rifiuti da parte dei giudici: tre dal tribunale di Lecco tre dalla Corte d’appello di Milano uno dalla Cassazione. Finalmente, nel 2007 (15 anni dopo l’incidente), la Cassazione stabilisce la possibilità per il giudice di merito (rinvio alla corte d’appello) di autorizzare la sospensione ad una duplice condizione: che l’istanza del tutore sia realmente espressiva della volontà del paziente (sulla base di prove chiare, univoche e concordanti, tratte anche da precedenti dichiarazioni) che la condizione vegetativa sia irreversibile nel caso di specie, Eluana, in una discussione in classe, avvenuta poco prima dell’incidente, proprio in materia di eutanasia, aveva dichiarato che, qualora si fosse trovata in una situazione simile, avrebbe preferito morire. 23 La vicenda ha peraltro una coda scoraggiante: dopo il rigetto in Cassazione del ricorso proposto dalla procura di Milano avverso alla decisione della Corte d’appello che autorizzava l’eutanasia, il padre si mette alla ricerca di un istituto clinico ove eseguire l’interruzione delle cure, dato che la clinica religiosa in cui Eluana era ricoverata rifiutava di fare l’interruzione. Da quel momento il governo (Berlusconi IV) e la maggioranza parlamentare si dichiarano contrari alla soluzione della magistratura addirittura viene varato un dl che vieta la sospensione dei trattamenti salva-vita su pazienti incoscienti, ma il Presidente della Repubblica esercita il veto sospensivo su di esso. Alla fine il padre trova una struttura disponibile (a Udine) ad eseguire l’eutanasia passiva. La Procura di Udine chiede infine l’archiviazione dell’indagine a carico della struttura e dell’equipe medica. IL SUICIDIO ASSISTITO: è il caso di chi, in una situazione di sofferenza psico-fisica estrema, intenzionalmente pone fine alla propria vita con l’aiuto di un’altra persona. Tale ipotesi differisce dall’eutanasia attiva in quanto in tale caso è lo stesso paziente a suicidarsi. NB: mentre in diversi paesi la pratica è lecita, in Italia tale ipotesi non è mai stata regolata (non è nell’ambito della l. 219) e perciò veniva pacificamente ricompresa nella fattispecie del 580. Il caso che ha portato all’attenzione della giurisprudenza la fattispecie è quello di Dj Fabo (Fabiano Antoniani), accompagnato in una clinica svizzera, per eseguire il suicidio assistito (mordendo un bottone che attiva un’iniezione letale), da un esponente politico dei Radicali, Marco Cappato, il quale, dopo il suicidio, si è recato egli stesso in procura ad auto- denunciare il fatto. La procura chiede l’archiviazione: secondo i magistrati requirenti l’aiuto di Cappato risaliva ad un momento preparatorio del suicidio mentre il 580 punirebbe solo l’aiuto nel momento esecutivo (in realtà palesemente non è così: es. la consegna di un’arma è un atto preparatorio, e dunque secondo tale argomentazione non dovrebbe essere punito l’esempio paradigmatico di aiuto al suicidio: ti do una pistola e tu ti spari). 24 Il Gip rigetta la richiesta e dunque si apre il processo: avanti alla Corte d’assise, la procura chiede nuovamente l’assoluzione, sulla base degli stessi argomenti portati avanti al Gip ed in subordine di sollevare questione di legittimità costituzionale del 580 per contrasto con gli artt. 2, 3, 13 e 117 (in relazione agli artt. 2 e 8 CEDU) in parole poverissime, il giudice a quo chiedeva alla Corte Costituzionale di accertare se fosse ragionevole o meno che un soggetto dovesse scegliere tra il non morire (e vivere tra atroci sofferenze) ed il morire di fame e di sete, ma non potesse scegliere di morire tramite l’aiuto di un terzo. Con un primo provvedimento, la Corte rileva dei profili di illegittimità costituzionale, ma, data la delicatezza della materia (i giudici argomentano che, se si cagionasse una lacuna di tale tipo, chiunque potrebbe, per spirito filantropico o anche a pagamento, offrire assistenza al suicidio a domicilio) rinvia di un anno la decisione della questione, lasciando tempo al legislatore di intervenire nel senso indicato dall’ordinanza, e prospettando in senso contrario una pronuncia di illegittimità. L’anno di tempo trascorre infruttuosamente e dunque: con la sentenza 242/2019, la Consulta dichiara l’illegittimità parziale dell’art. 580, nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dalla l. 219, agevola l’esecuzione del proposito di suicidio: 1. autonomamente e liberamente formatosi (dunque si parla solo di aiuto e non di istigazione) di una persona tenuta in vita da trattamenti artificiali 2. affetta da una patologia irreversibile fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ritiene intollerabili 3. pienamente lucida 4. sempre che tali tre requisiti siano stati verificati da una struttura pubblica del SSN, previo parere del comitato etico competente (4). Quanto alle condotte realizzate prima del deposito della sentenza, occorre che (al posto della verifica della struttura pubblica e del parere del comitato etico) i requisiti siano stati verificati in ambito medico. Tale sentenza tuttavia non ha dissipato del tutto i dubbi: NEL CASO TRENTINI, soggetto affetto da una grave sclerosi multipla, accompagnato da Cappato e Mina Welby in una clinica svizzera per il suicidio assistito, il soggetto in questione (pur in presenza degli altri requisiti) non era dipendente da macchine che ne sostenessero le funzioni vitali: 25 nonostante ciò, la Corte d’Assise di Massa ha ritenuto comunque sussistente il requisito dei trattamenti artificiali salvavita, in quanto il soggetto era dipendente da farmaci antidolorifici e antipertensivi NB: in questo modo si rischia di svuotare tale requisito: pur essendo tecnicamente vero che senza i farmaci suddetti il soggetto in questione morirebbe, non si potrebbe dire lo stesso anche per i farmaci più comuni, es. quello per la pressione et similia? §L’OMICIDIO COLPOSO Art. 589 c.p.: chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da 6 mesi a 5 anni. La rilevanza della fattispecie dell’omicidio colposo è enorme, soprattutto nei casi disciplinati dalle discipline speciali (ambito stradale, ambito lavorativo e ambito medico): AGGRAVANTI SPECIALI: sono previste ai commi 2 e 3 del 589: Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, si applica la pena della reclusione da 2 a 7 anni (prima tale comma ricomprendeva anche l’aggravante riguardante la circolazione stradale, poi abrogato contestualmente all’entrata in vigore del 589 bis) Se il fatto è commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria Il comma 4 prevede invece, per l’ipotesi di omicidio colposo plurimo, l’applicazione della pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo un’ipotesi di concorso formale di reati, in cui però ciascuna fattispecie resta autonoma ai fini es. della prescrizione o della procedibilità §CIRCOLAZIONE STRADALE A causa dalla gravità del fenomeno delle morti sulla strada la giurisprudenza ha spesso forzato la categoria del dolo eventuale per qualificare in tal senso l’elemento soggettivo caratterizzante le ipotesi più gravi di incidente sulla strada (specie se cagionate da soggetti in stato alterato). Dal punto di vista oggettivo, in materia di circolazione stradale la giurisprudenza tende quasi sempre ad escludere che eventuali concause dell’incidente (es. una condotta scorretta della vittima) possano essere qualificate come eccezionali e dunque interrompere il nesso causale. Tale rigore si traduce spesso anche nell’analisi dell’elemento soggettivo, valutando assai severamente i doveri incombenti sull’automobilista. 26 §ATTIVITÀ MEDICO-CHIRURGICA In materia, al contrario della circolazione stradale, le intenzioni del legislatore erano di limitare la responsabilità penale dei medici, visto il grandissimo numero di procedimenti penali a carico della categoria, che a loro volta avevano portato al gravissimo fenomeno della MEDICINA DIFENSIVA: la prescrizione di farmaci e, soprattutto, esami inutili al (quasi) esclusivo fine di autotutela da parte del medico. Il primo intervento legislativo si è avuto con la legge Balduzzi del 2012, la quale dispone che l’esercente la professione sanitaria che si attiene a linee guida e buone pratiche chirurgiche accreditate dalla comunità scientifica, non risponde penalmente per colpa lieve (si tratta di abolitio criminis parziale). In materia una sentenza della Cassazione del 2013 ha chiarito due punti molto importanti: Le linee guida non sono vere e proprie regole cautelari, ma servono per orientare agevolmente le decisioni terapeutiche: la loro mera presenza, dunque, non basta ad esimere il medico dal dovere di valutare il caso concreto Trattandosi di regole tecniche, la disciplina potrà applicarsi solo nei casi di imperizia, e dunque non in quelli di negligenza o imprudenza Gli esiti della riforma furono tuttavia modesti: già prima di essa, infatti, il rispetto delle linee guida era un indice importante, se non determinante, per valutare la presenza o meno di colpa medica; inoltre, non era risolto il problema di individuare le linee guida applicabili al caso concreto. Dunque, la successiva legge Gelli-Bianco del 2017: da una parte introduceva una regolamentazione dell’iter di accreditamento ministeriale delle linee guida (risolvendo il primo problema della legge Balduzzi) dall’altro riformulava la colpa medica, introducendo l’art. 590-sexies c.p. che prevede che qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia (risolto il secondo problema della legge Balduzzi), la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida, ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle suddette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto. Il modo in cui tale norme è stata scritta ha portato ad un grande conflitto giurisprudenziale, che per concludersi ha richiesto l’intervento delle SS.UU.: LA PRIMA DECISIONE DELLA CASSAZIONE sul presente articolo era nel senso di considerarlo un mero flatus vocis (o “norma apparente” ossia priva di ogni spazio applicativo), posto che la norma richiedeva, per la sua applicabilità, il rispetto delle linee guida e l’adeguatezza di esse al caso concreto. 27 Qualora siano presenti tali requisiti, argomenta la Cassazione, non serve certo una norma specifica ad escludere la punibilità, dato che essa è già esclusa dall’assenza di colpa (come posso essere in colpa se ho seguito le linee guida adeguate al caso concreto?) UNA SECONDA DECISIONE, di pochi mesi successiva alla prima, afferma invece che la norma fa riferimento solo agli eventi letali che si siano verificati per imperizia nella fase esecutiva di linee guida correttamente individuate. Secondo tale interpretazione, la l. Gelli-Bianco è effettivamente più favorevole rispetto alla precedente, perché non distingue tra colpa lieve e grave. Infine, con LA SENTENZA MARIOTTI (2018) intervengono le Sezioni Unite, che trovano un compromesso tra le due opposte sentenze: la clausola di non punibilità è applicabile nei casi di colpa per imperizia nella fase esecutiva delle linee guida rimanendo tuttavia punibili i casi di colpa grave, la cui esclusione dalla rilevanza penale cozzerebbe con il principio di uguaglianza-ragionevolezza (in quanto si arriverebbe ad affermare ciò: se sei un medico puoi non rispondere per colpa grave; se non sei un medico ne risponderai sempre). È evidente che per risolvere il contrasto la giurisprudenza è stata costretta ad aggiungere in via interpretativa ben due elementi assenti nel testo: o la distinzione tra fase identificativa ed esecutiva delle linee guida o la distinzione tra colpa lieve e grave. Dunque, ad oggi, la norma ha l’effetto di essere meno favorevole della precedente (che in primis escludeva la punibilità anche degli errori commessi in fase di individuazione, ed in secondo luogo la escludeva in tutti i casi di colpa generica, e non solo in quelli di imperizia). Infine, durante l’emergenza Covid-19 sono state previste due norme in favore del personale medico: La prima erigeva un c.d. scudo penale in favore del personale vaccinatore per i fatti di cui agli artt. 589 e 590 c.p., prevedendo che non fossero punibili quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio ecc. (in materia la dottrina parla espressamente di norma inutile: non serve una norma specifica che escluda la punibilità, la quale è già esclusa dall’assenza di colpa) La seconda escludeva la punibilità per gli stessi fatti, se commessi nell’esercizio di una professione sanitaria e che trovano causa nella situazione di emergenza salvo che siano commessi per colpa grave 28 Per valutare la quale, si dispone, va tenuto conto: delle limitate conoscenze scientifiche sul covid al momento del fatto della scarsità di risorse umane e materiali del minor grado di esperienza e conoscenze tecniche del personale impiegato Tali requisiti sarebbero stati comunque presi in considerazione dal giudice anche senza una norma specifica Più che innovare effettivamente l’ordinamento giuridico, dunque, tali norme hanno avuto un effetto (voluto o meno, non si sa) di rassicurare la popolazione NORME PLACEBO. PLURALITÀ DI AGENTI CHE INTERVENGONO NEL PROCESSO TERAPEUTICO (l’equipe medica) la giurisprudenza afferma la necessità di una verifica puntuale delle concrete responsabilità di ciascun componente, non bastando la mera partecipazione all’intervento. In materia un principio guida è quello dell’affidamento, per cui un soggetto non può essere condannato quando l’intervento sia attribuibile alla violazione di regole cautelari da parte di terzi, a causa del legittimo affidamento che ciascuno fa sul fatto che la condotta altrui sia quella dell’agente modello Principio tuttavia che non si applica: o quando il comportamento colposo del terzo fosse concretamente prevedibile dall’agente o quando questi avesse un dovere di vigilanza e controllo sull’operato del terzo Nonostante ciò, la giurisprudenza è molto rigorosa, soprattutto quando i soggetti coinvolti sono tra loro in rapporto gerarchico. Infine, una tipologia di processi che acquisisce sempre più importanza è quella relativa alla responsabilità di soggetti operanti in strutture psichiatriche, in relazione agli atti lesivi della vita propria (omicidio colposo per omissione) della vita altrui (concorso colposo nell’omicidio doloso) commessi dai pazienti affidati alle loro cure. In materia la disciplina sul TSO lascia al medico ampi margini di discrezionalità sul difficile bilanciamento tra tutela della collettività e della libertà personale del paziente. Sarà poi compito del giudice (ed anche qui la giurisprudenza è molto severa) stabilire se la concessione di margini di autonomia da cui siano scaturite le condotte di cui sopra sia stata contraria o meno alle leges artis (“a regola d’arte”) 29 §INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI Sul lavoro, gli eventi lesivi di vita ed integrità fisica sono soliti distinguersi in: o INFORTUNI: caratterizzati da una causa violenta e istantanea o MALATTIE PROFESSIONALI: si producono all’esito di un’esposizione prolungata nel tempo ad un fattore patogeno presente sul luogo di lavoro. Tale distinzione dovrebbe avere un grande rilievo dato che l’aggravante del 589 co. 2 parla solo di violazione delle norme per gli infortuni sul lavoro, ma in realtà la giurisprudenza, da sempre, ricorre ad una nozione molto ampia di infortunio, ricomprendendovi anche le malattie. Tale soluzione desta perplessità quanto al rispetto della legalità (sub specie della tassatività), anche alla luce del fatto che per risolvere i problemi basterebbe un intervento legislativo che aggiungesse due parole alla disposizione Quanto agli INFORTUNI SUL LAVORO, non emergono particolari problemi sotto il profilo del nesso causale, quanto più sotto il profilo della colpa: i maggiori problemi derivano dalla presenza di una pluralità di soggetti titolari di obblighi volti a garantire la sicurezza sul lavoro. In materia figura fondamentale è quella della DELEGA DI FUNZIONI, che permette al soggetto apicale (il datore) di delegare ad altri la vigilanza ed il controllo sul sistema di sicurezza. Tale delega deve: Risultare da atto scritto recante data certa Essere in favore di un soggetto che possiede tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla natura delle prestazioni delegate Attribuire al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla natura delle prestazioni delegate Attribuire al delegato l’autonomia di spesa necessaria per l’adempimento delle funzioni delegate La delega non esclude l’obbligo di vigilanza del datore sul corretto espletamento delle funzioni delegate!!! È prevista possibilità di una subdelega, ma non oltre. Vi sono alcuni adempimenti non delegabili: la valutazione dei rischi la designazione del responsabile del servizio di protezione dai rischi. 30 Il rimprovero di colpa, quando non è fondabile sulla violazione di specifiche norme cautelari, può essere comunque mosso a titolo di colpa generica, quando le peculiarità del caso concreto rendano prevedibile ed evitabile l’evento dannoso. Inoltre, quanto al datore, la giurisprudenza fonda il rimprovero sul 2087 c.c., che dispone che l’imprenditore deve adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei prestatori di lavoro. Quanto infine al concorso tra la fattispecie di omicidio colposo aggravato e le numerose contravvenzioni che puniscono le violazioni della normativa antinfortunistica esso è pacificamente ammesso, in virtù della diversità del bene giuridico tutelato. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ Quanto alle questioni relative alle MALATTIE PROFESSIONALI, che negli ultimi anni hanno assunto una notevole rilevanza, specie quelle legate all’amianto, si pongono problemi di tipo diverso, riguardanti soprattutto il nesso di causalità tra: l’esposizione lavorativa alla sostanza tossica la malattia che ha condotto alla morte della persona offesa Il modello di accertamento bifasico della sentenza Franzese rende agevole l’accertamento causale delle patologie monocausali (o c.d. FIRMATE, come il mesotelioma pleurico per l’amianto, praticamente assente tra la popolazione comune e diffuso tra gli operai) mentre è molto più difficile l’accertamento del nesso eziologico tra l’esposizione a sostanze chimiche e malattie diffuse in modo significativo anche tra i non esposti. Quanto al nesso causale, i problemi fondamentali sono diversi: in primo luogo, qualora il soggetto sia stato esposto all’amianto lavorando per diversi datori, il giudice dovrà interrogarsi sull’esistenza di un contributo causale da parte di ciascun datore. Per fare ciò sarà necessario stabilire se il mesotelioma (e le altre malattie in questione) sia una patologia: DOSE-DIPENDENTE DOSE-INDIPENDENTE (più sono esposto all’amianto, più è grave la (una sola esposizione basta, le altre sono malattia) ininfluenti) ci sarà contributo causale di tutti i datori Il contributo causale è attribuito solo al primo datore In materia anche la dottrina scientifica si divide, e la Cassazione ha più volte sottolineato che non spetta a lei risolvere il problema in quanto si tratta di una questione di fatto e non di diritto 31 affermando tuttavia che, anche ponendo alla base della propria decisione la legge scientifica secondo cui la patologia è dose-dipendente serviranno comunque le prove che la malattia sia stata aggravata dall’ulteriore esposizione ma ci sono diverse cassazioni che valorizzano invece la nozione di CONCAUSALITÀ e l’effetto sinergico delle diverse esposizioni, non richiedendo così la prova di ciascun singolo aggravamento La stessa valorizzazione dell’effetto sinergico è alla base di diverse condanne (per 589 o 590 a seconda dei casi) per il fatto di aver cagionato tumori ai polmoni (malattie “non firmate”) a soggetti fumatori: in materia diverse cassazioni hanno affermato che una causa di tumore (fumo) non esclude l’altra (amianto), bensì esse sono sinergiche. Quanto alla rimproverabilità per colpa dell’esposizione ad una sostanza di cui al tempo (anni ’70) non si conosceva la relazione con il mesotelioma ed il tumore, ma solo la sua capacità di provocare altre forme patologiche la giurisprudenza ha ritenuto sufficiente per fondare tale rimproverabilità la conoscibilità della generica capacità della sostanza di provocare gravi danni alla salute. Il tema della responsabilità per esposizione a sostanze tossiche è tra i più dibattuti in dottrina e giurisprudenza. Nei recenti processi Eternit ed Ilva non sono stati contestati gli omicidi/lesioni ma il reato di disastro doloso (per evitare la problematicità della prova della dose- dipendenza nel caso singolo infatti nel caso del disastro è sufficiente provare il pericolo per la popolazione) §LE IPOTESI SPECIALI DI OMICIDIO COLPOSO: L’OMICIDIO STRADALE, L’OMICIDIO PRETERINTENZIONALE E L’ART. 586 C.P. All’omicidio stradale si aggiungono altre tre ipotesi in cui l’evento morte non voluto dall’agente sia riconducibile ad una condotta penalmente illecita dell’imputato: L’OMICIDIO PRETERINTENZIONALE (quando la morte non voluta della vittima deriva dalle percosse o lesioni dell’agente) 32 I DELITTI AGGRAVATI DALL’EVENTO (quando la morte non voluta della vittima configura un’aggravante) LA MORTE (O LESIONI) COME CONSEGUENZA DI ALTRO DELITTO. Secondo la giurisprudenza precedente alle sentenze dell’88, tali ipotesi erano espressione del principio per cui qui in re illicita versatur, tenetur etiam pro casu (responsabilità oggettiva); QUI IN RE ILLICITA VERSATUR, TENETUR ETIAM PRO CASU: chi si trova in situazione di illiceità, è responsabile anche per il caso fortuito mentre successivamente, e soprattutto in seguito alla sentenza Ronci delle SS.UU. (2009) riguardante il 586 (perché si applichi il 586 occorre che la morte sia una conseguenza in concreto prevedibile ed evitabile della commissione di un altro delitto), la giurisprudenza si è conformata al dettato della Cassazione. Tuttavia, così non è per il caso dell’omicidio preterintenzionale, ove è ancora fortissima la tendenza ad imputare la morte a titolo di responsabilità oggettiva. §L’OMICIDIO STRADALE Una legge del 2016 ha introdotto l’art. 589 bis c.p., che punisce con la reclusione da due a sette anni chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (elemento specializzante rispetto al 589 semplice). L’aspetto più significativo della riforma sono le numerose aggravanti previste nei commi successivi, che delineano un quadro sanzionatorio eccezionalmente duro. commi 2 e 3 prevedono la reclusione da 8 a 12 anni (minimo edittale di molto maggiore del massimo edittale della fattispecie base) qualora il fatto sia stato cagionato dal soggetto alla guida IN STATO DI EBBREZZA GRAVE (più di 1,5 g/l, o tra 0,8 e 1,5 g/l se si tratta di soggetti che svolgono professionalmente l’attività di trasporto di cose o persone) SOTTO L’EFFETTO DI STUPEFACENTI; il comma 4 prevede la reclusione da 5 a 10 anni quando il fatto è commesso da soggetto alla guida in STATO DI EBBREZZA PIÙ LIEVE (tra 0,8 e 1,5g/l). Il comma 5 estende tale sanzione ai casi in cui il fatto sia stato cagionato con VIOLAZIONI GRAVI DEL CODICE STRADALE (passaggio col rosso; sorpasso con linea continua; circolazione contromano ecc.). La pena è aumentata se: il fatto è commesso da soggetto non munito di patente se il veicolo è sprovvisto di assicurazione obbligatoria. 33 Il comma 8 prevede che se è stata cagionata la MORTE O LE LESIONI DI PIÙ PERSONE, si applica la pena per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare i 18 anni Un’ulteriore aggravante è prevista dal 589-ter, che prevede che se il conducente si dà alla fuga, la pena è aumentata da un terzo a due terzi, e non può essere inferiore a 5 anni. Il comma 7 prevede invece un’attenuante nel caso in cui l’evento non sia stata esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole (la concausa può anche essere del tutto indipendente dalla condotta della vittima, es. un attraversamento di animali selvatici, ma non può consistere in un atto lecito della vittima). §L’OMICIDIO PRETERINTENZIONALE Il 584 c.p. punisce con la reclusione da dieci a diciotto anni chiunque, con atti diretti a commettere il delitto di percosse o lesioni (elemento specializzante rispetto al 589: gli autori definiscono tale figura un’ipotesi speciale di omicidio colposo, anche se ad oggi la giurisprudenza condanna spesso ex 584 basandosi sulla responsabilità oggettiva), cagiona la morte di un uomo. L’unico altro caso in cui trova applicazione il criterio di imputazione soggettiva della preterintenzione è quello dell’aborto (“chiunque provochi l’interruzione di gravidanza con azioni dirette a provocare lesioni alla donna”). Quanto al termine “atti diretti”, esso richiama evidentemente il 56 c.p. e, pur non essendo richiamato anche il requisito dell’idoneità degli atti, si ritiene comunque che per la configurazione del 584 sia necessario almeno il tentativo di percosse o lesioni (inteso come atto idoneo diretto in modo non equivoco a cagionare percosse o lesioni). ELEMENTO SOGGETTIVO: perché si configuri tale reato è innanzitutto necessario che l’agente non abbia voluto la morte della vittima, nemmeno a titolo di dolo eventuale (pena l’applicazione del 575). Per quanto riguarda gli ELEMENTI COSTITUTIVI della preterintenzione sono TRE LE IPOTESI RICOSTRUTTIVE: La prima considera tale elemento soggettivo una combinazione di dolo rispetto all’evento meno grave (lesione o percossa) responsabilità oggettiva rispetto all’evento più grave (la morte) La seconda, che di fatto arriva allo stesso esito della prima, prevede una combinazione tra: dolo colpa specifica, derivante quest’ultima dalla violazione delle norme penali che puniscono le percosse o le lesioni tale ricostruzione è la più palesemente errata, dato che tali norme non hanno finalità cautelare rispetto all’evento morte (e dunque manca il nesso colpa-evento) 34 La terza, più strettamente legata al diniego della responsabilità oggettiva penale, considera la preterintenzione come DOLO MISTO A COLPA GENERICA, richiedendo un coefficiente di colpa in concreto rispetto alla causazione della morte. Tale ipotesi è dominante nella dottrina più recente, mentre in giurisprudenza sono presenti orientamenti fortemente discordanti (prof: l’omicidio preterintenzionale è l’ultimo baluardo della responsabilità oggettiva) Quanto invece ai problemi riguardanti il COEFFICIENTE SOGGETTIVO DEL DOLO DI PERCOSSE/LESIONI, ci si è domandati se sia sufficiente il dolo eventuale, o se ne sia necessario uno diretto o intenzionale: o mentre nella giurisprudenza più risalente era prevalente la tesi più garantistica, che richiedeva perlomeno un dolo diretto o negli ultimi anni diverse cassazioni hanno ritenuto sufficiente il dolo eventuale. Un orientamento giurisprudenziale costante, poi, configura l’omicidio preterintenzionale anche nelle ipotesi di ABERRATIO ICTUS: anche in tali casi, infatti, l’offesa cagionata all’estraneo deve essere considerata come commessa nei confronti del soggetto che si intendeva colpire. NB: dal momento che l’evento morte deve risultare necessariamente non coperto da dolo non si può rispondere di tentato omicidio preterintenzionale, poiché tale fattispecie di reato è compatibile solo con fattispecie-base a struttura dolosa es. non esiste il “tentato omicidio colposo” Il 585, infine, prevede alcune aggravanti speciali dell’omicidio preterintenzionale (valide anche per le lesioni volontarie): La pena è aumentata da un terzo alla metà quando concorrono circostanze di cui al 576 (le aggravanti più gravi dell’omicidio doloso) La pena è aumentata fino a un terzo: quando concorrono circostanze di cui al 577 (quelle meno gravi) oppure quando il fatto è commesso con armi o con sostanze corrosive, oppure da persona travisata o da più persone riunite 35 In materia n.b. che la nozione di “armi”, data espressamente dal 585, comprende le armi da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona (armi proprie), ma anche tutti gli strumenti atti ad offendere, dei quali è dalla legge vietato il porto in modo assoluto ovvero senza giustificato motivo ARMI IMPROPRIE: la giurisprudenza interpreta in maniera largamente estensiva il requisito, basandosi sul fatto che il motivo di cagionare lesioni non è (salve cause di giustificazione) giustificato dunque sono state qualificate come armi improprie anche un mestolo da cucina, un manico di scopa, dei proiettili di gomma da soft air, per il fatto che il loro porto cessa di essere giustificato nel momento in cui viene meno il collegamento immediato con la sua funzione. §LA MORTE COME CONSEGUENZA DI UN ALTRO DELITTO DOLOSO L’Art 586 c.p. prevede che, quando da un fatto preveduto come delitto doloso deriva, quale conseguenza non voluta dal colpevole (altrimenti si applica il 575) la morte o la lesione di una persona si applicano le disposizioni dell’art. 83 (quelle sull’evento diverso da quello voluto dall’agente), ma le pene stabilite negli artt. 589 e 590 sono aumentate. La differenza con l’omicidio preterintenzionale sta nel fatto che quando il “fatto preveduto come delitto doloso” è una lesione o percossa, si applicherà il 584, altrimenti il 586 (sempre al netto della prevedibilità, naturalmente). ELEMENTO OGGETTIVO: la condotta presenta gli stessi requisiti di ogni fattispecie omicidiaria (evento morte e nesso causale) con la peculiarità che la condotta eziologicamente legata all’evento deve di per sé integrare gli estremi di un delitto doloso (diverso da percosse e lesioni). Solitamente il DELITTO-BASE è la cessione di sostanze stupefacenti, ma vi sono numerosissimi casi diversi: la RESPONSABILITÀ EX 586 è stata affermata in relazione: all’estorsione (per il suicidio di un giovane in condizioni di fragilità psichica) al furto con strappo alla resistenza a pubblico ufficiale (fuga spericolata in auto da cui deriva la morte degli agenti all’inseguimento) alla minaccia (soggetto lancia una busta piena d’acqua nella finestra di un vecchio, che per lo spavento ha un infarto e muore) sequestro di persona incendio doloso ecc. 36 ELEMENTO SOGGETTIVO: il 586 si applica quando la morte rappresenti una conseguenza non voluta dal colpevole (altrimenti si applica il 575) ma solo quando essa sia concretamente prevedibile ed evitabile dall’agente (altrimenti si risponderà del solo reato-base) vedi caso Ronci Infine, quanto ai rapporti tra il 586 ed il delitto base, è pacifica la configurabilità di un concorso formale eterogeneo, come in tutti i casi di aberratio delicti plurilesiva (83 co. 2, ossia il caso in cui, oltre al delitto non voluto, si commette anche quello voluto). ABORTO L’aborto consiste nell’interruzione intenzionale della gravidanza con la conseguente morte del prodotto del concepimento. Il BENE GIURIDICO TUTELATO dai reati contro la maternità è la MATERNITÀ stessa che ricomprende sia gli interessi del nascituro che quelli della madre. Legge n.194 del 22 maggio 1978 Assicura alle donne una particolare assistenza in stato di gravidanza anche al fine di superare le cause che potrebbero indurle ad intraprenderla. ART 4 l’interruzione volontaria di gravidanza può essere concessa entro i primi 90 giorni dal concepimento, quando constino circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità verrebbero a comportare un serio pericolo per la salute fisio- psichica della donna anche in rapporto alle condizioni economiche e sociali o familiari, alle circostanze del concepimento, a prevedibili anomalie o malformazioni del concepito. NB: solo quando vi sia GRAVE PERICOLO per la vita della partoriente o per la sua salute fisio- psichica, in presenza di accertati processi patologici, è ammessa l’interruzione volontaria dopo i primi novanta giorni e in tal caso sono previste speciali cautele PRESUPPOSTO DELL’ABORTO: la gravidanza della donna che ha: INIZIO: con l’annidamento dell’ovulo fecondato mediante l’incontro con lo sperma maschile nella mucosa uterina FINE: con l’espulsione del feto La possibilità di una VITA AUTONOMA sorge con il compimento del settimo mese dall’inizio della gestazione La gravidanza deve essere interrotta PER OPERA DELL’AGENTE e non per cause naturali come: malattia intossicazioni materne malformazioni ovulari 37 La legge non indica il mezzo con cui deve essere procurato l’aborto, limitandosi a chiedere che sia cagionato dall’uomo; quindi, il mezzo può essere di qualunque tipo: MEZZI SPECIFICI MEZZI GENERICI chimici (ingestione di determinate ferite o percosse inferte alla donna incinta sostanze con efficacia abortiva) MEZZI MORALI come spaventi ed emozioni fisici o meccanici (introduzione di sonde nell'utero, raschiamento ecc…) NB: non si può escludere la possibilità di aborto commesso mediante OMISSIONE. L’interruzione della gravidanza deve avere per EFFETTO L’UCCISIONE DEL PRODOTTO DEL CONCEPIMENTO se il feto non muore non si ha aborto ma ACCELERAMENTO DEL PARTO è indifferente che la morte si verifichi entro l’utero materno o fuori (qualora incapace di vita autonoma) MOMENTO CONSUMATIVO dell’aborto: morte del feto TENTATIVO: si verifica quando a seguito di pratiche abortive il feto non muore ABORTO CRIMINOSO, IPOTESI: 1) Art 593 bis c.p.: INTERRUZIONE COLPOSA DI GRAVIDANZA E PARTO PREMATURO COLPOSO SOGGETTO ATTIVO: sono entrambi reati comuni che possono essere posti in essere da chiunque (compresa la gestante stessa) ELEMENTO OGGETTIVO: la norma descrive 2 fattispecie di evento a forma libera: l’aborto e il parto prematuro possono essere cagionati indifferentemente: con condotte colpose attive e omissive L’ipotesi di aborto colposo posto in essere con condotta omissiva è ricorrente nell’ambito dell’attività medico-chirurgica con qualsiasi mezzo MOMENTO CONSUMATIVO: la morte del feto (è indifferente che sia avvenuta dentro o fuori l’utero materno in quanto incapace di vita autonoma una volta espulso) nell’ipotesi del co.2 l’evento è la nascita prematura di neonato con capacità di vita autonoma a seguito 38 dell’accelerazione del parto rispetto i normali tempi di gestazione NB: trattandosi di reato colposo non è configurabile il TENTATIVO ELEMENTO SOGGETTIVO: le fattispecie in esame sono punibili a titolo di COLPA GENERICA: violazione di regole di diligenza, prudenza e perizia COLPA SPECIFICA: inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline CIRCOSTANZE AGGRAVANTI: Ipotesi in cui il fatto sia commesso con la violazione delle norme poste a tutela del lavoro PROFILI PROCESSUALI: il reato è procedibile d’ufficio e rientra nella competenza del tribunale monocratico SANZIONE: reclusione da 3 mesi a 2 anni 2) Art 593-ter c.p.: PROCURATO ABORTO NON CONSENSUALE SOGGETTO ATTIVO: è reato comune, quindi può essere commesso da chiunque ELEMENTO OGGETTIVO: la norma descrive una fattispecie di EVENTO A FORMA LIBERA poiché punisce l’interruzione di gravidanza a prescindere dalle modalità utilizzate. CONSENSO: Il MANCATO CONSENSO della donna è: ELEMENTO NEGATIVO COSTITUTIVO DELLA FATTISPECIE la norma equip