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CORSO di CHIMICA degli ARCHEOMATERIALI A.A. 2023-24 9.1_Nanomateriali Docente: Enrico Greco, PhD ([email protected]) Assistant Professor, Department of Chemical and Pharmaceutical Sciences COSA SONO I NANO...

CORSO di CHIMICA degli ARCHEOMATERIALI A.A. 2023-24 9.1_Nanomateriali Docente: Enrico Greco, PhD ([email protected]) Assistant Professor, Department of Chemical and Pharmaceutical Sciences COSA SONO I NANOMATERIALI I Nanomateriali sono quei materiali che hanno componenti strutturali con almeno una dimensione nell’intervallo 1-100 nm. Il 18 ottobre 2011 la Commissione Europea ha adottato la seguente definizione di un nanomateriale: “Un materiale naturale, casuale o prodotto contenente particelle, in uno stato slegato o come aggregato o come agglomerato e dove, per il 50% o più delle particelle nella distribuzione delle grandezze numeriche, una o più dimensioni esterne sono nell’intervallo di grandezza 1 nm - 100 nm. In casi specifici e dove giustificato da preoccupazioni per l’ambiente, la salute, la sicurezza o la competitività la soglia di distribuzione delle grandezze numeriche del 50% può essere sostituita da una soglia tra l’1 e il 50%”. 2 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI 3 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI 4 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI Film Smart Surfaces solvente, soprattutto gli alcool e soluzioni acquose in presenza di surfattanti; polialchilsilossani/polisilani, in cui generalmente rientrano e vengono utilizzati prodotti commerciali storicamente già impiegati nel consolidamento dei beni culturali, quali Rhodorsil®, Rhodia Silicones®, Glymo®, Dynasylan®, SILRES®, TEOS; resine acriliche, come il Paraloid B72® (copolimero metilmetacrilato/etilmetilacrilato 30/70); poli(uretano carbonato), recentemente utilizzato come coating per il tufo; ibridi: sono una nuova classe di materiali sempre più interessanti per le loro straordinarie proprietà derivanti dalla combinazione di diversi building blocks. Generalmente vengono utilizzati disperdenti misti di silossani/silani con resine acriliche ed in alcuni lavori sono presenti composti fluorurati, che da soli non avrebbero adesione (ad esempio il prodotto SILRES BS38® che è una miscela di silani, silossani e fluoropolimeri (< C8)). 5 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI Fluidi I principali meccanismi coinvolti nella rimozione di sporcizia e suolo oleoso possono essere: emulsione: il meccanismo comporta l’interazione degli aggregati tensioattivi (micelle) con la fase”olio”. Questo processo non è dipendente dalla natura del substrato. Bassa tensione interfacciale è necessaria in questo processo. solubilizzazione: il terreno oleoso viene solubilizzato nel cuore idrofobico di una microemulsione. Questo meccanismo non dipende dalla natura chimica della superficie da cui il terreno deve essere rimosso. In questo processo, ultra-bassa tensione interfacciale tra olio e soluzione di tensioattivo è di solito necessaria. la rimozione dei polimeri può comportare processi più complessi 6 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI I Gel Un gel è costituito da un solido (chiamato gelificante o addensante) che, disperse in un fluido, forma uno scheletro tridimensionale (3D) o, secondo la terminologia dell’Unione Internazionale di Chimica Pura e Applicata (IUPAC ), come “una rete o rete polimerica colloidale non fluida che è espansa attraverso tutto il suo volume da un fluido”. Rappresentazione schematica delle possibili interazioni stabilizzanti i gel chimici e fisici. [Piero Baglioni and David Chelazzi, Nanoscience for the Conservation of Works of Art, RSC Nanoscience & Nanotechnology No. 28, 2013]. 7 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI Dispersioni polimeriche ad alta viscosità spellicolabili Le dispersioni polimeriche ad alta viscosità (HVPDs) sono una classe di materiali utili ad alta elasticità intrinseca. Questi “gel” possono adattare la loro forma in modo da massimizzare il contatto con il substrato artistico. Ancora più importante, questi sistemi mostrano un alto modulo elastico quindi è possibile semplicemente “spellicolarli” dalla superficie trattata dopo l’applicazione a: dispersione polimerica ad alta viscosità (HVPD) formata da poli (vinil acetato) parzialmente idrolizzato, le cui catene sono reticolate con borace. b: l’ HVPD è spellicolata dalla superficie di una tela con delle pinzette. [Natali I et al. (2011) Structural and mechanical properties of “peelable” organoaqueous dispersions with partially hydrolyzed poly(vinyl acetate)-borate networks: applications to cleaning painted surfaces. Langmuir 27:13400] 8 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI Consolidamento “metodo Ferroni” Nel 1969 Enzo Ferroni propose, sulla base di numerosi risultati ottenuti dalle sue sperimentazioni in laboratorio, una nuova e rivoluzionaria metodologia per il consolidamento in situ dei dipinti murali. Il metodo, detto “del bario” o “metodo Ferroni”, fu il primo esempio di tecnica di consolidamento chimico–strutturale capace di sfruttare le diverse solubilità dei sali, conseguendo un effetto “curativo”. Infatti, invertendo l’ordine delle reazioni chimiche che danno origine al processo di degrado del manufatto artistico, ottenne un effetto stabilizzante sulla struttura dell’intonaco e la “rigenerazione” della fase legante dello strato pittorico, ovvero il carbonato di calcio. Il trattamento consiste nell’applicazione di impacchi di carbonato di ammonio e di idrossido di bario. Il primo prodotto garantisce, infatti, la conversione del solfato di calcio (CaSO4 · 2H2O) a solfato di ammonio, mentre il secondo converte il solfato di ammonio in solfato di bario (sale inerte, insolubile e non idratabile, quindi non dannoso). 9 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI Consolidamento “metodo Ferroni” Il consolidamento del substrato inorganico avviene tramite due distinti e concomitanti processi chimici: la graduale e lenta formazione di carbonato di bario, BaCO3, e la formazione ex novo di idrossido di calcio, Ca(OH)2 per azione dell’idrossido di bario sul carbonato di calcio, che facendo “presa” funziona da nuovo legante. Le nanotecnologie consentono di impiegare materiali “classici” per quanto concerne la loro composizione chimica cui sono conferite proprietà chimico-fisiche e meccaniche nuove. Il restauro di affreschi — rappresenta un importante esempio dell’impatto che le nanotecnologie hanno nel restauro. Esso, infatti, richiede normalmente un intervento di Convento di San Marco, Firenze. rimozione di sostanze idrofobe e/o specie saline e un successivo Interventi di desolfatazione e consolidamento delle pitture intervento di consolidamento. Oggi è possibile impiegare formulazioni murali del Beato Angelico. Le immagini si riferiscono al pre nanostrutturate a base acquosa per la rimozione contestuale di (a) e post (b) intervento di materiale idrofobo (insolubile in acqua) e sali (solubili in acqua), nonché restauro, eseguito con il metodo Ferroni (detto anche nanoparticelle di idrossido di calcio, il legante originale in pittura murale, “del bario”) per il consolidamento dello strato pittorico. 10 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI La prima applicazione di microemulsioni o/w per la conservazione del patrimonio culturale è stata eseguita da Ferroni e Baglioni nel 1986, durante il restauro degli affreschi del XV secolo (da Masaccio, Masolino, e Lippi) nella Cappella Brancacci a Firenze. Nanoparticelle di dodecano (efficiente nella solubilizzazione della cera) stabilizzate in una soluzione acquosa di sodio dodecilsolfato (SDS) e 1-pentanolo. Nella formulazione, la presenza di un idrocarburo in forma di nano-gocce porta alla formazione di un’area interfasale centinaia di migliaia di volte più grande della stessa quantità di solvente bulk, aumentando notevolmente il potere pulente della formulazione. La fase acquosa agisce come una “barriera idrofilica” impedendo la rideposizione dello sporco idrofobico rimosso, permettendo l'utilizzo di questi sistemi in matrici idrofiliche come polpe di cellulosa o gel ritentivi, che assorbono lo sporco estratto e lo trattengono, favorendone così l’effettiva rimozione dalle superfici trattate. Le miscele di solventi, al contrario, dissolvono lo sporco trasportandolo più in profondità nelle matrici porose delle opere. Infine, l’utilizzo di una quantità ridotta di solvente permette di abbattere l’impatto eco-tossicologico del sistema pulente rispetto alle tradizionali miscele di solventi utilizzate nella pratica del restauro. 11 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI Dettagli delle pitture murali di Masaccio e Masolino nella Cappella Brancacci, Firenze. Il pannello in alto a destra mostra macchie di cera sotto la luce UV prima della pulizia. Il pannello inferiore a destra mostra la stessa zona dopo la pulizia con una microemulsione o/w sotto luce visibile. A sinistra è riportata l’intera scena dopo restauro [P. Baglioni, D. Chelazzi, R. Giorgi, G. Poggi, Langmuir (2013) 29, 5110]. 12 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI Consolidamento Nel 2008 è stato sviluppato un sistema modificato, che contiene sodio dodecilsolfato (SDS) , 1-pentanolo, carbonato di propilene (PC) e acetato di etile (EA), per la rimozione di un copolimero vinilico/acrilico dai dipinti murali Maya conservati nel sito archeologico di Mayapan (Yucatan, Messico) Questo sistema olio-in-acqua (chiamato “EAPC”) è risultato essere molto efficace nella rimozione di diversi tipi di polimeri. Infatti, accanto al sito di Mayapan, l’EAPC è stato testato con successo per la rimozione dei rivestimenti acrilici dai dipinti del sito di Cholula (Messico) e per la rimozione dei rivestimenti a base di silicone dalle decorazioni parietali della Grotta dell’Annunciazione a Nazareth, Israele 13 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI (Sinistra) Applicazione di una microemulsione o/w su dipinti murali nella grotta dell’Annunciazione a Nazareth (Israele). In alto, la superficie dei dipinti deturpata da strati di resine e adesivi polimerici applicati in precedenti interventi di restauro. In basso, la superficie pittorica recuperata dopo la pulitura. L’area tratteggiata mostra una porzione della superficie non pulita, lasciata come riferimento visivo (M. Baglioni, D. Berti et al., Langmuir, 2012, 28, 15193). (Destra) Sequenza che illustra il processo di dewetting osservato applicando fluidi nanostrutturati su film ottenuti da un copolimero acrilato in soluzione. Lo spessore del polimero è stato enfatizzato nel disegno per favorirne la chiarezza: (1) il film polimerico è esposto al fluido; (2) il film inizia a perdere adesione al substrato; (3) l’area delle regioni di distacco cresce; (4) raggiunta una dimensione critica, il film si rompe; (5) infine, il polimero si riorganizza nella forma di gocce globulari. Le gocce hanno un diametro significativamente maggiore dello spessore del film originale (M. Baglioni, C. Montis et al., Phys. Chem. Chem. Phys., 2017, 19, 23723) 14 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI Trattamenti di pulitura delle superfici (a) Rimozione di un nastro adesivo da un disegno del XVI secolo. Il dettaglio nel riquadro rosso mostra un idrogel (caricato con una microemulsione) ritagliato per ricalcare esattamente la forma del nastro, evitando il contatto con la superficie dell’opera; (b) dettaglio del disegno dopo la rimozione del nastro e dell’adesivo; l’intervento ha riportato alla luce l’iscrizione “di mano di Michelangelo”, probabilmente una falsa attribuzione che era stata occultata dal collezionista; (c) un disegno contemporaneo di Helen Philips dopo la rimozione del nastro adesivo. Il riquadro mostra il dettaglio del nastro prima dell’intervento (N. Bonelli, C. Montis et al., PNAS, 2018, 115(23) 5932) 15 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI Stratigrafia di un dipinto murale modello appartenente alla Efflorescenze sulla superficie dei dipinti murali nel sito di Ixcaquixtla tradizione classica. Lo strato più interno (arriccio) è disposto (Messico). L’immagine mostra la corrosione del carbonato di calcio direttamente sulla parete di pietra o mattoni. L’intonaco e le sollecitazioni meccaniche dovute alla cristallizzazione dei sali [D. viene applicato sull’arriccio per ottenere una superficie liscia Chelazzi, G. Poggi, Y. Jaidar, N. Toccafondi, R. Giorgi, P. Baglioni, J sulla quale l’artista dipinge. Lo strato pittorico è quello più Colloid Interf Sci (2013) 392, 42.]. esterno, il cui spessore è di circa 50-500 μm. 16 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI Dipinti murali trattati con Paraloid B72® (sito archeologico di Monte Alban, Messico). Le immagini evidenziano alterazione estetica della superficie (gloss), rottura e distacco dello strato dipinto [P. Baglioni, D. Chelazzi, R. Giorgi, In: “Nanotechnologies in the Conservation of Cultural Heritage A compendium of materials and techniques”, Springer (2015).]. 17 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI Consolidamento Porzione di dipinti murali di Andrea da Firenze (XIV secolo) nella Cappella Spagnola del Chiostro verde della chiesa di Santa Maria Novella (Firenze, Italia). (In alto) la polverizzazione e la desquamazione dello strato dipinto prima del restauro; (In Basso) la metà destra della porzione di pittura murale dopo preconsolidamento con una dispersione di microparticelle di Ca(OH)2 in 1-propanolo. [R. Giorgi, L. Dei, P. Baglioni, Stud Conserv (2000) 45, 154.]. 18 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI a) Pitture murali in un sito archeologico in Messico; b) zona con evidenti efflorescenze saline prima dell’intervento di desolfatazione e consolidamento; c) la stessa area dopo l’applicazione di ammonio carbonato e di dispersioni di nanoparticelle di idrossido di calcio con piccole percentuali di idrossido di bario (immagine riprodotta da P. Baglioni, D. Chelazzi et al., Langmuir, 2013, 29, 5110 19 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI Consolidamento superficiale a base di idrossido di calcio nanofasico disperso in alcool isopropilico. L’idrossido si trasforma in carbonato di calcio per azione dell’anidride carbonica atmosferica 20 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI Deacidificazione e protezione Lo sviluppo di dispersioni alcaline di idrossidi e/o carbonati costituisce un’importante area di ricerca che, a partire dagli anni 2000, ha prodotto risultati rilevanti per la conservazione di materiali di interesse storico artistico a base di cellulosa. I primi studi hanno riguardato gli idrossidi di calcio e di magnesio dispersi in mezzo alcolico e la loro validità nella neutralizzazione dell’acidità e nella formazione di una riserva alcalina su materiale cartaceo, archivistico e librario. La loro efficacia e la semplicità di applicazione hanno sin da subito aperto strade verso nuovi campi di applicazione. Un’importante ricerca ha riguardato, ad esempio, l’utilizzo di idrossido di calcio per la neutralizzazione dell’acidità di legno archeologico sommerso. Tale studio si è svolto nell’ambito del progetto di recupero della nave da guerra Vasa, conservata presso l’omonimo museo in Stoccolma (Svezia), rimasta per più di trecento anni sul fondale marino. L’insieme dei trattamenti chimici e fisici, eseguiti immediatamente dopo lo straordinario recupero dello scafo, hanno infatti purtroppo prodotto un effetto devastante all’interno del legno di rovere della nave, con la formazione stimata di circa 2 tonnellate di acido solforico. La ricerca ha prodotto risultati assai rilevanti che costituiscono la base per un possibile e più ampio studio di fattibilità di un intervento conservativo risolutivo per la stabilizzazione del processo di degrado. Un altro campo di applicazione ha riguardato l’impiego di tali formulazioni per la deacidificazione dei supporti in tela (principalmente lino, ma anche canapa e cotone) impiegati nelle tecniche pittoriche su cavalletto. Tali supporti vanno infatti incontro a progressivi processi di depolimerizzazione delle catene cellulosiche con grave rischio di strappi e lacerazioni della tela stessa, che peraltro è normalmente tensionata su un telaio e quindi sottoposta a continuo stress meccanico. 21 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI Deacidificazione Possibili interazioni tra gli ioni Ca2+ (proveniente dalle nanoparticelle di Ca(OH)2) e i gruppi carbossilati (-COO-) sulle catene di cellulosa, durante il trattamento di neutralizzazione. [P. Baglioni, D. Chelazzi, R. Giorgi, In: “Nanotechnologies in the Conservation of Cultural Heritage A compendium of materials and techniques”, Springer (2015).]. 22 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI Deacidificazione Confronto tra campioni di carta inchiostrata con metallo-gallici (Whatman) prima e dopo l’invecchiamento. (a sinistra) Un campione non trattato con nanoparticelle che non ha subito l’invecchiamento. (Centro) Un campione invecchiato senza alcun trattamento di stabilizzazione, in cui la perdita delle proprietà meccaniche della carta è evidente. (Destro) Un campione trattato con nanoparticelle di Mg(OH)2 e invecchiato: il campione ha conservato le proprietà meccaniche originali, come prima dell’invecchiamento [G. Poggi, R. Giorgi, N. Toccafondi, V. Katzur, P. Baglioni, Langmuir (2010) 26, 19084]. 23 ENRICO GRECO, PHD NANOMATERIALI PER I BENI CULTURALI 24 ENRICO GRECO, PHD

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