Lezione 7: Il rumore nella comunicazione - Facoltà di Giurisprudenza - PDF

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Università degli Studi eCampus

Marco Bascetta

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communication noise theory communication theory social science

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This document is a university lecture on communication, focusing on the concept of "noise" in communication. It discusses the different types of noise and ways communicators can reduce the presence of noise in communication. The document also offers a brief analysis of a published 2012 article.

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Lezione 7: Il rumore nella comunicazione Argomento La comunicazione può essere disturbata in molti modi, che riducono l’efficacia del messaggio. Le fonti di disturbo prendono il nome di «rumore». Ad esse è dedicata la presente lezione e le relative sessioni di studi...

Lezione 7: Il rumore nella comunicazione Argomento La comunicazione può essere disturbata in molti modi, che riducono l’efficacia del messaggio. Le fonti di disturbo prendono il nome di «rumore». Ad esse è dedicata la presente lezione e le relative sessioni di studio. Una utile lettura integrativa (facoltativa, non richiesta all’esame) è: G. Gili e F. Colombo, Comunicazione, Cultura, Società, La Scuola, Brescia, 2010, cap. 6. Il rumore nell’informazione Iniziamo la nostra analisi da un articolo pubblicato dal quotidiano online controlacrisi.org, a firma di Marco Bascetta, dal titolo «Il falso schema dei giornalisti e una vecchia copertina dell'Unità». L ’ articolo, pubblicato nel novembre 2012, commenta le reazioni dei giornalisti agli scontri tra studenti e polizia verificatesi nel corso delle manifestazioni del 14 novembre, giornata europea di mobilitazione contro le politiche di austerità, contro i tagli alla spesa pubblica decisi dai paesi dell’Unione Europea. L ’ autore lamenta come i giornalisti dei maggiori quotidiani nazionali commentino la manifestazione secondo schemi consolidati, «copioni» messi in scena ogni qualvolta si debba riferire di scontri avvenuti nel corso di una mobilitazione. Leggiamo insieme l’articolo. www.ilmanifesto.it LA STAMPA prigioniera di vecchi cliché non coglie la rabbia dei giovani che non si piegano alla miseria cui sono stati condannati Un irrefrenabile moto di nostalgia non può non colpire «i soliti cinquantenni, ultimi reduci di una stagione della quale solo loro sognano il revival», che negli incubi diurni del commentatore del Corriere della sera Marco Imarisio, costituirebbero la «guida spirituale» degli studenti che il 14 novembre si sono scontrati con la polizia in numerose città italiane. Non è il profumo della guerriglia a suscitarlo, ma il titolo di prima pagina de l'Unità di ieri: «I violenti contro lo sciopero». Il nostro orologio interiore gira freneticamente all'indietro fino al 1977, alla rievocazione dei Pecchioli e dei Trombadori, dei «teppisti rossi» e dei «diciannovisti», come furono chiamati i giovani antesignani della vita precaria che oggi ha investito l'intera società. Un vero peccato che l'Unità non disponga più di analisti di quel calibro. Del resto larga parte della stampa italiana si dedica alla stucchevole ripetizione di uno schema, inventando di sana pianta i tasselli mancanti. Chi farnetica di molotov fantasma, chi evoca lo spettro del blocco nero, chi sospetta l'infiltrazione dei nazisti greci di Alba dorata (La Stampa), chi inventa, ancora l'ineffabile Unità, un nuovo tipo antropologico: l'«Ultrà da strada» la cui missione nella vita non consiste in altro che nell'esercizio della violenza. Luca Telese, quello che sta «con gli ultimi e coi primi» (e dunque presumibilmente contro la gente normale) spiega tutto con «25 stronzi, malati delle battaglie urbane» che dispongono del potere immenso di scatenare l'inferno per emulazione e per reazione. Questi 25 stronzi si suppongono esistere, oltre che in diverse città italiane, anche ad Atene, Madrid, Bruxelles per citare solo i luoghi in cui si sono più distinti. Lo schema, senza varianti né evoluzioni, cui tutti si attengono è il seguente: c'è un vasto legittimo disagio che deve e può essere pacificamente espresso (recando il minor disagio possibile al traffico urbano) e ci sono dei professionisti della violenza nella doppia versione dei nostalgici ideologizzati e degli ultrà per vocazione che sguazzano in quest'acqua puntando allo tsunami. La ricetta «democratica» è allora reprimere duramente costoro senza travolgere i giovani di buona volontà che portano in piazza le proprie ragioni. È grosso modo la posizione espressa da Giannini su la Repubblica che, bontà sua, riconosce che le forze dell'ordine questa volta hanno esagerato. >>> 4 www.ilmanifesto.it >>> La ricetta però non funziona mai, come la giornata del 14 ha dovunque dimostrato, semplicemente perché lo schema che la sottende è falso. In primo luogo perché in questo scenario non esistono figure fisse, i comportamenti dei singoli e dei gruppi sono determinati dal contesto e dalla contingenza e spesso le componenti più radicali sono le meno organizzate e politicizzate, il che non toglie che possano esprimere sovente una propria forma di politicità. La polizia interpreta a suo modo il fenomeno della «società liquida» e della militanza intermittente, massacrando il ragazzino inerme che di lì a poco potrebbe trovarsi di fronte come antagonista, così come il «guerrigliero» che alla prossima occasione manifesterà in forma assolutamente pacifica. È una logica spietata, ma è una logica. La stessa che Francesco Cossiga espresse, con la consueta schiettezza, a proposito del suo operato di ministro degli interni. Ma della più efficace istigazione alla violenza siamo debitori ad Angela Merkel, la quale, commentando il 14 novembre, ha dichiarato che lo sciopero è un diritto, ma lei e l'Europa non cambieranno di una virgola la propria politica di austerità. Le ragioni dell'oligarchia non arretrano di un passo. Come devono accogliere queste parole milioni di persone stremate dalla crisi e da una sequenza infinita di mobilitazioni senza esito? Lo schema che vede nell'azione del blocco nero o di qualche altro malefico soggetto organizzato il motore delle violenze di piazza oscura ciò che in realtà sta accadendo e cioè che lo scontro sta assumendo i caratteri di una diffusa intifada (certamente meno sanguinosa e drammatica di quella palestinese) che coinvolge ragazzi giovani non inquadrati in nessuna tradizione e organizzazione, ma determinati a non piegarsi alla miseria cui sono stati condannati. Intifada che non si rivolta contro l'occupazione di una terra, ma contro l'occupazione delle vite presenti e future di più di una generazione. Chi non ci crede provveda ad arrestare i «25 stronzi» e vedremo se tutto finisce lì. 5 Il rumore nell’informazione L’articolo nel suo insieme, e in particolare le frasi che ho sottolineato, ci aiutano a capire in che cosa consiste il rumore nell ’ informazione giornalistica: in tutto ciò che si frappone tra il messaggio (ciò che gli studenti erano in piazza a fare, ovvero manifestare) e la sua ricezione (ciò che il lettore dei quotidiani apprende, ovvero che le manifestazioni sono da ricordare soprattutto per le violenze di cui sono state teatro). Non solo l’informazione giornalistica, ma tutti i processi comunicativi, siano essi interpersonali o mediali, verbali o non verbali, possono essere (e sono quotidianamente) disturbati da qualche forma di interferenza. Il concetto di «rumore» Il termine «rumore» viene introdotto da Shannon e Weaver, che abbiamo già studiato come padri di uno dei primi modelli lineari della comunicazione, per indicare i fattori e le condizioni che interferiscono sulla trasmissione dei messaggi e pregiudicano il «successo» della comunicazione. Nel loro modello matematico della comunicazione, «rumore» ha un significato eminentemente «fisico» di fattore che impedisce al messaggio inviato di ricevere il destinatario. Il rumore può essere analizzato secondo due prospettive: 1) il rumore come accidente o incidente 2) il rumore come condizione permanente della comunicazione Il concetto di «rumore» La prima prospettiva vede nel rumore un accidente o incidente, cioè un evento spiacevole e indesiderato che può essere contrastato, contenuto, limitato o, al contrario, provocato e alimentato consapevolmente. La comunicazione è dunque un atto che normalmente va a buon fine e solo accidentalmente fallisce per la presenza di elementi di disturbo. La seconda prospettiva è la più interessante in prospettiva sociologica, perché riconosce nel rumore una condizione permanente e ineliminabile della comunicazione. Lo possiamo intuire prima ancora di affrontare i diversi tipi di rumore, oggetto delle prossime slide: la fruizione di questa lezione, che costituisce il messaggio che il docente e l ’ università indirizzano agli studenti, può incontrare difficoltà nel suo percorso se il computer dello studente si spegne all’improvviso, se il server di e-Campus non funziona; oppure può risultare incomprensibile se il docente dà per scontate delle conoscenze che lo studente non possiede. Lezione 7/S1 (Sessione di studio 1) Tipi di rumore e incomprensioni intenzionali Tipi di rumore Nelle prossime slide analizzeremo quattro categorie di rumori: 1. Fisici 2. Semantici 3. Referenziali 4. Relazionali 1. Rumori fisici I rumori fisici riguardano e colpiscono il canale, il mezzo fisico-ambientale che consente materialmente la comunicazione. I rumori fisici possono interessare: - l’ambiente in cui avviene la comunicazione (es. un luogo affollato, una sala con cattiva acustica); - i canali sensoriali con cui percepiamo gli stimoli ambientali e comunicativi (es. la miopia, la sordità); - le tecnologie comunicative e i media attraverso i quali estendiamo e potenziamo le nostre facoltà fisiche e sensoriali (es. un cellulare senza campo, il segnale tv disturbato). 2. Rumori semantici I rumori semantici riguardano i significati prodotti e recepiti dagli interlocutori. Si verificano quando un ’ incomprensione disturba la comprensione dell’atto comunicativo. Riguardano: - la costruzione del messaggio e la sua interpretazione; - le caratteristiche dei codici e la loro conoscenza da parte dei soggetti; - la chiarezza e la condivisione degli scopi e delle norme; - il contesto interattivo (micro-contesto) e socio-culturale (macro-contesto). 2. Rumori semantici I rumori semantici possono verificarsi in ogni passaggio dell ’ atto comunicativo: Nell’emittente: ciò che comunichiamo non corrisponde a ciò che vogliamo comunicare. Nel messaggio, formulato in modo non chiaro e veritiero: incompleto o ridondante; falso; poco rilevante o pertinente; confuso o poco efficace. Nei codici, complessi e dotati di logiche proprie. Nei destinatari, che attivano processi di decodifica del messaggio non in linea con le intenzioni dell’emittente. Nel contesto, quando i soggetti agenti non possiedono i riferimenti conoscitivi e culturali che consentirebbero loro di comprendere la comunicazione, soprattutto nei suoi aspetti impliciti e dati per scontati. 2. Rumori semantici Una ulteriore fonte di fraintendimento sono le confusioni di frame (termine che abbiamo già incontrato e che indica la «cornice» della situazione entro cui si svolge l ’ atto comunicativo). L ’ errata applicazione del frame o le sovrapposizioni di frame diversi da parte dei partecipanti generano incomprensioni. Come esempio, considerate la seguente immagine. Osservatela attentamente per qualche secondo prima di passare alla slide successiva. http://www.sportmediaset.mediaset.it 2. Rumori semantici L ’ uomo nella foto è il portiere di una squadra di calcio. Che cosa sta facendo esattamente? Può sembrare un segnale per i compagni o gli avversari, se riconosco il frame della partita di calcio (se cioè sono un tifoso o un conoscitore del calcio e ne conosco le regole). Oppure può sembrare un saluto o una richiesta di aiuto, se non conosco il frame (se cioè sono totalmente estraneo al calcio, tanto da non aver nemmeno capito che questo è un portiere). Inoltre mi mancano molte informazioni sul contesto, che non posso desumere dalla fotografia. Chi c’è intorno al portiere? Che cosa accade? È un segnale per la tifoseria, per placarla o incitarla? È un gesto di esultanza a fronte del gol segnato dalla sua squadra nella porta avversaria? È un gesto per richiamare l’arbitro o i soccorritori perché c’è un fumogeno in campo? 2. Rumori semantici Le domande sull ’ immagine del portiere potrebbero proseguire, ma fermiamoci per cogliere il punto principale: l’emittente ha una intenzione comunicativa, un messaggio da trasmettere, affidato a un comportamento non verbale dai significati molteplici, da interpretare dentro il codice del comportamento calcistico, recepito da destinatari diversi (i compagni, l’arbitro, i tifosi, gli spettatori) in modi potenzialmente diversi e strettamente dipendente dal contesto. Torniamo all’articolo di Marco Bascetta che ha aperto la lezione 7. L’autore non si sta forse lamentando del fatto che molti giornalisti hanno osservato solo una porzione del fatto che commentano (la manifestazione) - così come noi abbiamo osservato solo un fotogramma (peraltro parziale) di una situazione più complessa dentro un campo di calcio e dentro un stadio - e che ciò nonostante si siano ritenuti titolati a dare un ’ interpretazione del fenomeno? 3. Rumori referenziali I rumori referenziali sono quelli che riguardano la presentazione e la comprensione del contenuto (il «che cosa») della comunicazione, gli errori e le distorsioni nella trasmissione e ricezione delle notizie e delle informazioni. L ’ aspetto di contenuto, come abbiamo visto, riguarda lo scambio di informazioni tra gli interlocutori su un oggetto o «referente» esistente nel mondo reale o in qualche mondo possibile, che coinvolge il rapporto tra veicolo segnico o significante, significato e referente. 4. Rumori relazionali I rumori relazionali riguardano la presentazione di sé e la definizione della situazione tra coloro che comunicano; ad es. la violazione delle regole di cortesia linguistica (quando un individuo si comporta in modo tale da mettere a disagio il suo interlocutore, cerca di creargli difficoltà, non gli lascia alternative mettendolo nelle condizioni di «perdere la faccia», lo delegittima). Incomprensioni intenzionali Il rumore può essere inatteso oppure intenzionale; nel secondo caso, assume le forme del conflitto (A) o dell’inganno (B). (A) Esempi di conflitto: scontri verbali espliciti (insulti, ingiurie, offese, espressioni di sfida o di scherno, turpiloqui); conflitto dissimulato (allusioni, elusioni, ambiguità strategiche, generalizzazioni, pretestuosità, formalismi e gelide cortesie in funzione conflittuale); altre forme di comunicazione violenta (minaccia, intimidazione, insinuazione, diffamazione, calunnia); disconferma (negare all’interlocutore un’adeguata risposta o attenzione); sottomissione (ammutolimento di un interlocutore). Incomprensioni intenzionali Il rumore può essere inatteso oppure intenzionale; nel secondo caso, assume le forme del conflitto (A) o dell’inganno (B). (A) Esempi di inganno: identità di chi comunica: es. ruoli in incognito di Goffman (l’informatore, la spia, il traditore, il compare, la claque, l’agente in borghese; cfr. unità didattica 7), truffatori, agenti sotto copertura, etnografi in osservazione dissimulata; menzogna: distorsione deliberata dei messaggi che risulta dalla falsificazione o omissione di informazioni da parte di un emittente con l ’ intento di stimolare nel ricevente un’idea o una credenza a cui l’emittente stesso non crede; manipolazione di frame: complotti o macchinazioni; strategie con cui gli individui cercano di produrre intenzionalmente una confusione di frame, cioè fabbricare false cornici o sfruttare abilmente la loro ambiguità per confondere e ingannare gli interlocutori (es. il duello tra Amleto e Laerte, presentato al primo come gara di abilità, mentre per il secondo è occasione di vendetta; l ’ ambiguità di genere nei media, quando presentano come informazioni messaggi politici o commerciali). Incomprensioni intenzionali Rispetto all’ultimo punto, un altro esempio interessante di manipolazione di frame è quella operata dalla pubblicità. Si pensi a tutti quegli spot che presentano un bene o servizio come uno strumento per la costruzione della nostra identità, dissimulando così l ’ intenzione commerciale del produttore: «Hai il totale controllo della tua vita, ma sei ancora capace di perderti?», recita uno spot Bmw che, così facendo, ci vende non una semplice auto, ma l’idea stessa di libertà. Non è forse una manipolazione del nostro frame cognitivo? https://www.youtube.com/watch?v=Xs12tlD0LZk&index=6&list=PLAE2B930878DC191 2) Lezione 7/S2 (Sessione di studio 2) Le strategie per contrastare il rumore e i benefici del rumore Strategie per contrastare il rumore Se il rumore è inevitabile, esiste tuttavia la possibilità di contrastarlo o attenuarlo? La risposta, fortunatamente per chi comunica (cioè tutti noi), è positiva. Analizziamo ora le tre principali strategie di resistenza al rumore: 1) Ridondanza 2) Metacomunicazione 3) Feedback 1. Ridondanza Con «ridondanza» indichiamo un eccesso di comunicazione, quale si manifesta nelle seguente forme: - Ripetizione, ad es. nella comunicazione persuasiva (tipicamente pubblicitaria: si pensi al numero di spot identici cui assistiamo durante una serata davanti alla tv). - Reiterazione, vale a dire una ripetizione che introduce delle variazioni che si ritiene possano essere più chiare o esplicative, come l’uso di sinonimi o perifrasi. Ad esempio, nel discorso cattedratico dei docenti, l ’ abitudine di dare una definizione di un concetto, ripetendolo più avanti in altra forma. - Gesti illustratori, cioè i gesti con cui accompagniamo la comunicazione verbale allo scopo di rafforzarne il significato, come quando «disegniamo» delle virgolette in aria con l’indice e il medio per sottolineare che ciò che stiamo dicendo è come se fosse «tra virgolette», «per così dire». Anche la ridondanza può trasformarsi in rumore, poiché l ’ abbondanza di elementi superflui appesantisce la comunicazione. 2. Metacomunicazione Sappiamo dalle lezioni precedenti che la metacomunicazione è una «comunicazione sulla comunicazione», un meta-messaggio che segnala in qual modo il messaggio di base deve essere inteso. Gli individui usano la metacomunicazione sia nel contenuto (il docente che afferma: «attenzione, questo concetto è importante!») sia nella relazione (un amico che ci avvisa: «guarda che non sto scherzando!», per manifestare le vere intenzioni del suo atto comunicativo). La metacomunicazione si esprime attraverso il codice linguistico o i comportamenti non verbali. Si trasforma in rumore quando il messaggio di base (verbale) ed il meta- messaggio (non verbale) appaiono incoerenti e l ’ uno contraddice l ’ altro, come quando un genitore che trema di fronte a un pericolo invita il figlio a non aver paura. 3. Feedback Il feedback è un meccanismo di monitoraggio e di controllo della comunicazione da parte dell ’ emittente per rendersi conto se il suo messaggio è stato ricevuto, capito/non capito, accettato/rifiutato. Il feedback può essere: - immediato, nell’interazione faccia a faccia (es. lo studente risponde a una domanda dell ’ esame e si accorge subito, guardando l ’ espressione del docente, se la sua risposta è corretta); - asincrono, nelle lettere e nelle altre forme di comunicazione asincrona (mail, sms, chat etc.). I feedback consentono di attuare strategie di recupero, di riparazione e di protezione nell’interazione comunicativa. I benefici del rumore Il rumore è solo un ostacolo alla comunicazione o può rappresentare anche un’opportunità per i partecipanti all’atto comunicativo? Rispondiamo con le parole di Umberto Eco: «Un messaggio totalmente ambiguo appare come estremamente informativo, perché mi dispone a numerose scelte interpretative, ma può confinare col rumore; può cioè ridursi a puro disordine. Un ’ ambiguità produttiva è quella che risveglia la mia attenzione e mi sollecita a uno sforzo interpretativo, ma poi mi consente di trovare delle direzioni di decodifica, di trovare anzi in quell’apparente disordine come non-ovvietà un ordine ben più calibrato di quello che presiede ai messaggi ridondanti». I benefici del rumore Il non detto, l ’ implicito e il sottinteso, quindi l ’ incompletezza, la rare- fazione, la bassa definizione, l’ambiguità, la polisemia del messaggio o del testo (che Shannon e Weaver interpreterebbero come scarso rendimento informativo), non costituiscono dunque solo un limite, ma anche una ricchezza: stimolano e richiedono la produttività e la cooperazione interpretativa del ricevente. In realtà il ricevente nell ’ atto di ricezione/interpretazione è sempre co-autore del messaggio o del testo letterario, iconico, audiovisivo. I benefici del rumore A questo proposito McLuhan ha distinto i media caldi dai media freddi. I media «caldi» o ad alta definizione apportano dei messaggi completi, compatti, «colmi di dati» che perciò si impongono al ricevente e respingono la sua partecipazione. La forma calda «esclude» perché inibisce creatività e coinvolgimento. I media «freddi» o a bassa definizione implicano invece un alto grado di coinvolgimento da parte del pubblico. La forma fredda «include» in quanto richiede un contributo di immaginazione e di costruzione del significato da parte del fruitore per completare la trama più rarefatta e aperta del messaggio. I benefici del rumore Il rumore, più o meno consapevolmente prodotto da parte del ricevente, può anche essere una forma di resistenza, cioè di refrattarietà all’influenza. Nelle relazioni interpersonali asimmetriche (dove cioè un interlocutore ha maggior potere di un altro) l ’ inferiore può rifiutare la definizione della situazione comunicativa adottando varie strategie di «insubordinazione» esplicita o di resistenza strisciante come il divagare, l’omettere, il prendere tempo, l’esprimersi ambiguamente. Nella comunicazione di massa, molti studi hanno mostrato che il potere di influenza dei media (e della televisione in particolare) è limitato dalla capacità critica, da letture negoziate, divergenti o esplicitamente oppositive da parte dei riceventi quando questi realizzano che la comunicazione non corrisponde ai propri valori e modelli culturali e la avvertono come estranea, irrispettosa o prevaricatrice. Corso di Laurea: #corso# Insegnamento: Sociologia della Comunicazione e dell’Informazione Lezione n°: 7 Titolo: #titolo# Attività n°: #attività# Lezione 7/S3 (Sessione di studio 3) La teoria dell’interazione di G.B. Thompson Corso di Laurea: #corso# Insegnamento: Sociologia della Comunicazione e dell’Informazione Lezione n°: 7 Titolo: #titolo# Attività n°: #attività# Argomento In questa lezione affronteremo la teoria dell’interazione elaborata da G.B. Thompson, sociologo britannico che ha studiato l’influenza dei media nelle società moderne. L’argomento può essere approfondito sul testo: J.B. Thompson, Mezzi di comunicazione e modernità. Una teoria sociale dei media, il Mulino, Bologna, 1995 (testo facoltativo, non richiesto all’esame). Corso di Laurea: #corso# Insegnamento: Sociologia della Comunicazione e dell’Informazione Lezione n°: 7 Titolo: #titolo# Attività n°: #attività# Una teoria sociale dei media «L’uso dei mezzi di comunicazione trasforma radicalmente l’organizzazione spazio-temporale della vita sociale, creando nuove forme di azione e interazione e nuovi modi di esercitare il potere, forme e modi per la prima volta indipendenti dalla condivisione di un medesimo ambiente» (J.B. Thompson, 1995, p. 13) Corso di Laurea: #corso# Insegnamento: Sociologia della Comunicazione e dell’Informazione Lezione n°: 7 Titolo: #titolo# Attività n°: #attività# La teoria dell’interazione Thompson ha elaborato una teoria interazionale dei media, analizzando i mezzi di comunicazione in relazione alle forme d’interazione che essi rendono possibili. La sua tesi implica che i media non sono semplici dispositivi tecnici, ma forme di relazione che creano e modificano i rapporti tra gli individui. Thompson distingue tre tipi di interazione: (1) interazione diretta, (2) interazione mediata e (3) quasi-interazione mediata. Corso di Laurea: #corso# Insegnamento: Sociologia della Comunicazione e dell’Informazione Lezione n°: 7 Titolo: #titolo# Attività n°: #attività# (1) L’interazione diretta (faccia a faccia) Quando si ha compresenza spazio-temporale dei partecipanti all’interazione siamo di fronte a un’interazione diretta. Tale interazione ha una natura dialogica e bidirezionale: i partecipanti si scambiano messaggi e sviluppano un dialogo. Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione crea varie forme di interazione mediata che differiscono dall’interazione diretta. Nella prospettiva di Thompson, il teatro è una forma di interazione diretta tra spettatori e attori, mentre il cinema è una forma di quasi- interazione mediata (si vedano le slide seguenti). Corso di Laurea: #corso# Insegnamento: Sociologia della Comunicazione e dell’Informazione Lezione n°: 7 Titolo: #titolo# Attività n°: #attività# (2) L’interazione mediata: Quando l’interazione si estende nello spazio e può estendersi o comprimersi nel tempo, siamo di fronte a un’interazione mediata. In questo caso: -produttori e destinatari dei messaggi sono generalmente separati nello spazio; -produttori e destinatari possono essere separati o simultanei nel tempo. Alcuni esempi: nella scrittura epistolare e nelle conversazioni telefoniche un mezzo tecnico (lettera o telefono) permette di trasmettere contenuti a persone lontane nello spazio e/o nel tempo. Corso di Laurea: #corso# Insegnamento: Sociologia della Comunicazione e dell’Informazione Lezione n°: 7 Titolo: #titolo# Attività n°: #attività# (3) La quasi-interazione mediata: La quasi-interazione mediata creata dalla produzione e ricezione di materiali quali libri, giornali, programmi radiofonici e tv, film, video, musica. Come l’interazione mediata, implica un’estensione dell’interazione nello spazio e nel tempo. Diversamente dall’interazione mediata, è relativamente indeterminata: i contenuti vengono prodotti per destinatari potenziali (non sappiamo con certezza chi comprerà un certo libro o vedrà un certo programma tv). Diversamente dall’interazione mediata, non ha carattere dialogico: il flusso di messaggi è unidirezionale. Corso di Laurea: #corso# Insegnamento: Sociologia della Comunicazione e dell’Informazione Lezione n°: 7 Titolo: #titolo# Attività n°: #attività# La teoria di Thompson è ancora valida? I social media mettono in discussione la validità della teoria di Thompson: gli strumenti del cosiddetto ‘web 2.0’ hanno caratteristiche in parte riferibili all’interazione mediata e alla quasi-interazione mediata (estensione spazio- temporale), in parte recuperano la natura dialogica e bidirezionale dell’interazione diretta. Corso di Laurea: #corso# Insegnamento: Sociologia della Comunicazione e dell’Informazione Lezione n°: 7 Titolo: #titolo# Attività n°: #attività# Riepilogo Interaz. diretta Interaz. mediata Quasi-interaz. mediata Compresenza spazio- Estensione spazio- Estensione spazio- temporale dei temporale temporale partecipanti Non dialogica né Dialogica e bidirezionale Dialogica e bidirezionale bidirezionale Determinata (i Determinata (i destinatari Indeterminata (i destinatari sono noti) sono noti) destinatari non sono noti) Nelle sessioni di studio 8/S1 e 8/S2 troverete due estratti dal cap. 3 del libro di Thompson, che vi consiglio di leggere solo dopo un attento studio di questa lezione.

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