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RISCHIO BIOLOGICO Il rischio biologico Per rischio biologico si intende la probabilità che un individuo entri in contatto con materiale biologico potenzialmente contaminato. Gli agenti biologici possono essere presenti in tutti gli ambienti di vita e lavoro. In base all’ambiente cambiano gli age...
RISCHIO BIOLOGICO Il rischio biologico Per rischio biologico si intende la probabilità che un individuo entri in contatto con materiale biologico potenzialmente contaminato. Gli agenti biologici possono essere presenti in tutti gli ambienti di vita e lavoro. In base all’ambiente cambiano gli agenti biologici, la loro concentrazione e le modalità di esposizione. Il rischio biologico USO DELIBERATO ESPOSIZIONE POTENZIALE Quando gli agenti biologici sono La presenza di agenti biologici ha intenzionalmente introdotti nel ciclo un carattere di fenomeno lavorativo per sfruttarne le indesiderato, ma inevitabile, del proprietà biologiche a qualsiasi lavoro. titolo. La normativa di riferimento per il rischio biologico D.Lgs. 81/08 - Testo Unico sulla sicurezza La normativa di riferimento per il rischio biologico Definizioni Il Titolo X del D.Lgs. 81/08 all’art. 267 definisce: Agente biologico … qualsiasi microrganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni. Microrganismo … qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico. Coltura cellulare … il risultato della crescita in vitro di cellule derivate da organismi pluricellulari. Agenti biologici Gli agenti biologici sono pertanto: Proprietà degli agenti biologici La classificazione degli agenti biologici viene effettuata sulla base della loro pericolosità per l’uomo. Le proprietà di un agente biologico che caratterizzano la sua pericolosità sono: Infettività: capacità dell’agente biologico di penetrare e moltiplicarsi in un organismo. Patogenicità: possibilità di produrre malattia a seguito di infezione e la gravità della stessa. Trasmissibilità: capacità di un microrganismo di essere trasmesso da un soggetto infetto a uno suscettibile. Neutralizzabilità: disponibilità di efficaci misure profilattiche per prevenire la malattia o terapeutiche per la sua cura (disinfettanti, farmaci, vaccini). Proprietà degli agenti biologici Infettività La capacità infettante è una grandezza misurabile attraverso il calcolo della Dose Infettante 50 (DI50): numero di microrganismi necessari per causare un’infezione rilevabile nel 50% degli animali sottoposti a contagio sperimentale. La Dose Minima Infettante (MDI) è la dose sotto la quale il contagio non produce infezione, ovvero comparsa di malattia. A fini preventivi, nell’esposizione ad agenti biologici, viene adottata una ipotesi conservativa (principio di precauzione) secondo la quale si ritiene che per molti microrganismi non esista una soglia di infettività (i.e. basta la contaminazione con un solo microrganismo per produrre l’infezione). Al momento attuale, in Italia l’esposizione agli agenti biologici sul lavoro non è soggetta a soglie. Classificazione degli agenti biologici Il Titolo X del D.Lgs. 81/08 all’art. 268 classifica gli agenti biologici in base alla loro pericolosità in 4 gruppi: Classificazione degli agenti biologici Classificazione degli agenti biologici L’elenco degli agenti biologici classificati è riportato nell’ allegato XLVI del D.Lgs. 81/08 L’elenco contiene indicazioni che individuano gli agenti biologici che possono provocare reazioni allergiche o tossiche, quelli per i quali è disponibile un vaccino efficace e quelli per i quali è opportuno conservare per almeno dieci anni l’elenco dei lavoratori i quali hanno operato in attività con rischio di esposizione a tali agenti. Tali indicazioni sono: A: possibili effetti allergici; D: l’elenco dei lavoratori che hanno operato con detti agenti dove essere conservato per almeno dieci anni dalla cessazione dell’ultima attività comportante rischio di esposizione; T: produzione di tossine; V: vaccino efficace disponibile Classificazione degli agenti biologici Classificazione degli agenti biologici Organismi geneticamente modificati La manipolazione degli organismi geneticamente modificati (MOGM) è regolamentata dal D. Lgs. n. 206 del 2001 ed è consentita solo nei locali autorizzati dal Ministero della salute sulla base della prevista notifica di impiego e di impianto. Il decreto fornisce le seguenti definizioni al fine di riconoscere la attività che ricadono in tale ambito di applicazione: Microrganismo geneticamente modificato (MOGM): un microrganismo il cui materiale genetico è stato modificato in un modo che non avviene in natura per incrocio e/o ricombinazione naturale; Impiego confinato: ogni attività nella quale i microrganismi vengono modificati geneticamente o nella quale tali MOGM vengono messi in coltura, conservati, utilizzati, trasportati, distrutti, smaltiti o altrimenti utilizzati e per la quale vengono usate misure specifiche di contenimento, al fine di limitare il contatto degli stessi con la popolazione o con l’ambiente. Modalità di trasmissione Le modalità di trasmissione di suddividono in due categorie: Contatto diretto Trasmissione dell’agente microbico da un soggetto infetto o portatore ad un soggetto suscettibile attraverso contatto con la pelle o le mucose. La trasmissione diretta è caratteristica dei microrganismi che non sono in grado di resistere a lungo al di fuori del serbatoio d’infezione. Contatto indiretto Trasmissione attraverso l’ambiente, anche a distanza di tempo e luogo tra la sorgente di infezione e il soggetto suscettibile. E’ mediata da mezzi inanimati (VEICOLI) o esseri animati (VETTORI). Modalità di trasmissione Contatto indiretto I veicoli sono rappresentati da tutti i substrati inanimati (aria, acqua, alimenti, materiali biologici, polvere, indumenti, cibo, rifiuti, superfici e attrezzature) che, se contaminati con microbi patogeni espulsi dalla sorgente, ne attuano il trasporto fino a soggetti suscettibili Modalità di trasmissione Contatto indiretto I vettori sono organismi animati (insetti, roditori, ecc) che dopo aver assunto i microrganismi dalla sorgente, li disseminano nell’ambiente esterno o li inoculano direttamente in un organismo vivente. Vie di trasmissione Le più frequenti vie di trasmissione sono rappresentate da: 1) Via parenterale: inoculazione di materiale infetto attraverso la cute o attraverso una ferita (es. punture accidentali, morsi o graffi di animali) 2) Ingestione di materiale infetto (es. tramite mani, alimenti, bevande, sigarette, schizzi accidentali) 3) Inalazione (es. formazione di aerosol conseguente all'apertura di contenitori, di provette e capsule Petri, all'impiego di agitatori, siringhe, centrifughe) 4) Contaminazione di cute e mucose (per schizzi e spargimenti per contatto con superfici, oggetti) Obblighi del datore di lavoro Documento di valutazione del rischio (DVR) Art. 271 D.Lgs. 81/08 «Valutazione del rischio» Obbligo preliminare del Datore di Lavoro è la valutazione del rischio da agenti biologici…… Il documento di valutazione del rischio (DVR) deve contenere i seguenti dati: le fasi del procedimento lavorativo e le aree di lavoro a rischio biologico; l’identificazione degli agenti biologici il numero dei lavoratori addetti alle fasi; le generalità del RSPP (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione; i metodi e le procedure lavorative adottate, nonché le misure preventive e protettive applicate; il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico. Il rischio biologico in laboratorio LABORATORIO BIOLOGICO Laboratorio dove le attività lavorative possono comportare esposizione ad agenti biologici o a materiali biologici potenzialmente infettanti Il rischio di un laboratorio biologico è correlato a: classe dell’agente biologico tipologia di attività svolta A seconda del rischio è necessario adottare diversi livelli di procedure di sicurezza diversi livelli di contenimento Misure di contenimento Il termine contenimento indica le misure di sicurezza per l’utilizzo, la manipolazione e la conservazione degli agenti biologici atte ad eliminare o ridurre il rischio di esposizione per il lavoratore e di propagazione nell’ambiente. Si possono distinguere due tipologie di contenimento: Primario: misure necessarie ad evitare l’esposizione del lavoratore, e dell’ambiente del laboratorio. Costituiscono una barriera tra l’agente infettivo e l’operatore. Sono la prima linea di difesa quando si lavora con agenti infettivi o si è a rischio di esposizione. Secondario: misure necessarie a proteggere l’ambiente esterno al laboratorio. Combinazione della progettazione del laboratorio e delle procedure operative (es smaltimento rifiuti). Misure di contenimento Il rischio biologico in laboratorio Art. 267 D.Lgs. 81/08 «Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari» 1. Nei laboratori comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4 a fini di ricerca, didattici o diagnostici, e nei locali destinati ad animali da laboratorio deliberatamente contaminati con tali agenti, il datore di lavoro adotta idonee misure di contenimento in conformità all'allegato XLVII. 2. Il datore di lavoro assicura che l'uso di agenti biologici sia eseguito: a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 2; b) in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 3; c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 4 Misure di contenimento Allegato XLVII del D.Lgs. 81/08 «Specifiche sulle misure di contenimento e sui livelli di contenimento» Misure di contenimento Allegato XLVII del D.Lgs. 81/08 «Specifiche sulle misure di contenimento e sui livelli di contenimento» Classificazione dei laboratori I laboratori biologici sono classificati in 4 livelli ai fini della biosicurezza. L’assegnazione di un dato livello di biosicurezza (Biosafety level, BSL) per le attività di laboratorio con uno specifico microrganismo deve derivare dalla valutazione del rischio, piuttosto che essere fatta automaticamente in base al solo gruppo di rischio cui l’agente patogeno appartiene. L’assegnazione del livello di biosicurezza tiene conto quindi delle caratteristiche strutturali del laboratorio, dei sistemi impiantistici di ventilazione, delle attrezzature disponibili, delle attività svolte e delle procedure operative ritenute necessarie per lavorare con agenti appartenenti ai vari gruppi di rischio. In ambito normativo, con analogo principio, seppure con nomenclatura differente, sono definiti i livelli di contenimento. I criteri per il raggiungimento dei requisiti corrispondenti ai livelli di contenimento 1, 2, 3 e 4 sono indicati nella Direttiva 2000/54/CE e recepiti in ambito nazionale nell’Allegato XLVII al D.lgs. 81/08. Classificazione dei laboratori Il rischio biologico in laboratorio Classificazione dei laboratori Laboratorio di base ‐ Livello di biosicurezza 1 Manipolazione di agenti biologici che non comportano rischio per il personale e la comunità (classe 1) La sicurezza è garantita dall’applicazione delle misure di buona pratica di laboratorio Attrezzature di sicurezza: nessuna ‐ si lavora su normali banconi Il laboratorio non è necessariamente separato dagli ambienti di uso comune nell'edificio Classificazione dei laboratori Laboratorio di base ‐ Livello di biosicurezza 2 Manipolazione di agenti biologici a rischio moderato per il personale e la comunità (classe 2) Buona pratica di laboratorio, indumenti protettivi, simbolo di rischio biologico sulla porta, accesso controllato Il personale di laboratorio ha una formazione specifica nella gestione di agenti patogeni Attrezzature di sicurezza: cappa di sicurezza biologica di classe I o II per manipolazioni a rischio di produrre aerosol Applicabile ai laboratori clinici, diagnostici, didattici e di ricerca Classificazione dei laboratori Laboratorio di contenimento ‐ Livello di biosicurezza 3 Manipolazione di agenti biologici in grado di causare patologie serie o potenzialmente letali dopo l'inalazione, ma per le quali esistono cure quali Mycobacterium tuberculosis, SARS-CoV2, virus della febbre gialla. Indumenti speciali, accesso controllato Attrezzature di sicurezza: cappa di sicurezza biologica classe II o III, aria filtrata sia in ingresso che in uscita, sistema di ventilazione che crei pressione negativa rispetto alle aree circostanti e scarichi l’aria direttamente all’esterno. Il personale di laboratorio ha un addestramento specifico Applicabile a laboratori per diagnosi speciale Classificazione dei laboratori Laboratorio di massimo contenimento Livello di biosicurezza 4 Manipolazione di agenti pericolosi ed esotici che presentano un elevato rischio di trasmissione di infezioni in laboratorio per via aerea e che causano malattie mortali in esseri umani per le quali non sono disponibili vaccini o altri trattamenti, come ad esempio le febbri emorragiche boliviane e argentine, Marburg virus, virus Ebola, Virus Lassa, febbre emorragica Congo-Crimea. Attrezzature di sicurezza: Cappa di sicurezza biologica classe III, autoclavi a doppia apertura, aria filtrata in ingresso ed in uscita, tuta personale a pressione positiva, sistema di trattamento autonomo di sterilizzazione prima dello scarico finale per tutti i liquidi di scarico. L'entrata e l'uscita prevedono docce, una camera a vuoto, una camera con luce ultravioletta. Varchi di accesso a tenuta stagna e sigillabili, protetti elettronicamente per evitare che entrambe le porte vengano aperte contemporaneamente. Classificazione dei laboratori Buone pratiche di laboratorio La maggior parte delle contaminazioni con agenti infettivi che si verificano in laboratorio è la conseguenza di un errore umano. Per eliminare o limitare il rischio di contaminazione è possibile adottare una serie di norme igieniche ed operative (“Buone Pratiche di Laboratorio”) che tengono in considerazione ogni aspetto del lavoro, dall’organizzazione del laboratorio alle condizioni in cui questo viene pianificato e il comportamento che ciascun operatore deve adottare durante le attività. Buone pratiche di laboratorio Proibito fumare, mangiare, bere e tenere cibo o tabacco in tutte le zone dove sono tenuti o maneggiati materiali biologici. Non toccare con i guanti in uso gli oggetti che non fanno parte della procedura che si sta eseguendo (computer, telefoni, interruttori, ecc.). Usare i dispositivi di protezione individuale D.P.I (camici, guanti, protezioni di occhi e faccia, protezioni dell’apparato respiratorio) Buone pratiche di laboratorio Rispettare le norme igieniche, lavarsi le mani frequentemente anche con disinfettante e ogni qual volta ci si contamini o immediatamente dopo aver rimosso i guanti. E’ vietato re‐incappucciare gli aghi: è necessario riporli direttamente negli appositi contenitori. Non pipettare con la bocca, usare solo pipettatrici meccaniche Buone pratiche di laboratorio Le procedure che hanno una elevata probabilità di creare aerosol (mescolare, scuotere, pipettare, ecc) devono essere effettuate sotto cappa di sicurezza biologica. Non tenere nelle tasche del camice forbici, spatole di acciaio, provette di vetro o materiale tagliente. Il materiale che utilizzato in laboratorio (compreso penne, matite, forbici ecc ) non deve essere portato altrove. Gli indumenti da lavoro non devono essere indossati in aree diverse da quella dei laboratori, quali uffici, studi, etc. Gli indumenti protettivi che sono stati utilizzati nel laboratorio non devono essere conservati negli stessi armadietti o mobiletti usati per gli indumenti personali. Non toccare le maniglie delle porte ed altri oggetti del laboratorio con i guanti da lavoro. Decontaminare le superfici di lavoro e gli strumenti ogni giorno. Dispositivi di protezione Dispositivi di protezione Dispositivi di protezione collettiva (DPC) Dispositivi che intervengono direttamente sulla fonte inquinante riducendo o eliminando il rischio di esposizione del lavoratore e la contaminazione dell’ambiente di lavoro (es. cappe biologiche, isolatori, glove box). Dispositivi di protezione individuale (DPI) Qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro (es. camice, guanti). Cappe di sicurezza biologica Le cappe di sicurezza biologica o microbiologica, spesso denominate Cappe o Cabine BioHazard, sono dispositivi primari di protezione collettiva (DPC) presenti in ogni laboratorio biologico in quanto servono a proteggere l’operatore e l’ambiente di lavoro dal rischio di esposizione agli aerosol di agenti patogeni. Alcune tipologie sono inoltre utilizzate per garantire sicurezza all'operatore e sterilità al prodotto manipolato come nel caso delle colture cellulari. Le cappe di sicurezza biologica devono essere conformi alla norma UNI EN 12469:2001 e, come tutte le strumentazioni, correttamente installate tenendo conto dell’eventuale interferenza con le altre attrezzature presenti nel laboratorio. Inoltre, devono essere utilizzate e sottoposte a regolare manutenzione rispettando le istruzioni riportate nell’apposito libretto. Cappe di sicurezza biologica Le cappe di sicurezza biologica sono classificate, secondo lo standard EN 12469:2001, in tre Classi: I, II, III che garantiscono livelli diversi di sicurezza. Le cappe di tutte e tre le classi sono dotate di un filtro HEPA (High Efficiency Particulate Air) sul flusso d'aria in espulsione, le cappe di Classe II e III sono dotate anche di un sistema di filtraggio HEPA dell’aria in ingresso sul piano di lavoro. I filtri HEPA (di classe H14 o superiore conformemente alla norma tecnica EN1822-1:2009) sono in grado di garantire al 99,97% il filtraggio di particelle di diametro uguale o maggiore a 0,3 micron. Detti filtri sono inefficaci nei confronti di gas o vapori. Alcune cappe presentano all’interno lampade UV che esplicano azione germicida. Cappe di sicurezza biologica Cappe di sicurezza biologica: classe I La cappe di classe I garantiscono la protezione dell’operatore tramite un flusso d’aria aspirato da un apertura frontale senza pre-filtro. L’aria, una volta attraversata la superficie di lavoro, non viene mandata in circolo ma espulsa all’esterno dopo filtrazione con filtro HEPA. La cappe di classe I sono in grado di proteggere l’operatore dalla contaminazione (agenti biologici con basso rischio, gruppo 1 e 2), ma non proteggono i campioni da una eventuale contaminazione esterna. Cappe di sicurezza biologica: classe II Le cappe di classe II hanno un apertura frontale attraverso la quale viene immesso un flusso d’aria che viene aspirato sotto il piano di lavoro, filtrato con filtro HEPA, messo in circolo dall’alto verso il basso (flusso laminare verticale di aria sterile), quindi espulso all’esterno dopo filtrazione con un secondo filtro HEPA. Sono progettate per la protezione dell’operatore, dei prodotti che si trovano all’interno della cappa e dell’ambiente circostante. Cappe di sicurezza biologica: classe II Il flusso laminare verticale è comune a tutte le cappe di classe II mentre in base alla percentuale di aria riciclata ed alla velocità dell’aria, le cappe di classe II sono suddivise in diversi tipi: A - il 70% dell’aria viene riciclata, il 30% viene espulsa; B1 - il 30% dell’aria viene riciclata, il 70% viene espulsa; B2 - non prevedono il ricircolo dell’aria in quanto viene continuamente espulsa dall’area di lavoro attraverso il filtro HEPA. Le cappe di classe II A sono indicate per rischi biologici medio-bassi (gruppi di rischio 1 e 2), la cappe di classe IIB1 per patogeni del gruppo 2 e 3 e per radionuclidi in tracce. Le cappe classe IIB2 sono adatte anche a colture cellulari, sostanze cancerogene e radioattive. Cappe di sicurezza biologica: classe III Le cappe di classe III sono dei «glove box» ermeticamente chiusi. L’aria in ingresso viene immessa attraverso un filtro HEPA sul piano di lavoro, quindi, espulsa attraverso un sistema a doppio filtro HEPA, assicurando all’ambiente interno una pressione negativa. Sono dotate di guanti a manicotto, incorporati nella struttura frontale della cappa, che assicurano una barriera totale tra l’operatore e il piano di lavoro. Il loro utilizzo è indicato per la manipolazione di agenti biologici di gruppo 4 (es. Virus Ebola e Marburg) e per la manipolazione di agenti cancerogeni e antiblastici poiché forniscono una barriera totale tra l’operatore e il piano di lavoro. Dispositivi di protezione individuale L’Art. 15 D.Lgs. 81/08 enuncia in modo chiaro il ruolo che il ricorso al dispositivo di protezione individuale (DPI) riveste nell’ambito più ampio della gestione della prevenzione. Il datore di lavoro valuta i rischi e, se non li può eliminare, li riduce al minimo alla fonte attraverso misure di prevenzione e misure di protezione collettiva; se, alla fine di questo percorso, esiste ancora un rischio residuo procede all’individuazione dei dispositivi di protezione necessari. Obblighi del datore di lavoro: Sceglie i DPI in base all’analisi e alla valutazione Fornisce ai lavoratori i DPI necessari e provvede alla loro riparazione e sostituzione Informa il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge Fornisce istruzioni comprensibili sull’uso dei DPI e, se necessario, uno specifico addestramento Dispositivi di protezione individuale Obblighi dei lavoratori: Sottoporsi al programma di formazione e addestramento Utilizzare i DPI messi a loro disposizione conformemente all’informazione e alla formazione ricevute e all’eventuale addestramento Avere cura dei DPI e non apportarvi modifiche di propria iniziativa Segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente rilevato nei DPI messi a loro disposizione Le contravvenzioni sono sanzionabili. Dispositivi di protezione individuale Dispositivi di protezione individuale Dispositivi di protezione individuale Gestione dei campioni in laboratorio Ricevimento dei campioni Tutti i campioni diagnostici ed i materiali biologici devono essere considerati come potenzialmente infetti. Non toccare mai campioni con le mani nude, anche se chiusi in contenitori. Questi possono essersi contaminati durante la raccolta del campione stesso. Il ricevimento dei campioni deve avvenire in una zona specifica del laboratorio. In nessun caso il contenitore esterno deve presentare tracce di contaminazione. Se i campioni sono arrivati per posta e/o corriere devono risultare confezionati con il sistema del triplice contenitore e l’imballaggio esterno deve essere corredato da una scheda con i dati identificativi del contenuto. Gestione dei campioni in laboratorio Apertura dei campioni L'apertura dell'imballaggio e la gestione dei campioni deve avvenire nei laboratori all'interno di una cappa di sicurezza biologica almeno di classe II. Movimentazione dei campioni La movimentazione dei campioni all'interno del laboratorio, per sottoporli alle varie fasi di lavorazione, deve avvenire in contenitori di materiale infrangibile, con tappo a tenuta, correttamente etichettati per facilitarne l'identificazione. Stoccaggio dei campioni Per lo stoccaggio dei campioni in frigorifero o in congelatore, indicare su ogni contenitore, in modo indelebile, la tipologia di materiale, la data ed il nominativo dell'operatore che li ha riposti oltre ad eventuali note utili. Segnaletica Pittogrammi Formazione e informazione Art. 278 D.Lgs. 81/08 «Informazioni e formazione» Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda: a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici utilizzati; b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione; c) le misure igieniche da osservare; d) la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi e dei dispositivi di protezione individuale ed il loro corretto impiego; e) le procedure da seguire per la manipolazione di agenti biologici del gruppo 4; f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure da adottare per ridurne al minimo le conseguenze. Formazione e informazione Art. 278 D.Lgs. 81/08 «Informazioni e formazione» 2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1. 3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione, e ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi. 4. Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione ben visibile cartelli su cui sono riportate le procedure da seguire in caso di infortunio od incidente. Sorveglianza sanitaria Art. 279 D.Lgs. 81/08 «Prevenzione e controllo» Qualora l’esito della valutazione del rischio ne rilevi la necessità i lavoratori esposti ad agenti biologici sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all’Art. 41 D.Lgs. 81/08 «Sorveglianza sanitaria» La sorveglianza sanitaria è effettuata dal medico competente e comprende in particolare: a) visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica. c) visita medica su richiesta del lavoratore. d) visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l'idoneità alla mansione specifica I lavoratori per i quali la valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono iscritti in un registro degli esposti (Art. 243 D.Lgs. 81/08).