Forme e Linguaggi dei Nuovi Media PDF
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Università degli Studi di Padova
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Questo documento esplora le forme e i linguaggi dei nuovi media, evidenziando la digitalizzazione e l'interattività come caratteristiche distintive. Viene analizzato il concetto di convergenza mediatica e il dibattito tra prospettive apocalittiche e integrati riguardo all'impatto dei nuovi media sulla società.
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Forme e linguaggi dei nuovi media. Cosa c’è di nuovo nei new media? I nuovi mezzi di comunicazione si distinguono per una serie di innovazioni rispetto ai media tradizionali. Tuttavia i nuovi media non soppiantano necessariamente quelli vecchi, anzi ne implementano e affiancano le loro funzioni e lo f...
Forme e linguaggi dei nuovi media. Cosa c’è di nuovo nei new media? I nuovi mezzi di comunicazione si distinguono per una serie di innovazioni rispetto ai media tradizionali. Tuttavia i nuovi media non soppiantano necessariamente quelli vecchi, anzi ne implementano e affiancano le loro funzioni e lo fanno attraverso la digitalizzazione e l’interattività. - Un esempio pionieristico di questo cambiamento è la creazione di ARPANET (1969), la prima rete a commutazione di pacchetto che gettò le basi per l’Internet moderno. - Altro esempio è ovviamente la nascita del World Wide Web (1991), che rese il web accessibile a tutti. => La digitalizzazione è il processo di conversione di informazioni analogiche in formato digitale, ossia in una serie di codici binari (0 e 1) che i computer possono elaborare. Questa trasformazione consente di rappresentare contenuti come testi, immagini, suoni e video in un formato che può essere compresso, archiviato e trasmesso con efficienza. La digitalizzazione è avvenuta per diverse ragioni: - Aumento delle capacità di calcolo: con computer sempre più potenti, si è reso possibile gestire enormi quantità di dati in modo rapido ed efficace. - Miniaturizzazione dei dispositivi: la riduzione delle dimensioni dei dispositivi elettronici, grazie a tecnologie come il microchip, ha reso possibile portare contenuti digitali ovunque, modificando il modo in cui fruiamo delle informazioni. - Compressione dei dati: la digitalizzazione consente di comprimere le informazioni, riducendone il peso in memoria e rendendo più pratico lo scambio tra dispositivi. - Evoluzione tecnologica e culturale: il passaggio al digitale ha anche stimolato nuovi modelli economici, nuovi attori nell’industria dei media e nuovi modi di interagire con l’informazione. => L’interattività si riferisce alla capacità di un medium digitale di rispondere agli input dell’utente e di adattarsi a essi in modo attivo e immediato. È un concetto che distingue i nuovi media da quelli tradizionali, permettendo all’utente di influenzare il contenuto o la forma della comunicazione. I parametri principali dell’interattività, secondo Steuer (1997), sono: - Velocità: indica il tempo di risposta del sistema all’input dell’utente. Un’alta velocità significa che l’ambiente mediato cambia quasi istantaneamente in risposta all’azione dell’utente, come durante una videoconferenza o un videogioco. - Gamma: rappresenta il numero di elementi che l’utente può manipolare nell’ambiente mediato. Un media con alta gamma offre molteplici possibilità di interazione, come nei videogiochi dove l’utente può scegliere personaggi, ambienti o difficoltà. - Controllo: si riferisce al modo in cui le azioni dell’utente influenzano l’ambiente. Può essere un controllo “arbitrario”, dove l’utente sceglie l’azione, o un controllo “naturale”, dove le azioni sono più intuitive, come quando si usa un controller per simulare il suono di una chitarra in un videogioco. Il teorico della comunicazione Marshall McLuhan aveva anticipato già negli anni '60 che ogni nuovo mezzo di comunicazione tende a riassumere e trasformare le funzioni dei precedenti media. Per McLuhan, questo significa che i nuovi media non sostituiscono semplicemente i vecchi, ma li inglobano, creando nuove dinamiche di consumo e interazione. - Ad esempio, lo smartphone non solo permette di telefonare (come la vecchia linea telefonica), ma riunisce anche funzioni di scrittura (e-mail, messaggi), visione (video, TV in streaming), ascolto (musica), fotografia e condivisione istantanea, trasformando il nostro modo di vivere la comunicazione e l'accesso alle informazioni. Integrati VS apocalittici. Il dibattito su come i nuovi media influenzano la società può essere sintetizzato attraverso due prospettive contrapposte: - Gli apocalittici vedono i media digitali come un potenziale strumento di oppressione, capace di disgregare la cultura, alienare le persone e minacciare la creatività individuale. - Gli integrati considerano i nuovi media una risorsa che favorisce l'accesso all'informazione, la democratizzazione del sapere e nuove forme di partecipazione. Bisogna ovviamente guardare in modo critico a entrambe le visioni. Inoltre il panico morale legato all'innovazione mediatica non è nuovo: si è manifestato fin dai tempi dell'invenzione della scrittura, che Socrate temeva avrebbe indebolito la memoria. Oggi, lo stesso timore si riflette in discussioni su Internet e sulle tecnologie digitali, accusate di abbassare la nostra capacità di concentrazione e pensiero critico. La cultura digitale. La cultura digitale rappresenta un cambiamento profondo nel modo in cui interagiamo, comunichiamo e accediamo alla conoscenza, creando l'impressione di essere più vicini grazie a tecnologie che connettono persone in tutto il mondo. Tuttavia, questo non significa necessariamente la creazione di una cultura unica e omogenea, ma piuttosto l'emergere di una molteplicità di culture digitali che coesistono e si influenzano reciprocamente. Secondo Lev Manovich (2002), l'interazione tra essere umano e cultura è oggi codificata in forma digitale, ossia mediata da software, piattaforme e algoritmi che plasmano il modo in cui fruiamo dei contenuti culturali. La digitalizzazione permette una diffusione e accessibilità senza precedenti, ma implica anche che la cultura venga "filtrata" e trasformata attraverso codici informatici, influenzando la nostra esperienza culturale in modi che non erano possibili prima dell'era digitale. Un altro aspetto cruciale della cultura digitale è l'importanza delle competenze culturali. In un contesto digitale, non basta avere accesso alle informazioni; è fondamentale sviluppare abilità come la digital literacy (alfabetizzazione digitale) e la capacità di navigare criticamente tra le diverse fonti. Queste competenze permettono di comprendere, interpretare e creare contenuti in maniera efficace. In altre parole, partecipare attivamente alla cultura digitale richiede una comprensione consapevole non solo dei contenuti, ma anche delle dinamiche tecnologiche e sociali che li sottendono. La convergenza tecnologica. I media sono stati originariamente raggruppati in 3 aree: 1. I vettori: reti di trasporto delle comunicazioni (posta, telegrafo, telefono). 2. L’editoria: produzione di contenuti (stampa, cinema, musica, video, ecc.). 3. Il broadcasting: reti televisive. Ogni volta che compariva un nuovo media veniva inserito in una delle tre categorie, di cui assumeva le caratteristiche. Questo sistema è stato però messo in crisi dall’avvento di nuovi media che si sono posizionati a cavallo tra le tre aree. La convergenza multimediale si riferisce alla capacità delle tecnologie digitali di combinare e integrare diversi tipi di media (testo, video, audio, immagini) in un’unica piattaforma o dispositivo, rompendo le barriere tra media tradizionalmente separati. Ad esempio, un singolo smartphone oggi permette di guardare film, ascoltare musica, leggere articoli e interagire con gli altri attraverso social network. La convergenza è quindi uno dei concetti chiave nel mondo dei new media, è un fenomeno evidente, quotidiano e sfaccettato e si manifesta in vari ambiti: - Nella produzione dei media: convergenza di attività e metodi gestionali delle imprese multimediali che operano in più settori (editoria, cinema, broadcasting,...). Queste imprese nascono solitamente come industrie dei media tradizionali che progressivamente aggregano settori emergenti delle telecomunicazioni; - Nelle tecnologie: i canali non sono più l’elemento distintivo tra i diversi media; - Nei contenuti simbolici: c’è convergenza anche nella forma che viene data ai contenuti, i linguaggi mutano la natura dei contenuti che vengono strutturati e adattati per differenti piattaforme. La cultura convergente, come teorizzata da Henry Jenkins, descrive un fenomeno in cui le pratiche di consumo e di produzione mediatica sono sempre più intrecciate. Gli utenti non sono più solo consumatori passivi, ma partecipano attivamente alla creazione e diffusione di contenuti (come avviene nei social media o nei fandom online), sono dei “prosumer”. - I discorsi comuni entrano nelle dinamiche di mercato (es. i commenti possono convincere a modificare un prodotto, a rimetterlo in commercio o a crearlo). Jenkins evidenzia anche come la convergenza favorisca la partecipazione collettiva e la creazione di significati condivisi tra diverse comunità, grazie alla facilità con cui le informazioni possono essere remixate e ridistribuite. In questo contesto, si assiste a un ridimensionamento del determinismo tecnologico, ovvero l’idea che la tecnologia, da sola, determini i cambiamenti sociali. In realtà, la convergenza non è solo un fenomeno tecnologico, ma anche culturale: i modi in cui le persone utilizzano le tecnologie, le scelte delle industrie e le dinamiche sociali giocano un ruolo fondamentale nel plasmare l'uso e l'evoluzione dei nuovi media. La tecnologia, quindi, non determina il cambiamento in modo univoco, ma interagisce con la cultura, influenzandosi a vicenda. - Circolarità tra culture dal basso e corporation: si basa su uno scambio continuo tra gli utenti, che creano e condividono contenuti, spesso ispirati dai media delle grandi aziende, e queste ultime che a loro volta traggono ispirazione o collaborano con le produzioni amatoriali, adattandosi alle tendenze nate "dal basso". - I pubblici connessi facilitano questo scambio, grazie alla loro capacità di partecipare e diffondere contenuti globalmente e in tempo reale. Intelligenza collettiva e intelligenza connettiva. L'intelligenza collettiva, secondo Pierre Lévy, è la capacità delle persone di condividere conoscenze tramite la tecnologia, creando un patrimonio comune che cresce attraverso la collaborazione (es. Wikipedia). L'intelligenza connettiva, teorizzata da Derrick de Kerckhove, si basa sull'interazione tra menti umane e macchine, che potenziano le capacità cognitive umane grazie a dispositivi e algoritmi (es. assistenti virtuali, motori di ricerca). Entrambe sono complementari: l'intelligenza collettiva sfrutta la connettività tecnologica, e le macchine amplificano la collaborazione e la gestione delle informazioni. - Ipertestualità digitale: insieme di materiali multimediali connessi tra di loro attraverso collegamenti che consentono all’utente una consultazione non sequenziale. L’ipertesto è un elemento fondamentale della rivoluzione digitale che contraddistingue il tipo di interazione che l’utente sperimenta quando si interfaccia con il mondo digitale. Esso scardina il concetto tradizionale di testo (fisso, sequenziale) e crea la possibilità di creare una connessione infinita tra intelligenze. - Interattività: tecnologia che interagisce con noi e risponde ai nostri input e cambia in relazione ad essi. Quella selettiva definisce la facoltà dell’utente di scegliere un contenuto, quella conversazionale definisce la possibilità dell’utente di produrre e inserire informazioni, mentre quella registrativa costituisce la capacità del sistema di adattarsi alle informazioni date dall’utente. Gli elementi principali di un medium interattivo sono: la velocità, la gamma e il controllo. La personalizzazione. Il processo di personalizzazione rappresenta una delle trasformazioni più significative nel panorama dei media digitali, consentendo agli utenti di assumere un ruolo sempre più attivo nella fruizione dei contenuti. Questo processo si articola in tre dimensioni principali: 1. Adattabilità dei prodotti alle scelte degli utenti: la personalizzazione si basa sulla possibilità per gli utenti di modellare i contenuti in base ai propri interessi e preferenze. I media digitali, grazie a tecnologie come algoritmi e intelligenza artificiale, permettono di offrire contenuti su misura, dal feed dei social media alle raccomandazioni di film, musica (Spotify propone diverse playlist a seconda del modo) o prodotti. Questa capacità di adattare i prodotti alla domanda specifica dell'utente trasforma l’esperienza di consumo, che diventa unica e individualizzata. 2. Flessibilità nei tempi e negli spazi di consumo: i media digitali rompono i vincoli tradizionali legati ai tempi di produzione e distribuzione. Gli utenti non sono più costretti a fruire dei contenuti in orari e luoghi prestabiliti, come avveniva con la televisione tradizionale o il cinema. Grazie a dispositivi mobili e piattaforme di streaming, i contenuti sono accessibili ovunque e in qualsiasi momento, permettendo una totale libertà nel definire quando e dove consumare i media. Questa flessibilità contribuisce a creare una nuova esperienza di consumo mediale, detta anche "media nomadi", in cui l'utente può accedere ai contenuti secondo le proprie esigenze. 3. Sviluppo di azioni di bricolage sui media: l’utente non si limita più a consumare passivamente i contenuti, ma può intervenire attivamente per rimescolare, modificare e combinare materiali preesistenti per creare nuovi prodotti mediali. Questo approccio, che si rifà al concetto di bricolage, si manifesta attraverso pratiche come il remixing, il mash-up, e la creazione di contenuti personalizzati a partire da risorse esistenti. Le piattaforme digitali offrono strumenti che facilitano questo processo, permettendo agli utenti di creare e diffondere le proprie versioni dei contenuti, contribuendo a una cultura della partecipazione e dell’autoproduzione. Il web collaborativo (o web 2.0). Il Web 2.0 ha rivoluzionato il modo in cui le persone interagiscono, producono e condividono contenuti online, ponendo al centro della dinamica digitale la collaborazione tra utenti. Piattaforme come Wikipedia, YouTube, e i social network offrono spazi in cui gli individui possono contribuire collettivamente alla creazione di conoscenza e cultura, portando a una nuova dimensione di produzione partecipativa. Uno degli elementi fondamentali del web collaborativo è la valutazione degli utenti tramite meccanismi come il rating o i feedback. I sistemi di valutazione consentono agli utenti di esprimere giudizi su prodotti, contenuti e servizi, influenzando in modo diretto la percezione di qualità e credibilità online. Da Amazon alle recensioni sui social media, le opinioni degli utenti sono diventate cruciali per determinare la reputazione di un prodotto o un servizio. Tuttavia, la democratizzazione della valutazione non è esente da problemi: il sovraccarico di opinioni non esperte o superficiali può influenzare negativamente la qualità delle informazioni disponibili. - Su questo tema, Andrew Keen critica il web collaborativo definendolo come una piattaforma dominata da dilettanti allo sbaraglio. Secondo Keen, l’abbondanza di contributi da parte di utenti non professionisti rischia di portare a un impoverimento della qualità dei contenuti online, in quanto manca l’intervento di esperti e figure autorevoli. - Allo stesso tempo, un altro aspetto critico del web collaborativo riguarda il concetto di lavoro gratuito. Tiziana Terranova ha analizzato come, in molti casi, le piattaforme digitali si basino su forme di free labor, ovvero lavoro non remunerato degli utenti. Quando contribuiscono con contenuti, recensioni o valutazioni, gli utenti forniscono un valore economico alle piattaforme (come Facebook o YouTube) senza ricevere alcun compenso diretto.