Fisiologia Generale PDF
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Questo documento fornisce un'introduzione ai concetti della fisiologia generale, concentrandosi su argomenti come l'omeostasi, i sistemi di feedback e i meccanismi di trasporto a livello cellulare. Spiega come gli organismi regolano i parametri interni per mantenere l'equilibrio, nonostante le variazioni dell'ambiente esterno.
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FISIOLOGIA GENERALE La fisiologia riguarda anche la comunicazione tra le cellule e all’interno della stessa cellula. Integra meccanismi bioenergetici, biofisici e biomolecolari della cellula. Divisa in due grandi tipologie: - Fisiologia vegetativa: permette alla cellula di sopravvivere, sopr...
FISIOLOGIA GENERALE La fisiologia riguarda anche la comunicazione tra le cellule e all’interno della stessa cellula. Integra meccanismi bioenergetici, biofisici e biomolecolari della cellula. Divisa in due grandi tipologie: - Fisiologia vegetativa: permette alla cellula di sopravvivere, soprattutto in organismi molto grandi (come l’apparato cardio-vascolare, apparato respiratorio, sistema escretore) - Fisiologia della vita di relazione: permettono di interagire con l’ambiente, emettendo e ricevendo segnali (sistemi sensoriali e locomotori, sistema nervoso ed endocrino coordinano questi processi) I sistemi sono considerabili come separati. Tutti i processi sono coordinati dal sistema nervoso e dal sistema endocrino, quest’ultimo governa gli ormoni, molecole rilasciate nel sangue e agiscono su organi bersaglio. Introduzione Gli organismi viventi hanno la capacità di trasformare substrati energetici per produrre varie forme di energie e lavoro per interagire con l’ambiente, crescere e riprodursi. Questo comporta variazioni dello stato di alcuni parametri interni, fisico o chimico fondamentali come la temperatura, la composizione dei liquidi extracellulari. Le funzioni cellulari richiedono una certa costanza di questi stessi parametri: questo concetto è stato identificato con il termine di omeostasi, infatti, l’organismo cerca di mantenere una condizione di equilibrio interno e una condizione di squilibrio con l’esterno. L’omeostasi è quel fenomeno che permette di mantenere costante il valore di una variabile interna al variare di una variabile esterna; è la tendenza naturale al raggiungimento di una relativa stabilità interna delle proprietà chimico-fisiche che accomuna tutti gli organismi viventi, per i quali tale stato di equilibrio deve mantenersi nel tempo, anche al variare delle condizioni esterne, attraverso precisi meccanismi autoregolatori. Nell’uomo, per la temperatura si vede che ciò è particolarmente vero all’interno di un certo intervallo di temperatura esterna, nel quale la temperatura interna viene mantenuta a un valore di 37°C. Ovviamente questo avviene solo entro certi valori, perché solo la risposta fisiologica può non bastare: a valori estremi positivi o negativi si va incontro a ipotermia o ipertermia. Nel tempo si possono avere variazioni anche notevoli delle variabili ambientali (temperatura, pH ecc) e l’omeostasi consiste nella capacità di smorzare queste variazioni e perciò le fluttuazioni risultano meno percettibili. Se invece una condizione interna varia al variare di quelle esterne si ottiene una linea di conformità, e si parla di organismi conformi, in alternativa agli organismi regolatori. Per permettere il controllo dei vari parametri interni si devono avere scambi tra compartimenti diversi attraverso una membrana, che non è solamente la membrana plasmatica, ma anche una qualunque membrana che separa due compartimenti corporei. I meccanismi di scambio attraverso la membrana e la composizione ionica della soluzione sono importanti per capire: − Come le cellule assumono o espellono sostanze utili o dannosa − Come le cellule nervose ed i recettori di senso comunicano mediante segnali elettrici − I segnali elettrici innescano o regolano processi come l’esocitosi e la contrazione − Come le cellule regolano la composizione intra ed extracellulare per evitare danni e mantenere costanti i valori dei parametri − Le membrane mediano le azioni di ormoni e altri regolatori Quando si parla di compartimenti si può fare una distinzione tra ambiente intracellulare (all’interno del quale si hanno degli altri ambienti per la presenza di organuli e sistemi di membrana) ed extracellulare; in quest’ultimo caso si parla di liquidi interstiziali o di plasma (cioè la parte non corpuscolata del sangue), i quali hanno generalmente una composizione simile ma non identica. I principali parametri che vengono mantenuti stabili in un organismo regolatorio sono la temperatura, il pH, l’osmolarità (particelle disciolte), la concentrazione dei diversi ioni (quelli liberi in soluzione e non legati), la concentrazione di diversi composti organici (ad es. glucosio e ormoni), i valori di ossigeno e di anidride carbonica, dove i valori intracellulari possono assumere valori diversi a seconda del tipo cellulare. Temperatura 37 °C ( 1-2 °C) pH 7,4 nel sangue (( 0,4) Osmolarità 300 mOsm Concentrazione dei diversi ioni (vedi tabella) Glucosio 3-4 mM (sapere ambito concentrazioni per esame) Vediamo che il principale catione extracellulare e il sodio, mentre quello intracellulare e il potassio; essi, infatti, presentano diverse concentrazioni intra ed extracellulari. Il calcio libero/extra è intorno a 2mM, ma se consideriamo il calcio nel citoplasma, avremo una concentrazione molto bassa, al di sotto di 10^ -7 M; questa concentrazione bassa di calcio viene sfruttata per segnali cellulari (i bassi livelli permettono, tramite brevi e rapidi aumenti di contrazione, fini meccanismi di segnale). Il calcio totale nella cellula (3) è in gran parte accumulato negli organuli ed escluso dal citoplasma. Devono esserci anioni che bilancino i cationi e il principale è Cl-, che permette di neutralizzare il sodio, formando NaCl. Il cloruro è uno ione variabile con concentrazioni differenti in base al tipo cellulare, tra i 4-40mM. Altro anione importante è il bicarbonato, il quale si forma da una reazione che avviene all'interno del globulo rosso (in quanto l’enzima non è presente nel plasma sanguigno) ed è catalizzata da un enzima che prende il nome di anidrasi carbonica; reagiscono l'anidride carbonica e l'acqua formando inizialmente acido carbonico e poi lo ione bicarbonato, che viene rilasciato nel sangue in modo tale da tamponare il pH sanguigno. CO2 + H2O H2CO3 HCO3- + H3O+ Il concetto opposto all’omeostasi è la plasticità, ovvero la capacità delle funzioni biologiche di modificarsi permanentemente in seguito a particolari stimoli dell’ambiente esterno. Esempi plasticità: - Apprendimento; - Sistema immunitario; - Accrescimento della massa muscolare. Retroazione (Feedback) I meccanismi che mantengono il controllo dei vari parametri si basano sulla retroazione (feedback), la quale può essere sia negativa che positiva; il meccanismo di controllo può essere immaginato come un circuito diviso in più componenti: il sistema controllato, il sensore e l’amplificatore. Feedback negativo: sistema per attuare l’omeostasi di un organismo che agisce in modo da contrastare un disturbo riportando l’organismo alla situazione iniziale. Si tratta di modificazioni di qualche parametro che inviano un segnale al cervello che risponde con feedback negativo e riporta i valori nella norma. Un esempio di feedback negativo lo si ha nella regolazione della concentrazione della CO2, la quale rappresenta il sistema controllato: un disturbo in questo sistema viene rilevato da un sensore, il quale percepisce la differenza tra lo stato reale del sistema e il punto di regolazione (set-point) al quale il sistema deve essere mantenuto, e invia un segnale all’organismo che viene poi amplificato e invertito dall’amplificatore invertente, che agisce direttamente sul sistema controllato, in modo da compensare la perturbazione, in un’azione che richiede un grande dispendio energetico, come l’aumento della frequenza respiratoria per diminuire la concentrazione di anidride. In sistemi del genere si osserva sempre una latenza tra la variazione di una condizione e l’azione del sistema di controllo, dovuta al tempo che impiega il sistema a operare e dall’inerzia del sistema; questo porta generalmente a una regolazione oscillatoria del sistema. Feedback positivo: sistema autocatalitico che potenzia il disturbo; si tratta di una reazione esplosiva che può diventare dannosa per l’organismo e quindi deve essere limitata (es. coagulo o potenziale d’azione). Un sistema a feedback positivo, nel quale l’amplificatore non cambia il segno del segnale che riceve, porta a risposte “esplosive”, cioè che comportano una veloce e grande amplificazione di un primo segnale, che deve poi essere anche velocemente interrotta, e viene utilizzato in contesti come l’impulso nervoso e la coagulazione. Allostasi: termine che indica la stabilità attraverso il cambiamento. L’organismo è anche in grado di anticipare il controllo che deve compiere, in quanto è in grado di modificare il proprio ambiente interno in previsione di una certa condizione, in modo da evitare determinati danni e risparmiare energia; un esempio lo si ha quando vedo un ostacolo e lo evito prima di inciampare. Biofisica delle membrane cellulari e trasporti La cellula deve di per sé spendere energia per mantenere le membrane cellulari coese; ci sono, però, dei meccanismi di trasporto attivi, in cui la cellula deve spendere energia, altri sono passivi e avvengono spontaneamente. Quanto è veloce la diffusione cellulare? Poiché é statistico, otteniamo una curva gaussiana, e dai parametri possiamo ottenere i tempi di percorrenza media. La varianza standard è proporzionale al tempo. Ciascuna molecola percorre una distanza diversa, ma calcolando in media quanto una molecola percorre, vediamo che x=√Δt⋅coefficiente di diffusione. Non abbiamo proporzionalità diretta, la presenza della radice, ci dimostra come la distanza è proporzionale alla radice del tempo. Questa relazione esponenziale rallenta la diffusione per lunga distanza: se la distanza è piccola, le molecole coprono rapidamente il volume, che tuttavia aumenta molto per grandi lunghezze. Diffusione semplice È un meccanismo statistico di trasporto, che dipende dalla condizione termica, per cui la cellula non consuma energia; se al centro di una cellula (considerata per semplicità lungo una sua unica dimensione) si iniettano delle molecole neutre, nel tempo queste si disperdono andando ad occupare gli spazi disponibili, inizialmente con una distribuzione rappresentabile da una gaussiana, fino a raggiungere una condizione di equilibrio (𝑡 = ∞) in cui la concertazione è più bassa di quella iniziale ma uniforme in tutta la cellula. Se si osserva la situazione nei pressi di una membrana a livello molecolare, si vede che, partendo da una condizione di non uniformità di distribuzione ai due lati della membrana, da un punto di vista puramente statistico dovuto al movimento casuale delle molecole, a un certo punto si arriverà sempre a una distribuzione uniforme dai due lati della membrana (non ci saranno più forze statistiche che muoveranno le molecole preferenzialmente dove vi è meno concentrazione) ; per la natura statistica di questo fenomeno si parla di movimento aleatorio. Le molecole non sono soggette a una forza che le canalizza in una data direzione, è la diffusione che le porta ad occupare tutto lo spazio disponibile. Le “forze diffusive” tendono in media a spostare le molecole da una regione più concentrata ad una meno concentrata, ma è una mera statistica. Attraverso questo movimento casuale, dopo un certo tempo (t) una molecola avrà percorso una distanza lineare (x), e si può fare una media della distanza al quadrato percorsa da tutte le molecole di una soluzione; questa media è proporzionale al tempo attraverso un coefficiente D (cm2/s), cioè un coefficiente di diffusione, che dipende dalle proprietà del solvente e delle particelle (grandezza), e che indica come reagisce la molecola o lo ione nell’ambiente in cui si trova. < 𝑥 2 > = 𝐷𝑡 questa relazione permette di vedere che il tempo che impiegano delle particelle per percorrere una certa distanza aumenta al quadrato in funzione della distanza (se si raddoppia la distanza il tempo aumenta di quattro volte); questa è la ragione per cui la diffusione è un processo efficace solo per distanze brevi. Si tratta perciò, di una relazione esponenziale: se la distanza è piccola, le molecole coprono rapidamente il volume, che tuttavia aumenta molto per grandi lunghezze. Molecole come ioni e piccole molecole hanno coefficienti di diffusione simili tra loro; aumentando le dimensioni il coefficiente di diffusione diminuisce (ad es. l’emoglobina ha un coefficiente D pari al 7% di quello della glicina). Molecole dal simile coefficiente di diffusione possono occupare l’intera cellula: quindi la diffusione è un ottimo meccanismo di trasporto nelle cellule, viste le grandezze cellulari nell’ordine del micron. Per grandezze superiori, la cellula non può fare affidamento alla diffusione. Prendendo una distanza pari al diametro tipico di una cellula, cioè 10 m, e un coefficiente di diffusione pari a 2x10-5, cioè quello dell’ossigeno, si vede che in media le molecole impiegano 50 millisecondi per percorrere questa distanza; si può quindi dire che per distanze in questo ordine di grandezza la diffusione è un sistema di trasporto efficace. Facendo gli stessi conti con una distanza di 1 cm si vede che il tempo medio impiegato è pari a 14h, mentre con una distanza di 1m vengono impiegate decine di anni, e quindi ad esempio non potrebbe essere possibile trasferire per diffusione semplice delle molecole dal corpo cellulare di un motoneurone della mano, che si trova nel midollo, fino alle sinapsi che si trovano all’estremità dell’arto. Tra gli organismi animali si vede che gli scambi gassosi con l’ambiente e la circolazione avvengono per diffusione semplice solo in organismi di piccole dimensioni, o che comunque presentano dei tessuti molto sottili. In una vaschetta contenente del glucosio inizialmente concentrato da un lato, si vede che il passaggio da un compartimento a un altro attraverso una membrana avviene spontaneamente fintanto che si ha una differenza/gradiente di concentrazione tra i due compartimenti; si formano quindi due flussi unidirezionali la cui differenza prende il nome di flusso netto che sarà da sinistra verso destra perché maggiore è il numero di molecole che si spostano in questa direzione. Il flusso attraverso la membrana è proporzionale alla differenza di concentrazione e inversamente proporzionale allo spessore della membrana. ∆𝐶 𝐽∝ ∆𝑥 Tanto più è ripida la curva (elevata differenza concventrazione), tanto maggiore sarà il flusso. La densità di flusso (J) è definita come il numero di moli che attraversano una certa area unitaria (spesso si usa il cm2) nell’unità di tempo 𝑛 𝑚𝑜𝑙 𝐽= = 𝐴 𝑡 𝑐𝑚2 𝑠 si può poi calcolare il flusso totale (Jtot) moltiplicando la densità di flusso per l’area totale della superficie che si sta considerando. 𝑚𝑜𝑙 𝐽𝑡𝑜𝑡 = 𝐽 ∙ 𝐴 𝑠 Il movimento delle particelle potrebbe essere analizzato studiando lo spostamento lungo tutte le direzioni nelle tre dimensioni (attraverso un’analisi vettoriale), ma in un discorso fisiologico quello su cui ci si concentra è la componente perpendicolare a una barriera che separa due compartimenti; in queste condizioni, in cui si ha una sola direzione, ci si può concentrare sul verso, che può essere negativo o positivo basandosi su una convenzione. Fick elaborò una legge di Fick secondo cui il flusso attraverso una superficie è proporzionale alla derivata della concentrazione rispetto alla distanza in quel punto. Se consideriamo il passaggio di molecole, e vogliamo calcolare il flusso, dobbiamo fare una derivata nel punto x di interesse. Se la concentrazione è uniforme, la derivata è 0, ed il flusso netto è 0: 𝑑𝐶(𝑥) 𝐽⃗ = −𝐷 ∙ ∙𝐴 𝑑𝑥 la legge presenta un segno meno in quanto il flusso per convenzione è positivo nella direzione in cui si muovono spontaneamente le particelle, e se si passa da un punto a concentrazione maggiore a uno a concentrazione minore si ottiene una derivata negativa. Applichiamo ora questi concetti a una membrana vera e propria, formata da un doppio strato lipidico e attraversata da molecole neutre. Se la membrana è omogenea e il suo spessore (d) è molto piccolo, come in questo caso, è una buona approssimazione assumere che al suo interno la variazione della concentrazione dentro la membrana è lineare. Il numero di molecole che entrano dall’ambiente extracellulare (con concentrazione C1, maggiore che a destra) è uguale al numero di molecole che in un certo intervallo di tempo escono dalla membrana verso l’ambiente intracellulare. Il modello (detto di “soluzione-diffusione”) prevede che la molecola che attraversa la membrana prima si sciolga al suo interno, e quindi bisogna prendere in considerazione il coefficiente di diffusione (Dm) della particella nella membrana, che è generalmente diverso da quello in soluzione. La molecola deve quindi muoversi in essa e successivamente sciogliersi nel citosol, quindi diffondersi. Per calcolare la differenza di concentrazione interna alla membrana bisogna calcolare la concentrazione all’inizio e alla fine della membrana; queste concentrazioni (flusso) dipendono dalla natura della molecola: una molecola lipofila, come è il caso degli ormoni, tende ad accumularsi al suo interno e quindi presenta una concentrazione maggiore rispetto a quella che si ha in soluzione, mentre è il caso opposto per una molecola idrofila; bisogna quindi moltiplicare le concentrazioni dei soluti per il coefficiente di partizione (Kp), un valore che esprime il modo in cui la molecola si distribuisce tra la fase acquosa e la fase lipidica 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑚𝑒𝑚𝑏𝑟𝑎𝑛𝑎 𝐾𝑝 = 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑠𝑜𝑙𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 Il coefficiente di partizione non è praticamente mai uguale a 1, ma è sempre o superiore, indicando che la molecola si scioglie meglio in un mezzo lipofilo, o inferiore, indicando che la molecola è più affine al mezzo acquoso. Si può quindi impostare un’equazione di Fick in cui compare il coefficiente di partizione oltre alla differenza di concentrazione: si vede quindi che molecole che non possono in nessun modo sciogliersi nella membrana, e quindi hanno una coefficiente di partizione pari a 0, avranno una valore del flusso attraverso la membrana pari a 0; tutti i fattori che non sono la differenza di concentrazione possono essere raggruppati in un unico parametro, la permeabilità di membrana (Pm), perché è spesso probabile che non siano noti tutti gli elementi che lo compongono e inoltre, indica quali sono i parametri importanti per facilitare gli scambi trans-membrana (esempio diminuendo lo spessore). Il grafico di Collander rappresenta la permeabilità di membrana di alcune sostanze in funzione del loro coefficiente di partizione tra olio di oliva e acqua, e in esso si vede che molecole con un alto coefficiente di partizione, hanno anche una alta permeabilità. Ci sono però delle molecole che fanno eccezione, come l’acqua: essa, infatti, ha un’alta permeabilità nonostante la sua natura polare. Questo dipende da tre fattori: ▪ permeabilità intrinseca della membrana all’acqua (probabilmente per il modo in cui essa si riesce a “infilare” nello strato fosfolipidico) ▪ possibilità di modificazione della composizione della membrana per aumentare la permeabilità nei suoi confronti ▪ possibilità di esprimere sulla membrana delle proteine canale che ne permettono il passaggio (acquaporine) Osmosi È il flusso d’acqua che si verifica attraverso una membrana semipermeabile posta tra due compartimenti in cui si ha una differenza di concentrazione di soluti; in particolare l’acqua si muove verso il compartimento in cui la concentrazione di soluti è maggiore (in quanto qui l’acqua è limitata dalla presenza di più soluto con cui interagisce e impedisce il movimento) e il risultato è la diluizione del mezzo più concentrato, con relativo aumento di volume. Questo passaggio avviene, utilizzando la legge di Fick, perché tra un compartimento e l’altro si ha una differenza di concentrazione di acqua: a livello microscopico il richiamo d’acqua sembrerebbe legato al fatto che la presenza di una membrana provoca un effetto asimmetrico in cui si ha un diverso “bombardamento” delle molecole in soluzione sui due lati, in quanto, le molecole di solvente si spostano dalla soluzione con minore concentrazione di soluto (quindi maggiore concentrazione di solvente) alla soluzione con maggiore concentrazione di soluto (quindi minore concentrazione di solvente), in modo da uguagliare (o meglio, rendere vicine) le concentrazioni delle due soluzioni: il numero delle molecole di solvente che attraversano la membrana in una direzione è superiore al numero di molecole che la attraversano in senso opposto, perché nel primo caso le molecole che vengono a contatto con la membrana sono tutte di solvente, nel secondo caso invece si ha una certa percentuale di particelle di soluto, che non passano ma che esercitano con i loro urti sulla membrana una pressione osmotica. La pressione generata dagli urti non è direttamente misurabile, mentre è misurabile la pressione idrostatica che si determina nella soluzione a causa del maggior numero di molecole di solvente che vi penetrano rispetto a quelle che ne escono. Il passaggio quindi si interrompe quando da un lato della membrana si accumula abbastanza acqua da creare una pressione idrostatica, da parte della colonna di liquido, in grado di contrastare la pressione osmotica (indicata con ). La pressione osmotica in una soluzione fisiologica è circa 7.5 atm: è un valore alto, quindi, i flussi osmotici esercitano effetti meccanici non trascurabili, come ad esempio la rottura della membrana. In condizioni ideali la pressione osmotica può essere descritta dalla legge di van’t Hoff, un’equazione equivalente a quella della legge dei gas, che se riarrangiata mostra che la pressione osmotica è proporzionale alla molarità (c = concentrazione delle particelle di soluto). Con questa relazione viene suggerita l’idea che il flusso osmotico dipenda dagli urti delle particelle contro la membrana. 𝜋𝑉 = 𝑛𝑅𝑇 𝜋 = 𝑐𝑅𝑇 Per semplicità la pressione osmotica di una soluzione si calcola spesso in termini delle concentrazioni dei soluti contenuti in essa, vale a dire in termini di osmolarità. Essa, in condizioni ideali (tutte le soluzioni con stesso numero di particelle disciolte hanno stessa osmolarità) corrisponde alla concentrazione totale di particelle libere in soluzione: è una grandezza fisica che misura la concentrazione delle soluzioni e, in particolare, è il numero totale di molecole e ioni presenti in un litro di solvente. Tutte le soluzioni con lo stesso numero di particelle disciolte hanno la stessa osmolarità (ad esempio nei fluidi corporei si possono avere composizioni diverse ma generalmente l’osmolarità si mantiene costante): in condizioni ideali, se una soluzione ha la stessa pressione osmotica di una soluzione 1M non elettrolita (es. glicina, alanina) l’osmolarità è pari a 1 osmolare. Una soluzione contenente una sostanza che non si dissocia ha un’osmolarità pari alla concentrazione della sostanza, mentre nel caso di una soluzione contenente un sale dissociabile, per ottenere l’osmolarità bisogna moltiplicare la concentrazione del sale per il suo fattore di dissociazione (ad esempio una soluzione 10 mM di NaCl ha osmolarità pari a 20 mOsm). L’osmolarità è una proprietà colligativa in quanto dipende dalla concentrazione e non dalla natura chimica delle sostanze. Quando si osservano due sostanze con la stessa osmolarità si assume che abbiano la stessa pressione osmotica, ma questo non è sempre vero, anche se è una buona approssimazione. Quando si mette un sale in soluzione con una certa concentrazione esso si dissocia e quindi per ottenere l’osmolarità si moltiplica la concentrazione per il numero delle sue componenti; questa considerazione vale solo in condizioni ideali, cioè diluite, ma se la concentrazione aumenta i vari ioni ricominciano a interagire, e quindi non possono essere considerati come entità separate. Si vede quindi che in certi casi, a seconda della natura chimica del composto che si sta utilizzando, la linearità con cui la pressione osmotica aumenta all’aumentare della concentrazione di soluti (descritta dalla legge di van’t Hoff) a un certo punto viene persa; in questo caso si ricava sperimentalmente un coefficiente osmotico (X) che permette di ottenere una legge di van’t Hoff modificata che descrive il comportamento di queste sostanze. Se il coefficiente osmotico è > o < a 1, si ha una variazione rispetto alla legge, si osserva una deviazione e non più una proporzionalità diretta. 𝜋𝑖 = 𝑋𝑖 𝑅𝑇𝑐𝑖 Per ogni sostanza si vede che il coefficiente osmotico varia esso stesso in modo specifico al variare della concentrazione; a concentrazioni che corrispondono a quelle che si ritrovano in condizioni fisiologiche il coefficiente osmotico è sempre vicino a 1, e quindi non si osservano quasi mai situazioni di deviazione dalla linearità. Quando si parla della risposta cellulare si usa spesso il termine tonicità, la quale esprime l’effetto che ha una soluzione su una cellula, e che non per forza coincide completamente con l’osmolarità; la tonicità è una misura comparativa della pressione osmotica di due soluzioni separate da una membrana semipermeabile. Essa dipende soltanto dai soluti che non possono superare la membrana, poiché solo questi esercitano una pressione osmotica. I soluti che oltrepassano la membrana, invece, non condizionano la tonicità perché saranno sempre in uguale concentrazione su entrambi i lati della membrana. Soluzioni isosmotiche: esercitano la stessa pressione osmotica su una membrana semipermeabile; Soluzioni iposmotiche: esercitano una pressione osmotica minore su un lato della membrana semipermeabile; Soluzioni iperosmotiche: esercitano una pressione osmotica maggiore su un lato della membrana semipermeabile; Esistono tre gradi di tonicità di una soluzione comparata ad un’altra: Isotonicità: una soluzione si dice isotonica se contiene un’uguale concentrazione di soluti su entrambi i lati della membrana (una cellula immersa in essa non si gonfia né collassa); Ipotonicità: una soluzione si dice ipotonica (ma non necessariamente iposmotica!) se contiene una minor concentrazione di soluti impermeabili rispetto alla soluzione presente sull’altra faccia della membrana (la cellula immersa in essa si gonfia); Ipertonicità: una soluzione si dice ipertonica se contiene una maggiore concentrazione di soluti impermeabili rispetto alla soluzione presente sull’altra faccia della membrana (la cellula collassa in soluzione); Un mezzo isotonico mantiene le dimensioni della cellula, un mezzo ipotonico la fa gonfiare e un mezzo ipertonico la fa raggrinzire; spesso queste condizioni coincidono rispettivamente con condizioni di isoosmolarità, iposmolarità e iperosmolarità, ma non è sempre questo il caso. Ad esempio, prendendo una soluzione di NaCl e una soluzione CaCl2 entrambe isoosmotiche rispetto all’acqua di mare, si vede che la prima risulta isotonica per un oocita di riccio di mare, mentre la seconda risulta ipotonica; questo perché l’osmolarità tiene conto sia delle particelle disciolte che possono attraversare la membrana che non, mentre la tonicità dipende solo da quelle che non possono attraversare la membrana; inoltre diverse sostanze possono avere effetti differenti su elementi della membrana, come i suoi trasportatori e i lipidi che la compongono. Un flusso d’acqua non dipende esclusivamente da una differenza di concentrazione ai lati della membrana, ma questo può dipendere anche da una differenza di pressione indotta meccanicamente, (cioè da una proprietà di filtrazione), ad esempio ai due lati di un filtro, come un glomerulo renale. In un capillare sanguigno si ha sia una pressione arteriosa (idraulica) applicata dal cuore che tende a spingere la componente fluida verso l’esterno del capillare, che una pressione osmotica (dell’ordine dei 10 mmHg) dovuta alla maggiore presenza di proteine nel sangue rispetto ai fluidi interstiziali, che invece tende a richiamare acqua all’interno del vaso. Nel complesso si parla di pressione oncotica. Il flusso viene detto convettivo (Jv) ed è proporzionale alla differenza di pressione ai due lati della membrana secondo un fattore che dipende dalla natura della membrana, che viene detto conduttanza idraulica o permeabilità idraulica (Lp). 𝐽𝑣 = 𝐿𝑝 (𝑃1 − 𝑃2 ) Se poi, le due soluzioni ai capi di una membrana hanno concentrazione differente, allora si aggiunge la differenza di pressione osmotica. Trasporto facilitato La diffusione facilitata è il passaggio passivo di molecole organiche attraverso una proteina specializzata, canale ionico o trasportatore (carriers), proteine integrali di membrana (permeasi) con siti di legame per molecole come il glucosio (non fosforilato) che trasportano attraverso la membrana. Il trasportatore esiste in due configurazioni: Con il sito di legame rivolto verso l’ambiente extracellulare Con il sito di legame rivolto verso l’ambiente intracellulare Le due conformazioni sono all’equilibrio. La concentrazione della molecola determina la direzione del flusso e, di conseguenza, l’equilibrio della reazione verso destra o verso sinistra. Lo spostamento è perennemente statistico, nulla forza il flusso in una delle due direzioni: questo trasportatore non richiede consumo di energia. Questi trasportatori non possono trasportare molecole contro gradiente: significa che questo tipo di trasportatori non possono concentrare una molecola all’interno o all’esterno della membrana. L’entità del trasporto facilitato dipende dalla velocità con cui ogni singolo trasportatore effettua il proprio ciclo e dal numero di proteine trasportatrici presenti nella membrana cellulare. Qual è la differenza tra diffusione semplice e diffusione facilitata? La diffusione semplice di membrana ha un andamento lineare con una pendenza che dipende dalla permeabilità della membrana secondo la legge di Fick (J = − Pm ∙ ∆c), mentre la diffusione facilitata non è lineare, ma forma un’iperbole equilatera e soltanto a basse concentrazioni si può considerare lineare. Si raggiunge quindi un valore massimo assunto dal flusso, un plateau. Questo perché il trasporto in questo caso tende alla saturazione quando tutti i trasportatori sono occupati dal substrato (curva di Michealis-Menten). Il flusso massimo dipende: ❖ Dalla concentrazione esterna di glucosio che deve essere importato; ❖ Dal numero limitato di trasportatori in membrana: quando essi sono tutti saturati dalle grandi concentrazioni di glucosio esterno si arriva a un valore massimale e costante di flusso (JMAX); ❖ Dall’affinità del trasportatore per il substrato, il cui valore è definito dalla costante di Michealis-Menten Kt. Questo valore è tanto più basso quanto maggiore è l’affinità apparente. Le cellule sono in grado di modulare la diffusione facilitata regolando i trasportatori in due modi: ❖ Variando la velocità con cui i singoli trasportatori effettuano ogni ciclo di trasporto: il singolo trasportatore aumenta o diminuisce la capacità di trasporto in seguito a fosforilazione dei domini citoplasmatici o per legame a un attivatore o inibitore; ❖ Variando il numero dei trasportatori inseriti nella membrana: questa seconda modalità di regolazione può richiedere l’attivazione della sintesi proteica che determina un aumento della popolazione complessiva dei trasportatori attivi sulla membrana oppure, in alternativa, può aumentare l’attività di trasporto quando trasportatori già sintetizzati e presenti nella membrana di vescicole sono indirizzati alla membrana plasmatica. Se si osservano le caratteristiche di composizione delle membrane di alcuni tipi cellulari si trovano differenze anche notevoli. In generale molecole cariche e ioni attraversano la membrana con grande difficoltà. Il glucosio entra nella cellula grazie a delle vie preferenziali garantite dalla presenza di proteine di membrana che ne permettono il passaggio specifico e facilitato, e che è quindi influenzato unicamente dalla differenza di concentrazione; esso viene poi avvantaggiato dalla fosforilazione intracellulare del glucosio, che non ne permette l’uscita dalla cellula. Per permetterne l'uscita è infatti necessaria una fosfatasi che rende nuovamente la molecola neutra e idonea al passaggio: questo rappresenta una tappa irreversibile e l'enzima capace di rimuovere il fosfato dal glucosio, è presente solo in organi specifici (intestino, fegato, rene). In questo modo si aumenta la concentrazione di glucosio nel citoplasma, se è maggiore nel sangue, mentre si diminuisce la concentrazione interna se la situazione è opposta. I trasportatori del glucosio si dividono in due classi e sono espressi in cellule diverse; possono esser immaginati come degli enzimi che catalizzano una reazione in cui inizialmente si ha il glucosio extracellulare e la proteina con il sito di legame esposto verso l’esterno; si ha poi una formazione di un complesso, un cambiamento di conformazione della proteina e il rilascio del glucosio all’interno della cellula. Te + Glue ⇌ Te Glue ⇌ Ti Glui ⟶ Ti + Glui Te = trasportatore rivolto verso esterno, Ti = trasportatore rivolto verso interno con glucosio Se si considera che la reazione opposta non avvenga (come in enzimologia), si può scrivere un’equazione del flusso in funzione della concentrazione di glucosio esterno, che è analoga all’equazione della velocità di reazione di un enzima non allosterico, e quindi descrive un’iperbole equilatera. Il flusso in entrata, in quanto quello opposto è trascurabile, sarà pari a: Jmax [Glu]e JIN = K m + [Glu]e nel caso più generale bisogna poi considerare anche il flusso di glucosio verso l’esterno. Un trasportatore è descritto quindi da parametri come il flusso massimo (dovuto alla saturazione dei trasportatori, e quindi se lo si vuole superare bisogna aumentare il numero di trasportatori) e la Km che corrisponde alla concentrazione di glucosio a cui corrisponde un flusso che è la metà del flusso massimo (e quindi esprime quanto glucosio è necessario per saturare i trasportatori); a concentrazioni sempre più alte, il flusso tende ad un valore massimo perché il trasportatore ha un numero di siti specifici che sono tutti saturati. Se si confronta il flusso di un trasporto facilitato con la diffusione semplice (Fick) si vede che quest’ultimo è meno efficiente e ha un andamento lineare in quanto il glucosio non attraversa facilmente la membrana. Inoltre, la diffusione semplice ha forma lineare, non può saturare a meno di concentrazioni veramente elevate. GLUT1 è espresso in globuli rossi e vasi cerebrali; per i valori delle sue Km si vede che in condizioni fisiologiche ha prevalentemente affinità per il D-glucosio, e questa è paragonabile a quella dei trasportatori GLUT3 espressi nelle cellule del cervello (1-2 mM); GLUT4 (adipociti e muscoli) ha un valore un po’ più alto di Km per il glucosio e GLUT2 (pancreas e fegato) ancora più alto. I neuroni non hanno riserve di glucosio e non sono in grado di degradare le proprie proteine, e quindi sono molto dipendenti dal glucosio esogeno; per questo i loro trasportatori hanno una Km molto più bassa della glicemia fisiologica (4-5 mM), in modo da riuscire ad assorbire sempre alla massima efficienza il glucosio. Si vede invece che il fegato, quando si è lontano dai pasti, tende ad assorbire a circa il 20-30% dell’efficienza (molto poco), e quindi assorbe una grande quantità di glucosio solo dopo un aumento della glicemia in seguito a un pasto, quanto l’intestino assorbe i nutrienti, aumenta molto la concentrazione di glucosio e il sangue viene convogliato al fegato, dove il trasportatore si satura e permette l’entrata di glucosio accumulato sotto forma di glicogeno. Se la glicemia diminuisce, a livello del fegato si ha un esempio in cui il flusso di glucosio verso l’esterno, permesso dall’espressione della glucosio-6-fosfatasi, diventa significativo. Nel caso del glucosio si parla di uniporto, mentre nel caso in cui si ha un passaggio di una sostanza dall’esterno all’interno contemporaneo al passaggio di un'altra dall’interno all’esterno si parla di antiporto, portato avanti dagli scambiatori. Sono tipici gli scambiatori anionici: questi legano un anione verso l’esterno (es. Cl-), cambiano conformazione e lo trasportano verso l’interno, trovandosi in una condizioni in cui possono legare un altro anione (es. bicarbonato), che viene poi portato verso l’esterno (meccanismo ping-pong). Il trasportatore che usa questi due ioni è coinvolto nel trasporto verso l’esterno dell’anidride carbonica prodotta intracellularmente e che in soluzione si trova sotto forma di bicarbonato; la reazione che produce quest’ultimo è particolarmente attiva nei globuli rossi per la presenza dell’anidrasi carbonica nel loro citoplasma; generalmente, però, il 70% del bicarbonato si trova nel plasma, proprio per la presenza sulla membrana degli eritrociti di questi scambiatori, e infatti la concentrazione di cloro intracellulare dei globuli rossi è molto più alta rispetto ad altri tipi cellulari. Trasporto attivo Il trasporto attivo è il trasporto di molecole attraverso la membrana plasmatica mediato da una proteina transmembrana detta trasportatore di membrana. A differenza del trasporto passivo, nel trasporto attivo è richiesta una spesa energetica (ATP) ed è sempre necessaria la mediazione di un trasportatore. I trasportatori attivi si dividono in primari, che consumano direttamente ATP e trasportano generalmente gli ioni (e in questo caso vengono detti pompe ioniche) secondari, che hanno un consumo indiretto di ATP. [fun fact: le pompe ioniche non esistono negli eritrociti dei carnivori perché si ha un meccanismo diverso] Quando si ha a che fare con gli ioni non bisogna considerare solo il gradiente di concentrazione (guarda immagine per concentrazioni), ma anche il gradiente elettrico, dovuto alla presenta di un potenziale di membrana, che nelle cellule è solitamente negativo sulla faccia interna e positivo su quella esterna; mettendo insieme queste componenti si ottiene il gradiente elettrochimico, il quale favorisce l’ingresso di cariche positive nella cellula. Sia il sodio che il potassio sono lontani dall’equilibrio sia dal punto di vista del gradiente di concentrazione sia dal punto di vista elettrico, perciò, tendono spontaneamente ad entrare/uscire nella cellula: si è quindi capito che fosse necessario un trasportatore che potesse mantenere i gradienti di questi ioni molto diversi tra esterno ed interno e sperimentalmente si è trovato un unico trasportatore di membrana che costantemente porta ioni sodio all’esterno, ma simultaneamente potassio all’interno e che prende il nome di pompa ionica sodio/potassio. Ad ogni ciclo consuma una molecola di ATP per trasportare 3 molecole di sodio verso l’esterno e 2 molecole di potassio verso l’interno. Essa può essere inibita da composti come i glicosidi cardiaci (o steroidi cardiotonici), chiamati in questo modo in quanto sono coinvolti nella regolazione dell’attività cardiaca; essi sono molecole con un’affinità molto alta per la pompa (Ki=10 nm) e che agiscono con un’alta specificità, legandosi a un sito extracellulare e impedendone la fosforilazione. Un esempio di queste molecole è la ouabaina, la quale si ottiene dalle foglie secche della pianta Digitalis purpurea. L’azione della pompa sodio/potassio avviene grazie ad un ciclo di cambiamenti di conformazione e di idrolisi di ATP (ciclo di Post), che passa attraverso uno stadio fosforilato, e per questo essa fa parte delle pompe P; il trasporto di queste pompe è molto più lento rispetto ad altre proteine di membrana, proprio per il fatto che comporta una serie di passaggi, ma ha il vantaggio di permettere il passaggio di ioni riuscendo a contrastare i flussi passivi e spontanei di sodio e potassio, grazie all’energia ottenuta dall’idrolisi dell’ATP. Questo ciclo mostra due conformazioni principali della pompa sodio potassio: E1 con il sito di legame dello ione rivolto verso il citoplasma ed E2 con il sito di legame degli ioni rivolto verso il lato extracellulare. La fosforilazione di E1 tramite ATP causa l'occlusione dei tre siti del sodio e questi sono rilasciati all'ambiente extracellulare dopo che si passa alla conformazione E2. Quindi due ioni potassio legano i propri siti e la defosforilazione provoca il cambiamento conformazionale da E1 con il rilascio di ioni potassio nella cellula; come tutte le ATPasi di tipo P viene inibita dal vanadato, un composto simile al fosfato. Da un punto di vista strutturale la subunità principale () è formata da 10 segmenti transmembrana (indicati da M1 a M10) ad -elica, tre dei quali delimitano un canale centrale; alcuni presentano dei gruppi carichi, che permettono una regolazione dello stato conformazionale anche in funzione del potenziale intrinseco di membrana. Si hanno delle strutture quaternarie , in cui la forma più comune è quella 11; si possono poi avere delle forme tessuto specifiche che si affiancano a questa forma e che presentano delle subunità o modificate. La funzione della pompa in funzione di diverse concentrazioni: a. la Km della pompa è circa pari a 0,5 e cioè a concentrazioni fisiologiche di sodio, la pompa è satura. b. anche in questo caso, in funzione della concentrazione di potassio, la pompa lavora al massimo delle sue possibilità ma eliminando il K esterno la pompa non funziona più. Si parla quindi di un trasporto accoppiato, perché nel caso in cui dovesse mancare uno dei due ioni si avrebbe la riduzione completa della sua attività. c. la pompa tende a saturare a concentrazioni al di sotto di 1mM di ATP, valore che corrisponde alle concentrazioni tipiche di questo composto all’interno delle cellule; le concentrazioni di ATP cellulari sono quindi sufficienti a garantire il massimo funzionamento della pompa. d. ad elevate concentrazioni di vanadato l’ATP riduce la propria attività. − Un’altra pompa ionica molto simile a quella appena descritta è una che opera uno scambio tra ioni H+ e potassio, e che causa l’acidificazione del lume dello stomaco. − Le pompe protoniche sono tipiche della membrana plasmatica delle cellule vegetali, in quanto in queste molto spesso i protoni svolgono lo stesso ruolo che ha il sodio nella cellula animale. − Le pompe per il calcio si trovano sia sulla membrana plasmatica di tutte le cellule che sul reticolo endo/sarcoplasmatico, a livello del quale regolano una serie di processi. Esse mantengono la differenza di concentrazione tra il calcio libero e quello esterno e spesso si parla di SERCA (Sarco/Endoplasmatic Reticulim Calcium ATPasi). Nella pompa del calcio sembra che la subunità sia sufficiente alla sua funzione. − Le pompe possono trasportare anche il rame sfruttando ATP e un crollo della loro funzione causa malattie. − Pompe di tipo V, che sono delle pompe protoniche che si trovano espresse a livello di membrane intracellulari (vacuoli, endosomi, lisosomi), la cui funzione è quella di trasportare protoni dal citoplasma verso lo spazio delimitato da membrana, determinando un abbassamento del pH il lume del compartimento e mantenendo la neutralità del pH citoplasmatico. − Pompe di tipo F, che funzionano in modo opposto in quanto producono ATP sfruttando il gradiente protonico e si trovano a livello di mitocondri e cloroplasti e del plasmalemma dei procarioti. − Le pompe di tipo ABC (hanno dei domini per due ATP) sono espresse su diversi tipi di membrana e non servono per il trasporto ionico ma per l’esportazione di altri elementi (utili quindi per la detossificazione, ma che possono anche espellere farmaci che si vorrebbe rimanessero all’intero della cellula). I trasporti attivi secondari sfruttano un gradiente elettrochimico molto favorevole di uno ione in entrata all’interno della cellula (come quello del sodio) per trasportare contro gradiente altre molecole come il glucosio ed esempi sono: ▪ il simporto/cotrasporto sodio/amminoacidi ▪ l’antiporto sodio/idrogeno che permette l’uscita di ioni H+ dalla cellula quando l’ambiente è molto acido ▪ l’antiporto sodio (3) /calcio (1) per permettere l’uscita del calcio che tende ad entrare. Questi trasporti vanno avanti spontaneamente, ma la loro azione dissipa il gradiente del sodio, che deve essere riportato a livelli fisiologici, per questo la cellula deve consumare ATP attraverso la pompa sodio/potassio per ristabilirlo. Ciò che favorisce un trasporto verso l’interno di sodio e altre molecole, anche quando queste sono presenti a basse concentrazioni in ambiente extracellulare, è l’elevata concentrazione esterna del sodio: il compito del trasportatore è infatti quello di concentrare all’interno una qualsiasi molecola, contro gradiente, sfruttando l’energia liberata dal sodio per entrare nella cellula. Il trasporto passivo invece consente al massimo di avere la stessa concentrazione all’esterno e interno della cellula. Vediamo come il trasporto attivo secondario permette di concentrare una molecola all’interno: nel grafico si vede la concentrazione di alanina intracellulare (co-trasporto sodio/aa) in funzione del tempo; perché il trasportatore funzioni si deve avere la presenza di entrambe le sostanze dell’antiporto: in una condizione in cui non si ha sodio extracellulare, la concentrazione intracellulare dell’alanina ([ALA]i) può raggiungere al massimo un valore pari alla concentrazione extracellulare ([ALA]o); in caso di alta concentrazione extracellulare di sodio si può invece raggiungere una concentrazione di alanina intracellulare pari a 7-10 volte quella dell’alanina extracellulare. Non tutti i trasportatori sono neutri dal punto di vista elettrico, ad esempio l’antiporto sodio/protoni non produce alcuna corrente elettrica (1 fuori, 1 dentro), perciò, viene definito elettro neutro; mentre l’antiporto sodio/calcio permette l’entrata di 3 ioni sodio e l’uscita di 1 ione bivalente e ad ogni ciclo di trasporto permette l’entrata di una carica positiva creando una corrente entrante. Lo stesso lo si osserva per la pompa sodio/potassio che, ad ogni ciclo, permette l’uscita di una carica positiva e quindi crea una corrente uscente: questi vengono definiti elettrogenici e sono influenzati dal potenziale. I trasporti trans-epiteliali possono essere di diverso tipo a seconda delle caratteristiche dell’epitelio; nel caso di un epitelio che presenti delle giunzioni serrate, il trasporto paracellulare viene completamente evitato, e il passaggio viene regolato interamente dalle cellule dell’epitelio. Si può distinguere nelle cellule una regione apicale, cioè quella in contatto con il lume, e una regione baso- laterale, cioè quella a contatto con i vasi e i tessuti interni. Durante la digestione si deve avere un assorbimento di glucosio, e questo avviene grazie all’azione di un trasportatore attivo secondario (SGLT1) espresso sulla faccia apicale della cellula; questo permette l’entrata del glucosio grazie al consumo del gradiente del sodio, che viene mantenuto grazie all’azione di una pompa sodio/potassio sulla faccia baso-laterale che espelle il sodio intracellulare all’interno del sangue. La presenza di un trasporto attivo per il glucosio fa sì che il suo assorbimento sia sempre favorito, a prescindere dalla sua concentrazione nel lume. Un meccanismo del genere si ha anche nell’assorbimento di altre molecole come gli amminoacidi. Il passaggio di glucosio dal citoplasma al sangue può invece avvenire grazie alla presenza di un trasportatore passivo (GLUT2). Il problema del trasporto attivo del glucosio è che a ogni ciclo si ha il passaggio di una carica positiva dalla regione apicale alla regione baso-laterale, e questo porterebbe a un accumulo di cariche positive in questa zona che dopo un certo tempo non permetterebbe di pompare verso l'esterno il sodio in quanto la forza elettrica lo impedirebbe: questo non accade perché simultaneamente ci sono anche dei trasportatori passivi di ioni negativi come il cloro, i quali seguono il sodio nel passaggio dal lume alla regione baso-laterale. Il passaggio di ioni è anche accompagnato da un flusso di acqua per osmosi, e quindi questo meccanismo nel complesso può essere visto anche come un meccanismo di assorbimento dell’acqua. La presenza di giunzioni serrate nell’epitelio permette lo stabilirsi di grandi differenze di concentrazioni tra i vari compartimenti, e quindi di gradienti, situazione che non si potrebbe avere nel caso di epiteli più lassi. Potenziale di membrana e di equilibrio A livello cellulare, le forze più rilevanti sono quelle elettrostatiche, mentre ad esempio una forza come quella di gravità non è rilevante (10^-36 volte più piccola). Il potenziale extracellulare (Vo) viene considerato per convenzione pari a 0, e si vede che il potenziale di membrana, cioè la differenza tra il potenziale intracellulare ed extracellulare, è sempre negativo, con valori maggiori o minori a seconda che si parli di cellule eccitabili o meno. La differenza di potenziale è pari al lavoro necessario a spostare una carica unitaria tra due punti, con segno cambiato. La membrana è caratterizzata da una separazione di carica ai capi di essa, perciò, si crea un campo elettrico. Può essere considerata come un piccolo condensatore, in cui la carica totale è uguale al prodotto del potenziale di membrana per una costante, cioè la capacità del condensatore; per le membrane biologiche la capacità è dell’ordine di 1 F/cm2. Utilizzando questa relazione, e scegliendo un potenziale di - 100 mV, cioè nell’ordine di grandezza dei potenziali che si ritrovano nelle membrane cellulari, si può calcolare la carica contenuta in un cm2 di membrana; dividendo questo valore per la costante di Faraday (96500 C mol-1) si può calcolare a quante moli di K+ esso corrisponde, e quindi a quanti ioni, moltiplicando per il numero di Avogadro, ottenendo un valore di 6x1010. In un cm3 di soluzione 100 mM di K+ (sempre un valore simile a quelli che si ritrovano fisiologicamente) si può calcolare che si trovano 6x1019 ioni (guarda slide). Risulta che il rapporto tra il numero di ioni necessari per caricare una membrana (fino ad avere potenziali di membrana dell’ordine di quelli biologici) e il numero di ioni contenuti in un volume simile a quello occupato da una membrana è nell’ordine dei 10-9; questo vuol dire che lo spostamento di ioni durante il caricamento di una membrana non è in grado di modificare in modo apprezzabile le concentrazioni di questi ioni in soluzione, mentre quello che varia è semplicemente il numero di ioni che si trovano ai capi della membrana. Secondo l’ipotesi di Bernstein il potenziale di membrana di cellule con potenziale molto negativo è circa simile al potenziale di equilibrio del potassio; inoltre, il potenziale è sensibile ad una modifica della concentrazione degli ioni potassio, ma non a quella del sodio esterno. Queste deduzioni portarono a ipotizzare che la membrana si comportasse come un ‘elettrodo al potassio’ e cioè permeabile solo ad esso. In uno schema a “celle di concentrazione” si osservano due compartimenti contenenti concentrazioni diverse di due ioni, un catione e un anione (ad esempio K+ e Cl-), separati da una membrana permeabile al potassio e non al cloro (grazie all’espressione di canali selettivi per questo ione). Per diffusione il potassio si sposta verso il compartimento dove è meno concentrato producendo una differenza di potenziale; si stabilisce una forza elettrica ai capi della membrana che spinge il potassio dalla parte opposta e si raggiunge l’equilibrio quando il flusso del potassio secondo gradiente chimico verso destra è uguale a quello verso sinistra a causa della forza elettrica; a questa condizione di equilibrio corrisponde un certo valore di potenziale di membrana (Vm) medio (si hanno sempre delle fluttuazioni). In queste condizioni è possibile eguagliare le equazioni del fattore energetico (G) dovuto al potenziale elettrico e il fattore energetico dovuto alla diffusione (entrambi per mole), e ricavare il potenziale di membrana, che viene definito potenziale di equilibrio del potassio (Ek) (o potenziale di Nernst). dove: Vm = Vi-Vo Cellule eccitabili = in grado di generare potenziale d’azione tramite una variazione di quello di membrana (neuroni e alcuni oociti) Cellule non eccitabili = non in grado di generare potenziale d’azione (epatociti) Potenziale a riposo = potenziale in condizioni normali Una cosa importante da notare è il fattore di valenza (z) al denominatore, che cambia (in segno e valore assoluto) a seconda dello ione in esame, e nel caso di K+ vale +1. Con questa relazione, conoscendo le concentrazioni all’equilibrio in due compartimenti (che possono essere ad esempio l’interno e l’esterno di una cellula) e ponendosi a temperatura ambiente, si può calcolare il potenziale di equilibrio di un qualunque ione. Nel caso del potassio, ponendosi a 37°C e inserendo le concentrazioni che si ritrovano dentro e fuori la cellula, si ottiene Ek = -92 mV (guarda slide dopo) Il fatto che una cellula abbia un potenziale di riposo di membrana pari al potenziale di equilibrio del potassio vuol dire che questa cellula normalmente presenta quasi solo canali del potassio aperti, e quindi presenta una conduttanza solo per questo ione. Osservando altri ioni si vede che il potenziale di equilibrio del sodio e del calcio sono invece molto positivi. Anche in organismi che presentano concentrazioni di ioni nei vari compartimenti molto diverse fra di loro, si vede comunque che i rapporti tra le varie concentrazioni sono sempre più o meno le stesse, e quindi anche i potenziali di equilibrio dei vari ioni. NB: in questo caso è stata presa in considerazione la concentrazione totale del calcio. In realtà bisogna considerare quella del calcio libero per poter calcolare il potenziale di equilibrio, che risulta essere sempre molto positivo. Si può verificare se il potenziale di riposo è sensibile alle modificazioni delle concentrazioni di potassio e se queste riflettono il potenziale di Nerst, prendendo una cellula gliale del nervo ottico di Necturus (un anfibio). Si osserva che ha un potenziale di membrana di circa -80 mV; se l’ipotesi è che questo potenziale è dipendente dalla concentrazione di potassio intra ed extracellulare, si può osservare come esso cambia al variare della concentrazione extracellulare di potassio (che in condizioni fisiologiche è di circa 3 mM). Quello che si vede è che abbassando la concentrazione di potassio (a 0.3 mM) la membrana si iper-polarizza, cioè assume un potenziale molto negativo; ripotando la concentrazione a quella fisiologica si vede che il potenziale torna ai valori normali, vedendo quindi che la variazione di concentrazione non ha ucciso la cellula. Aumentando invece la concentrazione di potassio extracellulare si vede che la cellula si depolarizza, cioè il suo potenziale di membrana assume un valore poco negativo. Scrivendo l’equazione di Nernst come la differenza di due logaritmi, la si può vedere come l’equazione di una retta, in cui il potenziale di equilibrio dipende dal logaritmo della concentrazione di potassio esterna; se è vera l’ipotesi che il potenziale della cellula gliale dipenda dalla concentrazione di potassio esterna, i punti corrispondenti ai vari potenziali di riposo calcolati a diverse concentrazioni di potassio devono cadere sulla retta descritta dall’equazione di Nernst (con pendenza pari a 59). Nel caso della cellula gliale presa in esempio si vede che, modulando la [K], il potenziale di membrana segue quello di equilibrio del K/Nerst, nonostante si possano osservare delle deviazioni al di sotto di [K] tra 1-2 mM: es. a 15 mM c.a. il potenziale è pari a -60 e uguale a quello di Nerst per il K. Secondo l’ipotesi di Bernstein si può definire la membrana come un elettrodo selettivo al potassio. Osservando diversi tipi cellulari provenienti da organismi diversi, si vede che i potenziali di membrana in funzione del logaritmo della concentrazione esterna di potassio coincidono entro certi ambiti con la retta teorica, con delle deviazioni più o meno grosse a seconda del tipo cellulare, dimostrando che la teoria di Bernstein vale solo per alcuni tipi di cellule. Questo avviene perché la cellula è permeabile a vari tipi di ioni, ed è necessario valutare il contributo di tutti. Secondo la legge di Ohm, la corrente, cioè il flusso di cariche, è proporzionale al potenziale di membrana diviso per la resistenza del cammino conduttivo. In fisiologia al posto della resistenza si utilizza generalmente il suo reciproco, cioè la conduttanza (G); questa a livello di una membrana dipende dai cammini conduttivi presenti su di essa, cioè i canali ionici. 1 𝐼= 𝑉 𝑅 𝐼 = 𝐺𝑉 In un normale circuito quando il potenziale è pari a 0 non si ha corrente, ma a livello della cellula ciò non è sempre vero, in quanto il passaggio attraverso una membrana può avvenire anche grazie a una differenza di concentrazione: il K esce dalla cellula, mentre il Na entra. La corrente dovuta al passaggio di ioni è pari a zero quando il potenziale di membrana è uguale al potenziale di equilibrio per quegli ioni. Per convenzione correnti positive si hanno per cationi che escono dalla cellula, mentre correnti negative si hanno per cationi che entrano nella cellula. Quindi, quando si vuole calcolare la corrente per uno ione generico, bisogna modificare la legge di Ohm per tenere conto del fatto che gli ioni hanno anche una differenza di concentrazione. La corrente sarà uguale alla conduttanza della membrana per quello ione moltiplicata per un fattore, che spinge lo ione a muoversi, denominato driving force, che indica la differenza tra il potenziale di membrana e il potenziale di equilibrio dello ione (di conseguenza se questi due valori si eguagliano non si ha corrente). 𝐼𝑘 = 𝐺𝑘 (𝑉𝑚 − 𝐸𝑖 ) 𝑠𝑒 𝑉𝑚 = 𝐸𝑖 → 𝐼𝑖 = 0 Questa relazione, nel grafico corrente-voltaggio, è una retta che incontra l’asse delle x quado il potenziale di membrana è uguale a quello di equilibrio (tanti ioni escono quanti ne entrano); tutto questo discorso vale nel caso in cui la conduttanza rimanga costante, cosa che per ora si sta assumendo come vera. Se supponiamo di avere un potenziale di membrana maggiore di – 90, la differenza tra i potenziali porta ad una corrente che non è pari a 0, bensì positiva e che indica l’uscita di ioni K dalla cellula in quanto questi sono lontani dall’equilibrio (-90) e tendono spontaneamente a fluire all’esterno per riportare il potenziale al valore iniziale. Invece, a potenziali più negativi, si avrà una corrente negativa che indica l’entrata di ioni K nella cellula perché la forza elettrica vince sul gradiente di concentrazione di questo ione: esso, infatti, è molto concentrato all’interno e tenderebbe spontaneamente ad uscire. Supponendo di avere una cellula con tutti i canali per gli ioni chiusi e un potenziale di membrana pari a 0, aprendo solo i canali del potassio si avrà un’uscita di potassio della cellula per differenza di concentrazione fino a stabilire un potenziale di membrana, che si stabilizza sul valore di potenziale di equilibrio del potassio; aprendo qualche canale del sodio, rispetto a questo ione ci si trova in una condizione molto lontana dall’equilibrio, sia rispetto alla concentrazione che rispetto alla carica, e quindi si avrà un ingresso all’interno della cellula, cosa che porta alla depolarizzazione della cellula, fino a raggiungere un potenziale di riposo (VR) a un valore intermedio tra i potenziali di equilibrio dei due ioni, ma vicino al potenziale del potassio in quanto dipende anche dalla conduttanza della membrana per uno ione, maggiore per il potassio. Normalmente in una cellula il potenziale di riposo è determinato principalmente dalle concentrazioni di sodio e potassio. Si possono poi rappresentare nel grafico corrente- voltaggio le rette corrispondenti alle correnti dovute al passaggio di potassio e sodio, dove la prima è più inclinata, perché la conduttanza per il potassio è maggiore rispetto a quella per il sodio; il potenziale di riposo si raggiunge quando la somma delle due correnti è pari a 0 (vedi immagine dove Vr è pari a -60), e questo punto è bene visibile sul grafico, in quanto le due rette sono equidistanti dall’asse x. Immaginando di aprire un numero maggiore di canali del sodio si avrebbe un aumento della conduttanza per il sodio, e quindi uno spostamento verso destra del valore di potenziale in cui le due correnti si eguagliano; stessa cosa ma verso sinistra avverrebbe aumentando la conduttanza per il potassio. Quando ci trova nella condizione appena descritta, due correnti una entrante e una uscente si eguagliano e non fanno variare il potenziale di membrana, ma quello che varia sono le concentrazioni all’interno e all’esterno della cellula di sodio e di potassio che vanno a dissiparsi, in quanto ci si trova a un potenziale di membrana diverso da quello di equilibrio per entrambi gli ioni; questi gradienti di concentrazione potrebbero anche annullarsi. Perché queste siano mantenute a determinati valori si deve avere l’azione della pompa sodio/potassio, e quindi consumo di ATP. Questa pompa presenta però una stechiometria 3 a 2, cioè trasporta costantemente più ioni sodio verso l’esterno rispetto a quanti ioni potassio porta verso l’esterno, e quindi genera una leggera corrente uscente; questa piccola componente va aggiunta alla corrente uscente di potassio, e quindi la corrente entrante di sodio deve essere un po’ più intensa; questo coincide con lo spostare di poco a sinistra il potenziale di riposo nel grafico corrente-voltaggio. Il fatto che la pompa sodio-potassio presenti una stechiometria 3 a 2 potrebbe essere legato al grande numero di trasportatori che sfruttano il gradiente del sodio presenti nelle cellule: il terzo ione sodio potrebbe essere trasportato perché attivo, per esempio, l’antiporto sodio-ioni H+, neutro dal punto di vista elettrico e cioè che non influisce sul potenziale di riposo. Esso però porta all’interno uno ione sodio che potrebbe modificare la sua concentrazione, perciò la pompa lo riporta all’esterno: abbiamo quindi una carica positiva in più nell’ambiente esterno (6 vs 5) data dalla presenza del protone, che potrebbe essere bilanciata da un bicarbonato che esce. In altri casi il sodio in più che entra può dipendere da altri trasportatori, come per esempio un cotrasporto sodio/aa. Un altro ione che presenta una permeabilità di membrana significativa è il cloro, e quindi in una situazione in cui si vuole avere una visione di insieme bisogna considerare anche la corrente dovuta al passaggio di questo ione; mettendo la somma delle varie correnti pari a 0, si può ricavare una relazione che esprime il potenziale di riposo i termini di potenziale di equilibrio e conduttanza dei vari ioni; in condizioni reali bisogna poi fare in conti con il fatto che la conduttanza non è un valore costante, e quindi bisogna fare una valutazione dei vari dati sperimentali. Per valutare il contributo al potenziale di riposo della pompa sodio/potassio si risolve un sistema in cui si pone, per ogni ione, la somma della sua corrente passiva e attraverso la pompa uguale a zero, oltre alla somma della corrente del potassio attraverso la pompa moltiplicata per un fattore stechiometrico (r) e la corrente del sodio attraverso la pompa sempre paria a zero; una volta risolto il sistema, è possibile ricavare una relazione che esprime il potenziale di riposo anche in funzione del fattore stechiometrico. Risolvendo i conti con e senza la presenza della pompa si vede che in presenza della pompa il potenziale di riposo è leggermente più negativo, in quanto questa genera un passaggio di ioni verso l’esterno e quindi una corrente positiva. In questo caso il contributo della pompa al potenziale è circa 4mV (4.5 % di Vr) ma si può arrivare sino al 15% in certe cellule di mammifero quando la densità delle pompe è molto elevata. Finora abbiamo detto che al Vr la somma delle correnti per i singoli ioni è pari a 0, ma per calcolarlo è necessario conoscere le forme delle singole correnti: Si può usare 𝐼𝑖 = 𝐺𝑖 (𝑉 − 𝐸𝑖 ) , ricavando le forme di G sperimentale Si può derivare una funzione che dia I in funzione di Vm, in base alle leggi dell’elettro diffusione; è l’equazione di Goldman per la corrente (equazione del campo costante), che ha questa forma. Nel modello di Goldman si assume che il campo elettrico transmembrana sia costante, che gli ioni abbiano flussi indipendenti, e non si tiene conto della variazione del numero di canali per i vari ioni o del loro stato di apertura-chiusura, il ‘Gating’; con queste assunzioni è possibile ricavare in modo teorico il valore di corrente per i vari ioni in funzione del potenziale di membrana, ottenendo degli andamenti non più lineari perché le correnti che entrano/escono sono maggiori di quelle opposte in quanto ci sono più ioni nell’ambiente interno o esterno a seconda della situazione; essi però sono abbastanza lineari in condizioni fisiologiche. A partire da questo modello è possibile ricavare un’equazione del potenziale di riposo, che può essere vista come una generalizzazione dell’equazione di dell’equazione di Nernst, che considera la presenza di più ioni e la loro permeabilità. Fino a questo momento, abbiamo considerato una generica corrente di potassio espressa secondo questa legge. In realtà per ciascuno ione, in particolare per il K, sono noti numerosi canali; perciò, questa relazione per la corrente del K potrebbe essere divisa in un certo numero di fattori che corrispondono ai singoli tipi di canali ionici. I canali del potassio 2P (K2P) sono chiamati in questo modo perché sono composti da due subunità che delimitano un poro centrale; le singole subunità sono formate da segmenti trans-membranali uniti tra loro da anse ‘P’ (due extracellulari e una intracellulare), che danno il nome a questi canali e formano il vestibolo extra e intra-cellulare per la selettività degli ioni. Tra tutti i canali 2P solo quelli appartenenti al gruppo TWIK si trovano sempre aperti e quindi danno un contributo importante al potenziale di riposo, mentre altri tipi di canali appartenenti a questa famiglia si trovano aperti solo in specifiche condizioni. I canali Kir (rettificatori entranti) sono formati da quattro subunità che delimitano un poro, ciascuna formata da due segmenti uniti da anse, che insieme formano il vestibolo di selettività degli ioni; la maggior parte opera a valori di potenziale intorno a quello di equilibrio. Con il termine rettificatori si intende raddrizzatori, in quanto permettono più facilmente il passaggio in una direzione piuttosto che nell’altra, ed essendo entranti, facilitano più l’entrata che l’uscita; questo avviene perché quando il potassio cerca di uscire dalla cellula viene accompagnato da degli altri cationi intracellulari che ostruiscono il poro del trasportatore; tra questi composti cationici si hanno delle poliammine (es. ornitina, spermidina, spermina), che presentano più gruppi carichi positivamente, e che si trovano a concentrazioni intracellulari di 100-200 m, ma anche lo ione inorganico Mg2+. Questo effetto di blocco del passaggio di ioni è di entità maggiore quando la cellula si depolarizza, e quindi quando gli ioni potassio tenderebbero a generare una forte corrente verso l’esterno; questo meccanismo avviene perché la cellula deve innescare altri processi fisiologici, permette quindi di evitare un’eccessiva uscita di ioni potassio dalla cellula e un eccessivo dispendio energetico per bilanciarla. Questi canali sono un esempio di canali a conduttanza non costante, che funzionano a potenziali negativi e servono a mantenere la cellula a riposo non lontana dal potenziale di equilibrio del K. Tra questi canali i più studiati sono i 4.1, principalmente espressi negli astrociti in modo che abbiano un potenziale di riposo intorno ai -85 mV. Intorno al potenziale di riposo, quindi, la corrente per un determinato ione viene determinata dal contributo di più canali che lavorano a quel potenziale, ad esempio per il potassio si hanno i canali 2P e i canali IR (oltre a quelli voltaggio dipendenti, che però generalmente danno un basso contributo a questi valori di potenziale). Per calcolare la corrente totale di uno ione in una cellula bisogna moltiplicare la corrente attraverso un singolo canale (ii) per il numero di canali che si trovano aperti, valore che non sarà mai uguale al 100% dei canali espressi in una cellula (anche se ci si trova in condizioni che favoriscono al massimo l’apertura dei canali, per questioni statistiche); per questo si moltiplica il numero di canali totali per la probabilità che un canale si trovi aperto in una determinata condizione (P0), ottenendo il numero medio di canali aperti in quelle condizioni. 𝐼𝑖 = 𝑖𝑖 𝑁𝑃0 Nel caso in cui stia osservando un canale di un solo tipo, la corrente di singolo canale può esser descritta con la relazione già vista, in cui si utilizza la conduttanza del singolo canale (i) che racchiude i tre fattori della precedente relazione. 𝑖𝑖 = 𝛾𝑖 (𝑉𝑚 − 𝐸𝑖 ) Maggiore è la conduttanza e maggiore è la corrente a parità di potenziale. moltiplicando per il numero medio di canali aperti si ottiene un valore di conduttanza totale. 𝐺𝑖 = 𝛾𝑖 𝑁𝑃0 Si vede quindi come questo valore possa variare, in quanto il numero totale di canali e la probabilità che questi siano aperti sono i fattori che la cellula può regolare; il primo fattore viene modificato grazie all’espressione di canali su vescicole che possono fondersi con la membrana, mentre il secondo può essere modificato, ad esempio, tramite lo stato di fosforilazione del canale, portando a diverse probabilità di apertura; la probabilità dell’apertura può anche essere modificata dal potenziale di membrana stesso (canali voltaggio dipendenti) o dal legame del canale con specifici ligandi (recettori ionotropi). Che sia la conduttanza del singolo canale a variare è invece più improbabile, e si hanno poche evidenze di questo in letteratura. Ciò che cambia nelle correnti totali tra canali ionici e trasportatori è l’ampiezza della corrente stessa: per i canali ionici, attraverso i quali si ha passaggio di ioni per diffusione, i valori medi di flusso attraverso il singolo canale si aggirano intorno a valori di 107 ioni/s, mentre nel caso dei trasportatori (trasporto accoppiato o per attività ATPasica) i valori sono molto più bassi (102-103 ioni/s). Nello spazio extracellulare si ha generalmente una concentrazione di circa 2 mM di Mg2+, che è pari alla concentrazione di Mg2+ libero intracellularmente (molto magnesio si trova associato all’interno di molecole); questa condizione è lontana dall’equilibrio, in quanto il potenziale negativo di membrana farebbe in modo di avere più magnesio libero intracellularmente, e quindi devono esistere per forza dei trasporti attivi che mantengono le concentrazioni ai valori che si ritrovano effettivamente. Nel caso di Cl- invece, non esistono trasporti attivi, e quindi la sua concentrazione dipenderà interamente dal valore del potenziale di riposo, che è determinato dagli altri meccanismi legati agli altri ioni; di conseguenza lo ione si distribuirà tra interno ed esterno della cellula, in modo passivo, fino a che le sue concentrazioni intra/extra-cellulari non saranno tali da rendere il suo potenziale di equilibrio pari a quello della cellula. La cellula si stabilirà sempre in una condizione in cui la concentrazione extracellulare di Cl- è maggiore di quella intracellulare; è il contrario di ciò che accade per sodio e potassio che hanno concentrazioni stabilite grazie alla pompa sodio/potassio. 𝑅𝑇 [𝐶𝑙 − ]𝑜 Quindi per il cloruro: 𝑉𝑅 = 𝐸𝐶𝑙 = 𝑧𝐹 𝑙𝑛 [𝐶𝑙 − ]𝑖 Un’osservazione del genere può essere utilizza per calcolare non elettricamente il potenziale di membrana di una cellula (utile, ad esempio, osservano reti di neuroni) tramite l’utilizzo di sostanze sonda per cui non esistono delle regolazioni attive e di cui si può osservare visivamente la concentrazione intra ed extra-cellulare quando raggiungono l’equilibrio. Meccanismi di controllo del pH intracellulare Conoscendo il potenziale di membrana, le diverse concentrazioni di pH intra ed extracellulare, e il potenziale di equilibrio degli ioni H+ (EH=-5mV), si vede che si ha sempre una tendenza all’entrata di ioni all’interno della cellula (acidificazione), e che quindi per essi deve esistere un meccanismo di estrusione; questo accade perché le concentrazioni di protoni sono simili tra interno ed esterno, essi sono lontani dall’equilibrio e hanno un potenziale non lontano da zero. Per mantenere il pH stabile si ha poi un meccanismo di regolazione della concentrazione di bicarbonato, che invece tenderebbe a uscire dalla cellula (EHCO3=-7mV) per lo stesso motivo degli ioni H+. I processi metabolici producono poi continuamente acidi, anche questi da portare verso l’esterno (es. CO2). In generale la variazione de pH intracellulare viene utilizzata come meccanismo di segnalazione cellulare per innescare alcuni processi come l’inizio del ciclo cellulare o dell’attivazione della cellula uovo; all’interno della cellula si hanno poi alcuni compartimenti che operano grazie all’accumulo di protoni. Il potere tampone () del citoplasma può essere definito come la quantità di base forte che bisogna aggiungere ad esso perché si abbia un aumento di 1 del pH (o anche di acido ma con il segno meno davanti). ∆ 𝑏𝑎𝑠𝑒 𝑓𝑜𝑟𝑡𝑒 ∆ 𝑎𝑐𝑖𝑑𝑜 𝑓𝑜𝑟𝑡𝑒 𝛽= =− ∆𝑝𝐻 ∆𝑝𝐻 I tamponi estrinseci (b) dipendono dal sistema del bicarbonato, mentre i tamponi intrinseci (i) riescono a tamponare un eccesso di ioni H+ senza coinvolgere un passaggio di sostanza attraverso la membrana. Le sostanze tampone che si trovano generalmente in una cellula sono l’imidazolo e i fosfati, che insieme danno alla cellula un potere tampone intrinseco tra i 5 e 30 mM a pH fisiologici (nei neuroni neonatali si può raggiungere un valore di 40-50 mM); dato che però a lungo termine questi non bastano a mantenere costante il pH intracellulare si deve avere il sistema del bicarbonato, che rende conte del 50/65% del potere tamponante totale della cellula. E’ quindi necessario che ci siano meccanismi di trasporto transmembrana di ioni H+; tra questi le pompe protoniche, molto importanti soprattutto negli organuli cellulari (a livello dei quali si parla di pompe di tipo V) dove operano generalmente acidificandone il lume per favorirne la funzione; si hanno poi pompe di tipo F per la produzione di ATP (mitocondri, tilacoidi) e pompe di tipo P, le quali generalmente non si trovano sulla membrana plasmatica per il controllo del pH intracellulare, ma piuttosto vengono impiegate in funzioni come l’acidificazione del lume dello stomaco e l’escrezione di protoni perché localizzate in cellule di epiteli renali. Prendendo una cellula di muscolo soleo è possibile misurarne il pH intracellulare con degli elettrodi sensibili ad esso; supponendo di avere un pH iniziale di 7.3 e facendo una micro-iniezione di acido acetico che porta istantaneamente il pH 6.8, si può misurare come la cellula riporta il pH ai valori normali nel tempo. Si può poi provare a modificare il mezzo extracellulare per osservare se l’eliminazione di qualche ione influisca sul meccanismo di recupero del pH: ad esempio si è visto che la rimozione di ioni calcio e potassio, o l’aggiunta di uabaina non hanno alcun effetto, mentre la rimozione del sodio (non con la pompa sodio- potassio) o l’aggiunta di inibitori come l’amiloride fanno sì che il pH non torni ai livelli fisiologici. Oltre al pH è possibile poi valutare la concentrazione intracellulare di sodio nel tempo tramite una sonda specifica per questo ione (questi elettrodi, come il pH- metro, sfruttano il potenziale di Nernst); dopo aver portato il pH a 6.8, durante il recupero del pH , è possibile osservare un aumento della concentrazione intracellulare di sodio (che invece non si ha in caso di aggiunta di amiloride). Misurando invece il potenziale di membrana è possibile osservare che esso rimane costante per tutto il processo di recupero del pH, facendo intuire che i trasportatori coinvolti non sono elettrogenici. L’antiporto Na+/H+ mantiene il pH intracellulare lontano dall’equilibrio, a spese del gradiente di Na+, e quindi si tratta di un tipico trasporto attivo secondario. Esso è coinvolto poi nell’estrusione di acidi nell’urina durante l’escrezione e nel controllo di segnali intracellulari sensibili al pH: è proprio l’antiporto che genera variazioni di pH che attivano cellule in uno stato quiescente a pH al di sotto di 7, quindi se c’è uno stimolo l’antiporto viene attivato e l’attività cellulare riprende (es. attivazione oocita fecondazione/ciclo nelle cellule). È coinvolto anche nel controllo del volume cellulare, nel controllo del pH degli organuli, e svolge dei ruoli locali, ad esempio a livello del fronte cellulare che si sta estrudendo durante il movimento cellulare (in esso l’acidificazione della regione che si sta allungando facilita l’azione degli enzimi coinvolti). Gli scambiatori sodio/protoni sono denominati NHE (exchanger sodio-protoni), seguito da un numero che indica la specifica isoforma, ognuna delle quali ha meccanismi di segnalazione diversi perché dipendono dal tipo cellulare. Essi sono composti da una regione transmembrana e da un lungo dominio citoplasmatico, che interagisce con una serie di proteine e segnalatori intracellulari, e ne permette la regolazione in funzione dei segnali proveniente dalla cellula; ad esempio si ha un sito per l’anidrasi carbonica (CA) che accelera l’equilibrio tra CO2, H20 e Bicarbonato e H+, garantendo un rifornimento di protoni al trasportatore, facendo in modo che i protoni provenienti dalla sua reazione vengano espulsi velocemente. Inoltre, contiene segmenti con proteine di connessione col citoscheletro e sequenze che permettono la regolazione da secondi messaggeri. Esistono poi dei trasportatori che operano un co-trasporto sodio/bicarbonato (NBC), alcuni verso l’interno e altri verso l’esterno, e dei trasportatori che operano un antiporto di anioni, come lo scambiatore cloro/bicarbonato. Per distinguere sperimentalmente tra diversi trasportatori si può osservare la risposta ai diversi inibitori (come lo stilbene o l’amiloride), la dipendenza dal potenziale di membrana (se non lo è, allora è neutro), o la dipendenza dal sodio, cloro o bicarbonato. Il fatto di avere tanti trasportatori diversi per la regolazione del pH permette di regolare in modo indipendente processi che dipendono dal pH ma che sono solo parzialmente sovrapposti; ad esempio, la cellula risponde in modo diverso alla variazione degli ioni H+ oppure a quella del bicarbonato. Esistono poi alcuni trasportatori che in certi range di pH non sono attivi, come i trasportatori sodio/protoni della glia che non funzionano a pH sotto 6.9; se ci sono condizioni patologiche, come l’ischemia, che possono portare la cellula al di sotto di questo valore, e quindi è necessario l’intervento di altre proteine regolatrici, come le NBC. Alcuni trasportatori sono poi coinvolti in processi non legati alla regolazione del pH, come il controllo del volume cellulare. Regolazione del volume cellulare Introducano l’equilibrio di Donnan: Si prendono due compartimenti, i e o, separati da una membrana permeabile a Cl- e K+; nel compartimento i si ha il potassio legato sia al cloro che a un contro-anione (A-) che invece non può attraversare la membrana, mentre nel compartimento o si hanno solo cloro e potassio. All’equilibrio si ottiene una distribuzione di ioni che coincide ad un potenziale di equilibrio per il potassio e per il cloro, e di conseguenza è possibile eguagliare le loro equazioni di Nernst (nell’equazione del cloro interno ed esterno sono invertiti in quanto è un anione); risulta che all’equilibrio il prodotto delle concentrazioni interne di potassio e cloro è uguale al prodotto di quelle esterne. All’esterno è possibile assumere che la concentrazione di potassio e cloro siano uguali, mentre all’interno la concentrazione del cloro è minore di quella del potassio, in quanto questo deve anche bilanciare la presenza del contro-ione, e di conseguenza, in presenza di anioni non permeanti nello spazio i, entrambe le concentrazioni intracellulari saranno diverse da quelle extracellulari. In generale in una cellula non si raggiunge mai un equilibrio di Donnan, ma questo fenomeno spiega come sia possibile avere delle concentrazioni intracellulari ed extracellulari diverse anche in assenza di trasporti attivi. Supponiamo ora di avere una cellula dal volume molto piccolo rispetto al volume extracellulare (e suppongo sia per questo che le concentrazioni esterne non variano), in cui non si hanno trasportatori attivi e che si trova in una situazione simile a quella dell’esempio precedente, cioè nella quale è presente all’interno un contro-ione che non può attraversare la membrana: se si parte da una condizione in cui si ha elettro-neutralità e isoosmolarità, la cellula non si trova all’equilibrio di Donnan, infatti i prodotti tra le concentrazioni sono diverse. La membrana è permeabile agli ioni K e Cl, che entrano ed aumentano le concentrazioni; dopo un certo tempo, quindi, l’equilibrio di Donnan viene raggiunto, ma viene perso l’equilibrio osmotico perché all’interno si ha 400mosmolare rispetto all’esterno (280) perciò entra acqua. Si può dimostrare che in un sistema con flussi passivi, e ioni incapaci di permeare la membrana, non si può avere simultaneamente elettro-neutralità, isoosmolarità ed equilibrio di Donnan. Per evitare questi problemi la cellula può sviluppare una parete rigida, in modo da evitare l’ingresso d’acqua, oppure può sviluppare dei trasporti attivi, entrambi metodi che spendono energia. Nel caso del trasporto attivo si può avere il passaggio, grazie a una pompa ionica, di un catione verso l’esterno (come Na+) che bilancia l’azione di un catione (come K+) che a sua volta sta bilanciando la presenza di un anione intracellulare (A-) che non può attraversare la membrana; in questo modo viene bilanciata l’osmolarità, mentre vengono mantenuti l’elettro-neutralità e l’equilibrio di Donnan tra K+ e Cl-. Se si blocca l’azione di questa