L'e-italiano: Una Nuova Realtà Linguistica PDF
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Università Mercatorum
Teresa Agovino - Giuseppe Antonelli
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This academic paper explores the transformative impact of digital communication on the Italian language, examining how technological advancements like email have shaped contemporary Italian. The authors delve into the evolving characteristics of written Italian and the influence of digital media.
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Teresa Agovino - Giuseppe Antonelli: l’e-taliano Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L...
Teresa Agovino - Giuseppe Antonelli: l’e-taliano Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 1 di 14 Teresa Agovino - Giuseppe Antonelli: l’e-taliano Indice 1. TECNOLOGIA E EMAIL......................................................................................................... 3 2. LINGUAGGIO E CAMBIAMENTO.......................................................................................... 6 3. «FATTORE K»?.................................................................................................................... 9 4. E-PISTOLA E E-TALIANO..................................................................................................... 11 BIBLIOGRAFIA.......................................................................................................................... 14 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 2 di 14 Teresa Agovino - Giuseppe Antonelli: l’e-taliano 1. Tecnologia e email Molti segnali […] oggi ci avvertono che – per l’incalzare dei ritmi generazionali, per l’incontro tumultuoso tra le più diverse culture e lingue, sotto i colpi di una tecnologia che non lascia respiro – sono cambiate parecchie condizioni e situazioni di base, per cui anche l’uso della lingua non segue più un corso placido o quasi stagnante. […] I processi in corso nella situazione linguistica italiana hanno ormai portato alla diffusione e all’accettazione, nell’uso parlato e scritto di media formalità, di un tipo di lingua che si differenzia dallo «standard» ufficiale più che per i tratti propriamente regionali (via via sottoposti anche a conguagli) soprattutto perché è decisamente ricettivo dei tratti generali del parlato (SABATINI 2012). Le considerazioni con cui Sabatini incorniciava la descrizione dell’«italiano dell’uso medio» insistevano opportunamente su alcuni aspetti caratterizzanti del contesto linguistico coevo: l’accelerazione del processo di deriva linguistica; la funzione decisiva del parlato come motore del cambiamento linguistico; la predominanza di un nuovo tipo di parlato legato alla cosiddetta «oralità secondaria». Solo in quegli anni, d’altra parte, l’italiano stava diventando la lingua parlata dalla maggioranza degli italiani: un fatto di portata rivoluzionaria nella storia di una lingua come la nostra, vissuta per secoli quasi soltanto in una dimensione scritta (ed elitaria). Una rivoluzione diamesica (e democratica) che implicava il capovolgersi di consolidatissimi rapporti di forza: «si è rovesciato» – notava Corti (1984) – il rapporto che c’era trent’anni fa, quando l’italiano orale nazionale quasi non esisteva, era regionale e, invece, reggeva lo scritto». In altre parole, la nostra lingua ha acquistato un’elasticità, una pieghevolezza sufficienti a sostituire i dialetti nella comunicazione quotidiana. Quello che invece non è noto, perché mancano dati precisi in proposito, è la percentuale dei nostri connazionali che sanno tenere la penna in mano in modo decente (Todisco 1984). Se si guarda a ciò che è accaduto negli ultimi quindici-venti anni, ci si trova di fronte a una nuova rivoluzione (che solo apparentemente è una controrivoluzione). Per la prima volta, infatti, l’italiano si ritrova a essere non solo parlato, ma anche scritto quotidianamente dalla maggioranza degli italiani. Una novità apparentemente paradossale, visto che l’italiano è vissuto per secoli quasi soltanto come lingua scritta. Ora invece, dopo aver conquistato l’uso parlato (a scapito del dialetto), la lingua nazionale ha finalmente conquistato anche l’uso scritto di massa (a scapito del non uso). Nel primo caso il merito è stato in buona parte della televisione; nel secondo, tutto della telematica. Il fenomeno è sotto gli occhi di tutti: grazie ai cosiddetti “nuovi media”, moltissime persone che fino a vent’anni fa non avrebbero scritto un rigo, oggi producono e consumano ogni giorno una mole impressionante – sia pure frammentaria – di testi Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 3 di 14 Teresa Agovino - Giuseppe Antonelli: l’e-taliano digitati. E ciò comporta il venir meno delle coordinate che avevano caratterizzato e condizionato la scrittura per secoli. Ciò che interessa in questa sede è soprattutto la comparsa di una varietà scritta diafasicamente informale e diastraticamente anche bassa: l’e-taliano. E qui veniamo al punto. Dunque: l’e-taliano è o sarà il nuovo neo-standard della scrittura? Non una varietà di nicchia, settoriale; ma una varietà epocale, destinata a modificare l’aspetto e l’assetto dell’italiano scritto. Specie nella prima fase, quella che arriva fino agli anni Novanta, la dimensione scritta della CMC (Computer-Mediated Communication) è stata a lungo messa in dubbio dagli stessi linguisti. Formule molto fortunate come written speech o writing conversation, infatti, insistevano sull’idea di una nuova forma di espressione linguistica. Una forma ibrida, in cui un medium scritto era usato per veicolare una comunicazione molto simile – nelle funzioni, nei modi, nella percezione degli utenti – a quella parlata. In realtà, tutti i tratti che nell’immaginario collettivo caratterizzano la scrittura elettronica sono di natura grafica: «modalità di scrittura tachigrafica che hanno evidentemente la loro fonte nella scrittura di appunti veloci» (Berruto 2005). Negli anni, il rapporto col parlato si è andato sempre più definendo come un rapporto di emulazione e simulazione. Non così diverso – in realtà – da quello dell’epistolarità tradizionale, di cui la neoepistolarità tecnologica sembra essere (anche per l’informalità, per la dialogicità, e per il sogno raggiunto della simultaneità) una sorta di realizzazione teleologica. Ormai definizioni come written speech tengono sempre meno. Tanto più per le e-mail, che hanno occupato la casella alta della diafasia, soppiantando di fatto la lettera cartacea. Già nel 2004, negli USA quasi la metà degli intervistati tra i 18 e i 27 anni (il 46 %) dichiarava di considerare l’e-mail un mezzo vecchio, adatto alla comunicazione con gli adulti e compromesso con le mode del secolo scorso. La rapidissima obsolescenza tecnologica, anzi, fa sì che ora gran parte del traffico si è spostato sul telefonino: nel febbraio del 2012 quasi la metà degli italiani possedeva un cellulare di nuova generazione (una quota del 45,4 % contro un 54,6 % che ancora resta affezionato ai vecchi telefonini). Un fatto, questo della progressiva concentrazione delle varie attività nel telefonino, che diversi anni fa era stato previsto non da un linguista, e neanche da un semiologo o (come si usa dire) da un massmediologo, bensì da un filosofo: Mentre ci estenuavamo nell’analisi della televisione e della civiltà dell’immagine, ci siamo resi ciechi nei confronti della scrittura e della sua esplosione, che ha caratterizzato questi ultimi trent’anni ed è culminata con il telefonino. […] Con il telefonino non assistiamo a un trionfo dell’oralità, bensì della Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 4 di 14 Teresa Agovino - Giuseppe Antonelli: l’e-taliano scrittura e persino dell’ideogramma, ossia di quello scrivere che non ricopia la voce, ma disegna le cose e i pensieri. […] Non diamo retta a quelli che dicono che abbiamo a che fare con una creolizzazione in cui anche lo scritto diviene una variante del parlato: non è vero (Ferraris 2005). Partendo dalla tesi – all’epoca paradossale – che il telefonino fosse soprattutto un mezzo per scrivere, l’interpretazione di Ferraris si spingeva fino a mettere in discussione l’idea della superiorità (quasi una precedenza ontologica) dell’oralità rispetto alla scrittura: una convinzione che va, possiamo dire, da Platone fino a McLuhan. Nella sua Ontologia del telefonino, Ferraris fa solo piccoli cenni agli tendenza: non è più il parlato a influenzare lo scritto, casomai il contrario. Messa così può forse suonare come un’esagerazione; resta il fatto, però, che una presenza così forte della scrittura nella vita quotidiana dei parlanti ci obbliga a riflettere in maniera diversa sulla questione. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 5 di 14 Teresa Agovino - Giuseppe Antonelli: l’e-taliano 2. Linguaggio e cambiamento Ancora una ventina d’anni fa, la spinta dell’innovazione linguistica partiva quasi esclusivamente dal parlato, o meglio dall’attrito fra un uso parlato finalmente anche informale e una norma nata e custodita soprattutto nello scritto. La relativa semplicità e scarsa coesione della sintassi del parlato, in particolare della sintassi del periodo, fa sì che questa venga considerata una forma per così dire embrionale, in sviluppo, della sintassi collegata dello scritto: da questo punto di vista il parlato, o meglio la varietà colloquiale, da un lato e lo scritto, o meglio le varietà alte/sorvegliate in genere, dall’altro, rappresenterebbero in sincronia stadi diacronici diversi dello stesso sistema linguistico. Tale prospettiva è sostanzialmente corretta, anche se sarebbe migliore una formulazione priva di impliciti giudizi di valore, che evidenziasse piuttosto il trasparire, nella dinamica parlato/ scritto, di un continuo conflitto tra esigenze diverse, conflitto che costituisce uno dei motori del mutamento linguistico (in sintassi, come pure ad altri livelli) (Berretta 1994). Il rapporto dinamico tra scritto e parlato è stato solitamente inteso, nella nostra tradizione di studi, come un progressivo recuperare terreno del secondo (il parlato, il grande assente) sul primo (quello che, addebitato a Bembo, è considerato un po’ il peccato originale della nostra lingua). Si potrebbe provare a riassumere questo percorso in uno schema, inevitabilmente molto semplificato. Tra le caratteristiche che lo schema intende evidenziare c’è – nella porzione ante 1950 – la tradizionale debolezza dello spazio intermedio tra italiano scritto e dialetto. Poi la progressiva diffusione dell’italofonia e il suo impatto sul parlato e di riflesso sullo scritto (1950-1980) fino all’attestarsi di una Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 6 di 14 Teresa Agovino - Giuseppe Antonelli: l’e-taliano situazione dominata dalla centralità del parlato medio, che ha via via occupato la parte preponderante dello spazio linguistico individuale e collettivo (1980-2010). Oggi le spinte rappresentate dalla neodialettalità e dalla neoepistolarità hanno provocato una nettissima inversione di tendenza. Il dialetto ha riguadagnato spazio nel parlato informale e l’italiano digitato ha creato le condizioni per l’affermarsi di un italiano scritto informale. L’impressione di vicinanza all’oralità che si ha nella scrittura telematica è in gran parte dovuta proprio a questa informalità; al riflesso automatico che ci porta a sovrapporre “grammatica informale” e “grammatica del parlato” (siamo, insomma, in una dimensione diafasica più che diamesica). Alla luce di queste rinnovate condizioni, possiamo affermare che, per la prima volta nella storia dell’italiano, lo scritto è diventato – o almeno sta diventando – un secondo motore del mutamento linguistico: non più soltanto il luogo dove si ratifica la fortuna di alcuni tratti provenienti dall’oralità. La presunta oralità della scrittura elettronica si esprime più che altro in una resa della pronuncia secondo criteri diversi da quelli dell’ortografia tradizionale. Si potrebbe distinguere tra errori volontari, legati a intenzioni di tipo gergale; errori di battitura, il cui aumento va messo in relazione alle nuove condizioni di scrittura e allo statuto informale della lingua digitata; errori di competenza, dovuti cioè all’ignoranza dell’ortografia (Tavosanis, 2011); ma è l’insieme dei tre fattori a creare le condizioni per una diffusa poligrafia. La libertà portata dalla scrittura elettronica nel rapporto tra pronuncia e grafia ha messo in moto un processo centrifugo che secondo alcuni, se dovesse estendersi al di fuori degli usi neoepistolari, potrebbe creare le condizioni per una sorta di nuovo Medioevo ortografico (Lorenzetti – Schirru 2006). È interessante che considerazioni analoghe siano state fatte dai paleografi a proposito dell’epistolografia popolare ottocentesca. Anche in quel caso, l’avvicinarsi alla scrittura di una cerchia di persone molto più vasta rispetto al passato favorì una larga emersione di tratti substandard. In molti, negli ultimi anni, hanno sostenuto che «è nata, per così dire, una “terza” lingua, forse non tanto andante quanto la parlata, certo non così prudente come vorrebbe essere la scritta». Dà da pensare che lo avesse già fatto – proprio con queste parole – il purista Leo Pestelli in un libro del 1958 e soprattutto che, a spingerlo a questa conclusione, fosse l’affermarsi di innovazioni tecnologiche come «la penna stilografica che dispensa dall’intingere e quella “a sfera” che non lascia mai in secco, la macchina per scrivere, la stenografia e il dittafono»: tutti «stimoli allo scrivere avventato» (Pestelli,1958). Come se dall’uso di nuovi strumenti scrittòri discendesse direttamente un cambiamento linguistico. Appaiono qui evidenti i limiti di quello che oggi si definisce «determinismo tecnologico», ovvero l’atteggiamento per il quale i caratteri espressivi della lingua telematica sarebbero da imputarsi interamente alle caratteristiche del mezzo. Già nelle lettere giovanili degli anni Ottanta, quando Internet e messaggini erano ancora di là da venire, Dinale notava «numerosi elementi extralinguistici, che possono essere considerati gli equivalenti grafici di risorse espressive non verbali quali sguardi, gesti, espressioni Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 7 di 14 Teresa Agovino - Giuseppe Antonelli: l’e-taliano facciali». E segnalava la presenza di cumuli interpuntivi ispirati alla lingua dei fumetti e della pubblicità (??, !!!, !?!?); di simbolismi iconici e fonici come onomatopee, acrostici, disegnini stilizzati («che 00 !» ‘che palle!’); di grafie espressive (come le più bbone o ciaoooo); oltre al largo uso di sottolineature, alternanze stampatello/corsivo, freccette e altri espedienti grafici particolari (frasi a raggiera, a festone, a nuvoletta, a quadro). A dispetto di tutte le smentite empiriche, il determinismo tecnologico rimane nella vulgata giornalistica un luogo comune saldissimo. Del telefono, in particolare McLuhan (1986) preconizzava una rapida scomparsa. «Il telefono è un irresistibile intruso capace di penetrare ovunque in qualsiasi momento. […] Per sua natura, il telefono è una forma intensamente personale che ignora tutte le pretese di privacy visiva dell’uomo alfabeta. […] Il ciclo di All alone by the telephone si è ormai concluso. Toccherà presto al telefono essere “tutto solo” e “sentirsi triste”» Ma quand’è – in realtà – che un medium ha agito davvero, in modo efficace, sull’evoluzione della lingua? Quando, in concomitanza con altri fatti sociali – benessere, scolarizzazione, ecc. – ha allargato drasticamente (e diastraticamente) la base degli utenti. Come accadde, appunto, nell’epistolografia ottocentesca (in Francia prima ancora che in Italia). In quel caso – come ricorda un altro paleografo, Armando Petrucci – la diffusione di strumenti come il pennino d’acciaio, gli inchiostri colorati, una carta da lettere più sottile, la busta e il francobollo, contribuì a una «forte e generalizzata diffusione della corrispondenza scritta: si trattò di un fenomeno che coinvolse, per la prima volta dopo l’epoca dell’antica civiltà greco-latina, almeno nei maggiori centri abitati, tutti i ceti nei quali era suddiviso il popolo degli scriventi, fossero essi colti o semialfabeti, maschi o femmine» (Petrucci 2008). In questo senso, dal punto di vista della storia della lingua, possiamo dire che “il medium è l’utenza”. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 8 di 14 Teresa Agovino - Giuseppe Antonelli: l’e-taliano 3. «Fattore K»? Uno dei luoghi comuni più diffusi è che a determinare le caratteristiche di queste forme di scrittura sia stata soprattutto l’esigenza di brevità: tanto più negli Sms, che originariamente mettevano a disposizione un massimo di 160 caratteri. Ma le verifiche empiriche svolte su corpora di Sms scritti in varie lingue hanno dimostrato il contrario. La lunghezza media dei messaggi corrisponde, infatti, a un numero di caratteri largamente inferiore: tra i 29 e i 46 per il norvegese, quasi 35 per l’inglese degli USA, 64 per lo svedese, circa 65 per l’inglese del Galles, 78 per il tedesco; anche per l’italiano, «gli scriventi usano, in genere, solo la metà dei caratteri a loro disposizione». Cos’è il fattoe X? Per fattore X s’intende quello legato alla leggenda dello studente universitario (nella variante misogina, una studentessa) che durante un esame parla di un tal Nino Biperio, sciogliendo in ‘per’ la x del nome Bixio. Al punto che adesso molti arrivano a scrivere oxerai invece di operai, o anche, scuola occupata x autogestione. «Da tempo si è deprecato che l’uso degli Sms stia abituando i ragazzi a un sotto-italiano essenziale», commentava Umberto Eco riferendo la storiella in un convegno al Quirinale (2011). Peccato che l’aneddoto comparisse già in Pansa 1999: un articolo del settimanale «L’Espresso» in cui mancava qualunque riferimento a Internet e messaggini, ancora troppo poco diffusi per essere giudicati colpevoli. E – oltre vent’anni prima – nelle parole di uno studente raccolte da una giornalista di «Panorama» (1977). A quell’epoca il computer si vedeva solo nei film di fantascienza. al posto di “per”, specialmente quando si prendono appunti veloci. Il «fattore K», come si racconta in un articolo pubblicato nel “Corriere della Sera” (2002), è quello che – partendo da Internet ed Sms – sarebbe arrivato «a contaminare i testi “ufficiali”, come i temi scolastici e i compiti in classe». «Che ci posso fare, ogni tanto mi scappa la kappa», confessa l’intervistata Piera, sedici anni, di Bari; e la professoressa G. N. di un istituto professionale del Tiburtino di Roma si dice sfiduciata: «Spesso devo cerchiare i vari +, -, x e persino =, e ricordare che, mi dispiace, ma un tema non è un compito di matematica». Eppure M. M., insegnante d’italiano al liceo scientifico di Mortara (Pavia), si ricorda che «già quattro anni fa, in una terza, mi capitò di dover correggere un anke e un perké. All’inizio non capivo da dove venissero, poi guardando i diari e gli appunti mi sono resa conto che la scrittura privata ne è piena». I diari e gli appunti: cartacei, perché quattro anni prima (nel 1998) né Internet né i messaggini erano ancora strumenti di comunicazione largamente diffusi in Italia. Anche in questo caso la (presunta) contaminazione non è partita da lì. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 9 di 14 Teresa Agovino - Giuseppe Antonelli: l’e-taliano Più che il fattore X o il fattore K, allora, dovremmo tenere in considerazione il fattore W. Il fattore W che qui si propone di tenere in considerazione fa invece riferimento alle “cinque w” che tradizionalmente dovevano essere presenti nell’incipit di un articolo giornalistico. Forzando un po’ i termini della questione, possiamo dire che allo stato attuale chiunque (who) scrive dovunque (where), per raggiungere chiunque in qualunque momento (when) e comunicare, per qualunque motivo (why) a proposito di qualunque argomento (what). Si scrive, dunque, in condizioni di concentrazione e di pianificazione del testo molto diverse da quelle tradizionali. Se il testo diventa labile, la scrittura passa nella sfera dell’effimero: scripta volant; se si scrive così spesso, scrivere diventa un gesto quotidiano, lontanissimo da quell’ufficialità e solennità di cui si era sempre ammantato. La novità è – appunto – sociolinguistica e potremmo definirla la desacralizzazione della scrittura. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 10 di 14 Teresa Agovino - Giuseppe Antonelli: l’e-taliano 4. e-pistola e e-taliano Nel novembre 2000, l’ISPO (Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione) svolgeva per conto di Poste Italiane un’inchiesta sugli italiani e la scrittura. Ne risultava che le uniche forme di scrittura quotidiana erano – per gli italiani in età post-scolare – gli appuntamenti sull’agenda e la lista della spesa. Per il resto, l’11 % degli intervistati dichiarava di scrivere lettere solo una volta al mese, il 9 % ogni duet re mesi; tra i 18-29enni, l’8 % diceva di scrivere lettere personali tutti i giorni o quasi, il 9 % e-mail, il 39 % messaggi con il cellulare. Era già cominciato il passaggio – decisivo – dall’epistola all’e-pistola. A dieci anni di distanza, quasi la metà degli italiani frequentava Internet: più di un terzo la usava per mandare e ricevere e-mail; un quinto per comunicare tramite i social network; poco meno per scrivere in chat, blog o newsgroup (Istat, 2010; più i dati di ISTAT 2012 relativi al 52,5 % che, secondo la nuova inchiesta, naviga in Internet). Stando a CENSIS 2013, invece, Internet è frequentata da oltre il 63 % degli italiani (con punte che superano il 90 % tra i giovani) e quasi il 45 % degli italiani è iscritto a Facebook (oltre il 75 % tra i giovani). Sempre secondo CENSIS 2013, ancora più numerosi sono gli italiani che usano il telefonino: oltre l’86 %. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 11 di 14 Teresa Agovino - Giuseppe Antonelli: l’e-taliano Quanto ai cosiddetti “nativi digitali”, il rapporto Infanzia e vita quotidiana (Istat 2011) segnala che l’uso del cellulare nella fascia 11-17 anni è passato, tra il 2000 e il 2011, dal 55,6 % al 92,7 % (dal 35,2 % al 86,2 % nella fascia 11-13 anni; di questi, l’83,3 % lo usa per inviare e ricevere messaggi). Non molto diversi i risultati di una ricerca svolta da Eurispes e Telefono azzurro sui ragazzi tra 12 e 18 anni (Eurispes 2012): il 97 % ha il cellulare (il 42,8 % invia oltre 10 Sms al giorno; mentre gli Mms sono usati da meno del 25 %); l’85 % ha il profilo su Facebook (nella fascia 16-18 anni, il 35,5 % lo usa fino a due ore al giorno, il 15,1 % fino a cinque); il 23,6 % chatta 1 o 2 volte al giorno (il 21,7 % oltre 10 volte); il 70,3 % non manda mai e-mail (evidentemente la posta elettronica comincia a essere sentita “vecchia” pure in Italia). Anche alla luce di questi dati, riferirei la definizione di e-taliano ai generi che implicano una partecipazione attiva, nel ruolo di produttori di testi, di percentuali significative della popolazione italiana. Dunque: Sms, e-mail e le varie forme di scrittura su Facebook (soprattutto: stato, messaggi, chat). Ciò che va sottolineato è che il mutamento di cui si sta parlando è un mutamento varietistico. È bene mettere in risalto il fatto che quasi tutti i tratti morfosintattici che caratterizzano il nostro «italiano dell’uso medio» non sono innovazioni recenti: molti di essi sono attestati da vari secoli (in alcuni casi si può risalire fino al latino tardo) e dall’uso orale erano già passati anche nell’uso scritto, perfino in opere altamente letterarie […]. Abbiamo fin da ora elementi sufficienti per affermare che la «novità» dell’italiano dell’uso medio riguarda sostanzialmente la validità della norma, non le caratteristiche profonde del sistema […]. Siamo di fronte a usi non nuovi in sé – né esclusivi di questa varietà –, ma presenti con una diversa concentrazione e soprattutto in diverse condizioni di co-occorrenza. Il breve elenco che propongo qui di séguito si limita a indicare – più che singoli tratti linguistici – alcuni àmbiti in cui questo tipo d’innovazione può essere considerato normale (anche se non ancora normativo): brachigrafie (= abbreviazioni) e tachigrafie (= scrittura rapida); grafie non ortodosse (specie accenti e apostrofi); estremismo interpuntorio e punteggiatura espressiva; iconismi di vario tipo; fonomorfologia regionale; mancate concordanze; paratassi e brevità dei periodi; costrutti enfatici (dislocazioni e segmentazioni, ripetizioni, ecc.); giovanilismi, dialettismi, forestierismi, turpiloquio. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 12 di 14 Teresa Agovino - Giuseppe Antonelli: l’e-taliano L’aspetto più importante, appare ormai evidente, è quello della testualità. Ciò che rende davvero diversi questi testi digitati dai testi scritti tradizionali è la loro frammentarietà. Non sono solo testi brevi, sono incompleti: singole battute di un testo molto più ampio costituito dall’insieme del dialogo a distanza. Questo spiega perché li possono scrivere – e ovviamente leggere – anche i tanti italiani che non toccano mai libri o giornali, anche i tanti che quando leggono un articolo di giornale non sono in grado di capire cosa dice. Resta da capire – infatti – come la straordinaria fortuna della scrittura telematica conviva con gli allarmanti dati sull’analfabetismo che continuano a essere diffusi negli ultimi anni. Accanto agli analfabeti tradizionali (circa 782 mila quelli censiti dall’Istat nel 2001), tende infatti a infoltirsi la schiera degli analfabeti di ritorno. Dilaga, in particolare, quello che viene definito analfabetismo “funzionale”, ovvero l’incapacità di comprendere adeguatamente un testo. Indagini svolte di recente dall’OCSE, ci dicono che il 70 % degli italiani fra i 16 e i 65 anni dimostra capacità alfabetiche giudicate – più o meno – insufficienti. Allora, forse, saper digitare non equivale a saper scrivere; o meglio: l’italiano digitato è una varietà diversa dall’italiano scritto tradizionalmente inteso. È a questa varietà che proporrei di dare il nome di “e- taliano”. Una varietà diamesica, senz’altro (un «italiano trasmesso dell’uso scritto», come è stato definito); che però può essere considerata anche diafasica o diastratica, a seconda di quanto sia ampio (verso l’alto) il repertorio di chi la usa. Per le persone cólte rappresenta infatti solo una scelta stilistica: uno dei tanti registri possibili: l’evoluzione del più volte evocato «italiano dell’uso medio» (l’e-taliano come italiano dell’uso immediato). Ma per tutti quelli che scrivono soltanto in queste occasioni potrebbe finire col diventare l’unico modo di scrivere: l’unica scelta possibile, ghettizzante e socialmente deficitaria. L’e- taliano, in questo caso, come italiano neopopolare: mutazione tecnologica di quell’italiano popolare usato per secoli da chi, sapendo a malapena tenere la penna in mano, doveva cimentarsi con la scrittura. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 13 di 14 Teresa Agovino - Giuseppe Antonelli: l’e-taliano Bibliografia Giuseppe Antonelli, Giuseppe Antonelli, L’e-taliano: una nuova realtà tra le varietà linguistiche italiane? In La lingua del web, V. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 14 di 14