Appunti di Psicologia Generale e della Comunicazione - Note di Lezione PDF
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Università di Torino
Alice T.
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Questi appunti riguardano il modulo 1 di Psicologia Generale e della Comunicazione presso l'Università di Torino. Coprono argomenti come il comportamentismo, il cognitivismo, e gli approcci alla cognizione umana. Sono disponibili online sul sito Docsity.
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Appunti di Psicologia generale e della comunicazione (prof. Ianì) Modulo 1 Psicologia Generale Università di Torino (UNITO)...
Appunti di Psicologia generale e della comunicazione (prof. Ianì) Modulo 1 Psicologia Generale Università di Torino (UNITO) 34 pag. Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) PSICOLOGIA GENERALE E DELLA COMUNICAZIONE (MODULO 1) TOLONESE ALICE Che cos’è la psicologia generale? La psicologia è quella disciplina che studia le funzioni cognitive degli esseri umani, ovvero quei processi che ci consentono di percepire, vedere, prestare attenzione, parlare, decidere, pianificare e ricordare. È una disciplina che vuole essere una scienza, ma non ci è riuscita del tutto: è possibile uno studio scientifico delle funzioni cognitive, ma in buona parte no (come ad esempio nelle relazioni). Per essere una scienza deve adottare il metodo scientifico: raccogliere dei dati, fare degli esperimenti e trarre conclusioni (lo fanno la psicologia accademica e sperimentale). Una disciplina che vuole essere scientifica deve partire da una definizione del proprio oggetto di studio; in questo caso, il problema a monte è che già l’oggetto di studio (la mente) è un’oggetto difficile da definire e da osservare: il problema è la natura dell’oggetto di studio. La psicologia ha un problema perché ci sono processi cognitivi estremamente complessi: ad esempio, durante un compiti di ragionamento deduttivo sono impiegate molte funzioni. Noi usiamo più funzioni cognitive contemporaneamente. La neuroscienza ci dice che ci sono parti del cervello per specifiche funzioni. Ciò significa che per studiare la mente c’è bisogno di altre discipline. La psicologia ha il problema di studiare le capacità cognitive, utilizzando le capacità cognitive: il soggetto quindi corrisponde con l’oggetto, ovvero colui che studia è anche l’oggetto studiato. Il comportamentismo Il comportamentismo (fino agli anni 70) ha provato a studiare l’essere umano senza studiare la mente in quanto non osservabile e misurabile. La mente non può essere oggetto della psicologia scientifica, l’unica cosa che si può studiare è ciò che è presente nell’ambiente e tutta quella che è la risposta dell’organismo per ciò che è presente nell’ambiente. Il comportamentismo studia la modificazione di un comportamento in seguito ad una specifica esperienza con l’ambiente: associazione stimolo-risposta. Il comportamentismo ha in mente un essere umano passivo cioè in balia di ciò che capita nell’ambiente: l’idea che si possano fare previsioni sul comportamento dell’uomo a seconda degli stimoli ambientali comporta il fatto che l’essere umano è posto in una condizione di estrema passività; ad esempio, lo sviluppo e l’apprendimento sono visti come un’accumulazione progressiva di associazioni di stimolo-risposta. Il comportamentismo non è sbagliato del tutto: ha superato il problema della psicologia generale non studiando la mente, ma vedendo l’apprendimento come una situazione di stimolo-risposta è riuscito a toccare tutta quella parte di funzionamento cognitivo implicito cioè al di fuori della capacità di controllo dell’essere umano. Il cognitivismo Il cognitivismo (anni 70) ha ribaltato l’oggetto di studio e il ruolo dell’essere umano: secondo il cognitivismo si possono studiare le attività mentali non osservabili a partire da ciò che è 1 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) manifestato, ovvero dal comportamento osservabile. Il cognitivismo dice che a seconda delle risposte che vengono date e dei tempi di risposta, si possono trarre inferenze sul funzionamento cognitivo degli esseri umani e di processi di manipolazione mentale delle informazioni: da comportamenti osservabili studio attività mentali non osservabili. Nella nostra mente esiste un magazzino di memoria a breve termine che ha uno spazio limitato che va in un range tra le 5 e le 9 parole ed ha un contenuto specifico. Negli anni 80-90 si è detto che la mente funzionasse come un computer: se io riesco a costruire un computer che mi genera le stesse risposte di un essere umano, il modo con cui ho costruito questa macchina ci dice qualcosa di importante sul funzionamento cognitivo. I quattro approcci alla cognitiva umana Nessuno di questi approcci è in grado da solo di offrire delle previsioni, ma servono delle convergenze: si tratta del metodo dei sistemi convergenti. 1. Psicologia sperimentale (cognitiva): è la disciplina che vede l’uomo come elaboratore di informazioni dal basso verso l’alto (bottom up), cioè elaboratore di uno stimolo proveniente dall’ambiente che va elaborato per arrivare ad una decisione. È l’approccio tradizionale che però è molto semplificativo, semplicistico e che prevede un approccio seriale ovvero uno alla volta (noi elaboriamo più informazioni alla volta). La nostra mente sa già cosa aspettarsi (es. “Il gatto è nella nella cesta” ma noi leggiamo solo “il gatto è nella cesta” perché è accaduta una semplificazione, poiché la nostra mente sa già cosa aspettarsi), questo significa che lo stimolo proveniente nell’ambiente non ha la precedenza (a differenza dello schema stimolo-risposta) ma è influenzato dall’esperienza e dalle aspettative e quindi da ciò che c’è già nei processi di pensiero. Non c’è quindi solo un’elaborazione bottom up perché se così fosse lo stimolo lo percepirei così com’è, ma esiste anche un’elaborazione top down perché ciò che c’è già nei nostri sistemi cognitivi va ad influenzare le modalità con cui uno stimolo è elaborato. Questo mette in luce come il modello del comportamentismo sia fragile perché non c’è solo bottom up. I processi top down sono quelli maggiormente influenzabili dall’esperienza specifica e su cui la cultura ha un ruolo predominante (l’esperienza è culturale). A parità di stimolo due persone reagiscono in maniera differente perché sono diverse le esperienze. Nell’elaborazione bottom up è l’elaborazione in cui lo stimolo è influito solo dallo stimolo e dalle sue caratteristiche; l’elaborazione top down è l’elaborazione in cui lo stimolo è influenzato da ciò che già nella mente. La psicologia sperimentale ha dei limiti: Bisogna controllare se l’esperimento è identico per tutti e quindi dovrebbero essere fatti in laboratorio: il limite è una validità ecologica ovvero i risultati che otteniamo in laboratorio possono non essere gli stessi del mondo reale Evidenze indirette dei processi interni perché la psicologia cognitiva non ha rilevato uno strumento per rilevare la mente Le teorie sono vaghe perché espresse in termini linguistici La specificità del paradigma: i risultati valgono solo in laboratorio con quel metodo usato perché ogni risultato che si ottiene è un risultato legato ad uno specifico paradigma La prevalenza di teorie specifiche invece di architetture generali: si va più nello specifico e determinato da funzioni cognitive, perdendo l’idea generale 2 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) 2. Neuroscienza cognitiva: si occupa di individuare le aree celebrali implicate in compiti cognitivi. Le aree celebrali fanno parte della corteccia celebrale che è divisa in quattro lobi: frontale (riguarda l’attenzione), temporale (importante per la memoria), occipitale (importante per la visione) e parietale (è un’area multisensoriale che integra le informazioni). La neuroscienza cognitiva individua delle aree ancora più piccole: le aree di Broadman, aree individuate in base alla struttura delle cellule in cui i neuroni con strutture e caratteristiche simili tra di loro sono raggruppati nella stessa area. Il cervello ha delle strutture sottocorticali: l’amigdala e l’ippocampo (importanti per i compiti di memoria: l’amigdala per la memoria implicita e l’ippocampo per quella esplicita) ed il cervelletto (importante per le abilità motorie). La neuroscienza cognitiva deve individuare le aree e quando hanno luogo i compiti cognitivi; per farlo si usano varie tecniche (qualsiasi tecnica non basta da sola ma è necessario chiedere al partecipante di svolgere un compito cioè la presentazione di stimoli su ci vengono svolti i compiti; tutte le tecniche di neuroimaging sono una misura indiretta dell’attività celebrale, mentre le tecniche di registrazione elettrica sono misure dirette con ottima risoluzione temporale): Registrazioni a unità singola: usano micro elettrodi nel cervello che registrano scariche elettriche su una determinata cellula. Il problema di questa tecnica è che è evasiva e c’è un problema etico (problema dell’estendibilità). Esse registrano aree limitate ma per un tempo lungo Elettroencefalogramma (EEG): misura l’attività elettrica nel cervello per mezzo di elettrodi posti sullo scalpo. Il problema è che ha una risoluzione spaziale limitata, ma ha una buona durata temporale. Il suo vantaggio è che si può applicare sempre su qualsiasi tipo di paziente. Ci dice quale area si attiva in un determinato momento Tomografia a emissione di positroni (PET): misura l’attività elettrica attraverso l’emissione di positroni (particelle che un atomo può perdere in determinate situazioni) di un liquido radioattivo di contrasto iniettato nella persone. Essa rileva dove questo liquido è andato e ci fornisce un’immagine di dove ci sono più positroni: laddove c’è più afflusso di sangue, c’è più afflusso di liquido e più afflusso di positroni e quindi c’è più attività celebrale ed è richiesta di energia. La PET è una misura indiretta del funzionamento della corteccia celebrale perché non misura l’attività elettrica in tempo reale (come fa l’EEG) ma ha bisogno dell’iniezione del liquido. La risoluzione spaziale è abbastanza accurata, mentre quella temporale (legata a quando le aree sono attive) è bassa e meno precisa perché per misurare le particelle nel sangue necessita di tempo e in questo caso ci viene data una media dell’attivazione di una finestra temporale (2/3 secondi di compito cognitivo) non di un determinato momento Risonanza magnetica: sfrutta lo stesso principio della PET ma senza liquido di contrasto perché essa misura direttamente le particelle di ossigeno presenti nel sangue. La logica è indiretta perché sfrutta l’afflusso di sangue ma senza positroni. Essa fornisce informazioni sulla struttura del cervello (MRI: risonanza magnetica strutturale) e misura il flusso ematico (fMRI: risonanza magnetica funzionale) che costituisce una misura indiretta. La risonanza magnetica ha una buona risoluzione spaziale nel senso che ci dà un’indicazione precisa delle aree che sono spazialmente attive, ma una bassa risoluzione temporale 3 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) Magneto-encefalografia (MEG): misura i campi elettromagnetici prodotti dall’attività elettrica del cervello. Misura direttamente l’attività elettrica del cervello senza sfruttare i meccanismi indiretti ovvero un campo magnetico della PET e della risonanza. Essa riesce nel dettaglio a misurare la presenza di campi elettromagnetici generati dall’attività del cervello. La risoluzione spaziale è soddisfacente, ed il suo vantaggio è di avere un’eccellente risoluzione temporale, ma ha il problema di essere estremamente costosa Queste tre tecniche misurano l’attività celebrale mentre i partecipanti svolgono un compito cognitivo, ma bisognerebbe essere sicuri che una determinata area sia attiva. Queste tecniche fanno un esercizio di correlazione: correlano un esercizio cognitivo all’attivazione, ma per essere sicuri che un’area svolga un ruolo causale su una funzione cognitiva non basta misurare la funzione cognitiva e l’area, ma bisogna inibire l’area. Stimolazione magnetica transcranica (TMS): crea un campo magnetico che inibisce temporaneamente (lesione temporanea) l’attività di 1 cm cubo circa di corteccia celebrale, questo campo magnetico interferisce con l’attività elettrica su cui viene applicato. L’inibizione è lieve sia in termini quantitativi sia in termini temporali: riduce l’attivazione ed ha una durata di qualche minuto (circa 10/15 minuti) senza creare danni. La TMS simula una lesione perché inibisce una specifica area. Se un’area è critica per una determinata funzione cognitiva ed è inibita osserveremo un peggioramento della prestazione: in questo caso siamo sicuri che l’area svolge un ruolo causale su quel tipo di funzione cognitiva (per capirlo bisogna anche inibire un’altra area). La risoluzione spaziale è scarsa perché è 1 cm di corteccia che viene inibita e quindi non va nello specifico; ma potendo modulare noi quando inibire, la risoluzione temporale è buona perché so esattamente quando sto dando lo stimolo ad inibire. Il vantaggio è che è una tecnica innocua che ha degli effetti blandi sull’attività elettrica del cervello, ma questo è anche uno svantaggio perché per individuare peggioramenti delle attività cognitive bisogna ideare dei paradigmi molto sofisticati; quindi, gli effetti che si hanno sulle funzioni cognitive sono marginali e bisogna individuare dei paradigmi in grado di cogliere questi cambiamenti cognitivi e questi effetti. Quando applico la TMS devo avere una situazione di controllo, ovvero un’area che non ritengo critica (quest’area si chiama vertex). Alcuni problemi tecnici (limiti) della TMS sono la localizzazione delle aree (individuare esattamente l’area da inibire) ma questo problema si risolve facendo una risonanza magnetica, la difficoltà nel controllare che il partecipante osservi le condizioni primarie degli stimoli (movimento oculare) che si risolve con l’eye tracking, e il movimento della testa del partecipante (se si immobilizza la testa bisogna avere questa situazione anche nell’area non critica). La TMS può anche funzionare al contrario: la TMS oltre ad inibire può anche eccitare, in questo caso mi aspetto che la performance aumenti. I limiti di queste tecniche: Rischio di soccombere all’illusione del neuroimaging: capire che un’area svolge un ruolo per una funzione cognitiva non offre una teoria delle funzioni cognitive, ma è un elemento descrittivo Metodiche che rivelano solo associazioni tra configurazioni di attivazione celebrale e comportamentale, cioè l’attivazione potrebbe dipendere da strategie 4 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) a scelta del partecipante. Questo limite si aggira facendo esperimenti su campioni ampi Si assume una specializzazione funzionale delle aree celebrali: l’assunto alla base delle tecniche è che ci siano aree specifiche che svolgono ruoli specifici e non sempre questo assunto corrisponde alla realtà Il cervello è attivo anche quando non riceve lo stimolo sperimentale Validità ecologica delle tecniche che sono invasive da un punto di vista piscologico (sono situazioni specifiche da laboratorio e lontane dalla vita di tutti i giorni) 3. Neuropsicologia cognitiva: si prendono pazienti celebrolesi con prestazioni cognitive e con queste lesioni inibisco un’area e vedo cosa cambia in quel paziente e quale tipo di funzione cognitiva quel paziente con quella lesione mostra, per farlo bisogna prendere pazienti che non hanno questo tipo di lesioni ma ha altre aree lesionate. Questa situazione viene definita doppia dissociazione: il paziente 1 con lesione x sa fare A ma non B, il paziente 2 con lesione y sa fare B ma non A; in questa situazione manipoliamo sia la tipologia di lesione sia la tipologia di compito. Per essere sicuri che ci sia una doppia dissociazione devo rilevare nel compito di linguaggio i pattern dei risultati opposti. Nelle doppia dissociazione ho due tipologie di partecipanti che si distinguono per due tipi diversi di lesione (es. paziente 1: area 44 intatta e area 45 lesionata; paziente 2: area 44 lesionata e area 45 intatta). Diversa è la dissociazione in cui il paziente sa fare il compito A ma non quello B: in questo caso non posso essere sicuro che il gap sia dovuto alla lesione; questo è il motivo per cui c’è sempre bisogno della doppia dissociazione per arrivare a conclusioni attendibili. Gli assunti: La neuropsicologia funziona bene se si ipotizza la modularità, ovvero che esistano processori (moduli/funzioni cognitive) separati l’uno dagli altri e quindi sia soggetto a delle regole specifiche senza intaccare il funzionamento degli altri. In particolare, c’è la modularità anatomia, per cui i moduli separati abbiano dei rispettivi correlati neurofisiologici nel senso che ci sono aree specifiche del cervello che svolgono solo un’unica funzione cognitiva e non altre L’uniformità dell’architettura funzionale tra le persone: non ci devono essere differenze strutturali nel posizionamento dei moduli tra gli individui La sottrattività: una lesione può danneggiare un modulo ma non può introdurne di nuovi, è l’idea per cui il nostro cervello non lavora meglio senza una parte di esso Un esempio di doppia dissociazione tra l’area di Broca (area ventrale del lobo frontale) e l’area di Wernicke (area a cavallo tra il lobo temporale e quello parietale): è stato dimostrato che l’area di Broca è deputata alla produzione del linguaggio, mentre quella di Wernicke alla comprensione del linguaggio. Per cui in un paziente con lesione all’area di Broca non sarà in grado di produrre da solo una parola, ma sarà in grado di comprendere i concetti e le parole; viceversa un paziente con lesione all’area di Wernicke non è in grado di comprendere il linguaggio ma ha intatte le capacità di produzione del linguaggio. La neuropsicologia ha un costo zero ed è interessante da un punto di vista storico, i grossi progressi risalgono infatti alla fine dell’800 ed è diventato famoso il caso di Phineas Cage: un signore che si era piantato una sbarra di ferro nell’orbita oculare che ha lesionato la parte del lobo frontale, ne è risultato un cambiamento di personalità (che ha portato ad istintività impetuosità, disattenzione e impulsività, una persona senza freni che insultava 5 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) e bestemmiava). Cage era diventato disinibito perché l’esecutivo centrale nel lobo frontale (che regola il sistema) ha inibito la risposta: nel caso di Cage, esso aveva il lobo frontale disinibito e quindi aveva ridotto le sue capacità a disinibire le risposte inappropriate. Inoltre, Cage era disattento perché non era in grado di disinibire l’attenzione, ovvero di non prestare attenzione a tutti gli stimoli inutili. Il lobo frontale quindi gestisce tutte le funzioni cognitive attraverso l’inibizione. La neuropsicologia cognitiva ha dei limiti: I pazienti possono sviluppare strategie compensatorie: di fronte ad un compito cognitivo, possono arrivare alla stessa performance usando delle strategie cognitive diverse Assunzione di serialità: molte aree celebrali funzionano in modo integrato cioè lavorano parallelamente Le lesioni celebrali sono abbastanza estese e non interessano solo un modulo: possono esserci più area coinvolte, ma non necessariamente lo sono coinvolte del tutto Studio di aspetti specifici della cognizione umana, piuttosto che generali 4. Scienza cognitiva computazionale: è un modello computazionale per comprendere l’attività cognitiva e che descrive la mente umana. È quell’approccio che dice che se riesco a simulare il comportamento degli essere umani, riesco a dire qualcosa di importante sulle loro funzioni cognitive. Partire da determinati input attraverso un programma computazionale che mi permettono di arrivare agli stessi output è interessante perché rileva qualcosa sul funzionamento cognitivo umano. Da non confondere con l’intelligenza artificiale che non vuole arrivare allo stesso output ma vuole invece migliorarlo; mentre la scienza cognitiva computazionale ci dà lo stesso output. L’obiettivo della scienza computazionale è di costruire dei programmi che diano la stessa risposta delle persone nelle stesse loro tempistiche. Il problema di questo approccio è di tipo tecnico perché simulare il funzionamento della mente umana attraverso un software richiede degli input specifici: quello che manca è che il programma del computer non interpreta ma manipola senza essere influenzato dall’ambiente, ma il vantaggio è se trovo un modello computazionale che simula bene non serve una sperimentazione sugli esseri umani (anche se serve una ricerca dell’output sui soggetti umani per costruire il modello) ed inoltre costruisco una struttura della memoria semantica precisa e dettagliata permettendoci di avere una teoria che non è espressa linguisticamente ma in termini di programma computazionale, superando il limite delle altre teorie psicologiche che sono espresse linguisticamente e in maniera vaga. Il limite è che simula solo la sintassi: la scienza computazionale non simula in toto il funzionamento cognitivo umano ma solo un pezzo. Nell’esperimento della stanza cinese in una stanza c’è qualcuno che non sa nulla di cinese e riceve da fuori della stanza degli ideogrammi cinesi, ma l’uomo ha un dizionario che gli dice cosa rispondere: ciò dimostra che una persona che sa il cinese non si limita a manipolare dei simboli secondo delle regole sintattiche (il dizionario), ma gli esseri umani oltre ad usare la sintassi padroneggiano la semantica ovvero l’esperienza soggettiva. Simulare non è comprendere che cosa fa la mente umana perché essa oltre a lavorare secondo delle regole ha una componente legata alla semantica. La scienza cognitiva computazionale non è né giusta né sbagliata perché coglie solo determinati aspetti e non altri. 6 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) I modelli computazionali si possono costruire con modelli se…allora o con reti connessioniste. La Percezione visiva L’informazione visiva incontra come primo organo di senso gli occhi con la retina che ha due tipi di recettori visivi (coni e bastoncelli) che mandano degli input alle cellule gangliari parvo e magno cellulare che costituiscono la retina. A questo punto gli assoni delle cellule gangliari formano il nervo ottico (parte posteriore dell’occhio) ed i due nervi si incrociano nel chiasma ottico e metà degli assoni procede verso l’emisfero ipsolaterale mentre l’altra metà verso quello controlaterale. A livello delle cellule che costituiscono la retina c’è una differenza nella tipologia e tra i due occhi partono i due nervi ottici in modo tale che metà degli assoni procede verso la parte ipsolaterale (dello stesso lato): metà degli assoni del nervo ottico di sinistra procede verso sinistra mentre l’altra metà crocia, stesso discorso per quelli di destra, e prima di arrivare all’area visiva secondaria nel lobo occipitale passano per il nucleo genicolato laterale quindi verso una struttura sotto corticale prima della corteccia visiva primaria. Nel nucleo genicolato laterale ci sono diversi strati: Strato parvo cellulare: si occupano delle informazioni dei colori e delle forme che ricevono input dai coni Strato magno cellulare: si occupano selettivamente del movimento che ricevono input dai bastoncelli L’aspetto fondamentale è che questa struttura garantisce che la parte sinistra della retina sinistra avrà i suoi assoni del nervo ottico che proiettivo nel nervo ottico che crocia nel chiasma e quindi tutte le informazioni proiettano a sinistra ed elabora tutto ciò che è nel campo visivo destro: questo garantisce che ciò che è percepito a destra viene elaborato dalla corteccia visiva sinistra, mentre ciò che cade a sinistra del campo visivo sinistro viene elaborato dalla corteccia destra. V1 e V2 sono le aree della corteccia visiva primaria che si occupano dell’elaborazione precoce dello stimolo ovvero qualsiasi tipo di stimolo passa di lì, sono aree che si possono definire amodali nel senso che qualsiasi stimolo passa da queste aree. Nel lobo occipitale ci sono aree estremamente specifiche per analizzare informazioni specializzate: l’area V4 si occupa del colore che può essere compromessa in modo selettivo (si chiama acromatopsia); l’area V5 si occupa dell’elaborazione del movimento (si chiama achinetopsia) e la corteccia infero-temporale si occupa dell’elaborazione delle forme. Dopo V1 ci sono due percorsi diversi: Via dorsale: via del dove e del come, è la via superiore che si occupa di processare il movimento. È la via più veloce perché legata al movimento dell’oggetto e ci serve ad interagire con l’oggetto per programmare una risposta motoria compatibile con quel movimento; infatti, la via dorsale finisce nel sistema motorio (le aree V5 e V3 che sono legate al movimento si trovano nella via dorsale). È la percezione del movimento che mi serve per l’azione, permettendoci di afferrare un oggetto senza pensare. Essa dipende dallo stimolo. Essa permette l’elaborazione automatica dello stimolo per interagire in maniera veloce Via ventrale: via del cosa, si occupa di processare il contenuto (colore e forme) (la via V4 si trova in questa via perché legata al colore) e va nella corteccia infero-temporale. È la via per la percezione e per il riconoscimento ed è responsabile dell’analisi degli input visivi per costruire una rappresentazione del mondo, permettendoci di identificare in 7 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) maniera consapevole un oggetto. Essa è indipendente dallo stimolo ovvero dal movimento che l’oggetto ha. Qui ci sono due tipi di neuroni: o Neuroni ad alta selettività: rispondono a specifici oggetti visivi o Neuroni ad alta tolleranza: rispondono ad immagini retiniche dello stesso oggetto A livello corticale, la distinzione tra le due vie rispetta la distinzione delle cellule a livello della retina. L’elaborazione del colore quando danneggiata si accompagna a deficit di elaborazione spaziale perché c’è un problema anatomico: le cellule deputate all’elaborazione spaziale sono vicine a quelle deputate all’elaborazione del colore. I movimenti di primo ordine sono quelli in cui ciò che si muove differisce in colore e luminosità rispetto allo sfondo e sono quelli più semplici da elaborare perché in questi stimoli c’è la componente del colore, ad esempio l’ombra (V4 dà un contributo all’elaborazione del movimento); quelli di secondo ordine sono quelli in cui il movimento è più difficile da elaborare cognitivamente differenza tra la luminosità della figura e dello sfondo Il primo problema è che è vero che esistono aree anatomiche per l’elaborazione visiva separate, però noi percepiamo lo stimolo nel suo complesso: queste aree, anche se specializzate, interagiscono l’una con l’altra. Il secondo problema è che gran parte del lavoro lo fanno V1 e V2 che sono aree non specifiche perché elaborano tutte le dimensioni dello stimolo, questo è il motivo per cui noi percepiamo delle immagini nella loro interezza e non singoli aspetti. La neuropsicologia cognitiva ci permette di prendere pazienti con lesione dorsale e ventrale per vedere il comportamento che hanno: per dimostrare che esistono le due vie si prendono pazienti con lesioni dorsali ma non ventrali, ed altri pazienti che hanno lesioni ventrali ma non dorsali. Un paziente affetto da agnosia visiva ha una lesione nella via ventrale ma non dorsale: quando gli si mostra un lucchetto, il paziente ha una difficoltà nell’identificare l’oggetto in maniera verbale e consapevole perché la via ventarle è legata all’aspetto della consapevolezza, anche se a livello motorio sa qual è l’oggetto. Ciò dimostra che la via del riconoscimento è lesionata a livello anatomico facendo sì che non abbia accesso consapevole a cosa siano gli oggetti, ma la via dorsale è preservata perché mette in atto un movimento congruente allo stimolo mostrato. Io posso percepire qualcosa senza esserne consapevole perché nel momento in cui il partecipante fa il movimento ma non riconosce che quell’oggetto è un lucchetto, vuol dire che il suo sistema nel complesso sa che l’oggetto è un lucchetto. Un paziente con agnosia visiva (problema alla via ventrale) ha difficoltà nella descrizione verbale dell’oggetto di fronte a lui e nel riconoscimento consapevole dell’oggetto (non si tratta di un problema di linguaggio), di fronte a questa fatica ci si aspetterebbe una difficoltà con l’oggetto, ma l’interazione motoria con l’oggetto è fluida: è un caso di dissociazione che mostra che c’è lesione della via ventrale e non della via dorsale. Bisogna però cercare una patologia che mostri il pattern opposto, ovvero una lesione della via dorsale a livello anatomico ma non presenta una lesione a carico della via ventrale: questi pazienti soffrono di atassia ottica e descrivono l’oggetto che osservano in maniera corretta (nessuna difficoltà nei giudici percettivi), ma quando si chiede loro di interagire con l’oggetto hanno difficoltà. Nell’illusione dei cerchi di Ebbinghaus il cerchio arancione di destra appare più grande, questo è un giudizio di riconoscimento usando la via ventrale (possiamo dire che la via ventrale cade nell’illusione); si può fare un task dorsale in cui invece di chiedere se i cerchi sono uguali, chiedo di interagire con i due cerchi (preparare un movimento con le dita in modo da “afferrare” i due cerchi), nel momento in cui 8 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) i partecipanti sono di fronte allo stesso stimolo e chiedo loro di afferrare i due cerchi e misurando la distanza tra pollice e indice noto che la distanza è identica sia per il cerchio di sinistra che per quello di destra: questo dimostra che la via dorsale non è soggetta ad illusione. Il vantaggio di questo paradigma è quello di poterlo fare su persone sani. Se invece lo facessi con un paziente con agnosia visiva, esso non saprebbe proprio rispondere perché in questo paradigma ho bisogno che entrambe le vie siano intatte per dimostrare che le due sono indipendenti l’una dall’altra, ma il paziente con agnosia visiva riuscirebbe ad interagire con i due cerchi; i pazienti con atassia ottica invece non riuscirebbero ad afferrare i cerchi. Le due vie, anche se indipendenti, possono interagire tra di loro: ad esempio, la via dorsale non ha in sé l’informazione necessaria per interagire con un oggetto nuovo, ma in questo caso è necessario passare per la via ventrale. La via ventrale viene implicata quando: è necessaria la memoria, c’è tempo per pianificare il movimento, è necessario pianificare il movimento e quando l’azione è poco pratica o è complicata. L’attivazione di una delle due vie dipende anche dalla situazione contingente nella quale ci sia trova. Cosa può succedere nel momento in cui anziché avere una lesione dorsale o ventrale, ho un paziente con lesione in sede occipitale nell’area V1 e V2? Il paziente avrà un deficit in entrambe le vie perché l’informazione fermandosi in V1 e in V2 non può andare in nessuna delle due vie. Il blindsight è una situazione neuropsicologica in cui ci sono lesioni all’area visiva primaria del lobo occipitale (V1), come per neglect, e vi è una dissociazione tra la mancanza di esperienza fenomenica di un dato stimolo e l’elaborazione dello stimolo stesso. La corteccia visiva V1 e V2 sono la parte di corteccia più importante per dar vita all’esperienza cosciente di uno stimolo, è la struttura sottocorticale che elabora l’informazione e che continua a lavorare quando ho solo lesione della corteccia visiva primaria, e quindi si verifica una situazione in cui lo stimolo si percepisce perché gli occhi funzionano bene però manca la consapevolezza dello stimolo (esperienza fenomenica di uno stimolo). Quando c’è blindsight l’elaborazione fino a V1 e V2 funziona bene: può avvenire una percezione dello stimolo senza che noi ne siamo consapevoli. Si parla di percezione inconscia o subliminale. Il blindsight è caratterizzato da scotoma, ovvero da una zona del campo visivo di assoluta cecità e la cui causa è una lesione in una zona circoscritta dell’area visiva primaria e che ha effetto su tutto il sistema visivo. Per studiare la performance dei pazienti blindsight bisogna chiedergli di osservare un punto di fissazione e alla comparsa dello stimolo devono spostare gli occhi su di esso, vengono presentati degli stimoli nella zona scomatosa ed i pazienti sono in grado di fare un movimento oculare appropriato in assenza di una defezione consapevole dello stimolo. Compito dei partecipanti è dirigere lo sguardo verso lo stimolo, ma quando lo stimolo compare nello scotoma essi non lo vedono e per dimostrare che c’è elaborazione dello stimolo devono direzionare gli occhi verso lo stimolo nello scotoma; a quel punto quando gli si chiede se vedono uno stimolo x o y, essi non sanno rispondere perché non vedono nessuno stimolo. I pazienti sono in grado di localizzare lo stimolo senza che ne abbiano consapevolezza: questo dimostra che la percezione consapevole dello stimolo è un processo indipendente dalla sua elaborazione. L’elaborazione è presente, ma non passando per V1 e V2, avviene in maniera non consapevole (senza V1 e V2 non c’è elaborazione consapevole); quindi, ci sono strutture neuro cognitive deputate all’elaborazione non consapevole degli stimoli. Gli stessi processi cognitivi del blindsight possono essere usati in persone sane che possono avere un’elaborazione dello stimolo senza consapevolezza presentando uno stimolo per pochissimo tempo (al di sotto dei 300 ms) e senza che ne sia consapevole. Nel paradigma sperimentale della percezione inconsapevole in soggetti sani ci sono due stimoli: il primo 9 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) presentato per un tempo estremamente breve (un tempo non sufficiente affinché non ci sia percezione consapevole), ma dal punto di vista della consapevolezza si percepisce solo uno stimolo. Ma io posso manipolare la natura del primo stimolo: quando c’è congruenza, ovvero quando il primo stimolo è maggiore di 5 e lo stimolo da valutare è maggiore di 5, i partecipanti sono più veloci a rispondere correttamente (dire se maggiore o minore) rispetto a quando c’è incongruenza; questo ci dice che comunque hanno percepito perché se non avessero percepito non potrebbero spiegare che solo nelle condizioni di congruenza il primo stimolo influenza il secondo e i tempi di risposta. Si tratta di un paradigma che deve testare un elemento oggettivo: oltre al report soggettivo del singolo partecipante che dipende da ciò che è stato elaborato o meno a livello della consapevolezza, devo anche elaborare una misura oggettiva dell’elaborazione di un determinato stimolo. Ci sono due criteri per stabilire se lo stimolo è stato percepito da una persona: Limite soggettivo: la persona non sa riferire la consapevolezza dello stimolo nel caso di percezione inconscia o di blindsight Limite oggettivo: la persona mostra un costo in decisioni a scelte frontali (es. nel paradigma sopra, la domanda che è stata posto è “si tratta di una cifra maggiora o minore a 5”. Per studiare l’elaborazione inconsapevole degli stimoli bisogna usare un limite oggettivo perché se useremo solo un limite soggettivo ci troveremo di fronte al fatto che il partecipante soggettivamente a livello consapevole non percepisce lo stimolo) Questo paradigma funziona statisticamente perché non sempre la presentazione di uno stimolo per breve tempo genera una percezione inconsapevole, ma c’è un’estrema variabilità individuale. Quello che succede è che se un partecipante dice di non aver percepito il primo stimolo, ciò che emerge è che nelle situazioni di congruenza ci ha messo meno tempo. L’aspetto cruciale è che l’elaborazione non è grezza ma completa anche se è avvenuta in maniera inconsapevole. La percezione degli oggetti Percepire gli oggetti è un processo complicato perché vi è sovrapposizione tra componenti, c’è una variazione delle proprietà visive degli oggetti della stessa categorie (es. forme diverse) e c’è un ampio spettro di distanza degli orientamenti visivi. Nella percezione agiscono sia processi top down (processi su ci gli elementi già presenti nel sistema influiscono nella percezione dell’oggetto, percepiamo lo stimolo in accordo con le nostre aspettative) sia bottom up (percezione diretta della via dorsale: molte informazioni sono disponibili nelle informazioni sensoriali. L’elaborazione dipende dalle caratteristiche dello stimolo e non dagli elementi presenti nella mente). Le caratteristiche fisiche dell’oggetto sono in grado di attivare in maniera automatica la percezione motoria della via dorsale. I primi studi sulla capacità di stabilire quali parti di informazioni visive formano oggetti distinti, sono ad opera della Gestalt: gruppo di filosofi che hanno creato le leggi che regolano la percezione degli oggetti. Tutte le leggi possono essere raggruppate secondo la legge della pregnanza secondo cui “di numerose organizzazioni possibili dal punto di vista geometrico, il soggetto percepirà quella che possiede la forma migliore, più semplice e più stabile”: Legge della prossimità: gli elementi visivi tendono ad esser raggruppati insieme se vicini tra loro 10 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) Legge della somiglianza: gli elementi visivi simili tra di loro nella struttura vengono raggruppati insieme Legge della continuità: si raggruppano insieme gli elementi che richiedono il minor numero di cambiamenti o interruzioni Legge della chiusura: parti mancanti di una figura vengono inseriti per completare la figura stessa, noi colmiamo il gap in base alle nostre aspettative Legge della simmetria: vengono raggruppati oggetti che sono simmetrici tra di loro Legge dell’effetto della superiorità della configurazione: tendiamo a percepire l’intera immagine in maniera più agevole rispetto alle singole parti (osservando l’immagine vediamo un volto perché cogliamo l’aspetto olistico dell’immagine, ma questa non è un’immagine di un volto). Si coglie l’aspetto globale di uno stimolo rispetto all’aspetto specifico. Se ci immaginiamo di presentare lo stimolo A e B, quello che vedrò è che se chiedo di percepire l’aspetto globale della lettera H non avrò differenza tra A e B perché lo stimolo globale è identico; ma se cambio il task e non chiedo di riconoscere l’elemento globale ma quello specifico (riconoscimento locale di H), quello che vedrò è che in B i partecipanti ci mettono più tempo rispetto ad A per via dell’incongruenza (l’H della figura B non è formata da H ma da S); il fatto che ci sia incongruenza denota che l’aspetto globale viene comunque processato (si elabora un’H) Legge del destino comune: gli elementi visivi che sembrano spostarsi assieme o che hanno un andamento comune vengono raggruppati assieme. Esempio: sfondo nero con dei pallini luminosi ottenuti da persone/oggetti, la domanda è cosa percepiamo guardando questi stimoli? Questo esperimento dimostra che nello stimolo l’informazione è poca perché si vedono soltanto dei puntini luminosi muoversi, ma il nostro sistema percettivo è considerare i puntini luminosi nel loro insieme. L’aspetto interessante è che anche quando faccio dei video con questa tecnica e con due persone che interagiscono, chi osserva è in grado di capire che tipo di comunicazione sta avvenendo (c’è un’ottima percezione del movimento). L’aspetto legato al movimento è un sistema che gli esseri mani usano per decifrare le relazioni con gli altri esseri umani 11 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) Legge dell’articolazione figura-sfondo: lo sfondo non ha forma, nel senso che tendiamo a percepire uno stimolo in contrapposizione dello sfondo, lo stimolo acquista una forma solo perché si differenzia dallo sfondo. Questo fa sì che quando percepiamo il vaso non percepiamo i due volti, quando percepiamo i due volti non percepiamo il vaso Teorie sul riconoscimento degli oggetti Il primo a proporre una teoria di cosa accade durante il riconoscimento degli oggetti è stato Marr che ha proposta la teoria computazionale di Marr dei processi implicati nel riconoscimento degli oggetti. La teoria prevedeva una serie di rappresentazioni che fornivano in maniera temporale informazioni dettagliate dell’oggetto: Abbozzo primario: fornisce una descrizione grezza dell’oggetto bidimensionale che racchiude al suo interno le principali variazioni dell’intensità luminosità dell’input visivo e le informazioni inerenti ai margini e i profili dell’oggetto. È un abbozzo dipendente dal punto di vista dell’osservatore. Questo abbozzo permette una distinzione tra oggetto Abbozzo 2.5D: vi è una descrizione di un elemento nuovo, della profondità e dell’orientamento nuovo. Questa caratteristica viene estratta dagli indizi circa la sfumatura, la tessitura e il movimento che derivano dalla percezione dell’oggetto. Questo abbozzo è centrato sull’osservatore e dipendente dal suo punto di vista: non riusciamo a rappresentare l’oggetto in quanto tale, ma ce lo raffiguriamo da un punto di vista prospettico preciso che è quello dell’osservatore. Questo abbozzo permette una distinzione degli oggetti indipendentemente dalla distanza e dall’orientamento Rappresentazione del modello 3D: descrive le tre dimensioni, le forme ed il movimento degli oggetti in maniera indipendente dal punto di vista dell’osservatore, cioè si riesce ad avare una rappresentazione dell’oggetto a prescindere dal punto di vista da cui lo si osserva. Il modello 3D permette l’identificazione di un oggetto confrontandolo con le informazioni di memoria, e quindi richiama una serie di processi top down perché deve andare a confrontare la percezione con tutto quello che già c’è nel sistema cognitivo e quindi nella memoria Il fatto che le teoria dipendenti dal punto di vista siano valide perché spiegano certi fenomeni, si coniuga con le caratteristiche dei neuroni che fanno parte della corteccia infero-temporale che si occupa dell’elaborazione della forma degli oggetti e all’interno della quale vi sono due tipi di neuroni: 12 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) Ad alta selettività: rispondono a specifici oggetti visivi e ciò si coniuga con le teorie dipendenti dal punto di vista dell’osservatore Ad alta tolleranza: rispondono ad immagini retiniche dello stesso oggetto ma che varia per posizione, dimensione ed illuminazioni. Questi neuroni sono più compatibili con le teorie indipendenti dal punto di vista dell’osservatore perché il fatto che esistono ci permette di ricostruire la natura di un oggetto a prescindere da come esso si mostra. Questi neuroni ci permettono di tarare tutta questa informazione di rumore e di riconoscere l’oggetto il contributo della neuropsicologia deriva dai pazienti che hanno agnosia visiva (compromissione del riconoscimento visivo di oggetti in presenza di inalterata trasmissione di informazioni visive alla corteccia cerebrale: gli occhi funzionano bene, l’informazione procede bene ed arriva in V1 ma, nonostante ciò, l’informazione non viene processata bene e c’è una compromissione nel riconoscimento degli oggetti). I pazienti sono in grado di riconoscere gli oggetti usando altre modalità come il tatto; una distinzione che si può fare nell’agnosia: Agnosia appercettiva: riconoscimento compromesso per deficit di natura percettiva di elaborazione percettiva. Se si chiede quindi ai partecipanti di copiare una serie di oggetti, questi falliscono e ciò dimostra come l’oggetto non viene percepito correttamente. Nel test di Gollin hanno bisogno di disegni più completi, rispetto ai controlli (soggetti sani), per identificare i soggetti: se i soggetti sani riconoscono un pesce dopo la seconda figura, i pazienti con agnosia percettiva hanno bisogno di arrivare all’ultima figura per poter dare una descrizione esaustiva Agnosia associativa: i processi percettivi sono sani e integri, ma c’è difficoltà di accesso alle conoscenze sull’oggetto. Il riconoscimento degli oggetti insoddisfacente non avviene più per un’errata percezione dell’oggetto, ma è dovuta ad una compromissione della memoria visiva degli oggetti o dell’accesso alla conoscenza semantica: il soggetto riesce a percepire in maniera corretta ma non riesce ad associarlo a delle conoscenze semantiche pregresse. Questi pazienti sono in grado di copiare gli oggetti in maniera corretta ma non riescono a offrirne una descrizione verbale esaustiva perché hanno problemi di denominazione; si tratta di un deficit di natura associativa perché il soggetto non riesce ad essere connesso con la memoria che si ha e che gli permette di riconosce un oggetto Il riconoscimento dei volti Il riconoscimento dei volti ha delle caratteristiche peculiari tali per cui le teorie del riconoscimento degli oggetti non valgono. Il modo in cui riconosciamo i volti differisce in maniera forte dal modo in cui riconosciamo gli oggetti: la principale differenza è che il riconoscimento dei volti implica un’elaborazione di tipo olistico ovvero nel suo insieme, un’elaborazione della configurazione del volto. Mentre percepiamo il volto facciamo un’elaborazione che implica un’integrazione delle varie caratteristiche del volto nella sua totalità. Il fatto che il riconoscimento dei volti sfrutti dei processi diversi del riconoscimento degli oggetti è esemplificato dall’effetto dell’inversione: è l’effetto tale per cui se capovolgiamo un volto diventa più difficile riconoscere a chi appartiene il volto; lo stesso effetto non si riscontra se capovolgiamo un oggetto. Inoltre, vi è un altro effetto chiamato effetto parte per il tutto secondo cui il ricordo di una parte del volto è più preciso se presentato all’interno del volto: io ricordo correttamente le labbra di una persona, se esse sono inserite nel volto (questo effetto 13 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) non si riscontra sugli oggetti perché io non sono più bravo a riconoscere una finestra se essa è presentata all’interno di una casa o meno). Oltre a questi effetti, anche le neuroscienze cognitive ci fanno capire che i processi cognitivi implicati nel riconoscimento dei volti sono diversi rispetto a quelli usati nell’elaborazione degli oggetti; l neuroscienza cognitiva lo fa attraverso il riscontro di una doppia associazione: c’è un’area specifica chiamata giro fusiforme che se danneggiata genera difficoltà nell’elaborazione dei volti, mentre se danneggiata non genera difficoltà nell’elaborazione degli oggetti; invece, l’area infero-temporale se danneggiata provoca difficoltà nel riconoscimento degli oggetti ma non nei volti. La difficoltà nell’elaborazione dei volti a carico dell’area del giro fusiforme è chiamata prosopagnosia: si tratta di una condizione eterogenea perché varia tra pazienti (ci possono essere vari gradi di difficoltà nel riconoscimento) e può avere un’origine evolutiva (essere presente fin dalla nascita) oppure acquisita a seguito di una lesione. Il giro fusi forme fa parte della via ventrale perché parliamo dell’accesso consapevole del volto che richiede l’accesso a conoscenze pregresse della memoria semantica. La percezione del movimento umano È un caso di percezione diretta per cui non c’è necessità di processi cognitivi sofisticati: stiamo parlando della via dorsale (che finisce nelle aree deputate al movimento). Un caso di percezione diretta sono le affordance ovvero gli usi potenziali degli oggetti che sono direttamente percepibili: è l’informazione motoria che un oggetto in maniera automatica ci invia in base alle sue caratteristiche fisiche; ad esempio, in una tazza la sua affordance è di essere afferrata con una mano. In maniera diretta il sistema cognitivo è in grado di interagire con l’oggetto e innesca determinati schemi motori: io non devo interpretare in maniera consapevole la tazza, ma so interagire molto velocemente con essa. L’affordance dipende fortemente dalla memoria e da quante volte nella vita uno interagisce con quell’oggetto, ovvero dall’esperienza. Un altro modo di parlare di affordance è parlare di risonanza: vedere un oggetto fa risuonare in me gli schemi comportamentali e motori che sono in gioco quando interagisco con l’oggetto. La percezione del movimento è un caso di percezione diretta: siamo capaci di percepire il movimento biologico anche senza altri tipi di informazione visiva. I processi implicati nel movimento biologico sono diversi da quelli implicati nel movimento in generale; nelle persone appartenenti allo stesso tipo di razza, i processi del movimento biologico sono indipendenti ovvero ci sono sistemi cognitivi e neuro cognitivi implicati specificatamente nella percezione del movimento umano. Siamo anche in grado di percepire se un’azione la sta compiendo un uomo o una donna in base agli indizi strutturali (ampiezza delle spalle che è maggiore negli uomini) e dinamici (inerenti all’oscillazione della parte superiore del corpo che è maggiore negli uomini). Siamo quindi in grado di capire l’azione individuale, se è un uomo o una donna, e siamo in grado di identificare le azioni comunicative (abbiamo processi cognitivi deputati al movimento biologico che permettono di identificare le azioni intrinsecamente comunicative, ovvero se due persone stanno comunicando o meno e noi lo capiamo dai puntini luminosi). È plausibile nella neuropsicologia che ci sia un sistema neuro cognitivo deputato alla percezione del movimento dei conspecifici: questa è la doppia dissociazione perché ci sono persone con difficoltà a percepire il movimento biologico e non generale, e viceversa. Durante la percezione del movimento biologico in persone sane si attivano le stesse aree lesionate dei pazienti con deficit nella percezione del movimento biologico. Il movimento biologico è il movimento di un essere appartenente alla stessa specie, non biologico appartenete ad un oggetto. 14 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) I neuroni specchio Da un punto di vista neuro cognitivo ci sono i neuroni mirror (neuroni specchio): sono neuroni della corteccia pre motoria e motoria (ne costituiscono il 17%) che si attivano sia quando compio un movimento sia quando lo osservo in un’altra persona. I primi neuroni specchio osservati sono stati visti sulle scimmie, ma ci sono anche negli esseri umani. Sono stati scoperti da un gruppo di ricercatori dell’università di Parma per puro caso: essi stavano mappando la corteccia premotoria (attivazione somaticamente: c’è un’area specifica che si attiva durante movimenti specifici) delle scimmie perché volevano capire quali neuroni controllassero specifici movimenti; i ricercatori mostrano una banana, la scimmia sta ferma e vedono che i neuroni della corteccia premotoria si sono attivati. Quindi si tratta di neuroni che si attivano quando sia quando la scimmia afferra la banana sia quando la scimmia vede un altro prendere la banana. Sono quindi neuroni scoperti per serendipità: sono neuroni che si attivano in assenza di movimento manifesto. Rispetto al sistema mirror delle scimmie, quello dell’uomo è molto più esteso. I neuroni specchio sono una classe di neuroni con caratteristiche visuo-motorie perché si attivano sia per compiere dei movimenti sia mentre osservo il movimento. Possiamo dire che sono quei neuroni che uniscono la percezione visiva con l’azione. Un’altra classe di neuroni mirror sono quelli audio visivi perché si attivano al suono di un’azione eseguita da un’altra persona: il suono genera un meccanismo di risonanza. Questi neuroni permettono: Imitazione ovvero l’apprendimento; sono infatti neuroni presenti fin dalla nascita (usati dai bambini per imparare). Essendo un sistema di percezione diretta, questo ci dice come in determinate situazioni c’è un’imitazione automatica e involontaria Comprensione: per capire cosa sta facendo un’altra persona ho bisogno di attivare in me gli stessi programmi motori deputati all’azione che sto osservando, in questo modo capisco l’azione ovvero capisco lo schema motorio e lo stato mentale È stato dimostrato che l’osservazione passiva di espressioni facciali (in cui il partecipante non ha chiesto di compiere un’azione) genera un’attività mimica rapida, involontaria e inconsapevole: quando osservo determinate espressioni facciali, pur in assenza di risposta emotiva, si attivano gli stessi muscoli facciali deputati al compiere quel movimento che sto osservando. Questo vuol dire che il sistema mirror non attiva solo i neuroni della corteccia celebrale, ma si attiva il corpo senza che il partecipante faccia esattamente quel movimento. È possibile studiare i neuroni specchio in un modo non neuroscientifico ovvero studiando i meccanismi di interferenza o di facilitazione di un’azione: l’esecuzione di azioni è facilitata dall’osservazione di azioni anatomicamente compatibili; ad esempio, io posso chiedere ai partecipanti di osservare un’azione di attivazione del dito medio che comporta l’attivazione di quel pattern che permette il movimento del dito medio ma questo va inibito (questo comporta un costo) per far compiere un’azione diversa ovvero muovere il dito indice. Un altro modo di parlare della percezione di movimento è usare il termine di simulazione: io simulo dentro di me l’azione che sto osservando e cerco di capire il significato dell’azione degli altri, senza che questa componente sia mediata da processi di ragionamento inferenziale perché siamo nella percezione diretta. 15 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) Spiegazione dei testi Beauty in mind: Aesthetic appreciation correlates with perceptual facilitation and attentional amplification. Ci può essere una relazione tra la capacità di apprendimento e la bellezza: c’è una pare della filosofia che tratta i legami tra l’arte e la conoscenza. Questo tema di carattere filosofico si può analizzare da un punto di vista scientifico andando a vedere se dal punto di vista sperimentale ci sono delle connessione tra l’apprezzamento estetico e il sistema nervoso; ad esempio, tendiamo ad imparare di più le cose che ci piacciono. In letteratura non era però chiaro se ci fosse un legame di basso livello basato sul funzionamento nervoso che potesse spiegare questi comportamenti che viviamo nella nostra vita quotidiana. Nello spazio intorno a noi espresso con delle funzioni matematiche in grado di esprimere le frequenze spaziali che vediamo: le frequenze spaziali di un’immagine determina l’alternanza tra pixel luminosi e pixel scuri. L’esperimento è volto a capire quali sono immagini preferite e se al loro interno trovassero un puntino grigio; si è scoperto che: i soggetti preferiscono le immagini che ricordano il mondo naturale e sono più rapidi a trovare un puntino grigio all’interno dell’immagine che preferiscono perché c’è una tendenza a rendere il compito più semplice. I soggetti sono più bravi quando l’esponendo è medio rispetto ad immagini in cui la performance è peggiore: la curva dei giudizi estetici e dei tempi di risposta si somigliano: questo significa che le immagini preferite da un punto di vista estetico sono anche quelle in cui i soggetti preformano meglio e sono in grado di fare il compito di riconoscimento e di attenzione in maniera migliore. Le immagini preferite mostrano un pattern di risposta elettrofisiologico enfatizzato: non vediamo solo un miglioramento del singolo che presta più attenzione che preferisce, ma abbiamo anche una risposta enfatizzata di basso livello. Ciò significa che possiamo studiare i marker della preferenza dei singoli che si rifletta in un’onda elettrica che registra in maniera implicita dal sistema nervoso. Questo è un primo esempio in cui si è trovato una connessione tra stimoli che preferiamo e risposte elettrofisiologiche. Noi tendiamo a preferire stimoli naturali perché il mondo naturale ci riporta a esperienze passate (effetto di familiarità: le cose a cui siamo esposte tutti i giorni tendiamo ad apprezzarle di più) e inoltre il sistema nervoso si ricorda ciò che è più rilevante e ciò che sa elaborare meglio. È possibile che l’apprezzamento estetico sia legato alla capacità del sistema nervoso di elaborare stimoli; l’apprezzamento estetico è qualcosa di astratto e di disconnesso dal desiderio ma è qualcosa che vogliamo contemplare. C’è una piccola parte di apprezzamento estetico che è collegato a come funziona il sistema nervoso e che si può considerare un feedback di quanto il nostro sistema nervoso sta apprendendo. Memorisation and implicit perceptual learning are enhanced for preferred musical intervals and chords. Nell’esperimento veniva fatta sentire una tripletta di note che possono costituire un accordo dissonante o consonanti, ed è stato fatto anche uno studio delle preferenze dei singoli e sembrerebbe che la maggior parte preferisca gli accordi consonati questo perché gli stimoli che viviamo tutti i giorni sono per la maggior parte accordi consonanti, anche se ciò dipende dall’età del paziente. C’è una quota di soggetti che però preferisce l’accordo dissonante che vengono ricordati meglio da questi soggetti, mentre chi preferisce gli accordi assonanti ricorda meglio questi accordi: ciò dimostra che le cose che ricordiamo meglio sono le cose che vengono preferite e questo è legato all’abilità del nostro sistema nervoso di elaborare gli stimoli, questo è un effetto di familiarità che ha anche fare con l’esperienza del singolo. 16 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) The social tuning effect. Le nostre competenze di apprendimento nelle condizioni di coopartecipazione favoriscono l’apprendimento e la condivisione. Linguistic synesthesia, perceptual synesthesia, and the interaction between multiple sensory modalities. Questo studio riguarda le metafore sinestetiche. L’aspetto interessante è che studiando i parlanti, le tendenze ad associare sfere sensoriali sinestetiche è un qualcosa che si vede nella popolazione in generale (succede anche nei bambini che ancora non parlano). Il modo che abbiamo nel linguaggio di creare sinestesia non è casuale ma è veicolato dalle nostre esperienze sensoriali: c’è un parallelismo tra le nostre esperienze sensoriali reali ed il nostro lessico. Black as night or as a chimney sweep? Colour words and typical exemplars. Le categorie cromatiche si somigliano nelle lingue occidentali, ci sono criteri generali che si ritrovano in molte lingue del mondo. In questo studio sono state esaminate le espressioni cromatiche come “rosso come…” nelle diverse lingue del mondo. L’immagine visiva Creare un’immagine visiva è un processo che attiva il nostro sistema visivo: quando immagino qualcosa, questo tipo di immaginazione è una rappresentazione iconica e pittorica (non verbale) simile alla rappresentazione che si ha quando si osserva. Questa analogia c’è: A livello neuro cognitivo Nella struttura È soggetta allo stesso tipo di regole dal punto di vista temporale Nel paradigma di Kosslyn all’aumentare della rotazione del secondo oggetto, aumenta il tempo in cui il partecipante identificava correttamente che l’oggetto di destra era l’oggetto di sinistra: più l’oggetto è girato più tempo occorre per il riconoscimento. Questo dimostra che c’è una relazione lineare tra cosa io riesco ad immaginare e cosa riesco a fare concretamente nella vita: più ci metto a ruotare quell’oggetto nella vita, più tempo ci metto a ruotarlo nella mente. Nel secondo paradigma si dimostra la stessa cosa ma con due diversi task: memorizzare la mappa con degli oggetti ed immaginare di percorrere delle distanze da un punto all’altro per poi premere un pulsante. Nel primo task i partecipanti vedono la mappa che va memorizzata (la mappa viene mostrata per un paio di secondi): si testa il ricordo immaginativo di quel tipo di stimolo, ovvero viene chiesto di immaginare la mappa. Il task di percorrere delle distanze calcola la distanza tra il punto a e il punto b: c’è una relazione lineare quasi perfetta tra le distanze che separavano coppie successive di oggetti nella mappa mentale e la quantità di tempo che passava prima che i soggetti premessero il pulsante. Maggiore è la distanza, maggiore è il tempo che ci si mette a premere il pulsante. Questo dimostra che c’è un’analogia tra le strutture cognitive con cui immaginiamo e le strutture cognitive con cui interagiamo con lo stimolo. Da un punto di vista neuro cognitivo questo vuol dire che le stesse strutture anatomiche deputate alla percezione visiva sono deputate all’immaginazione visiva. Come si manipolano i reaction time (tempi di reazione) in un compito di immaginazione visiva agendo su qualcosa che è inerente all’analogia? Si usa la TMS e si inibiscono le aree di Broadman 17 implicate nei processi di immaginazione visiva, in questo modo aumentano i reaction time; se invece eccito con la TMS, diminuiscono i reaction time: questi sono buffer visivi. La TMS applicata all’area Broadman 17 compromette compiti di formazione di immagini: si osserva un 17 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) rallentamento nei compiti di immaginazione visiva. Tuttavia, non necessariamente l’immaginazione visiva si associa ad un deficit di percezione visiva: ci sono casi in cui pazienti hanno difficoltà nell’immaginazione visiva ma hanno il sistema di percezione visiva intatto, possono quindi agire strategie compensatorie per cui si riesce a costruire l’immagine attraverso l’utilizzo di altre modalità. L’attenzione L’attenzione è quel processo cognitivo che ci permette di selezionare alcuni stimoli piuttosto che altri: con selezionare si intende individuare quegli stimoli che godranno di maggiore elaborazione cognitiva rispetto agli altri. È una funzione cognitiva trasversale ed importante; anche se trasversale è separata dalla vista e dall’udito e dunque è indipendente dal corpo: io posso decidere di direzionare lo sguardo verso un oggetto ma prestare attenzione ad un altro oggetto e quindi non elaboro niente; la direzione dell’attenzione non corrisponde alla direzione dello sguardo. Questo dimostra che c’è una dissociazione tra processo percettivo e processo attentivo, anche se si elabora meglio il secondo oggetto. Ci sono due tipi di attenzione: Attenzione focalizzata/selettiva: è quella capacità che ci fa selezionare e elaborare degli stimoli piuttosto che altri. Si presentano due o più stimoli e si chiede di dare attenzione ad uno stimolo. Questo ha un risvolto della medaglia perché dall’insieme di stimoli che ricevo ne seleziono solo alcuni, quello che sto facendo è qualcosa di relativo perché sto prestando più attenzione a determinati stimoli ma al tempo stesso sto elaborando meno gli stimoli al di fuori del campo visivo attenzionale; questo non accade quando non attuo un processo di attenzione focalizzata. Nell’attenzione focalizzata uditiva si presentano due messaggi differenti alle due orecchie e viene chiesto di prestare attenzione a solo uno dei due messaggi, ma cosa ne è del messaggio trascurato, cioè che destino hanno gli stimoli non attenzionati? Essi non ricevono attenzione consapevole però quello stimolo era presente e il nostro sistema cognitivo l’ha incontrato: si ha un effetto cocktail party (effetto che si ha durante una festa e si ha una conversazione, e ad un certo punto sentiamo il nostro nome che viene elaborato e l’attenzione viene catturata in modo automatico), un effetto che si basa sull’automaticità dell’attenzione perché l’attenzione oltre ad essere focalizzata è automatica. Per spiegare questo fenomeno sono state elaborate delle teorie che partono dal registro sensoriale, ovvero la memoria sensoriale cioè il fatto che lo stimolo nell’ambiente influenza il nostro sistema cognitivo: o Teoria del filtro: dal registro sensoriale solo uno stimolo passa attraverso il filtro sulla base delle sue caratteristiche fisiche e va nei sistemi di memoria a breve/lungo termine, se invece l’informazione è fermata dal filtro resta nel registro sensoriale in attesa di essere elaborata. Il limite di questa teoria è che è eccessivamente semplice perché lo stimolo che viene fermato in qualche modo può andare avanti e influenzare il nostro comportamento; inoltre, se i due stimoli sono diversi per natura (es. suono e immagine) è possibile elaborarli in modo più completo e in parallelo (cosa non prevista dalla teoria), cosa che invece non accade quando i due stimoli hanno la stessa natura (es. due immagini) in cui solo uno va nel filtro e l’altro no o Teoria dell’attenuazionale: l’analisi dell’informazione trascurata è solo attenuata e perciò se la parola è plausibile nel contesto del messaggio oscurato può essere 18 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) ripetuta anche nel messaggio trascurato, cioè entrambe le informazioni possono essere riattivate in un secondo momento se il contesto lo permette ed è appropriato al testo. Si tratta del fenomeno dell’affioramento: lo stimolo era attenuato e riesce a riaffiorare nella coscienza; si tratta di un processo che spiega come mai stimoli non trascurati possono essere analizzati da un punto di vista consapevole o Teoria dell’alterazione completa: tutti gli stimoli vengono elaborati completamente e bene, ma solo uno stimolo è in grado di determinare la risposta comportamentale Le neuroscienze dicono che gli studi che usano l’EGG affermano che gli stimoli a cui prestiamo attenzione sono elaborati maggiormente, ma esistono delle teorie per spiegare l’elaborazione semantica di stimoli trascurati: o Teoria di Broadbent: il registro sensoriale mantiene gli stimoli trascurati e se vi è slittamento di attenzione verso di essi vengono elaborati, nel senso che l’informazione non decade ma persiste e può essere riattivata quando opportuno. Non spiega come mai uno stimolo non attenzionato è in grado di essere attenzionato e di influenzare il comportamento. Qui dati due stimoli, uno va avanti e l’altro no e viene perso o Teoria di Treisman: dati due stimoli in ingresso, tutti e due vengono attenuati Attenzione divisa: c’è la presentazione di almeno a due stimoli e bisogna rispondere ad entrambi. L’attenzione ci permette di selezionare gli stimoli da tutti gli stimoli dell’ambiente, ma è anche vero che ciò non implica che io presto attenzione ad un solo stimolo con un solo canale perché posso prestare attenzione ad un solo stimolo ma ne sto inibendo altri I limiti degli studi sull’attenzione: Prestare attenzione agli stimoli solo dell’ambiente esterno, ma in realtà l’attenzione avviene sia su stimoli interni sia esterni (attenzione esogena ed endogena). La psicologia sperimentale manipola la natura degli stimoli presenti nell’ambiente L’attenzione è modulata dai nostri obiettivi e stati d’animo, a differenza di ciò che accade in laboratorio Esistono due tipi di sistemi attenzionali: Sistema endogeno: controllato da intenzioni e aspettative (viene dall’interno), e si attiva con indizi presentati centralmente Sistema esogeno: sposta in modo automatico l’attenzione verso stimoli periferici ma è un meccanismo guidato dall’esterno ovvero dallo stimolo Studi di neuroimaging hanno individuato correlazioni con due circuiti celebrali, ma non ci viene detto nulla sulla relazione causale. Bisogna affidarsi agli studi di neuroimaging e non altre tecniche che garantirebbero la relazione causale tra questi due circuiti (come fa la TMS) perché non si parla di una specifica area ma di circuiti di attenzione e quindi risulta essere complesso calcolare il ruolo causale. Esistono tre modi con cui si può concepire l’attenzione focalizzata visiva: Riflettore attenzionale: attenzione come riflettore che può essere spostato ma non consente di vedere fuori. Quindi, l’unica cosa che posso fare è accendere il campo visivo e spostare l’attenzione (attenzione nascosta) Obiettivo zoom: il focus attenzionale può essere ristretto o allargato a seconda della richiesta del compito 19 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) Riflettori multipli: è una versione più complessa del riflettore singolo, qui è previsto che non ci sia solo una determinata porzione di spazio illuminata dal focus attentivo ma l’attenzione visiva è più flessibile e ci può essere attenzione divisa e diretta a più regioni dello spazio non adiacenti. Bisogna immaginare un compito in cui si ingaggia l’attenzione: presentazione di 23 lettere e 2 cifre sullo schermo, il compito è di indicare dove sono le cifre. Prima della presentazione delle cifre compaiono indizi validi e non validi, le cifre erano presentate nelle posizioni suggerite (indizi validi) o tra le posizioni suggerite (indizi non validi). Se fosse vera la teoria obiettivo zoom la prestazione dovrebbe essere paragonabile con i due indizi, mentre se fosse vera la teoria del riflettore attenzionale la prestazione dovrebbe essere scarsa con indizi invalidi, infine nella teoria a riflettori multipli la posizione di dove compaiono gli indizi fa la differenza come infatti dimostrano i risultati che affermano che la localizzazione delle cifre tra i due indizi non validi era scarsa. Questo ci dice che io posso prestare contemporaneamente attenzione a due stimoli e quindi l’attenzione può essere anche distribuita su più stimoli L’attenzione può selezionare sia una parte di spazio sia specifici oggetti; inoltre, l’attenzione lavora sia in maniera positiva perché attiva determinate posizioni di spazio sia in maniera negativa perché inibisce altre porzioni di spazio: c’è sempre un’inibizione. C’è anche un altro tipo di inibizione chiamata di ritorno: la priorità percettiva tende a ridursi per le informazioni in una regione che di recente ha goduto di una priorità elevata, ovvero bisogna vedere il sistema attentivo nell’arco temporale nel senso che quando sposto nel tempo l’attenzione in un’altra porzione di spazio e voglio poi tornare nella posizione di spazio originaria ci vuole più tempo rispetto a quando risposto l’attenzione verso una nuova posizione perché la porzione di spazio che avevo attenzionato precedentemente subisce una priorità percettiva ridotta (lo stesso accade se il nuovo stimolo è nella stessa regione di spazio dello stimolo originario). I disturbi dell’attenzione focalizzata visiva I disturbi dell’attenzione provengono dalla lesione o dal malfunzionamento di un’area specifica dell’area ventrale lobo parietale dell’emisfero destro: il disturbo è definito negligenza spaziale unilaterale (neglect) così chiamata perché è lesionato solo l’emisfero destro e la lesione cade nella porzione di spazio destra (la causa è spesso un ictus). Il neglect è una lesione dell’emisfero parietale destro che genera una difficoltò nell’attenzionare e nell’elaborare consapevolmente gli stimoli del campo visivo controlaterale (parte sinistra del campo visivo di sinistra) ed è una condizione clinica che si genera solo dopo lesioni destre. Il neglect non è un disturbo visivo perché il paziente non ha difficoltà a vedere gli oggetti ma qui c’è un problema di spostamento dell’attenzione. Nel test di cancellazione delle linee di Albert il partecipante ha il compito di sbarrare le linee che vede sul foglio: si nota che va bene a destra e va male a sinistra. Il neglect è la ridotta tendenza o incapacità ad elaborare lo spazio controlaterale. Questa modalità non è legata alla visione perché è un disturbo che riguarda tutte le modalità sensoriali ed anche l’aspetto motorio, quello che può succedere è che si fatica ad elaborare gli stimoli tattici proveniente dalla porzione sinistra del corpo. Un classico task è quello di andare a 20 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) stimolare con due aghi, vicini tra loro, il pazienti che avvertirà una leggera pressione ma non percepisce due stimoli diversi, man mano che si aumenta la distanza degli aghi il partecipante capisce che gli stimoli tattili sono due. A seconda di quale parte del circuito viene intaccata, il disturbo può colpire le coordinate spaziali egocentriche (ciò che è compromesso è tutto ciò che accade e si verifica a sinistra del campo visivo riferito al soggetto) e allocentriche (tutto ciò che si fatica a percepire in maniera consapevole sono gli aspetti di sinistra di ogni oggetto e non del soggetto). Un altro disturbo dell’attenzione è l’estinzione che si verifica quando vi è una preservata capacità di percepire singoli stimoli anche nello spazio controlaterale ma se vengono presentati contemporaneamente due stimoli ciò che è nello spazio controlaterale (a sinistra) è trascurato: questo paziente non ha segni di negligenza finché non presento due stimoli contemporaneamente a destra e a sinistra. Una possibile spiegazione dell’estinzione è che il deficit spaziale è più evidente in situazioni di competizione cioè il deficit si manifesta solo quando si presentano due stimoli contemporaneamente che vanno in competizione tra di loro. È una caso di negligenza spaziale meno grave perché si verifica solo quando presento contemporaneamente lo stimolo sia a destra che a sinistra. Uno dei metodi per superare i due disturbi è l’utilizzo dei prismi ovvero delle lenti che non alterano la vista ma spingono in una determinata direzione l’attenzione. Gli stimoli trascurati (non percepiti) in qualche modo vengono elaborati e percepiti: nel neglect vi è una qualche elaborazione degli stimoli presentati nell’emisfero visivo sinistro, ad esempio quando il compito del partecipante è identificare una parola ed il partecipante la riconosce più velocemente quando essa è preceduta a sinistra da un’immagine congruente con il significato della parola: questo testimonia che lo stimolo a sinistra viene elaborato perché influenza la risposta del partecipante; quindi, vi è elaborazione non consapevole dello stimolo non attenzionato. Nell’esperimento di Marshall e Hallingan vengono mostrate due case uguali, una che è in fiamme a sinistra e l’altra che non è in fiamme: queste immagine risulteranno essere uguali al paziente con neglect; la maggior parte dei pazienti risponde la casa non in fiamme e ciò dimostra che il paziente ha elaborato in qualche modo lo stimolo di sinistra e ciò fa sì la risposta sia corretta. Lo split brain è quella condizione in cui due emisferi che di solito sono collegati dal corpo calloso, non lo sono: il linguaggio sta nell’emisfero di sinistro e quindi se si mostra ad un paziente un oggetto nell’emisfero di sinistra (che viene elaborato a destra) non sa cosa rispondere perché i suoi centri di linguaggio non hanno ricevuto la risposta perché c’è una mancanza di comunicazione tra emisfero destro e sinistro e l’informazione di ciò che si sta vendendo e che è elaborata a destra non raggiungono i centri di sinistra, ma a differenza del neglect sarà in grado di copiare l’oggetto. Il priming dimostra che nel neglect c’è elaborazione non consapevole dello stimolo non attenzionato. Ci sono tre abilità attenzionali individuate da Posner e Petersen che sono implicate nel controllo del riflettore attenzionale: 21 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) Disengagement: allontanare l’attenzione da uno stimolo a cui si stava precedentemente prestando attenzione Shifting: trasferire l’attenzione da uno stimolo all’altro Engaging: concentrare l’attenzione su un nuovo stimolo, spegnendo l’attenzione dal vecchio stimolo Per ciascuna di queste tre funzioni ci sono dei disturbi specifici: Simultagnosia: impossibilità a prestare attenzione a più di un oggetto perché c’è la tendenza a prestare attenzione a un solo stimolo, c’è una difficoltà ad usare in modo flessibile le proprie risorse visive. Si verifica quando ci sono disturbi all’esecutivo centrale. Ad esempio, la difficoltà ad accendere una sigaretta perché richiede attenzione sia sull’accendino che sulla sigaretta Disturbo dello shifting dell’attenzione: è la difficoltà a effettuare movimenti oculari volontari in direzione verticale Disturbo dell’engaging dell’attenzione: caratterizzato dalla difficoltà a concentrare l’attenzione su nuovi stimoli La ricerca visiva La teoria che spiega il comportamento cognitivo delle persone in un compito di ricerca visiva è la teoria dell’integrazione delle caratteristiche di Treisman secondo cui le caratteristiche visive degli oggetti sono elaborate in parallelo: quando siamo alla ricerca di oggetti specifici all’interno di tanti oggetti, le caratteristiche visive sono elaborate in parallelo. Le caratteristiche visive sono successivamente combinate per formare gli oggetti, e questo avviene in maniera seriale. C’è quindi una prima fase di elaborazione simultanea in parallelo di tutte le caratteristiche di tutti gli oggetti, e solo in una seconda fase c’è un processo di integrazione di tutte le informazioni ottenute in parallelo. Il punto forte di questa teoria è che tale processo seriale dovrebbe essere tanto più lento, quante più sono le caratteristiche per formare gli oggetti. Le conoscenze immagazzinate in memoria possono influire sulla combinazione. Due fattori influenzano i tempi della ricerca visiva: Somiglianza tra gli elementi di disturbo Somiglianza tra lo stimolo bersaglio e gli elementi di disturbo L’evidenza è stata data da un esperimento in cui viene dimostrato che l’identificazione di un oggetto bersaglio con più caratteristiche è più lenta rispetto all’identificazione di un oggetto bersaglio con una sola caratteristica: a sinistra l’elemento da integrare è solo uno e dunque l’elaborazione è più semplice rispetto che a destra che c’è sia il colore che la forma. Questo dimostra che benché le caratteristiche le percepisca parallelamente, quel processo di integrazione avviene serialmente. Quando i bersagli differiscono per una singola caratteristica, che ci sia un oggetto rivale o che siano di più non fa la differenza (la linea è piatta) perché comunque basta che io integri una sola 22 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) caratteristica; mentre quando presento bersagli con natura diversa, io sto presentando un grado sempre maggiore di dimensioni su cui il partecipante deve elaborare serialmente e fa la differenza il numero di competitor fa la differenza (la linea si alza). l’elaborazione automatica È un qualcosa che dipende dall’ambiente e dalle caratteristiche dello stimolo, e molto poco dal soggetto. Nell’effetto arma viene sfruttata l’attenzione automatica e si verifica quando si assiste un evento in cui è presente un’arma e quello che accade è che le persone che assistono concentrano l’attenzione sull’oggetto pericoloso. Questo fenomeno è automatico ed inconsapevole ma l’attenzione continua ad essere focalizzata selettivamente: ciò che accade è che l’arma cattura l’attenzione in modo automatico (l’arma viene elaborata bene) ma questo non esclude che l’attenzione continui ad essere selettiva ma il resto della scena viene codificato male. Loftus ha dimostrato che: Condizione senza arma: uno su due riconosce correttamente chi aveva l’arma, ciò ci dice che aver catturato selettivamente l’attenzione fa sì che l’elaborazione del viso della persona è povera Condizione con arma: solo una persona su tre si ricorda correttamente chi aveva l’arma Questo dice come tutte le condizioni in cui sto manipolando l’attenzione in termini automatici hanno un effetto sull’attenzione: ciò che cade al di fuori dello stimolo viene elaborato peggio rispetto a quando io intenzionalmente presto attenzione allo stimolo. I processi automatici sono quelli che non hanno capacità limitata perché non dipendono dal soggetto ma sono un qualcosa di innato e sono difficili da modificare perché non c’è il controllo del sistema cognitivo; mentre i processi controllati hanno capacità limitata perché dipende dalle risorse cognitive della persona e non sono difficili da modificare. L’aumento di automaticità in compiti di attenzione selettiva è accompagnato da una riduzione di attivazione in regioni collegate all’esecutivo centrale: in automatico non c’è bisogno che si attivi l’esecutivo centrale perché è lo stimolo che guida il nostro comportamento (è un processo bottom up). Questo è associato ad un trasferimento dell’attivazione corticale verso l’attivazione subcorticale: quando è automatico non c’è bisogno di pensare ed usare risorse cognitive perché le cose vanno in maniera naturale. La memoria La memoria è la capacità di immagazzinare un’informazione e ripresentarla mentalmente nel momento in cui l’informazione non è più presente nell’ambiente oppure quando l’informazione influenza il modo con cui interagiamo o elaboriamo stimoli provenienti dall’ambiente. 23 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) Il caso Clive (musicista) che dopo un’encefalite è diventato amnesico, ma la parte della memoria incentrata sulla musica era integra: questo caso ci dice che ci sono tanti tipi di memoria che sono indipendenti l’una dall’altra, la memoria non è quindi un sistema semplice ed unitario; inoltre, la memoria serve per avere un’idea del sé. La memoria è la capacità di usare/rievocare informazioni codificate/elaborate in precedenza. Oltre alle varie micro strutture della memoria, ci sono anche diversi processi, ovvero quei processi cognitivi che permettono il passaggio da una struttura all’altra o l’abbandona di una struttura: Codifica: il processo in cui un’informazione proveniente nell’ambiente entra nel sistema Immagazzinamento: permette di passare da una codifica che dura poco dopo ad una codifica che dura tanto Oblio: il processo per cui l’informazione decade Recupero: permette di risvegliare una traccia amnestica che non è stata usata per tempo Il primo modello usato per esprimere le strutture della memoria è il modello modale: Ambiente: si tratta di tutte gli stimoli che circondano l’uomo Memoria sensoriale: impronta che gli stimoli ambientali hanno sul sistema nervoso ed è basata sui sensi, ed è quindi un sistema di memoria passiva perché l’ambiente ci tocca al di fuori della volontà del soggetto Memoria a breve termine: è una memoria attiva ma spazialmente (ha un numero limitato di elementi che possono essere al suo interno) e temporalmente limitata (le informazioni rimangono qui per poco tempo), richiede uno sforzo cognitivo ed il soggetto deve impregnarsi per ricordare qualcosa; quindi, ci deve essere volontà attiva del soggetto. Ha al suo interno una memoria di lavoro che non consente solo di rievocare un elemento ma anche di manipolarlo e lavorarci sopra attraverso attività cognitive più complesse (es. ragionamento) Memoria a lungo termine: una volta che l’informazione è entrata nella memoria a lungo termine, ci rimane per sempre. È una memoria attiva che è spazialmente limitata (meno di quella a breve termine) ma temporalmente è potenzialmente infinita Secondo questo modello, l’informazione fluisce dall’ambiente alla memoria a lungo termine: questo è un limite perché ciò che c’è nella memoria a breve termine e nella memoria sensoriale influenza ciò che c’è in memoria. Quindi: L’informazione fluisce da entrambe le direzioni: sia dall’ambiente alla memoria a lungo termine, ma anche dalla memoria a lungo termine all’ambiente La memoria è il risultato tra diversi sistemi interattivi, non solo tra componenti della memoria stessa ma anche dalla aree cognitive dell’uomo C’è un effetto dell’aspettativa e dell’esperienza passata sulla percezione: la memoria è un processo costruttivo, ovvero ciò che percepiamo dipende in parte dalle aspettative e dalle informazioni che abbiamo nella memoria a lungo termine. Nella memoria c’è un registro sensoriale per ogni tipo di senso, ciò che consente il passaggio dal registro sensoriale a memoria a breve termine è il processo cognitivo dell’attenzione ovvero il processo che spinge il soggetto ad avere un ruolo attivo nella codifica del materiale. Se si sposta l’attenzione su qualcosa di nuovo, l’informazione dalla memoria a breve termine decade, ma se io metto in atto strategie di reiterazione l'informazione prosegue nella memoria a lungo termine. Una volta qui, l’informazione essendo potenzialmente infinita, quando non ricordiamo qualcosa è perché c’è un’inferenza: l’informazione è presente ma fatichiamo a ripescarla perché ci sono dei competitor. La memoria a lungo termine si distingue in: 24 Document shared on https://www.docsity.com/it/appunti-delle-lezioni-di-psicologia-generale-della-comunicazione-prof-iani/8402209/ Downloaded by: alessandra-rossi-patriarca ([email protected]) Memoria esplicita: esprimibile a parole, è la memoria dichiarativa perché si può dichiarare. Si divide in: o Memoria episodica: legata a precisi eventi della vita o Memoria semantica: memoria che non è collegata ad uno specifico momento ma è quella memoria che riguarda conoscenze generali (es. significato delle parole) Memoria implicita: sono le memorie a lungo termine non verbalizzabili (es. spiegare come si fa ad andare in bicicletta), è la memoria non dichiarativa La memoria sensoriale è: Passiva Pre-categoriale: precede l’attribuzione di significati e l’attribuzione a categorie di senso. Nel senso che quando l’ambiente si appoggia al sistema nervoso noi non siamo in grado di categorizzarlo come stimolo Non richiede attività volontaria del soggetto Per studiare la memoria sensoriale, Haber e Standing hanno presentato un flash in modo intermittente, il compito dei soggetti era cliccare all’inizio e alla fine dello stimolo: i partecipanti premono 200ms dopo che lo stimolo è comparso mentre quando lo stimolo finisce ci mettono un 400 ms; questo dimostra che lo stimolo è rimasto nella mente delle persone per più tempo (200 ms dell’inizio dello stimolo + 200 ms della fine dello stimolo). Quindi, le persone tendono a vedere lo stimolo anche quando non c’è più probabilmente per attività neurale residua. Nell’esperimento di Sperling viene presentata una matrice di lettere 3x4 al di sotto dei 200 ms (perché se venisse presentata per più tempo subentrerebbero processi attentivi) e ad ogni matrice viene presentato uno stimolo sonoro che indica la riga da ricordare: se non c’è intervallo tra la presentazione della matrice e lo stimolo sonoro, la prestazione è ottima; se passa del tempo tra la matrice e lo stimolo sonoro, la prestazione peggiora. Questo dimostra che le informazioni nella memoria sensoriali permangono per poco tempo. Lo span di memoria è il compito di memoria che misura la memoria a breve termine, solitamente lo span di cifre è limitato a 6/7 cifre di numeri. La memoria a breve termine immagazzina non singoli elementi/item ma chunks ovvero raggruppamenti di informazioni e di item: il limite di 6/7 può essere raggirato ricodificando l’informazione. Questo ci dice che organizzare le informazioni di ingresso permette di aggirare il limite della memoria a breve termine; più in generale organizzare gerarchicamente e secondo una logica il materiale, aiuta i processi di apprendimento. Nei compiti di rievocazione libera emergono alcune caratteristiche della memoria a breve termine: La probabilità di rievocare un singolo item è minore per le liste più lunghe, anche se il numero di item rievocati tende ad essere più grande Gli item che occupano le prime p