Materiali per l'Architettura PDF
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Rovito Martina
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This document discusses building materials, focusing on principles like the trilobe, voussoir arch, and frame, and exploring historical use of stone and brick in architecture. It also covers classifications, production processes, and characteristics of these materials.
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Materiali per l’architettura Anno accademico: 2023-2024 Studentessa: Rovito Martina Principi Costruttivi Caratteri che definiscono il comportamento statico-meccanico delle costruzioni e sono il trilite, l'arco voltato e il telaio. Trilite Il termine "trilite" deriva dal greco antico "tri-" che si...
Materiali per l’architettura Anno accademico: 2023-2024 Studentessa: Rovito Martina Principi Costruttivi Caratteri che definiscono il comportamento statico-meccanico delle costruzioni e sono il trilite, l'arco voltato e il telaio. Trilite Il termine "trilite" deriva dal greco antico "tri-" che significa "tre" e "lithos" che significa "pietra". Infatti il trilite si riferisce a una struttura composta da tre elementi distinti in pietra. I materiali lapidei non hanno un comportamento elastico, per questo non si “flettono”. Per migliorare questa condizione si devono creare piccole luci, con gli elementi verticali molto alti. Inoltre il trilite si basa sulla trasmissione di forze verticali (buon comportamento a compressione) e dunque potenzialmente instabile alle sollecitazioni orizzontali. Arco voltato Il passaggio evolutivo dal trilite all’arco deriva da una questione di stabilità. In questo specifico caso il passaggio è determinato dalla forma. La forma varia perché varia il linguaggio, la cultura del tempo. L’arco distribuisce il peso in modo più efficiente lungo i lati, permettendo di coprire aperture più larghe senza la necessità di grandi pilastri o colonne. I conci sono sollecitati a compressione attraverso le superfici di contatto, si ha un'azione spingente sui piedritti, bilanciabile o mediante il peso proprio del piedritto (contrafforte) o mediante l'azione di archi adiacenti, o mediante "catena" che elimina direttamente la spinta. Telaio L’evoluzione materica ha comportato un’evoluzione linguistica, di conseguenza è cambiata la forma. Con la scoperta dell'acciaio, materiale che si può flettere, si è arrivati al telaio, che deriva dalla struttura trilitica. La differenza sostanziale tra i due principi risiede nella rigidezza (o monoliticità) del collegamento dell'elemento orizzontale con quelli verticali. Da ciò consegue che la trave anche in questo caso è inflessa, ma le sue estremità sono trattenute dal ruotare grazie alla continuità con il pilastro, mentre quest'ultimo, oltre ad essere caricato assialmente, è anche inflesso. In un telaio le parti maggiormente sollecitate sono i nodi. Questo in generale conduce a un ispessimento della struttura in tali sezioni. Influisce quindi molto il grado di incastro tra i piedritti e il traverso. Materiali lapidei Materiali ottenuti dall’estrazione di rocce di varia origine e rese adatte all’utilizzo nell’ambito delle costruzioni, in seguito a lavorazioni, con funzione sia strutturale, sia ornamentale. 1-Informazioni storiche Architettura pre-romana (fino al III millennio a.C.) Primo utilizzo dei materiali lapidei con precise finalità costruttive. Ricordiamo in Europa centrale le costruzioni megalitiche come i dolmen, in Egitto vennero costruiti monumenti tramite enormi blocchi di roccia squadrate mentre in Grecia fondamentali sono le costruzioni realizzate con grandi massi sommariamente sbozzati. Architettura romana e paleocristiana (III millennio a.C. - IV d.C.) In particolare tra i romani, il materiale lapideo più utilizzato era il travertino, ma vista l’innovativa introduzione dei laterizi, i suddetti materiali erano maggiormente impiegati con funzione decorativa, visto il loro carattere duraturo. Architettura romanica e gotica (1200-1300) Si riscoprì l’utilizzo strutturale di questi materiali, grazie anche ai temi dell’arco e della volta. Architettura rinascimentale (1500) Il rivestimento in pietra era di riferimento per il raggiungimento dell’ideale classico, per questo prevalente era la funzione estetica di questo materiale. Si affermò inoltre l’uso del bugnato, fiorentino in particolare. Architettura settecentesca (1700) In età industriale vengono resi disponibili numerosi materiali di “nuova generazione”, sostituti di quelli tradizionali; di conseguenza con l’affermarsi delle tecniche di lavorazione, gli elementi lapidei nel corso del tempo assunsero una connotazione più che altro estetica. Proprio per questo la funzione principale di questi materiali era quella di rivestire. 2-Classificazioni Possiamo classificare i materiali lapidei per classificazione commerciale o per genesi. La classificazione commerciale prevede la suddivisione dei materiali lapidei in: -Marmo: rocce con struttura cristallina, compatte e lucidabili. -Travertino: rocce sedimentarie, alcune di esse lucidabili. -Granito: rocce con struttura fanero-cristallina (presentano ad occhio nudo i cristalli), compatte e lucidabili con struttura granulare. -Pietra: materiali lapidei con composizione non classificabile in nessuno delle categorie precedenti, non lucidabili. La classificazione per genesi invece prevede la suddivisione dei materiali lapidei in rocce magmatiche, rocce sedimentarie e rocce metamorfiche. Rocce magmatiche: derivano dalla solidificazione del magma e si suddividono a loro volta in rocce massive e detritiche. Le prime si suddividono in intrusive, cioè solidificano al di sotto della crosta terrestre quindi molto lentamente (granito), e in effusive, le quali solidificano al di sopra della crosta terrestre e per questo lo fanno velocemente (porfido di quarzo, basalto). Quelle detritiche, formate nel brusco raffreddamento di frammenti di lava, si distinguono in friabili e cementate. Rocce sedimentarie: formate in seguito ad accumulo di materiale proveniente dal disfacimento di altre rocce, depositi di natura organica o da trasformazioni chimiche del suolo. Esse si suddividono a loro volta in rocce clastiche e piroclastiche, costituite da materiale fino e grosso derivante dalla disgregazione di rocce preesistenti per effetto di agenti esterni (arenaria), rocce di sedimento organico, ottenute da residui di natura organica depositati sul fondo marino e poi affiorati (calcare), e infine rocce di origine prevalentemente chimica, costituite da un processo chimico e successivo deposito (travertino). Rocce metamorfiche: derivano dalle trasformazioni subite dalle rocce eruttive o sedimentarie per opera di fattori chimico-fisici (marmo, quarzite). 3-Processo produttivo Quest’ultimo comprende due principali fasi: La coltivazione, racchiude l’insieme di operazioni atte al reperimento della materia prima dalla cava e al trasporto di essa. Vi sono vari tipi di cave ovvero ad anfiteatro, a trincea, a pozzo e galleria. Dalle cave si ottengono grandi blocchi che vengono poi in seguito lavorati. La lavorazione, a sua volta essa prevede tre fasi: -La segagione, insieme di operazioni atte a ottenere lastre con spessori compresi tra i 1,5 e 6 cm. -Lavorazione di finitura perimetrale, permette di ottenere conformazioni geometriche e finiture perimetrali differenti. -Finitura superficiale, permette di ottenere particolari finiture dell’elemento attraverso ad esempio la scalpellatura, la sabbiatura, la levigatura. Grazie alla tornitura possiamo ottenere solidi a sezione cilindrica. 4. Caratteristiche Caratteristiche fisiche. -Peso specifico: varia tra 1000 e 3000 kg/mc. -Coefficiente di porosità: la porosità di una pietra è dovuta alle soluzioni di continuità dei vari minerali componenti e quindi alla presenza di alveoli o vacui all’interno della massa (pori). -Coefficiente di imbibizione: rapporto tra peso dell’acqua assorbita fino a saturazione e peso specifico. -Coefficiente di dilatazione termica: è in genere modesto poiché le pietre sono tutte più o meno rigide. -Coefficiente di conducibilità termica: in genere è modesta. -Permeabilità all’acqua (o penetrabilità): attitudine a lasciarsi attraversare da acqua in pressione. Caratteristiche meccaniche. -Resistenza a compressione: passa da minimi di 50 kg/cm2 (per alcune arenarie e tufi) fino ai massimi di 2000 kg/cm2 per alcuni graniti, calcari compatti, porfidi quarziferi e basalti. -Resistenza a flessione: scarsa, è importante nel caso di manti di copertura, architravi, pavimenti sopraelevati. -Resistenza all’usura (o logorabilità): i materiali lapidei si distinguono anche in poco logorabili (rocce magmatiche), abbastanza logorabili (rocce metamorfiche) e logorabili (rocce sedimentarie). Caratteristiche tecniche. -Igroscopicità: attitudine ad assorbire umidità dall’atmosfera. -Gelività: le pietre presentano nella loro massa piccoli capillari della dimensione di circa 1/10 mm di diametro. -Resistenza al fuoco: interessa le strutture che sono a contatto con fiamme vive. -Colore: di maggiore importanza in quelle ornamentali. -Lavorabilità: capacità della roccia di essere lavorata mediante strumenti semplici o complessi. Questa proprietà è suddivisa negli interventi tipici della lavorazione. -Divisibilità: attitudine di una pietra a dividersi secondo particolari direzioni determinate dalla struttura della roccia da cui proviene. Si usa indicare questa proprietà a seconda del modo come avviene: Divisibilità per stratificazione (caratteristica delle sedimentarie). Divisibilità per scistosità (caratteristica delle metamorfiche). Divisibilità per fessurazione (caratteristica delle magmatiche). Divisibilità per fratturazione (caratteristica delle magmatiche). -Durezza: capacità di opporsi alla penetrazione di utensili metallici. E’ in stretta relazione alla resistenza alla compressione. -Durevolezza: capacità di resistere alle azioni degradanti atmosferiche e biologiche; è direttamente collegata alla porosità della pietra. Si possono individuare tre tipi principali di alterazioni: -Lo sfarinamento: polverizzazione superficiale del materiale che si riduce in polvere biancastra. -L’alveolizzazione: formazione di alveoli circolari anche molto profondi. -La desquamazione: distacco (da un millimetro a qualche centimetro) di scaglie e placche. E’ provocata dalla presenza di sali (solfati, cloruri e nitrati) provenienti dall’aria inquinata o dal suolo. La pietra può acquisire col tempo una protezione naturale sulla superficie, rappresentata da una crosta di carbonato di calcio dello spessore di qualche millimetro. 5. Usi dei materiali lapidei in architettura L’uso delle pietre in edilizia può essere distinto in uso diretto e uso indiretto. Per l’impiego diretto le pietre si distinguono in: -Pietre da costruzione muraria: oltre a tutte le pietre da taglio (calcari compatti, travertini, arenarie, graniti), ne fanno parte sia le rocce dure e compatte che quelle tenere. -Pietre da rivestimento: è molto importante la durevolezza, in quanto sono destinate a rimanere esposte agli agenti esterni (rivestimenti e coperture), la resistenza all’urto e all’usura per attrito (pavimentazioni). In questa categoria vanno comprese tutte le rocce magmatiche(graniti, sieniti, porfiriti, ecc ), i calcari compatti e cristallini (botticino, trani, marmi in genere, ecc.). -Inoltre sottolineiamo l’utilizzo della pietra in archi, volte e cupole, piattabande, architravi, scale. Gli impieghi indiretti si dividono in: -Impasti, aggregati o inerti. -Produzione di leganti (calci, cementi, gessi). -Opere di drenaggio, vespai e massicciate. Per gli usi indiretti sono adatte le sabbie, pietrischi e ghiaie (inerti nella composizione di malte e calcestruzzi), i calcari, le marne e le seleniti (per cottura e trasformazioni in leganti). Laterizi I laterizi sono tra i più antichi materiali da costruzione "artificiali", ottenuti dalla cottura di argilla opportunamente preparata, modellata ed essiccata. 1-Informazioni storiche L’utilizzo dell’argilla come materiale da costruzione si è affermato fin dall’antichità in aree geografiche vicine a fiumi e paludi, prive di materiali come il legno o la pietra, dove l’argilla poteva essere facilmente reperita. Città di Gerico, Palestina (7800 a.C.) Quì risalgono le prime testimonianze dell’utilizzo di mattoni crudi di argilla semplicemente essiccati al sole. Mesopotamia (4000 a.C.) La terra cruda era un vero e proprio sostituto della pietra. Si assiste, grazie all’invenzione dello stampo, alla prima produzione “standardizzata” di mattoni crudi di forma rettangolare, utilizzati per realizzare ad esempio le famose ziqqurat. Roma Maestri nell’applicazione della tecnica costruttiva dei laterizi furono gli antichi romani. I mattoni crudi romani venivano chiamati lateres. I laterizi crudi venivano fabbricati in autunno o in inverno, in modo che potessero asciugare lentamente, fino all’estate successiva. I romani evitavano di confezionarli in estate, perché, essiccando troppo rapidamente, indurivano in superficie, restando molli all’interno. Alla cottura dei mattoni si arrivò, probabilmente, intorno al I sec. a.C. e il merito della diffusione di tale tecnologia in Italia è da attribuire ai coloni greci; nonostante ciò la tecnologia dei laterizi cotti raggiunse la massima espressione sempre grazie all’abilità romane. I laterizi destinati alla cottura erano fabbricati con argilla impastata con acqua e con sabbia, paglia o pozzolana fine. L’impasto veniva compresso a mano in una forma quadrata di legno, poi i mattoni venivano fatti essiccare prima all’aperto, al sole, e poi al coperto, in zona ventilata. Infine venivano cotti nella fornace alla temperatura di circa 800 °C. Generalmente, i romani usavano i mattoni solo sulle facce esterne (cortine) delle murature, come cassaforma del conglomerato. Quando sulla struttura era previsto un carico molto elevato, allora si ricorreva alla muratura omogenea di mattoni. I mattoni venivano confezionati di forma quadrata, per una maggiore facilità di impilamento e di trasporto, però, per la messa in opera, venivano ridotti in forma triangolare. Dopo la Rivoluzione Industriale, con l’invenzione del forno a fiamma continua, brevettato da Hoffmann e Licht nel 1858, la produzione dei laterizi conobbe una straordinaria evoluzione. Il loro impiego si diffuse in tutti i settori dell’edilizia: case, fabbriche, ponti, ecc. Agli inizi del XX secolo, a causa dell’affermarsi dell’acciaio e del cemento armato, quali nuovi materiali da costruzione, posero in secondo piano l’uso dei laterizi con funzione strutturale, anche se non mancano interessanti applicazioni. 2-Processo produttivo Il processo produttivo dei laterizi prevede alcune fasi fondamentali: -Estrazione delle materie prime e preparazione dell’impasto. L’argilla è un materiale a grana finissima, composto da silicato di allumina idrato (silice, allumina, acqua) frammisto ad impurità minerali (carbonato di calcio e di magnesio, solfato di calcio, ossidi di ferro, altri composti a base di silice e sostanze organiche). Essa ha la proprietà di essere plastica (facilmente modellabile) data dalla giusta quantità d’acqua, alla composizione e al grado di finezza dei granuli e può essere ridotta dalla presenza in quantità eccessiva di sabbia (scheletro sabbioso). -Formatura. Processo di lavorazione che porta al conferimento della forma voluta all’impasto e alla realizzazione dei diversi elementi tramite l’estrusione (l’impasto passa attraverso una matrice dal profilo desiderato) o la pressatura (compressione meccanica dell’impasto tra due stampi). -Essiccazione. Tramite questo processo viene eliminata l’acqua in eccesso, il processo termina quando l’acqua contenuta nel prodotto è inferiore all’1%. Un tempo l’essiccazione avveniva all’aria aperta, oggi tramite essiccatoi automatizzati che permettono di controllare la quantità di umidità rimossa in un determinato lasso di tempo. -Cottura. Questo processo ha il fine di privare l’argilla della sua plasticità, così da ottenere il prodotto finito tramite trasformazioni chimico-fisiche. La temperatura di cottura varia tra gli 800° e 1000°C. 3- Caratteristiche Caratteristiche fisiche. Il valore della conduttività termica risente dell’influenza reciproca delle altre caratteristiche fisiche, variando in funzione di: -Peso specifico, il valore della conduttività termica diminuisce proporzionalmente ad esso. -Porosità e alveolatura, il valore della conduttività termica diminuisce all’aumentare delle stesse. -Composizione della miscela, il valore della conduttività termica è basso in quelle ricche di calcare. -Formatura, il valore della conduttività termica diminuisce dove la tessitura interna del prodotto presenta maggiore porosità. -Tenore di umidità, il valore della conduttività termica diminuisce proporzionalmente ad esso. Caratteristiche meccaniche. Nei laterizi è ottima la resistenza a compressione, mentre sono scarse la resistenza a trazione e quella a flessione, quest’ultime presentano valori differenti, a seconda che si tratti di elementi pieni o forati. La resistenza a compressione negli elementi da muro forati può essere determinata in direzione dei fori o perpendicolare ad essi di conseguenza la resistenza a compressione è maggiore; per questi laterizi vengono anche considerati la resistenza a trazione e la resistenza a flessione. Per i laterizi da copertura e da pavimentazione vengono inoltre considerate la resistenza all’urto, la resistenza all’usura, la durezza. Caratteristiche tecniche. Nei confronti del fuoco i laterizi hanno un ottimo comportamento. -I mattoni pieni di buona qualità resistono a temperature molto elevate (1.100 °C). -I mattoni forati sono meno resistenti alle alte temperature, a causa della presenza dei vuoti, pertanto l’intonaco costituisce un’importante protezione per tali elementi. Per quanto riguarda la resistenza al gelo, vi sono fattori determinanti: -il contenuto di carbonati e di quarzo; la resistenza al gelo aumenta proporzionalmente ad esso, poiché la presenza di tali impurità, durante la cottura, tende a fondere la massa e contribuisce a rendere più compatto l’impasto; un cattivo comportamento al gelo determina anche una riduzione delle resistenze meccaniche dell’elemento tecnico; -la porosità; i danni al materiale derivano dagli sforzi dovuti all’espansione dell’acqua assorbita dall’elemento tecnico, che si trasforma in ghiaccio; tale inconveniente è causato dalla presenza di impurità nell’impasto che durante la cottura si dissolvono lasciando dei crateri, il cui diametro ammissibile è minore di 1,8 mm. Per quanto riguarda l’isolamento acustico, per ottenere dei vantaggi, anche qui vi sono dei fattori determinanti: -la porosità della massa dell’elemento. -l’alveolatura. -la soluzione tecnica adottata: pareti multistrato, realizzate con intercapedini d’aria e/o interposizione di materiale isolante. -la corretta esecuzione dei giunti. Analogamente per dei vantaggi dell'isolamento termico, sono fattori determinanti: -la conduttività termica dell’elemento tecnico. -la soluzione tecnica adottata: pareti multistrato, realizzate con intercapedini d’aria e/o interposizione di materiale isolante. -la corretta esecuzione dei giunti. 4- Classificazioni e conseguenti usi dei laterizi in architettura LATERIZI PER MURATURE. Vengono definiti così i laterizi utilizzati nelle chiusure e nelle partizioni verticali non portanti e nelle murature portanti. Mattoni pieni: comprendono i laterizi pieni e i laterizi forati con percentuale di foratura < 15%, utilizzati in passato per le strutture portanti. le dimensioni sono fissate dalle norme UNI in 5,5 x 12 x 25 cm. Mattoni semipieni: sono laterizi che possiedono una percentuale di foratura, orizzontale o verticale, compresa tra il 15% e il 55%, e vengono largamente utilizzati sempre per la realizzazione di murature portanti. le dimensioni sono variabili, con riferimento al modulo base, definito dal mattone pieno UNI. Mattoni forati: presentano una percentuale di foratura > del 55%; generalmente, vengono utilizzati per realizzare pareti divisorie, contropareti e tamponamenti multistrato, dotati di camere d’aria. Laterizi alveolati: sono utilizzati per eseguire tamponamenti, generalmente monostrato e sono studiati per facilitare la posa in opera e favorire l’isolamento termico. Presentano una minore resistenza meccanica, ma offrono un maggiore potere isolante. Mattoni a faccia vista ed elementi da rivestimento: elementi realizzati artigianalmente, pertanto possono avere una superficie liscia, scabra o sabbiata. Sono presenti sul mercato in diversi formati e diverse colorazioni. Mattoni rettificati: sono mattoni semipieni dotati di tre fori, utili per alloggiare eventuali ferri d’armatura e malta cementizia fluida. Prodotti e sistemi per murature armate (in base al decreto del Ministero dei LL. PP. Del 24/01/1986): mattoni che funzionano da cassaforma in cui vengono inserite le barre d'acciaio e in cui viene gettato il cls; blocchi armati (armatura diffusa); muratura portante intelaiata da cordoli verticali e orizzontali in c.a. (armatura concentrata). LATERIZI PER SOLAI. Gli elementi in laterizio per solai sono detti blocchi forati per solai o pignatte, essi vengono accostati a elementi in calcestruzzo armato definiti travetti. Pignatta di alleggerimento: nei solai gettati in opera gli elementi in laterizio presentano delle alette inferiori che hanno il compito di contenere il getto in calcestruzzo. Pignatta resistente o collaborante: i blocchi presentano delle sporgenze laterali che permettono l'appoggio di essi ai travetti prefabbricati. Tavelle: inizialmente utilizzati per realizzare sola, vengono attualmente impiegati per realizzare anche pareti divisorie e contropareti. LATERIZI PER COPERTURE. Elementi in laterizio adatti ai manti di copertura vengono definiti tegole. Tegole a sovrapposizione: non presentano alcun elemento di aggancio o di innesto, ricordiamo quindi l’embrice e coppo, che utilizzati insieme creano la copertura alla romana. Tegole a innesto: dotate di scanalature che permettono una connessione salda e precisa, ricordiamo le tegole marsigliesi, portoghesi e olandesi. LATERIZI PER RIVESTIMENTI. Laterizi prodotti per il rivestimento a secco di facciate. Si tratta di elementi dotati, sulla faccia anteriore, di scanalature, o aggrappaggi, che permettono la posa su listelli e consentono la formazione di una camera d’aria (ventilata) tra il rivestimento e la muratura portante. Legno Materiale di origine organica, costituito per la maggior parte da acqua, cellulosa e lignina. 1- Alcune informazioni storiche ed Usi del legno in architettura Il legno, insieme alla pietra, rappresenta uno dei più antichi materiali da costruzione utilizzato dall’uomo, infatti i primi insediamenti all’aperto costituiti da tende e capanne costruite con tronchi, rami e ramaglie risalgono al Paleolitico superiore (35000- 12000 a.C.). Per molti secoli il legno è stato l’elemento significante del linguaggio strutturale, oltre ad essere un insostituibile elemento accessorio. Fondazioni: in particolare quella su pali è una delle tecniche più antiche, risalgono infatti all’età mesolitica (12000-6000 a.C.) le prime tracce di costruzioni in legno, realizzate in zone paludose in forma di palafitta. Pilastri: l’impiego di colonne e pilastri lignei nell’architettura è universalmente diffuso, data la forma tronco-conica allungata dei fusti. Travi e tiranti: le travi hanno sezione generalmente rettangolare o tonda (direttamente dal tronco), mentre i tiranti furono impiegati per assorbire forze orizzontali, ovvero per intelaiare le strutture in elevazione in casi di cedimenti fondali, ed impedire traslazioni o rotazioni. Infissi: gli infissi in legno sono considerati un “must” in fatto di bellezza, qualità, resistenza, alto potere isolante e stile. Solai: sono composti da membrature (principali, secondarie, ausiliarie), elementi complementari, collegamenti. Capriate: la capriata costituisce una unità strutturale complessa. È un elemento fondamentale delle architetture a struttura lignea, metallica e di calcestruzzo armato. L’invenzione della capriata sembra risalire all'epoca romana, probabilmente al I secolo d.C., anche se non è chiaro se tale elemento fosse già stato adottato in alcuni edifici dai greci. Dalla capriata, grazie alle varie orditure, otteniamo la copertura alla lombarda e la copertura alla piemontese. 2- Caratteristiche Il fusto dell’albero è la parte più adatta per un utilizzo nel settore delle costruzioni ed è formato da strati concentrici. A partire dall’esterno abbiamo: Corteccia esterna: strato esterno di protezione, formato da cellule morte; non ha resistenza ed è sede di larve e parassiti. Libro: strato sottile a contatto con la corteccia formato da condotti in cui discende la linfa elaborata dalle foglie. Cambio: tessuto formato da pochi strati di cellule, compreso tra libro e alburno; dal cambio vengono generati i tessuti dell’alburno (verso l’interno) e del libro (verso l’esterno) in primavera e in autunno. Alburno: legno di recente formazione composto da anelli di accrescimento (primaverili più chiari e autunnali più scuri); trasporta la linfa grezza verso le foglie; ha colore chiaro, scarsa resistenza meccanica ed è attaccato da parassiti. Durame: strato interno del tronco con fibre ben serrate tra loro; le cellule hanno cessato l’attività biologica: per questo motivo ha colore scuro, elevata resistenza meccanica e non è attaccato da parassiti. Le cellule svolgono soltanto funzione di sostegno; al loro interno sono avvenute delle trasformazioni che hanno portato alla scomparsa degli zuccheri, degli amidi ed altre sostanze. Per usi strutturali, si considerano difetti tutte le irregolarità che causano uno scadimento delle prestazioni meccaniche che, nei casi più gravi, diventano incompatibili con la funzione o con l’uso specifico. Tra i vari difetti strutturali quelli che hanno maggior importanza sono: Il nodo: parte di ramo che si raccorda al fusto e che vi rimane inglobata durante la crescita dell’albero. La loro presenza provoca un indebolimento localizzato dell’elemento strutturale; in corrispondenza del nodo, la fibratura presenta una forte deviazione localizzata. L’influenza del nodo sulle prestazioni meccaniche dipende dal loro numero, dalle loro dimensioni e dalla loro posizione. Fibratura deviata: assumono particolare rilevanza a livello strutturale gli andamenti con cui la fibratura risulta inclinata rispetto all’asse geometrico. Quando la fibratura è rettilinea e parallela al proprio asse geometrico l’elemento strutturale presenta le massime prestazioni meccaniche consentite. Quando la fibratura è deviata le prestazioni diminuiscono in misura tanto più elevata quanto maggiore è l’inclinazione delle fibre. Canastro: alterazione prodotta dalla sollecitazione del vento; il legno acquista una durezza anomala in una zona del tronco e colore rossastro. Cretto: indica una crepa in senso radiale che si riscontra in alcuni alberi, piuttosto vecchi, in piedi o dopo l’abbattimento. Quando la fenditura parte dal midollo, si ha un cretto centrale, o rodiatura o stellatura. I cretti sono spesso provocati dal gelo. Cipollatura: è la separazione lungo la fibratura tra due anelli di accrescimento contigui o all’interno dello stesso anello. Prende il suo nome dall’aspetto che i diversi anelli assumono nei casi più gravi, quando tendono a sfogliarsi come le foglie della cipolla. La cipollatura può portare ad una notevole diminuzione della resistenza dell’elemento: nei casi più gravi può portare alla separazione dell’elemento in due o più porzioni che reagiscono alle sollecitazioni in maniera indipendente. Lunatura: Si verifica negli alberi che hanno sofferto il gelo. Rimane colpita la parte interna dell’alburno, i cui strati, per la morte delle cellule, non si trasformano in durame. Gli strati esterni invece, rimasti vitali con il cambio, si trasformano gradualmente in durame e ricoprono la zona atrofizzata. Si riscontra così un doppio alburno: quello interno morto e quello esterno vivo. Marezzatura: perimetro sinuoso e pieghettato del tronco, tipica di alcune essenze legnose (ulivo). Rende difficoltosa l'utilizzo del legno. Caratteristiche fisiche. Sono in relazione al peso specifico che varia secondo l’essenza e il contenuto di umidità. -Porosità: caratteristica di tutti i legnami, soprattutto dei legni teneri. -Conducibilità termica ed elettrica: bassissima. -Durevolezza: dipende dalla natura del legno, dal taglio, dalla stagionatura, dal trattamento, e dall’ambiente in cui è esposto. -Tenore d’umidità: il legno si contrae e si dilata in base alle variazioni di umidità che si verificano al suo interno, favorisce lo sviluppo di funghi e batteri ma la presenza di resine rende il legno più durevole e sicuro. Caratteristiche meccaniche. Il legno ha comportamenti differenti se sollecitato parallelamente oppure perpendicolarmente rispetto alle direzioni delle fibre. La resistenza aumenta con l’aumentare del peso specifico e diminuisce con l’aumentare del tasso di umidità contenuta nel legno. -Resistenza a compressione: riguarda i pilastri, i puntoni di capriate (pressoflessione), pali di fondazione, ecc. I fattori che influenzano la resistenza sono: l’angolo tra la fibratura e la direzione della sollecitazione, l’umidità, i difetti, gli attacchi di funghi ed insetti, che hanno come conseguenza una diminuzione del peso specifico. Infatti la resistenza a compressione è in diretto rapporto con la massa volumica cioè il peso specifico apparente del legname; i legni più pesanti, cioè più densi, sono in generale più resistenti. -Resistenza a trazione parallelamente alla fibratura: riguarda catene e monaci di capriate, catene di archi e di volte, ecc. I fattori che influenzano la resistenza sono la presenza di nodi, la deviazione della fibratura, l’umidità, la temperatura. -Resistenza a flessione statica: riguarda travi, mensole, colmi e terzere di orditi di copertura, catene di capriate, ecc. I fattori che influenzano la resistenza sono l’inclinazione della fibratura, il contenuto di umidità, la temperatura, i nodi, le fenditure. -Resistenza al fuoco: la reazione al fuoco, cioè il grado di partecipazione al fuoco al quale è esposto, è molto elevata, perché i tessuti legnosi subiscono profonde modificazioni tali da poter alimentarlo. La velocità di propagazione superficiale delle fiamme dipende principalmente dalla massa volumica, dalla porosità, dalla permeabilità, dal contenuto di resina. Il legno si accende solo se sottoposto all’azione di notevole e persistente apporto di calore. È un cattivo conduttore di calore per cui la combustione si propaga lentamente dall’esterno verso l’interno. Caratteristiche tecnologiche. -Colore: è spesso considerato uno dei suoi caratteri distintivi, e certamente contribuisce al suo “aspetto estetico”; molte specie (p.es. ebano, noce) sono caratterizzate e note proprio per il loro colore. -Aspetto: dipende sia dal colore, sia dalla lavorazione che ha subito e dall’eventuale trattamento di finitura che ha ricevuto, sia dalla sua macrostruttura, la quale è caratterizzata prevalentemente dai seguenti caratteri macroscopici: Tessitura, massima dimensione degli elementi cellulari. Fibratura, direzione prevalente degli elementi cellulari longitudinali. Venatura, figura costituita dall’intersezione fra strati di accrescimento e superficie del legno. Anomalie e difetti, deviazioni rispetto alla struttura ideale del legno (nodi, deviazioni od ondulazioni della fibratura, fessure, ecc.) -Stabilità dimensionale: dipende dall’entità dei coefficienti di ritiro e dalla maggiore o minore rapidità con cui il legno assume o cede umidità all’ambiente esterno. -Densità: dipende dallo spessore delle pareti cellulari del legno e varia in ragione inversa della sua porosità. -Durabilità naturale: è la potenzialità di resistere alle alterazioni di origine biologica. Dipende dalla specie legnosa, e dalla parte del tronco da cui ha origine il pezzo considerato. -Omogeneità: differenza di densità fra parte primaverile e parte tardiva degli strati di accrescimento. Ha notevole importanza perché influisce sia sulla facilità di esecuzione delle lavorazioni sia sul mantenimento della planarità delle superfici finite. A seguito delle variazioni di umidità, legni con forte alternanza di densità producono infatti inevitabilmente ondulazioni superficiali molto evidenti. -Lavorabilità: riguarda la facilità con cui un legname può essere lavorato, senza subire deformazioni, scheggiature od altri inconvenienti durante le varie operazioni, né produrre eccessiva usura degli utensili. Agenti aggressivi del legno che intaccano le loro caratteristiche, in particolare meccaniche. Funghi della marcescenza: si nutrono prevalentemente di cellulosa e lignina, provocando un’azione distruttiva del materiale, alterandone così le caratteristiche meccaniche. Si distinguono in: -Carie bianca: viene distrutta più lignina che cellulosa. -Carie bruna: viene distrutta più cellulosa che lignina Insetti: possono svolgere la loro azione di degrado come larve o come insetti adulti, ad esempio le larve producono gallerie nutrendosi del legno. Raggi UV: provocano l’ossidazione fotochimica della lignina, scomparsa della lignina (marrone), resta solo la cellulosa (grigio-bianca), superficie spugnosa a causa della perdita di cellule legnose, il legno di conseguenza assorbe più acqua ed è più soggetto all’aggressione di muffe e insetti. Perdita delle caratteristiche di resistenza meccanica. Per proteggere il legno vengono applicati dei preservanti, e soprattutto idrorepellenti (contro l’acqua) che creano un film protettivo. 3-Classificazione Classificazione in base alla durezza, per cui si distinguono in : Legni dolci: -Conifere leggere, legni a scarso contenuto resinoso, si degradano facilmente, vengono utilizzati per palificazioni, impalcature, e casseformi. -Conifere medie, legni ad alto contenuto resinoso, sono molto resistenti agli agenti degradanti, utilizzati per infissi, palafitte, ponti. Legni duri: -Latifoglie leggere: acero, olmo, pioppo, platano, frassino. -Latifoglie medie: faggio bianco, faggio rosso, noce, mogano, ecc. -Latifoglie pesanti: quercia e rovere. Classificazione in base alla provenienza, per cui si distinguono in: Essenze europee. Essenze esotiche o extraeuropee. Classificazione in base alla prima lavorazione: Legno tondo: fusti interi o parti di essi con un diametro e lunghezza variabili. Legno squadrato: elementi la cui sezione è riconducibile a un quadrato Legno segato: prodotti derivati dalla sezionatura dei fusti. I tipi più diffusi sono le tavole (o tavolate o assi), costituite da larghe strisce di legno a sezione rettangolare molto schiacciata, larghe da 12 cm a 25 cm o più, lunghe da 1,00 m a 4,00 m e dello spessore di 2-12 cm, travi, travicelli e travetti, costituiti da aste prismatiche a sezione per lo più quadrata, lunghe da 2,50 m a 8,00 m e con sezione da 6x8 cm a 20x20 cm, murali (o mezzi murali), analoghi ai precedenti ma di lunghezza e sezione molto minori, listelli, analoghi ai murali ma con sezione rettangolare inferiore. Abbiamo infine gli sfogliati e i tranciati utilizzati soltanto per la fabbricazione di prodotti ottenibili mediante lavorazioni successive. Sfogliati: fogli di legno dello spessore di 0,8 – 3,5 mm, ottenuti tagliando con una lama affilata, posizionata tangenzialmente, un tronco di legno rotante attorno al suo asse longitudinale. Tranciati: fogli di legno dello spessore di 0,5 – 3,5 mm, ottenuti tagliando un tronco o un blocco con lama affilata dotata di moto rettilineo e parallelo rispetto alle fibre del legno. PRODOTTI DERIVATI DAL LEGNO. Ottenuti a partire da segati, lastre sottili oppure piccole particelle di legno. Ricordiamo i compensati e paniforti, i pannelli tamburati, pannelli truciolari e pannelli di fibre, ma tra i più utilizzati abbiamo : Legno lamellare Esso è utilizzato per la realizzazione di elementi strutturali di grandi dimensioni soggetti a sforzi particolarmente elevati. Ha un peso specifico limitato (450 Kg/mc) se rapportato all’elevata resistenza meccanica. E’ un materiale lavorabile con semplicità. È prodotto mediante un processo industriale che consente di eliminare o ridurre i difetti propri del legno massiccio (nodi, fessure, ecc.). Il legno lamellare è ottenuto incollando “lamelle” sovrapposte e pressate l’una sull’altra, con l’aggiunta di preservanti. L’essenza usata è l’abete rosso, tra le altre conifere è utilizzabile il larice. Il legname è importato principalmente dall’Austria, dalla Germania e dalla Scandinavia. Derivati di “nuova generazione” Prodotti introdotti nella prima metà degli anni ‘80 sul mercato nord americano. Le principali caratteristiche sono l’eliminazione dei difetti presenti nel legno massiccio e lamellare (variazione di densità, deviazione di fibratura, nodi, imbarcature, fenditure), riduzione dei difetti di igroscopicità (rigonfiamenti, ritiri, deformazioni e conseguenti perdite di planarità), non subiscono variazioni dimensionali al modificarsi delle condizioni ambientali (temperatura e umidità). Parallam: formato da elementi-base unitari di legno (strands), disposti seguendo la lunghezza dell’elemento, e da adesivi che garantiscono la loro aggregazione. Dopo il suo processo produttivo, il parallam esce sotto forma di trave da cui si possono ricavare sottomultipli. Microllam: composito multistrato formato da sfogliati, di altezza fino a 600 mm e spesso fino a 120 mm, per una lunghezza massima di 24 m. L’applicazione ideale del Microllam è per travi, vista la sua omogeneità e possibilità per grandi luci. Intrallam: composto da schegge di pioppo americano, lunghe fino a 300 mm, unite con resine idrorepellenti, fino a formare sezioni di travi di spessore massimo di 24 cm e lunghezza secondo le esigenze. È impiegato come nucleo interno per i profilati in legno. O.S.B.: pannelli costituiti da fibre di conifera lunghe circa 150 mm e spesse o,4 mm. I tronchi vengono inseriti in una macchina provvista di coltelli appuntiti che li sminuzzano in piccoli wafers lungo la loro venatura, avviene poi la rimozione del materiale difettoso. Le scaglie sono convogliate negli essiccatoi ove l’umidità varia tra il 3% e il 7%, dopo di essa avviene l’incollaggio tramite resine e altri additivi. Le scaglie incollate sono convogliate in stampi di dimensioni predefinite, il tutto inserito fra due piastre surriscaldate. A seconda dell’orientamento delle scaglie si sono prodotte tre tipologie di compositi: -il waferboard, le schegge sono disposte in modo del tutto casuale. -l’OSB (01), le scaglie sono allineate parallelamente alla lunghezza del pannello negli strati esterni, mentre internamente sono disposti casualmente. -l’OSB (02), le scaglie esterne allineate parallelamente alla lunghezza del pannello e le scaglie interne orientate perpendicolarmente alla direzione longitudinale. I pannelli OSB sono innovativi in quanto presentano caratteristiche meccaniche superiori ad altri derivati del legno e trovano impiego nella realizzazione di solai e chiusure verticali. 4-Processo produttivo Il processo produttivo del legno varia a seconda se si tratti di legno massiccio oppure prodotti derivati dal legno. Abbattimento: attività attraverso la quale si reperisce la materia prima. Il taglio dell’albero viene effettuato soprattutto in autunno o inverno, quando le specie legnose sono in pausa vegetativa. L’albero viene sfrondato e i rami venduti come legna da ardere. I tronchi sono lasciati integri oppure segati secondo dimensioni dettate dai successivi impieghi. Stagionatura: processo attraverso il quale il legno perde l’acqua in esso contenuta fino al conseguimento dello stato di equilibrio con il livello di umidità dell’aria ambiente. Esistono due tipi di stagionatura, una naturale (avviene lasciando il materiale all'aria aperta, è può durare anni) e l’altra artificiale (essiccazione per mezzo di aria calda, avviene in poche settimane). La stagionatura conferisce al legname: -Una maggiore stabilità dimensionale e formale. -Un minor peso specifico. -Un più elevato potere di isolamento termico. -Una minore vulnerabilità agli attacchi di funghi e muffe. -Una resistenza meccanica superiore. Processo produttivo dei derivati. La materia prima non è necessariamente legno ricavato dall’abbattimento di alberi, ma vi è la possibilità di utilizzare materiali di scarto. Generalmente la materia prima viene lavorata mediante segagione, sfogliatura o tranciatura, per poi essere trattata per mezzo di presse e colle. E’ prevista anche l’aggiunta di additivi atti a migliorare le prestazioni del materiale e a garantire la sua conservazione. Malte e Calcestruzzo Conglomerati artificiali ottenuti mediante la miscelazione di acqua, sabbia, ghiaia ed inerti di piccole dimensioni con leganti ottenuti dalla frantumazione e cottura di materiali di origine minerale. 1-Informazioni storiche Il più antico utilizzo di questi materiali risale al 12000 a.C. quando i popoli nomadi della Turchia occidentale utilizzarono rocce calcaree per la costruzione dei loro ripari. Si resero conto di come tali rocce a contatto con il fuoco cambiassero caratteristiche e di come poi, frantumate e miscelate con acqua assunsero ottime capacità leganti. Questa scoperta venne poi perfezione e utilizzata dai popoli fenici e greci, ma furono i Romani, nel II secolo a.C., con la messa a punto della tecnica muraria dell’opus caementitium, a sfruttare a pieno le potenzialità di questi materiali. Una vera rivoluzione, avvenuta intorno al 1750 ad opera dell’inglese John Smeaton, fu l’invenzione della calce idraulica ottenuta per cottura di un calcare che conteneva impurità argillose. Nel 1824 su brevetto di Aspdin, si arrivò alla formulazione del cemento Portland (il legante per antonomasia) ottenuto per cottura del calcare con il 40% di argilla. Le ricerche riguardanti il comportamento idraulico della calce, sancirono il riaccendersi dell’attenzione nei confronti del calcestruzzo. Le sperimentazioni che seguirono per tutto il secolo successivo, finalizzate a perfezionare il processo produttivo, si spinsero fino alla determinazione di ipotesi relative alla realizzazione di elementi strutturali in calcestruzzo. Tali sperimentazioni fondavano il loro principio di indagine sulla necessità di migliorare il comportamento degli elementi strutturali in relazione alla loro scarsa capacità di resistenza a trazione. Ciò avveniva soprattutto ipotizzando di utilizzare armature in ferro. Dall’approfondimento dell’ipotesi di “armare” il calcestruzzo allo scopo di utilizzarlo per la realizzazione di elementi strutturali, perfezionandone le possibilità costruttive e migliorandone il comportamento a “trazione”, ne è derivato il CALCESTRUZZO ARMATO. Durante il corso del Novecento il calcestruzzo armato diventa “IL” materiale da costruzione, punto di riferimento nella ricerca linguistica del movimento moderno. La storia recente è caratterizzata da una ricerca che mira a prestazioni del calcestruzzo sempre più spinte sia dal punto di vista meccanico, che dal punto di vista estetico e di durata. 2-Composizione Leganti. Si definiscono leganti i materiali ottenuti dalla cottura di materiali di origine minerale. Essi, se mescolati con acqua, danno vita a un impasto capace di indurire aderendo in maniera irreversibile alle superfici con le quali entrano in contatto. I materiali leganti si possono suddividere in leganti aerei e leganti idraulici. I primi sono impasti che induriscono e fanno presa solo in presenza di aria, mentre i secondi sia in presenza di aria che di acqua. Le principali famiglie di leganti sono il gesso, le calci aeree, le calci idrauliche e il cemento. -Il gesso, è il prodotto risultante dalla cottura della pietra da gesso a temperature tra i 130 e i 170°C. Esso, se mescolato con acqua, ne assorbe la quantità persa al momento della cottura e si indurisce facendo presa in meno di un'ora. -La calce aerea, prende il suo nome dalla caratteristica di indurre solo in presenza di aria. È composta da calcare, carbonato di calcio, cotto a circa 900°C. Ciò che si ottiene dalla cottura del calcare è definito calce viva, la quale, una volta aggiunta acqua, prende il nome di calce spenta ed è adatta all'utilizzo in edilizia. Normalmente essa viene utilizzata come malta per intonaco e murature o per la realizzazione di stucchi decorativi. -La calce idraulica, a differenza di quella aerea fa presa e indurisce anche in presenza di acqua. Tale calce è ricavata dalla cottura di marne o miscele di carbonato di calcio e argilla. Il principale impiego in edilizia di questo materiale riguarda la realizzazione di intonaci e murature. -Il cemento, legante di tipo idraulico ed è ricavato dalla miscela con acqua di materiali differenti macinati e omogeneizzati. Tali materiali variano a seconda del tipo di cemento. Esistono infatti cementi comuni, cementi per impieghi particolari e infine cementi speciali. Gli impieghi del cemento nel settore delle costruzioni sono infinitamente vari (cemento portland, pozzolanico, d’alto forno, alluminoso, a rapido indurimento). Aggregati o inerti. Gli aggregati sono materiali minerali in forma granulare, di origine naturale o artificiale, e costituiscono lo scheletro strutturale delle malte e dei calcestruzzi. Essi hanno una granulometria estremamente varia che per le malte è compresa tra 0,1 mm e 7 mm e per i calcestruzzi dai 3 mm ai 30 mm. La scelta dei corretti aggregati dipende strettamente dal tipo di lavorazione che si andrà a compiere con il calcestruzzo e la malta in questione e dalle condizioni ambientali alle quali questi saranno esposti. Additivi. Gli additivi sono prodotti chimici che, se aggiunti nella giusta quantità, consentono di migliorare alcune caratteristiche del materiale. Tra i più utilizzati si hanno: -Gli additivi che hanno come scopo l'aumento della fluidità del materiale e di conseguenza l'aumento della sua lavorabilità. -Gli acceleranti o ritardati che hanno lo scopo di modificare a livello temporale l’indurimento e la presa. -Gli additivi areanti, con il fine di introdurre microbolle d’aria così da conferirgli resistenza ai cicli di gelo e disgelo. 3-Prodotti Le malte e i calcestruzzi si articolano in un'ampia gamma di prodotti che si differenzia in relazione alla composizione della miscela. La distinzione più diffusa si basa sul tipo di legante utilizzato. Malte. Si ottengono mediante l'impasto di calci aeree o calci idrauliche, sabbia, acqua ed eventuali additivi. A seconda della tipologia di calce che viene utilizzata per produrle, le malte si suddividono in malte aeree e malte idrauliche. Le malte aeree fanno presa e induriscono solo in presenza di aria e si ottengono attraverso la miscela di gesso o calce aerea, sabbia e acqua. Le malte idrauliche, invece, una volta fatta presa possono raggiungere il grado di indurimento necessario anche in presenza di acqua e sono composte da cemento o calce idraulica, aggregati e acqua. Va sottolineato come in alternativa è possibile utilizzare anche calce aerea in accoppiata a un adatto aggregato. In tal caso si parlerà però di malte pozzolaniche o cocciopesto. Se invece si utilizza più di un legante allora la malta verrà definita bastarda. Ricordiamo le malte di calce aerea e cemento, queste offrono una sufficiente impermeabilità ed una presa meno lenta della malta di sola calce, mantenendo comunque una buona lavorabilità, risultano adatte alla realizzazione di intonaci esterni, e le malte di calce idraulica e cemento, queste presentano maggiore resistenza pertanto vengono impiegate per la realizzazione di murature particolarmente sollecitate, intonaci speciali e per i sottofondi delle pavimentazioni. Calcestruzzo. Conosciuto anche come conglomerato cementizio, si ottiene attraverso la miscela di legante idraulico, oggi pressoché esclusivamente cemento, aggregati di diverse dimensioni, acqua, ed eventualmente alcuni additivi per migliorarne le prestazioni. Oltre al calcestruzzo normale vi sono calcestruzzi leggeri (gli aggregati sono sostituiti da materiali leggeri in granuli come l'argilla espansa e la perlite espansa), cellulari e alveolari (per mezzo dell'aggiunta di additivi, sono caratterizzati dalla presenza di piccolissime cavità e fessure nella propria struttura). A contatto con l’acqua di impasto in ogni granulo di cemento si avvia un processo di “idratazione”, che dall’esterno del granulo procede verso il suo interno, con la formazione di uno strato gelatinoso colloidale, gel. Questa pasta indurendo e facendo presa, ingloba tutti gli elementi inerti della mescola, in un’unica massa compatta. L’acqua è indispensabile nell’impasto del calcestruzzo per determinare la reazione di idratazione del cemento. Il rapporto "acqua/cemento" che di norma si prescrive, si attesta sul valore pari a 0.50, ossia: 50 litri di acqua, 100 Kg di cemento. Gli inerti non hanno alcun ruolo nel processo di presa del calcestruzzo, ma risultano determinanti nel definirne le caratteristiche. La sabbia e la ghiaia debbono essere costituite da elementi di granulometria assortita in maniera da costituire una miscela con il minor volume di vuoti. Quando varia la granulometria, variano i vuoti, di conseguenza il calcestruzzo è più resistente. I calcestruzzi vengono impiegati nell'edilizia per realizzare sottofondi, riempimenti e strutture portanti. Calcestruzzo armato. Il calcestruzzo armato si ottiene inglobando nel calcestruzzo un'armatura metallica. Tale armatura è composta da barre in acciaio che contribuiscono in modo significativo a sopportare gli sforzi di trazione che il calcestruzzo da solo, per sua natura, faticherebbe a sopportare. L'accoppiamento è reso possibile da un coefficiente di dilatazione termica dei due materiali molto simile, grazie ad esso la barra non si sfila dal getto indurito. Inoltre per sfruttare l'interazione tra calcestruzzo e acciaio deve essere garantita la perfetta aderenza tra i due materiali che oggi è perseguita anche mediante la lavorazione della superficie delle barre. II calcestruzzo armato può essere ad armatura lasca o precompresso. Nel primo caso l'armatura metallica viene solamente annegata del calcestruzzo, nel secondo caso l'armatura viene preventivamente tesa e rilasciata soltanto dopo che il calcestruzzo ha fatto presa, così da poter sopportare, a parità di sezione, sollecitazioni maggiori (si definisce "presollecitata" una struttura posta artificialmente in stato di "coazione“, creando in essa uno stato di tensione interno). 4-Caratteristiche del calcestruzzo Le caratteristiche che si richiedono ad un buon calcestruzzo sono lavorabilità, durabilità, resistenza alle sollecitazioni meccaniche, resistenza alle sollecitazioni fisiche. L'acquisizione di queste caratteristiche avviene in modo progressivo nel tempo. Lavorabilità. Si può definire lavorabilità l’attitudine dell’impasto a lasciarsi manipolare e conformare nel tempo intercorrente tra la miscelazione dei componenti e l’inizio della presa, al fine di essere meglio trasportato, gettato e compattato. La lavorabilità è un requisito fondamentale per la qualità del prodotto finale, essa dipende dalla coesione, consistenza e omogeneità dell’impasto che conferiscono al calcestruzzo indurito durabilità, impermeabilità e resistenza meccanica. La lavorabilità è tanto maggiore quanto più è elevato il rapporto acqua/cemento, quanto più sono arrotondati gli inerti e quanto più distribuita è la granulometria. La lavorabilità può essere migliorata con l’uso di additivi (fluidificanti e aeranti riduttori d’acqua). Durabilità. La durabilità del calcestruzzo è l’attitudine a conservare nel tempo le proprie caratteristiche fisico-chimiche. Dipende da fattori intrinseci ed estrinseci agenti da soli o congiuntamente. Tra i fattori intrinseci citiamo il dosaggio del cemento, la scelta degli inerti, il rapporto acqua-cemento, l’altezza del getto, la vibratura del getto, la maturazione dell’impasto, il tipo di cemento. Tra i fattori estrinseci vi sono le componenti ambientali, la temperatura in fase di getto, la presenza di acque aggressive, la corrosione, i processi di carbonatazione. Caratteristiche fisiche Il peso specifico di un metro cubo di calcestruzzo dipende dalla natura dei componenti e varia leggermente in relazione al grado di compattezza e alla qualità del cemento impiegato nella miscela. Le norme UNI 10012/67 stabiliscono i seguenti valori: -Kg 2400 per un metro cubo di Cls ordinario. -Kg 2220 per un metro cubo di Cls magro. -Kg 2500 per un metro cubo di Cls armato. Essendo poi un materiale poroso, solo in base al rapporto acqua-cemento si può avere maggiore o minore impermeabilità. Caratteristiche meccaniche. Dopo l’indurimento, fondamentalmente il calcestruzzo è una pietra artificiale, di conseguenza ha un ottimo comportamento a compressione, può reggere dai 60-70 kg al cmq fino a 600-700 kg al cmq. Armando il calcestruzzo, irrobustiamo la sua capacità prestazionale, proprio per questo le barre d’acciaio conferisco un buon comportamento a trazione, regge 15-20 kg al cmq. La resistenza a flessione del calcestruzzo non armato varia da un minimo di 15 Kg al cmq ad un massimo di 100 Kg al cmq. In un calcestruzzo ordinario la resistenza agli sforzi di scorrimento o taglio può raggiungere valori pari a 35-50 Kg al cmq. 5-Processo produttivo Si suddivide in una prima fase di produzione dei leganti e di reperimento degli aggregati e quindi da una fase di miscelazione e messa in opera. Miscelazione. Il processo di miscelazione di leganti, aggregati e acqua può avvenire a mano oppure a macchina. Nel primo caso si procede manualmente all’idratazione e alla miscelazione dei leganti con gli aggregati e gli eventuali additivi. Nel secondo caso la miscelazione avviene mediante l'ausilio di macchine impastatrici, dette betoniere, oppure, qualora si debbano realizzare grandi quantità di malta o di di calcestruzzo all'interno di appositi impianti che possono essere collocati al di fuori oppure nel cantiere. Gli impianti di miscelazione, oltre a ridurre l'impiego di manodopera, consentono la realizzazione di impasti molto controllati nel dosaggio degli ingredienti e quindi dalle caratteristiche costanti. Quando la miscelazione avviene in impianti situati al di fuori del cantiere, il trasporto è affidato a speciali automezzi dette autobetoniere, che garantiscono la movimentazione dell'impasto impedendone l'indurimento. Messa in opera. Quando le malte vengono utilizzate come legante per la realizzazione di murature la sola modalità di lavorazione possibile è quella manuale. Nel caso della realizzazione di intonaci, invece, è possibile procedere alla messa in opera manuale, oppure mediante la spruzzatura meccanica. Per quanto riguarda invece il calcestruzzo, esso può essere gettato direttamente dalle autobetoniere o mediante l’utilizzo di benne, oppure può essere pompato mediante appositi automezzi. Quest'ultima modalità di posa in opera consente una semplificazione dell'organizzazione del cantiere, una considerevole riduzione dei tempi di getto e di conseguenza la possibilità di realizzare in un'unica fase getti di dimensioni anche consistenti. L’operazione richiede però attenzione perché in questa fase il calcestruzzo, può segregarsi, separando le parti grosse dalle fini, ciò deve essere evitato cercando di realizzare un getto uniforme e soprattutto riducendo al minimo l’altezza da cui il calcestruzzo viene gettato e la velocità di caduta. La fase di getto è preceduta dalla costruzione delle casseforme, che possono essere in legno oppure metalliche, e nel caso del calcestruzzo armato, dal posizionamento dell'armatura di rinforzo in acciaio. Le casseforme devono avere dei requisiti, essere impermeabili al calcestruzzo, resistere alle sollecitazioni trasmesse durante il getto e il costipamento, essere realizzate con materiali che non reagiscono a contatto con l’impasto e permettono il disarmo dei getti senza pericolo di aderenze, nel caso di getti a faccia vista, le pareti devono essere opportunamente rifinite allo scopo di ottenere l’effetto superficiale desiderato. La Stagionatura è la fase successiva alla posa in opera. In questa fase ha luogo la maturazione dell’impasto attraverso: -Il progressivo indurimento. -L’acquisizione delle resistenze meccaniche. Si distinguono due fasi: la presa, in cui il calcestruzzo passa dallo stato plastico a quello solido e l’indurimento, in cui il materiale acquista tutte le sue capacità di resistenza e si ritiene ultimata in 28 giorni (prima di tale termine non si possono applicare carichi di esercizio). Il Disarmo è l’operazione di asporto delle casseforme entro le quali è stato eseguito il getto di calcestruzzo. I tempi di disarmo dipendono dalla temperatura e dall'umidità dell'ambiente, dal tipo e quantità di cemento e di additivi impiegati. Si può partire da un minimo di tre giorni fino a dieci giorni, o più. Il disarmo deve avvenire gradualmente, per evitare azioni dinamiche. Il disarmo non deve avvenire prima che la resistenza del conglomerato abbia raggiunto il valore necessario, in relazione all’impiego della struttura da utilizzare. 6- Usi del calcestruzzo in architettura Fondazioni e involucri esterni. Pilastri: riferendosi alle modalità di realizzazione abbiamo pilastri gettati in opera e pilastri parzialmente prefabbricati o prefabbricati. Il quadro delle armature è costituito da barre verticali, destinate ad omogeneizzarsi con il conglomerato nel resistere agli sforzi di presso-flessione e legature orizzontali, intervallate, che impediscono lo svergolamento delle armature longitudinali e completano i meccanismi di resistenza agli sforzi di taglio. Travi: sempre riferendosi alle modalità di realizzazione avremo travi completamente gettate in opera entro casseformi in legno o metallo, travi semi prefabbricate a pie’ d’opera o in stabilimento, travi completamente prefabbricate in stabilimento che necessitano soltanto di collegamenti in opera. Solai: possono essere costituiti da solette a sezione piena o alleggerita mediante l’utilizzo di opportuni casseri che possono rimanere inglobati nel getto (solai misti). A seconda della natura del cassero di alleggerimento si potranno avere: -Solai misti in calcestruzzo e laterizio, detti anche in latero-cemento. -Solai misti in calcestruzzo e materiali isolanti. In relazione alle modalità di costruzione vi possono avere diversi tipi di solai in latero-cemento: -Solai completamente gettati in opera (richiedono la predisposizione di tavolati puntellati per il posizionamento delle pignatte e delle armature). -Solai in laterocemento con travetti a fondello prefabbricato e tralicciato. -Solai in laterocemento con travetti interamente prefabbricati e precompressi. -Solai monolitici in calcestruzzo armato, costituiti da elementi bidimensionali di spessore costante o muniti di nervature. Elementi in Calcestruzzo: prodotti in calcestruzzo pieno (alleggerito) o forato, talvolta con la parete superiore o inferiore sagomata per consentire la connessione fra gli elementi, anche a secco, ed il loro corretto posizionamento. I blocchi sono disponibili in calcestruzzo normale, calcestruzzo cellulare (massa porosa leggera e discreta resistenza meccanica). Esiste una vasta gamma di componenti per l’edilizia: -Calcestruzzo a sezione piena per pavimentazioni autobloccante. -Calcestruzzo a sezione piena per muri di sostegno. -Calcestruzzo a sezione piena con forma adatta alla sovrapposizione e incastro a secco. -Calcestruzzo a sezione piena modulare intrecciato. -Calcestruzzo a sezione piena forato per la realizzazione di muri. Le tecniche di produzione sono diverse ma schematicamente simili: -Conformazione dell’impasto in casseforme metalliche o di legno utilizzando anche leganti speciali o additivi. -Vibro-compressione e centrifugazione. In qualche caso gli elementi sono dotati di armature metalliche di rinforzo per grandi sollecitazioni e, se prodotti in impianti automatizzati, presentano buona precisione dimensionale. Il colore e la finitura possono essere ottenuti con impasti speciali e trattamenti superficiali vari per realizzare pareti faccia a vista. Acciaio Lega ottenuta dalla fusione di minerali di ferro, carbonio e altri elementi importanti per l'elevata resistenza meccanica. Il tenore del carbonio determina le proprietà dei diversi acciai. L'aggiunta di carbonio forma una soluzione solida che è la ghisa, che contiene dal 2 al 6% di carbonio e altre impurità, è acciaio quando il carbonio è contenuto tra lo 0,3 e l'1,7%. 1-Informazioni storiche Fino all'avvento della rivoluzione industriale, l’impiego dei metalli era limitato, questo perché, pur conoscendo le loro qualità, la difficoltà nei processi di estrazione e lavorazione ne rendevano disponibili quantità assai ridotte, impedendo un utilizzo su larga scala. I primi utilizzi del ferro avvennero tramite un processo di riscaldamento dei minerali, ma non potendo superare la temperatura di fusione (1000°), si ricavò una sostanza ferrosa spugnosa, impura e con una percentuale di carbonio elevata. Soltanto tra il tredicesimo e quattordicesimo secolo fu possibile raggiungere temperature più elevate e produrre così la ghisa fusa. Nel 1720 Abraham Darby riuscì a lavorare il minerale di ferro con il coke di carbon fossile. L’era dell'acciaio ha inizio a metà dell'800, con l'invenzione del convertitore da parte dell'inglese Bessemer (1856), un sistema rapido ed economico per affinare la ghisa liquida, trasformandola in acciaio. Un ulteriore progresso si ebbe nel 1865 con la messa a punto del metodo Martin-Siemens, che permise di utilizzare rottami ferrosi nella produzione. L'accettazione dei canoni estetici connessi al nuovo materiale fu un processo assai lento, caratterizzato dall'occultamento delle parti metalliche con materiali tradizionali e dalla mimesi della nuova architettura con le forme di quella del passato. Le potenzialità dell'acciaio non tardarono tuttavia a esprimersi compiutamente, dando origine a un nuovo modo di concepire l'architettura, sia da un punto di vista costruttivo, grazie alla possibilità di coprire luci un tempo impensabili, sia da un punto di vista formale, grazie a configurazioni in evidente contrapposizione con il carattere monumentale dell'architettura ottocentesca. Non a caso il Crystal Palace, realizzato a Londra da Joseph Paxton in occasione dell'esposizione universale del 1851 facendo ampio riferimento alla ghisa, è considerato dalla storiografia l'emblema dell'avvento della modernità in architettura. Gli edifici sviluppati in altezza costituirono uno dei campi privilegiati per l'applicazione dell'acciaio in ragione delle maggiori resistenze offerte rispetto ad altri materiali, a parità di sezione (in architettura Mies van der Rohe fu il primo a sperimentare compiutamente le potenzialità dei materiali metallici, e in particolare dell'acciaio). Sul finire del ventesimo secolo, l'acciaio viene assunto come materiale di riferimento dall'architettura cosiddetta "high-tech", i cui esiti formali si basano proprio su l'enfatizzazione del carattere industriale e meccanico della costruzione metallica. L'architettura recente vede un sempre più ampio impiego dei materiali metallici, in particolare dell'acciaio, non soltanto in ragione delle loro prestazioni strutturali, ma anche in virtù delle loro caratteristiche materiche. 2-Processo produttivo Si possono distinguere due differenti modalità di produzione siderurgica, la prima consente la produzione di acciaio a partire dai minerali del ferro (ciclo integrale), la seconda, la più comune, invece consente la produzione di acciaio a partire dalla ghisa grezza e rottami ferrosi (ciclo con forno elettrico). Ciclo con forno elettrico. La gran parte della ghisa, che viene prodotta in altoforno, serve per produrre l’acciaio. Questa trasformazione è detta affinazione e si compie in forni Martin-Siemens in cui vengono introdotti ghisa liquida, rottami di ferro e scoria basica. Una serie di reazioni impoveriscono la ghisa del carbonio (decarburazione) trasformandola in acciaio. In alternativa ai forni Martin-Siemens, si utilizzano i convertitori, che immettono aria od ossigeno nella ghisa liquida, separando impurità e carbonio. La lega decarburata viene disossidata, attraverso piccole quantità di alluminio, silicio o manganese, che si combinano con l'ossigeno e formano scorie facilmente eliminabili. All'uscita dal convertitore, oppure dal forno elettrico, l'acciaio fuso può essere trattato in due modi differenti. Il primo prevede la colata del materiale fuso nelle lingottiere. Il materiale fuso viene estratto dal crogiolo mediante siviere per poi essere colato all'interno di lingottiere di rame nelle quali si solidifica. La seconda modalità è costituita dalla colata continua che accoppia il processo di solidificazione dell'acciaio con quello di una prima laminazione. In questo caso, l'acciaio viene colato in lingottiere di rame raffreddate mediante un’intercapedine d'acqua, dalle quali viene estratto prima che il processo di solidificazione sia completato. L'acciaio allo stato pastoso viene quindi collocato su nastri trasportatori lungo i quali subisce un processo di prima formatura e si raffredda. Si ottengono in questo modo bramme (semilavorati piani con una sezione rettangolare dai quali si ricavano prodotti piani o lamiere), blumi (semilavorati con una sezione quadrata da cui si ricavano profilati) e billette (semilavorati con una sezione quadrata inferiore a quella dei blumi dalle quali si ricavano barre, fili o profilati). Bramme, blumi e billette possono essere a loro volta trasformati mediante il processo di laminazione. Lavorazioni. Fusione: consente di realizzare elementi dalle forme anche molto complesse attraverso la colata di acciaio fuso in appositi stampi. Laminazione: consiste nell'indurre i semilavorati di acciaio (bramme, blumi e billette) al passaggio tra una serie di coppie di cilindri rotanti, a distanze man mano più ravvicinate, così da poter diminuire notevolmente lo spessore aumentare lunghezza e larghezza. La laminazione può avvenire a caldo o a freddo. Nel primo caso, prima dell'inserimento nel laminatoio, l'acciaio viene riscaldato ad una temperatura compresa tra 1000 e 1300°C e la sua lavorazione termina prima che esso torni a di sotto degli 800°C, così da migliorare la plasticità e la lavorabilità del materiale stesso. Nel secondo caso, invece, la formatura avviene senza riscaldamento del materiale. Si produce così un incrudimento, ossia un aumento delle proprietà meccaniche a discapito della tenacità. Per ovviare questo problema i laminati a freddo vengono sottoposti a un processo di' ricottura" portandoli a una temperatura di 900°C. Con questa lavorazione si possono ottenere prodotti con elevate qualità meccaniche e precisione. Estrusione: lavorazione nella quale l'acciaio viene compresso e fatto passare attraverso una sagoma detta matrice o filiera che ne determina la forma. Trafilatura: consiste nell’indurre il passaggio nel materiale in una serie di fori con diametro via via decrescente, trafila o filiera, così da raggiungere gradualmente la sezione desiderata. A differenza dell' 'estrusione, il materiale è tirato invece che essere compresso nella trafila. Stampaggio: consiste nella pressatura del materiale all'interno di stampi ottenendo elementi di varia forma e dimensione. Piegatura: consiste nella piegatura delle lamiere, attraverso l'utilizzo di presse con punzoni matrici oppure mediante apposite profilatrici e rulli. Fucinatura: una delle lavorazioni più antiche, oggi praticata non più a mano ma per mezzo di strumenti idraulici, a vapore o elettrici, e prevede la formatura del materiale, a caldo o a freddo, attraverso la battitura con un maglio. Dalla lavorazione dei semilavorati si ottengono differenti manufatti metallici, quali lamiere, profilati, scatolari, tubolari, fili, trecce e reti. Lamiere. Si ottengono mediante la laminazione a caldo, tranne quelle con spessori ridotti. Possono avere spessori variabili dai 0,4 mm a 10 mm, tutto in funzione del loro impiego e si distinguono in: -Sagomate: possono essere grecate o ondulate, si ottengono per piegatura, hanno lunghezze anche di 20m e arrivano ad 1 m circa. Con la piegatura si conferisce un’elevata rigidezza e con una successiva lavorazione di zincatura, viene aumentata la durabilità. -Bugnate: realizzate mediante punzonatura, la bugnatura conferisce maggiore rigidità, attrito superficiale e quindi maggiore antisdrucciolo e maggiore resistenza a calpestio. -Stirate: lamiere piane, con spessore > 3mm, preincise e una volta sollecitate a stiramento, assumono una bucatura diffusa. Prevalentemente vengono usate per realizzare schermature. Profilati laminati a caldo e a freddo. Dalla formatura a caldo otteniamo profilati di lunghezza standard, di 6-12 m. -L, costituiti da 2 bracci disposti ortogonalmente. -U, costituiti da un’anima e 2 ali collegate all’estremità dell’anima. -T, costituiti da un’ala collegata in mezzeria della testa all’anima. -Doppia T, costituiti da due ali collegate in mezzeria alle due estremità per mezzo di raccordi circolari: -IPE (European Profile a l), con l'altezza dell'anima circa doppia della larghezza delle ali. -HE, con altezza dell'anima circa uguale alla lunghezza delle ali. A seconda dello spessore dell'anima, si distingue HEA, serie leggera, HEB, serie media e HEM, serie pesante. I vari profilati sono seguiti da un numero che indica l’altezza, espresso in mm. Nel caso siano necessari profilati non standardizzati, è possibile unire più profilati mediante la saldatura. La formatura a freddo avviene per piegatura di lamiere sottili perché il metallo offre una maggiore resistenza alla lavorazione ed il risultato sono profili a C, Z e Ω. Tubolari e scatolari. Presentano caratteristiche differenti a seconda delle funzioni che sono chiamati a svolgere (generalmente i tubolari vengono utilizzati per montare i ponteggi), possono essere: rigidi o flessibili, lisci o filettati, zincati o altro. Possono avere sezione circolare, quadrata, rettangolare o complessa e possono essere distinti in tubi senza saldatura e tubi saldati, in relazione al modo con il quale vengono realizzati. 3-Classificazioni In base al contenuto di carbonio e alla durezza di tempra (trattamento termico diretto essenzialmente a migliorare le proprietà meccaniche di resistenza), si classificano in: Extradolci: fili, chiodi, catene, lamiere, tubi, viti, bulloni. Dolci: profilati, rotaie, tubi, lamiere, barre per c.a. Semiduri: cavi, rotaie, utensili agricoli, barre per c.a. Duri: sfere, molle, scalpelli, seghe, cavi,utensili vari. Extraduri: utensili da tornio, punzoni, frese, barre per c.a.p. Si hanno materiali teneri e plastici se il contenuto di carbonio è molto basso, duri e fragili se il contenuto di carbonio è elevato. Oltre al carbonio possono essere presenti degli ulteriori elementi alliganti aggiunti per lo più sotto forma di ferroleghe. In base alla composizione chimica gli acciai si possono distinguere in: Acciai di base non legati: acciai per i quali non è richiesta nessuna prescrizione di qualità che comporti precauzioni speciali durante il processo produttivo. Tenore di carbonio inferiore allo 0,2% e somma degli elementi di lega inferiore al 5%. Acciai legati o speciali: acciai che contengono elementi di lega (silicio, manganese, nichel, cromo, ecc.), capaci di conferire determinate caratteristiche meccaniche/chimiche che consentono impieghi particolari. Somma degli elementi di lega superiore al 5%. Gli acciai speciali sono denominati anche Ex-ten e Triten, consentono di ottenere strutture con peso limitato poiché possiedono un elevato limite di snervamento, con l’aggiunta di rame e cromo assumono una discreta resistenza all’ossidazione (CorTen, Itacor e patinabili). Tra gli acciai legati abbiamo gli acciai inossidabili o inox, sono leghe costituite da acciaio, cromo, nichel e molibdeno. Hanno un uso particolarmente diffuso perché resistono in molti ambienti corrosivi e a una vasta gamma di temperature. 4-Caratteristiche Caratteristiche fisiche. -Peso specifico: circa 7.860 kg/mc. -Coefficiente di dilatazione termica: indica il variare delle dimensioni del materiale all'aumentare della temperatura, nell’acciaio è un dato importante in quanto influisce sulla progettazione strutturale. -Coefficiente di conduttività termica: elevata conduttività termica, quindi, produce perdita di calore per riscaldamento e formazione di condensa sulle superfici fredde dell’acciaio. -Elevata conduttività elettrica. Caratteristiche meccaniche. Alla lega di ferro e carbonio possono essere aggiunti altri elementi ad esempio il silicio, che conferisce un‘elevata resistenza e riduce la saldabilità, il rame, che ostacola la corrosione, il manganese, che aumenta la durezza e diminuisce l'elasticità, il cromo, che aumenta la durezza e non riduce l'elasticità. -Modulo elastico: compreso tra 20.000 e 21.000 kg/mm2. -L'acciaio resiste benissimo a tutte le sollecitazioni, ma presenta una più elevata resistenza a trazione ed agli sforzi longitudinali o trasversali (flessione, taglio, torsione). È un materiale duttile, quindi se sottoposto ad azioni di trazione, manifesta allungamenti unitari. Tale deformazione avviene con il passaggio dal campo elastico a campo plastico, con una fase di snervamento. La duttilità dell’acciaio è influenzata dalla temperatura; se si arriva al di sotto di 0°C, il materiale diventa fragile. -La resistenza meccanica (a rottura) degli acciai di uso corrente non è alta. Gli acciai speciali consentono valori del carico di rottura ancor più elevati e prestazioni complessive migliori grazie all'aggiunta, nella lega, degli elementi sopracitati (manganese, silicio, ecc.). Caratteristiche tecniche. -Comportamento al fuoco: l’acciaio non brucia e non conduce il fuoco, ma le sue proprietà meccaniche variano molto in funzione della temperatura. Le protezioni antincendio possono agire direttamente (guaina, rivestimento, riempimento) o indirettamente (schermatura). I provvedimenti applicabili possono essere di tipo isolante, schermante o sottraente di calore. -Comportamento alla corrosione (ossidazione): reazione chimica, elettrochimica o fisica di un materiale metallico con il suo ambiente, è un fenomeno che si genera per il contatto con l’acqua o a causa dell’umidità presente nell’aria, quando questa supera il 65%. -Isolamento acustico: l’acciaio presenta un buon isolamento acustico. -Saldabilità: gli acciai utilizzati nelle costruzioni sono di regola tutti saldabili. Superato il limite dello 0,3% di carbonio, diminuiscono saldabilità ed allungamento percentuale. Se l’acciaio subisce una deformazione plastica, si realizza l’incrudimento. È una caratteristica che innalza il valore della tensione alla quale si manifesta lo snervamento, superato il quale avviene la rottura in modo fragile. Questo incrudimento è soggetto col tempo a un processo di invecchiamento e porta a una ulteriore fragilità, che danneggia soprattutto la saldabilità del prodotto. Attraverso una seconda lavorazione come la ricottura o la bonifica è possibile eliminare tali svantaggi. 5-Usi dell'acciaio in architettura Le attuali norme per strutture metalliche classificano gli acciai da carpenteria in: -Acciaio tipo I (extra dolce, dolce o ferro), indicato con i simboli Fe37 e Fe45, facilmente saldabile e con un alto limite di snervamento. -Acciaio tipo II (semiduro e duro), indicato con i simboli da Fe52 a Fe65 e di scarsa saldabilità. -Acciai Ex-ten, Mar-Ten, Triten, CorTen, Itacor e patinabili. L’acciaio è impiegato per realizzare bulloni, dadi, viti, chiodi, funi, cavi, accessori per porte e infissi, piastrine. Acciai da cemento armato: sono prodotti, per trafilatura, in barre tonde (normali) o di forma particolare (ad aderenza migliorata), hanno diametri variabili da 4mm a 34mm. Acciai da precompresso: prodotti a freddo in fili di circa 2,3mm di diametro, di elevata resistenza a rottura, in seguito avvolti ad elica (“trefoli”). Quelli usati “per aderenza” sono laminati a caldo e la loro resistenza è ottenuta mediante l’aggiunta di silicio e manganese. Elementi strutturali: i profili laminati a caldo sono i più utilizzati per realizzare travi, colonne ed elementi di controvento. Le sezioni più utilizzate sono a doppio T. Queste sezioni risultano particolarmente efficienti quando l’elemento è sollecitato a flessione. Elementi strutturali a sezione cava. Si tratta di membrature aventi sezione circolare o rettangolare, con spessore delle pareti fino a 25 mm. Elementi di dimensioni maggiori possono essere ottenuti mediante giunzioni saldate lungo una generatrice del profilo. Il loro impiego è dovuto a motivazioni non solo di carattere estetico, ma anche statico. Infatti, a differenza delle sezioni aperte, le sezioni tubolari chiuse possiedono un’elevata rigidezza torsionale e presentano una simile resistenza e rigidezza flessionale in ogni direzione. Chiusure orizzontali e verticali: pannelli di tamponamento, il solaio in lamiera grecata, solaio in lamiera semplice "a secco“, solaio in lamiera grecata collaborante con getto di cls. Coperture: per le coperture di magazzini, officine o locali provvisori si impiegano spesso lamiere zincate e ondulate, molto resistenti. Si ricordano anche le coperture autoportanti a luce unica, capaci di coprire grandi luci senza bisogno di arcarecci intermedi. Particolare è lo sviluppo dei sistemi costruttivi reticolari di aste su maglie triangolari che consentono la copertura, piana o a volta, di grandi luci. Tensostrutture: costituite da cavi ancorati che sostengono la copertura. Scale: è possibile realizzare scale in acciaio di qualsiasi forma e dimensione, solitamente assemblate in officina e montate in opera. Vetro Materiale composto dalla solidificazione in seguito alla cottura di una pasta omogenea (costituita da silice, sodio e calcio nel caso delle lastre piane per l’edilizia) che, portata a una temperatura di 1500°C, si trasforma in massa vetrosa fusa, materia prima di tutte le successive fasi di lavorazione che portano alla realizzazione dei prodotti vetrati. 1-Informazioni storiche Utensili e monili con caratteristiche vetrose venivano già prodotti in Egitto e Mesopotamia fin dal III Millennio a.C., furono però i Romani, nel secolo I a.C., a introdussero la tecnica della soffiatura. Fu poi la Repubblica di Venezia nel 1300 a realizzare nella laguna industrie che diffusero in Europa la produzione di vetri chiari, trasparenti e colorati utilizzati per le vetrate istoriate. Intorno al 1665, in Francia, J.B. de Colbert, concesse alla nascente “Manufacture Royale des Glaces” vantaggi economici e fiscali per la fabbricazione del vetro colato. La fabbrica sorse a Saint-Gobain (Parigi), ed è qui che nel 1700 venne messo a punto un sistema per la produzione in serie di grandi lastre di vetro (laminazione). La ricerca della trasparenza e della leggerezza, e di conseguenza l'impiego estensivo del vetro, ha assunto nei primi decenni del Novecento un ruolo centrale nel processo di rinnovamento delle forme e dei linguaggi dell'architettura che prosegui lungo tutto il secolo. 2-Processo produttivo E’ composta da una fase di preparazione della massa vetrosa e da una fase di lavorazione. La prima fase della produzione del vetro è costituita dalla miscelazione dei componenti, dal riscaldamento, dalla fusione, dall'affinazione e dal raffreddamento della massa vetrosa. La miscela è composta dalla purificazione, essiccazione e tritatura di sostanze vetrificanti, fondenti, stabilizzanti, affinanti e omogenizzanti e di additivi colorati. In particolare: -Le sostanze vetrificanti, che, riscaldate a elevate temperature (1.700°C), vetrificano. La più utilizzata per il vetro in lastre è la sabbia silicea (SiO,), che costituisce il 69-74% della massa vetrosa. -Le sostanze fondenti, che sono utilizzate per diminuire il livello di temperatura necessario per fondere il vetrificante. La più utilizzata per il vetro in lastre è la soda (Na,O), che costituisce il 12-16% della massa vetrosa. -Le sostanze stabilizzanti, che hanno il compito di aumentare la resistenza agli agenti atmosferici del prodotto finito. La più utilizzata per il vetro in lastre è la calce (Ca,0), che costituisce il 5-12% della massa vetrosa. -Le sostanze affinanti e omogenizzanti (ferro, potassio e solfati), che vengono utilizzate per affinare e rendere la pasta vetrosa omogenea. -Gli additivi coloranti, che conferiscono al vetro particolari colorazioni. Essi di norma sono costituiti da composti metallici. La miscela viene portata lentamente a una temperatura di 1500°C fino ad arrivare alla fusione, ottenendo una massa fluida e omogenea. Ha quindi inizio il processo di affinazione che permette di eliminare le impurità presenti nella massa ottenuta dalla fusione. Si ha infine la fase di raffreddamento che consiste nell'abbassare la temperatura della pasta fino a un valore che ne consenta la lavorazione. Il raffreddamento deve avvenire lentamente così da scongiurare possibili alterazioni delle caratteristiche del materiale a causa della nascita di tensioni interne. Le lavorazioni alle quali viene sottoposta la massa vetrosa variano notevolmente a seconda del tipo di prodotto. Le principali lavorazioni sono la modellazione, la soffiatura, lo stampaggio, la filatura. In particolare: -La modellazione consiste nella lavorazione, comprendente tagli, incisioni, curvature e stirature, da parte di un artigiano specializzato della pasta vetrosa mantenuta a una temperatura di circa 700°C. -La soffiatura permette di realizzare prodotti in vetro cavi quali vasi e bottiglie e consiste nell'insuflaggio di aria all'interno della massa vetrosa. -Lo stampaggio prevede il posizionamento della massa vetrosa in stampi. -La filatura consiste nell'indurre il passaggio della massa vetrosa in filiere di dimensioni molto ridotte per ottenere fibre. Formatura di lastre. Per quanto riguarda la realizzazione di vetro in lastre, l'antica tecnica della soffiatura seguita dall'appiattimento della massa vetrosa è andata sostituita dalla tiratura, dalla laminazione e dalla tecnica del vetro float. Lastre tirate: si ottengono tirando verticalmente la massa vetrosa fusa e facendola scorrere tra piccoli rulli. Oggi le lastre tirate sono scarsamente utilizzate a causa della frequente presenza di imperfezioni e della ridotta qualità ottica. Lastre laminate: ottenute facendo passare la massa vetrosa attraverso un laminatoio a rulli. I vetri laminati possono presentare superfici lisce o con disegni simili a quelli dei vetri stampati. Lastre "float": sono prodotte in orizzontale e presentano ottime qualità ottiche senza bisogno di alcuna lucidatura superficiale. Esse sono il risultato di un processo in continuo che ha inizio con la miscelazione delle materie prime e rottami di vetro provenienti da riciclo per una percentuale del 20-25%. La lastra passa dal laminatoio ad un tunnel, dentro il quale galleggia su di un bagno metallico fuso. Una volta ottenute le lastre, esse possono subire operazioni atte a modificarne i bordi e le superfici. I bordi possono essere sottoposti a una lavorazione definita molatura che consiste nello smussare le lastre stesse così da renderle non più taglienti. Le lavorazioni più frequentemente applicate alle superfici sono la smerigliatura, che permette di opacizzare la lastra, la smaltatura a freddo o a caldo, con il fine di conferire nel primo caso valore estetico e nel secondo maggiore resistenza agli agenti atmosferici, e l'incisione, per via meccanica o chimica. 3- Prodotti I prodotti ottenuti dalla lavorazione della massa vetrosa si possono suddividere in: Vetro in lastre. A seconda della composizione della pasta, e soprattutto della presenza o meno di additivi in essa, nonché del processo produttivo che porta alla loro realizzazione, i vetri in lastra possono essere classificati in vetri chiari comuni, vetri colorati nella massa, vetri colati laminati, vetri Saint-Just, vetri retinati e vetri U-Glass. Vetri chiari comuni: sono i prodotti del vetro decisamente più diffusi e utilizzati. Essi vengono prodotti attraverso la tecnica del vetro "float", la più moderna per la realizzazione di lastre, e presentano dimensioni standard di 6 x 3,21 m e spessore variabile tra 3 e 1,5 cm. Vetri colorati nella massa: sono quelli ottenuti per mezzo dell'aggiunta di particolari sostanze nella pasta vetrosa. Tali vetri vengono ormai scarsamente utilizzati e sono caratterizzati da un livello di rottura più basso dei vetri chiari comuni, in quanto la presenza di colore nella loro pasta comporta l'assorbimento di energia e quindi l'eccessivo surriscaldamento. Vetri colati laminati: sono ottenuti da un processo produttivo differente che è quello caratterizzato da una colatura e quindi da una laminazione della pasta vetrosa. Di norma i cilindri utilizzati per la laminazione presentano superfici non lisce, che permettono di conferire al prodotto particolari caratteristiche estetiche e lo rendono adatto a soddisfare compiti estetici. Vetri Saint-Just: presentano un processo produttivo ancora differente, di soffiatura e di pressatura che lo rendono adatto per usi ornamentali, di norma per la realizzazione di vetrate legate a piombo. Vetri retinati: sono caratterizzati dall'inglobamento di una rete metallica a maglia quadrata che ha il compito di trattenere i frammenti di vetro in caso di rottura. Vetri profilati a U: sono vetri che presentano un particolare profilo a U ottenuto attraverso l'utilizzo di particolari cilindri per la laminazione. Essi presentano una lunghezza variabile tra i 2 e i 7 m. Grazie allo spessore e alla particolare forma della lastra possono essere messi in opera senza elementi di irrigidimento intermedi anche nella realizzazione di vetrate di grandi dimensioni. Vetri speciali. Sono quei particolari prodotti che presentano modificazioni nel processo produttivo con il fine di modificarne alcune caratteristiche. Tra i più importanti si ricordano i vetri con coating, i vetri temprati, i vetri stratificati e i vetri fotovoltaici. Vetri temprati: hanno subito un processo termico (riscaldamento e brusco raffreddamento della lastra) o chimico che ne aumenta la resistenza meccanica, inoltre in caso di rottura il vetro non si dividerà in schegge taglienti e pericolose, ma in elementi molto piccoli con un minor grado di pericolosità. Vetri stratificati: accoppiamento di due o più lastre unite con l’interposizione di un foglio in materiale plastico. L'obiettivo è migliorare la resistenza meccanica, inoltre lo strato plastico determina un miglioramento dell’isolamento acustico. Vi è anche un vetro stratificato, al cui interno vi è un gel, che aumenta la resistenza della lastra al fuoco. Vetri con coating (materiali trasparenti cromogenici): si ottengono tramite il deposito di ossidi metallici sulla superficie e sono utilizzati in edilizia per controllare e migliorare le prestazioni ottiche ed energetiche delle vetrate. Attraverso l’utilizzo di questi vetri (basso emissivi) è possibile diminuire le dispersioni di calore dall’interno verso l’esterno. Vengono accoppiati con vetri riflettenti. Vetri stampati. Ottenuti attraverso lo stampaggio, sono classificabili in diffusori (concorrono alla formazione di pareti e solai in vetrocemento e possono essere cavi, a piastra o a camera) e tegole in vetro. Pannelli vetrocamera. Costituiti dall'accoppiamento al perimetro di lastre di vetro. Vengono unite in corrispondenza del telaio del serramento, attraverso giunti, sigillature. L’intercapedine può essere riempita con aria disidratata o con gas nobili. Fibre di vetro. Prodotte per mezzo del passaggio del vetro fuso, ad alta velocità, in filiere. Caratterizzate da alta resistenza a trazione e da una fragilità ridotta rispetto al vetro in lastra. Viene utilizzata per la produzione di pannelli dalle alte proprietà di isolamento termico e acustico. 4-Caratteristiche Caratteristiche fisiche. -Termiche: legate alla vibrazione degli atomi, all’energia termica assorbita (dilatazione termica, conducibilità termica). -Elettriche: si manifestano quando il materiale viene posto in un campo elettrico (resistività elettrica, costante dielettrica). -Ottiche: definiscono il comportamento del materiale sotto l’effetto della luce (indice di rifrazione, dispersione). Caratteristiche meccaniche. -Modulo di elasticità: vetro normale 7 000 000 kg al cmq, vetro temperato 12 000 000 kg al cmq. -Rottura a compressione: vetro normale 600-2000 kg al cmq, vetro temperato fino a 11000 kg a cmq. -Rottura a trazione: vetro normale 400 kg a cmq, vetro temperato 2000-3000 kg al cmq. -Durezza: resistenza alla rigatura ed alla abrasione. -Tenacità: capacità del materiale di assorbire energia meccanica. 4-Usi del vetro nell'architettura Vetro mattone. Curtain wall: pannelli di tamponamento supportati da montanti e traversi in acciaio o alluminio. Vetro strutturale: gli elementi componenti sono -L’ossatura tubolare della struttura, costituita da un quadrato formato da tubi in acciaio saldati. Il quadrato di 32 x 32 m è suddiviso in pannelli di 8 x 8 m. -Controventi, unico supporto orizzontale del vetro. -Sistema di sospensione della vetrata, ogni attacco di sospensione prevede un sistema di molle, atto a garantire una uguale distribuzione del peso del pannello. Deve sostenere il peso stesso del vetro (carico verticale) e resistere ai carichi dovuti al vento (perpendicolari al piano vetrato). -Vetrata e dettagli di fissaggio: quest’ultimo è realizzato mediante bulloni articolati che consentono un fissaggio complanare alla vetrata. Travi e pilastri: realizzati interamente in vetro rappresentano l’innovazione ultima della trasparenza strutturale. Materie plastiche Materiali costituiti da polimeri (costituiti da catene di centinaia di migliaia di unità di base dette monomeri) sintetici o naturali,che rendono le materie plastiche conformabili allo stato plastico e conferiscono loro caratteristiche meccaniche molto diverse (rigidi e vetrosi, deformabili e flessibili, ecc.). 1-Informazioni storiche La storia di queste materie è iniziata nel 1838 quando Henri Victor Regnault riuscì a polimerizzare il cloruro di polivinile esponendolo al calore solare. In architettura, l’innovazione apportata dalle materie plastiche si manifesta intorno alla metà degli anni ’70, i primi progetti sperimentali vennero realizzati da Renzo Piano. 2-Classificazione A seconda del comportamento delle materie plastiche in seguito all’effetto di azioni termiche abbiamo i polimeri termoplastici, polimeri termoindurenti ed elastomeri. Polimeri termoplastici. Materie plastiche che rammolliscono con il calore, e che con il raffreddamento, riacquistano lo stato iniziale senza variazione della struttura chimica. -Polietilene (PE): elevato grado di lavorabilità,utilizzato per la realizzazione di tubature, teli impermeabili, pavimentazioni. -Polistirene (PS): caratterizzato da una certa fragilità, viene utilizzato per realizzare materiali utilizzati per l’isolamento acustico e termico. -Polivinilcloruro (PVC): il più usato nel settore delle costruzioni, può essere rigido, realizzato con miscele prive di plasticizzanti, e quello plasticizzato. Il PVC rigido presenta buona resistenza agli attacchi chimici, alta resistenza a trazione e flessione, buona resistenza all’abrasione. E’ impiegato per la produzione di tubi e telai per infissi. I profili rigidi vengono usati nella produzione di tapparelle e di prodotti di rivestimento. Viene, inoltre, utilizzato nella produzione di lastre piane e ondulate per coperture o per la realizzazione di divisori. Il PVC plasticizzato non possiede caratteristiche di rigidità. E’ utilizzato prevalentemente per pavimentazioni viniliche e per manti impermeabilizzanti in fogli. Polimeri termoindurenti. Materie plastiche che, dopo un’iniziale azione prolungata del calore, diventano infusibili in modo irreversibile. Rispetto ai polimeri termoplastici la lavorazione è meno facile e rapida, mentre la resistenza meccanica e termica è più elevata. -Resine epossidiche: vengono utilizzate come sigillanti, per rinzaffi resistenti agli attacchi chimici, come impregnanti, come manti per pavimentazioni, riempimenti interstiziali. Trovano largo impiego come collanti, su calcestruzzi, metalli, legno, additivazione di malte, calcestruzzi. Esse presentano un’ottima adesività, buona resistenza chimica, basso ritiro e buone proprietà meccaniche. -Resine poliuretaniche: utilizzate come sigillanti, rivestimenti e incamiciature, per rinzaffi resistenti agli agenti chimici, come impregnanti, collanti e manti per pavimentazioni. Caricate con additivi assumono la proprietà di espandersi (poliuretano espanso) determinando elevata coibentazione. Presentano buona resistenza chimica, buone proprietà meccaniche, basso ritiro e buona adesività. -Resine poliestere: combinate con fibre di vetro o di nylon danno luogo a materiali compositi. I poliesteri rinforzati trovano largo impiego nella produzione di infissi, pannelli, tubazioni, apparecchi sanitari. Queste resine sono caratterizzate da un indurimento rapido, temperatura d’indurimento bassa, buona facilità di miscelazione, resistenza agli agenti chimici, buone proprietà meccaniche e bassa viscosità. Elastomeri o gomme. Materiali elastici che sottoposti a sollecitazioni meccaniche raggiungono dimensioni molto più elevate di quella originaria ma che una volta venuta meno la sollecitazione, hanno anche la capacità di tornare alla dimensione di partenza. Largamente utilizzati per la realizzazione di giunzioni e guarnizioni. Possiedono ottime capacità impermeabilizzanti. Sono impiegati ad esempio per l’impermeabilizzazione delle coperture. In particolare, vengono utilizzati elastomeri compositi quali i poliesteri o il cloroprene rinforzati con fibre di vetro. Gli elastomeri vengono anche aggiunti alle guaine bituminose quando le loro caratteristiche non sono adeguate alle condizioni di esercizio: i più utilizzati sono le gomme naturali e i copolimeri stirenici a blocchi. 3-Caratteristiche Caratteristiche fisiche. Le caratteristiche fisiche delle materie plastiche dipendono dalla natura chimica dei polimeri di base, dal peso molecolare medio, dalla presenza di reticolazione e grado di cristallinità, dalla presenza di sostanze aggiunte o assorbite dall’ambiente. Hanno la proprietà di limitare o impedire la trasmissione di energia (corrente elettrica, calore, suono) e inoltre manifestano un'elevata coibenza possedendo una bassa conducibilità termica. Caratteristiche meccaniche. Variano in relazione alla differenza tra termoplastiche e termoindurenti. La resistenza meccanica, la rigidezza e la fragilità, nelle termoindurenti sono tanto maggiori quanto più fitta è la reticolazione. Le proprietà meccaniche non variano sensibilmente con la temperatura fino a un valore limite in cui avviene la rottura dei legami chimici.Le termoplastiche sono suscettibili di scorrimento sotto l’azione di sforzi applicati. La rigidità e le caratteristiche meccaniche variano con la temperatura. Le alterazioni fisico-chimiche nelle plastiche si manifestano attraverso una progressiva perdita di plasticità, di elasticità e di resistenza, con conseguente aumento della fragilità. Le condizioni che favoriscono l’invecchiamento sono: -Ripetuta alternanza di temperatura che determina variazioni nelle caratteristiche plasto-elastiche e dimensionali innescando uno stato di fatica nel materiale. -Lunga ripetuta permanenza alle basse temperature, al di sotto di 0°C scompaiono totalmente la plasticità e l’elasticità, si accentua la fragilità. Con il ritorno a temperature superiori il recupero è incompleto. -Prolungata esposizione ai raggi solari che provoca alterazioni nei colori. 4-Processo produttivo Produzione dei polimeri. Vengono inizialmente prodotti i monomeri da cui ne consegue la formazione di polimeri, prodotti quest’ultimi sotto forma di granuli, che sono alla base delle altre lavorazioni. Additivazione. Gli additivi per materie plastiche sono prodotti insolubili, organici o inorganici (quarzo, gesso, ossidi, farine, cellulosa). Questi ne aumentano la resistenza meccanica e contribuiscono a diminuire i costi di produzione. -Stabilizzanti: evitano il degrado da luce e calore. -Lubrificanti: facilitano la lavorazione a caldo. -Plastificanti: modificano le proprietà meccaniche. -Cariche minerali o organiche: aumentano la rigidezza. -Pigmenti e coloranti: conferiscono colorazioni e opacità. -Rinforzi (filati e tessuti di vetro, fibre cellulosiche e sintetiche):conferiscono elevate proprietà meccaniche. Formatura. I processi di formatura sono differenti a seconda del prodotto che si vuole ottenere e dal materiale plastico su cui operare la lavorazione. Per i polimeri termoplastici i processi di formatura sono reversibili, mentre sono irreversibili nel caso di termoindurenti ed elastomeri in quanto la lavorazione modifica chimicamente la struttura del materiale. I procedimenti di formatura sono diversi come ad esempio la colata, la spalmatura, la formatura a rigetto, l’immersione, la centrifugazione, la calandratura, l’estrusione, la soffiatura. Stampaggio: consiste nel sottoporre il materiale, posto nella forma, all’azione combinata del calore e di un’elevata pressione. E’ la tecnica più diffusa per i materiali polimerici. I termoindurenti possono essere realizzati tramite stampaggio diretto per compressione, avviene ad una temperatura compresa tra i 160°C e 190°C. La compressione esercitata con pressa idraulica è di 200-300 Kg/cmq. Mentre le termoplastiche tramite stampaggio ad iniezione, avviene riscaldando la resina fino a fusione in un cilindro, dal quale è spinta a pressione nello stampo attraverso un ugello. Abbiamo inoltre lo stampaggio sottovuoto mediante aria compressa (tramite il quale vengono prodotte entrambe le materie plastiche), si pone un foglio di materia plastica a caldo sullo stampo, si aspira l’aria che resta tra lo stampo ed il foglio di plastica, che costretto dalla pressione atmosferica si adatta allo stampo. Per la produzione di lastre, tubi e profilati si utilizza lo stampaggio per estrusione, consiste nella raccolta di materiale in una tramoggia, facendolo passare attraverso un cilindro riscaldato munito di vite elicoidale, e comprimendo la pasta contro la trafila e conseguente formatura del pezzo per trafilatura. 5-Usi delle materie plastiche nell’architettura Tre diverse tipologie strutturali si possono distinguere nell’utilizzo di alcune materie plastiche nel progetto: Strutture con reti di funi: costituite da una rete in cui le funi (fili di acciaio zincato) si pretendono reciprocamente, dando all’orditura la configurazione a doppia curvatura. La copertura è realizzata con poliestere trasparente. Strutture a tenda: si può definire tenda una lamina di materiale talmente sottile da non presentare alcuna resistenza a flessione, compressione, e taglio, capace di reagire solo a trazione. Tale sistema è limitato a strutture di piccole dimensioni e provvisorie. Strutture pneumatiche: caratterizzate dall’essere sostenute da gas; la forma e la stabilità sono determinate dallo stato di pressione, superiore rispetto all’esterno, prodotto dal gas immesso al loro interno Lucernari: lucernari discontinui e le coperture-lucernario vengono realizzati con elementi modulari costituiti da lastre di polimetilmetacrilato, di perspex, di policarbonato. Le lastre possono costituire coperture di varia forma, orizzon