Citologia e Istologia Totale - PDF

Summary

These notes cover the fundamental concepts of cell biology and histology. It explores the different types of microscopes and their applications, focusing on the advantages and limits of resolution. Furthermore, it delves into important techniques like phase-contrast microscopy and fluorescence microscopy.

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Citologia e istologia Esame parziale 20 novembre L’organismo animale/umano è costruito in base a un’organizzazione gerarchica che comprende livelli di complessità crescente. Istologia: studio dei tessuti Cellule→tessuti→organi→apparati→organismo Limite risoluzione occhio umano: 0,2 mm (200 micron)...

Citologia e istologia Esame parziale 20 novembre L’organismo animale/umano è costruito in base a un’organizzazione gerarchica che comprende livelli di complessità crescente. Istologia: studio dei tessuti Cellule→tessuti→organi→apparati→organismo Limite risoluzione occhio umano: 0,2 mm (200 micron) tutto ciò che dimensioni superiori possiamo vederlo. Microscopio ottico: consente l’ingrandimento di strutture e ci consente di vederle. Potere di risoluzione: possibilità di vedere due punti come distinti il microscopio deve garantire una buona separazione dei dettagli dell’immagine. Contrasto dell’oggetto: la maggior parte delle cellule sono troppo trasparenti per essere distinte dallo sfondo il microscopio deve rendere i dettagli visibili all’occhio o alla fotocamera Limite di risoluzione dei microscopi Il limite di risoluzione di un microscopio, cioè la minima distanza alla quale due punti possono essere visti come separati può essere calcolato con la formula: λ R= 𝐴𝑁 , AN=senα formula di ABBE: Dove λ è la lunghezza d’onda della sorgente di luce utilizzata, AN è l’indice di rifrazione del mezzo interposto fra lente e preparato e α è il semiangolo del cono luminoso entrante. AN (apertura numerica) è un numero adimensionale e corrisponde all’angolo di accettazione della luce. R= distanza tra due punti risolti; risoluzione. Per aumentare il limite di risoluzione devo abbassare λ e aumentare AN. Il microscopio ottico ha un limite di risoluzione di circa 0.2μm, (mille volte superiore a quello del nostro occhio). Quindi un ingrandimento utile di circa 1000X permette quindi di riconoscere la forma delle cellule e di individuarne alcuni dei dettagli più grandi (es. il nucleo). Potremmo costruire un microscopio ottico più potente, per poter osservare i dettagli più piccoli? Possiamo certamente costruire un microscopio da 2000 ingrandimenti o molto di più, ma i risultati non sarebbero migliori di quelli di un microscopio da 1000 ingrandimenti il limite reale è dato dal potere di risoluzione (0.2 μm). Aumentando l’ingrandimento oltre i 1000 x non aumentano i dettagli, cioè non aumenta l’informazione Profondità di campo La profondità di campo rappresenta la distanza fra due piani, al di sopra ed al di sotto del campione da osservare, messi contemporaneamente a fuoco dall’obiettivo. È piuttosto evidente che, se il campione da esaminare ha un certo spessore e l’obiettivo ha una profondità di campo ridotta, si potranno avere delle difficoltà nella messa a fuoco. La PdC è inversamente proporzionale alla AN dell’obiettivo. NA maggiore→ profondità di campo minore. Nei microscopi ottici la fonte di illuminazione è una radiazione con lunghezza d’onda relativamente lunga (visibile 400-700 nm o ultravioletta nei microscopi a fluorescenza 400-320 nm). Questo limita il potere di risoluzione che è direttamente proporzionale alla lunghezza d’onda (è inversamente proporzionale all’indice di rifrazione e all’apertura numerica dell’obiettivo). Nei microscopi elettronici, che utilizzano elettroni, la lunghezza d’onda va da 0.1 a 0.005Å e quindi più piccola decine di migliaia di volte rispetto a quella della luce visibile, pertanto il loro potere di risoluzione è dell’ordine dei nm. Il potere di risoluzione del microscopio elettronico che non utilizza la luce ma un fascio di elettroni, è determinato dalla lunghezza d’onda degli elettroni. Possono raggiungere poteri di risoluzione dell’ordine del nm (ingrandimento utile di centinaia di migliaia di volte). Con potere di risoluzione diverso posso conoscere cose diverse. Anatomia di un microscopio ottico Il condensatore permette di mettere a fuoco il fascio di luce sul preparato (mediante una vite laterale) o di variare fase e ampiezza del fascio di luce (contrasto di fase e camposcuro). Diaframma di campo permette di regolare l’ampiezza del fascio di luce che arriva al condensatore Regolazione macrometrica e micrometrica: consente di impostare la nitidezza delle immagini. Illuminazione: vengono utilizzate lampade fluorescenti, LED e lampade alogene che sono le più adatte. I tubi fluorescenti e i LED evitano il riscaldamento del preparato in caso di osservazione prolungata. Microscopio a inversione: si usa per vedere delle cellule in coltura su piastre, per evitare di toccare la struttura. Gli obiettivi portano delle iscrizioni incise sulla loro superficie esterna. Sull'obiettivo nella foto leggiamo: -40→ è il numero di ingrandimenti permesso dall'obiettivo, cioè 40 volte; -0,65→ è l'apertura numerica (N.A.) di cui abbiamo parlato prima; -160→ è la distanza, espressa in millimetri, che deve intercorrere tra questo obiettivo e l'oculare; -0.17→ è lo spessore massimo, espresso in millimetri, che deve avere il vetrino coprioggetto. Il valore messo in evidenza nella figura, in questo caso 1.40 rappresenta l’ apertura numerica, un parametro indicativo del potere di risoluzione dell’obiettivo, quindi della sua qualità ottica. Plan= planare cioè produce immagine corretta per le aberrazioni di curvatura Apo= apocromatica produce immagine corretta per aberrazioni cromatiche ∞= il tubo porta-oculare per cui è progettato questo obiettivo può essere all’infinito Stereomicroscopio è formato più o meno dalle stesse parti di un microscopio ottico ma la luce utilizzata per l’osservazione può essere sia trasmessa attraverso il preparato, che riflessa dalla superfice del campione osservato. L’illuminazione si regola attraverso due interruttori: uno per la luce trasmessa e uno per la luce riflessa. Microscopio in campo scuro Il campo scuro è una tecnica di contrasto ottico che rende visibili le strutture anche non colorate nelle cellule di campioni biologici. Le strutture nella cellula o le caratteristiche del materiale diffondono la luce che interagisce con esse, mentre le aree uniformi permettono alla luce di passare senza diffondersi. Quando si utilizza la microscopia in campo scuro, le strutture cellulari o le caratteristiche del materiale appaiono più luminose e lo sfondo uniforme della cellula o del materiale appare più scuro. Risultano quindi chiari solo gli oggetti che diffondono, mentre il fondo risulta scuro. Microscopio a contrasto di fase Il contrasto di fase è una tecnica di contrasto ottico che rende visibili le strutture non colorate nelle cellule di campioni biologici. Le differenze nella densità ottica tra le strutture presenti nella cellula creano alterazioni nella luce che interagisce con esse, e provocano uno spostamento di fase. Questo fenomeno è alla base del contrasto di fase. Di conseguenza, le strutture più densamente ottiche, appaiono più scure di quelle meno dense. Il contrasto di fase è l'ideale per oggetti sottili non colorati, come ad esempio cellule di colture in vitro perché esistono differenze molto piccole di indice di rifrazione tra le cellule e la soluzione acquosa (A) che le circonda e nelle cellule stesse tra il citoplasma (B) ed il nucleo (C). Dal momento che maggiore è l'indice di rifrazione di un mezzo, tanto minore è la velocità della luce nel mezzo stesso, un'onda luminosa che attraversa un nucleo di una cellula è in ritardo rispetto alle onde luminose che attraversano l'acqua circostante. L'ammontare di questo "ritardo" viene detto differenza di fase. Il metodo della Microscopia a contrasto di fase è stato ‘inventato’ da Frits Zernike (che ha ricevuto il Premio Nobel per questa invenzione), nel 1953. L'ottica a contrasto di fase di un microscopio è in grado di convertire le differenze nell'indice di rifrazione (differenza di fase) in una differenza di luminosità (differenza di ampiezza ). Queste piccolissime differenze vengono rese visibili dal contrasto di fase con l'uso di dispositivi ottici (diaframma anulare sul condensatore e nell’obiettivo), vale a dire che esso le tramuta in differenze d'intensità. L'effetto ottico che viene usato consiste in uno sfasamento nel raggio di luce. Fluorescenza e Microscopio a fluorescenza La fluorescenza è la proprietà che hanno alcune sostanze di assorbire la luce a una particolare lunghezza d’onda (400-320 nm) e di rilasciarla ad una lunghezza d’onda superiore, ma ad energia inferiore rispetto a quella assorbita. La fluorescenza si dice primaria nel caso di sostanze naturalmente fluorescenti (ad esempio la cellulosa); è detta secondaria quando la fluorescenza è indotta da fluorocromi legati al campione in esame. Le sezioni sono illuminate da luce UV, in modo che l’emissione sia nella parte visibile dello spettro. Vi saranno quindi dei filtri speciali che selezionano i raggi delle diverse lunghezze d’onda emessi dai fluorocromi. I fluorocromi assorbono fotoni (eccitazione) a una certa lunghezza d’onda e la rilasciano a una lunghezza d’onda più lunga (emissione). Microscopio confocale Il Microscopio confocale a scansione laser è in grado di analizzare i vari campioni biologici per strati, impiegando luce laser. Focalizza selettivamente un piano per volta nello spessore dell’oggetto e poi ricostruisce elettronicamente l’immagine finale mettendo insieme tutte le altre consentendo un’immagine tridimensionale del campione. Il vantaggio dell'imaging confocale è un contrasto notevolmente aumentato grazie alla rimozione dei segnali di fluorescenza fuori fuoco. Fornisce immagini fluorescenti in un unico piano focale esplorando in successione zone diverse del preparato. Le immagini vengono acquisite da una videocamera e riversate su uno schermo di computer consentendo la ricostruzione tridimensionale del preparato in esame. Microscopio elettronico a trasmissione (TEM) Nel microscopio elettronico a trasmissione gli elettroni generati da un tubo catodico, sotto vuoto spinto, vengono convogliati da un primo campo magnetico (condensatore) sul campione. Gli elettroni emessi che lo attraversano vengono raccolti da un secondo campo magnetico (obiettivo) e inviati ad un ulteriore campo magnetico (proiettivo) ed infine proiettati su una schermo fluorescente e/o su una lastra fotografica, dove si possono osservare zone chiare, corrispondenti a parti del campione attraversate dagli elettroni (zone elettron-chiare) e zone scure, corrispondenti a zone opache agli elettroni (zone elettron-dense). E’ necessario ‘colorare’ le sezioni con osmio o oro per aumentare il potere di diffrazione. Gli elettroni emessi dal filamento e accelerati dalla differenza di potenziale tra anodo e catodo sostituiscono i raggi luminosi; le lenti magnetiche sostituiscono le lenti ottiche. Microscopio elettronico a scansione (SEM) E’ principalmente impiegato per lo studio topografico della superficie dei campioni in esame. Tale microscopio utilizza un sottile raggio di elettroni primari (circa 7 nm) che tramite l’unità di scansione esplora il campione, in precedenza fissato e rivestito da un sottile strato di metalli pesanti (oro, oro -palladio ). La superficie del campione eccitata dal fascio di elettroni primari emette elettroni secondari (e Raggi X), i quali tramite il rilevatore raggiungono l’elaboratore di immagine. L’unità di scansione sincronizza la scansione sul campione e sul monitor dell’elaboratore ; pertanto l’immagine finale riproduce la struttura della superficie esplorata con effetto tridimensionale ad una risoluzione di solito di 20 nm. Perché le cellule sono così piccole: Le cellule sono così piccole per la necessità di scambiare con l’esterno ossigeno, nutrienti e prodotti di scarto con processi di diffusione. Gli scambi nutritizi avvengono attraverso la superficie della cellula. In una cellula sferica la superficie varia con il quadrato del raggio mentre il volume varia secondo la terza potenza del raggio. Per questi motivi in una cellula di grandi dimensioni, le difficoltà negli scambi nutritizi diverrebbero gravissime. La superficie aumenta con il quadrato della dimensione lineare (se immagini, per semplicità, una cellula cubica, la cosa appare evidente 6*l2 ), mentre il volume aumenta con il cubo della dimensione lineare (l3). Pertanto, se la dimensione lineare raddoppia, la superficie aumenta molto meno del volume, quindi il rapporto superficie/volume diminuisce notevolmente con l'aumentare della dimensione lineare della cellula. Le cellule sono piccole per ottimizzare il rapporto superficie/volume, consente alla cellula di ottenere una superficie di scambio con l’esterno adeguata per il passaggio di nutrienti e scarti. Quindi all’aumentare della grandezza delle cellule, la superficie cellulare aumenta molto meno rispetto al volume Questo è il motivo per cui non è possibile che esistano cellule troppo grandi e, da un punto di vista evolutivo, organismi unicellulari complessi formati da un’unica cellula molto grande (tipicamente i ciliati) hanno avuto meno successo degli organismi pluricellulari, che sono riusciti ad aumentare la propria complessità aumentando il numero di cellule, ma diminuendo le dimensioni delle singole cellule. Preparazione di campioni biologici per la microscopia ottica ed elettronica Problematiche -la luce del microscopio ottico ed il fascio di elettroni del TEM possono attraversare solo materiale di spessore molto ridotto il tessuto deve essere sezionato mediante speciali apparecchi, detti microtomi ed utramicrotomi la maggioranza dei tessuti biologici sono molli prima del taglio, il tessuto deve essere indurito: – Fissazione – Inclusione – Congelamento i tessuti sono normalmente quasi incolori e privi di contrasto prima dell’osservazione al microscopio, il tessuto deve essere colorato o contrastato coloranti con affinità per componenti cellulari e tissutali diverse possono essere combinati nella stessa sezione istologica Fasi della preparazione -Prelievo -Fissazione -Disidratazione -Inclusione -Taglio -Colorazione 1. Prelievo Il prelievo è l’operazione fisica con la quale si ottiene il campione da esaminare Deve essere eseguito da materiale biologico vivente Riduzione→ 10x10x3 mm per la microscopia ottica, Spessore ≤ 2 mm per la microscopia elettronica Deve essere eseguito il più velocemente possibile 2. Fissazione Trattamento chimico che porta alla immobilizzazione e alla stabilizzazione di componenti tessutali con minima dislocazione ed estrazione dei composti nativi. La forma delle cellule e dei tessuti deve venir conservata il più possibile simile alla condizione vitale 1. Ha lo scopo di bloccare i processi di degenerazione del tessuto prelevato rendendolo stabile nel tempo ed inalterabile all’azione dei successivi trattamenti 2. Mantiene inalterate le caratteristiche strutturali del campione, preservandone la morfologia 3. Protegge il campione da danni osmotici (swelling e shrinking) Fissazione fisica→Esposizione del tessuto a T molto alte o molto basse Fissazione chimica→Uso di sostanze chimiche: Perfusione, Immersione, Con vapori Immersione (fissazione chimica) Il campione deve essere immerso in almeno 20 volte volume di fissativo Ottima fissazione se: dimensioni adeguate (< 3 mm di spessore) minimo intervallo tra asportazione e immersione (le cellule, tolte all’organismo, non sono più ossigenate e muoiono in un tempo variabile) 1. Fissativi che coagulano le proteine (alcool etilico, acetico, picrico…) 2. Fissativi che non coagulano le proteine (formalina neutra tamponata, Bouin…) ma formano legami crociati tra catene proteiche adiacenti in modo da bloccarle nella loro posizione Tamponi I fissativi chimici devono essere diluiti in tamponi a pH 7-7.4 in modo che non ci sia diversità di pH fra il tessuto e la soluzione fissativa e per evitare artefatti dovuti a differenze di osmolarità Gli stessi tamponi utilizzati per diluire i fissativi devono essere impiegati per effettuare i lavaggi che seguono la fissazione (1-2 ore). Il più utilizzato è il PBS pH 7.5 tampone fosfato Le aldeidi fissazione chimica: tra i fissativi chimici più usati. Formaldeide 4-10% in PBS pH 7.4 usata in soluzione (4-10%) in tampone pH 7.4 elevato potere di penetrazione (0.8 mm/h) 4-24h agisce formando legami crociati on gli aa delle proteine (reversibili) preserva una buona morfologia Paraformaldeide 10% in PBS pH 7.4 preserva una buona morfologia preserva la reattività delle macromolecole indicata per indagini biochimiche Glutaraldeide 2-4% in PBS pH 7.4 penetra bene nei tessuti, 2-4h forma cross-legami più velocemente e più stabilmente della formaldeide non fissa i lipidi, quindi per preservare le membrane Post-fissazione con Osmio Tetrossido in PBS pH 7.4 2h al buio →2° fissativo Fissa i lipidi insaturi agisce rapidamente, ma penetra molto poco reagisce in modo differente con i vari componenti cellulari accentuando le differenze di densità e fornendo una sorta di colorazione 3. Disidratazione E’ il passaggio che permette la sostituzione dell’acqua contenuta nel tessuto con un solvente dei mezzi di inclusione (Paraffina o resine) La disidratazione si effettua mediante passaggi del campione in soluzioni di alcool in una scala crescente di concentrazioni. Chiarificazione: l’ultimo agente deve essere miscibile con i mezzi di inclusione. Xilolo→ Paraffina Acetone assoluto →Resine idrofobiche per T.E.M. Ossido di propilene→ Resine idrofobiche per T.E.M. Infiltrazione: dopo aver concluso la disidratazione del campione bisogna sostituire gradualmente lo xilolo o l’acetone con il mezzo di inclusione in forma liquida 4. Inclusione E’ il passaggio che permette di impregnare il campione in un materiale abbastanza duro ed omogeneo tale da poter essere tagliato in fette molto sottili. PARAFFINA (M.O.) Miscela di idrocarburi saturi solida a T ambiente punto di fusione a 54-60° insolubile in H2O, solubile in xilolo RESINE (T.E.M.) Epon, Araldite liquida a T ambiente polimerizza a 60-70°C insolubile in H2O, solubile in acetone si preparano a partire da soluzioni di monomeri, da sostanze plasticizzanti che migliorano la consistenza finale del polimero e da un acceleratore chimico per la reazione di polimerizzazione Il campione viene immerso in paraffina o resina pura per completarne l’infiltrazione Il taglio delle sezioni: MICROTOMO o CRIOSTATO→ Strumento che permette di sezionare i blocchetti di paraffina contenenti il campione in fette spesse 3-10 µm 5. Colorazione I coloranti sono di solito in soluzione acquosa→e sezioni devono essere sparaffinate in xilolo e reidratate con scala decrescente di alcool (100, 90, 80, 70, 50, H2O) Metodica ematossilina eosina: 1. Ematossilina 10 min 2. Lavaggio con H2O corrente 3. Eosina 1 min 4. Disidratazione 5. Montaggio Colorante per microscopia ottica Si definiscono coloranti quelle sostanze chimiche che si legano a componenti cellulari/tissutali aumentandone il contrasto. I tessuti assumono i coloranti in base alle caratteristiche delle strutture che li compongono. ACIDI (basofili) carica negativa formano sali con basi colorano citoplasma (eosina) BASICI (acidofili) carica positiva formano sali con acidi colorano i nuclei (ematossilina) NEUTRI formati dall’unione di un colorante acido con uno basico (rosso neutro) NATURALI animali : es. carminio (colorante acido nucleare) vegetali: es. ematossilina (colorante basico) ARTIFICIALI fucsina, violetto di genziana (coloranti nucleari) Colorazioni Chimiche: reazione tra colorante e substrato (tessuto) evidenziano molecole come lipidi e zuccheri es: Olio Rosso o O.R.O. (per lipidi), P.A.S. (per carboidrati) L’acido periodico ossida i gruppi 1,2-glicol degli zuccheri e il reattivo di Shift colora i gruppi aldeidici Fisiche: precipitazione di metalli su strutture biologiche es: Argento ed oro Per fibre nervose e processi cellulari Chimico-Fisiche : meccanismo di assorbimento elettrico substrato e colorante hanno cariche diverse e formano sali fra loro (ematossilina-eosina) Colorazioni tricromiche Si usano contemporaneamente almeno 3 coloranti. Colorazione di strisci (sangue) Come si colorano i tessuti liquidi: il metodo impiega due coloranti in successione: May Grunwald costituita da blu di metilene che colora i nuclei in blu e il citoplasma in rosa La soluzione Giemsa una miscela complessa che aumenta l’intensità della colorazione nucleare e evidenzia gli elementi cellulari Colorazione del tessuto osseo: uso di un fissativo con all’interno una sostanza decalcificante, il tessuto diventa molle e posso procedere al taglio. Secondo metodo: con una carta a spessore sottile si gratta una parte di osso e metto sul vetrino ciò che sono riuscito a grattare. Principali tecniche istochimiche: metacromasia La colorazione è ortocromatica quando il colorante colora il substrato con lo stesso colore che ha in soluzione (es: ematossilina violetta, i nuclei nel preparato saranno violetta); La colorazione si dice metacromatica quando il colorante colora il substrato con un colore diverso da quello che ha in soluzione. Tale fenomeno si osserva per alcuni coloranti basici, come ad esempio il blu di toluidina, che colora in viola (metacromaticamente) i GAG – GlicosAminoGlicani, una particolare classe di polisaccaridi acidi, o dell’anilina (tiazine, blu di toluidina, violetto di genziana) che vira dal colore originario venendo a contatto con determinate sostanze polianioniche. Colorazioni fluorescenti Principali tecniche istochimiche: Fluorocromi base specifici per il DNA (eccitati ad una più alta lunghezza d’onda che emettono del visibile). Alcune sostanze fluorescenti colorano il DNA legandosi specificamente alle coppie di basi AT o GC. Tra i fluorocromi AT specifici i più usati sono la quinacrina e il DAPI; la Cromomicina A3 (CMA3) tra quelli GC specifici. Immunoistochimica o immunofluorescenza Grazie allo sviluppo di metodi e strumenti di indagine sempre più potenti l’immunoistochimica, attualmente, è la tecnica preferenziale per l’individuazione dell’espressione di specifici componenti cellulari o tissutali. Tale metodica fa uso di anticorpi che agiscono selettivamente contro un determinato componente cellulare o tissutale (una proteina, antigene). Si possono usare contemporaneamente più anticorpi diretti contro differenti proteine e marcati con molecole fluorescenti diverse. Ciò consente di visualizzare la reciproca localizzazione degli antigeni (vedi figura). Si basa sulla reazione antigene-anticorpo, l’antigene è una qualsiasi struttura che vogliamo vedere all’interno della cellula, scegliamo un anticorpo che va ad agire e si lega con l’antigene (a questo punto non vedo ancora nulla). Si lega poi un anticorpo secondario legato ad una sostanza fluorescente.. Immunoistochimica: Metodo diretto: l’anticorpo è marcato con una sostanza fluorescente o con la perossidasi Metodo indiretto: l’anticorpo diretto contro la sostanza da rilevare non è marcato ed è detto primario. Tale anticorpo è a sua volta riconosciuto da un altro anticorpo, ovvero da un anticorpo-anti anticorpo, che è detto secondario ed il quale è marcato con uno enzima o con un fluorocromo. Tale metodo è più potente rispetto a quello indiretto perché il segnale di rilevamento è più intenso, in quanto all’anticorpo primario possono legarsi più anticorpi secondari. Microscopia elettronica Disidratazione dei campioni tramite passaggi in soluzioni a concentrazione crescente di etanolo. Inclusione dei campioni in piccoli blocchi di resina. Taglio alla ultramicrotomo→strumento usato per sezionare i blocchetti di resina in sezioni molto sottili SEMIFINI: sezioni di 1 µm di spessore, la cui osservazione al M.O. permette di selezionare i campi utili destinati all’esame ultrastrutturale al T.E.M. Taglio dei campioni con un ultramicrotomo dotato di lama al diamante (a volte vetro). – La superficie da analizzare deve essere di circa 0.2 mm. – Lo spessore della sezione varia da 40 a 100 nm (di solito 60-80 nm). Colorazione il contrasto dipende dal numero atomico degli atomi del campione più è alto il numero atomico, più elettroni sono dispersi, maggiore è il contrasto le molecole biologiche sono costituite da atomi con numero atomico basso (H, C, O) le sezioni vengono contrastate con sali di metalli pesanti Preparazione dei campioni per SEM Acquisizione del campione trattandolo con cura in modo da non danneggiare la superficie Fissazione e disidratazione Non si include Il campione va asciugato in condizioni di temperatura e pressione controllata (impiego dell’essiccatore al punto critico) e, quindi, montato e ricoperto (sputter coating), è pronto per essere analizzato al SEM. Poggiato su di un supporto e ricoperto con un metallo (Oro, cromo, palladio, carbone) che deve essere elettron-conducente (non elettrondenso) Visualizzato al microscopio e fotografato Componenti cellulari Ad ogni forma corrisponde una funzione Membrana cellulare E’ un doppio strato di fosfolipidi che avvolge la matrice citoplasmatica che contiene gli organelli È spessa tra 7.5 e 10 nm Contiene proteine, colesterolo, oligosaccaridi Funziona come una barriera selettiva che fa entrare e/o uscire determinate sostanze E’ un doppio strato di fosfolipidi ( sono acidi grassi combinati a glicerolo e acido fosforico) e glicolipidi Le porzioni idrofile (con carica elettrica del gruppo fosfato) di ogni molecola di fosfolipidi sono orientate verso il lato esterno o interno della cellula Le porzioni idrofobiche (senza carica elettrica) di ogni molecola di fosfolipide sono orientate nella parte interna della membrana plasmatica All’interno del doppio strato le molecole lipidiche si diffondono liberamente. Si hanno movimenti: - diffusione laterale - rotazione - flessione delle code - flip-flop Lipidi: La distribuzione dei lipidi nel doppio strato è asimmetrica. La composizione del monostrato extracellulare è diversa dal monostrato citoplasmatico (interno alla cellula). Proteine: I lipidi hanno una funzione strutturale, le proteine svolgono la maggior parte delle funzioni della membrana => sono strutture dinamiche e fluide ovvero sono in grado di muoversi all’interno della membrana Funzioni delle membrane Delimitano i contorni della cellula e dei suoi organuli, costituiscono i siti di specifiche proteine, principalmente enzimi e recettori, assicurano e regolano i processi di trasporto, contengono i recettori necessari per rilevare segnali esterni e forniscono i meccanismi per il contatto, la comunicazione e l’adesione cellula-cellula. La porzione lipidica della membrana è: ▪ permeabile a molecole non polari e prive di carica: O2 , CO2 , steroidi; ▪ debolmente permeabile a piccole molecole polari non cariche come H2O e urea; ▪ impermeabile a ioni e grandi molecole polari prive di carica come il glucosio e a molecole con carica come gli ioni. Trasporto passivo Si verifica sotto la spinta del gradiente di concentrazione e si annulla quando la concentrazione della sostanza è la stessa ai due lati della membrana. Non richiede energia. Tale tipo di trasporto è noto come diffusione, che è distinto in: diffusione semplice: le molecole diffondono per loro proprietà intrinseche attraverso il doppio strato fosfolipidico; diffusione facilitata o trasporto facilitato, è mediato da specifiche proteine di membrana: ❑proteine canali o canali ionici ❑ proteine vettrici o trasportatori, ciascun canale o trasportatore è selettivo per una determinata molecola Diffusione semplice In due soluzione a differente concentrazione ionica (C1>C2) separati da una membrana permeabile si osserva la diffusione dei soluti verso il compartimento a minore concentrazione. La diffusione avviene finché C1=C2. La diffusione semplice è un processo passivo nel quale le sostanze (molecole non polari e idrofobe) si muovono liberamente nel doppio strato fosfolipidico. Es: O2 , CO2 , N2 ; acidi grassi, steroidi e vitamine liposolubili. Anche piccole molecole polari prive di carica come H2O e urea. La membrana plasmatica è permeabile selettivamente. Separa l’ambiente intracellulare (citoplasmatico) da quello extracellulare (negli organismi pluricellulari, è la matrice extracellulare), i due ambienti differiscono per composizione e/o per concentrazione dei componenti. La cellula mantiene una concentrazione di soluti all’interno del citosol diversa da quella del fluido extracellulare e del fluido interno agli organelli. Esiste un leggero deficit di ioni positivi sul lato interno della membrana e un eccesso sul lato esterno. Questa differenza di carica tra i 2 lati della membrana viene chiamato potenziale di riposo o di membrana. Diffusione facilitata I soluti che sono troppo polari o con carica elevata sfruttano il processo passivo della diffusione facilitata che prevede che una proteina integrale assista la molecola nel passaggio. Può essere facilitata da canale (canali ionici: per ioni come K+ , Na+ , Ca++) o da vettore (trasportatori: glucosio, fruttosio, galattosio). Avviene sempre secondo il gradiente di concentrazione. Diversi tipi di canali ionici: I canali ionici sono proteine integrali di membrana che circondano un poro acquoso, l’apertura e la chiusura dei canali è mediata da vari fattori. 1. Canali a controllo di voltaggio: vengono aperti quando il potenziale elettrico della membrana viene variato e in particolare si raggiungono determinati valori soglia, quindi questi canali si aprono in particolare quando si ha un aumento del potenziale di membrana, ad es. da un valore di –70 arriva ad un valore soglia di –50 mV si ha un aumento del potenziale elettrico. 2. Canali a controllo di ligando: l’apertura è mediata dal legame con una specifica sostanza (ormone, fattore di crescita, neurotrasmettitore). 3. Canal a controllo meccanico: in seguito ad uno stiramento meccanico della membrana Proteine vettrici o TRASPORTATORI La diffusione (o trasporto facilitato) mediata da proteine vettrici comporta il cambiamento di conformazione del trasportatore che espone il sito di legame per il ligando alternativamente all’interno o all’esterno della membrana (in effetti il trasportatore per sue proprietà intrinseche oscilla da una conformazione all’altra, da alcuni autori chiamate conformazioni “ping” e “pong”). Cinetica della diffusione facilitata La cinetica dei trasportatori è del tipo a saturazione. Una volta saturati i siti di ingresso delle varie molecole di trasportatore presenti nella membrana, la velocità di diffusione diventa costante (Vmax). A differenza dei canali ionici, dove possono passare milioni di molecole di soluto per secondo, i trasportatori consentono il passaggio da cento a mille molecole di soluto al secondo. Osmosi In due soluzioni a differente concentrazione ionica (C1>C2) separati da una membrana semipermeabile si osserva la diffusione del solvente (acqua) verso il compartimento a maggiore concentrazione di soluti. Tale fenomeno è denominato osmosi; la pressione all’origine del fenomeno, è la Pressione osmotica (π). Risposta delle cellule alle variazioni di osmolarità La pressione osmotica aumenta a mano a mano che aumenta la concentrazione di soluti non permeabili (non in grado di attraversare la membrana). Soluzione ipotonica: la cellula in una soluzione ipotonica (soluzione dei soluti minore di quella del citoplasma) si rigonfia a causa dell’ingresso di acqua per osmosi. Soluzione isotonica: la cellula in una soluzione isotonica (soluzione dei soluti uguale a quella del citoplasma) mantiene la sua forma, perché il flusso di acqua che entra è uguale a quello che esce. Soluzione ipertonica: la cellula messa in soluzione ipertonica (soluzione dei soluti maggiore di quella del citoplasma) si contrae per la perdita di acqua per osmosi. Trasporto di acqua→Il trasporto attivo del soluto aumenta la sua concentrazione nel liquido interstiziale, conseguentemente il trasporto attivo del soluto crea un gradiente di pressione osmotica che favorisce un flusso passivo di acqua dal lume all’interstizio Diffusione dell’acqua mediante acquaporine Molte cellule, e particolarmente quelle del tubulo renale, sono più permeabili all’acqua di quanto atteso dalla semplice diffusione attraverso il doppio strato fosfolipidico. Il maggiore flusso dell’acqua (diffusione facilitata) avviene grazie a piccole proteine integrali di membrana, denominate acquaporine. Tali proteine formano nella membrana dei canali che permettono il selettivo passaggio passivo di milioni di molecole di acqua/secondo in direzione del flusso osmotico. Trasporto attivo (= con spesa energetica) (contro gradiente di concentrazione) Trasporto di molecole attraverso le membrane cellulari. La membrana cellulare non è semplicemente semipermeabile, ma grazie a proteine di membrana lascia passare sia ioni e altre molecole quali, zuccheri, aminoacidi, nucleotidi, tramite un processo denominato trasporto, sia molecole molto più grandi, quali ad esempio proteine, o batteri secondo meccanismi, denominati esocitosi e endocitosi => (vedere organelli). Nel trasporto attivo il trasportatore utilizza l’energia dell’idrolisi dell’ATP per trasferire (pompare) contro gradiente un dato soluto, generalmente uno ione, da un compartimento all’altro. Per tale motivo tali proteine sono chiamate pompe ioniche. Ciascuna pompa è specifica per un determinato ione, ad esempio per lo ione H+ (pompa protonica), Ca++ (pompa a calcio). Le pompe (permeasi attive o ATPasi) sono ATP-dipendenti, perché l’energia viene fornita dall’idrolisi dell’ATP o di altri composti fosfati. Adenosina Trifosfato (ATP): formata da una molecola di Adenina e una base azotata legata ad uno zucchero a 5 atomi di carbonio (ribosio) cui sono legati a loro volta tre gruppi fosfato. In presenza di acqua si forma Adenosina Difosfato (ADP) e un fosfato inorganico (Pi ) libero che si stacca dall’ATP con conseguente liberazione di energia (L’ATP non essendo una sostanza stabile quando idrolizzata ad ADP diventa più stabile perché abbiamo tolto alla struttura delle cariche negative). Pompa sodio/potassio Schema del ciclo di trasporto della pompa Na+ /K+ ATP dipendente Tre ioni Na+ si legano alla pompa all’interno della membrana. Il legame con Na+ attiva una ATPasi che trasferisce un gruppo fosfato (P) alla proteina. Il P aggiunto determina una modificazione conformazionale della proteina, che da una parte provoca la perdita di affinità agli ioni Na+ , che vengono espulsi all’esterno, dall’altra fa acquisire il sito di legame per due ioni K+ che si legano all’esterno della membrana. Il Legame con K+ attiva una fosfatasi che elimina il P; ciò da una parte fa perdere l’affinità per K+ , che vengono portati all’interno del citoplasma, dall’altra fa acquisire alla proteina i siti di legame agli ioni Na+. Il bilancio netto della pompa Na+ /K+ è di 3 ioni Na+ espulsi e 2 ioni K+ importati nel citoplasma. Tuttavia la pompa Na+ /K+ ATP dipendente, sebbene elettrogenica (esporta 3 cariche + e ne importa due), non è all’origine del potenziale di membrana. Uniporto e trasporto accoppiato La pompa Na+ /K+ ATP dipendente è un esempio di trasporto accoppiato o cotrasporto e media il trasporto di due specie ioniche, il Na+ e il K+ che si muovono in direzione opposta: tale tipo di cotrasporto è denominato antiporto; Quando più molecole vengono trasferiti nella stessa direzione il cotrasporto è detto simporto. Il trasporto di una sola molecola per volta è denominato uniporto. Trasporto attivo primario e secondario Nelle membrane spesso ad un trasporto attivo definito primario di una molecola, rappresentato dalla pompa Na+ /K+ ATP dipendente è accoppiato il trasporto attivo detto secondario di un'altra molecola, ad es. il glucosio. Il gradiente concentrazione di Na+ , che è sostenuto dalla pompa Na+ /K+ , permette il trasporto contro gradiente del glucosio attraverso il cotrasportatore Na+ /glucosio. Il glucosio dal citoplasma può, per diffusione facilitata, passare nella matrice extracellulare e quindi in circolo nel sangue. I cotrasportatori sodio-glucosio (SGLT) sfruttano l’energia immagazzinata dal gradiente elettrochimico del Na+. Queste proteine, situate principalmente nelle membrane delle cellule intestinali o renali, aiutano nell’assorbimento del glucosio dal lume di questi organi nel flusso sanguigno. Per funzionare, sia una molecola extracellulare di glucosio che due di Na+ devono legarsi allo SGLT. Mentre il Na migra in una cellula attraverso il trasportatore, viaggiando secondo il suo gradiente elettrochimico, espelle l’energia che la proteina utilizza per spostare il glucosio all’interno di una cellula, contro il suo gradiente chimico, dal momento che questo zucchero tende ad essere ad una maggiore concentrazione all’interno di una cellula. Carboidrati e membrane Carboidrati: Sono legati solo dal lato non citosolico. Glicoproteine proteine di membrana a cui sono legati zuccheri Proteoglicani Proteine di membrana legate ad una o più catene di polisaccaridi Glicolipidi Oligosaccaridi legati a lipidi Glicocalice: protegge la superficie cellulare dal danno del meccanismo Citoplasma E’ un componente liquido non strutturato Il citosol è circa il 50% del volume cellulare Contiene tutte le sostanze necessarie al metabolismo cellulare Contiene numerosi enzimi Citoscheletro Il citoscheletro è il sistema di supporto della cellula (forma cellulare e posizionamento degli organuli e delle glicoproteine di superficie) e svolge anche funzioni di movimento per l’intera cellula e per gli organuli. Tra le strutture peculiari di derivazione citoscheletrica possiamo elencare i centrioli, le fibre del fuso mitotico, le ciglia ed i flagelli. Microtubuli Servono a determinare i cambiamenti di forma ed a permettere il movimento delle vescicole. Sono costituiti da dimeri di α e β tubulina, organizzati a formare dei tubuli del diametro di 25 nm. Nel microtubulo si riconosce una porzione iniziale ed una terminale, che subiscono una continua attività di polimerizzazione e di depolimerizzazione. Svolgono due funzioni: 1. In alcune cellule formano un rigido scheletro interno 2. In altre fungono da binari lungo i quali le proteine motore possono muovere alcune strutture all’interno della cellula. Essi costituiscono, inoltre, i componenti principali di strutture specializzate nel movimento cellulare (ciglia e flagelli). I microtubuli sono una struttura plastica, che possono crescere ed adeguare la forma cellulare alle necessità ambientali. Per questo, esiste una continua attività di assemblaggio e disassemblaggio dei microtubuli. I microtubuli non possono formarsi dal nulla, necessitano del centro organizzatore dei microtubuli (MTOC). Il centro organizzatore dei microtubuli (MTOC) può essere il: -centrosoma: struttura formata da due centrioli e dal materiale pericentriolare. I centrioli sono siti vicino al nucleo e sono implicati nella formazione del fuso mitotico. -corpo basale: si trova nel citosol, sotto la membrana plasmatica da dove organizza la formazione di ciglia e flagelli I microtubuli formano ciglia e flagelli. Filamenti intermedi Servono per il mantenimento della forma cellulare. Presentano natura chimica specifica per ogni tipo cellulare. Hanno un diametro fra 8 e 10 nm e sono formati dall’avvolgimento di subunità fibrose (α e β). I filamenti intermedi non presentano, come i microtubuli ed i microfilamenti, una polarità di assemblaggio. I filamenti intermedi sono prodotti da circa 60 geni e mutazioni in questi sono legate a gravi malattie. Sono importanti nella composizione della membrana nucleare. Microfilamenti sono la componente contrattile. Sono costituiti da monomeri di G-actina assemblati a formare fibre di F-actina di diametro di 5 nm in attiva polimerizzazione e depolimerizzazione. Hanno 2 funzioni principali : 1. ancorano il citoscheletro alle proteine di membrana 2. contribuiscono al movimento della cellula intera o di parti di essa. I microfilamenti sono coinvolti in vari movimenti cellulari (formazione di pseudopodi) I microfilamenti sono implicati nella divisione cellulare, dove la contrazione di un anello di actina associata alla miosina causa la costrizione della cellula per dare origine a due cellule figlie. I microfilamenti formano i microvilli Sono delle estroflessioni digitiformi della membrana plasmatica sorrette da una serie compatta di filamenti paralleli di actina che si osservano nella porzione apicale delle cellule dell’intestino. Hanno il ruolo di aumentare la superficie di assorbimento e mediante coordinati movimenti di flessioni rinnovano il liquido extracellulare da assorbire. Giunzioni cellulari La tight junction è costituita da una cintura che collega apicalmente le membrane plasmatiche delle cellule. Le tight junctions sono costituite da creste continue di proteine idrofobiche giunzionali transmembrana, le quali si interconnettono nello spazio intercellulare a formare uno strato impermeabile. Funzioni: Aiutano a mantenere la polarità cellulare Collocate di norma sotto la superficie apicale Formano una barriera per sigillare le cavità del corpo(intestino, stomaco, etc.) Le membrane di due cellule contigue sono «saldate» da domini extracellulari di specifiche proteine transmembrana: la claudina, l’occludina, la proteina JAM. Tight junctions - Delimitazione del comparto luminale e ad-luminale Sono localizzate generalmente all'apice di cellule polarizzate come quelle dell'epitelio intestinale e impediscono alle molecole presenti, ad esempio, nel lume dell'intestino di valicare l’epitelio. Le giunzioni tight impediscono anche la diffusione laterale delle proteine, operandone il loro confinamento (funzionale) nella porzione apicale o in quella latero-basale delle membrane. Vie di permeazione di una sostanza attraverso in un epitelio 1. Vie di permeazione paracellulare: attraverso gli interstizi tra le cellule lasciati liberi dalle giunzioni intercellulari. 2. Vie di permeazione transcellulare: attraverso il corpo delle cellule. Vie di permeazione paracellulare -Non comporta attraversamento di membrana. -Dipende dal grado di apertura della via paracellulare che di per se è sprovvista di specificità. -Non avviene in modo direzionato, in quanto attraverso gli interstizi tra le cellule il passaggio può avvenire sia in un senso che nell’altro. -Costituisce una via di fuga per le sostanze trasportate contro gradiente per via transcellulare, che in tal modo possono ritornare secondo gradiente dal lato da cui provengono. -Avviene per movimento diffusionale passivo di ioni e acqua. La pervietà della via paracellulare dipende dalla tenuta del complesso giunzionale, in relazione a ciò si distinguono: -Epiteli leaky: la via paracellulare è ampia e facilmente percorribile da ioni. Questi epiteli presentano piccole differenze di potenziale transepiteliale e bassa resistenza elettrica. -Epiteli tight: la via paracellulare è impervia o ristretta. Questi epiteli presentano elevate differenze di potenziale transepiteliale e bassa resistenza elettrica. La differenza tra epiteli leaky o tight sta nel numero di file di proteine intrinseche sovrapposte delle membrane delle due cellule contigue e nel numero di ramificazioni delle giunzioni tight. Giunzioni cellula-cellula Giunzioni ancoranti a fascia o zonula adherens o giunzione aderente La zonula adherens è un sistema di giunzioni cellula-cellula calcio-dipendente. Sono localizzate subito sotto le tight junctions. Al microscopio elettronico appaiono come zone elettrondense, localizzate a ridosso della membrana delle cellule che risultano separate da un ristretto spazio intercellulare (circa 10 nm), più ampio delle tight junctions. Proteine delle zonula adherens: le proteine transmembrana coinvolte nelle giunzioni ancoranti a fascia sono le caderine – desmogleina e desmocollina – che si interconnettono nello spazio extracellulare. Le caderine nel versante citoplasmatico legano i microfilamenti actinici tramite proteine della famiglia delle catenine. La funzione delle giunzioni ancoranti a fascia non è ancora ben definita; nella crescita cellulare sono coinvolte nel fenomeno dell’inibizione da contatto; sono anche coinvolte nella regolazione dell’apoptosi. Desmosomi I desmosomi sono giunzioni cellula - cellula, calcio dipendenti, localizzati a macchia di leopardo sulla membrana cellulare. I desmosomi conferiscono alta resistenza alla trazione. Sono particolarmente abbondanti nei tessuti sottoposti a stress meccanici. Struttura dei Desmosomi: al microscopio elettronico i desmosomi appaiono come placche elettrondense addossate alla membrana delle cellule, le quali risultano cellule separate da un ristretto spazio intercellulare (circa 15 nm). Nel citoplasma sulle placche di adesione convergono numerosi filamenti intermedi (solitamente di cheratina). Proteine dei Desmosomi: le proteine transmembrana dei desmosomi appartengono alla famiglia delle caderine – desmogleina e desmocollina, sono le stesse delle zonula adherens – che si interconnettono nello spazio extracellulare. Le caderine nel versante citoplasmatico legano i filamenti intermedi tramite le proteine della placca di adesione (tra cui la desmoplachina e la placoglobina). Confronto tra desmosoma e giunzione aderente a fascia Le differenze più rilevanti tra i desmosomi e le zonula adherens riguardano gli elementi del citoscheletro a cui sono collegate le proteine transmembrana caderine: i microfilamenti nelle zonula adherens; i filamenti intermedi nei desmosomi. Sono anche differenti le proteine di collegamento – proteine della famiglia delle catenine nelle zonula adherens; nei desmosomi invece desmoplachina, placofillina e placoglobina. Inoltre, le proteine transmembrana sono membri differenti della famiglia delle caderine. Emidesmosomi Gli emidesmosomi come i desmosomi conferiscono alta resistenza alla trazione, ancorando le cellule alla matrice extracellulare. Sono particolarmente abbondanti nei tessuti sottoposti a stress meccanici, sono giunzioni calcio dipendenti e localizzati a macchia di leopardo. Si differenziano dai desmosomi in primo luogo per essere giunzioni del tipo cellula - matrice, ancorano le cellule alla lamina basale (una componente della matrice extracellulare di cui si discuterà in dettaglio nei tessuti connettivi). Struttura degli emidesmosomi: Al microscopio elettronico gli emidesmosomi appaiono come metà desmosomi. La placca di adesione è presente solo nel versante citoplasmatico. Sulla placca convergono i filamenti intermedi di cheratina. Tuttavia, rispetto ai desmosomi, negli emidesmosomi sono coinvolte proteine differenti. Le proteine transmembrana sono le integrine, le quali si connettono alle fibre collagene delle lamina basale della matrice extracelulare tramite proteineponte tra cui la fibronectina e la laminina. Nel versante citoplasmatico le integrine sono legate alla placca di adesione, costituite da proteine (tra cui la plectina) differenti da quelle della placca di adesione dei desmosomi. Le proteine della placca a loro volta si legano ai filamenti intermedi. Contatti focali L’adesione cellula - matrice oltre che con emidesmosomi può avvenire anche con altri sistemi tra cui i Contatti Focali. I contatti focali sono giunzioni non ancoranti, calcio dipendenti che legano la membrana plasmatica delle cellule alla matrice extracellulare. I contatti focali sono importanti nel movimento cellulare, nelle proliferazioni cellulari e nel differenziamento. L’adesione cellula/matrice attiva vie di segnale all’interno della cellula indispensabili per la sua sopravvivenza. Le proteine transmembrana coinvolte nei contatti focali sono le integrine, che nel versante extracellulare, tramite soprattutto la fibronectina, legano le fibre collagene. Nel versante citoplasmatico le integrine legano i microfilamenti di actina tramite proteine ancellari tra cui l’alfa-actinina, la talina, la vinculina. Confronto tra emidesmosomi e contatti focali Entrambi i tipi di giunzione coinvolgono le integrine quali proteine transmembrana. Le integrine sono connesse alla matrice extracellulare tramite fibronectina e laminina. Differiscono per gli elementi citoscheletrici citoplasmatici a cui le integrine sono collegate: i microfilamenti nei contatti focali; i filamenti intermedi negli emidesmosomi. Gap junctions o giunzioni comunicanti Le gap junctions accoppiano elettrochimicamente le cellule adiacenti. Al microscopio elettronico appaiono come tratti in cui la membrana plasmatica delle cellule adiacenti sono a stretto contatto unite da ponti proteici. Lo spazio extracellulare è di circa 2 nm. In immagini trasversali da criofratture, le gap junctions appaiono pervie e strettamente addossate tra loro sono costituite da canali di circa 1.5-2.0nm che consentono il passaggio di ioni e molecole fino ad un peso molecolare di circa 2000 daltons. Ciascuna membrana delle cellule adiacenti contiene un emicanale (connessione) costituito da 6 proteine, le connessine. Il connessone si giustappone con il connessone presente sulla membrana della cellula adiacente. Il canale è regolato (l’apertura è a controllo di voltaggio; si chiude in presenza di alte concentrazione di calcio o a pH acido). La gap junctions interagiscono nel lato citoplasmatico con i filamenti di actina e con i microtubuli attraverso particolari proteine ponte. Organelli cellulari Mitocondri Centrale energetica della cellula Contiene un corredo enzimatico per la conversione dell’energia dalla degradazione del glucosio in ATP I mitocondri sono composti per lo più da proteine, lipidi e acidi nucleici Sono generalmente sferici o ovoidali, ma possono cambiare forma Presenza di DNA: mtDNA→L’associazione di una alta mutazione e del passaggio di materiale genico mitocondriale solo per linea materna con bassissima ricombinazione, rende il mtDNA un potente strumento per tracciare la matrilinearità ed è stato usato per studiare molte specie fino a generazioni di centinaia di anni addietro. Tutto il DNA mitocondriale di un nuovo individuo deriva quindi dalla cellula uovo: per questo motivo, nel caso del genoma mitocondriale si parla di eredità matrilineare. Questa caratteristica è utilizzata dai genetisti per capire, per esempio, se due persone sono imparentate attraverso la linea femminile oppure per seguire la trasmissione di malattie a carico dei mitocondri. Molti mitocondri si trovano in cellule che necessitano piu’ energia: Hanno motilità (spermatozoo) Si contraggono (c. muscolari) Intenso lavoro metabolico (fegato) I mitocondri sono presenti in tutte le cellule eucariotiche, ad eccezione dei globuli rossi dei mammiferi e delle piastrine. Costituiscono la maggiore fonte dell’energia intracellulare. Dimensioni: 1 - 6 μm x 0.2-1 μm Il numero dei mitocondri/cellula varia da 1.000 a 2.000, fino a 30.000 negli ovociti. I mitocondri sono organelli dinamici, dotati di rapidi movimenti. Si muovono lungo piste microtubulari. Origine evolutiva dei mitocondri La teoria più accreditata sull’origine evolutiva dei mitocondri è quella nota come "ipotesi endosimbionte", che è basata sulle somiglianze dei mitocondri con le cellule batteriche. L’ipotesi prevede che i mitocondri deriverebbero da una simbiosi di un batterio aerobio con una primitiva cellula eucariotica anaerobia. Parte del genoma batterico sarebbe stato successivamente trasferito nel genoma nucleare. I mitocondri si dividono per scissione. Le membrane del mitocondrio Le due membrane mitocondriali presentano differenti proprietà a causa della loro diversa composizione. La membrana esterna è composta per il 50% di lipidi e per il resto presenta svariati enzimi dalle molteplici attività tra cui: l'ossidazione dell'adrenalina, l'allungamento degli acidi grassi e la degradazione del triptofano. Essa, inoltre, contiene porine: canali proteici transmembrana, non selettivi. Ciò fa sì che la membrana esterna sia assai permeabile e permetta il passaggio di molecole di massa fino a 5000 Da. La matrice mitocondriale ha consistenza gelatinosa a causa della concentrazione elevata di proteine idrosolubili (circa 500 mg/ml). Essa contiene, infatti, numerosi enzimi, ribosomi 70 S (più piccoli di quelli presenti nel resto della cellula) e molecole di DNA circolare a doppio filamento. Nella matrice sono presenti gli enzimi del Ciclo di Krebs che riducono il piruvato in AcetilCoA che viene poi avviato alla ossido-riduzione sulle creste mitocondriali. Il genoma mitocondriale possiede 37 geni codificanti per 2 RNA ribosomiali (rRNA), 22 RNA di trasporto (tRNA) e 13 proteine che fanno parte dei complessi enzimatici deputati alla fosforilazione ossidativa. È da notare, comunque, che il numero di geni presenti sul DNA mitocondriale è variabile a seconda delle specie. Il resto delle proteine presenti nel mitocondrio sono trasportate attraverso il citoplasma e derivano da geni nucleari. La membrana interna ha un maggior contenuto di proteine enzimatiche (70%) citocromo, ferredossina, e forma delle estese estroflessioni. Queste proteine costituiscono gli enzimi della catena respiratoria, in grado di operare reazioni di ossido riduzione di un substrato organico e di ridurlo in CO2 e H2O con consumo di O2. L’energia ricavata dalla demolizione del piruvato è convertita in ATP (ATP sintasi) nel processo che viene definito fosforilazione ossidativa. Sono presenti i complessi della fosforilazione ossidativa che comprende: i complessi della catena di trasporto degli elettroni: – complesso I (NADH-CoQ reduttasi); – complesso II (Succinato-CoQ reduttasi); – complesso III (CoQH2-citocromo c reduttasi); – complesso IV (citocromo c ossidasi). Configurazioni A seconda dell'attività del mitocondrio si assiste ad una regressione o meno delle creste mitocondriali. Quando il mitocondrio è in piena attività, per non essere d'intralcio ai processi di chemiosmosi, le creste mitocondriali si ritirano facendo assumere al mitocondrio la posizione denominata "posizione condensata del mitocondrio", quando l'organulo è a riposo le creste mitocondriali si ramificano conferendo la "forma ortodossa del mitocondrio". Funzioni Il mitocondrio è in grado di svolgere molteplici funzioni. La più importante tra esse consiste nell'estrarre energia dai substrati organici che gli arrivano per produrre adenosintrifosfato (ATP). Gli altri processi in cui il mitocondrio interviene sono: l'apoptosi regolazione del ciclo cellulare, regolazione dello stato redox della cellula, sintesi dell'eme, sintesi del colesterolo, produzione di calore. 1. glicolisi (avviene nel citoplasma) – demolizione del glucosio (C6) in due molecole di piruvato (C3) – Produzione di due molecole di ATP; 2. formazione dell’acetil coenzima A (avviene nella matrice): traslocazione del piruvato (C3) nella matrice e sua ossidazione in acetato (C2) e coniugazione con il Coenzima A a formare l’acetil-CoA; 3. Ciclo di Krebs (avviene nella matrice): l’acetil-CoA è ossidato a CO2 – produzione di (NADH e FADH2) - Produzione di due molecole di ATP; 4. Catena di trasporto degli elettroni e fosforilazione ossidativa (avviene sulle creste): trasferimento degli elettroni dal NADH e dal FADH2; creazione del gradiente protonico e sua utilizzazione da parte delle FoF1 (ATPsintetasi) per produrre ATP – Produzione di 32 molecole di ATP. Ribosomi Furono descritti da Palade nel 1953, sono piccoli organelli composti da rRNA e da circa 80 proteine. L’rRNA è sintetizzato nel nucleolo e le unità ribosomali sono assemblate qui, sono gli organelli coinvolti nella sintesi proteica, appiono associati in catene di 5 -20 elementi, denominati POLISOMI, dove avviene la traduzione degli mRNA, ovvero la sintesi proteica.. Alcuni sono liberi nel citoplasma e altri sono associati sulla membrana del reticolo endoplasmatico, sono organuli semiautonomi e si dividono indipendentemente dalla cellula è una struttura costituita da due subunità (80 S) e presente in tutte le cellule nel citoplasma; partecipa alla costruzione dei polipeptidi tramite la sintesi proteica. Presenta nella subunità piccola (40 S) il sito di legame per l'mRNA e nella subunità grande (50 S) i siti per i tRNA. S = Svedberg Coefficiente di sedimentazione Reticolo endoplasmatico Membrane unite tra loro, c’è ne sono due tipi: -Ruvido con ribosomi prevalente in cellule ad attiva sintesi proteica -Liscio senza ribosomi sede di sintesi ormoni steroidei e importante nella liberazione e cattura dei Ca++ nel muscolo Funzioni: RE ruvido la principale è la segregazione delle proteine destinate ad essere secrete o per uso intracellulare→ Modificazione delle proteine con l’aggiunta di carboidrati (glicosilazione) e sintesi di fosfolipidi RE liscio necessario alla sintesi degli ormoni steroidei, al metabolismo e detossificazione di sostanze nel fegato, accumulo di Ca++. Smistamento proteine: importazione co-traduzionale Nel caso che il peptide nascente presenti una particolare sequenza di amminoacidi, detta peptide segnale, la sintesi proteica è momentaneamente bloccata per continuare dopo la smistamento dei polisomi sulla membrana del Reticolo Endoplasmatico (RE). Le proteine sintetizzate entrano lume del RE, da qui passano nell’apparato di Golgi, per essere poi inviate: alla membrana plasmatica; a vescicole di secrezione; ai lisosomi. Lo smistamento delle proteine al RE avviene durante la traduzione ed è, pertanto, detta: importazione co-traduzionale. Smistamento proteine: importazione post-traduzionale Nel caso che sui polisomi il peptide nascente non presenti il peptide segnale, la sintesi proteica viene completata nel citoplasma stesso e le proteine sintetizzate in dipendenza di specifici segnali possono: restare nel citoplasma; oppure essere trasferite: nel nucleo; nei mitocondri; nei plastidi; nei perossisomi. Il trasferimento delle proteine in tali comparti avviene dopo la traduzione ed è pertanto detta: importazione post traduzionale. Sequenze segnale Lo smistamento delle proteine ai comparti cellulari dipende da specifiche sequenze di amminoacidi presenti sulla proteina stessa. Tali sequenze sono dette sequenze segnale. Pertanto, il destino della proteina è noto già al momento della trascrizione del gene corrispondente. Apparato di Golgi Scoperto alla fine dell’800 da Camillo Golgi in cellule nervose impregnate con acido osmico. Formato da un sistema di membrane impilate 1-3µm di diametro; 100 per cellula Concentra e “impacchetta” le proteine che presentano un flusso preciso di ingresso e di uscita dalla faccia cis a quella trans delle membrane del Golgi. Compartimentalizzazione degli enzimi coinvolti nella modifica di proteine provenienti dal RER. L’apparato del Golgi è costituito da una serie di cisterne (pile golgiane o, nelle cellule vegetali, dittiosomi) ciascuna contenente un distintivo set di enzimi, in maggioranza glicosidasi. Le cisterne sono allargate in periferia, impilate l’una sull’altra e non intercomunicanti tra loro. Nelle pile golgiane si distinguono: -faccia CIS o prossimale – contigua al Reticolo endoplasmatico, da cui riceve le microvescicole, le quali si fondono tra loro a costituire una rete di vescicole interconnesse detta CIS Golgi Network (CGN). -cisterne mediane - Le cisterne interposte tra le CIS e TRANS. -faccia TRANS o distale – lontana dal reticolo endoplasmatico – Dalla cisterna si staccano vescicole,interconnesse tra loro a costituire il Trans Golgi Network (TGN), da cui si staccano vescicole che diventano lisosomi, oppure vescicole di secrezione, o che si fondono con la membrana plasmatica. Le proteine sintetizzate sul RER vengono trasportate in forma di vescicole sulle membrane del Golgi con le quali si fondono e il loro contenuto viene ulteriormente modificato (concentrato) prima di essere trasferite alla loro destinazione finale. Le modifiche apportate sono essenzialmente di 4 tipi: Glicosilazione: aggiunta di zuccheri Deglicosilazione: rimozione di zuccheri Solfatazione: aggiunta di gruppi solfato (SO42-) Fosforilazione: aggiunta di gruppi fosfato cioè contenenti atomi di fosforo Traffico vescicolare-progressione vescicole L’apparato del Golgi riceve, elabora e smista ad altri compartimenti il materiale (le glicoproteine) che riceve dal reticolo endoplasmatico tramite micro vescicole di trasporto. Nel Golgi l’elaborazione del materiale può avvenire secondo due modalità: -progressione delle vescicole -progressione delle cisterne Secondo il modello della progressione delle vescicole il materiale, elaborato in un cisterna, viene incluso in microvescicole di trasporto che gemmano lateralmente dai margini della cisterna per fondersi con la membrana della cisterna immediatamente successiva. Il processo continua fino alla cisterna TRANS. Dal TRANS si staccano vescicole che possono costituire i lisosomi primari (1) oppure fondersi con la membrana plasmatica (2) o anche formare le vescicole di secrezione (3). Nel modello della progressione delle vescicole si ha il movimento delle vescicole in direzione Cis-Trans. Tale movimento costituisce il “flusso vescicolare anterogrado”. Traffico vescicolare - progressione delle cisterne Il modello della progressione delle cisterne, valido soprattutto per le proteine di notevole dimensioni (quali ad esempio la cellulosa, la lattoalbumina), troppo grandi per essere contenute nelle micovescicole di trasporto, prevede che il materiale permanga nelle cisterne le quali avanzano maturando progressivamente in Cis, Mediana e Trans. Lateralmente, dalle cisterne gemmano delle microvescicole che trasportano nella cisterna precedente gli enzimi caratteristici di quella cisterna. Secondo tale modello le cisterne, progredendo in direzione CIS-TRANS, realizzerebbero il flusso delle cisterne anterogrado, mentre le vescicole, scorrendo nella direzione opposta TRANS-CIS , darebbero origine al flusso vescicolare retrogrado. Riciclo vescicolare R.E. cis Golgi La gemmazione delle vescicole dal Reticolo endoplasmatico è mediato da specifiche proteine di rivestimento le COP-II (COat Proteins type II). Una volta che la vescicola si stacca dal RE le COP-II ritornano al RE. Le vescicole arrivano al CIS-Golgi e scaricano il materiale. Dal CIS vengono riciclate al RE le vescicole (con all’interno proteine residenti nel RE) che presentano sulla membrana una proteina con il segnale di ritenzione al RE. Tale segnale è costituito da 4 a.a. lisina, asparagina, glucina, leucina (K,D,E,L), il cui recettore è presente sulla membrana del RE. La gemmazione di tali vescicole è mediata dalle proteine di rivestimento del tipo COP-I. Apparato del Golgi – Riciclo vescicole RE-CIS Golgi Le proteine COP-II rivestono solo le vescicole che gemmano dal Reticolo Endoplasmatico. Le proteine COP-I , invece, rivestono tutte le vescicole che gemmano dalle cisterne golgiane, sia quelle del flusso vescicolare anterogrado sia quelle del flusso vescicolare retrogrado. Esistono diversi tipi di proteine di rivestimento dedicate al trasporto vescicolare. Indirizzamento e Fusione delle vescicole di trasporto Le vescicole di trasporto presentano sulla membrana un particolare recettore per il materiale da trasportare. A ciascuno recettore è associato dal lato citosolico una specifica proteina v-SNARE (vesicular-SNARE) che ne segnala il compartimento di destinazione. Su tale compartimento è presente una t-SNARE, che interagisce con la v-SNARE. Coppie specifiche di proteine transmembrana v-SNARE e t-SNARE determinano la destinazione delle vescicole. La fusione delle vescicole e lo scarico del materiale nel comparto di destinazione è mediato da specifiche proteine di fusione (Rab e SNAPs). Funzione dell’apparato del Golgi nella maturazione delle proteine Nell'immagine a fianco sono riportate le principali modifiche che in ciascuna cisterna possono essere apportate ai residui oligosaccaridici. In dipendenza delle modifiche apportate ai residui oligosaccaridi le glicoproteine vengono indirizzate ai lisosomi o alle vescicole di secrezione o alla membrana plasmatica. Sistema ubiquitina-proteasoma Responsabile della degradazione delle proteine (danneggiate o regolative) nel citoplasma. L’ ubiquitina, piccola proteina regolatoria, si lega alla proteina bersaglio, modulando la velocità e l’ordine di degradazione Il proteasoma è una particella multi proteica formata da 33 subunità: - Riconosce le proteine ubiquitinate - Denatura le proteine - Idrolizza le proteine Traffico Vescicolare Affinché il trasporto vescicolare sia operato correttamente, è necessario che ogni vescicola di trasporto porti con sé solamente le proteine necessarie al destinatario e si fondi in maniera appropriata con la membrana bersaglio. Questo è il motivo per il quale i diversi tipi di vescicole di trasporto sono caratterizzati da un corredo molecolare specifico. Maturazione e smistamento delle proteine alla membrana plasmatica Il modello proposto per le glicoproteine transmembrana della membrana plasmatica prevede che esse vengano sintetizzate nel RER. Dal RER si staccano le microvescicole con le glicoproteine transmembrana, che poi fondono con il Golgi. Nel transitare attraverso le cisterne gli oligosaccaridi legati alle asparagine vanno incontro a modifiche. Dal TGN si staccano le vescicole con la componente glucidica delle glicoproteine transmembrana che sporgono nel lume delle vescicole. Dopo la fusione delle vescicole con la membrana plasmatica, le glicoproteine diventano proteine integrali della membrana plasmatica, con i residui zuccherini esposti solo nel versante extracellulare. Ciò spiega l’esclusiva distribuzione della componente glucidica delle glicoproteine o dei glicolipidi nel versante extracellulare della membrana plasmatica. Maturazione e smistamento delle proteine alle vescicole di secrezione Il modello proposto per la maturazione e smistamento delle proteine alle vescicole di secrezione prevede che esse siano sintetizzate e traslocate nel lume del RER, dove avviene la glicosilazione delle asparagine. Le glicoproteine poi passano all’apparato del Golgi. Nel transitare attraverso le cisterne, gli oligosaccaridi legati alle asparagine vanno incontro a modifiche. Dal TGN si staccano le vescicole che fondono con la membrana plasmatica e riversano nella matrice extracellulare le glicoproteine in esse contenute. Maturazione e smistamento delle proteine lisosomiali Il modello proposto per la maturazione e smistamento delle proteine lisosomiali prevede che esse siano sintetizzate e traslocate nel lume del RER, dove avviene la glicosilazione delle asparagine. Le glicoproteine poi passano nella cisterna Cis dell’apparato del Golgi. In tale cisterna si ha la fosforilazione dei residui del mannosio (M - 6 -P). Le proteine così marcate, senza subire altre modifiche, arrivano al TGN, dove sono riconosciute dal recettore del M - 6 - P ed incluse in vescicole rivestite da clatrina. Le vescicole successivamente trasportano le proteine lisosomiali ad un endosoma tardivo da cui gemmano le vescicole che riciclano al TGN i recettori del M - 6 - P. Forme di Secrezione Esistono due forme di secrezione: Secrezione Costitutiva; Nella Secrezione Costitutiva le proteine costituenti i prodotti di secrezione vengono immediatamente trasferite all’esterno attraverso le vescicole di secrezione che vanno a fondersi con la membrana plasmatica durante il ciclo di produzione. Secrezione Regolata. Nella Secrezione Regolata le proteine vengono conservate nelle vescicole di secrezione che la cellula può accumulare finché un appropriato stimolo non ne induce la secrezione. TGN centro di smistamento vescicolare La gemmazione delle vescicole dal TGN è mediata da due tipi di proteine di rivestimento: Clatrina che media la gemmazione di vescicole della secrezione regolata o che contengono proteine lisosomiali. Coatomeri che mediano la gemmazione di vescicole della secrezione costitutiva. Secrezione costitutiva e secrezione regolata Le proteine di secrezione vengono immesse in due tipi di vescicole di secrezione: 1. Vescicole rivestite da coatomeri (non da clatrina) che ininterrottamente gemmano dal TGN, fondono con la membrana plasmatica e riversano (Esocitosi) nella matrice extracellulare le glicoproteine contenute nel lume. Tale modalità di esocitosi rappresenta la “secrezione costitutiva” che è generalizzata in tutti i tipi cellulari, ad esempio i fibroblasti (esocitosi costitutiva di fibre collagene, la fibronectina, GAG, etc) plasmacellule (esocitosi costitutiva di immunoglobuline). 2. Vescicole rivestite da clatrina che si staccano dal TGN, si accumulano nel citoplasma e vengono successivamente rilasciate solo in seguito a specifici segnali provenienti dalla matrice extracellulare. Tale modalità di Esocitosi, denominata “secrezione regolata”, è tipica delle cellule ghiandolari endocrine (secrezione regolata di ormoni) e soprattutto delle cellule degli epiteli ghiandolari esocrini (esocitosi di secreti mucosi, sierosi, misti, ect). Da notare che la clatrina media anche la gemmazione delle vescicole contenenti le proteine lisosomiali. Esocitosi L’esocitosi è un tipo di trasporto vescicolare. Le vescicole gemmano dal compartimento trans dell’apparato del Golgi, si fondono con la membrana plasmatica e versano (secrezione) le proteine solubili nella matrice extracellulare. Il processo è Ca++ dipendente ed è mediato dai microfilamenti di actina. Il processo , infatti, è inibito dal veleno actinico, la citocalasina. L'esocitosi può essere: regolata (via della secrezione regolata) o costituiva (via della secrezione costitutiva). Esocitosi - Secrezione costitutiva I meccanismi del processo della secrezione costitutiva non sono ben noti. Le vescicole di secrezione che gemmano dal TGN golgiano sono rivestite da particolari proteine di rivestimento, i coatomeri. Le vescicole gemmano ininterrottamente dal TGN, si fondono con la membrana plasmatica e riversano le glicoproteine in esse contenute nel lume nella matrice extracellulare. Tale modalità di esocitosi è denominata "secrezione costitutiva" ed avviene in tutti i tipi cellulari, ad esempio i fibroblasti (esocitosi costitutiva di fibre collagene,di fibronectina, di GAG, ect). Esocitosi -Secrezione regolata Nella secrezione regolata le vescicole che gemmano dal TGN golgiano sono rivestite da clatrina. Le vescicole si accumulano nel citoplasma, per poi fondersi tra loro. Le vescicole vengono successivamente rilasciate in seguito a specifici segnali provenienti dalla matrice extracellulare. Tale modalità di esocitosi è denominata "secrezione regolata". E’ tipica delle cellule degli epiteli ghiandolari sia endocrini (secrezione regolata di ormoni) sia esocrini (esocitosi di muco, siero, ect). Endocitosi -generalità L’endocitosi è il processo tramite il quale le cellule importano macromolecole o materiale particolato. Il processo avviene tramite invaginazione della membrana plasmatica a formare vescicole che trasportano il materiale dall’esterno all’interno della cellula. L’endocitosi è distinta in: 1.Endocitosi propriamente detta (riguarda l’importo di materiale fluido o di soluti); 2.Fagocitosi (riguarda l’importo di materiale particolato voluminoso, anche intere cellule o microrganismi). Endocitosi propriamente detta L’endocitosi propriamente detta avviene in tutte le cellule; è un processo complesso ed è finemente regolato. In base al meccanismo con in quale si formano le vescicole endocitotiche si distinguono almeno 4 tipi di endocitosi propriamente detta: 1. la macropinocitosi; 2. l’endocitosi mediata da clatrina; 3. l’endocitosi mediata da caveolina; 4. l’endocitosi clatrina e caveolina indipendente (è stata rilevata nei neuroni e cellule neuroendocrine, ma probabilmente è presente in altri tipi cellulari. I meccanismi alla base di tale processo sono poco noti). 1. Macropinocitosi La macropinocitosi avviene in molti tipi cellulari, quali ad esempio i macrofagi. La macropinocitosi inizia con la formazione di estese protrusioni della membrana plasmatica, sostenute da elementi citoscheletrici actinici. Le protrusioni si fondono quindi con la stessa membrana a formare grosse vescicole endocitotiche contenenti materiale extracellulare. 2. Endocitosi mediata da clatrina L’endocitosi mediata da clatrina è il processo tramite il quale le cellule importano nutrienti e molecole regolatorie. Il processo è altamente selettivo e ( 1 ) inizia con il riconoscimento tra le molecole da importare (ligando ) con gli specifici recettori presenti sulla membrana plasmatica ; segue ( 2 ) l’accumulo dei recettori+ligando in punti specifici della specifici della membrana, noti come fossette rivestite da clatrina ; ( 3 , 4 e 5 ) la formazione della vescicola endocitotica rivestita da clatrina è mediata da elementi citoscheletrici actinici ; ( 6 ) appena formata la vescicola perde il rivestimento di clatrina (riciclo della clatrina ) con la formazione di vescicola non rivestita, che si fonderà successivamente con un endosoma a formare l’endosoma precoce. Formazione dell’endosoma precoce e riciclaggio dei recettori La vescicola rivestita poco dopo la sua formazione perde il rivestimento di clatrina e diventa "vescicola non rivestita". La clatrina è riciclata sotto la membrana plasmatica, mentre la vescicola non rivestita si fonde con un endosoma a formare l’endosoma precoce. Gli endosomi sono vescicole che gemmano dal TGN golgiano e si localizzano in prossimità della membrana plasmatica. Il pH nell’endosoma è leggermente acido, circa 6.4, e ciò fa perdere l’affinità tra le molecole di ligando e dei recettori (alcuni autori indicano tale evento come CURL, disaccoppiamento recettore-ligando) I recettori per i nutrienti, quali ad esempio quelli per le LDL e la transferrina (che consentono l’incorporazione, del colesterolo e del Fe++ , rispettivamente) vengono riciclati alla membrana plasmatica. Formazione degli endosomi tardivi e dei lisosomi maturi Con la perdita dei recettori l’endosoma precoce matura in endosoma tardivo, il quale fonde con i lisosomi primari e diventa lisosoma maturo. Qui avviene la degradazione dei ligandi. Il pH si abbassa progressivamente dall’endosoma precoce al lisosoma maturo grazie all’attività di pompe protoniche presenti nella membrana dell'endosoma. Transcitosi La transcitosi è un trasporto vescicolare utilizzato dagli organismi pluricellulari per trasportare selettivamente macromolecole tra due ambienti delimitati da una cellula polarizzata, ad esempio tra la superficie apicale e basolaterale di una cellula dell’epitelio intestinale, oppure il trasporto di macromolecole operato dalle cellule endoteliali dai tessuti al sangue e viceversa. ( ricordare le tight junction!) Il processo della transcitosi ha tappe in comune con l’endocitosi clatrina-mediata. Le vescicole endocitotiche, perso il rivestimento di clatrina, si fondono con particolari endosomi apicali (o basolaterali), gli endosomi di smistamento apicali (o basolaterali), i quali trasferiscono il materiale a endosomi riciclanti basolaterali (o apicali). Questi fondono con la membrana basale o apicale e riversano le macromolecole nel versante opposto basale (o apicale). Formazione di corpi multivescicolari e degradazione dei recettori e ligandi nei lisosomi Una via utilizzata dalle cellule per ridurre l’espressione dei fattori di crescita quali ad esempio quelli insulin-like o quelli EGF (Epitelial Growth Factor) è di operare la loro degradazione nei lisosomi. Nell’endosoma precoce i recettori con il ligando vengono inclusi in vescicole che formano i corpi multivescicolari. I corpi multivescicolari si fondono con i lisosomi primari, che gemmano dal TGN golgiano. Le proteine lisosomiali degradano sia i ligandi (il fattore di crescita) sia i loro recettori. 3. Endocitosi mediata da caveolina Le caveole sono piccole invaginazioni della membrana plasmatica, a forma di fiasca, presenti in molti tipi cellulari ma particolarmente abbondanti nelle cellule endoteliali. Le caveole sono coinvolte nella interiorizzazione di componenti della membrana plasmatica, di ligandi extracellulari, di tossine batteriche. Le caveole si formano in corrispondenza di regioni della membrana plasmatica ricche di colesterolo e sfingolipidi (zattere lipidiche). Le caveole sono rivestite da caveolina una proteina dimerica che lega il colesterolo inserendosi in tal modo nella membrana plasmatica. L’endocitosi è mediata dalla dinamina e da micro filamenti actinici. In figura: A) Superficie interna della membrana plasmatica dopo rapid freeze-deep etching in cui si osservano numerose cavelole (frecce rosse) e una vescicola rivestita da clatrina (freccia verde). Una volta formatesi, le caveole riversano il materiale in esse contenuto nei caveosomi, i quali differiscono dagli endosomi sia per il pH sia per il contenuto enzimatico. Dai caveosomi il materiale endocitato è poi smistato, tramite vescicole di trasporto, o al Golgi o al Reticolo endoplasmatico rugoso, dove viene modificato dagli enzimi in essi contenuti. Via endocitica tipica di cellule endoteliali (vasi sanguigni) Apparato di Golgi e traffico vescicolare Traffico vescicolare Il complesso sistema di membrane all’interno di una cellula (RER, REL, membrana nucleare, membrana citoplasmatica, apparato di Golgi, sistema endosomi/lisosomi) è in continua comunicazione. Questi componenti cellulari si scambiano continuamente vescicole, le quali servono per il trasporto di molecole. Le molecole trasportate possono essere solubili (presenti nel lume della vescicola) o di membrana (incastonate nella membrana delle vescicole stesse). Il complesso processo di spostamento delle vescicole all’interno della cellula è detto traffico vescicolare e coinvolge i seguenti processi: Esocitosi Endocitosi Formazione dei lisosomi Traffico vescicolare del Golgi Spostamento delle vescicole Le vescicole di trasporto (dette cargo) provenienti dal reticolo endoplasmatico e che attraversano il Golgi vengono processate attraverso 2 modalità: Progressione delle vescicole: il materiale, elaborato in una cisterna, viene incluso in microvescicole di trasporto che gemmano lateralmente dai margini della cisterna per fondersi con la cisterna immediatamente successiva. Nella progressione delle vescicole, il movimento avviene in direzione anterograda (da cis a trans). Progressione delle cisterne: in questo caso, il cargo rimane nelle cisterne (e non va nelle vescicole che gemmano lateralmente). Le cisterne, a loro volta, avanzano in direzione Cis-Trans maturando progressivamente. Anche in questo caso c’è una migrazione di vescicole che gemmano lateralmente. Il movimento, però, avviene in senso retrogrado (direzione Trans Cis) e il contenuto delle vescicole non è il cargo ma gli enzimi, i quali, fondendosi con le cisterne a monte, scaricano i propri enzimi nella cisterna e il cargo può essere così modificato. Questo tipo di trasporto viene solitamente utilizzato per le grandi molecole che non possono essere contenute nelle microvescicole di trasporto. Indirizzamento delle vescicole Lo spostamento delle vescicole (dal reticolo endoplasmatico al Golgi, all’interno del Golgi, e dopo il Golgi) avviene grazie a segnali di indirizzamento che indicano alle vescicole qual è la loro destinazione. Questi segnali di indirizzamento possono essere di vario tipo. In particolare: Segnali di superficie: ▪ COP II, una proteina che si trova sulle vescicole che lasciano il reticolo endoplasmatico per raggiungere il reticolo cis del Golgi. ▪ COP I, una proteina che è localizzata sulle vescicole che gemmano lateralmente (sia quelle del flusso anterogrado che retrogrado). ▪ Clatrina, una proteina che circonda la vescicole destinate alla secrezione regolata e/o ai lisosomi. ▪ Coatomeri, complessi proteici che rivestono le vescicole della secrezione costitutiva. ▪ v-SNARE, proteine che rivestono le vescicole che lasciano il reticolo Trans del Golgi. Queste proteine indicano qual è il compartimento di destinazione. Quest’ultimo presenta sulla sua superficie una proteina complementare (tSNARE) che riconosce ed interagisce con la v-SNARE. La coppia vSNARE/t-SNARE è fondamentale, oltre che per il riconoscimento reciproco, anche per il processo di fusione delle vescicole con il compartimento di destinazione Segnali interni alle molecole, di sui i più noti sono: ▪ KDEL e KXXX, una sequenza di 4 amminoacidi (KDEL: K=lisina, D=acido aspartico, E=acido glutammico, L=Leucina. KXXX: K=lisina, X=qualsiasi aminoacido) presente sull’estremità C-terminale di alcune proteine solubili e di membrana (rispettivamente) residenti nel reticolo endoplasmatico. Se queste sfuggono al reticolo endoplasmatico, vengono recuperate grazie a questi segnali che interagiscono col COP-I e ritornano al reticolo endoplasmatico. ▪ Mannosio-6-fosfato, il segnale di indirizzamento per i lisosomi. Le proteine dirette ai lisosomi vengono prodotte nel reticolo endoplasmatico il quale ne aggiunge il mannosio. Poi, nel reticolo CIS del Golgi avviene la fosforilazione e nel reticolo Trans il riconoscimento ed impacchettamento in vescicole da destinare ai lisosomi. Smistamento delle proteine Dopo aver modificato le molecole, il Golgi interviene anche nell’”impacchettarle” e ”indirizzarle” alle diverse destinazioni. L’indirizzamento avviene mediante l’aggiunta di piccole molecole che fungono da segnale. Le possibili destinazioni delle molecole modificate dal Golgi sono: Verso l’esterno della cellula: questo processo è detto anche secrezione e può essere di 2 tipi: 1. Secrezione costitutiva: riguarda tutte le cellule. Le vescicole si staccano dal versante trans e migrano ininterrottamente (cioè, senza accumularsi nel citoplasma) verso la membrana citoplasmatica, fondendosi con essa e liberando (mediante esocitosi) nella matrice extracellulare il contenuto. Queste vescicole sono rivestite da proteine di rivestimento chiamate coatomeri. 2. Secrezione regolata: riguarda solo alcune cellule. Le vescicole si accumulano nel citoplasma e vengono espulse dalla cellula solo in seguito a specifici segnali che ne danno il permesso. Le vescicole “regolate” sono rivestite da clatrina Verso la membrana cellulare. Attraverso le vescicole neoformate, il Golgi invia alla membrana citoplasmatica glicoproteine incastonate nello spessore della membrana delle vescicole, con la componente carboidratica rivolta verso l’interno delle vescicole. Le vescicole si fondono con la membrana e i glucidi della glicoproteina si trovano a sporgere all’esterno, mentre la parte proteica è accolta integralmente nella membrana. Verso gli endosomi Verso i lisosomi. Ai lisosomi vengono inviate dal Golgi le idrolasi acide, in forma inattiva. Verso il reticolo endoplasmatico. Può accadere che alcune proteine modificate nel Golgi non siano totalmente mature, ma che abbiano bisogno di un ulteriore rimaneggiamento. In questo caso, le proteine ritornano al RER per essere modificate ulteriormente. Fagocitosi La fagocitosi è il meccanismo con cui vengono distrutti microrganismi, detriti cellulari e cellule apoptotiche. La fagocitosi rappresenta il meccanismo con cui si nutrono i protozoi. Negli organismi più complessi la fagocitosi è soprattutto un meccanismo di difesa ed è svolto da cellule specializzate quali i macrofagi, i neutrofili e le cellule dentritiche. Gli eventi della fagocitosi iniziano con: il riconoscimento del materiale da interiorizzare da parte di specifici recettori di membrana; la riorganizzazione del citoscheletro di actina e formazione del fagosoma; la fusione del fagosoma dapprima con un endosoma e poi un lisosoma primario; la formazione del fagolisoma dove avviene la digestione del materiale interiorizzato. Autofagia L’autofagia è un meccanismo, evolutivamente conservato, che ha l’importante funzione di eliminare gli organelli superflui o danneggiati (ad esempio mitocondri parte di RER o REL, perossisomi) o proteine enzimatiche e strutturali danneggiate. L’autofagia pertanto ha l’importante ruolo di bilanciare (omeostasi) la biogenesi di nuove strutture cellulari e la loro rimozione. L’autofagia è un processo regolato; è attivato da specifici segnali ormonali o dalla carenza di aminoacidi nella cellula. Nello sviluppo Rimozione mitocondri negli eritrociti Rimozione mitocondri paterni nell’uovo fecondato Il processo autofagico inizia con il: 1.-3. segnale che induce la formazione della membrana di isolamento (una doppia membrana in crescita). 4. la membrana di isolamento avvolge una regione citoplasmatica, formando una vescicola circondata da una doppia membrana, denominata autofagosoma o vacuolo autofagico. l’autofagosoma si fonde con un endosoma, formando l’anfisoma. 5. l’anfisoma si fonde con i lisosomi primari e forma l'auto lisosoma, dove il materiale è degradato Le tre vie di degradazione da parte dei lisosomi I processi della fagocitosi, dell’endocitosi (clatrina-mediata) e dell’autofagia conducono tutte ai lisosomi, con una tappa intermedia, comune ai tre processi, che prevede la fusione con un endosoma tardivo. Lisosomi I lisosomi sono piccole vescicole rotondeggianti (0.2m, delimitati da una membrana a doppio strato lipidico) contenenti enzimi digestivi, capaci cioè di sciogliere numerose sostanze. La parola significa "corpi che disciolgono". Essi si formano nel Golgi. Essi sono presenti solo nelle cellule eucarioti. Gli enzimi idrolitici dei lisosomi sono detti idrolasi acide e comprendono proteasi (che tagliano le proteine), nucleasi (che tagliano gli acidi nucleici), glicosidasi, lipasi ecc. Il set degli enzimi lisosomiali (proteasi, fosfatasi, lipasi, solfatasi, glicosidasi, RNasi e DNasi) può variare a seconda del tipo di cellula e dell’organismo considerato, in tutti i casi, però, è sempre presente la fosfatasi acida, che è quindi l’enzima marcatore dei lisosomi. Le proteine lisosomiali vengono sintetizzati dal RER, che ne opera la glicosilazione a livello delle asparagine. Nella cisterna Cis dell’apparato del Golgi i residui di mannosio delle proteine lisosomiali vengono fosforilati (M6-P). Le proteine lisosomiali così marcate vengono riconosciute nel TGN dal recettore del M-6-P ed incluse in vescicole rivestite da clatrina. Le vescicole che si staccano dal TGN costituiscono i lisosomi primari. Lisosomi primari Vescicole gemmate dal Golgi Lisosomi secondari I primari si fondono con l’endosoma (contenente il materiale da ingerire) fagosoma o auto lisosoma. Appaiono piu’ elettrondensi Enzimi lisosomiali 50 enzimi degradativi differenti Idrosilasi acide – Attive a pH 5 (dentro il lisosoma) – Inattive se rilasciate nel citosol (pH 7.2) pH acido dei lisosomi mantenuto da una pompa protonica nella membrana che richiede ATP Le idrolasi non digeriscono i lisosomi primari per vari motivi, tra cui: ✓pH circa 6,5 (quello ottimale è pH 3- 5) ✓ la scarsità di acqua disponibile ✓ la membrana sul lato non citosolico è resistente all’azione delle idrolasi grazie a specifiche glicoproteine transmembrana che rivestono la sua superficie interna. ✓ il fosforo legato al mannosio inattiva tutte le idrolasi, eccetto la fosfatasi che tuttavia non può agire per la scarsità di acqua e per il pH non ottimale. Quando i lisosomi primari si fondono con gli endosomi tardivi diventano endolisosomi. Quindi, man mano che nuove vescicole apportanti nuovi enzimi si fondono al pre-lisosoma, il suo pH si abbassa attivando infine gli enzimi litici e trasformandosi in vero e proprio lisosoma. Avviene il riciclaggio dei recettori del M-6-P mentre le idrolasi lisosomiali trovano le condizioni ottimali per la loro azione (l’acqua e il pH tra 3 e 5). Perossisomi Nella cellula si trovano altri organuli simili ai lisosomi che ne differiscono per il contenuto enzimatico. I perossisomi contengono le catalasi, enzimi specializzati per effettuare reazioni ossidative, che impiegano l’ossigeno molecolare. Il perossisoma, con il mitocondrio, è il principale sito di utilizzazione dell’ossigeno nella cellula. Grossi perossisomi delle cellule del fegato e del rene sono importanti nel neutralizzare la tossicità di numerose molecole che vengono ossidate (per esempio, quasi la metà dell’alcol che beviamo viene neutralizzata nei perossisomi). Le proteine destinate ai perossisomi sono sintetizzate nei ribosomi liberi e successivamente importate in perossisomi pre‐esistenti sotto forma di catene polipeptidiche complete. L’importazione delle proteine dà origine alla crescita del perossisoma e alla formazione di nuovi perossisomi mediante divisione dei “vecchi”. Nucleo è l’organulo più voluminoso, presenta forme diverse e in alcuni tipi di cellule ve ne sono più d’uno (osteoclasti, fibre muscolari) oppure possono mancare (eritrociti). La membrana nucleare è formata da due membrane concentriche separate da uno spazio di 25nm. Quella esterna può presentare dei ribosomi e continuare con quella del reticolo endoplasmatico rugoso (RER). L’involucro nucleare è interrotto da numerosi complessi del poro formati da un canale centrale acquoso (poro nucleare) e da un anello di proteine e filamenti. I pori mediano il passaggio di proteine nucleari (istoni e regolatrici dei geni) e di mRNA e tRNA. La doppia elica di DNA si avvolge intorno ad un ottamero di istoni (due molecole di H2A, H2B, H3 e H4) per quasi due giri completi. Si forma quindi la struttura a nucleosomi, o collana di perle. Ogni nucleosoma è separato dall’altro da uno spaziatore di DNA, di lunghezza variabile a seconda del tessuto o del tipo cellulare. Un quinto istone, H1, sigilla la struttura legandosi al DNA in entrata e in uscita. Questa fibra si può ulteriormente condensare in un solenoide, con un superavvolgimento dei nucleosomi a formare la cosiddetta fibra di 30 nm, che a sua volta si superavvolge in strutture sempre più complesse e condensate (cromatina e cromosomi). La cromatina (eu-o etero-) è costituita da un complesso tra DNA (40%), RNA (3%) e 2 tipi di proteine: - non istoniche (13%) - istoniche (44%), grazie all’elevata percentuale di aminoacidi carichi positivamente (lisina e arginina) si legano al DNA compattandolo Durante il processo di divisione cellulare (mitosi o meiosi), etero- ed eucromatina si avvolgono su se stesse per formare i cromosomi. Alla fine della divisione cellulare (nucleo interfasico) i cromosomi si despiralizzano per riformare etero- ed eucromatina. L’eterocromatina è costituita da geni inattivi mentre l’eucromatina contiene geni attivi. I cromosomi si rendono evidenti solo durante la mitosi (quando sono condensati). In realtà, essi esistono come entità distinte anche nell’interfase (fase in cui la cellula non si divide). Sono organizzati in territori: ogni cromosoma occupa una regione ben precisa del nucleo. Tale territorio viene conservato anche dopo la mitosi e si trasmette alle cellule figlie. Infine, è importante sottolineare che la struttura della cromatina è dinamica, cioè cambia stato di condensazione ed attività a seconda delle necessità. L’eterocromatina, ovvero la cromatina condensata che può essere facoltativa (ed esprimere i propri geni quando necessario) o costitutiva (ovvero generalmente non codificante). Eucromatina: meno condensata e corrisponde a zone in cui vi è un'intensa attività di trascrizione per la sintesi proteica (ossia di copia delle molecole di DNA in molecole di RNA messaggero, mRNA); Eterocromatina: è la componente più condensata, costituisce circa il 10% del genoma e non sembra presentare attività di trascrizione. Si distinguono due tipi di eterocromatina: l'eterocromatina costitutiva, è stabile e conserva le sue proprietà eterocromatiniche durante tutte le fasi dello sviluppo e in tutti i tessuti, e l'eterocromatina facoltativa, che varia di condizione (rilassata ed espressa/condensata e inattiva) dipende dalla fase dello sviluppo o dal tipo cellulare esaminato. La X inattiva (corpo di Barr) nelle cellule somatiche femminili ne è un esempio. Nucleolo Il nucleolo è l'organulo responsabile della sintesi dell'RNA ribosomiale (rRNA). Si tratta di una struttura fibrosa e granulata presente in una o più copie nel nucleo della maggior parte delle cellule eucariotiche superiori, specialmente quelle che presentano una attiva sintesi proteica (fino ad occupare il 25% del volume nucleare). Al microscopio ottico appare come un granulo rotondeggiante, non delimitato da membrana e circondato da uno strato di cromatina condensata. È costituito da tratti di DNA che codificano per l'RNA ribosomiale, da filamenti di rRNA nascenti e da proteine. Il nucleolo come gli organuli cellulari, è tenuto insieme da una struttura proteica chiamata matrice nucleolare che costituisce una delle tre componenti del nucleoscheletro. La matrice nucleare è una fitta rete proteica costituita principalmente da lamine (proteine che costituiscono la cosiddetta lamina nucleare). Con la colorazione ematossilina-eosina appare basofilo dato che è costituito da rRNA e proteine. Il nucleolo è presente durante le fasi G1, S e G2 e scompare durante la mitosi, momento in cui la cellula interrompe la sintesi proteica e non necessita quindi di ribosomi. Ricompare poi quando la cellula ha completato la divisione cellulare e riprende la sua attività di sintesi. I ribosomi sono associati a proteine acide chiamate Ag-NOR. La quantità di queste proteine dipende dall’attività nucleolare e/o dalla proliferazione cellulare. Nucleoli con un basso livello di sintesi ribosomiale sono caratterizzati da un singolo NOR interfasico, mentre nucleoli di cellule attive presentano un gran numero di piccole interfasiche NOR. Ciclo cellulare Il ciclo cellulare è suddiviso in due fasi fondamentali: la mitosi e l’interfase. Interfase: dura tra le 12 e le 14 ore nelle cellule eucarioti. Durante questo periodo la cellula sintetizza costantemente RNA, produce proteine e cresce in dimensioni. L’interfase a sua volta si divide in 4 steps Gap 0 (G0), Gap 1 (G1), S (synthesis) phase, Gap 2 (G2). Gap (G0): fase in cui la cellula ferma il suo ciclo cellulare. Le cellule nervose e quelle muscolari (striate scheletriche) rimangono in questo stadio per tutta la vita dell'organismo, ma alcune cellule possono rimanere in G0 solo per un determinato periodo. Gap 1 (G1): Le cellule aumentano di dimensioni, producono RNA e sintetizzano proteine. Un importante meccanismo di controllo attivato in questo periodo garantisce che la cellula sia pronta per la sintesi di DNA. S: per produrre due cellule figlie simili, il DNA deve essere duplicato è ciò che avviene nella fase S=sintesi. Gap 2 (G2): durante il gap tra la sintesi di DNA e la mitosi, la cellula continua a crescere e produce nuove proteine. Alla fine di questo step vi è un ulteriore meccanismo di controllo per determinare se la cellula può andare incontro a mitosi. Apoptosi o morte cellulare programmata Il termine apoptosi deriva dalla parola greca ἀπό cioè "da" e da πτῶσις ossia "caduta« ovvero “cadere da”, (che indica la caduta delle foglie e dei petali dei fiori) in riferimento alla liberazione dei corpi apoptotici che vengono rilasciati tipicamente durante questo processo di morte cellulare programmata (PCD). A differenza della necrosi, la cellula partecipa attivamente (il processo richiede energia, in alcuni casi sintesi proteica) a determinare gli eventi che ne producono la morte. E’ un processo controllato geneticamente. Grazie al lavoro pubblicato negli anni ‘80 da J. John Cohen e Rick C. Duke (1984) sappiamo che l'apoptosi è un processo controllato geneticamente. Esperimenti successivi hanno condotto all'identificazione di due classi di geni coinvolti nella regolazione dell'apoptosi: c-myc e p53 famiglia delle bcl-2 Necrosi ✓ Evento accidentale ✓ Passivamente subito dalle cellule ✓ Interessa gruppi di cellule ✓ Dovuto a trauma, veleno, anossia, ecc ✓ La lisi della cellula causa fenomeni di infiammazione e di autoimmunità Apoptosi ✓ Evento programmato ✓ Attivamente realizzato dalle cellule ✓ Interessa c

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