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Kaur/Palladino 15 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 17/11/2020 MONOSACCARIDI Sono anche noti come zuccheri semplici e sono composti da una singola unità monomerica. La prima grossa suddivisione dei monosaccaridi è in funzione del tipo di gruppo carbonile: si...

Kaur/Palladino 15 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 17/11/2020 MONOSACCARIDI Sono anche noti come zuccheri semplici e sono composti da una singola unità monomerica. La prima grossa suddivisione dei monosaccaridi è in funzione del tipo di gruppo carbonile: si dividono in aldosi e chetosi. Gli aldosi sono i monosaccaridi in cui il gruppo carbonile è un gruppo aldeidico. Il gruppo aldeidico è all’inizio della catena carboniosa. Nei chetosi il gruppo carbonile è un gruppo chetonico e la posizione del gruppo chetonico è all’interno della catena. Sono inoltre classificati in funzione del numero di atomi di carbonio presenti nella molecola (o monomero): I monosaccaridi si possono classificare anche in base al numero di carboni presenti nella catena: 3 atomi di C triosi. 4 atomi di C tetrosi 5 atomi di C pentosi 6 atomi di C esosi 7 atomi di C eptosi I due modi descritti per classificare il monosaccaride ovvero in funzione del gruppo carbonilico e in funzione del numero degli atomi di carbonio, si uniscono per definire il monosaccaride con un unico termine. Ad esempio un monosaccaride che ha un gruppo aldeidico (aldoso) e 4 atomi di carbonio (tetroso) viene chiamato ALDOTETROSO. Quindi, si mette la desinenza relativa al gruppo carbonilico seguita dal termine relativo al numero di C. Un monosaccaride che ha il gruppo chetonico e 5 atomi di C si chiama chetopentoso. L’aldosio più semplice è un trioso, ha un gruppo carbonile e due gruppi idrossido, pertanto soddisfa la definizione di monosaccaride, è noto come 2,3-diidrossipropanale o gliceraldeide. Si noti nell’immagine sopra che il gruppo aldeide è all’estremità della catena. 9 Kaur/Palladino 15 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 17/11/2020 Il chetosio più semplice è anch’esso un trioso, noto con il nome diidrossipropaponone o diidrossi acetone. E’ l’unico monosaccaride avente un piano di simmetria: i due gruppi OH sono uguali. Si osservi nella figura sopra che il gruppo carbonile è all’interno della catena. I primi tre della figura sopra sono aldosi perché hanno il gruppo aldeidico all’estremità della catena, l’ultimo è un chetoso perché ha un gruppo carbonilico (che è un chetone) all’interno della catena. In particolare il ribosio e il desossiribosio sono aldopentosi poiché oltre al gruppo aldeidico hanno 5 atomi di C. Il glucosio ha un gruppo aldeidico e sei atomi di carbonio quindi si chiama aldoesoso. Il fruttosio ha un gruppo carbonilico costituito da un chetone posizionato all’interno della catena e possiede inoltre sei atomi di carbonio, viene chiamato chetoesoso. 10 Kaur/Palladino 15 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 17/11/2020 FIGURA 1 L’immagine sopra rappresenta uno schema di tutti i monosaccaridi aldosi. Sono evidenziati con colori diversi i carboni che sono fondamentali per i monosaccaridi. Nel corso di biochimica si porrà particolare attenzione al gruppo in azzurro ovvero il gruppo aldeidico. Si parte dalla D-gliceraldeide che ha tre atomi di carbonio, si passa poi ai due monosaccaridi con 4 atomi di C, per poi passare a quelli con 5 e 6. Si osservi che la struttura dei carboidrati è abbastanza semplice, partendo dal monosaccaride più semplice vengono aggiunti dei C a cui si legano sempre un atomo di idrogeno e un gruppo idrossido. Ad esempio dalla struttura della gliceraldeide per passare da 3 atomi di C a 4 atomi di C, si aggiunge un C a cui sono legati un atomo H e un gruppo idrossido. Per ottenere un aldopentosi si aggiungono due atomi di C, per ottenere gli aldoesosi si aggiungono tre atomi di C. Cambia poi la disposizione tra i componenti idrogeno e gruppo idrossido. 11 Kaur/Palladino 15 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 17/11/2020 FIGURA 2 Si ripete lo stesso ragionamento anche per i chetosi. In azzurro è evidenziato il gruppo carbonile che è un chetone. Vengono raffigurati i chetotetrosi (quattro atomi di C), chetopentosi (5 atomi di C) e chetoesosi (6 atomi di C). Anche in questo caso si parte dalla struttura del chetosio più semplice e per ottenere chetosi con catena più lunga si aggiungono atomi di carbonio a cui sono legati un atomo di idrogeno e un gruppo ossidrile. Per ottenere dei chetoni con 4 atomi di C si aggiunge un C alla struttura più semplice, per ottenere chetoni con 5 atomi di C se ne aggiungono due e così via. PROIEZIONI DI FISCHER Per rappresentare i monosaccaridi si usano le proiezioni di Fischer. Se si ha un carbonio a cui sono legati 4 atomi o gruppi funzionali diversi, si disegna una croce nel cui centro ci sarà l’atomo di carbonio (omesso) e i quattro gruppi/atomi vengono posti alle estremità. 12 Kaur/Palladino 15 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 17/11/2020 In particolare, i gruppi legati orizzontalmente (nella figura W e Z) bisogna vederli come se uscissero dal foglio, rivolti verso il lettore. I gruppi funzionali disposti verticalmente (nella figura X e Y) sono rivolti dalla parte opposta rispetto al lettore, come se fossero sotto il foglio. I gruppi X e Y possono essere anche indicati con delle linee tratteggiate per indicare che sono dalla parte opposta rispetto al lettore. L’ISOMERIA L’isomeria si presenta quando due o più composti chimici, pur avendo la stessa formula molecolare, quindi stessa composizione chimica, hanno differenti formule di struttura. Queste differenti formule di struttura comportano diverse proprietà chimico-fisiche. Vi sono due tipi di isomeria: la isomeria di struttura e la stereoisomeria. L’isomeria di maggiore interesse per i monosaccaridi è la stereoisomeria. Nell’isomeria di struttura di due o più composti, che hanno la stessa formula molecolare, gli atomi sono legati in sequenze diverse. La stereoisomeria, anche detta isomeria ottica, è il fenomeno per il quale atomi o gruppi atomici di due o più composti sono legati tra loro nella stessa sequenza ma hanno una differente posizione spaziale. Ricapitolando, nella isomeria di struttura gli atomi sono legati in sequenze diverse, nella stereoisomeria gli atomi sono legati nella stessa sequenza ma cambia la posizione spaziale degli atomi. Se una molecola ha la stereoisomeria, essa sarà presente in enantiomeri o esomeri ottici, molecole con diversa disposizione spaziale ma una l’immagine speculare dell’altra. Il classico esempio degli isomeri ottici sono le mani, che sono speculari ma non sovrapponibili. Aneddoto su come è stata scoperta l’isomeria ottica: Pasteur, in giovane età, è stato incaricato dal un produttore di vini di occuparsi dell’acido tartarico che è un sotto prodotto del processo di vinificazione, generato dalla reazione tra uva fermentata e lieviti presente nella buccia. L’acido tartarico si deposita sul fondo delle botti. Se si solubilizza l’acido tartarico ottenuto dal processo di vinificazione in acqua, lo si mette in una provetta e si fa passare un fascio di luce, il fascio di luce, quando attraversa la soluzione di acido tartarico, viene deviato. In particolare viene deviato in senso orario. Se si ripeta lo stesso procedimento usando l’acido tartarico commerciale la deviazione non avviene. Pasteur ha deciso di osservare i cristalli di acido tartarico, sia di quello ottenuto naturalmente sia di quello sintetico. Ha osservato che nell’acido naturale tutti i cristalli avevano la stessa direzione, mentre in quello sintetico i cristalli erano girati in entrambe le direzioni. Pasteur ha analizzato l’acido sintetico, ha separato i cristalli girati verso destra da quelli girati verso sinistra, li ha 13 Kaur/Palladino 15 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 17/11/2020 solubilizzati e ha osservato che la soluzione contente i cristalli girati verso destra deviava la luce in un modo, mentre quella contenente i cristalli deviati verso sinistra la deviava nell’altro verso. Sommando i due contribuiti si evince che il fascio non viene deviato. Pasteur ha compreso così la chiralità delle molecole. Le molecole possono essere organizzate parzialmente in un modo o in un altro, è stata la prima dimostrazione della chiralità. Si definisce chirale una molecola con un atomo di carbonio legato a 4 atomi o gruppi funzionali diversi. Sono chiamate molecole chirali perché kheiròs in greco significa mano e la caratteristica delle isomerie ottiche è il fatto di avere immagini speculari non sovrapponibili come le mani. Il fatto di avere disposizioni spaziali diverse nelle molecole chiarali comporta proprietà chimico- fisiche diverse. Ad esempio gli aromi del limone e dell’arancia sono dati da molecole con stessa composizione chimica (limonene), ma chiralità diverse. Il limonene se ha chiralità destrogira fornisce l’aroma del limone, se levogira quello dell’arancia. Un altro esempio della differenza delle proprietà chimico-fisico nelle molecole chiarali, nei due enantiomeri, è il farmaco talidomide. Era stato messo in commercio negli anni cinquanta per contrastare le nausee durante la gravidanza. L’efficacia anti-nausea era data solo da un determinato enantiomero, la molecola con l’altro enantiomero era invece dannosa per il feto. Siccome il farmaco veniva sintetizzato industrialmente, aveva una percentuale con una chiralità corretta quindi effettivamente efficace contro la nausea ma aveva anche un certo numero di molecole con la chiralità opposta dannosa per il feto, che ha portato alla nascita di diversi bambini focomelici. Lo scienziato che riuscì per la prima volta a sintetizzare industrialmente una molecola con solo una certa chiralità è stato Knowles alla fine degli anni ‘60 e ha vinto il premio Nobel nel 2001. Knowles è riuscito a sintetizzare una molecola che è il 3-4-diodrossifenilalanina solo con una determinata chiralità, in particolare con conformazione D. Il farmaco viene chiamato DOPA (dopamina) ed è ancora oggi uno dei farmaci più usati contro il Parkinson. Quindi, nell’isomeria ottica, al carbonio chiarale a cui sono legati 4 atomi o gruppi funzionali diversi, vengono legati due enantiomeri. I due enantiomeri vengono classificati usando il criterio D/L. 14 Kaur/Palladino 15 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 17/11/2020 Si parte da un generico carbonio chirale, la molecola viene disegnata applicando la proiezione di Fischer; in alto si mette il gruppo funzionale più ossidato, in basso il più ridotto. Condizione necessaria per poter usare il criterio D/L per la caratterizzazione degli enantiomeri è che al C sia legato un H. Se il gruppo chiamato X si trova a destra, la configurazione è D, se è a sinistra la configurazione è L. Nel caso dei monosaccaridi si hanno uno o più stereocentri (carboni chirali) a cui è sempre legato un idrogeno, per definire gli enantiomeri dei monosaccaridi si utilizza il criterio di D/L. CHIRALITA’ E PROIEZIONI DI FISCHER I monosaccaridi (ad eccezione del diidrossiacetone) sono molecole chirali che hanno uno o più stereocentri. Lo stereocentro è un atomo di C legato a quattro atomi o gruppi funzionali diversi. Affinché una molecola sia chirale essa dev’essere priva di piani di simmetria. Si è visto precedentemente che l’unico monosaccaride avente piani di simmetria è il chetosio più semplice, il trioso, per tal ragione non è chirale. I monosaccaridi si presentano in forma di due o più enantiomeri e hanno uno o più stereocentri. Per rappresentare i monosaccaridi con le proiezioni di Fischer di deve disporre la catena carboniosa in verticale, al centro della croce si omette la C di carbonio e gli atomi di C vengono numerati dall’alto verso il basso. In alto si mette sempre il gruppo carbonile che è quello più ossidato, in basso si mette il gruppo più ridotto che è sempre il CH2OH. In figura si vede la proiezione di Fischer dei due enantiomeri della gliceraldeide, che è il monosaccaride chirale più semplice, un aldosio formato da tre atomi di C. Se il gruppo ossidrile è a destra, la gliceraldeide è in configurazione D. Se è a sinistra la gliceraldeide è in configurazione L. Il sistema di Fischer si estende ad altri monosaccaridi nel modo seguente: Se lo stereocentro più lontano dal gruppo carbonile (aldeico o chetonico) ha l’ossidrile a destra allora il monosaccaride sarà in configurazione D; Se lo stereocentro più lontano dal gruppo carbonile (aldeico o chetonico) ha l’ossidrile a sinistra allora il monosaccaride sarà in configurazione L. 15 Kaur/Palladino 15 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 17/11/2020 Ricapitolando, si è detto che i monosaccaridi possono avere uno o più stereocentri. E’ necessario in prima istanza individuare lo stereocentro (l’atomo di carbonio a cui sono legati 4 atomi o gruppi funzionali diversi) più lontano dal gruppo carbonile, aldeidico o chetonico. Se l’OH del monosaccaride è a destra, sarà in configurazione D, altrimenti, se il gruppo ossidrile si trova a sinistra. il monosaccaride sarà in configurazione L. Per una molecola che contiene n stereocentri, il numero totale degli isomeri è 2 n, mentre le coppie di enantiomeri sono 2n/2. Si ritorni ad osservare la figura che rappresenta i monosaccaridi/aldosi (FIGURA 1), in azzurro vi era il gruppo aldeidico, mentre il carbonio rappresentato in fucsia è lo stereocentro più lontano dal gruppo carbonilico, che andrà a definire quindi la configurazione D o L. In particolare, nella figura sono rappresentati i monosaccaridi in configurazione D perché l’OH dello stereocentro più lontano dal gruppo carbonilico è a destra. Nel caso di monosaccaridi con 4 atomi di carbonio lo stereocentro più lontano dal gruppo carbonilico è il 3, nel caso di 5 atomi di C è il 4, nel caso di 6 atomi di C è il 5. Osserviamo nuovamente anche la figura rappresentante i monosaccaridi/chetosi (FIGURA 2). Il chetosio più semplice, il diidrossiacetone, non è chirale poiché ha un piano di simmetria. Nel chetosio con quattro atomi di carbonio, lo stereocentro più lontano dal gruppo carbonilico è il carbonio 3, il gruppo ossidrile si trova a destra quindi sarà un monosaccaride in configurazione D. Il chetosio con 5 atomi di C ha lo stereocentro più lontano dal gruppo carbonilico in posizione 4. Nel caso dei chetosi con 6 atomi di C lo stereocentro più lontano dal gruppo carbonilico è il 5. Si noti che nei monosaccaridi chetosi il gruppo carbonilico è sempre in posizione 2 per tal ragione, a parità di atomi di carbonio, i chetosi hanno sempre uno stereocentro in meno rispetto agli aldosi. Ad esempio, se si considerano gli aldosi con 6 atomi di C, questi avranno 4 stereocentri (in posizione 2,3,4,5). Il chetoesoso ha invece 3 stereocentri (in posizione 3,4,5). Riassumendo, tutti i monosaccaridi, eccetto il diidrossiacetone, contengono uno o più atomi di carbonio asimmetrici (chirali) e quindi sono presenti in natura in forme isomeriche otticamente attive (isomero D e isomero L). L’aldosio più semplice, la gliceraldeide, contiene un centro chirale (atomo di C al centro della molecola) e quindi ha due diversi isomeri ottici, detti enantiomeri. Una di queste due formule viene indicata con la lettera D e l’altra con la L. I monosaccaridi che hanno una configurazione analoga a quella della D-gliceraldeide sono isomeri di tipo D, stesso vale per la L-gliceraldeide. In genere una molecola che ha n centri chirali può avere 2n stereoisomeri. 16 Kaur/Palladino 15 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 17/11/2020 DEFINIZIONI Si definiscono epimeri due zuccheri che differiscono nella configurazione solo un atomo di C. Quando di parla di epimeri si considerano monosaccaridi che siano nella stessa configurazione (o D o L). Nella figura sopra i monosaccaridi a sei atomi di carbonio sono tutti in configurazione D. Un esempio di due epimeri sono il D-glucosio e il D-mannosio perché differiscono per la configurazione solo attorno al carbonio 2. Il primo è il gruppo aldeidico che è sempre uguale, i carboni 2,4,5 sono anch’essi uguali, l’unica differenza è nella configurazione del carbonio 2. Si fa presente che non è necessario ai fini di questo corso ricordare a memoria le strutture delle varie molecole. Si deve essere in grado di classificare un monosaccaride una volta vista la sua struttura di Fischer. Oppure dalla classificazione saper scrivere la rispettiva struttura di Fischer. 17 Salino/Marzo 16 Bioingegneria Chimica (Carmagnola) 19/11/2020 Riassunto lez. precedente Si sono introdotte le tre grandi classi di carboidrati: i monosaccaridi, formati da una sola unità monomerica, gli oligosaccaridi, formati di un numero di unità monomeriche che varia dalle 2 alle 15 e i polisaccaridi, formati da più di 5 unità monomeriche. In particolare si sono analizzati più nel dettaglio i monosaccaridi, con alcuni esempi, e si sono introdotte le proiezioni di Fisher (figura qui sotto), per rappresentare graficamente i monosaccaridi in forma aperta. Importante ricordare inoltre che, tranne il monosaccaride chetoso più semplice, essi hanno tutti un carbonio chirale (ovvero legato a quattro gruppi funzioali diversi), presentandosi quindi con due possibili enantiomeri diversi (L o D). Per disegnare le molecole secondo queste proiezioni, si comincia posizionando il gruppo aldeidico o chetonico in alto, posizionando il gruppo CH2OH in basso, e posizionando poi gli altri carboni in mezzo. Per determinare l’enantiomero, si guarda poi la disposizione di -H e -OH nel carbonio chirale (l’ultimo prima di CH2OH): se il gruppo OH si trova a destra, avremo l’enantiomero D, viceversa quello L. La struttura ciclica I monosaccaridi nella realtà si trovano raramente in forma aperta, in quanto tendono a stabilizzarsi in forma ciclica (emiacetilica). La struttura ciclica si forma tramite la reazione del gruppo idrossido del carbonio chirale con l’ossigeno del gruppo carbonile, da cui si ottiene una funzione eterea. Il carbonio chirale prende quindi il nome di emiacetale o emichetale (a seconda del gruppo che forma il monosaccaride). In figura si vede un monosaccaride aldoesoso: in questo caso la reazione è tra il carbonio 1 e il 5. La funzione alcolica del carbonio 5 va a rompere il doppio legame dell’ossigeno del C-1, formando così la funzione eterea. Il carbonio 1 (pallino rosso), ha quindi come sostituenti il carbonio 2, il gruppo etereo, l’H dell’ex gruppo carbonile e un gruppo idrossido: in forma ciclica il carbonio 1 diventa quindi un emiacetale e anche uno stereocentro. Sebbene sia possibile rappresentare le forme cicliche in questo modo, di solito si preferiscono le proiezioni di Haworth. 1 Salino/Marzo 16 Bioingegneria Chimica (Carmagnola) 19/11/2020 Le proiezioni di Haworth Come detto in precedenza, sono da preferire nel caso si debbano rappresentare monosaccaridi in forma ciclica. Generalmente si dividono in strutture piraniose (con 6 atomi di C, quindi esagonali) e furaniose (con 5 atomi di C, quindi pentagonali), per la loro rispettiva somiglianza alle rappresentazioni delle molecole pirano e furano. Ma come si costruiscono? (esempio di aldoesoso) 1. Si comincia posizionando l’ossigeno in alto a destra (o in alto in centro nel caso furanioso). 2. Si posizionano gli atomi di carbonio e si numerano in senso orario. 3. I gruppi che nella proiezione di Fisher si trovano a destra si mettono sotto il piano dell’anello, e viceversa quelli che si trovano a sinistra si posizionano sopra al piano dell’anello. 4. Il gruppo CH2OH si posiziona sopra nel caso in cui il monosaccaride sia in configurazione D, viceversa se in configurazione L. L’H e OH del carbonio 1 si possono scrivere in modo diverso in base a determinati fattori, ma volendo rimanere generici si indicano tra parentesi, sul piano dell’anello. (H, OH) Prendendo come esempio un chetoesoso (in questo caso il D-fruttosio), la struttura ciclica si forma facendo reagire il gruppo carbossilico (sul carbonio 2) con il gruppo OH del carbonio 5: la struttura che si forma è qui di tipo furanioso. Le regole per construirla sono uguali, l’unica differenza è che la numerazione degli atomi di carbonio dell’anello parte da 2. Nella formazione della struttura ciclica si forma quindi un emiachetale, in quanto c’è un carbonio legato sia al gruppo OH che alla funzione eterea. Inoltre il C-2 diventa anche uno stereocentro, e questo porta alla formazione di due possibili stereoisomeri (detti anche anomeri, e il C di riferimento “anomerico”). La differenza tra i due anomeri (denominati α e β) sta nel posizoonare H e OH:  stereoisomero α → gruppo -OH verso il basso  stereoisomero β → gruppo -OH verso l’alto (regole valide per configurazioni D-) 2 Salino/Marzo 16 Bioingegneria Chimica (Carmagnola) 19/11/2020 DOMANDA: Le forme cicliche si chiudono sempre tra C-1/C-2 e C-5? No. In teoria la forma ciclica si può formare attraverso tutti i gruppi -OH della molecola, ma come si vedrà in seguito nella realtà ogni monosaccaride ha un carbonio preferenziale, il cui gruppo -OH va a chiudere la molecola. Si vedrà poi anche come la chiusura in forma ciclica si può ottenere sfruttando gruppi -OH esterni. Mutarotazione del glucosio I due anomeri del glucosio si formano in modo casuale quando il monosaccaride è solubilizzato in acqua: per giungere a questa conclusione si è partiti da due soluzioni di D-glucopiranosio in acqua: una con la conformazione α e l’altra con quella β. Si è osservato che subito la prima soluzione deviava un fascio di luce di 112°, mentre la seconda di 18.7°. Dopo un lungo quantitativo di tempo però, si è osservato che entrambe le soluzioni deviavano la luce di un valore intemedio di 52,6°. Questo perchè in soluzione acquosa le molecole raggiungono un equilibrio per cui le catene si aprono e si chiudono ripetutamente, formando ad ogni chiusura anomeri α e β in modo casuale. Reazioni di ossidazione Le reazioni di ossidazione delle aldeidi sono già state trattate, in particolare per quanto riguarda i reattivi di Fehiling e di Tollens. Questi saggi colorimetrici nella storia hanno avuto un ruolo davvero importante in quanto venivano usati per determinare la quantità di zuccheri nel sangue. In particolare il reattivo di Tollens utilizza gli ioni Ag+, mentre quello di Fehiling gli ioni Cu2+. In presenza di monosaccaridi aldosi si ha un viraggio di colore: con il reattivo di Fehiling si ha la formazione di ossido di rame rosso (a partire dal blu), nel caso del saggio di Tollens si ha invece la deposizione di ioni Cu sulla parete della provetta. In presenza di un ossidante il gruppo aldeidico si ossida e si forma un acido carbossilico, che in questo caso prende anche il nome di acido aldonico. Reazioni di riduzione Le reazioni di riduzione coinvolgono entrambi i gruppi funzionali, quindi sia i monosaccaridi aldosi che i chetosi. In presenza di un riducente, il gruppo carbonilico si riduce e si ottiene un poliolo: sono detti in questo caso alditoli. In questo esempio si vede il sorbitolo, che è commercialmente usato come dolcificante, che si ottiene dalla riduzione del glucosio: quest’ultimo si apre, e in presenza di un catalizzzatore può ridursi. 3 Salino/Marzo 16 Bioingegneria Chimica (Carmagnola) 19/11/2020 Disaccaridi I disaccaridi fanno parte della categoria degli oligosaccaridi, e in particolare sono formati dall’unione di due monosaccaridi tramite un legame O-glicosidico. Questo legame si forma quando un gruppo ossidrile di uno zucchero reagisce con un carbonio anomerico di un altro zucchero. La reazione è di condensazione (prodotto di scarto H2O), e si forma un acetale (a partire da un emiacetale e da un alcol).  in rosso: H2O uscente;  in verde: emiacetali;  in viola: acetale (quindi carbonio con due funzioni eteree); In questo esempio si vede il disaccaride maltosio, prodotto dell’unione di due molecole di glucosio. Il legame O-glicosidico si indica con i numeri dei carboni interessati, mettendo prima quello anomerico (specificandone l’anomero): questo legame sarà quindi 1,4 - α - glicosidico. Speficicandolo nel dettaglio, lo si indica come: α-D-Glucipiranosil-(1-4)-D-glucopiranosio NB: un disaccaride che ha all’esttremità della catena un carbonio anomerico libero, si chiama disaccaride riducente (estremità riducente): può quindi formare altri legami. In caso contrario si chiamera disaccaride non riducente. Ad esempio il lattosio e il maltosio sono riducenti, mentre il saccarosio no. Formazione dei principali disaccaridi Vediamo ora i processi di formazione dei più comuni disaccaridi. Il lattosio si forma dall’unione di galattosio e di glucosio (anomeri β). Il legame sarà quindi 1,4 - β. Il maltosio si forma, come visto prima, unendo due molecole di glucosio. Il saccarodio infine, comune zucchero da tavola, è dato dall’unione di β - fruttosio e α - glucosio: in questo caso i carboni che reagiscono sono entrambi anomerici, ed è necessario specificarlo. Il legame si indicherà quindi come α1,β2 -. Il legame O-glicosidico può essere rotto per idrolisi, in presenza di un catalizzatore acido o di particolari enzimi presenti nell’organismo. Si ottengono i due monosaccaridi di partenza. 4 Salino/Marzo 16 Bioingegneria Chimica (Carmagnola) 19/11/2020 Polisaccaridi (o glicani) Sono macromolecole formate da tante unità monomeriche, tutte legate tramite legami O- glicosidici. Differiscono tra di loro in base alla lunghezza della catena, al tipo di legame che lega i monomeri e al grado di ramificazione. Si distinguono in:  OMOPOLISACCARIDI: contengono solo un tipo di monomero. C’è in pratica una sola specie di monosaccaride (ad es. glucosio ripetuto molte volte);  ETEROPOLISACCARIDI: contengono due o più tipi di unità monomeriche. Entrambe le tipologie si possono trovare in forma lineare (non ramificata) o ramificata: nella prima ogni unità forma due legami, e la macromolecola procede “in fila indiana”, mentre nella seconda forma si trova ad un certo punto un monomero che forma 3 legami, dando via ad una ramificazione. I polisaccaridi più conosciuti sono il glicogeno, l’amido e la cellulosa. Il glicogeno è la principale riserva energetica per gli animali. E’ un omopolisaccaride formato da unità di glucosio, in forma ramificata. La catena principale di questa macromolecola è una successione di monomeri legati da legami 1,4-α-glicosidici, in cui però ogni circa 10 unità si trova un legame aggiuntivo 1,6-α- che fa partire una ramificazione della catena. L'amido è la riserva energetica dei vegetali ed è molto simile al glicogeno perché è formato da glucosi uniti da legami 1,4-alfa- glicosidici. L'unica differenza è che l'amido ha molte più ramificazioni. La cellulosa d’altro canto è si un polisaccaride lineare, ma con legami glicosidici β-1,4. Questa differenza è molto importante, in quanto è responsabile del fatto che 5 Salino/Marzo 16 Bioingegneria Chimica (Carmagnola) 19/11/2020 l’uomo non possa digerire la cellulosa: il nostro organismo possiede infatti gli enzimi per idrolizzare i legami solo α-1,4-glicosidici. I ruminanti ad esempio possiedono gli enzimi per digerire i legami β. Monosaccaridi legati ad alcol e ammine Per quanto riguarda le reazioni degli zuccheri, è fondamentale intrudurre il concetto di addoto. Un addoto è un monosaccaride che è stato modificato grazie alla reazione con un alcol o un ammina. Ad esempio il glucosio può reagire, grazie ad un catalizzatore acido, con il gruppo -OH del metanolo, andando a formare Metil-α-D-glucopiranoside o Metil-β-D-glucopiranoside (può reagire quindi in entrambe gli anomeri). Il legame è anche in questo caso O-glicosidico: i due -OH in reazione sono quelli del C-1 del glucosio e del metanolo. Gli addoti avranno quindi un comportamento diverso dai monosaccaridi da cui derivano: il glucosio ad esempio può dare reazioni di ossidazione, come è stato visto con i reattivi (legandosi con ioni Cu2+, aprendosi in soluzione). Nel caso del Metil-α-D-glucopiranoside invece queste reazioni non hanno luogo, in quanto la catena non tende ad aprirsi in soluzione. Un’altra tipologia di reazione dei monosaccaridi è quella con le ammine: in questo caso il legame sarà N-glicosidico. Qui sotto alcuni dei principali addoti che si trovano sulla superficie delle cellule o nella matrice extra cellulare. D’ora in poi la stragrande maggioranza delle molecole in esame saranno addoti e non più monosaccaridi semplici. 6 Salino/Marzo 16 Bioingegneria Chimica (Carmagnola) 19/11/2020 Nucleotidi e acidi nucleici Un ottimo esempio di addoti sono proprio i nucleotidi e gli acidi nucleici: essi sono formati da un monosaccaride, modificato con una base azotata e un gruppo fosfato. Lo zucchero infatti reagisce con basi azotate e gruppo fosfato, organizzandosi cosi: NB: Sulle figure del ribosio e desossiribosio l’OH del carbonio 1 non è stato scritto per evidenziare il sito di legame della base azotata. Nel disegno delle proiezioni di Haworth, come regola generale, gli idrogeni possono essere omessi (si lascia la stanghetta senza scrivere nulla in quel lato) Glicosamminoglicani I carboidrati nel nostro organismo sono presenti in grande quantità sulla membrana cellulare e nella matrice extracellulare sotto forma di glicosamminoglicani (GAG): sono dei particolari polisaccaridi lineari (o non ramificati), formati da ripetizioni di unità disaccaridiche. Uno dei monosaccaridi che costituisce l’unità disaccaridica è quasi sempre l’N-acetilgalattosammina o l’N-acetilglucosammina, addoti del galattosio e del glucosio a cui sono legati i gruppi acetilammine. Il secondo monosaccaride è di solito un acido uronico, in genere l’acido D-glucoronico o L-iduronico. 7 Salino/Marzo 16 Bioingegneria Chimica (Carmagnola) 19/11/2020 Possono essere inoltre presenti dei gruppi solfato. Una delle caratteristiche dominanti dei glicosamminoglicani è la negatività: questa è data dalla presenza dei gruppi solfato e degli acidi sulle rispettive unità monosaccaridiche. I principali glicosamminoglicani sono:  Condroitin solfato  Cheratan solfato  Eparina  Eparan solfato  Dermatan solfato  Ialuronano (acido ialuronico) Ialuronano (o acido ialuronico) E’ formato da acido D-glucoronico e N- acetilglucosammina (entrambi derivati dal glucosio). Forma lunghe catene (fino a circa 50.000 unità), e forma soluzioni chiare che hanno ruolo lubrificante nel liquido sinoviale, e che conferiscono resistenza alla tensione ed elasticità nella matrice extracellulare. Condroitin solfato E’ formato da Acido D-glucoronico e N- acetilgalattosammina. Quest’ultima presenta anche un gruppo solfato, che conferisce alla macromolecola una negatività maggiore rispetto all’acido ialuronico. E’ una molecola che forma catene fino a 20-60 unità, che si posizionano di solito nella cartilagine, nei tendini, nei legamenti e alle pareti dell’aorta. Cheratan solfato: E’ costituito da D-galattosio (uno zucchero semplice) e N-acetilglucosammina, sulla quale è presente un gruppo solfato. Forma catene fino a circa 25 unità e conferisce resistenza alla tensione alla cartilagine, ai tendini, ai legamenti e alle pareti dell’aorta. 8 Salino/Marzo 16 Bioingegneria Chimica (Carmagnola) 19/11/2020 Eparina Questa macromolecola fa eccezione in quanto non presenta nè l’N-acetilgalattosammina, nè l’N- acetilglucosammina: è infatti formata da Acido iduronico e acido glucoronico. È altamente solfatata e ha la più alta carica negativa tra le biomolecole presenti nel nostro corpo. È ampiamente utilizzata in clinica come agente anticoagulante, e viene data anche per evitare la formazione di trombi, per pazienti lungo degenti. Viene utilizzata, per le sue proprietà anticoagulanti, anche per rivestire dispositivi a contatto con il sangue, come gli stenth coronarici (dispositivi chirurgici che, tramite rigonfiamento, mantengono aperti i lumi delle arterie ostruite). Glicoconiugati I carboidrati sono presenti nella matrice extracellulare come glicosammininoglicani. Nella parete cellulare si trovano però sotto un altra forma. In queste posizioni, la loro funzione principale è quella di agenti informativi: portano informazioni tra cellula e cellula o tra cellula e matrice. Gli zuccheri possono rimanere asestanti nell’organismo, tuttavia nella maggior parte dei casi si legano a proteine e lipidi, formando i cosiddetti glicoconiugati. Se ne distinguono tre principali categorie:  PROTEOGLICANI: macromolecole presenti sulla superficie cellulare e nella matrice. Si formano grazie al legame covalente di una o piu catene di glicosamminoglicani con una proteina di membrana o di secrezione.  GLICOPROTEINE: macromolecole in cui ad una proteina si legano uno o più oligosaccaridi (2-15 unità monomeriche). Si trovano principalmente nella matrice extracellulare e nel sangue.  GLICOFOSFOLIPIDI: sono lipidi della membrana plasmatica, che in testa presentano il legame con un oligosaccaride (idrofilo). Svolgono il ruolo di siti specifici di riconoscimento, ma sono anche abbondantemente presenti nel cervello, in quanto contribuiscono alla conduzione nervosa e al processo di sintesi della mielina. In figura si possono notare le catene di glicosamminoglicani e di oligosaccaridi che derivano dalla catena proteica principale, nel caso di proteoglicani e glicoproteine. Piu corte invece le catene olisaccaridiche dei glicofosfolipidi (anche chiamati glicosfingolipidi, come in figura). 9 Di Leo/Sacco 17 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 24/11/2020 Errata corrige Slide 6 del file “lezione 2”. Diversamente da quanto riportato nella slide, il Condroitin è composto dall’acido D-glucuronico e da N-acetilgalattosammina (sulla slide c’è scritto N- acetilglucosammina), mentre la struttura riportata nell’immagine è corretta. Proteoglicani Hanno due funzioni principali: Agiscono come organizzatori tissutali; sono componenti importanti, insieme alle proteine, della matrice extracellulare dal punto di vista organizzativo. Influenzano diverse attività cellulari; possono attivare determinati fattori di crescita e possono promuovere l’adesione tra due cellule diverse. L’unità base dei proteoglicani è costituita da una proteina, alla quale i glicosamminoglicani sono legati covalentemente. Il sito di legame è sempre un residuo di Serina (Ser), al quale il glicosamminoglicano si lega attraverso un ponte tetrasaccaridico (costituito da quattro monosaccaridi). ponte tetrasaccaridico La serina quindi si unisce al ponte tetrasaccaridico, costituito da quattro monosaccaridi, che a sua volta si unisce al glicosamminoglicano. Aggrecano Molti proteoglicani vengono secreti nella matrice extracellulare, mentre alcuni sono proteine integrali di membrana. Nella matrice extracellulare, i proteoglicani si possono organizzare per formare gli aggregati proteoglicanici, enormi strutture sopramolecolari (visibili persino al microscopio ottico) formate da una singola molecola di ialuronano (scheletro centrale), a cui sono attaccati tanti aggrecani. Ogni aggrecano è costituito da tanti proteoglicani. 1 Di Leo/Sacco 17 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 24/11/2020 Un aggrecano è un proteoglicano con una massa di circa 2x106, formato da un nucleo proteico al quale sono legati Condroitin solfato e Cheratan solfato attraverso un residuo di Serina, dove in questo caso il ponte è trisaccaridico. Una molecola di ialuronano si associa a circa 100 molecole di nuclei proteici di aggrecano attraverso delle proteine di legame. La giunzione tra ciascuna molecola di aggrecano e lo scheletro di ialuronano è mediata dall’interazione con proteine di legame. Questi aggregati proteoglicanici sono presenti solo nella matrice extracellulare della cartilagine e interagiscono molto saldamente con il collagene, contribuendo allo sviluppo della resistenza meccanica di questo tessuto connettivo. Glicolipidi Anche alcuni lipidi possono legare covalentemente gli oligosaccaridi. I gangliosidi sono lipidi di membrana delle cellule eucariotiche in cui le teste polari sono complessi oligosaccaridici che contengono altri residui monosaccaridici. I lipopolisaccaridi sono le strutture caratteristiche della membrana esterna dei batteri gram- negativi, come l’Escherichiacolie Salmonella typhimurium. Queste molecole sono i principali bersagli del sistema immunitario dei vertebrati in risposta all’infezione batterica. Dei glicolipidi è importante ricordare che sono lipidi che possono legare covalentemente gli oligosaccaridi e hanno un ruolo fondamentale nell’adesione tra cellule. Glicoproteine Le glicoproteine sono dei coniugati tra carboidrati e proteine. I carboidrati in questione sono oligosaccaridi che presentano strutture ramificate, più piccole rispetto alle proteine e strutturalmente diversi dai glicosamminoglicani dei proteoglicani. La porzione saccaridica è unita tramite il suo carbonio anomerico all’-OH di un residuo di Ser o Thr con un legame glicosidico. Le glicoproteine si possono legare a un residuo di asparagina o serina o treonina. I carboidrati possono costituire dall’1% fino al 70% della massa di una glicoproteina e circa il 50% delle proteine che vengono sintetizzate dall’organismo sono glicosilate, cioè decorate sulla 2 Di Leo/Sacco 17 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 24/11/2020 superficie da oligosaccaridi. Inoltre, circa l’1% dei geni di un mammifero codifica enzimi coinvolti nella sintesi e nell’attacco dell’oligosaccaride alla proteina. Enzimi specifici: responsabili della formazione degli oligosaccaridi Gli oligosaccaridi vengono sintetizzati mediante l’azione di enzimi specifici, le glicosiltransferasi, che catalizzano la formazione di legami glicosidici. Ciascun enzima è specifico per gli zuccheri che devono essere legati, quindi sono necessari enzimi differenti (classi di enzimi differenti) per poter legare differenti zuccheri. Zucchero Nucleotide È importante ricordare che la classe di enzimi che catalizza e promuove la formazione di legami glicosidici sono le glicosiltransferasi. Per essere uniti dalle glicosiltransferasi, gli zuccheri devono essere attivati da nucleotide. Gruppo fosfato I nucleotidi sono le unità ripetitive del DNA e dell’RNA. Sono ribosio costituiti da: una base azotata uno zucchero pentoso un gruppo fosfato Nell’immagine si noti il ribosio è legato al gruppo fosfato, che è sua volta legato a uno zucchero. Questi tipi di zuccheri sono detti zuccheri attivati da nucleotide, e in tal caso, lo zucchero in questione si può legare ad un altro zucchero attraverso l’enzima glicosiltransferasi. Una volta che lo zucchero è attivato dal nucleotide, quest’ultimo si stacca affinché libero possa essere attaccato ad un altro residuo per attivare un ulteriore zucchero. Oligosaccaridi e gruppi sanguigni Gli oligosaccaridi sono la causa dei gruppi sanguigni. Infatti, sulla superficie degli eritrociti (globuli rossi) si trovano particolari carboidrati legati a glicoproteine o a glicolipidi. Si pensi dunque che sulla superficie dei globuli rossi siano presenti tre tipi diversi di carboidrati. Questi carboidrati possono avere tre tipi di strutture: A, B, 0 (anche se in realtà esiste anche il gruppo sanguigno AB). Le tre strutture hanno in comune una base oligosaccaridica, chiamata antigene 0. Nel caso degli antigeni A e B viene aggiunto un solo monosaccaride supplementare alla struttura comune: all’antigene 0 viene unito un diverso monosaccaride tramite un legame 1,3-α- glicosidico, che viene catalizzato da una determinata glicosiltransferasi. 3 Di Leo/Sacco 17 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 24/11/2020 L’antigene A ha come zucchero addizionato all’antigene 0 l’N-acetilgalattosammina, mentre l’antigene B ha come zucchero addizionato il galattosio. Chi ha il gene che codifica la formazione della glicosiltransferasi che attacca l’N-acetilgalattosiammina avrà il sangue dell’antigene A. Chi ha il gene che codifica la produzione di glicosiltransferasi che catalizza l’addizione del galattosio avrà il sangue dell’antigene B. Chi ha il gruppo sanguigno 0 non produce nessuna delle due glicosiltransferasi, in quanto non presenta il gene che codifica la formazione delle due glicosiltransferasi. Nel caso di genitori aventi entrambi il gruppo sanguigno 0, si erediterà il gruppo 0; nel caso di un genitore con gruppo 0 e l’altro con il gruppo A si erediterà il gruppo sanguigno A (vale la stessa cosa per il gruppo B); le persone che hanno il gruppo sanguigno AB hanno ereditato entrambi i geni per la produzione delle due glicosiltransferasi. Una persona con gruppo sanguigno A non può ricevere sangue del gruppo B perché gli eritrociti che avranno sulla loro superficie l’antigene B verranno riconosciuti come corpo estraneo dal sistema immunitario e quindi verranno attaccati. Formazione delle glicoproteine Gruppi di carboidrati si legano covalentemente a molte differenti proteine per formare glicoproteine, all’interno delle quali i carboidrati costituiscono una percentuale in massa molto minore che nei proteoglicani. Molte glicoproteine sono componenti delle membrane cellulare, dove svolgono un’ampia varietà di ruoli in processi quali l’adesione cellulare ed il legame dello spermatozoo alla cellula-uovo. Le glicoproteine, come tutti i glicoconiugati, portano informazione e sono fondamentali per la comunicazione cellula-cellula e per la comunicazione cellula-matrice extracellulare. La glicosilazione di queste molecole avviene nel reticolo endoplasmatico e nel complesso di Golgi, organelli che svolgono ruoli centrali nel traffico proteico. Gli oligosaccaridi si possono legare al nucleo proteico in due modi diversi: Tramite l’atomo di azoto di un gruppo ammidico nella catena laterale di asparagina (Asn); in questo caso si ha la formazione di un legame in N. Tramite l’atomo di ossigeno nella catena laterale di serina (Ser) o di treonina (Thr); in questo caso si forma un legame in O. Gli zuccheri si possono legare solo e soltanto a tre residui del nucleo proteico: 1. o all’asparagina (Asn); 2. o alla serina (Ser); 3. o alla treonina (Thr). In questa lezione si descriverà come si formano gli oligosaccardi cioè come creano il legame con il gruppo residuo del nucleo proteico di aspargina. 4 Di Leo/Sacco 17 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 24/11/2020 Glicoproteine: il processo di glicosilazione Reticolo endoplasmatico Il reticolo endoplasmatico (RE) è costituito da una trama di vescicole delimitate da membrane chiuse e interconnesse. Si divide in RE liscio, che manca di ribosomi, e in RE rugoso, che possiede un gran numero di ribosomi, ed è a contatto con il nucleo della cellula. Nel RE liscio avviene la sintesi degli acidi grassi e dei fosfolipidi; in genere è di piccole dimensioni, salvo negli epatociti dove le sostanze tossiche idrofobiche (pesticidi ed agenti cancerogeni) sono rese idrosolubili e facilmente eliminabili. Alte dosi di queste sostanze inducono la proliferazione di RE liscio. Il RE rugoso (così detto perché sulla sua superficie si attaccano i ribosomi) è la sede di sintesi di alcune delle proteine di membrana (anche di organelli) e di tutte le proteine di secrezione. Quest’ultime dopo essere emerse dal ribosoma attraversano la membrana del RE passano nel lume e sono poi trasportate verso le varie destinazioni. Il RE ruvido è particolarmente abbondante nelle plasmacellule (anticorpi) e nelle cellule degli acini pancreatici (enzimi digestivi). Le proteine dopo diversi minuti lasciano l’organello entro vescicole di trasporto che gemmano dalla membrana del RE ruvido dove i ribosomi sono assenti, quindi veicolano al complesso di Golgi. Complesso di Golgi Il complesso di Golgi è costituito da pile di sacchi appiattiti, limitati da membrane. Questo complesso ha la funzione di ricevere le vescicole provenienti dal reticolo endoplasmatico, modificare le loro membrane e i loro contenuti, riorganizzare i prodotti che saranno inglobati in ulteriori vescicole che verranno indirizzate ai siti di interesse. È formato da tre parti: Golgi cis: è l’estremità più vicina al RE e ne riceve le vescicole, Compartimenti intermedi: avvengono le modifiche dei componenti delle vescicole, Golgi trans: ingloba i prodotti finali in nuove vescicole che vengono esportate nei siti di interesse finale. La glicosilazione degli oligosaccaridi che si legano ai residui di asparagina in N avviene nel RE e finisce nel complesso di Golgi; mentre la glicosilazione degli oligosaccaridi che si legano ai residui di serina o treonina attraverso un legame in O, avviene nell’appartato di Golgi. Sintesi di una proteina La sintesi di una proteina inizia nel citoplasma con la sintesi di una sequenza “leader”, detta anche sequenza segnale. Successivamente i ribosomi si attaccano al reticolo endoplasmatico e la sequenza segnale facilita il trasporto della proteina all’interno del lume (cioè lo spazio racchiuso dalle doppie membrane del RE). A questo punto si forma la catena polipeptidica e la proteina esce 5 Di Leo/Sacco 17 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 24/11/2020 dal RE attraverso una vescicola e viene trasportata nel complesso di Golgi. La proteina subisce ulteriori trasformazioni e viene indirizzata al sito di interesse. NB: all’interno del RE e dell’apparato di Golgi, oltre alla crescita della sequenza polipeptidica, che costituisce il nucleo proteico, avviene anche la glicosilazione. Glicosilazione delle proteine I carboidrati possono legarsi alle proteine mediante residui di asparagina (legame in N) o mediante residui di serina o di treonina (legame in O). La glicosilazione in N avviene nel reticolo endoplasmatico e finisce nell’apparato di Golgi; mentre la glicosilazione in O avviene solo nell’apparato di Golgi. Non tutti i residui di asparagina possono essere un sito di legame per gli zuccheri. Perché sia in grado di accettare un oligosaccaride, un residuo di asparagina deve far parte di una determinata sequenza: Asn-X-Ser o Asn-X-Thr, dove X può essere un qualunque residuo. Nelle sequenze amminoacidiche si possono identificare potenziali siti di glicosilazione. Solo determinate asparagine, all’interno di una catena polipeptidica, possono effettivamente essere identificate con nuovi potenziali siti di glicosilazione. Per quanto riguarda il legame in O, gli oligosaccaridi si possono legare a qualunque residuo di serina o treonina. Per identificare il sito di legame, oltre al residuo, si deve tener conto anche della conformazione tridimensionale della proteina e della presenza di determinati glicosiltransferasi, cioè enzimi. 6 Di Leo/Sacco 17 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 24/11/2020 Sintesi del nucleo oligosaccaridico delle glicoproteine Il nucleo oligosaccaridico delle proteine viene prodotto da successive aggiunte di unità di monosaccaridi. 1-2 Tutto inizia nella membrana del reticolo endoplasmatico con il Dolicolo fosfato, una proteina della membrana che ha alla testa un gruppo fosfato (che sarà il gruppo di attacco per i primi zuccheri che formano l’oligosaccaride) rivolto nel citoplasma. Al dolicolo fosfato si attaccano dei residui (zuccheri) presenti nel citoplasma e attivati da nucleotide; questi sono 2 residui di N- acetilglucosammina (in blu in figura) e 5 residui di Mannosio (in verde in figura). 3 L’oligosaccaride, composto da questi 7 residui, passa dal citoplasma all’interno del lume del reticolo endoplasmatico. 4 Si completa la formazione dell’oligosaccaride all’interno del lume. In questo caso gli zuccheri che si attaccano all’oligosaccaride non sono attivati da nucleotidi ma sono attivati da dei dolicolo fosfato. E a questo oligosaccaride di 7 residui se ne attaccano altri fino ad arrivare a 14. 5-6-7 Il nucleo oligosaccaridico viene trasferito dal dolicolo fosfato su cui sta crescendo a un residuo di asparagina specifica della proteina all’interno del lume. Allo stesso tempo, all’interno del reticolo endoplasmatico si sta formando la proteina, attraverso la sequenza segnale. 5 residui saccaridici (evidenziati in giallo) vengono conservati nella struttura finale di tutti gli oligosaccaridi legati in N: l’oligosaccaride attaccato potrà essere ulteriormente modificato nell’apparato di Golgi ma manterrà sempre 5 residui comuni a tutti gli oligosaccaridi che vengono attaccati alla proteina in N. 8 Il dolicolo pirofosfato viene rilasciato e nuovamente traslocato in modo che il pirofosfato venga a trovarsi sulla superficie citosolica dell’ER, rivolto verso il citoplasma. 9 un fosfato viene rimosso idroliticamente per rigenerare il dolicolo fosfato, pronto per la formazione di un nuovo oligosaccaride. 7 Di Leo/Sacco 17 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 24/11/2020 I donatori dolicolici Le glicoproteine N-glicosilate acquistano i loro zuccheri iniziali da donatori dolicolici: (molecole lipidiche specializzate contenenti fino a 20 unità di isoprene). Il dolicolo fosfato è una molecola lipidica (infatti è presente all’interno della membrana cellulare) che contiene fino a 20 unità di isoprene e un gruppo fosfato. Gruppo fosfato Isopropene Sul dolicolo fosfato viene costruito l’oligosaccaride che poi si attaccherà, attraverso il gruppo fosfato terminale, al residuo di asparagina della proteina che si sta organizzando. Il gruppo fosforico terminale del dolicolo è il sito di attacco dell’oligosaccaride, che successivamente viene trasferito alla proteina accettatrice. Il dolicolo fosfato si trova sulla membrana dell’ER con il terminale fosforilato sulla faccia citoplasmatica. Il processo di assemblaggio dell’oligosaccaride avviene in 3 stadi: 1° stadio: 2 residui di N-acetilglucosammina e 5 residui di mannosio (per un totale di 7 residui) vengono addizionati al dolicolo fosfato nel citoplasma mediante l’azione di enzimi citoplasmatici che catalizzano il trasferimento di monosaccaridi dai corrispondenti zuccheri attivati da nucleotide. 2° stadio: Si ha il capovolgimento della struttura dell’oligosaccaride, che passa dal citoplasma al lume del reticolo endoplasmatico. 3° stadio: Altri zuccheri sono aggiunti per via enzimatica all’oligosaccaride che è in fase di costruzione sul dolicolo. Questi ulteriori monosaccaridi non sono attivati da nucleotidi, ma sono legati ad altre molecole di dolicolofosfato. Qui l’oligosaccaride continua a crescere fino ad ottenere 14 residui. Questi nuovi 7 residui non sono attivati da nucleotidi ma da dolicolo fosfato. A questo punto l’oligosaccaride viene trasferito dal dolicolo fosfato ad uno specifico residuo di asparagina della catena polipeptidica che sta nascendo. LATO CITOPLASMA LATO RE 8 Di Leo/Sacco 17 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 24/11/2020 Gli ultimi 3 residui (in giallo) sono di glucosio, che verranno eliminati prima che la proteina lasci il reticolo endoplasmatico verso l’apparato di Golgi. Questi residui giocano un ruolo fondamentale nel capire se la proteina è ripiegata nel modo corretto o meno (controllo qualità), visto che la sua funzione è legata a come essa si organizza tridimensionalmente. Se la proteina non è ripiegata bene, rimane nel reticolo endoplasmatico. Glicosilazione centrale Ricapitolando rispetto a questo schema: La proteina inizia a crescere attraverso la sequenza segnale e i ribosomi all’interno del lume del reticolo endoplasmatico. La sequenza segnale viene poi scissa e degradata. La proteina inizia la glicosilazione (legami in N) e si forma un oligosaccaride precursore di 14 residui, che passa dal dolicolo fosfato alla proteina. Prima che la proteina lasci il reticolo endoplasmatico, l’oligosaccaride per 3 molecole di glucosio. Le proteine glicosilate in N hanno in comune un nucleo centrale di 5 monosaccaridi, composto da 2 N-acetilglucosammina e 3 mannosio. 9 Di Leo/Sacco 17 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 24/11/2020 Nucleo pentasaccaridico Nucleo pentasaccaridico Un nucleo pentasaccaridico è comune a tutti gli oligosaccaridi legati in N e serve da fondamento per un’ampia varietà di oligosaccaridi legati in N. A) oligosaccaride ricco di mannosio B) oligosaccaride complesso Oltre alla rimozione dei 3 residui di glucosio per il “controllo qualità” del ripiegamento della proteina, nell’apparato di Golgi l’oligosaccaride può essere ulteriormente modificato: si possono ottenere oligosaccaridi molto differenti. Per gli oligosaccaridi legati in N se ne possono ottenere alcuni ricchi di mannosio e alcuni molto complessi, costituiti da un’ampia diversità di residui. Nell’apparato di Golgi avviene la glicosilazione terminale, dove gli oligosaccaridi legati in N possono essere modificati e si uniscono quelli legati in O. Trasporto vescicolare: le proteine sono trasportate all’interno del sistema di endomembrane attraverso le vescicole di trasporto. L’immagine mostra la via seguita dalle proteine destinate ai lisosomi, alla membrana plasmatica o alla secrezione. Le proteine si spostano dall’ER sul lato cis del complesso di Golgi per mezzo di vescicole di trasporto. La scelta della destinazione avviene principalmente sul lato trans del complesso di Golgi. Glicosilazione terminale Le unità carboidratiche legate in N delle glicoproteine vengono ulteriormente modificate in ciascuno dei compartimenti del complesso di Golgi. Nel Golgi cis, tre residui di mannosio sono rimossi dalla catena oligosaccaridica delle proteine destinate alla secrezione o all’inserzione nella membrana plasmatica. Nei compartimenti intermedi possono essere rimossi due o più reisduidi N- acetilglucosamminae un residuo di fucosio. Nel Golgi trans può venire aggiunto un altro residuo di N-acetilglucosammina, seguito da galattosio e acido sialico. 10 Di Leo/Sacco 17 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 24/11/2020 La sequenza di unità oligosaccaridiche legate in N di una glicoproteina è determinata: - Dalla sequenza e dalla conformazione della proteina - Dalle glicosiltransferasipresenti nel compartimento di Golgi in cui le proteine sono modificate. “Controllo qualità” nelle proteine Il controllo della qualità è un processo operato dalla cellula per scartare le proteine che non sono correttamente ripiegate. Il principio di riconoscimento avviene sulla base della presenza o meno di un particolare residuo di glucosio sulla struttura glicosidica: in particolare, sul riconoscimento della presenza o meno dei 3 residui di glucosio nell’oligosaccaride. Meccanismo di azione degli chaperoni: calnessinae calreticulina Alla base di questo processo ci sono due proteine chaperon: la calnessina e calreticulina. Esse portano alla formazione di proteine glicosilate nel reticolo endoplasmatico in cooperazione con le glicosiltransferasi. Svolgono sostanzialmente la stessa funzione, solo che la calnessina è legata alla membrana, mentre la calreticulina è un componente solubile del lume del reticolo endoplasmatico. Consideriamo due proteine legate allo stesso oligosaccaride: una è ripiegata correttamente, mentre l’altra non lo è. Dei 3 residui di glucosio, 2 vengono tolti attraverso l’enzima glucosidasi, adibito alla scissione del legame O-glicosidico. Il glucosio rimanente viene eliminato con un’altra glucosidasi. La proteina ripiegata correttamente, andrà verso l’apparato di Golgi perché non è un substrato per un altro enzima, la glucosiltransferasi, adibito ad attaccare un residuo di glucosio. La proteina non ripiegata in modo corretto diventa substrato per la glucosiltransferasi e si ritorna nella condizione in cui la proteina ha un solo residuo di glucosio. Prima che una normale proteina esca dal reticolo endoplasmatico si dirige verso l'apparato del Golgi dove subisce reazioni che hanno lo scopo di rimuovere tre residui di glucosio. Poi, grazie al processo di controllo di qualità del reticolo, viene aggiunto un nuovo residuo di glucosio da una glicosiltransferasi. Questo residuo è importante in quanto sia la calnessinache la calreticulina possiedono un dominio lectinico che permette loro di legare solo oligosaccaridi monoglicosilati. Successivamente la proteina viene racchiusa in una vescicola e trasportata al Golgi dove subisce ulteriori processamenti. La calnessina ha un sito di legame per gli oligosaccaridi monoglucosidati (che hanno un solo residuo di glucosio), per cui si può legare alle proteine monoglucosidate. Mentre è legata alla calnessina, la proteina ha il tempo per ripiegarsi nel modo corretto. Quando la proteina si stacca dalla calnessina, ha ancora un residuo di glucosio, che viene scisso dalla glucosidasi. Se la proteina ora è ripiegata correttamente può uscire, altrimenti diventa nuovamente un substrato per la glucosiltransferasi e il ciclo ricomincia. 11 Di Leo/Sacco 17 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 24/11/2020 Una volta che le proteine hanno subito le trasformazioni necessarie nell’apparato di Golgi, vengono smistate in funzione dei siti di interesse (citoplasma, membrana cellulare o fuori dalla cellula). In altre parole, una glicoproteina ripiegata correttamente nel RE si trasferirà al complesso di Golgi dopo la rimozione di tre unità di glucosio (in rosso in figura). Una proteina non ripiegata o ripiegata in modo errato riceverà un residuo di glucosio, attraverso l’azione di una glucosiltransferasi. Queste proteine glucosiliate si legano ad una molecola chaperone, che consente di effettuare più tentativi per raggiungere il ripiegamento corretto. Le proteine correttamente ripiegate non vengono sottoposte di nuovo a glucolisazione. Lo smistamento I lisosomi sono le vescicole che si formano a partire dalle cisterne dell’apparato di Golgi. Sono composti da una membrana che delimita una serie di enzimi (nucleasi, fosfatasi, amilasi) responsabili della degradazione di materiale cellulare ed extracellulare ad elementi di base. Il Complesso di Golgi come centro di smistamento Il complesso di Golgi è il centro di smistamento nell’indirizzamento delle proteine ai lisosomi, alle vescicole secretrici e alla membrana plasmatica. La faccia cis del complesso di Golgi riceve vescicole dall'ER e la faccia trans invia un differente insieme di vescicole ai siti bersaglio. Le vescicole trasferiscono anche proteine da un compartimento all'altro del complesso Golgi. 12 Di Leo/Sacco 17 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 24/11/2020 Lectine Sono proteine che riconoscono specifiche strutture saccaridiche, cioè hanno siti specifici per gli oligosaccaridi. Nonostante le lectine siano molto specifiche, l’adesione tra esse e gli oligosaccaridi non è forte: possono legarsi e slegarsi molto facilmente. Una lectina contiene di solito due o più siti di legame per unità carboidratiche. I siti di legame delle lectine sulla superficie di una cellula interagiscono con carboidrati esposti sulla superficie di un'altra cellula attraverso interazioni deboli (velcro). Per spiegare quest’interazione si fa sempre riferimento al velcro (formato da asole da una lato e da uncini dall’altro, dove le interazioni sono molto specifiche ma allo stesso tempo deboli). I batteri Escherichia colisono in grado di aderire alle cellule epiteliali del tratto gastrointestinale, poiché le lectine presenti sulla superficie dell’ E. coli riconoscono le unità oligosaccaridiche sulla superficie delle cellule bersaglio. Queste lectinesono localizzate su appendici filiformi dette fimbrie (pili). La capacità dei virus di infettare tipi cellulari specifici è determinata in parte dalla capacità di questi virus di legarsi a particolari strutture o recettori sulla superficie delle cellule bersaglio. Il virus influenzale riconosce i residui di acido sialico presenti sulle glicoproteine della superficie cellulare. Le lectine sono quindi proteine che spesso mediano l’adesione tra cellula e cellula e che mediano l’adesione tra virus e determinati tipi di cellule. Ad esempio il virus influenzale ha sulla sua superficie delle lectine (emoagglutinina) che riconoscono i residui di acido sialico presenti in determinati tipi di cellule per permetterne l’adesione. Una volta che il virus ha aderito alla cellula, interviene un’altra proteina virale, la neuroamminidasi, che scinde il legame tra emoagglutinina e acido sialico e permette al virus di penetrare e infettare la cellula. Alcuni agenti antivirali inibiscono la neuroamminidasi per evitare l’infezione. EMOAGGLUTININA 13 Di Leo/Sacco 17 Bioingegneria chimica (Carmagnola) 24/11/2020 Selectine Le selectine sono un tipo di lectine tipiche della membrana plasmatica, che mediano il riconoscimento e l’adesione cellula-cellula. Le selectine vengono chiamate in funzione del tipo di cellula in cui si trovano: selectine L, specifiche per i carboidrati dei linfonodi; selectine E, specifiche per i carboidrati dell’endotelio; selectine P, specifiche per i carboidrati delle piastrine. Movimento di neutrofili attraverso la parete dei vasi capillari Un leucocita che circola nel capillare viene rallentato da un’interazione transitoria fra molecole di selectina P della membrana plasmatica delle cellule endoteliali del capillare e glicoproteine sulla sua superficie che funzionano da ligando per la selectina P. Interagendo con una serie di molecole di selectina P in successione, il leucocita «rotola» sulla superficie del capillare. Vicino all’infezione l’interazione tra le integrine sulla superficie del capillare e il loro ligando sulla superficie del leucocita genera un’adesione molto salda. La cellula si blocca e sotto l’influenza di segnali provenienti dal sito di infiammazione inizia il passaggio attraverso la parete del capillare. La figura rappresenta un capillare con un sito di infiammazione e delle cellule del sistema immunitario, i leucociti. Sulla superficie di queste cellule sono presenti un oligosaccaride, che è un ligando della selectina, e l’integrina. Vicino al sito di infiammazione si attivano le selectine che si legano all’oligosaccaride del leucocita; in questo modo il leucocita passa dal circolo sanguigno alla parete del capillare. Ma l’adesione tra oligosaccaride e selectina è debole, quindi il leucocita non si ferma e inizia a rotolare fino ad arrivare al sito di infiammazione, dove si attivano le integrine e la cellula si lega all’endotelio tramite esse. Il legame con le integrine è molto forte: il leucocita si ferma ed è in grado di raggiungere il sito di infiammazione attraverso il capillare. 14 Furlotti/Di Loreto 18 Bioingegneria chimica (Tonda Turo) 24/11/2020 Nucleotidi e acidi nucleici Gli acidi nucleici sono l’elemento che permette la trasformazione e la conservazione dell’informazione all’interno degli organismi cellulari. Dogma centrale della biologia molecolare Il dogma centrale della biologia molecolare identifica il processo chiave che parte dall’informazione custodita nel DNA fino ad arrivare all’espressione di questa informazione in una molecola funzionale, cioè in una proteina. Esso è stato descritto da Francis Crick, premio Nobel, nel 1958. Osserviamo che viene chiamato “dogma”. In realtà non è assolutamente un dogma, poiché non ha niente di mistico, ma anzi è dimostrato e rappresenta una scoperta scientifica a tutti gli effetti. All’interno del dogma centrale gli elementi biologici fondamentali sono gli acidi nucleici, in particolare DNA e RNA e la proteina (elemento funzionale). Si parte dal DNA (acido nucleico), depositario dell’informazione, si passa attraverso la trascrizione all’RNA e grazie all’RNA si ottiene e si traduce una sequenza di acidi nucleici in una proteina, cioè una sequenza di amminoacidi. Quindi attraverso il dogma centrale della biologia, si parte da un’informazione custodita all’interno di un acido nucleico e trascrive e traduce per ottenere una sequenza di acidi nucleici, che formano la proteina. I tre meccanismi fondamentali all’interno di questo principio sono:  La replicazione, caratteristica esclusiva del DNA;  La trascrizione, il meccanismo che permette di passare da un acido nucleico DNA ad un acido nucleico RNA;  La traduzione, che permette il passaggio da RNA a proteina (sequenza amminoacidica). I meccanismi che regolano questo processo hanno delle implicazioni nell’ingegneria biomedica perché hanno permesso negli anni di sviluppare delle nuove tecnologie e metodologie per trattare certi tipi di patologie tramite la terapia genica. Oppure vengono utilizzati questi meccanismi proprio come delle “piccole industrie viventi”. Molto spesso vengono utilizzate le conoscenze di questo meccanismo proprio per la produzione di alcune proteine specifiche (ad esempio nello sviluppo di farmaci). Chiaramente il nostro obiettivo sarà quello di capire il meccanismo per avere le conoscenze necessarie per poterlo applicare a livello terapeutico in un contesto più ingegneristico. Per descrivere gli acidi nucleici dobbiamo passare attraverso i loro costituenti fondamentali che sono i nucleotidi. I nucleotidi sono delle biomolecole caratterizzate da una struttura che presenta tre elementi fondamentali: una base azotata, uno zucchero (in particolare un pentosio) e uno o più gruppi fosfati (da uno a tre). 1 Furlotti/Di Loreto 18 Bioingegneria chimica (Tonda Turo) 24/11/2020 Basi azotate Possono essere di due tipi: pirimidine o purine. Dal punto di vista chimico queste basi azotate: sia le pirimidine sia le purine sono composti eterociclici aromatici. Parlando del benzene abbiamo già visto le caratteristiche dei composti aromatici: il benzene non è un composto eterociclico mentre lo è la pirimidina o la purina perché presentano oltre al carbonio anche delle molecole di azoto. Le pirimidine presentano un azoto in posizione 1 e in posizione 3. Le purine, che sono più grandi, presentano due anelli nella struttura: uno che è simile alla pirimidina e l’altro è invece l’imidazolo. Anche in questo caso l'azoto è in posizione 3 e 1, come nelle pirimidine, mentre nel secondo caso è in posizione 7 e 9. Le basi azotate che descriveremo apparterranno una di queste due famiglie: si tratta sempre di strutture aromatiche. Pentosio Lo zucchero può essere di due tipi: ribosio o deossiribosio. Ciò che cambia tra questi due e zuccheri è che nel ribosio c’è un groppo OH in posizione 2, mentre nel deossiribosio, c’è un H (invece di un gruppo ossidrilico) in posizione 2 (rappresentati in verde). Osservazione: qui trovate un aspetto da ricordare: La numerazione dei carboni nell’anello del pentosio presenta un apice (’). La numerazione dello zucchero viene fatta inserendo questo “primo ‘ ”. Questo viene fatto esclusivamente per evitare di confonderlo con la numerazione della base azotata (dove si usa la numerazione 1-2-3-4, ecc). Nel pentoso si usa 1’-2’-3’, 4’,5’. Questa è semplicemente una convenzione: ci permette di identificare se stiamo parlando della base azotata o del pentosio. Gruppo/i fosfato Si possono avere più gruppi fatto da 1 a 3. Nei nucleotidi, a seconda del numero di gruppi fosfato:  Con un gruppo fosfato ho un nucleotide monofosfato (MPN);  Con 2 un nucleotide difosfato (NDP);  Con 3 un nucleotide trifosfato (NTP). 2

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