Capitolo 1 - Documenti Google PDF
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Questo documento è un capitolo introduzione al Novecento e alla storia contemporanea, descrivendo il Congresso di Vienna del 1814 come punto di partenza dell'età contemporanea. Il documento evidenzia le trasformazioni politiche, economiche e sociali che hanno caratterizzato quel periodo.
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ezione 1 = Introduzione al Novecento L Storia Contemporanea: Cos'è la storia contemporanea? Si tratta di un’associazione che, sul piano semantico potrebbe sembrare contraddittoria, poiché le due parole stridono, non sembrerebbero poter stare insieme Storia: è infatti un concetto che...
ezione 1 = Introduzione al Novecento L Storia Contemporanea: Cos'è la storia contemporanea? Si tratta di un’associazione che, sul piano semantico potrebbe sembrare contraddittoria, poiché le due parole stridono, non sembrerebbero poter stare insieme Storia: è infatti un concetto che rimanda al passato in modo indefinito, tanto da permettere agli uomini del presente di avviare delle riflessioni o, addirittura trarne degli insegnamenti Contemporaneo: significa invece che accade nello stesso tempo Domanda da porsi: può quindi esistere una storia contemporanea? Per arrivare a dare una risposta occorre prima definire un inizio di quella che viene definita età contemporanea. Quindi, chiediamoci quando inizia la storia contemporanea Risposta Congresso di Vienna La storiografia, e cioè la disciplina scientifica che si occupa di studiare, o più letteralmente di descrivere (dal greco graphia che deriva da graphé e cioè descrizione) il passato e quindi la storia individua la data di inizio della storia contemporanea nel 1814. In quell’anno si svolse infatti il Congresso di Vienna, che terminò nel giugno 1815, poco prima della sconfitta di Napoleone a Waterloo (18 giugno 1815) e che ridefinì l’assetto dell’Europa. Vi parteciparono, lo ricordo, Austria, Russia, Prussia e Regno Unito e a guidare i lavori vi era il cancelliere austriaco Metternich. Anche la Francia prese parte al Congresso, poiché venne considerata vittima dell’azione di Napoleone. Lo scopo del congresso era quello di ripristinare l’Ancien régime, ossia le monarchie assolute che erano al potere in Europa prima della Rivoluzione francese. Per questo motivo, l’epoca compresa tra il 1815 e il 1830 è stata definita età della Restaurazione. Il Congresso di Vienna in sintesi per ripristinare la politica europea adottò due criteri: il principio di legittimità, secondo il quale i sovrani che erano al trono prima della Rivoluzione francese e che poi erano stati spodestati da Napoleone dovevano tornare sui loro troni il principio di equilibrio, in base la quale le potenze europee avrebbero costruito un assetto politico stabile, in cui nessuno Stato avrebbe potuto prevalere sugli altri Con il congresso di Vienna si consolida il processo di costituzione degli stati nazionali, che saranno destinati a diventare i protagonisti della politica del vecchio continente. Infatti, dopo il Congresso di Vienna, si assiste a: stati che iniziano a ripensare la propria organizzazione burocratica, a migliorare i propri sistemi finanziari e militari, a fornirsi di migliori codici e strumenti giuridici rivoluzione industriale che porta a una trasformazione in senso economico e sociale della società che vede svilupparsi le grandi aree urbane Miglioramento dei trasporti via terra e via mare Miglioramento delle tecniche agricole Trasformazione della vita privata che vede imporsi una cultura tendente a dare maggiore spazio al piano individuale anche nella dimensione quotidiana Il contemporaneo sviluppo di tali fenomeni – che avrebbero impiegato decenni per affermarsi – ma che nel loro insieme indicano un cambiamento che aveva coinvolto l’intera Europa, portano a indicare il congresso di Vienna come data convenzionale di inizio dell’età contemporanea. In proposito occorre però tenere presente un elemento e cioè come i fenomeni elencati abbiano come principale teatro l’Europa (e solo in parte gli Stati Uniti che in questo periodo videro il consolidamento del loro modello politico), proponendo così un modello eurocentrico, frutto di un mondo che all’inizio dell’Ottocento considerava l’Europa come solo centro politico, intellettuale ed economico. E questo rappresenta un aspetto importante. roposte di periodizzazione: P Periodizzazione: nel caso della storia contemporanea appare molto difficile attuare una periodizzazione. Perché? Perché se, come abbiamo visto, possiamo individuare un inizio, la stessa cosa non può dirsi per la sua conclusione, che è impossibile da individuare. Cosa possiamo fare? Possiamo tracciare una periodizzazione Periodizzazione unificante: e cioè una periodizzazione periodizzazione riferita a eventi collocabili nell’età contemporanea. Una periodizzazione che può essere scandita come segue: 1815-1870 congresso di Vienna, rivoluzione industriale ed emergere degli Stati nazione 1870-1914: imperialismo e nazionalismo 1914-1945: le due guerre mondiali 1945-1991: la guerra fredda Post 1991: tempi recenti Buona parte di quella che abbiamo definito storia contemporanea si snoda lungo il Novecento che verrà declinato in alcuni dei suoi temi principali. Il Novecento Punto di partenza: per introdurre il Novecento iniziamo anche in questo caso da una domanda e cioè che cos’è il Novecento? Risposta: è molto difficile – se non impossibile – trovare un’unica definizione che racchiuda la complessità che attraversa l’intero secolo. Definizioni = Età dei lumi, Rinascimento, secolo delle nazioni, sono delle definizioni coniate dagli storici per etichettare delle epoche ben precise. Anche per il Novecento sono fiorite delle definizioni, da quelle che vogliono mettere in evidenza il senso complessivo del secolo, a quelle che ne sottolineano un aspetto ritenuto preminente. Quindi noi possiamo definire il Novecento come un secolo breve (Hobsbawm), lungo o spezzato (storico inglese Charles Maier) o, ancora come il secolo degli estremi, il secolo più terribile della storia occidentale (l’espressione è del filosofo inglese Isaia Berlin), il secolo dei massacri e delle guerre (del francese René Dumont) o il secolo più violento della storia dell’umanità (scrittore inglese William Golding). Caratteristiche del Novecento = Sebbene differenti tra loro, queste definizioni racchiudono un denominatore comune, e cioè quello di presentare al Novecento come un secolo in continuo divenire, nel quale si intrecciano cambiamenti, trasformazioni e contraddizioni che portano a un taglio netto rispetto al passato. Dunque quello che definisce il Novecento è un tempo segnato da una pluralità di eventi e di date, che rendono estremamente complesso un tentativo di organizzare il secolo seguendo espliciti riferimenti temporali. Periodizzazione = Dunque nel Novecento appare molto difficile mettere ordine. Infatti, soprattutto dopo il 1945, la storia del secolo è segnata da date, eventi e personaggi che spesso sfuggono a ogni tentativo di organizzazione secondo il principio della periodizzazione che rappresenta il punto di partenza di ogni interpretazione storiografica. Se ci ponessimo lo stesso interrogativo per i secoli precedenti non sarebbe difficile fornire una risposta universalmente condivisa. E questo perché? Perché per i secoli precedenti c’è sempre stato un evento, una tendenza predominante, un carattere più appariscente che ci ha permesso di racchiudere un’epoca in un’espressione sintetica. Un processo che porta, ad esempio, a definire il Seicento come il secolo dell’assolutismo e dell’economia, il Settecento come quello dei lumi e delle rivoluzioni, l’Ottocento come quello delle nazioni e del capitalismo. E l’elenco potrebbe proseguire all’indietro con gli stessi risultati. Per il Novecento il discorso è diverso, poiché si tratta di un secolo che si muove lungo un asse che privilegia i temi rispetto al quadro temporale. Questo vuol dire che quando arliamo del Novecento dobbiamo tenere presente il suo carattere frammentato, il suo p essere un secolo nel quale si intersecano trasformazioni demografiche, politiche, culturali, economiche e sociali che hanno avuto un impatto straordinario su molte società e, di conseguenza, sulla vita e l’identità di milioni di persone. Quindi il Novecento sfugge a una rigorosa periodizzazione. Questo non significa che una periodizzazione del Novecento non sia possibile. E’ solo più complicata perché alcuni dei passaggi che lo hanno caratterizzato sono ancora in pieno svolgimento. I temi del 900: Se una periodizzazione canonica del Novecento appare difficile, possiamo però tentare di mettere in luce quelli che sono i suoi passaggi cruciali, o almeno i più significativi. Un tentativo per far emergere alcuni "caratteri" del Novecento che lo distinguono da tutti i secoli precedenti e che consentono di ordinare e interpretare una notevole quantità di fatti e fenomeni che acquistano "senso" storico. Il Novecento è dunque: secolo delle guerre secolo delle ideologie secolo delle masse secolo dei totalitarismi secolo dei genocidi secolo dei razzismi secolo delle migrazioni secolo dei profughi secolo dei diritti secolo delle donne sviluppo/tecnologia secolo dei giovani 1) Secolo delle guerre: L’esperienza bellica attraversa l’intero Novecento che vede svolgersi tre guerre, due mondiali – quindi calde – e una fredda. Conflitti (e mi riferisco alle guerre mondiali) ai quali partecipa per mobilitazione o coinvolgimento forzato l’intera popolazione e che portano alla cancellazione della distinzione tra combattenti e civili. Conflitti differenti da quelli che li hanno preceduti per una serie di elementi come il potenziale e l’arsenale distruttivo a disposizione dei belligeranti, per il teatro planetario nel quale sono combattuti. Si tratta di guerre assolute che vedono scontrarsi diverse concezioni del mondo, diversi modelli di organizzazione sociale che ambiscono a imporre il proprio potere sull’intero pianeta attraverso la distruzione degli avversari. Si pensi, ad esempio alla prima guerra mondiale, in seguito alla quale scompaiono dalla carta geografica gli imperi che rappresentavano gli ultimi residui della vecchia Europa e si affermano gli stati nazione. Si pensi alla seconda guerra mondiale che si conclude con la scomparsa irreversibile del nazifascismo e con la cancellazione della Germania come stato unitario; infine si pensi alla Guerra fredda, che termina con la fine del “socialismo reale” comunemente indicato come comunismo e la disgregazione dell’Unione Sovietica. Le guerre che attraversano il Novecento sono caratterizzate da un elevato carico di violenza. Il XX secolo ha generato un bilancio complessivo di 110.000.000 di morti per guerra, dei quali circa 55.000.000 nella sola seconda guerra mondiale (stime più prudenti parlano di quaranta milioni, ma si tratta sempre di numeri considerevoli). A quelli delle due guerre mondiali, occorre aggiungere i milioni di morti dei 1.253 conflitti censiti tra il 1950 e il 1998. Il punto, al di là dei dati presentati, è che tre guerre mondiali (due calde e una fredda, con ques’ultima che ha inciso su centinaia di guerre locali), con i caratteri di distruttività e ferocia non hanno precedenti nella storia umana. Certo massacri e violenze hanno sempre segnato i conflitti, ma dobbiamo tenere presente come nessun secolo abbia pianificato la morte come il Novecento e che nessuna epoca, soprattutto, ha avuto a disposizione armi così distruttive per farlo. La guerra ideologica: Nel Novecento la guerra si combina e procede di pari passo con l’ideologia. La guerra è quindi una prosecuzione armata e violenta di uno scontro tra grandi sistemi ideologici che attraversano il secolo. Nel Novecento, la guerra è diventata uno scontro tra concezioni e 6 valori in cui la posta in gioco non è solo il predominio, ma l’imposizione di un sistema di pensiero su intere popolazioni. La guerra mondiale: Il teatro delle guerre del XX secolo è stato, per la prima volta nella storia, davvero mondiale. Inoltre alla guerra, per mobilitazione o per coinvolgimento forzato, ha partecipato tutta la popolazione. L’espressione fronte interno e fronte esterno è stata coniata durante la Grande guerra, quando iniziò in modo sistematico la cancellazione della distinzione tra combattenti e civili. Fu allora che venne formulato il nuovo paradigma della guerra totale, che ha registrato un’impressionante progressione. La definizione apparve per la prima volta in un’opera di Léon Daudet, La guerra totale, pubblicata a Parigi nel 1918. Durante la prima guerra mondiale il 15% dei caduti furono civili (secondo altre fonti il 5%), contro il 59% (o 45%) della seconda guerra mondiale, il 60% della guerra del Vietnam e l’80% circa registrato in Iraq e in altre guerre recenti. Si è trattato, lo ripeto, di “guerre assolute”, dove si scontravano diverse concezioni del mondo, diversi modelli di organizzazione sociale, che ambivano a dominare l’intero pianeta attraverso la distruzione degli avversari. In sostanza, la guerra è diventata la prosecuzione armata e violenta di uno scontro ideologico. 2) Secolo delle ideologie: I grandi sistemi ideologici attraversano tutto il secolo, mobilitandosi, gli uni contro gli altri, anche nei periodi di pace. Abbiamo prima parlato del carattere ideologico delle guerre del Novecento, che si caratterizza come secolo delle ideologie. Esse infatti non sono, come nell'età moderna, una questione che riguarda solo le élites, gli uomini di cultura, ma coinvolgono le masse, mobilitano la società intera. Il Novecento è lo scontro di queste ideologie di massa che diventano costitutive degli stati, tanto che abbiamo stati costruiti attorno a determinate ideologie (ad esempio stati definiti comunisti, stati fascisti) e che mobilitano le loro risorse in funzione dell'ideologia. 3) Secolo delle masse: Abbiamo parlato di masse che nel Novecento irrompono sulla scena: il XX secolo è dunque il secolo delle masse, mentre tutti quelli che lo hanno preceduto sono stati i secoli delle élites. Una novità che segna una rottura profonda con il passato. Certo, il processo di massificazione era già cominciato nell’Ottocento: l’ingresso delle masse nella storia è infatti 7 figlio della rivoluzione industriale e dell’affermazione del capitalismo. Ma non bisogna nemmeno sottovalutare l’effetto del progresso sanitario generale e dell’esplosione demografica. Sta di fatto che questo fenomeno dell’irruzione delle masse nella storia (prima di allora, e non a caso, anche la storia scritta era solo storia di élites) ha rappresentato un tratto distintivo del Novecento. Teniamo però ben presente un elemento e cioè che le masse di cui parliamo non sono semplicemente una grande quantità di popolazione, ma sono il risultato dell’intreccio di almeno cinque fattori fondamentali: la crescita demografica l’urbanizzazione affermazione del fordismo e del taylorismo nell’economia e nella produzione la diffusione dei consumi e un indubbio, anche se conflittuale, aumento del tenore di vita l’alfabetizzazione di massa a crescita delle masse, inoltre, porterà alla creazione di nuovo tipo di società, e cioè la L società di massa, ovvero una società che rimodella i comportamenti collettivi rispetto al passato e crea nuovi stili di vita. 4) Secolo dei totalitarismi: Fascismo, nazismo e stalinismo sovietico sono i tre grandi “totalitarismi” del secolo. Caratterizzati dalla presenza: a) di un apparato ideologico forte, teso a distinguere inesorabilmente tra “amico” e “nemico”, b) di un partito unico guidato da un capo carismatico detentore del potere pressoché assoluto, c) di un apparato propagandistico e repressivo inesorabile, in grado di azzerare ogni forma di dissenso e di assicurare quindi il pieno controllo sulle attività sociali, economiche, intellettuali e culturali. Dunque i regimi totalitari hanno segnato a fondo la storia del Novecento al punto da definirlo come il secolo dei totalitarismi. 5) Secolo dei genocidi: Lungo tutto il corso del Novecento si sono verificate deportazioni e stermini. Dagli armeni alla Shoah, passando per gli ucraini vittime del terrore stalinista, fino ad arrivare alla Cambogia e, in tempi più recenti, al Ruanda e alla Bosnia. Il Novecento ha visto milioni di persone restare vittime innocenti di programmi sistematici di eliminazione fisica. Due parole sul termine genocidio [chi sceglierà Bruneteau potrà approfondire questo passaggio], coniato nel 1944 dal giurista polacco di origine ebraica Robert Lemkin, che fu 8 applicato per la prima volta nel 1946 durante il Processo di Norimberga nell’atto di accusa contro alcuni grandi criminali di guerra processati nella città tedesca, accusati di aver compiuto un genocidio deliberato e sistematico e cioè lo sterminio di gruppi razziali e nazionali. La pubblica accusa del Tribunale di Norimberga usò questo termine nell’arringa conclusiva del processo. La parola indica un particolare crimine perpetrato a danno di una particolare etnia o di gruppi etnici e religiosi, mediante uccisione, dissociazione e dispersione di persone, e, ancora, mediante la distruzione di beni, monumenti e opere appartenenti a quel gruppo o a quell’etnia. Nel 1948 toccherà all’ONU, mediante un’apposita convenzione approvata all’assemblea generale delle Nazioni Unite, stabilire che il genocidio rappresentava un crimine secondo il diritto internazionale. E dunque coloro che si fossero macchiati di questo delitto, siano essi organi costituzionali di uno Stato, funzionari civili o militari, oppure semplici cittadini, debbano essere considerati “personalmente” e “singolarmente” responsabili del crimine stesso e pertanto sottoposti al giudizio del tribunale del luogo in cui è avvenuto il fatto oppure di un tribunale internazionale. 6) Secolo dei razzismi: Stabilire in modo arbitrario la presunta “inferiorità” biologica di una determinata etnia e operare, di conseguenza, in vista della sua discriminazione, anche in forma radicale e violenta, rappresenta la base del razzismo. Un fenomeno certamente non nuovo, ma che ha trovato nel Novecento modalità di espressione particolarmente cruente. 7) Secolo delle migrazioni: Il Novecento è il secolo delle migrazioni, che hanno avuto conseguenze enormi dal punto di vista della redistribuzione della ricchezza internazionale e della composizione demografica e culturale. Alla base delle migrazioni vi sono motivazioni di tipo economico o politico con caratteri di volontarietà, da non confondere con altri tipi di movimenti di popolazione come invasioni, conquiste, colonizzazioni e spostamenti forzati che hanno caratterizzato il secolo. Le migrazioni di tipo economico sono quelle più consistenti. E’ inevitabile partire dalle grandi migrazioni transoceaniche di fine/inizio secolo. Tra il 1890 e il 1914 si assiste a un massiccio flusso migratorio che coinvolge i Paesi dell’Europa mediterranea e orientale. Questa ondata migratoria deve essere compresa dentro il processo più ampio della rivoluzione industriale e della sua diffusione. 9 La crisi agraria europea che ebbe inizio negli anni Settanta dell’Ottocento svolge un ruolo scatenante, entre la riduzione delle barriere legali, e la riduzione dei costi di trasporto facilitano la m realizzazione del progetto di emigrare. Gli Stati Uniti (e in genere il continente americano) costituiscono il grande polo di attrazione per gli immigrati europei, date le enormi estensioni di terra disponibili, le leggi agrarie assai liberali, un’industria in rapida crescita e possibilità di impiego in continua espansione. Per completezza va detto che il fenomeno dell’emigrazione europea verso le Americhe non fu l’unico: dopo il 1870, 20 milioni di lavoratori cinesi ed indiani si trasferirono nei Paesi tropicali: Birmania, Sri Lanka, Africa orientale e meridionale, Asia meridionale; un milione di giapponesi si trasferì in Brasile; quasi otto milioni di russi si insediarono nella Russia asiatica, mentre vi fu un’altra direttrice dell’emigrazione europea verso l’Africa settentrionale e l’Oceania. Un flusso migratorio importante fu quello che riguardò gli ebrei dell’Europa orientale. Ne emigrarono un milione e mezzo tra il 1880 e il 1914 verso gli Stati Uniti, mentre mezzo milione raggiunse Sud America, Canada, Europa, Palestina. Alle cause economiche già note si aggiunse in questo caso l’atteggiamento persecutorio dello Stato russo verso questa comunità e i numerosi pogrom che la colpirono. Gli effetti della migrazione di inizio secolo sono stati importantissimi: essa ha favorito la crescita economica nelle zone di partenza (si pensi all’importanza, tra l’altro, delle rimesse degli emigranti nell’Italia giolittiana) allentando la pressione demografica e, nel contempo, anche quella sociale e politica (emigrazione di tanti anarchici e socialisti) e ha contribuito allo sviluppo e alla mescolanza etnico-culturale nei paesi d’arrivo. L’Italia ha offerto alle migrazioni di inizio secolo il flusso più consistente: tra il 1871 e il 1915 oltre 13,5 milioni di individui, prima dal Nord e poi soprattutto dal Sud, emigrarono nel resto d’Europa e oltremare. L’emigrazione italiana non si arresta nel primo decennio del Novecento, ma prosegue anche dopo. Sia verso l’Europa (Francia, Svizzera, Germania e Belgio) a partire dal primo dopoguerra, sia internamente (le grandi migrazioni dal sud verso il nord del paese che hanno il triangolo industriale Torino, Milano, Genova la principale meta delle parabole migratorie). 8) Secolo dei profughi: In fuga da guerre, conflitti e persecuzioni, espulsi dai paesi di origine o impossibilitati a rientrarvi per non restare vittime di discriminazioni e violenze, milioni di profughi, rifugiati, apolidi e richiedenti asilo sono stati protagonisti, soprattutto a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, di migrazioni forzate e spostamenti coatti di popolazione. 10 Verificatisi in misura maggiore a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, tali fenomeni hanno propagato la loro eco fino alla fine del secolo, per poi esplodere in maniera fragorosa nei primi anni del nuovo millennio. Si parla di spostamenti forzati di popolazione ovvero di fenomeni che avvengono in Europa lungo una linea immaginaria tracciata dal Mar Baltico all’Adriatico. Iniziano in realtà con le guerre balcaniche del 1912-1913 e raggiungono il loro apice nel decennio il decennio 1939- 1949, caratterizzato dai più vasti spostamenti coatti di popolazione nella storia europea. Un quadro contrassegnato da espulsioni e scambi forzati, riguardanti slovacchi, ungheresi, serbi, croati, sloveni, polacchi e, soprattutto, intere comunità di tedeschi, strappate dai territori assegnati alla Polonia e alla Cecoslovacchia dopo il crollo del Reich tedesco. Fenomeni che interessano da vicino anche la storia del nostro paese, con l’esodo di gran parte della popolazione italiana dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, passate dopo la guerra sotto la sovranità della Jugoslavia di Tito. 9) Secolo dei diritti: La resistenza al totalitarismo, la lotta per la libertà e per la democrazia ha caratterizzato il Novecento portando, nel secondo dopoguerra, alla nascita di una cultura dei diritti umani, che trova il suo riconoscimento più alto nella Dichiarazione universale dei iritti dell’uomo, contenuta nella carta di fondazione dell’ONU. Questo documento, tra i frutti d più elevati del Novecento, rappresenta non solo il minimo comune denominatore della convivenza tra i popoli, ma costituisce l’unica scala di valori universalmente sottoscritta (almeno in massima parte) e, quindi, da rispettare. 10) Secolo delle donne: Il Novecento è il secolo delle donne, che irrompono sulla scena verso l’affermazione della propria emancipazione sociale e civile come soggetto autonomo, non più sottoposto all’autorità maschile. Un elemento che distingue il XX secolo da quelli precedenti, nei quali la donna raramente raggiungeva visibilità in una società gerarchicamente maschilizzata. Questo vuol dire che la storia del Novecento è una storia scritta da uomini e donne, nella quale le differenze di genere assumono il carattere di un elemento che distingue il secolo da quelli precedenti, nei quali la soggettività femminile restava segregata nei vincoli di società gerarchiche dominate dalla figura maschile. Si tratta – per quanto contraddittoria, stante la persistenza di radicate disuguaglianze sul piano socio-economico e culturale - di una rivoluzione nella distribuzione dei poteri, dei ruoli e delle gerarchie sociali. 11) Sviluppo/tecnologia: Il Novecento è il secolo del possibile, e cioè l’età dei grandi sviluppi tecnologici. Pensiamo ad esempio alla produzione in serie, alle catene di montaggio, introdotte nell’industria dell’automobile alla vigilia della prima guerra mondiale, alle acciaierie a flusso continuo degli anni Cinquanta, fino ad arrivare al modello fordista che assoggetta il maggior numero di operai a un processo produttivo controllato dall’alto mirante a fornire grandi quantità di prodotti standardizzati. Le linee di navigazione incrementano il traffico economico, le linee aeree costituiscono un’innovazione fondamentale nel superamento dello spazio dopo la prima guerra mondiale e, ancor di più, dopo la seconda. Nel Novecento, quindi, la tecnologia ha reso possibile ciò che prima era confinato nella sfera dell’immaginazione e del mito, come volare o rendere artificiale gran parte della vita quotidiana o come l’avvento delle tecnologie digitali e biologiche. C’è chi ha denominato per questo il Ventesimo secolo come Il secolo del possibile, ossia della fantasia diventata realtà. 12) Secolo dei giovani: Il Novecento è il secolo dei giovani. Resistenze, rifiuti, tensioni e ribellioni delineano il comportamento della gioventù. A partire dagli anni Cinquanta i giovani diventano un soggetto sociale, irrompono nello spazio pubblico contribuendo all’affermazione, in tutto il mondo occidentale, di comportamenti collettivi, culture, mode e dinamiche sociali radicalmente differenti rispetto al passato. Essere giovani da questo momento diventa un valore e i giovani dimostrano di voler abbandonare il ruolo di comparse per assumere quello di protagonisti. E il Novecento consente loro di ritagliarsi a pieno questo ruolo.