Cap 6 Transistori Bipolari a Giunzione PDF

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V. Daneu, G. Lullo, S. Riva Sanseverino

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transistor electronics semiconductors physics

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This document provides a detailed explanation of bipolar junction transistors (BJT), including their structure, operation principles, and characteristics. It covers topics such as doping, diffusion, junction formation, and the characteristics of input and output. The document is aimed at an advanced level understanding of semiconductor.

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CAPITOLO VI TRANSISTORI BIPOLARI A GIUNZIONE (V. Daneu, G. Lullo, S. Riva Sanseverino) 6.1. - Introduzione. Consideriamo una struttura realizzata nel modo schematizzato in fig. 1....

CAPITOLO VI TRANSISTORI BIPOLARI A GIUNZIONE (V. Daneu, G. Lullo, S. Riva Sanseverino) 6.1. - Introduzione. Consideriamo una struttura realizzata nel modo schematizzato in fig. 1. Le fasi illustrate sono a) le seguenti: p a) Una barretta di silicio di tipo p viene ricoperta su due strisce laterali (zone tratteggiate) di un sottile strato di biossido di silicio. b) All’interno di un tubo di quarzo, ad una + temperatura sufficientemente elevata (800° - b) n p 1200° C), la faccia superiore della barretta viene esposta a un gas contenente impurità di tipo n (atomi donatori). Nella zona non ricoperta da SiO2 le impurità diffondono entro il materiale, inizialmente di tipo p. Dopo un tempo sufficiente, si + c) n avrà un drogaggio prevalentemente di tipo n, anzi p + n , in prossimità della superficie. La concentrazione ND decresce con la profondità; a una certa profondità essa risulta eguale a NA, e in corrispondenza di questa profondità si ha una p++ giunzione, la cui superficie è rappresenta da una d) + n p linea nella figura. c) Parte della zona che è stata esposta al B E drogaggio n viene adesso ricoperta di SiO2: strisce a semplice tratteggio. d) Il drogaggio per diffusione ad alta temperatura viene ripetuto sulla parte esposta p++ + e) n (zona non tratteggiata) questa volta con impurità di p tipo p: si ottiene così una regione di semiconduttore di tipo p++ (forte concentrazione NA) prossima alla Fig.1 V. Daneu, G. Lullo, S. Riva Sanseverino - Transistori bipolari a giunzione VI. 2 superficie, e una nuova giunzione in corrispondenza della profondità in cui le concentrazioni droganti complessive di tipo opposto hanno lo stesso valore. e) Gli strati di ossido vengono adesso eliminati, e dei contatti metallici (contatti ohmici) vengono depositati in corrispondenza delle tre zone che si sono venute a creare nella barretta; si ottengono così tre terminali. Quanto precede è una descrizione ultra-schematica della costruzione di un transistore planare diffuso al silicio. Generalmente vengono usate fette circolari di vari pollici di diametro (nel 2003, 12 pollici), da cui è possibile ricavare parecchi transistori sezionando le fette nelle due direzioni ortogonali sul piano della fetta. Per studiare nel modo più semplice il funzionamento del dispositivo descritto, ci riferiremo ad un modello unidimensionale idealizzato, corrispondente alla struttura compresa fra le due linee tratteggiate della fig. 1 e), che si può rappresentare come in fig. 2. La figura è la schematizzazione di un transistore p-n-p; con le Fig.2 tecniche descritte si può realizzare anche una struttura n-p-n le cui proprietà sono analoghe. Un transistore consiste dunque in due giunzioni p-n del tipo studiato nel capitolo II, poste l’una vicina all’altra: lo spessore della zona intermedia, detta base, è dell’ordine del micron. Le altre due regioni (ambedue di tipo p, anche se con differenti concentrazioni nel transistore p-n-p) vengono chiamate emettitore e collettore e le loro funzioni sono, in linea di principio, intercambiabili In base a quanto visto sui diodi a giunzione, possiamo prevedere che esaminando il comportamento elettrico dei bipoli emettitore-base o base-collettore (lasciando cioè isolato, o aperto, il terzo terminale) si riscontrerà la tipica caratteristica unidirezionale delle giunzioni p-n. Se invece le due giunzioni vengono polarizzate contemporaneamente, esse si influenzano reciprocamente e i fenomeni che si verificano sono del massimo interesse. Nel funzionamento normale una delle giunzioni viene polarizzata direttamente, come indicato nella fig. 3, mentre all’altra viene applicata una tensione inversa. Come già detto, la zona intermedia n+ si chiama base, la zona p a tensione negativa collettore, quella p++ a tensione positiva emettitore; le tensioni si intendono misurate rispetto alla base, presa come elettrodo di riferimento nel circuito di fig. 3. La presenza della corrente attraverso la giunzione emettitore-base fa sì che la corrente nell’altra giunzione abbia un valore molto maggiore della normale corrente inversa del V. Daneu, G. Lullo, S. Riva Sanseverino - Transistori bipolari a giunzione VI. 3 “diodo” base-collettore, e sia prossima, nei normali transistori, a quella di emettitore. Quest’ultima è una corrente diretta e può essere variata a piacere agendo sulla resistenza o sulla forza elettromotrice nel circuito di emettitore. E' possibile spiegare questo fatto ricordando quanto visto nel capitolo riguardante i diodi. Supponiamo inizialmente di non avere corrente nel circuito di emettitore (resistenza infinita, cioè circuito aperto). La corrente di Fig.3 collettore è in questo caso la corrente inversa della giunzione n+-p. Se ora facciamo passare una certa corrente nella giunzione emettitore-base, parte di questa corrente (la maggior parte, con i drogaggi indicati in fig. 3) è costituita da lacune iniettate nella base. Una parte delle lacune iniettate nella base raggiunge il margine della zona spaziale tra base e collettore; queste lacune vengono immediatamente spazzate dal campo elettrico esistente nella giunzione e raccolte dal collettore. Se lo spessore della base è piccolo rispetto alla lunghezza di diffusione Lp, la maggior parte delle lacune provenienti dall'emettitore viene raccolta dal collettore, e la corrente nella giunzione di collettore è prossima al 100% di quella entrante nel terminale dell’emettitore. p-n-p Il piccolissimo spessore della larghezza della zona di base rende impossibile la realizzazione di un transistore disponendo di due diodi e contrapponendoli. Nelle applicazioni circuitali, il transistore viene indicato con i simboli della fig. 4, riferentisi a strutture p-n-p o n-p-n rispettivamente. n-p-n Dalla precedente descrizione del funzionamento, si evince che l’effetto transistorico è sostanzialmente basato sulla diffusione dei portatori iniettati dall’emettitore nella regione di base, dove diventano portatori minoritari; per questo motivo, a Fig.4 differenza di quanto visto a proposito dei FET, il transistore a giunzione è un dispositivo bipolare, in quanto la corrente è trasportata da entrambi i tipi di portatori (elettroni e lacune). Inoltre risulta chiara l’origine delle denominazioni “emettitore" e “collettore”. Il termine “transistore” deriva dalla parola inglese transistor, abbreviazione di transfer resistor, cioè V. Daneu, G. Lullo, S. Riva Sanseverino - Transistori bipolari a giunzione VI. 4 “resistenza trasferita”. Ricordando infatti la definizione di resistenza equivalente statica data nel precedente capitolo, la resistenza statica del circuito di collettore (tra i terminali C e B, fig. 3) risulta funzione della corrente nel circuito di emettitore, che quindi esercita una funzione di controllo. La denominazione di “base” adottata per la zona intermedia, come pure i simboli della fig. 4, sono legati alla struttura dei primi transistori. Nella versione originale in cui fu inventato nel 1947 da Bardeen, Brattain e Shockley, [secondo alcune fonti il 23 dicembre 1947, da Brattain e Bardeen presso i Bell Telephone Laboratories (USA) e nello stesso periodo da Shockley presso la Hughes (USA)], il transistore consisteva di una base di semiconduttore su cui poggiavano due punte metalliche, con una struttura molto simile ai simboli della fig. 4. A seconda che il semiconduttore (originariamente germanio) fosse di tipo p o n , i contatti "puntiformi” metallo-semiconduttore si comportavano come giunzioni n-p o p-n rispettivamente. Il transistore a punte di contatto aveva un funzionamento simile, nelle grandi linee, a quello della struttura più recente descritta nella fig. 1 (transistore a giunzione); il suo comportamento però risultava grandemente variabile da un esemplare all'altro e meno utile per le applicazioni, cosicché la tecnica originale è stata completamente abbandonata a favore delle tecniche di giunzione. 6.2. – Caratteristiche di ingresso e di uscita del transistore. Per un diodo, dispositivo con due soli terminali, esiste una relazione univoca tra tensione applicata e corrente. Nel circuito di fig. 3, invece, si hanno quattro variabili interdipendenti: tensione e corrente di emettitore, tensione e corrente di collettore. Il funzionamento del transistore si può analizzare sperimentalmente per mezzo di famiglie di curve che descrivono l'andamento di una grandezza elettrica in funzione di un'altra, mantenendo costante, per ogni curva di una data famiglia, il valore di una delle rimanenti due variabili. Riferendoci al circuito di fig. 3, il comportamento del transistore è descritto completamente da due famiglie di curve: le caratteristiche di emettitore a tensione di collettore costante, e le caratteristiche di collettore a corrente di emettitore costante, mostrate, per un transistore al silicio più o meno tipico, in fig. 5. Le caratteristiche di ingresso rappresentano la corrente di emettitore IE, in funzione della tensione emettitore-base VEB, per valori costanti della tensione collettore-base VCB. Le curve IE(VEB) sono essenzialmente determinate dalla caratteristica diretta del diodo base- emettitore, e risultano assai poco influenzate dalla tensione collettore-base, come si vede dalla fig. 5.a). Le caratteristiche di uscita rappresentano la corrente di collettore IC in V. Daneu, G. Lullo, S. Riva Sanseverino - Transistori bipolari a giunzione VI. 5 Fig.5 funzione di VCB (quest'ultima grandezza ha valori negativi nel funzionamento che abbiamo chiamato "normale” rappresentato in fig. 3) per valori costanti di IE, e hanno un andamento che rispecchia le considerazioni precedenti sull'effetto transistorico. Per IE = 0 (circuito di emettitore aperto) si ha la caratteristica inversa della giunzione base-collettore, pressoché coincidente con l'asse delle ascisse di fig. 5 b). Per un certo valore della corrente di emettitore la corrente di collettore risulta un pò minore e pressoché indipendente da VCB, purché VCB sia negativa (polarizzazione inversa tra collettore e base). A tensioni di collettore elevate (in valore assoluto) la corrente di collettore comincia a discostarsi da questo andamento costante, a causa di fenomeni che dovremo vedere più in dettaglio nel seguito. Riassumendo, le caratteristiche di fig. 5 mostrano che la corrente di collettore può venire controllata, in modo pressoché indipendente dalla tensione di collettore, per mezzo della corrente di emettitore. Si vede anche, essendo IC di poco minore di IE = IC + IB, che la corrente di base è assai più piccola, in valore qualche percento di quella di collettore. Se le due giunzioni sono polarizzate nel modo opportuno la funzione di controllo può essere esercitata dalla corrente di base anziché da quella di emettitore. Il transistore presenta in questo caso un guadagno di corrente o fattore di amplificazione della corrente, tra ingresso e uscita, maggiore dell'unità. Ciò è illustrato nella fig. 6, in cui le tensioni sono misurate rispetto Fig.6 all’emettitore preso come elettrodo di riferimento (VE = 0). V. Daneu, G. Lullo, S. Riva Sanseverino - Transistori bipolari a giunzione VI. 6 Fig.7 Anche per questa connessione, il comportamento del transistore è descritto da famiglie di caratteristiche, che si possono dedurre da quelle di fig. 5 o ricavare sperimentalmente per mezzo del circuito di fig. 6. La fig. 7 rappresenta le caratteristiche di uscita, corrente di collettore in funzione della tensione collettore-emettitore, per valori costanti della corrente di base, e quelle di ingresso, corrente di base in funzione della tensione base-emettitore, per valori costanti della tensione collettore-emettitore. Anche in questo caso le caratteristiche di ingresso risultano poco dipendenti dalla tensione di collettore, e sono quindi molto vicine fra loro. Le caratteristiche di collettore sono più inclinate rispetto all'asse delle tensioni di quelle di fig. 5, e l'incurvamento verso l'alto si presenta per tensioni minori. Si noti anche che a differenza delle caratteristiche di fig. 5 b), il tratto a piccola pendenza delle curve di fig. 7 b) non incrocia l'asse delle ordinate. Le due connessioni mostrate dalle figg. 3 e 6 si chiamano rispettivamente connessione a base comune e connessione a emettitore comune, e gran parte dei circuiti in cui vengono utilizzati transistori può essere ricondotta all'una o all'altra connessione, e studiata con le caratteristiche e i parametri relativi a quella connessione. 6.3. – Parametri fondamentali del transistore a giunzione. Il parametro più importante nello studio del funzionamento di un transistore è il fattore di amplificazione di corrente, rapporto fra la corrente di uscita e quella di ingresso. Per il circuito a base comune, esso è: V. Daneu, G. Lullo, S. Riva Sanseverino - Transistori bipolari a giunzione VI. 7 IC α = h FB = IE e per il circuito a emettitore comune IC β = h FE = IB I simboli usati derivano dalla terminologia dei primi lavori sui transistori e sono ormai di uso comune. Poiché (1) IE = IC + IB risulta immediatamente α (2) β= 1 −α Dalle caratteristiche di uscita delle figg. 5 e 7 risulta che per il transistore considerato, nella regione normale (o attiva) di funzionamento, α è leggermente minore dell’unità mentre β è prossimo al centinaio; questi sono valori normali. E' importante definire anche un guadagno di corrente differenziale o per piccoli segnali ad emettitore comune (ciò viene messo in evidenza dai pedici con carattere minuscolo); esso è il rapporto fra le variazioni: ∂ IC ∆ IC (3) h fe = = lim ∂ IB V CE =cos t. ∆IB V CE =cos t. Anche questo parametro può ricavarsi graficamente dalle caratteristiche, e, come hFE, esso risulta variabile al variare del punto di funzionamento considerato; per esempio, dalla fig. 7 b) si vede che sia hFE che hfe risultano minori in corrispondenza di valori di corrente elevati. E’ evidente che se hFE fosse costante, anche hfe sarebbe costante, e precisamente uguale ad hFE. Dalle definizioni dei due parametri si ricava facilmente una relazione fra essi: h FE (4) h fe = I C ∂ h FE 1− h FE ∂ I C V. Daneu, G. Lullo, S. Riva Sanseverino - Transistori bipolari a giunzione VI. 8 ∂ h FE che conferma quanto detto, in quanto hfe = hFE se =0. ∂ IC Analoghe considerazioni possono farsi per il guadagno a base comune per piccoli segnali, hfb. Esercizio: Ricavare la (4). Nei circuiti delle figg. 3 e 6, come si è visto, la corrente all'ingresso del transistore controlla quella all'uscita, nel senso che la corrente di collettore è approssimativamente proporzionale a quella di emettitore (fig. 3) o a quella di base (fig. 6). La potenza all'uscita ( | VCE x IC | ) risulta, in entrambi i casi, maggiore di quella all’ingresso ( | VEB x IE | o | VBE x IB | ). E’ questa la caratteristica più importante del transistore: esso consente di controllare una certa potenza nel circuito di uscita mediante una potenza più piccola a) impegnata nel circuito d’ingresso. 6.4. - Amplificazione nei circuiti con transistori. Si può anche vedere come sia possibile utilizzare un transistore per amplificare piccoli segnali, ossia piccole b) variazioni di tensione o corrente. Mentre rimandiamo al corso di elettronica per una trattazione dettagliata dei circuiti amplificatori, ci proponiamo qui di illustrare in modo elementare e qualitativo l'uso del transistore come amplificatore, nelle due connessioni sopra accennate. Consideriamo il semplice circuito di figura 8 (a), in cui in serie al collettore è inserita una resistenza di carico RC. Inserendo nel circuito di ingresso un generatore di segnale (tensione Fig.8 V. Daneu, G. Lullo, S. Riva Sanseverino - Transistori bipolari a giunzione VI. 9 in questo caso) alternativo, di ampiezza piccola rispetto alla forza elettromotrice continua presente nel circuito, la corrente di collettore varia nel tempo attorno al valore statico che ha in assenza di segnale. La figura 8 (b) rappresenta l’andamento in funzione del tempo delle altre grandezze elettriche del circuito. Si vede che la amplificazione di tensione ∆VCE /∆Vi risulta maggiore dell'unità, per valori sufficientemente grandi di RC ; l'amplificazione di corrente ∆IC /∆IE risulta invece minore di 1, a) e pari all'incirca ad hfb. In un circuito ad emettitore comune, come in fig. 9 (a) può aversi amplificazione sia per variazioni di tensione che per quelle di corrente; ciò risulta chiaramente dai grafici della fig. 9 (b). L’amplificazioni di corrente è prossima ad hfe; si noti però che essa non coincide esattamente con hfe, ma è minore. Ciò perché b) il guadagno di corrente hfe è definito per tensione di collettore costante; mentre nel circuito di fig. 9 (a) (e anche in quello di fig. 8 (a)) le variazioni di IC comportano variazioni della tensione di collettore: a causa della pendenza delle caratteristiche fig. 7 (b), il rapporto ∆IC /∆IB risulta minore di hfe. Tutto quanto si è detto finora si applica anche, come è ovvio, a transistori n-p-n , tenendo conto dei differenti versi di tensioni e Fig.9 correnti. Esercizio: Indicando con hoe il valore della pendenza (supposta costante) ∂ IC , si trovi una espressione analitica per l'amplificazione di ∂ V CE I B =cos t. corrente per piccoli segnali del circuito di fig. 9 (a), in funzione di hfe, hoe ed Rc.  ∆ IC h fe   Ai = =   ∆ I B 1 + R c h oe    V. Daneu, G. Lullo, S. Riva Sanseverino - Transistori bipolari a giunzione VI. 10 6.5. - Determinazione del fattore α. In questo paragrafo ed in quelli che seguono ci riferiremo ad un transistore n-p-n. Si tenga presente che, come già si è detto, il principio di funzionamento è identico sia che si tratti una struttura p-n-p che n-p-n. La differenza consiste nel tipo di cariche che determinano l'effetto transistorico, elettroni nel tipo n-p-n, lacune nel tipo p-n-p. Con le convenzioni da noi adottate per i simboli, i segni delle tensioni relative al funzionamento normale risultano opposti per le due strutture. A parte ciò, l'andamento generale delle caratteristiche è quello descritto nel paragrafo 6.2, e ad esso ci riferiremo. 6.5.1.- Le componenti della corrente di base. Consideriamo dunque un transistore ++ + n -p -n in condizioni normali di funzionamento: esso sia polarizzato come in fig. 10, ove sono indicati i versi effettivi delle tre correnti. Ci proponiamo di studiare l’andamento, nelle varie regioni, della corrente dovuta agli elettroni entranti dal Fig.10 terminale di emettitore, al fine di trovare delle relazioni quantitative tra IE, IB e IC. Per facilitare il nostro studio supporremo che le due giunzioni abbiano concentrazioni droganti con andamenti a gradino. La trattazione di questo modello semplificato del transistore costituisce un’estensione di quanto visto precedentemente sulle giunzioni p-n. In fig. 11 viene mostrato che a grande distanza dalla giunzione emettitore-base, nella zona neutra dell’emettitore, la corrente trasportata dagli elettroni (cariche maggioritarie) è uguale a quella entrante dal Fig.11 V. Daneu, G. Lullo, S. Riva Sanseverino - Transistori bipolari a giunzione VI. 11 terminale E. In prossimità della giunzione si nota una diminuzione (componente (1) della corrente di base) dovuta alle lacune provenienti dalla base. Un’ulteriore diminuzione, indicata con (2), si ha nella zona di svuotamento del diodo emettitore-base, a causa della ricombinazione di elettroni e lacune. Dall'inizio della regione neutra di base, fino al margine sinistro della zona di svuotamento tra collettore collettore e base, la corrente elettronica (corrente di diffusione) decresce perché alcuni degli elettroni si ricombinano con le lacune ivi presenti: quest’ultima diminuzione è stata indicata con (3). La corrente elettronica che raggiunge la zona di svuotamento fra collettore e base si ritrova di collettore se si ammette di poter trascurare sia il processo di moltiplicazione nella zona di svuotamento che la corrente inversa del diodo base-collettore. La corrente di base è la somma delle componenti (1), (2) e (3), come è chiaro dalla (*) fig.11. Per determinarne il valore, iniziamo con lo scrivere l'equazione della diffusione nella regione neutra di base: ∂2np n p − n po (5) Dn − =0 ∂ x2 τn con le condizioni al contorno: V EB −q (6) n p ( 0 ) = n po e kT (si ricordi che con i versi assunti nel caso in esame VEB è intrinsecamente negativo) e (7) n p (W B )=0, dove si è assunta l'origine dell'asse x all'inizio della zona neutra di base, e si è indicato con WB lo spessore della detta zona e con npo la concentrazione degli elettroni mobili in condizioni di equilibrio (pari a ni2/NA). La prima condizione è identica alla (21) del cap. II, dato che il diodo emettitore-base è polarizzato in senso diretto; la seconda è stata discussa a proposito della (11) del cap. II , nell'analisi della corrente inversa. La soluzione dell'equazione differenziale (5) con le condizioni al contorno (6) e (7) è: (*) Al solo scopo di ottenere una maggiore chiarezza grafica, nella figura non sono state rispettate le normali proporzioni fra le tre correnti IE, IB, IC. Nei transistori di comune impiego, IB è di due ordini di grandezza inferiore a IE. V. Daneu, G. Lullo, S. Riva Sanseverino - Transistori bipolari a giunzione VI. 12  x  WB − x  senh  senh 1 − Ln  + n (0 )− n Ln (8) n p ( x ) = n po  WB  p [ po ] WB  senh  senh  Ln  Ln Dato che in condizioni normali -VEB >> kT/q, si ha che np(0) >> npo, e la (8) si può approssimare con la formula più semplice: WB − x senh Ln (9) n p ( x ) ≅ n p (0 ) WB senh Ln Quest'ultima espressione si può ancora semplificare, se è WB > Ln. Si ha infatti:  x  (10) n p ( x ) ≅ n p ( 0 )  1 −   se è WB > Ln. Come è stato già detto, nei transistori lo spessore della base è normalmente assai minore della lunghezza di diffusione delle cariche minoritarie, quindi l’andamento della concentrazione np(x) si può approssimare con l’espressione lineare data dalla (10). Pertanto la corrente trasportata dagli elettroni che diffondono nella regione neutra di base vale con buona approssimazione: V EB V EB dn p n p (0 ) n i2 −q −q (12) I Dn = − qAD nB ≅ qAD nB = qAD nB e kT = I Dno e kT dx WB N AWB x =0 (*) avendo indicato con A l’area della giunzione EB. [Si ricordi che in questo caso IDno è diverso dalla quantità indicata con lo stesso simbolo a proposito del diodo]. (*) Si osservi che nella schematizzazione usata per il transistore, l’area trasversa della regione di base è supposta in ogni punto eguale all'area di giunzione. V. Daneu, G. Lullo, S. Riva Sanseverino - Transistori bipolari a giunzione VI. 13 A questo punto possiamo ripetere la trattazione per ricavare la corrente dovuta alle lacune che vanno dalla base all'emettitore. Valgono le stesse condizioni al contorno che sono state date nel cap. II a proposito del diodo polarizzato direttamente; si ottiene pertanto: V EB V EB p n ( − W EB ) n i2 −q −q (13) I Dp ≅ q A D pE = q A D pE e kT = I Dpo e kT L pE N DE L pE con il consueto significato dei simboli, essendo pn (- WEB) >> pnoE. Tale corrente dà la componente (1) del diagramma di fig. 11. La componente (2) dovuta alla ricombinazione nella regione di carica spaziale tra emettitore e base, in analogia a quanto si è fatto nel cap. Il, può essere scritta: V EB −q (14) I R = q A W EB ( V EB ) G e 2 kT al variare di VEB, IR si comporta quindi in modo differente da IDp e IDn. 6.5.2.- L’efficienza di emettitore. Un parametro molto utile per descrivere l'iniezione di cariche minoritarie nella base è il rapporto: I Dn I Dn (15) γ = = IE I Dn + I Dp + I R indicato comunemente come efficienza di emettitore, intendendosi che il transistore è tanto migliore quanto più γ si avvicina all'unità, cioè quanto minori sono IDp e IR rispetto a IDn. Esercizio: Si esprima il rapporto fra le correnti IDp e IDn in funzione delle conduttività σE e σB delle regioni emettitore e di base.  I Dn σ E L pE D nB µ pB   =   I Dp σ B W B D pE µ nE    V. Daneu, G. Lullo, S. Riva Sanseverino - Transistori bipolari a giunzione VI. 14 6.5.3. - Il fattore di trasporto. Della corrente elettronica entrante nella regione neutra di base, una parte (in genere piccola) si perde per ricombinazione in tale regione. Osserviamo che per valutare questa frazione di IDn (che si ritrova come corrente di base) non possiamo utilizzare la distribuzione della concentrazione data dalla (10), ma dobbiamo riferirci alla formula più esatta (9). Infatti in base alla (10) si avrebbe una corrente di diffusione costante in tutto lo spessore della base. Definiamo pertanto un fattore di trasporto αT, rapporto fra la corrente elettronica che giunge sul collettore e quella entrante nella regione neutra di base:  dn p  q Dn    dx  x =W B αT =  dn p  q Dn    dx  x =0 Eseguendo le derivate, si trova: 2 1 1  WB  (16) αT = ≅ 1 −    WB 2  L nB  cosh L nB l’approssimazione essendo valida per WB > 1. La dipendenza di M dalla tensione è tale che esso, partendo dall’unità per piccole tensioni, tende rapidamente a valori infiniti quando VCB si avvicina alla tensione di rottura, indicata col simbolo BVCBO: questo è rappresentato in fig. 23, b. Si può pensare di ottenere la curva della corrente inversa effettiva (fig. 23, c) come prodotto dei diagrammi a) e b). Nella connessione a emettitore comune la Fig.23 concomitanza dell'effetto valanga con I’effetto transistorico può abbassare notevolmente il valore BVCEO della tensione di rottura per lB = 0. Per vedere ciò, scriviamo di nuovo il bilancio delle correnti per il circuito di fig. 22, tenendo conto della moltiplicazione: ICEO = ( ICBO + γ αT IE ) M V. Daneu, G. Lullo, S. Riva Sanseverino - Transistori bipolari a giunzione VI. 30 Poiché è ancora IE = ICEO, si ha: M I CBO (30) I CEO = 1−γ αT M La (30) mostra che la corrente di collettore tende a valori infiniti, ossia si ha la rottura, per 1 M→ anziché per M tendente a infinito: γ αT dalla fig. 21, b) è chiaro che ciò avviene per Fig. 24 tensioni di collettore minori di BVCBO. Si ha dunque: (31) BVCEO < BVCBO E’ anche evidente che quanto più γ αT è prossimo all'unità, tanto minore è il valore che M deve assumere perché si abbia la rottura. Si vede così che quanto più elevato è il guadagno di corrente, tanto minore, a pari tensione di rottura a base comune, è la tensione massima che può essere applicata a un transistore nella connessione a emettitore comune. Esercizio: La dipendenza del fattore di moltiplicazione M dalla tensione può essere 1 rappresentata approssimativamente dalla formula M =   V   n 1 −      BV   essendo BV la tensione di rottura della giunzione considerata, e n un esponente compreso fra 3 e 6. Si trovi una relazione approssimata fra la tensione di rottura a base comune, BVCBO e quella a emettitore comune, BVCEO , in funzione del guadagno di corrente.  BV CEO   ≅ 1   BV n   CBO h FE  La caratteristica di collettore per IB = 0, mostrata nella fig. 24, presenta un rientro verso l'asse delle ordinate: si nota cioè che per correnti piccole la tensione diminuisce allo aumentare della corrente. Questo fatto si spiega facilmente se si considera che, in base alla (30), perchè si abbiano correnti di collettore rilevabili alla scala normalmente usata per le V. Daneu, G. Lullo, S. Riva Sanseverino - Transistori bipolari a giunzione VI. 31 Fig.25 Fig.26 M caratteristiche IC(VCE), il fattore deve essere estremamente grande, data la 1−γ αT M piccolezza di ICBO. La curva della fig. 22 è rappresentata quindi, con ottima approssimazione, dall'equazione (implicita): 1 (32) M(V ) = γ ( I )αT Per correnti molto piccole, γ aumenta con la corrente di collettore; questo fatto unitamente all'andamento della funzione M(V) spiega come la curva rientri inizialmente verso l’asse delle ordinate. Ha anche interesse considerare il funzionamento del transistore con ingresso cortocircuitato, anziché aperto; è ovvio che in questo caso le due connessioni, a base comune e ad emettitore comune, coincidono. La tensione di rottura relativa a questo caso si indica col simbolo BVCES. Normalmente essa è quasi uguale a BVCBO, in quanto non avendosi polarizzazione sulla giunzione di emettitore manca l'iniezione di cariche nella base, e quindi l'effetto transistorico. Il “quasi” è dovuto alla resistenza di base (par.6.7): a causa di essa, la polarizzazione della giunzione base-emettitore non è esattamente nulla, e può risultare notevole nei punti lontani dal terminale di base, se ICBO assume valori notevoli. Quando ciò si verifica, però, M è già molto grande, ossia si è già molto vicini a BVCBO. Una eccezione a quanto detto può aversi se, prima che si raggiunga la tensione di rottura BVCBO la zona di carica spaziale della regione di base viene a occuparne tutto lo spessore, se, cioè, la larghezza WB , data dalla (23), si riduce a zero per un valore di VCB < BVCBO. Questa situazione è illustrata in fig. 26; quando essa si verifica si dice che il transistore è in condizioni di sfondamento, (punch-through). Un ulteriore aumento della tensione di collettore provoca il fluire di una forte corrente, in quanto le cariche maggioritarie dell'emettitore possono adesso traversare tutta la zona svuotata e raggiungere il collettore. Si ha quindi una rottura nella caratteristica ICES(VCE) in corrispondenza di una tensione BVCES minore di BVCBO. Questa tensione, determinata, come si è visto, dall'effetto Early, può V. Daneu, G. Lullo, S. Riva Sanseverino - Transistori bipolari a giunzione VI. 32 risultare minore del valore di BVCEO calcolato in base alla (32). Se è così, la rottura sulla caratteristica IC(VCE) per IB = 0 risulta anch’essa determinata dall'effetto Early anziché dall'effetto valanga, e si ha BVCEO = BVCES. Si è visto, in conclusione, che il confronto fra le tensioni di rottura in diverse condizioni di polarizzazione può dare informazioni sulla struttura del transistore. 6.13. – Saturazione. Nelle caratteristiche a base comune, la a) corrente di collettore è praticamente costante al variare della tensione VCB, purchè questa risulti tale da polarizzare inversamente la giunzione collettore-base. Ciò vale anche se VCB = 0: le curve IC(VCB) ad IE = cost. incrociano l'asse dalle ordinate. Per valori di VCB tali da polarizzare la giunzione collettore-base direttamente (VCB < 0 per un transistore n-p-n), IC diminuisce rapidamente fino ad annullarsi quando VCB è circa eguale a VEB; in queste condizioni b) (ambedue le giunzioni polarizzate direttamente) si dice che il transistore è in saturazione. Sulle caratteristiche IC(VCE) ad IB = cost., la saturazione si raggiunge prima che la tensione di collettore si annulli (precisamente, quando VCE = VBE). Se ambedue le giunzioni sono polarizzate direttamente, si ha iniezione di elettroni nella base da ambedue i lati, e la condizione c) np(WB) = 0 usata precedentemente non sussiste più. Lo studio del funzionamento in saturazione si può impostare ammettendo che valga la sovrapposizione degli effetti (analisi di Ebers e Moll). Nella fig. 27, in cui per semplicità si sono trascurate le zone di svuotamento, sono Fig. 27 V. Daneu, G. Lullo, S. Riva Sanseverino - Transistori bipolari a giunzione VI. 33 rappresentate schematicamente le concentrazioni minoritarie nel funzionamento normale (a) e inverso (b) del transistore. Si intende per funzionamento inverso quello in cui il collettore funziona da emettitore, e l'emettitore da collettore, ossia le polarizzazioni delle due giunzioni sono scambiate sia in segno, sia per valori. Nella figura si è tenuto conto dei rispettivi livelli di drogaggio delle tre regioni. Dire che valga la sovrapposizione degli effetti significa che le concentrazioni minoritarie, quando ambedue le giunzioni sono polarizzate direttamente, si possono ottenere come somma di quelle relative ai diagrammi a) e b): diagramma c). Si vede immediatamente che, a seconda dei valori rispettivi di VCB e VEB , la corrente di diffusione che traversa la base può anche cambiare di segno rispetto al funzionamento normale. Se ci si limita a considerare le correnti di diffusione, trascurando cioè la ricombinazione nelle zone di svuotamento e nella zona neutra di base, la trattazione risulta relativamente semplice anche se alquanto laboriosa dal punto di vista analitico. Le approssimazioni dette equivalgono a considerare γ indipendente dalla corrente e αT = 1; si ricordi che in queste ipotesi le caratteristiche di collettore sono esattamente orizzontali e rappresentate dall'equazione IC = β IB nella connessione a emettitore comune. Queste approssimazioni sono senz'altro giustificate a basse tensioni, e correnti relativamente alte, ciò che corrisponde al normale funzionamento in saturazione. In termini circuitali, il principio di sovrapposizione degli effetti è spiegato in fig. 28. Possiamo scrivere per il primo circuito: (33) IC1 = α IE1 nella quale(*): V EB −q (34) IE1 ≅ IE 0 e kT Fig.28 (*) Si noti che la polarizzazione diretta della giunzione base-emettitore si ha per VEB

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