🎧 New: AI-Generated Podcasts Turn your study notes into engaging audio conversations. Learn more

Loading...
Loading...
Loading...
Loading...
Loading...
Loading...
Loading...

Full Transcript

Riassunti dettagliati di biologia animale e vegetale Biologia Animale Università degli Studi di Firenze (UNIFI) 175 pag. Document shared on https://www.docsity....

Riassunti dettagliati di biologia animale e vegetale Biologia Animale Università degli Studi di Firenze (UNIFI) 175 pag. Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ 1. Un’anteprima della cellula La cellula è l’unità di base in biologia: ogni organismo è costituito da cellule o è esso stesso una cellula. 1.1 La teoria cellulare: una breve storia - Robert Hooke, responsabile della strumentazione della Royal Society of London, fu il primo che oltre trecento anni fa osservò materiali biologici. Nel 1665, Hooke costruì un rudimentale microscopio, con il quale osservò sottili sezioni di sughero tagliate. Egli notò una serie di piccoli compartimenti simili a celle di un alveare e chiamò questi piccoli compartimenti “cellulae”, ossia “piccole camere”. In realtà Hooke non visionò alcuna cellula, ma solo le pareti cellulari del tessuto morto della pianta. Le osservazioni di Hooke furono limitate dal ridotto potere di ingrandimento del proprio microscopio (30X), incapace di addentrarsi nei “succhi” cellulari. - Antoine van Leeuwenhoek costruì lenti levigate in grado di ingrandire un oggetto fino a 300X. Egli fu il primo a osservare cellule viventi (cellule del sangue, spermatozoi, batteri…), pubblicando i risultati delle osservazioni tra il 1675 e il 1700. L’approfondita conoscenza della natura cellulare non fu frenata dalla sola limitata risoluzione dei microscopi del tempo. Ulteriore fattore di rallentamento nella ricerca biologica del XVII secolo, fu il carattere prettamente descrittivo che essa presentava, non interessandosi alla spiegazione della complessità del materiale biologico. - Verso il 1830, la maggiore sperimentalità dei ricercatori, portò rilevanti miglioramenti ottici, riuscendo a realizzare un microscopio composto (lente oculare + obiettivo) in grado di osservare strutture fino a 1 micrometro (1𝝁=10-6m). - Robert Brown, grazie al nuovo microscopio, scoprì che ogni cellula vegetale conteneva una struttura circolare che definì “nucleo” (dal latino, noce). - Nel 1838 il tedesco Matthias Schleiden giunse alla conclusione che tutti i tessuti delle piante erano costituiti da cellule e che una pianta embrionale nasceva sempre da una singola cellula. - Theodor Schwann, grazie agli studi effettuati da Schleiden, giunse alla conclusione che cellule animali e vegetali presentano caratteristiche comuni, confutando l’ipotesi dell’assenza di somiglianze tra i due tipi cellulari. Osservando le cellule animali della cartilagine, Schwann notò che - a differenza di altre cellule animali- queste risultavano ben definite e distinte nonostante non fosse presente alcuna parete cellulare, tipica delle piante. Nel 1839, Schwann propose una singola teoria unificata dell’organizzazione cellulare, basata su due principi basilari: Tutti gli organismo consistono in una o più cellule; La cellula è l’unità di base della struttura di tutti gli organismi. - Meno di 20 anni dopo fu aggiunto un terzo principio alla teoria cellulare già esposta. Nel 1855, Rudolf Virchow, fisiologo tedesco, basandosi sugli studi di Brown e di Karl Naegeli sulla natura della divisione cellulare, concluse che le cellule potevano originarsi solo da altre cellule preesistenti. La cellula è pertanto anche l’unità di base della riproduzione. Tutte le cellule originano da cellule preesistenti (omnis cellula e cellula). La forma cellulare è strettamente collegata alla funzione che la singola cellula svolge (si veda la superficie dei microvilli intestinali che facilita l’assorbimento delle sostanze nutritive). 1.2 Lo sviluppo della biologia cellulare moderna La biologia moderna è il risultato dell’integrazione di tre diverse discipline (citologia, biochimica e genetica), che dal 1925 si sono fortemente sovrapposte. È oltremodo bene ricordare che la biologia cellulare ha tratto grandi benefici anche dalla chimica, dalla fisica, dall’informatica e dall’ingegneria. 2 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ - Citologia: riguarda lo studio della struttura cellulare (il prefisso greco cyto- e il suffisso -cyte significano infatti “recipiente cavo”). La citologia si è affermata grazie al microscopio ottico e i recenti sviluppi della microscopia elettronica hanno aumentato enormemente le conoscenze in materia di cellule. - Biochimica: relativamente recente -gli sviluppi più rilevanti si sono ottenuti negli ultimi 75 anni- la biochimica è risultata di fondamentale importanza alla comprensione della struttura e delle funzioni cellulari, attraverso tecniche quali l’ultracentrifugazione, la cromatografia, l’elettroforesi e la spettrometri a di massa per l’identificazione dei componenti cellulari. - Genetica: dai primi contributi di Gregor Mendel più di 150 anni fa, alla più recente tecnica di clonazione, la genetica risulta essere un pilastro fondamentale per la biologia cellulare, dal momento che in tutti gli organismo viventi il DNA (acido deossiribonucleico) è il portatore dell’informazione genetica. 1.2.1 La citologia si occupa della struttura cellulare La citologia si occupa dello studio delle cellule in buona parte attraverso l’impiego di tecniche basate sull’ottica. - Microscopio ottico: primo strumento ad essere utilizzato in citologia, ha permesso di individuare gli organelli cellulari (“piccoli organi”). Un significativo passo avanti nella microscopia ottica è stato rappresentato dal microtomo, inventato nella prima metà del 1800. Tale strumento utilizza diversi coloranti e specifiche tecniche di colorazione per la preparazione rapida e precisa di sottili fettine di tessuto di campioni biologici di alcuni 𝝁m. Potere di risoluzione: indica quanto distanti devono essere degli oggetti adiacenti perché possano essere distinti. Più piccolo è il limite di risoluzione, maggiore è il potere di risoluzione, ossia la capacità di vedere i dettagli fini delle strutture. Il limite di risoluzione del microscopio ottico (200-350 nm) è la metà della lunghezza d’onda utilizzata per illuminare un campione (400-700 nm), consentendo ingrandimenti fino a 1000-1500X. Microscopia in campo luminoso (microscopia ottica): si caratterizza per il passaggio di luce bianca direttamente attraverso il campione da osservare -colorato o non colorato- e il campo di fondo illuminato. Il campione deve però essere fissato chimicamente e ciò potrebbe portare ad alterazioni delle caratteristiche delle cellule, dal momento che, a seguito del trattamento, esse non risultano più vive. Per preservare intatte le caratteristiche delle cellule si utilizzano ulteriori particolari tecniche ottiche. Microscopia a contrasto di fase e a contrasto interferenziale: rendono possibile una visione chiara delle cellule viventi, aumentando e amplificando minime variazioni nella fase della luce trasmessa, quando questa attraversa una struttura con diverso indice di rifrazione rispetto a quello del mezzo circostante. Microscopia a fluorescenza: permette di individuare specifiche proteine, sequenze di DNA e altre molecole che possono essere rese fluorescenti grazie al loro legame con un fluorocromo o con un anticorpo marcato con un fluorocromo. Nel 2008, i premi Nobel per la chimica Chalfie, Shimomura e Tsien, hanno messo a punto la GFP (Green Fluorescent Protein) ottenuta dalla medusa Aequorea victoria. Quando la proteina di interesse viene fatta fondere con la GFP, la sua sintesi e il suo movimento possono essere seguiti in tempo reale all’interno della cellula. Microscopia confocale a scansione: utilizza laser per focalizzare il fascio di illuminazione su un unico piano all’interno del campione, ottenendo una risoluzione migliore anche se possono essere visualizzate solo le immagini delle regioni all’interno di un ristretto intervallo di profondità rispetto al piano focalizzato. Video-Microscopia digitale e microscopia deconvolutiva: utilizzano videocamere al fine di osservare cellule per un periodo di tempo prolungato, usando livelli di luce molto bassi. Sfruttando complessi algoritmi è stato inoltre possibile aumentare il contrasto e la risoluzione delle immagini digitali, consentendo di vedere oltre il limite teorico di risoluzione ottica (100nm). 3 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ - Microscopio elettronico: inventato in Germania nel 1931 da Max Knoll ed Ernst Ruska, il microscopio elettronico utilizza un raggio di elettroni che viene deviato e messo a fuoco da un campo elettromagnetico. Poiché la lunghezza d’onda degli elettroni e più corta di quella dei fotoni della luce visibile, il limite di risoluzione si attesta intorno a 0,1-0,2 nm con un ingrandimento fino a 100.000X. I campioni possono essere preparati attraverso la frattura da congelamento (freeze fracturing), l’ombreggiatura (shadowing), la colorazione negativa (negative staining) e il criodecappaggio (freeze etching). Grazie alla microscopia elettronica è stato possibile visionare ribosomi, membrane, microtubuli e microfilamenti. Microscopio elettronico a scansione (SEM): effettua una scansione della superficie del campione e forma le immagini mediante la rilevazione degli elettroni che vengono deflessi dalla superficie esterna del campione stesso. Il SEM fornisce uno spettacolare senso di profondità. Microscopio elettronico a trasmissione (TEM): forma le immagini attraverso gli elettroni che vengono trasmessi attraverso il campione. Microscopia stereo-elettronica: campione fotografato da angolazioni diverse per una resa tridimensionale dell’immagine. Microscopia a effetto tunnel: inventato negli anni ’80, permette di visualizzare un singolo atomo. Microscopio elettronico a scansione e trasmissione: scoperto nel 2009, anziché utilizzare il vuoto, permette di visualizzare le cellule in liquido. Microscopio a risonanza magnetica: permette di ottenere immagini di virus e grandi macromolecole. 1.2.2 La biochimica si occupa della chimica e delle funzioni delle strutture biologiche - Friedrich Wöhler nel 1828, dimostrò che l’urea, un composto organico-biologico, poteva essere sintetizzata in laboratorio per via inorganica dal cianato d’ammonio. Nacque così il termine “biochimica”, con il quale si mette in evidenza la stretta interdipendenza tra chimica e biologia. - Nel 1863, Louis Pasteur, dimostrò che le cellule vive erano necessarie per trasformare lo zucchero in alcol durante la fermentazione. Attraverso un celebre esperimento, il chimico francese dimostrò che tutte le forme di vita si sviluppano da forme di vita preesistenti. - Eduard e Hans Buchner nel 1897 scoprirono che non era necessaria l’integrità delle cellule di lievito perché potesse avvenire la fermentazione. Gli agenti attivi erano specifici catalizzatori biologici, chiamati enzimi (zyme=lievito). - Tra il 1920 e il 1930 furono chiariti numerosi processi biochimici, giungendo all’analisi del cosiddetto ciclo di Krebs (glicolisi) e del processo di Embden-Meyerhof (descrizione passaggi enzimatici). - Fritz Lippmann identificò l’ATP (adenosin trifosfato), come il composto utilizzato dalla maggioranza delle cellule per immagazzinare energia. - Grazie all’utilizzo degli isotopi radioattivi 3H, 14C e 32P, fu possibile seguire il destino della CO2 nelle alghe che svolgevano la fotosintesi, elaborando il Ciclo di Calvin (dal chimico Melvin Calvin). - Numerosi sono stati i progressi della biochimica per l’isolamento e la purificazione dei componenti subcellulari. Centrifugazione (differenziale, in gradiente di densità, all’equilibrio di densità): è possibile ottenere un frazionamento subcellulare secondo peso, forma e densità. Grazie all’ultracentrifugazione, sviluppata negli anni ’20 da Svedberg, è possibile separare piccoli organelli sottoponendoli a forze 500.000 volte maggiori alla gravità (100.000 rpm). 4 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ Cromatografia: una miscela di molecole in soluzione viene progressivamente frazionata man mano che la soluzione fluisce su una fase assorbente non mobile. Le molecole vengono separate in base a dimensioni e affinità per gruppi funzionali o altre molecole. Elettroforesi: attraverso un gel di poliacrilammide o di agarosio, vengono separate proteine o molecole di DNA/RNA in un campo elettrico, determinando la composizione attraverso uno spettrometro di massa. 1.2.3 La genetica si focalizza sul flusso dell’informazione - Oltre 2000 anni fa, Aristotele parlò di un’entità fisica -il “germe”- responsabile de “l’influenza che regola e fabbrica la prole”. - La genetica classica ebbe però origine nel 1866, quando il monaco Gregor Mendel, esplicitò i principi di segregazione e indipendenza dei “fattori ereditari”, conosciuti circa 35 anni dopo come “geni”. - Il biologo tedesco Walther Flemming (1880) identificò corpi filiformi - i cromosomi- durante la divisione cellulare, che chiamò mitosi (dal greco, filo). Il numero di cromosomi venne presto riconosciuto come una caratteristica distintiva di una specie, non variando da una generazione all’altra. - Roux e Weissman (1883) proposero che fossero gli stessi cromosomi i portatori dell’informazione genetica. - Walter Suttun (1886) formulò la teoria cromosomica dell’ereditarietà, collegando i cromosomi di Flemming ai geni di Mendel. Tale teoria ipotizzava che i geni mendelismi fossero localizzati sui cromosomi all’interno del nucleo cellulare. - Grazie alla teoria di Sutton, Thomas Morgan (1900-1920) fu in grado di collegare specifici caratteri a specifici cromosomi. - Nel 1869, lo svizzero Johann Friedrich Miescher, utilizzando sperma di salmone e pus umano da bendaggi, scoprì la “nucleina”, ossia il DNA. - Il DNA venne considerato una componente fondamentale dei cromosomi, anche se venne ritenuto improbabile che fosse il responsabile della trasmissione dell’informazione genetica, dal momento che era già nota la sequenza monotona dei nucleotidi. Le proteine furono pertanto considerate responsabili della diversità che gli organismi viventi presentavano, dato che costituite da ben 20 amminoacidi diversi, che permettevano molte più combinazioni diverse tra loro rispetto alle 4 basi azotate del DNA. - Nel 1944 Avery però identificò nel DNA il fattore trasformante di Griffith, responsabile della trasformazione di un ceppo non patogeno di batteri in uno patogeno, determinando un cambiamento ereditabile. - I successivi studi di Martha Chase e Alfred Hershey dimostrarono che era il DNA a entrare in una cellula batterica infettata e modificata da un virus. - Beadle e Tatum (1940), studiando la muffa Neurospora crassa, formularono il concetto “un gene-un enzima”, secondo il quale ogni gene codifica per un preciso enzima. - Nel 1953 James Watson e Francis Crick, con l’aiuto della cristallografia a raggi-X di Rosalind Franklin, proposero il celebre modello a doppia elica del DNA, contenete in potenza le informazioni su come avvenissero la replicazione e le mutazioni genetiche. - Nel 1960 furono scoperti gli enzimi polimeri responsabili della sintesi del DNA e dell’RNA. Fu inoltre decifrato il codice genetico, giungendo al meccanismo di regolazione dell’espressione dei geni batterici, grazie a Jacob e Monod. - L’ibridazione degli acidi nucleici permette a due molecole di acido nucleico a singolo filamento di legarsi 8ibridarsi), formando un ibrido a doppio filamento. 5 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ - La tecnologia del DNA ricombinante (1970) fu resa possibile dalla scoperta degli enzimi di restrizione. Tale tecnica permette di tagliare molecole di DNA in specifici siti di restrizione, portando alla formazione di molecole di DNA ricombinanti, provenienti da due diverse fonti (clonaggio genico). - Grazie al Progetto Genoma Umano (1990-2003) è stato possibile sequenziale le basi del DNA umano, stabilendo la corretta sequenza di circa 3,2 miliardi di basi. - Nelle ultimi decenni ha assunto una netta rilevanza la bioinformatica, dando un senso ai dat di sequenza (analisi del proteina cellulare). La bioinformatica ha permesso la nascita e lo sviluppo di numerose banche dati come il Centro Nazionale per le Informazioni Biotecnologiche (NCBI). 1.3 I “fatti” e il metodo scientifico Il metodo scientifico -a tutti ben noto- rappresenta più una modalità di pensare che una serie di sterili passaggi da seguire. - Ipotesi: affermazione in accordo a numerose osservazioni e a evidenze sperimentali del momento. Essa deve essere verificata attraverso esperimento (in vitro, in vivo, in silico), per essere confermate o confutate. - Teoria: supportate dall’evidenza, le ipotesi acquisiscono valore di teoria, lasciando però ancora qualche dubbio tra la comunità scientifica. - Legge: una teoria esaurientemente provata e confermata per un lungo periodo con totale assenza di dubbi, può essere considerata una legge. 6 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ 2. La chimica della cellula 2.1 L’importanza del carbonio Di notevole rilevanza, nel campo della biologia cellulare, risultano essere i composti contenenti carbonio (C): le fondamentali molecole biologiche presentano infatti uno scheletro di atomi di carbonio, legati tra loro in modo covalente e a formare catene o anelli chiusi. La chimica organica si differenzia però dalla chimica biologica dal momento che non si limita all’analisi dei composti del carbonio propri degli organismi viventi, bensì si interessa anche dei neo-composti sintetizzati in laboratorio. La molecola di carbonio presenta una serie di proprietà che garantiscono la variabilità (diversità di struttura molecolare e di funzione) e la stabilità dei suoi composti. Il carbonio possiede una valenza 4, ossia una situazione intermedia all’ottetto. Ciò significa che l’atomo di carbonio è in grado di formare fino a 4 legami covalenti (valenza) con altri elementi, mettendo in compartecipazione i propri e- per raggiungere la massima stabilità. Per tale motivo, il carbonio è solito legarsi con altri atomi omonimi, di idrogeno (singolo legame), azoto (triplo legame) e ossigeno (doppio legame). 2.1.1 Le molecole contenenti il carbonio sono stabili La stabilità delle molecole organiche è data dalla propria configurazione elettronica che esse presentano. Tale stabilità viene espressa come energia di legame, ossia la quantità di energia necessaria per rompere 1 mole (6,022 x1023) di legami. L’energia di legame si esprime in calorie. Una caloria (cal) corrisponde alla quantità di energia necessaria a far aumentare di 1°C la temperatura di 1gr di acqua. 1cal=4,184J; 1J=0,239cal; 1kcal=1000cal=4,148kJ; 1kJ=1000J=0,239kcal. La rottura di un legame covalente richiede un’elevata quantità di energia. Maggiore è il numero di legami, maggiore sarà la stabilità della molecole e maggiore sarà dunque l’energia necessaria a rompere il legame (C-C=83kcal/mole; C=C=146kcal/mole; C≡C=212kcal/mole). Si paragoni l’energia di legame alle radiazioni elettromagnetiche. La luce visibile ha un valore di energia inferiore a quella del legame C-C, permettendo pertanto la vita. Al contrario, le radiazioni ultraviolette presentano un’elevata energia che, se non fossero assorbite dall’ozono atmosferico, provocherebbero la distruzione della struttura delle biomolecole. 2.1.2 Le molecole contenenti carbonio sono diverse I composti del carbonio presentano inoltre un’elevata variabilità di molecole che possono essere originate da un numero ridotto di atomi differenti. La diversità è dovuta alla tetravalenza del carbonio. - Idrocarburi: sono coinvolti solo atomi di idrogeno a formare legami con il carbonio, formando molecole lineari (alifatici) e circolari (aromatici). Gli idrocarburi sono importanti per quanto riguarda la membrana cellulare. Essendo insolubili in acqua, le lunghe catene (code)idrocarburiche e idrofobiche dei fosfolipidi -lipidi con funzione strutturale- si dispongono rivolte verso l’interno della membrana, mentre le teste idrofile si dispongono lungo la superficie di questa. - Gruppi funzionali: nel caso in cui al carbonio si leghino altri atomi -diversi da H- come O, S, P e N. In condizioni di pH quasi neutro, i gruppi sono ionizzati attraverso reazioni di protonazione + (amminico -+NH3) o deprotonazione- (carbossilico -COO-, fosforico -POOO-). Invece, gruppi come l’ossidrilico (-OH), sulfidrico (-SH), carbossilico (CO) e aldeidi (-COH), sono neutri a pH quasi neutro, ma polari. Ciò comporta una distribuzione asimmetrica degli elettroni a causa della maggiore elettronegatività di O,S,P rispetto a C e H, comportando anche una maggiore solubilità e reattività chimica. 7 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ 2.1.3 Le molecole contenenti il carbonio possono formare degli stereoisomeri - Stereoisomeri: il carbonio presenta una struttura tetraedri (ibridazione sp3), potendo formare fino a quattro legami. Quando un atomo di carbonio (chirale asimmetrico) è legato a quattro differenti atomi o gruppi di atomi, sono possibili due differenti configurazioni spaziali. Tali configurazioni non sono sovrapponibili, bensì sono l’una l’immagine speculare dell’altra rispetto al piano di simmetria. Un composto con n atomi di carbonio chirali potrà avere 2n stereoisomeri. 2.2 L’importanza dell’acqua La molecola dell’acqua è indispensabile come solvente universale nei sistemi biologici. L’acqua è infatti il componente più abbondante nelle cellule e negli organismi (75-85%). In realtà esistono organismi (spore dei batteri, funghi, semi delle piante) che sono in grado di bloccare temporaneamente la loro attività, sopravvivendo a periodi di scarsità di acqua, in forme disidratate. Il fondamentale ruolo dell’acqua può essere desunto dall’analisi delle sue caratteristiche principali. 2.2.1 Le molecole dell’acqua sono polari - Polarità: la distribuzione disuguale degli elettroni, conferisce polarità alla molecola di acqua. Essa non risulta lineare, bensì ha una struttura triangolare, nella quale gli atomi di idrogeno formano un angolo di 104,5°. L’atomo di ossigeno -situato al vertice- è fortemente elettronegativo, presentando così una parziale carica negativa 𝝳-. La tendenza dell’ossigeno ad attrarre elettroni su di sé, conferisce alle due estremità una parziale carica positiva 𝝳+. 2.2.2 Le molecole dell’acqua sono coesive - Coesività: a causa della sua polarità, le molecole d’acqua sono attratte tra loro spontaneamente, in modo che l’atomo di ossigeno elettronegativo si associ con un atomo elettropositivo di idrogeno della molecola adiacente. Le attrazioni tra molecole avvengono grazie a legami a idrogeno, la cui forza è circa un decimo di un legame covalente forte. Ogni atomo di ossigeno si lega a due atomi di idrogeno di due molecole adiacenti. Stato liquido: l’acqua è caratterizzata da un’estesa rete tridimensionale. Nonostante l’interazione di tipo debole - che comporta la rottura e ricostituzione continua dei legami ogni pochi microsecondi- il numero di legami intermolecolari può essere significativo, anche se in media una molecola d’acqua si lega con ponti a idrogeno ad almeno tre molecole adiacenti. Stato solido (ghiaccio): il legame è ancora più esteso, originando un struttura cristallina esagonale, rigida e altamente regolare. L’elevata coesione dell’acqua spiega l’elevata tensione superficiale, elevato punto di ebollizione, calore specifico e calore di evaporazione. La forte tensione superficiale dell’acqua permette, infatti, agli insetti (idrometra) di muoversi sulla superficie di essa, senza affondare. La tensione superficiale aiuta anche la risalita dell’acqua dai tessuti di conduzione delle piante. 2.2.3 L’acqua ha un’elevata capacità di stabilizzare la temperatura Dai legami a idrogeno -altamente diffusi nell’acqua- dipendono una serie di proprietà: - Calore specifico: quantità di calore che un grammo di una sostanza deve assorbire per aumentare la sua temperatura di un grado centigrado. Tale proprietà conferisce all’acqua (cal. specifico=1cal) la capacità di stabilizzare la temperatura. Infatti, molta dell’energia che in altri liquidi contribuirebbe all’aumento dell’agitazione molecolare e all’innalzamento della temperatura, nell’acqua, viene impiegata per rompere i legami a idrogeno intermolecolari. Assorbendo calore, i legami stabilizzano la soluzione acquosa a discapito di ampie variazioni della temperatura. - Calore di evaporazione: quantità di energia necessaria per convertire un grammo di un liquido in vapore. L’elevato valore dell’acqua è sempre causato dalla presenza dei legami a idrogeno nella molecola, che devono 8 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ essere rotti durante il processo. Tale proprietà rende l’acqua un ottimo refrigerante e il calore necessario per far si che essa evapori è fornito dall’organismo, il quale si raffredda. 2.2.4 L’acqua è un eccellente solvente L’acqua risulta essere anche un ottimo solvente grazie alla sua polarità. Un solvente è un fluido nel quale un’altra sostanza (soluto) può essere disciolta. - Molecole idrofiliche (affini all’acqua): molecole polari che formano legami idrogeno con l’acqua, disciogliendosi rapidamente in essa (zuccheri, acidi organici, amminoacidi). Consideriamo la molecola polare NaCl (cloruro di sodio), sale che esiste come un reticolo cristallino. Quando esso viene aggiunto all’acqua, gli ioni Na+ e Cl- formano interazioni elettrostatiche con la molecola di acqua invece che tra loro, separandosi e dissolvendosi. Le molecole di acqua si distribuiscono infatti intorno agli ioni formando aloni di idratazione, neutralizzando la loro carica e riducendo di conseguenza la loro tendenza ad associarsi. Per far si che il sale si disciolga è fondamentale che il polo negativo della molecola dell’acqua (O) sia rivolto verso il catione e il polo positivo (H) verso l’anione del sale. Tali aloni di idratazioni si formano anche intorno a gruppi funzionali carichi -aumentandone la solubilità- ma anche intorno a gruppi funzionali polari privi di carica (gruppo aldeidico -COH; gruppo sulfidrico -SH) - Molecole idrofobiche (temono l’acqua): molecole apolari non particolarmente solubili in acqua (lipidi, proteine di membrana). Gli idrocarburi non hanno regioni polari, tendendo pertanto a distruggere la struttura a legami idrogeno dell’acqua, oltre ad aggregarsi tra loro nel mezzo acquoso piuttosto che con l’acqua. Tale tendenza è dovuta all’affinità reciproca delle molecole di acqua a formare legami idrogeno nel caso in cui siano assenti molecole in grado di rompere quest’ultimi. Alcune proteine e molecole organiche prive di una carica netta (fosfolipidi, gruppo ossidrilico -OH), presentano però sia regioni idrofiliche che regioni idrofobiche, dette perciò antipatiche (dal greco amphi-, ossia di entrambi i tipi). 2.3 L’importanza delle membrane selettivamente permeabili Poiché non si dissolva nel mezzo liquido, ogni cellula e organulo ha bisogno di una membrana. - Una membrana cellulare è essenzialmente una barriera permeabile idrofobica costituita da fosfolipidi, glicolipidi e proteine di membrana. In molti organismi le membrane contengono anche sterili (colesterolo - cellule animali-, ergosteroli -funghi-, fitosteroli -piante-). - Molecole anfipatiche: molti lipidi e proteine di membrana sono molecole anfipatiche come la fosfatil-etanolammina. I fosfolipidi anfipatici sono costituiti da una testa polare idrofilica e due code idrocarburiche idrofobiche. La polarità della testa idrofilica è dovuta alla presenza di un gruppo fosfato carico negativamente, legato spesso nella fosfatil-etanolammina a un ammina-gruppo carico positivamente. Il sapone è una molecola anfipatica di uso comune, usata per sciogliere grasso, olio e altre sostanze apolari. Durante il processo, le code idrocarburiche interagiscono e circondano l’olio o il grasso, mentre le teste polari interagiscono con l’acqua, permettendo all’olio o al grasso di essere lavati via. Per isolare lipidi e proteine insolubili, si usa spesso in laboratorio il detergente anfipatico sodio dodecil solfato (SDS). Nel SDS, il gruppo solfato carico negativamente è attaccato a una catena idrocarburica di 12 atomi di carbonio. Il processo per il quale l’SDS è in grado di solubilizzare molecole apolari è simile a quello che riguarda il sapone. 9 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ 2.3.1 Una membrana è costituita da un doppio strato fosfolipidico contenente proteine - Doppio strato fosfolipidico: se una molecola anfipatica è esposta a un ambiente acquoso può andare incontro a interazioni idrofobiche. I fosfolipidi si dispongono spontaneamente in due strati, in modo da avere le teste idrofiliche esposte verso l’esterno, in direzione del mezzo acquoso esterno, e le code idrofobiche a interagire con le code dell’altro strato fosfolipidico, ossia con la testa polare rivolta verso l’interno della cellula. Ciascuno strato fosfolipidico è spesso circa 3-4nm, cosicché il doppio strato della membrana presenta uno spessore di circa 7-8nm. Il caratteristico aspetto a “rotaia” che la membrana assume se osservata attraverso il TEM, è dato dall’osmio. L’osmio è una sostanza che viene utilizzata per preparare i tessuti per la microscopia, il quale reagisce con le teste polari (accentuandone la visualizzazione), ma non con le code apolari (che risultano di un colore più tenue), conferendo alla membrana un aspetto a tre strati. - Proteine di membrana: all’interno del doppio strato lipidico, o associate a esso, si trovano numerose proteine di membrana. Come la stessa membrana, anche le sue proteine risultano anfipatiche, orientandosi coerentemente con tale caratteristica. Le proteine possono svolgere diverse funzioni: possono essere proteine di trasporto (responsabili del movimento attraverso la membrana); enzimi (catalizzatori di specifiche reazioni); trasportatori di elettroni (membrane mitocondriali); proteine che legano la clorofilla dei cloroplasti. 2.3.2 Le membrane sono selettivamente permeabili La regione interna idrofobica della membrana è molto permeabile alle molecole non polari, mentre è quasi impermeabile a molecole polari e a tutti gli ioni. Le molecole molto piccole (eccetto gli ioni),- con peso molecolare inferiore a 100u- possono attraversare la membrana indipendentemente dalla presenza di proteine (O2; CO2 -apolari-; H2O; urea; etanolo -polari-). É essenziale però che le cellule possano avere a disposizione anche molecole polari impermeabili. Tali sostanze possono oltrepassare la parte idrofobica della membrana attraverso specifiche proteine di trasporto. Una proteina di trasporto può funzionare come canale idrofilico -permettendo alla sostanza l’attraversamento al suo interno- oppure può svolgere un ruolo di trasportatore (carrier) -legando un soluto a un lato della membrana, facendolo passare attraverso di essa solo dopo un cambiamento di conformazione-. Ogni proteina è specifica per una particolare molecola/ione o classe di molecole/ioni. In conclusione, per soddisfare le necessità cellulari, le membrane sono selettivamente permeabili. 2.4 L’importanza della sintesi mediante polimerizzazione La maggioranza delle strutture lineari è costituita da polimeri lineari denominati macromolecole. Le principali macromolecole sono le proteine, gli acidi nucleici e i polisaccaridi (carboidrati). A volte vengono considerati, erroneamente, come macromolecole anche i lipidi. Tuttavia, essi si differenziano dalle altre macromolecole principali per come vengono sintetizzati. Le macromolecole possiedono un’importanza sia strutturale che funzionale. 2.4.1 Le macromolecole sono responsabili della maggior parte delle strutture e delle funzioni nei sistemi viventi - Livello di complessità: le molecole e le strutture biologiche possono essere organizzate secondo livelli in serie, in cui ciascuno si basa sul livello precedente. Livello 1: piccole molecole organiche solubili in acqua. Tali piccole molecole (monomeri) vengono sintetizzate in specifiche cellule e poi inviate a cellule bersaglio, oppure vengono sintetizzate a partire da semplici molecole di derivazione non biologica, disponibili nell’ambiente (CO2; NH3; PO43-). Queste molecole -possedendo in media un peso atomico inferiore a 350u- possono attraversare membrane biologiche grazie a proteine di trasporto. Le molecole che vengono sintetizzate a partire da questi monomeri, al contrario, non possono attraversare in alcun modo le membrane, dovendo essere necessariamente sintetizzate all’interno delle cellule dove necessitano di essere localizzate; 10 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ Livello 2: macromolecole biologiche (per polimerizzazione dei monomeri di piccole molecole organiche). Un’esempio di polimero è la cellulosa, che viene sintetizzata dalle cellule vegetali durante la fotosintesi, partendo da CO2 e H2O, oltre ad avere come monomero il glucosio (zucchero semplice); Livello 3: strutture sopramolecolari; Livello 4: organelli e strutture subcellulari; Livello 5: cellula. 2.4.2 Le cellule contengono tre differenti tipi di macromolecole Nelle cellule si trovano tre principali classi di macromolecole: - Acidi nucleici (DNA e RNA): sono macromolecole informazionali, dal momento che l’ordine dei quattro nucleotidi non è casuale, ma racchiude importanti informazioni. Gli acidi nucleici svolgono infatti una precisa funzione codificante, specificando la sequenza esatta di amminoacidi di particolari proteine. L’ordine delle unità monomeriche, negli acidi nucleici, è fondamentale per la trasmissione dell’informazione genetica di una cellula. - Proteine: sono composte da una serie non casuale di 20 amminoacidi (monomeri). La sequenza dei monomeri non trasmette informazioni, ma determina la struttura tridimensionale della proteina, che determina l’attività biologica. Dal momento che la varietà di sequenze proteiche possibili è enorme, le proteine svolgono numerose funzioni (strutturali, difesa, trasporto, catalisi, segnalazione). Le variazioni della sequenza colpiscono però negativamente la capacità della proteina di svolgere le proprie funzioni. - Polisaccaridi: nella maggior parte dei casi consistono di un singolo monomero o al massimo di due monomeri concatenati alternativamente. L’ordine dei monomeri non è essenziale. I polisaccaridi sono principalmente macromolecole di deposito (amido in piante, glicogeno in batteri e animali), o strutturali (cellulosa). Se l’amido e il glicogeno sono composti da solo glucosio, la chitina -polisaccaride strutturale che costituisce l’esoscheletro di insetti e crostacei- è composta da unità di N-acetilglucosammina (GlcNAc). Le pareti cellulari batteriche invece, alternano GlcNAc all’acido N-acetilmuramico (MurNAc). 2.4.3 Le macromolecole sono sintetizzate mediante la polimerizzazione sequenziale dei monomeri Tutte le macromolecole si formano seguendo un processo di polimerizzazione basilare anche se la natura chimica dei monomeri energizzati, la molecola di trasporto e il reale processo di attivazione sono diversi per ogni polimero biologico. - Le macromolecole sono sintetizzate mediante polimerizzazione di piccole molecole, simili o identiche, chiamate monomeri (da 1 a 20). - L’aggiunta di ogni monomero avviene tramite una reazione di condensazione, ossia a seguito dell’eliminazione di una molecola d’acqua. Dato che l’eliminazione dell’acqua è essenziale, ogni monomero deve possedere un idrogeno reattivo (H) su almeno un gruppo funzionale e un gruppo ossidrile reattivo (-OH). Anche se ogni monomero possiede gli stessi atomi di idrogeno e gruppi ossidrile reattivi, i monomeri possono differenziarsi per alcuni aspetti della loro struttura. - Le unità monomeriche da unire devono essere presenti in forma attivata prima della condensazione. Da un punto di vista energetico, l’aggiunta di un monomero a una catena in allungamento è sempre sfavorevole, a meno che il nuovo monomero non sia in forma attivata. - L’attivazione richiede l’accoppiamento dei monomeri a qualche tipo di molecola di trasporto, per originare il monomero in forma attivata. Ogni polimero utilizza un diverso tipo di molecola di trasporto. Le proteine utilizzano il tRNA (RNA transfer); i polisaccaridi vengono attivati tramite nucleotidi (adenosin.difosfato per l’amido, uridin-difosfato per il glicogeno). Nella sintesi degli acidi nucleici non è indispensabile la presenza di 11 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ molecole di trasporto specifiche, poiché i nucleotidi stessi sono molecole ad alta energia (ATP, GTP). Gli acidi nucleici hanno però bisogno di sufficienti informazioni per specificare l’ordine dei monomeri. - L’energia per accoppiare i monomeri alla molecola di trasporto è fornita da una molecola chiamata adenosina trifosfato (ATP) o da un composto ad alta energia, che, in seguito a idrolisi, rilascia una elevata quantità di energia. - Le macromolecole hanno una intrinseca direzionalità, ossia i due estremi della catena sono chimicamente differenti. Una volta attivati, i monomeri reagiscono tra loro in maniera sequenziale, allungando il polimero contemporaneamente al rilascio della molecola di trasporto da uno dei due monomeri. La degradazione molecolare avviene tramite alla reazione opposta alla condensazione: l’idrolisi. L’aggiunta di una molecola d’acqua spezza il legame tra monomeri adiacenti. nell’idrolisi, un monomero riceve il gruppo ossidrile dalla molecola d’acqua e l’altro riceve un atomo di idrogeno, portando alla formazione dei monomeri originari. 2.5 L’importanza dell’auto-assemblaggio Le strutture sopramolecolari si originano dalle macromolecole grazie al principio dell’auto-assemblaggio. Una volta che le macromolecole sono state sintetizzate, esse si organizzano spontaneamente in strutture più complesse, senza ulteriore aggiunta di energia o di informazioni, possedendo specifiche funzioni biologiche intrinseche. 2.5.1 Molte proteine si auto-assemblano Un esempio di auto-assemblaggio è dato dalle proteine. Dalla polimerizzazione degli amminoacidi si ottiene un polipeptide. Per ottenere una proteina funzionale devono essere avvolte o ripiegate una o più catene lineari di polipeptidi, in modo preciso e predeterminato perché sia assunta l’unica struttura tridimensionale (conformazione) possibile per l’attivazione biologica. La struttura di una proteina nella sua forma naturale (tridimensionale, o terziaria) può essere alterata da cambiamenti ambientali. Nel caso in cui si ha un aumento di temperatura, una variazione di pH della soluzione in acido o alcalino, oppure si aggiungono particolari agenti chimici (urea, alcol); si ottiene una denaturazione della proteina. La denaturazione -in parole povere, uno srotolamento della proteina- consiste nella perdita della struttura tridimensionale della proteina e conseguentemente della sua funzione. Se il polipeptide è riportato nelle condizioni di stabilità nativa, è possibile (anche se raramente) una rinaturazione, ovvero il ripristino della corretta struttura tridimensionale (studi sull’auto-assemblaggio delle ribonucleasi di Christian Anfinsen). L’auto-assemblaggio proteico è esclusivo: alle stesse condizioni ogni polipeptide con la stessa sequenza di amminoacidi si conforma in modo identico e riproducibile. Analogamente, il processo di auto-assemblaggio può avvenire anche in altre strutture sopramolecolari diverse dai polipeptidi. 2.5.2 Chaperon molecolari aiutano l’assemblaggio di alcune molecole L’auto-assemblaggio, tuttavia, si basa su studi in provetta riferiti a proteine isolate non nelle cellule e inoltre non tutte le proteine sono in grado di riguadagnare la struttura nativa (terziaria) anche in laboratorio. John Ellis, nel 1987, studiando la ribulosio bisfosfato carbossillasi/ossigenasi - un enzima presente nel cloroplasti che durante la fotosintesi catalizza la conversione della CO2 in zucchero-, notarono che il modello dell’auto-assemblaggio non era adeguato a tutte le proteine. È possibile infatti distinguere due tipi di auto-assemblaggio: - Auto-assemblaggio in senso stretto: non sono richiesti altri fattori al di fuori dell’informazione contenuta nella struttura stessa del polipeptide per ottenere un’appropriata configurazione. 12 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ - Auto-assemblaggio assistito: è richiesta l’appropriata molecola chaperon per assicurarsi che una configurazione corretta prevalga su quella errata. Chaperon molecolare: al fine di ridurre la probabilità di originare strutture errate prive di attività biologica, le interazioni che guidano la strutturazione di proteine necessitano di essere seguite da proteine dette chaperon molecolari. Esse sono proteine che facilitano il corretto assemblaggio delle proteine nelle prime fasi, non divenendo componenti delle strutture assemblate e non fornendo alcuna informazione sulla tridimensionalità proteica. Le prime molecole chaperon furono identificate in cloroplasti, batteri e mitocondri. Se tali proteine sono abbondanti in condizioni normali, in risposta a stress la loro presenza risulta essere ancora maggiore (heat shock, ossia l’aumento di temperatura, aumento di proteine non strutturate nella cellula). Le principali proteine chaperon si dividono in due famiglie: Hsp60 e Hsp70. Hsp è un acronimo per identificare le heat shock protein, mentre il numero si riferisce al peso molecolare approssimato dei monomeri polipetidici di queste, rispettivamente 60.000 e 70.000 u. Da un punto rivista evolutivo, le proteine Hsp sono state ritrovate in tutti gli esseri viventi, batteri compresi. 2.5.3 I legami non covalenti e le interazioni sono importanti nel ripiegamento delle macromolecole I polipeptidi -come già ampiamente spiegato- si strutturano senza l’aggiunta di ulteriore energia o informazione. Nell’auto-assemblaggio sono però fondamentali sia i legami covalenti sia quelli non covalenti, al fine di tenere uniti polipeptidi e altre macromolecole. - Legami covalenti: i monomeri cellulari sono uniti tra loro tramite forti legami covalenti (condivisione di elettroni), stabilizzando anche la struttura tridimensionale di molte proteine. - Legami non covalenti e interazioni: la maggior parte delle strutture cellulari sono però tenute insieme da interazioni come i legami a idrogeno, legami ionici, interazioni di van Der Waals e interazioni idrofobiche. 2.5.4 Il virus del mosaico del tabacco è un caso esemplare per studiare l’auto-assemblaggio Alcune scoperte riguardanti l’auto-assemblaggio di strutture complesse, derivano da studi sui virus. Un virus -complesso di proteine e di DNA o RNA- non è in grado di replicarsi da solo, dovendo infettare una cellula, usando i suoi componenti per produrre le componenti virali, dove averne alterato i meccanismi di sintesi. Una volta che tali componenti (proteine e DNA o RNA) sono state sintetizzate, queste si assemblano spontaneamente, formando il virus maturo. Heinz Fraenkel-Conrat contribuì alla comprensione dell’auto-assemblaggio studiando il virus del mosaico del tabacco (TMV). Il TMV è una particella a forma di bastoncino -18nm di diametro e 300nm di lunghezza- ed è costituito da un singolo filamento di RNA composto da 6395 nucleotidi e da 2130 copie di un singolo polipeptide (proteina di rivestimento), ognuna formata a sua volta da 158 amminoacidi. La molecola di RNA forma un core elicoidale rivestito da un cilindro di subunità proteiche. Conrat separò la molecola di RNA dal rivestimento proteico e devo avere mescolato le singole componenti in vitro, queste tendevano a riassemblarsi spontaneamente, originando virus funzionali. Analogamente, se l’RNA di un ceppo virale veniva mescolato con le proteine di un altro ceppo, si formava un virus ibrido ugualmente infettivo. Venne inoltre dimostrato che il tipo di virus prodotto dalle cellule infettate era determinato dall’RNA e non dalle proteine. La capacità delle molecole virali di auto-assemblarsi per formare complessi sintetici su misura, è stata di recente applicata in biomedicina e nelle nanotecnologie. Le proteine di rivestimento possono essere modificate e ingegnerizzate per ottenere specifiche proprietà (conduzione elettrica) permettendo l’auto-assemblaggio in determinate strutture. Numerosi test sono stati effettuati in merito alla costruzione di biosensori nanometrici, come il drug delivery e il quantum computing. 13 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ - Processo di auto-assemblaggio del TMV: l’unità per l’assemblaggio del rivestimento proteico del TMV è costituita da 34 subunità proteiche identiche che si assemblano spontaneamente, formando un disco bistratificato, composto da 17 subunità proteiche per strato; La molecola di RNA virale si associa a uno dei due dischi, modificando la sua conformazione da cilindrica a elicoidale e formando un’ansa di 102 nucleotidi; Al disco elicoidale si aggiunge un’ulteriore disco bistratificato cilindrico, che si associa con un’altra porzione di RNA e modificando la propria conformazione; Il processo continua fino a quando non è coinvolta l’intera molecola di RNA e il virus risulta completo. 2.5.5 L’auto-assemblaggio mostra dei limiti Tuttavia, sembrano esistere sistemi di assemblaggio dipendenti dall’informazione fornita da una struttura preesistente. La struttura definitiva è pertanto letta all’ordinamento dei componenti in una matrice fornita da una struttura preesistente. Tale processo, sembra riguardare -anche se non se ne ha la certezza- le membrane, le pareti cellulari e i cromosomi. 2.5.6 La gerarchia dell’auto-assemblaggio fornisce vantaggi per la cellula Come si è potuto notare, le strutture biologiche sono costruite in modo gerarchico (dal più semplice al più complesso). Il processo gerarchico ha una serie di vantaggi: - Semplicità chimica: quasi tutte le strutture cellulari sono sintetizzate partendo da 30 piccole molecole precursori, definite da George Wald “l’alfabeto della biochimica”. Tale alfabeto include 20 amminoacidi, 5 basi aromatiche degli acidi nucleici, 2 zuccheri e 3 molecole di lipidi. - Efficacia di assemblaggio: date le 30 molecole precursori, la complessità strutturale può essere facilmente elaborata in modo gerarchico. - Controllo qualità: può essere esercitato a ogni livello, consentendo di scartare i componenti difettosi in uno stadio precoce, prima che siano inseriti in strutture più complesse. 14 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ 3. Le macromolecole della cellula 3.1 Proteine Le proteine sono le macromolecole più importanti: esse sono presenti in tutti gli organismi e in ogni regione della cellula. La loro importanza è data anche dal loro stesso nome, infatti, proteina deriva dal greco proteios, che significa “primo posto”. In base alla loro funzione, le proteine si suddividono in nove classi: Enzimi: funzionano da catalizzatori, aumentando la velocità di reazioni chimiche essenziali alla vita; Proteine strutturali: forniscono supporto fisico, dando alla cellula e ai vari organelli il loro aspetto caratteristico; Proteine di motilità: regolano la contrazione e il movimento delle cellule e delle strutture intracellulari; Proteine di regolazione: responsabili del controllo e del coordinamento delle funzioni cellulari; Proteine di trasporto: implicate nel movimento di sostanze tra l’ambiente interno ed esterno della cellula; Proteine ormonali: mediano la comunicazione tra cellule distanti nell’organismo; Proteine recettoriali: consentono alla cellula di rispondere agli stimoli chimici provenienti dall’ambiente esterno; Proteine di difesa: forniscono protezione contro le malattie; Proteine di immagazzinamento: rappresentano una riserva di amminoacidi. 3.1.1 I monomeri sono amminoacidi Le proteine sono polimeri lineari di amminoacidi. In una cellula sono presenti più di 60 tipi diversi di amminoacidi, ma solo 20 sono utilizzati nella sintesi proteica. Le proteine che presentano più di 20 amminoacidi, sono il risultato di modificazioni chimiche post-sintetiche. Sebbene quasi tutte le proteine contengano la maggior parte dei 20 amminoacidi necessari perché possa essere sintetizzata una proteina, le proporzioni relative di quest’ultimi variano da proteina a proteina, non esistendo perciò due proteine con stessa sequenza amminoacidica. Ogni amminoacido è composto da un singolo atomo di carbonio centrale -denominato carbonio 𝛼 -a cui sono legati un gruppo carbossilico (COO-), un gruppo amminico (NH3+), un atomo di idrogeno (H) e un gruppo laterale (R). Tranne per la glicina, -il cui gruppo R corrisponde a un atomo di idrogeno- ogni amminoacido presenta almeno un atomo di carbonio asimmetrico (chirale) e pertanto esiste in due forme stechiometriche: D-amminoacido (destra) e L-amminoacido (sinistra). In natura esistono entrambe le forme, ma nelle proteine si trovano solo L- amminoacidi. Le caratteristiche di ogni proteina sono determinate dal gruppo R -l’unico a variare in ogni amminoacido-, il quale può essere anche un gruppo aromatico complesso di natura idrocarburica. - Amminoacidi apolari: nove amminoacidi (glicina, alanina, valina, leucina, isoleucina, metionina, fenilalanina, triptofano, prolina), presentano gruppi R apolari, risultando perciò idrofobici. La natura del gruppo R risulta, in questo caso, composta da pochi o nessun atomo di ossigeno e azoto. Particolare è sicuramente il gruppo laterale della prolina che, non solo è legato al carbonio 𝛼, ma anche all’azoto del gruppo amminico, attraverso un’interazione covalente. Quando un polipeptide si ripiega nella sua forma tridimensionale, gli amminoacidi apolari tendono a essere localizzati nella parte interna della molecola (parte interna della membrana). 15 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ - Amminoacidi polari, non carichi: sei amminoacidi (serina, treonina, cisteina, tirosina, asparagina, glutammina) sono nettamente polari e, pertanto, idrofili, tendendo a raggrupparsi sulla superficie delle proteine per interagire conte molecole polari dell’acqua e con altre sostanze polari (superficie membrana). - Amminoacidi polari, carichi: due amminoacidi acidi con carica negativa (aspartato, glutammato) e tre amminoacidi basici con carica positiva (lisina, arginina, istidina). Essi presentano le stesse caratteristiche degli amminoacidi polari, non carichi, variando solo per il fatto di essere dotati di carica a valori di pH caratteristici delle cellule. 3.1.2 I polimeri sono polipeptidi e proteine I singoli amminoacidi vengono aggiunti in un polimero lineare in fase di allungamento tramite reazioni di condensazione (o disidratazione). Come già detto, la reazione di condensazione consiste nell’eliminazione di una molecola di H2O: i due atomi di idrogeno vengono rimossi dal gruppo amminico (NH3+) di un amminoacido, mentre l’atomo di ossigeno viene rimosso dal gruppo carbossilico (COO-) di un altro amminoacido. A seguito della reazione di condensazione, il carbonio del gruppo carbossilico e l’azoto del gruppo amminico - rispettivamente di due amminoacidi diversi- si legano tra loro. Questo legame covalente C-N è noto come legame peptidico. La catena di amminoacidi si allunga un amminoacido alla volta e, a causa della delocalizzazione dell’elettrone tra il legame peptidi e il legame carbonio-ossigeno adiacente, i legami peptidici hanno un carattere di doppio legame parziale, disponendo i sei atomi più vicini su un unico piano. La catena che si forma ha anche una direzionalità intrinseca: l’estremità con il gruppo amminico è detta estremità N-terminale (o ammino-terminale), mentre l’estremità con il gruppo carbossilico è detta estremità C-terminale ( o carbossi-terminale). Il processo di allungamento della catena amminoacidica, in realtà, non produce una proteina, bensì un polipeptide. Una proteina è una catena di polipeptidi dotata di una forma tridimensionale unica e stabile responsabile dell’attivazione biologica. In ultima analisi, un polipeptide è un polimero di amminoacidi (monomeri), ma al tempo stesso, è il monomero di una proteina (polimero). - Proteine monomeriche: proteine composte da una sola catena polipetidica. La conformazione finale è raggiunta a seguito del ripiegamento spontaneo della catena durante la sua formazione. - Proteine multimeriche: consistono di due o più polipeptidi, spesso detti subunità polipeptidiche. Se una proteina multimedia è composta da due polipeptidi è detta dimmelo, da tre polipeptidi trimero, da quattro polipeptidi tetramero. Un esempio di tetrametro è l’emoglobina. L’emoglobina è costituita da due subunità polipeptidiche dette catene alfa e da due subunità chiamate catene beta. Ogni subunità contiene un gruppo ere con un atomo di ferro, capace di legare una singola molecola di ossigeno. In conclusione, la sintesi proteica multimerica comporta non solo l’allungamento e il ripiegamento delle catene polipetidiche, ma anche la loro successiva interazione e l’assemblaggio. 3.1.3 Diversi tipi di legami e interazioni sono importanti per il ripiegamento e la stabilità delle proteine Nella sintesi proteica sono coinvolti vari tipi di legami e interazioni deboli, il cui effetto cumulativo conferisce una notevole stabilità alla struttura proteica. Fondamentali sono i legami tra i gruppi carbossilici, amminici e i gruppi R dei singoli amminoacidi (residui amminoacilici). - Legame disolfuro: tipo particolare di legame covalente che si forma tra gli atomi di zolfo di due residui amminoacilici di cisteina. Essi si legano in seguito a una reazione di ossidazione che rimuove i due idrogeni dai gruppi sulfidrilici (SH-) delle due cisteine. Il legame bisolfuro può essere rotto soltanto tramite una reazione inversa (riduzione), aggiungendo due atomi di idrogeno per rigenerare i due gruppi sulfidrilici. Il legame disolfuro può essere sia intramolecolare (residui di cisteine dello stesso polipeptide anche distanti, che si avvicinano in fase di ripiegamento), che intermolecolare (residui di cisteine appartenenti a due polipeptidi diversi che, a seguito del legame, risultano legati tra loro). 16 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ - Legame idrogeno: i legami a idrogeno sono fondamentali per la stabilizzazione della struttura a elica e a foglietto della proteina. Nonostante sia un legame relativamente debole (2-5 kcal/mol), la sua abbondanza in proteine e DNA porta alla formazione di una forza formidabile. I gruppi R di numerosi amminoacidi sono in grado di partecipare alla formazione di legami a idrogeno anche tra gruppi distanti tra loro, avvicinati durante la fase di ripiegamento. Donatori: possiedono un atomo di idrogeno legato covalentemente a un atomo elettronegativo (O, N, F). Esempi di donatori sono il gruppo ossidrilico (OH-) e il gruppo amminico (NH3+-). Accettori: hanno un atomo elettronegativo che attrae l’atomo di idrogeno del donatore. Esempi di accettori sono il gruppo carbonilico (CO-) e il gruppo sulfidrilico (SH-) - Legami ionici (o interazioni elettrostatiche): poiché numerosi gruppi R possiedono una carica, sono presenti numerosi legami ionici (3 kcal/mol). Il ripiegamento del polipeptide comporta l’attrazione tra gruppi R di carica opposta, tendendo a respingere i gruppi di carica uguale. Il legame ionico risulta adirezionale, ossia, non è limitato ad angoli discreti, potendo esercitare pertanto una forza attrattiva su distanze superiori ad altre interazioni non covalenti. I legami ionici dipendono comunque dalla persistenza della carica su i gruppi: se pH troppo alti o troppo bassi, causano la perdita della carica, l’assenza di legami ionici può comportare la denaturazione della proteina. - Interazioni di van der Waals: molecole con legame covalente non polare possono presentare temporaneamente regioni cariche. Tali simmetrie momentanee prendono il nome di dipoli. Due dipoli possono attrarsi reciprocamente momentaneamente se opportunamente disposti -la carica negativa deve essere rivolta verso quella positiva- e se risultano situati a una distanza reciproca compresa tra 0,12 e 0,19 nm -distanze inferiori provocano la sovrapposizione di orbitali-. A causa delle numerose condizioni necessarie, le forze di van der Waals, sono interazioni molto deboli (0,1-0,2 kcal/mol). - Interazioni idrofobiche: non si tratta propriamente né di legami né di interazioni. Le interazioni idrofobiche riguardano piuttosto la tendenza delle molecole a spingere i gruppi apolari (idrofobici) verso l’interno per essere esclusi dalle interazioni con le molecole d’acqua, spingendo in superficie i gruppi idrofilici. La struttura proteica è infatti il risultato dell’equilibrio tra gruppi idrofilici e idrofobici. 3.1.4 La struttura delle proteine dipende dalla sequenza degli amminoacidi e dalle loro interazioni La struttura di una proteina presenta quattro livelli gerarchici di organizzazione, ciascuno dei quali richiede la presenza del livello di organizzazione precedente. - Struttura primaria: indica la sequenza di amminoacidi - legati tramite legame peptidico- dei polipeptidi. Per convezione, l’ordine con cui gli amminoacidi compaiono nella molecola vengono scritti dall’estremità N-terminale all’estremità C-terminale. La struttura primaria è importante sia da un punto di vista genetico che strutturale. La sequenza di amminoacidi deriva direttamente dall’ordine dei nucleotidi dell’RNA messaggero, a sua volta codificato dal DNA che costituisce il gene per una determinata proteina (codice genetico). La struttura primaria inoltre, determina la conformazione delle successive strutture proteiche e quindi la corrispondente funzione biologica della proteina. La prima proteina di cui è stata determinata la sequenza amminoacidica è stata l’insulina. Nel 1956, Frederick Sanger, determinò la sequenza degli amminoacidi dell’insulina, rompendo la proteina in due catene (subunità A e B) e studiandole separatamente, notando che, rispettivamente, presentavano 21 e 30 residui amminoacidici. Oggigiorno, non sono esistono banche-dati computerizzate contenenti migliaia di sequenze polipeptidiche, ma la struttura primaria è determinata più facilmente attraverso l’analisi di una sequenza nucleotidica del DNA. Se nella struttura primaria di un polipeptide sono presenti delle anomalie, queste si ripercuoteranno anche nelle successive strutture, provocando spesso danni ingenti. Un esempio è dato dall’anemia falciforme. Questa patologia è determinata da un cambiamento della sequenza amminoacidica nella molecola di emoglobina. Il sesto residuo a partire dall’estrmità N-terminale delle catene beta risulta essere, infatti, la velina invece che il glutammato (E6V). Questa sostituzione provoca una cristallizzazione dell’emoglobina, revocando una distorsione 17 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ della struttura tridimensionale dei globuli rossi che, invece di essere a forma di disco, presentano una forma a falce. Tale distorsione ostacola il flusso sanguigno e la conseguente disponibilità di ossigeno nei vari tessuti. - Struttura secondaria: descrive regioni della struttura determinate da legami a idrogeno tra gruppi amminici (NH3+) e carbonilici (CO) lungo lo scheletro polipeptidico. Le interazioni danno origine a due tipi principali di strutture, proposte entrambe nel 1951 da Linus Pauling e Robert Corey. Conformazione ad alfa elica: presenta una forma a spirale costituita da uno scheletro di amminoacidi legati da legami peptidici, da cui sporgono i gruppi R dei singoli amminoacidi. Nell’alfa elica sono presenti 3,6 amminoacidi per giro, portando vicini i legami peptidici di ogni quarto amminoacido della catena. Nell’alfa elica -comune a polimeri con unità che si ripetono- ogni legame peptidico superiore è unito mediante un legame idrogeno tra il gruppo CO e il gruppo NH del legame peptidico inferiore. I legami a idrogeno sono tutti paralleli tra loro, tendendo a stabilizzare la struttura a spirale e tenendo insieme i giri successivi dell’elica. La formazione dei legami a idrogeno nella conformazione ad alfa elica è sempre intramolecolare, ossia avvengono all’interno dello stesso polipeptide. Conformazione a foglietto beta (o pieghettata): presenta una conformazione distesa, simile a un foglietto, in cui gli atomi di carbonio sono localizzati in successione in corrispondenza di picchi e avvallamenti, anche se leggermente al di sopra e al di sotto del foglietto beta. I gruppi R degli amminoacidi adiacenti,invece, sporgono alternativamente dai due lati del foglietto. I legami a idrogeno tra CO e NH nel foglietto beta sono perpendicolari e possono essere sia intramolecolari (tra due segmenti giustapposti dello stesso polipeptide), o intermolecolari (tra due polipeptidi adiacenti). Se le due regioni del foglietto beta che interagiscono vanno nella stessa direzione (da N-terminale a C-terminale), la struttura è detta foglietto beta parallelo; se le due catene vanno in direzione opposte, la struttura è detta foglietto beta antiparallelo. A seconda degli amminoacidi presenti in un polipeptide, questo assumerà una conformazione a elica (leucina, metionina, glutammato) o a foglietto (isoleucina, valida, fenilalanina). Caso particolare è la prolina: tale amminoacido distrugge l’alfa elica dal momento che il gruppo R è legato anche al gruppo NH3, non possedendo pertanto l’atomo di idrogeno necessario per formare il legame a idrogeno. Raramente la prolina si trova nelle strutture ad alfa elica e, quando è presente, introduce una curvatura nell’elica. Per descrivere le regioni di struttura di una proteina, i biochimici rappresentano l’alfa elica con una spirale o un cilindro; il foglietto beta con una freccia rivolta verso la direzione C-terminale o un nastro; gli avvolgimenti casuali ad ansa (random coil), che connettono regioni ad alfa elica e a foglietto beta, attraverso un tratto sottile (modello a spirale e a nastro). La proteina può, altrimenti, essere rappresentata con il modello di struttura ball-and-stick. In molte proteine sono state identificate alcune combinazioni di alfa elica e foglietto beta - interconnesse da regioni ad ansa di lunghezza variabile- dette motivi. I motivi più ricorrenti sono: beta-alfa-beta (con beta paralleli); forcina (con beta antiparalleli); helix-turn-helix (elica-giro-elica), caratteristica delle proteine che legano il DNA. - Struttura terziaria: la struttura terziaria riguarda il ripiegamento tridimensionale di una singola catena polipeptidica, che dipende quasi esclusivamente dalle interazioni tra i gruppi R. La struttura terziaria pertanto non risulta essere un pattern ripetitivo come la struttura secondaria, né risulta essere prevedibile, coinvolgendo interazioni tra i gruppi laterali R, ognuno dei quali presenta caratteristiche e proprietà diverse (variano da amminoacido ad amminoacido). Il risultato finale sarà, pertanto, la conformazione nativa della proteina, ossia la condizione più stabile per una determinata sequenza di amminoacidi. La struttura terziaria -responsabile dell’attivazione e del differenziamento funzionale proteico- non prende in esame i soli legami CO-NH, bensì tutte le interazioni che si instaurano nel polipeptide. Le proteine possono essere divise in due categorie: Proteine fibrose: presentano estese strutture secondarie (sia alfa elica che foglietto), conferendo alle molecole una struttura ordinata, ripetitiva e filamentosa. In questa particolare categoria, le interazioni secondarie sono più importanti di quelle terziare per determinare la forma della proteina. Le proteine fibrose rappresentano una piccola parte dei tipi di proteine cellulari. Esempi di proteine fibrose sono la fibroina (seta), le cheratine (capelli, lana), il collagene (tendini, pelle) e l’elastina (legamenti, vasi sanguigni) 18 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ a. Fibroina: è costituita da una lunga serie di foglietti beta antiparalleli, con le catene polipeptidiche parallele all’asse della fibra, ma orientate in direzione opposta. Gli amminoacidi principali (glicina, alanina, serina), presentano gruppi R piccoli che si impaccano tra loro, formando una fibra inestensibile, a causa dei foglietti beta già tesi al massimo. b. Cheratina: è costituita da molecole ad alfa elica (alfa-cheratina) molto lunghe ed estensibili. Le singole alfa eliche vengono avvolte insieme formando una struttura simile a una fune: inizialmente, due alfa eliche di cheratina si avvolgono l’una con l’altra, andando a formare in seguito un protofilamento contenente quattro alfa eliche associate tra loro. Gruppi di otto protofilamenti interagiscono tra loro, formando filamenti intermedi, che, a loro volta, si aggregano, formando la fibra del capello. Proteine globulari: La gran maggioranza delle proteine cellulari presentano una struttura globulare. La catenea polipeptidica risulta localmente raggomitolata e compatta, in regioni con strutture ad alfa elica o a foglietto beta, a loro volta ripiegate una sull’altra. Le regioni ad alfa elica o a foglietto beta sono disperse tra regioni a struttura irregolare che consentono al polipeptide di formare anse e di ripiegarsi (random coil). Le proteine globulari possono avere una struttura essenzialmente ad alfa elica (fasci di eliche), essenzialmente a foglietto beta (conformazione a barile, disposizione torsionale) o un insieme delle due strutture. La maggior parte delle proteine globulari è costituita da domìni. Un dominio è un’unità discreta (50-350 amminoacidi), ripiegata localmente, di struttura terziaria, che presenta una funzione specifica. Esso può presentare regioni sia ad alfa elica che a foglietto beta. Le proteine piccole tendono a essere ripiegate in un singolo dominio. Le proteine, invece, che presentano una funzione simile hanno in genere un dominio comune, contenente una sequenza di residui amminoacidi identici o simili. Infine, proteine con funzioni multiple, hanno normalmente un dominio diverso per ogni funzione. Esempi di domìni sono il dominio dell’immunoglobulina, il dominio kringle o il dominio di morte. Ancora oggi non si è in grado di predire la struttura terziaria che assumerà una proteina, partendo dalla sequenza primara. Dal 1994, il progetto CASP (the Critical Assessment of techniques for proteine Structure Prediction) si occupa dello studio delle strutture terziarie. Tale ricerca ha portato successi nello sviluppo di farmaci, delineando la possibilità di disegnare composti ad azione terapeutica capaci di legare regioni specifiche di una proteina coinvolta in una malattia. - Struttura quaternaria: riguarda le interazioni tra più catene polipeptidiche e il loro assemblaggio. La struttura quaternaria è pertanto presente solamente nelle proteine multimeriche (emoglobina) e, in particolare, in quelle con PM≥50.000 Da. I legami e le forze che stabilizzano la struttura quaternaria sono gli stessi che riguardano quella terziaria (legame idrogeno, interazione elettrostatica, forze di van der Waals, legame disolfuro, interazione idrofobica). Il processo di assemblaggio tra catene polipeptidicheè spesso spontaneo anche se, talvolta, sono necessarie molecole chaperon. In alcuni casi può esistere un livello ancora più elevato di assemblaggio, fondamentale per un’economia di funzione. Il complesso multiproteico è composto da due o più proteine (spesso enzimi) uniti tra loro per svolgere sequenzialmente una stessa funzione (protesoma, complesso piruvato deidrogenasi). 3.2 Acidi nucleici Gli acidi nucleici sono macromolecole importanti per il loro ruolo di immagazzinamento, trasmissione ed espressione dell’informazione genetica. I due tipi principali di acidi nucleici sono il DNA (acido desossiribonucleico) e l’RNA (acido ribonucleico). Il DNA e l’RNA differiscono per il loro ruolo nella cellula e per la loro struttura chimica. Per quanto riguarda la funzione, il DNA è il depositario dell’informazione genetica, mentre le molecole di RNA svolgono ruoli diversi, tra cui l’espressione dell’informazione contenuta nel DNA. Oltre alle note varietà di RNA (mRNA, rRNA, tRNA) implicate nel processo di sintesi proteica, molte cellule eucariotiche contengono piccoli RNA (small RNA) di 20-30 nucleotidi che presenta funzione regolatoria. I micro RNA (miRNA) sono small RNA endogeni che promuovono la degradazione o inibiscono la traduzione di specifici geni -una regolazione anomala di miRNA è associata a patologie nell’uomo-; mentre gli small interferone RNA (siRNA) derivano da fonti esogene (infezione di un virus a RNA) e inibiscono sia trascrizione 19 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ che traduzione di un gene. I siRNA possono essere utili per silenziare l’espressione di geni (a ogni gene corrisponde un polipeptide) associati a particolari malattie nell’uomo. 3.2.1 I monomeri sono nucleotidi Le unità monomeriche degli acidi nucleici sono dette nucleotidi. DNA e RNA contengono ciascuno solo quattro monomeri diversi e le cinque basi aromatiche che li compongono fanno parte delle 30 molecole più comuni nelle cellule. Ogni nucleotide è costituito da uno zucchero a cinque atomi di carbonio, a cui è legato un gruppo fosfato e una base aromatica contenente azoto. Lo zucchero è il D-ribosio (RNA) o il D-desossiribosio (DNA). Il gruppo fosfato è unito mediante un legame fosfoestere al carbonio 5’ dello zucchero, e la base azotata è legata invece al carbonio 1’. Le basi azotate si dividono in purine (Adenina [A], Guanina [G]) e pirimidine (timina [T], citosina [C]). L’RNA presenta un’ulteriore base pirimidinica, la quale sostituisce la timina: l’uracile (U). Se da un nucleotide viene rimosso il gruppo fosfato si parla di nucleoside (come adenosina per l’RNA o desossiadenosina per il DNA). Ogni base azotata pertanto può essere presente come base libera, nucleoside o nucleotide. Un nucleotide, in ultima analisi, può essere pertanto considerato un nucleoside monofosfato (nucleoside+singolo gruppo fosfato). Nel caso in cui siano presenti più gruppi fosfati il nucleoside adenosina -per esempio- viene indicato come adenosina difosfato (ADP) o adenosina trifosfato (ATP). Il primo gruppo fosfato è sempre legato al carbonio 5’ dello zucchero tramite un legame fosfoetere, mentre i successivi gruppi fosfato sono legati tra loro tramite legami fosfoanidride, capace di liberare un’energia 2-3 volte maggiore rispetto al legame fosfoetere. l’ATP è utilizzato per far avvenire numerose reazioni cellulari, grazie all’elevata energia che possiede. In conclusione, i nucleotidi sono sia le unità monometriche degli acidi nucleici, sia -in molti casi- intermediari per il trasferimento di energia in varie reazioni. 3.2.2 I polimeri sono DNA e RNA I nucleotidi si legano tra loro tramite il gruppo fosfato per formare polimeri lineari (gli acidi nucleici). In particolare, il gruppo fosfato legato tramite un legame fosfoestere al carbonio 5’ di un nucleotide, si lega mediante un ulteriore legame fosfoestere al carbonio 3’ del nucleotide successivo (legame fosfodiesterico 3’,5’). Tale legame è responsabile della direzione della sintesi degli acidi nucleici, che avviene dall’estremità 5’ all’estremità 3’. La sintesi degli acidi nucleici richiede: - Energia: allo scopo di fornire energia per fumare il legame fosfodiesterico, ogni nucleotide entra nella catena polimerica sotto forma di nucleoside trifosfato ad alta energia: dATP (Desossiadenosina trifosfato, DNA) ATP (adenosina trifosfato, RNA); dGTP/GTP (guanosina trifosfato); dCTP/CTP (citidina trifosfato); dTTP/TTP (tidina trifosfato). - Informazione: i nucleotidi devono essere aggiunti in una sequenza specifica, determinata geneticamente. A tal fine, una molecola preesistente di DNA viene utilizzata come stampo per specificare l’ordine dei nucleotidi del nuovo filamento di DNA e RNA. Poiché le basi azotate presentano sia gruppi carbossilici (CO) che atomi di azoto, sono in grado di formare dei legami a idrogeno. Le relazioni di complementarietà tra purine e pirimidine (appaiamento delle basi) consentono di formare due legami a idrogeno A-T/ A-U e tre legami a idrogeno G-C. 3.2.3 Una molecola di DNA è un’elica a doppio filamento Nel 1953, Francis Crick e James Watson pubblicarono sulla rivista Nature un articolo nel quale si illustrava la struttura elicoidale a doppio filamento del DNA (doppia elica). Tale struttura, non solo spiegava le proprietà chimico-fisiche del DNA, ma suggeriva anche un meccanismo di replicazione della struttura. 20 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ La doppia elica di DNA è costituita da due catene di DNA complementari avvolte intorno a un asse comune, formando così un’elica destrorsa. Le due catene sono orientate in direzione opposte (antiparallele) lungo l’elica, una in direzione 5’-3’, l’altra in direzione 3’-5’. Lo scheletro di ciascuna catena è costituito dalle molecole dello zucchero e del gruppo fosfato, che si alternano, mentre l’asse centrale è composto dalle singole basi azotate. Lo zucchero polare e i gruppi fosfato carichi risultano idrofilici, motivo per il quale si trovano rivolti verso l’esterno dell’elica, a contatto con l’ambiente acquoso. Le basi azotate di una catena, -essendo idrofobiche, o comunque meno affini all’acqua- sono invece rivolte verso l’interno dell’elica del DNA, appaiandosi con le basi azotate idrofobiche dell’altra catena per tenere uniti i due filamenti. Le basi azotate sono complementari. In base alla possibilità di appaiamento, ogni A si lega con una T (o U nell’RNA), mentre ogni G si appaia con una C. In entrambi i casi, un membro della coppia è una purina, l’altro una pirimidina. L’elica presenta inoltre un diametro costante di 2nm. La costanza del diametro è dovuta al fatto che le purine presentano una struttura a due anelli, mentre le pirimidine a un solo anello. Ogni legame è quindi, in ultima analisi, sempre costituito da tre anelli legati tra loro. La doppia elica destrorsa di Watson e Crick è definita anche DNA-B. Il DNA-B è la forma principale di DNA nelle cellule, ma possono essere presenti al suo interno anche corti segmenti interspersi come il DNA-A (doppia elica destrorsa più corta e spessa) o il DNA-Z (doppia elica sinistrorsa più lunga e sottile, in cui lo scheletro zucchero-fosfato presenta un andamento a zig zag). Simili appaiamenti si verificano anche nell’RNA. Nell’RNA,- essendo composto da un solo filamento- gli appianamenti si instaurano tra regioni complementari dello stesso filamento. Solo alcuni virus infettivi a RNA, contengono infatti una doppia elica. 3.3 Polisaccaridi I polisaccaridi sono costituiti da lunghe catene polimeriche di zuccheri o derivati degli zuccheri. In genere, sono costituiti da un singolo tipo di unità di ripetizione o, al massimo, da un alternarsi di due tipi. I polisaccaridi non sono molecole informazionali. Polimeri come l’amido, il glicogeno (riserva) o la cellulosa (strutturale), presentano come unità di base il glucosio (sei atomi di carbonio) ma, tra loro, differiscono per la natura del legame tra le unità di glucosio e per la presenza e l’estensione delle diramazioni laterali nelle catene. 3.3.1 I monomeri sono monosaccaridi - Monosaccaridi: zuccheri semplici (dal greco mono, singolo) che sono le unità di ripetizione dei polisaccaridi. Uno zucchero può essere definito come un’aldeide o un chetone con due o più gruppi ossidrilici (OH). Gli aldozuccheri presentano un gruppo carbossilico (C=O) terminale, mentre i chetozuccheri presentano un gruppo carbossilico interno (in genere sull’atomo di carbonio 2). La maggior parte degli zuccheri ha da tre (triosi) a sette (eptosi) atomi di carbonio. Il monosaccaride più comune del mondo biologico è l’aldoesoso D-glucosio, la cui formula è C6H12O6. La formula caratteristica degli zuccheri (CnH2nOn), ha dato origine al termine carboidrati: gli zuccheri vennero, infatti, considerati originariamente come idrati del carbonio -C(H2O)n. Nel glucosio, gli atomi di carbonio sono numerati a partire dall’estremità più ossidata della molecola, il gruppo carbonilico. Poiché il glucosio ha quattro atomi di carbonio asimmetrici (2,3,4,5) sono possibili 16 diversi stereoisomeri, tra cui il D-glucosio è il più stabile. Una molecola organica -come il glucosio- può essere rappresentata attraverso: Proiezione di Fischer: molecola lineare a catena aperta, in cui si immagina che i gruppi -OH e -H si proiettino leggermente al di fuori de piano del foglio; Struttura ad anello: il glucosio esiste nella cellula in un equilibrio dinamico tra la configurazione lineare e la forma ad anello. L’anello si forma quando il gruppo ossidrile del carbonio 5 si lega all’atomo di carbonio 1. Il legame tra il carbonio 1 e 5 è favorito dalla natura tetraedri di ciascun atomo della catena. La forma ad anello è la struttura prevalente, poiché è la più stabile da un punto di vista energetico; 21 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ Proiezione di Haworth: mostra la relazione spaziale tra le diverse parti della molecola, indicando sia la forma ad anello che la relazione spaziale tra gli atomi di carbonio. Per tali motivi, la proiezione di Hawarth è la preferita dai chimici. - Forme alternative del glucosio: la struttura ad anello genera due forme alternative della molecola, a seconda dell’orientazione spaziale del gruppo ossidrilico sull’atomo di carbonio 1. l’alfa-D-glucosio ha il gruppo OH rivolto verso il basso, mentre il beta-D-glucosio ha il gruppo OH rivolto verso l’alto. L’amido e il glicogeno presentano come monomero l’alfa-D-glucosio; la cellulosa, invece, il beta-D-glucosio. - Disaccaridi: zuccheri costituiti da due unità monosaccaridiche unite covalentemente tramite legame glicosidico tra l’atomo di carbonio 1 e l’atomo di carbonio 4. Il legame si forma a seguito di una reazione di condensazione in cui si ha la perdita di una molecola di acqua. La distinzione tra legami alfa e beta glicosidici è fondamentale sia per la configurazione tridimensionale Sial per il ruolo biologico del polimero. I disaccaridi comuni sono: Maltosio: alfa-D-glucosio+alfa-D-glucosio. Legame alfa glicosidico; Saccarosio: alfa-D-glucosio+beta-D-fruttosio. Legame alfa glicosidico; Lattosio: beta-D-galattosio+beta-D-glucosio. Legame beta glicosidico. Alcune persone non possiedono l’enzima necessario a idrolizzare il legame beta glicosidico e sono pertanto considerate intolleranti al lattosio a causa della loro difficoltà a metabolizzare il disaccaride. 3.3.2 I polimeri sono polisaccaridi di riserva e strutturali - Polisaccaridi: svolgono funzioni sia di riserva che strutturali. Glicogeno: polisaccaride di riserva animale costituito da unità di alfa-D-glucosio legate tramite legame alfa- glicosidico (1-4). Il glicogeno presenta anche legami alfa (1-6) ogni 8-10 unità di glucosio lungo lo scheletro, responsabili di corte catene laterali (ramificazioni) di circa 8-12 unità di glucosio. Il glicogeno è immagazzinato nel fegato (fonte di glucosio per regolare i livelli ematici di zucchero) e nel tessuto muscolare (fonte di combustibile per produrre ATP, necessario per la contrazione muscolare); Amido: polisaccaride di riserva vegetale costituito da unità di alfa-D-glucosio legate tra loro tramite legame alfa-glicosidico (1-4). L’amido esiste sia come amilosio (10-30%) non ramificato che come amilopectina ramificata (70-90%). L’amilopectina ha ramificazioni alfa (1-6) meno frequenti lungo la catena (ogni 12-25 unità di glucosio), le quali danno però origine a catene laterali più lunghe (20-25 unità di glucosio). L’amido è immagazzinato sotto forma di granuli nei plastidi (cloroplasti, amiloplasti); Cellulosa: polisaccaride strutturale, presente nella parete delle cellule vegetali. Nelle piante superiori, più della metà del carbonio è presente nella cellulosa. Il monomero che si ripete è il beta-D-glucosio, le cui unità sono legate tramite legame beta (1-4). Dal momento che i mammiferi non possiedono un enzima in grado di idrolizzare il legame beta (1-4), non possono utilizzare la cellulosa come alimento. Gli erbivori sono ingrato di cibarsi di cellulosa grazie a microrganismi (batteri e protozoi) che ospitano nel sistema digestivo. Questi microrganismi digeriscono la cellulosa, trasformandola in glucosio utilizzabile dall’animale. La parete cellulare di molti batteri non è costituita da cellulosa, bensì è molto più complessa. Essa contiene due tipi di zuccheri, l’N-acetilglucosammina (GlcNAc) e l’acido N-acetilmuramico (MurNAc). Entrambi derivano dalla beta-glucosammina, una molecola di glucosio in cui il gruppo OH del’atomo di carbonio 2 è sostituito da un gruppo amminico NH2. La GlcNAc si forma in seguito ad acetilazione del gruppo amminico, mentre il MurNAc richiede l’aggiunta ulteriore di un gruppo lattine a tre atomi di carbonio sull’atomo di carbonio 3. La parete cellulare batterica è pertanto formata da sequenze di GlcNAc-MurNAc unite tramite legame beta (1-4). Chitina: polisaccaride strutturale presente nella parete cellulare dei funghi (con legame beta 1-4; 1-3) e nell’esoscheletro di crostacei e insetti. La chitina è composta solamente da unità di GlcNAc unite da legami beta (1-4). 22 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ 3.3.3 La struttura dei polisaccaridi dipende dai tipi di legami glicosidici coinvolti La distinzione tra legami glicosidici alfa e beta non è solo nutrizionale, ma è anche legata alla strutta secondaria dei polisaccaridi. - Polisaccaridi di riserva (alfa-glicosidico): si avvolgono spontaneamente in eliche lasse, in strutture non molto ordinate a causa delle numerose catene laterali dell’amilopectina e del glicogeno. - Polisaccaridi di struttura (beta-glicosidico): formano bastoncini rigidi e lineari che si aggregano uno di fianco all’altro formano microfibrille di 20nm di diametro. Le microfibrille sono costituite da 36 catene di cellulosa e sono immerse in una matrice non cellulosica che contiene numerosi polimeri (emicellulosa, pectina) e l’elastina (proteina della parete cellulare). Grazie alle microfibrille (tondini metallici) e alla matrice acellulosica (cemento), le pareti cellulari sono talmente resistenti da essere state paragonate al cemento armato. 3.4 Lipidi Nonostante i lipidi non sono formati mediante il processo di polimerizzazione, sono spesso considerati macromolecole per i loro elevati pesi molecolari, per la loro presenza in importanti strutture della cellula (membrane) e per le numerose reazioni di condensazioni che avvengano nella parte finale della loro sintesi. Nonostante i lipidi costituiscano una categoria eterogenea di componenti cellulari, una caratteristica che li contraddistingue è la loro natura idrofoba. I lipidi sono quindi solubili in solventi apolari (cloroformio, etere), presentando relativamente pochi gruppi polari. tuttavia, alcuni lipidi sono anfipatici, ossia presentano regioni sia idrofiliche (polari) che idrofobe (apolari). I lipidi svolgono nella cellula principalmente funzioni di riserva energetica, funzioni biologiche specifiche (trasmissione di segnali chimici cellulari) e inoltre sono implicati nella struttura della membrana. Infine, i lipidi si possono suddividere in acidi grassi, triacilgliceroli, fosfolipidi, glicolipidi, steroidi e terpeni. 3.4.1 Gli acidi grassi sono elementi costitutivi di numerose classi di lipidi - Acidi grassi: gli acidi grassi sono caratterizzati da una lunga catena idrocarburica non ramificata con una testa polare (gruppo carbossilico a un’estremità) e una coda apolare (estremità idrocarburica): la mollica di un acido grasso risulta pertanto anfipatica. Gli acidi grassi contengono in genere un numero di atomi pari di carbonio compreso tra 12 e 20 per catena, anche se gli acidi grassi più frequenti possiedono 16 e 18 atomi di carbonio (palmitoleato, linoleato, oleato, linolenato, arachidonato). Gli atomi di carbonio risultano essere normalmente pari poiché l’unità di base è costituita da due atomi di carbonio. Poiché possiedono molti atomi di idrogeno e pochi di ossigeno, gli acidi grassi sono molto ridotti e, a seguito di una reazione di ossidazione, sono una fonte efficiente di riserva di energia. A seconda della presenza di doppi legami gli acidi grassi si distinguono in: Acidi grassi saturi: acidi grassi privi di doppi legami tra atomi di carbonio, permettendo di legare a quest’ultimi il massimo numero di atomi di carbonio. La formula generica di un acido grasso saturo è CnH2nO2, e si caratterizza per lunghe catene dritte e un impacchettamento compatto; Acidi grassi insaturi: contengono uno o più doppi legami, i quali formano una angolatura nella molecola che impedisce il loro impacchettamento compatto; Grassi trans: possiedono un doppio legame particolare, che determina un’angolatura minore. I grassi trans assomigliano, pertanto, a acidi grassi saturi, permettendo loro di impacchettarsi in maniera più stretta dei tipici acidi grassi insaturi. I grassi trans vengono prevalentemente prodotti artificialmente (condimenti, margarina) e sono stati collegati a cambiamenti nel colesterolo ematico e nell’aumento di malattie cardiache. 23 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ 3.4.2 I triacilgliceroli sono lipidi di riserva - Triacilgliceroli (o trigliceridi): sono costituiti da una molecola di glicerolo (alcol a tre atomi di carbonio, con un gruppo ossidrilico attaccato a ogni carbonio) unita tramite un legame esterico (con eliminazione di acqua) a tre acidi grassi. Ogni acido grasso del triacilglicerolo è legato all’atomo di carbonio del glicerolo tramite una reazione di condensazione. I trigliceridi sono sintetizzati a tappe, aggiungendo un acido grasso alla volta. I monogliceridi contengono un solo acido grasso esterificato, i digliceridi due e i trigliceridi tre. Non è necessario che i tre acidi grassi siano identici, ma possono variare nella lunghezza della catena o nel grado di instaurazione o in entrambi. La funzione principale dei triacilgliceroli è di riserva energetica e isolante termico contro le basse temperature negli animali. Grassi: triacilgliceroli con una preponderanza di acidi grassi saturi. I grassi sono di solito solidi o semisolidi a temperatura ambiente e sono abbondanti nel corpo degli animali; Oli: triacilgliceroli con una preponderanza di acidi grassi insaturi che impediscono un impacchettamento ordinato delle molecole. Pertanto gli oli sono liquidi a temperatura ambiente, presentano temperature di fusione più basse rispetto ai grassi. Gli oli vegetali possono essere trasformati in grassi solidi (margarina) attraverso una idrogenazione parziale (saturazione) dei doppi legami. 3.4.3 I fosfolipidi sono importanti per la struttura della membrana - Fosfolipidi: per alcuni aspetti chimici sono simili ai triacilgliceroli, ma sono molto diversi per le loro proprietà e il loro ruolo nella cellula. I fosfolipidi sono importanti soprattuto nella struttura della membrana cellulare, grazie alla loro natura anfipatica. Esistono due diverse classi di fosfolipidi: Fosfogliceridi: sono il tipo prevalente di fosfolipidi presenti nelle membrane. La componente base di un fosfogliceride è l’acido fosfatidico costituito da due acidi grassi -in genere uno saturo e uno insaturo- esterificati a una molecola di glicerolo, a sua volta legata a un gruppo fosfato. I fosfogliceridi presentano inoltre una piccola molecola di acol idrofilo (serina, etanolammina, colina o inositolo) legata al fosfato mediante un legame esterico. L’alcol contribuisce alla natura polare della testa del gruppo fosfolipidico. L’acido fosfatidico, tuttavia, di per sé non è molto abbondante nelle membrane, ma è fondamentale per la sintesi di altri fosfogliceridi. La lunghezza e il grado di instaurazione delle catene di acido grasso nei fosfolipidi di membrana influiscono molto sulla fluidità della membrana e possono essere regolati dalle cellule di alcuni organismi; Sfingolipidi: furono scoperti nel XIX secolo da Johann Thudicum e, dal momento che il loro ruolo sembrava essere enigmatico come la sfinge, vennero chiamati sfingolipidi. L’unità di base degli sfingolipidi è l’ammino- alcol sfingosina, caratterizzato da una lunga catena idrocarburica con un singolo sito di instaurazione vicino all’estremità polare. Attraverso il suo gruppo amminico, la sfingosina può formare un legame ammidico con un acido grasso a catena lunga (fino a 34 atomi di carbonio). La molecola risultante è la ceramide, costituita d una regione polare fiancheggiata da due lunghe code apolari, provocando un’angolatura a forcina tipica dei fosfolipidi. Il gruppo ossidrilico (OH) situato sul carbonio 1 della sfingosina sporge dalla testa della molecola. Si forma uno sfingolipide quando un gruppo polare si lega al gruppo ossidrilico della molecola di ceramide. Gli sfingolipidi sono presenti soprattutto nel foglietto esterno del doppio strato fosfolipido della membrana, in corrispondenza di zattere lipidiche (lipid rafts), ossia dei microdomini della membrana, che facilitano la comunicazione con l’ambiente extracellulare. 3.4.4 I glicolipidi sono componenti specializzati delle membrane - Glicolipidi: sono lipidi che contengono uno zucchero al posto del gruppo fosfato. I glicolipidi derivano dalla sfingosina (glicosfingolipidi) e dal glicerolo. Il glicolipide può inoltre contenere da una a sei unità di zucchero idrofiliche (D-glucosio, D-galattosio o N-acetil-D-galattosammina), conferendo alla molecola una natura anfipatica. I glicolipidi sono componenti specializzati in alcune cellule vegetali e del sistema nevoso, in particolare, i glicosfingolipidi sono siti di riconoscimento biologico sulla superficie cellulare. 24 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ 3.4.5 Gli steroidi sono lipidi con molteplici funzioni - Steroidi: sono strutturalmente diversi dagli altri lipidi, essendo composti da uno scheletro idrocarburico a quattro anelli condensati. Ma, come gli altri lipidi, anche gli steroidi sono prevalentemente apolari e idrofobici. Gli steroidi differiscono tra loro per numero e posizione dei doppi legami. Colesterolo: steroide presente solo nelle cellule eucariotiche e abbondante in quelle animali. Il colesterolo è una molecola anfipatica, dotata di una testa polare (gruppo ossidrilico OH in posizione 3) e un corpo e una coda idrocarburici apolari (scheletro ad anelli condensati e la catena laterale idrocarburica in posizione 17). Poiché la maggior parte della molecola è idrofoba, il colesterolo si trova soprattutto nelle membrane plastiche e degli organelli (tranne mitocondri e cloroplasti). Nelle cellule vegetali sono presenti steroidi simili come lo stigmasterolo e il filosterolo, mentre nelle cellule dei funghi e dei batteri Mycoplasma, lo steroide simile al colesterolo più abbondante è l’ergosterolo; Ormoni steroidei: dal colesterolo si sintetizzano anche gli ormoni sessuali maschili e femminili (testosterone- androgeno; estradiolo-estrogeno), glucocorticoidi e mineralcorticoidi. I glucocorticoidi (cortisolo) favoriscono la gluconeogenesi (sintesi di glucosio) e sopprimono le reazioni infiammatorie, mentre i mineralcorticoidi (aldosterone), regolano l’equilibrio ionico, favorendo il riassorbimento di ioni sodio, cloro e bicarbonato nel rene. 3.4.6 I terpeni si formano dall’isoprene - Terpeni (o isoprenoidi): sono sintetizzati dall’isoprene, composto a cinque atomi di carbonio. L’isoprene e i suoi derivati sono uniti in varie combinazioni per produrre sostanze come la vitamina A (sostanza nutritiva), pigmenti carotenoidi (utilizzo della luce da parte delle piante nella fotosintesi), dolicoli (attivazione derivati degli zuccheri), trasportatori di elettroni (coenzima Q, plastochinone). I poliisoprenoidi (polimeri dell’isoprene) sono comuni nelle membrane cellulari degli archea. 25 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunti-dettagliati-di-biologia-animale-e-vegetale/7889018/ 4. Cellule e organelli 4.1 Proprietà e strategie delle cellule 4.1.1 Tutti gli organismi sono classificati nei tre domini Bacteria, Archaea o Eukarya Gli organ

Use Quizgecko on...
Browser
Browser