Appunti di Bioingegneria Chimica PDF

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Questi appunti di bioingegneria chimica, dell'anno 2024-2025, coprono argomenti come biocompatibilità, polimeri e carboidrati, con un focus particolare sui monosaccaridi. Sono adatti agli studenti universitari.

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APPUNTI BIOINGEGNERIA CHIMICA ALICE SAVA’ APPUNTI PROF BONO ANNO 2024\2025 APPUNTI BIOIGEGNERUA BIOMEDICA BIOCOMPATIBILITA’ L'ingegneria biochimica è una disciplina che integra principi di ingegneria e biologia per sviluppare e ottimizzare processi biologici e materiali. Un aspetto cruciale i...

APPUNTI BIOINGEGNERIA CHIMICA ALICE SAVA’ APPUNTI PROF BONO ANNO 2024\2025 APPUNTI BIOIGEGNERUA BIOMEDICA BIOCOMPATIBILITA’ L'ingegneria biochimica è una disciplina che integra principi di ingegneria e biologia per sviluppare e ottimizzare processi biologici e materiali. Un aspetto cruciale in questo campo è la biocompatibilità, che si riferisce alla capacità di un materiale di interagire con i tessuti biologici senza causare reazioni avverse. Questo è fondamentale per lo sviluppo di dispositivi medici, impianti e biomateriali, dove la compatibilità con il corpo umano è essenziale per il successo e la sicurezza del trattamento. POLIMERI Il termine polimero deriva dal greco "polus", che significa "molto", e "meros", che significa "parte" o "unità". Quindi, polimero si traduce in "che ha molte parti". Definizione: I polimeri sono macromolecole con un peso molecolare elevato (10-1000 kDa), costituite da numerose unità ripetitive chiamate monomeri. Questi monomeri sono uniti mediante legami covalenti (i legami primari più forti in natura). Possiamo immaginare i polimeri come una collana di perle, dove le perle rappresentano i monomeri, unite tra loro da legami covalenti. Classificazione: Polimeri Sintetici: o Esempi: Plastiche, gomme, adesivi. Caratteristiche: Questi polimeri sono creati artificialmente attraverso processi chimici in laboratorio e sono utilizzati in una vasta gamma di applicazioni industriali e quotidiane. Polimeri Naturali o Biopolimeri: o Provenienza: Ottenuti da fonti naturali, come vegetali, animali o microrganismi. Caratteristiche: Questi polimeri sono utilizzati in applicazioni che richiedono materiali compatibili con organismi viventi, come biomateriali e impianti medici. Esempi di biopolimeri includono: 1. Polisaccaridi, zuccheri 2. Proteine 3. Acidi nucleici Un esempio comune di biopolimero è il collagene, utilizzato in vari impieghi medici e cosmetici. 1. CARBOIDRATI I carboidrati sono biopolimeri costituiti da composti organici contenenti tre elementi principali: carbonio (C), idrogeno (H) e ossigeno (O). Formula Generale: Dal punto di vista chimico la loro formula generale è Cn(H2O)m, da cui deriva il termine "idrati del carbonio". In questa formula, n può essere uguale o diverso da m. Inoltre, possono contenere anche altri gruppi funzionali, come: o -NH3+ (gruppo amminico) o -COO- (gruppo carbossilato) o -HSO3- (gruppo solfonato) o -PO42- (gruppo fosfato) Funzioni Principali dei Carboidrati: 1. Combustibili metabolici: o Esempi: glucosio, fruttosio, saccarosio. Forniscono energia immediata per le cellule attraverso processi come la glicolisi o la respirazione cellulare in cui ottengono energia 2. Riserva energetica: o Esempi: glicogeno, amido. Sono utilizzati per immagazzinare energia che può essere rilasciata quando necessario. 3. Componenti strutturali: o Esempi: acido ialuronico, cellulosa, chitina. Forniscono supporto strutturale a cellule e tessuti. La cellulosa, ad esempio, è essenziale per la struttura delle piante, mentre la chitina è presente nelle pareti cellulari dei funghi e negli esoscheletri degli insetti. 4. Riconoscimento cellulare: o Esempi: recettori glicoproteici. Svolgono un ruolo chiave nei processi di comunicazione cellulare e nel riconoscimento tra cellule, spesso tramite molecole complesse come le glicoproteine. CLASSIFICAZIONE I carboidrati possono essere classificati in base alla complessità della loro struttura in due principali categorie: zuccheri semplici e zuccheri complessi. 1. Zuccheri Semplici (Monosaccaridi) Definizione: I monosaccaridi sono i carboidrati più semplici e non possono essere ulteriormente idrolizzati per formare strutture più piccole. Sono considerati le unità fondamentali (le "perle") dei carboidrati. Esempi comuni: Glucosio, fruttosio, galattosio. Caratteristiche: Questi zuccheri semplici contengono da 3 a 7 atomi di carbonio e rappresentano la forma base da cui si costruiscono le strutture più complesse. 2. Zuccheri Complessi Gli zuccheri complessi sono formati da due o più monosaccaridi legati insieme tramite legami glicosidici. Disaccaridi: o Definizione: I disaccaridi sono formati dall'unione di due monosaccaridi. o Esempi: Saccarosio (glucosio + fruttosio), Lattosio (glucosio + galattosio) Maltosio (glucosio + glucosio) o Caratteristiche: Possono essere idrolizzati in due monosaccaridi tramite reazioni enzimatiche. Polisaccaridi: o Definizione: I polisaccaridi sono polimeri formati da lunghe catene di monosaccaridi (fino a migliaia), uniti da legami glicosidici. Possono essere lineari o ramificati. ▪ Polisaccaridi lineari: Cellulosa: costituita da catene di glucosio e utilizzata nelle pareti cellulari delle piante. Polisaccaridi ramificati: Glicogeno: altamente ramificato, è la principale riserva di energia negli animali. I carboidrati sono una fonte primaria di energia per la maggior parte degli organismi viventi. Tuttavia, il modo in cui vengono acquisiti e prodotti varia significativamente tra gli organismi autotrofi e quelli eterotrofi. Queste due categorie di esseri viventi si distinguono per il loro approccio alla produzione e assimilazione dei monosaccaridi, che rappresentano le unità fondamentali dei carboidrati. Autotrofi (es. vegetali): o Gli autotrofi sono organismi in grado di sintetizzare monosaccaridi autonomamente tramite un processo chiamato fotosintesi. o Durante la fotosintesi, utilizzano l'energia solare, l'anidride carbonica (CO2) e l'acqua (H2O) per produrre glucosio e ossigeno. Eterotrofi (es. animali): o Gli eterotrofi non sono in grado di produrre monosaccaridi autonomamente e quindi li devono assimilare attraverso l'alimentazione. o Nei nostri corpi, per esempio, i carboidrati complessi vengono scissi in monosaccaridi, come il glucosio, che viene poi utilizzato dalle cellule per produrre energia attraverso la respirazione cellulare. COME SONO FATTI I MONOSACCCARIDI? I monosaccaridi sono la forma più semplice di carboidrati, costituiti da una catena carboniosa che contiene gruppi ossidrilici (-OH) e un gruppo funzionale che può essere un’aldeide o un chetone. La loro formula chimica generale è (CH2O) n, dove "n" è il numero di atomi di carbonio, solitamente da 3 a 7. Struttura Chimica dei Monosaccaridi Aldeidi (Aldosi): o Nei monosaccaridi classificati come aldosi, il gruppo carbonilico (-C=O) si trova all'estremità della catena carboniosa e si lega a un atomo di idrogeno, formando un gruppo aldeide (-CHO). Chetoni (Chetosi): o Nei monosaccaridi detti chetosi, il gruppo carbonilico (-C=O) è situato all'interno della catena carboniosa, legato a due atomi di carbonio, formando un gruppo chetone. Differenza: In entrambe le strutture è presente un gruppo carbonile (-C=O), ma la differenza principale è dove si trova nella catena carboniosa e a cosa si lega: Negli aldosi, si trova all'estremità della catena e si lega a un atomo di idrogeno. Nei chetosi, si trova all'interno della catena ed è legato a due atomi di carbonio Le proiezioni di Fisher sono uno strumento fondamentale per rappresentare le strutture dei monosaccaridi in modo chiaro e confrontabile.. Poliidrossi: Il termine poliidrossi si riferisce alla presenza di più gruppi ossidrile (-OH) nella molecola. Questo termine è utilizzato per descrivere zuccheri come il glucosio, che hanno numerosi gruppi -OH legati alla catena carboniosa, conferendo loro proprietà idrosolubili e reattive.. Poliidrossichetone e Poliidrossialdeide: Poliidrossichetone: Un monosaccaride con un gruppo chetonico e numerosi gruppi ossidrile. Il fruttosio è un esempio di poliidrossichetone. Poliidrossialdeide: Un monosaccaride con un gruppo aldeidico e numerosi gruppi ossidrile. Il glucosio è un esempio di poliidrossialdeide. La differenza tra aldosi e chetosi si basa sulla posizione del gruppo carbonilico e sulla classificazione in poliidrossialdeidi e poliidrossichetoni, rispettivamente. Questo metodo di rappresentazione semplifica l'analisi delle strutture chimiche e delle loro interazioni nei processi biologici e chimici. Classificazione dei Monosaccaridi I monosaccaridi, i carboidrati più semplici, sono classificati in base a tre caratteristiche principali: I. Tipo di Gruppo Carbonilico Aldosi: Contengono un gruppo aldeide (-CHO) all'estremità della catena carboniosa. Questo gruppo è situato sul primo atomo di carbonio. Esempi di aldosi includono il glucosio e il galattosio. I monosaccaridi con un gruppo aldeide sono chiamati poliidrossialdeidi. Chetosi: Contengono un gruppo chetone (C=O) all'interno della catena carboniosa, solitamente sul secondo atomo di carbonio. Esempi di chetosi includono il fruttosio. I monosaccaridi con un gruppo chetonico sono chiamati poliidrossichetoni. Essi possono interagire a formare Disaccaridi e poi successivamente polisaccaridi. II. Numero di Atomi di Carbonio I monosaccaridi possono essere classificati in base al numero di atomi di carbonio presenti nella loro struttura: Triosi: 3 atomi di carbonio (es. gliceraldeide). Tetrosi: 4 atomi di carbonio (es. eritrosio). Pentosi: 5 atomi di carbonio (es. ribosio e deossiribosio). Esosi: 6 atomi di carbonio (es. glucosio, fruttosio, e galattosio). Eptosi : 7 atomi di carbonio Meno comuni in natura rispetto ai pentosi e agli esosi. È possibile convertire una struttura con un numero maggiore di atomi di carbonio in una con meno atomi di carbonio attraverso processi di degradazione chimica. Diastereoisomeri: Molecole con differente disposizione dei gruppi funzionali (OH e H) ma con la stessa stereochimica, creando varietà nelle strutture naturali. III. Stereochimica del Carbonio Asimmetrico La stereochimica si riferisce alla disposizione spaziale degli atomi attorno ai carboni chirali (asimmetrici). La posizione del carbonio chirale più distante dal gruppo carbonilico determina se un monosaccaride è D o L: Configurazione D: Il gruppo -OH sul carbonio chirale più distante dal gruppo carbonilico è orientato verso destra nella proiezione di Fischer. Esempio: D-glucosio. Configurazione L: Il gruppo -OH sul carbonio chirale più distante dal gruppo carbonilico è orientato verso sinistra nella proiezione di Fischer. Esempio: L-glucosio. Enantiomeri: Le molecole che sono l'immagine speculare l'una dell'altra, non sovrapponibili. Molecole Chirali: Esistono come coppie di enantiomeri in natura (es. D-glucosio e L-glucosio, D-gliceraldeide e L-gleceraldeide). Come, per esempio, il D-glucosio e L-glucosio, sono enantiomeri. La convenzione di Fischer-Rosanoff è usata per determinare se uno zucchero è D o L in base alla configurazione del carbonio chirale più distante dal gruppo carbonilico. Gli zuccheri naturali di solito seno sempre di tipo D, ovvero sono composti da monomeri di tipo D mentre i sintetici di solito da tipo L. ISOMERI Definizione: molecole diverse ma aventi la stessa formula bruta. L'isomeria è un concetto fondamentale in chimica che descrive la situazione in cui molecole diverse hanno la stessa formula molecolare ma strutture chimiche differenti. Questo fenomeno può essere suddiviso in due categorie principali: isomeria costituzionale e stereoisomeria. 1. Isomeri Costituzionali: molecole che hanno la stessa formula molecolare, ma differiscono per la connettività tra gli atomi. → gli atomi sono collegati in modi diversi tra loro, il che porta a diverse strutture chimiche Un esempio tipico è il butano e l'isobutano, che hanno la stessa formula molecolare (C₄H₁₀) ma differiscono nella disposizione degli atomi di carboni 2. Stereoisomeri: molecole che differiscono nella disposizione spaziale degli atomi o dei gruppi funzionali. I stereoisomeri si suddividono ulteriormente in due categorie principali: Enantiomeri: stereoisomeri che sono l’una l’immagine speculare dell’altra e non sovrapponibili Gli enantiomeri sono una sottocategoria di stereoisomeri che sono immagini speculari l’una dell’altra e non possono essere sovrapposti, proprio come le mani sinistra e destra. Questi isomeri differiscono per la disposizione degli atomi attorno ai centri chirali. Un esempio classico di enantiomeri è il D- glucosio e l'L-glucosio, che differiscono solo per la direzione in cui i gruppi funzionali sono orientati intorno ai carboni chirali. Diastereoisomeri: I diastereoisomeri sono stereoisomeri che non sono immagini speculari l’uno dell’altro e non possono essere sovrapposti. Questi isomeri differiscono in più di un centro chirale e quindi mostrano differenze significative nella loro struttura tridimensionale. Ad esempio, il D-glucosio e il D-mannosio sono diastereoisomeri che differiscono per la stereochimica di un solo carbonio asimmetrico, ma non sono immagini speculari l’uno dell’altro. - Epimeri: Gli epimeri sono un tipo particolare di diastereoisomeri che differiscono solo per la configurazione di un singolo carbonio asimmetrico. Ad esempio, il D-glucosio e il D-galattosio sono epimeri che differiscono solo per la disposizione del gruppo -OH al carbonio 4. In Sintesi Isomeri Costituzionali: Molecole con la stessa formula molecolare ma connettività differente degli atomi, risultando in strutture chimiche diverse. Stereoisomeri: Molecole con la stessa formula molecolare e connettività, ma differenti nella disposizione spaziale degli atomi. o Enantiomeri: Immagini speculari non sovrapponibili. o Diastereoisomeri: Non immagini speculari e non sovrapponibili, differiscono da 1 o più carboni, comprendono anche gli epimeri, che differiscono solo per un singolo carbonio asimmetrico. Monosaccaridi e Strutture Cicliche Quando il gruppo aldeico e il gruppo ossidrilico sono presenti nella stessa molecola, la loro interazione porta alla formazione di un emiacetale ciclico, una struttura instabile che si forma in molti monosaccaridi. Aldeide + Alcol = Emiacetale: Questa reazione avviene quando il gruppo C=O dell'aldeide interagisce con il gruppo OH, portando alla formazione di un emiacetale. Nel caso degli zuccheri, si formano cicli chiamati piranosi, strutture cicliche a 6 termini (derivate dal glucosio), anche se gli emiacetali sono generalmente instabili. Anomeri Gli anomeri sono una classe speciale di epimeri che differiscono per la disposizione del gruppo -OH sul carbonio anomerico, che è il carbonio derivante dal gruppo aldeidico trasformato in emiacetale. Carbonio anomerico: È il carbonio che, durante la ciclizzazione del monosaccaride, diventa asimmetrico, e si trova legato a due atomi di ossigeno. Questo carbonio determina la formazione degli anomeri alfa e beta, che differiscono per la posizione del gruppo -OH sopra o sotto il piano del ciclo. La ciclizzazione dei monosaccaridi porta alla formazione di anomeri alfa e beta, che si distinguono per la posizione del gruppo -OH sul carbonio anomerico: Anomero alfa (α): Il gruppo -OH si trova verso il basso (in posizione assiale). Anomero beta (β): Il gruppo -OH si trova verso l'alto (in posizione equatoriale) Proiezione di Fischer e Proiezione di Haworth Nella proiezione di Fischer, un monosaccaride lineare, come il glucosio, si ciclicizza formando un emiacetale che si trasforma in una struttura ciclica a sei termini chiamata pirano. Nella proiezione di Haworth, le forme alfa e beta si differenziano per la posizione del gruppo OH sul carbonio anomerico : - Se il gruppo -OH è sotto il piano dell'anello, l'anomero è alfa (α). - Se il gruppo -OH è sopra il piano dell'anello, l'anomero è beta (β). Conformazione a Sedia Le strutture cicliche dei monosaccaridi, come il glucosio, non sono perfettamente planari ma adottano una conformazione a sedia per minimizzare le tensioni steriche tra i gruppi funzionali. Questa conformazione riduce le forze di repulsione tra atomi, rendendo la molecola più stabile. Nella conformazione a sedia, la posizione equatoriale dei gruppi funzionali (OH, CH2OH) è la più stabile rispetto alla posizione assiale, poiché minimizza l'interazione tra i gruppi vicini. Formazione degli Emichetali Quando il gruppo chetonico e il gruppo ossidrilico si trovano nella stessa molecola, la loro interazione porta alla formazione di un emichetale ciclico. In questo caso, si forma una struttura ciclica a cinque termini, chiamata furano. Questo processo è simile alla formazione degli emiacetali, ma riguarda chetoni e alcoli. Chetoni + Alcol = Emichetale: Analogamente all'emiacetale, la reazione tra il gruppo carbonilico del chetone e un gruppo ossidrilico porta alla formazione di un emichetale, in cui il carbonio del chetone si lega all'ossidrile dell'alcol. Durante questa reazione, si formano strutture cicliche come il furano (ciclo a cinque termini). Anche in questo caso, si generano due anomeri furanosi a causa della differente disposizione spaziale del gruppo -OH sul carbonio anomerico, con la stessa distinzione tra anomero alfa (OH in posizione assiale) e anomero beta (OH in posizione equatoriale). Legami glicosidici I legami glicosidici sono legami covalenti che si formano tra il carbonio anomerico di un monosaccaride e un gruppo ossidrilico (-OH) di un altro monosaccaride. La loro formazione avviene tramite una reazione di condensazione, che comporta la perdita di una molecola d'acqua. Questo legame è fondamentale nella formazione di polisaccaridi e altri zuccheri complessi. 1,4' legame glicosidico: Questo legame si forma tra il carbonio anomerico di un monosaccaride e il gruppo -OH in posizione 4' di un altro monosaccaride. Ad esempio, il maltosio ha un legame α-1,4' glucosidico, mentre il lattosio ha un legame β-1,4' galattosidico. Lo xilitolo è simile al saccarosio, ma la differenza principale risiede nel fatto che il saccarosio può essere scisso dal nostro organismo per produrre energia, mentre lo xilitolo non può essere metabolizzato allo stesso modo. Questo avviene perché non possediamo l'enzima necessario per la scissione dello xilitolo, che viene quindi espulso inalterato. Inoltre, lo xilitolo è una molecola attiva che ha la capacità di richiamare liquidi all'interno del corpo, caratteristica che lo rende particolarmente utile in alcune applicazioni. Polisaccaridi I polisaccaridi sono carboidrati formati da molte unità di monosaccaridi legate tra loro da legami glicosidici. Sono classificati in base a diverse variabili strutturali: 1. Tipo di unità monosaccaridica: Esistono omo-polisaccaridi (composti da un solo tipo di monosaccaride, come l'amilosio) e etero-polisaccaridi (composti da diversi monosaccaridi, come l'acido ialuronico). 2. Tipo di legami glicosidici: I più comuni sono i legami α e β, che possono formare strutture lineari o ramificate. 3. Peso molecolare: I polisaccaridi possono variare notevolmente in peso, da 5 kDa a oltre 10 MDa. 4. Carica: Possono essere neutri, anionici (con carica negativa), o cationici (con carica positiva). 5. Sovrastrutture 3D: Alcuni polisaccaridi, come l'amilosio e l'eparina, hanno una struttura elicoidale. ESEMPI di derivati del β-glucosio includono: N-acetil-glucosammina (NAG) Acido glucuronico Acido N-acetilmuramico (NAM) Nel tempo, si sono generati diversi derivati del glucosio, come la N-acetil-glucosammina (NAG), che presenta una conformazione a sedia e una struttura in cui un gruppo amminico è legato a un gruppo acetile. La NAG si trova spesso legata al NAM (acido N-acetilmuramico), e insieme formano la parete cellulare dei batteri, organismi monocellulari estremamente resistenti, formando peptidoglicano. Inoltre, la N-acetil-glucosammina può legarsi con l'acido glucuronico per formare l'acido ialuronico, un monosaccaride che conferisce struttura alla pelle del nostro corpo, contribuendo all'elasticità e all'idratazione dei tessuti. VARIABILI FUNZIONALI: I. Strutturale (meccanica): contribuisce a fornire supporto e resistenza ai tessuti e alle cellule (es. cellulosa nelle piante). II. Protettiva: offre protezione fisica o chimica, come la parete cellulare dei batteri o la cartilagine negli organismi animali. III. Lubrificante: facilita il movimento riducendo l'attrito, come l'acido ialuronico presente nel liquido sinoviale delle articolazioni. IV. Energetica (e di riserva energetica): funziona come fonte di energia o come riserva energetica, ad esempio, il glicogeno negli animali e l'amido nelle piante. Esempi di Polisaccaridi: Cellulosa: Un omopolimero lineare di β-glucosio, costituito da legami β-1,4’. È un polisaccaride strutturale presente nelle pareti cellulari delle piante, ed è difficile da digerire per l'uomo. Amido: Composto da amilosio (lineare, con legami α-1,4') e amilopectina (ramificata, con legami α-1,4' e α-1,6'). È presente negli alimenti come pane, pasta e patate, ed è una fonte di riserva energetica. Acido ialuronico: Un glicosaminoglicano anionico formato da ripetizioni di disaccaridi (acido glucuronico e N-acetilglucosammina). Ha funzioni lubrificanti (ad esempio nel liquido sinoviale) e strutturali (nel derma, per l'idratazione e l'elasticità della pelle). Eparina: Un glicosaminoglicano solfato lineare, utilizzato come anticoagulante. È caricato negativamente e ha un peso molecolare tra 3 kDa e 40 kDa. Viene usato per prevenire la coagulazione del sangue. Chitosano: Un polimero derivato dalla chitina, ottenuto tramite deacetilazione. È impiegato in campo biomedico e nell'industria alimentare. Alginati: Co-polimeri anionici lineari a blocchi dell'acido α-guluronico (G) (con legami α(1,4')) e dell'acido β-mannuronico (M) (con legami β(1,4')). Estratti dalla parete cellulare di alghe brune e alcuni batteri, gli alginati tendono a richiamare grandi quantità di acqua, motivo per cui vengono utilizzati come addensanti e stabilizzanti. Quando combinati con cationi bivalenti (es: Ca²⁺), formano gel, rendendoli utili per applicazioni in campo industriale e alimentare. PROTEINE Concetti di Base Abbondanza: Le proteine sono le molecole organiche più abbondanti negli animali e svolgono un ruolo chiave nella funzionalità e nella struttura delle cellule. Composizione: Sono biopolimeri costituiti da unità ripetitive chiamate α-amminoacidi (AA). o Componenti degli amminoacidi: ▪ Gruppo amminico (-NH2): conferisce basicità alla molecola. ▪ Gruppo carbossilico (-COOH): conferisce acidità. ▪ Carbonio α: il carbonio centrale legato ai gruppi funzionali. ▪ Gruppo R: varia da un amminoacido all'altro, determinando le diverse proprietà degli amminoacidi. ▪ Proprietà: Le proprietà chimico-fisiche delle proteine (e quindi la loro funzione) dipendono da: o La sequenza degli amminoacidi (tipologia e ordine). o La struttura tridimensionale della proteina. Anfotericità Gli amminoacidi sono considerati anfoteri poiché presentano sia un componente acido (gruppo carbossilico) sia un componente basico (gruppo amminico). AMMINOACIDI (AA) Numero di Amminoacidi: Esistono 20 amminoacidi standard, ognuno identificato dal proprio gruppo R. o Amminoacido più semplice: La glicina, con R = H. o Complessità: Gli amminoacidi variano in complessità, da forme semplici a più complesse. Essenziali vs. Non Essenziali: o Amminoacidi Essenziali: 10 amminoacidi che non possono essere sintetizzati dal corpo e devono essere assunti tramite l'alimentazione. o Amminoacidi Non Essenziali: Possono essere prodotti dal corpo. * aa essenziali Amminoacidi Gli amminoacidi (AA) sono le unità fondamentali delle proteine e ne esistono 20 standard. Le loro caratteristiche chimiche dipendono dal gruppo amminico (-NH2) e dal gruppo carbossilico (-COOH). In soluzione, gli amminoacidi presentano una struttura particolare chiamata zwitterione, che è una molecola elettricamente neutra ma che contiene sia cariche positive che negative. Questo stato è dovuto all’equilibrio tra le forme acide e basiche dell’amminoacido. Quando il pH della soluzione varia, le cariche possono modificarsi. Ad esempio, se un acido come l'HCl si dissocia, l'H⁺ può essere acquisito dal gruppo amminico. Se la soluzione diventa più acida, il gruppo amminico si comporta da acido, cedendo la carica positiva e perdendo un protone per legarsi alla base presente. Questo fenomeno di trasferimento di protoni rende gli amminoacidi anfoteri, poiché possono comportarsi sia come acidi che come basi a seconda del pH. Zwitterione: molecola elettricamente neutra che però presenta cariche (+) e (-) localizzate Anfoteri: molecole con proprietà sia acide (-NH3+) che basiche (-COO-) Caratteristiche degli Amminoacidi Gli amminoacidi possono essere classificati in base alla loro polarità: Amminoacidi non polari: Questi amminoacidi possiedono catene laterali idrorepellenti, cioè non interagiscono bene con l'acqua. Tendono a posizionarsi all'interno delle proteine, lontano dall'ambiente acquoso, in quanto le loro catene laterali sono costituite principalmente da atomi di carbonio e idrogeno, che non formano legami a idrogeno con l’acqua. Polarità: La polarità di un amminoacido indica la sua capacità di interagire con l’acqua e altre molecole polari. Amminoacidi con catene laterali polari tendono ad essere più solubili in acqua. Enantiomeri e Chirali Esistono anche due forme enantiomeriche degli amminoacidi, chiamate L e D. Gli enantiomeri sono molecole che sono l'una l'immagine speculare dell'altra. La classificazione in L o D si basa sull'orientamento del carbonio α, che è un centro stereogenico. Amminoacidi nelle proteine degli eucarioti (animali e piante) sono generalmente in forma L. Gli amminoacidi nelle proteine dei procarioti (come i batteri) possono essere in forma D. Solo la glicina non è chirale, poiché presenta due gruppi -H uguali, quindi non forma un enantiomero. Formazione delle Proteine Le proteine si formano attraverso legami tra gli amminoacidi (AA) durante il processo di sintesi proteica. Questi amminoacidi si uniscono tramite un legame covalente chiamato legame peptidico (o legame ammidico). Legame Peptidico In un peptide, il legame peptidico presenta sei atomi nello stesso piano, formando una struttura rigida che contribuisce alla stabilità della proteina. La reazione che porta alla formazione del legame peptidico avviene attraverso un processo di condensazione: Questa reazione crea una catena peptidica che unisce gli amminoacidi. Il legame ammidico forma una struttura forte, imponendo rigidità e stabilità al dipeptide. La geometria del legame ammidico richiede che il carbonio e l’azoto del legame stesso si trovino sullo stesso piano IL PIANO DELL’AMMIDE, il che conferisce resistenza e un certo grado di libertà di movimento agli atomi circostanti. Struttura delle Proteine Struttura Primaria La struttura primaria di una proteina è definita dalla sequenza ordinata di amminoacidi legati tra loro tramite legami peptidici. Questa sequenza è scritta convenzionalmente partendo dall’estremità ammino-terminale (N- termini) a sinistra e dall’estremità carbossi-terminale (C-termini) a destra. È importante notare che tutte le proprietà di una proteina derivano dalla sua struttura primaria, poiché la sequenza degli amminoacidi determina la formazione della catena polipeptidica. Struttura Secondaria La struttura secondaria riguarda il ripiegamento tridimensionale di piccole porzioni della catena polipeptidica, stabilizzato da legami idrogeno tra gli ossigeni carbonilici e gli idrogeni ammidici. Esistono tre principali conformazioni: 1. α-eliche: strutture a forma di vite destrorsa, con legami idrogeno tra giri adiacenti. Le catene laterali degli amminoacidi (R) si trovano all’esterno dell'elica. 2. Filamenti β: formati da legami idrogeno tra catene adiacenti. Molteplici filamenti β possono unirsi a formare un foglietto β, caratterizzato da una struttura piegata. 3. Random coil: porzioni di catena apparentemente disorganizzate, che collegano α-eliche e filamenti β. Queste strutture possono variare in lunghezza e complessità. Struttura Terziaria La struttura terziaria rappresenta la conformazione tridimensionale completa di una proteina, risultante dalle interazioni tra amminoacidi lontani nella catena. Queste interazioni possono essere sia non covalenti (legami idrogeno, ponti salini, interazioni idrofobiche, interazioni dipolo-dipolo) che covalenti (ponti disolfuro tra residui di cisteina). La conformazione di una proteina è un aspetto cruciale della sua funzione biologica e dipende fortemente dall'ambiente in cui si trova. La previsione della struttura terziaria di una proteina è essenziale per comprendere come essa interagirà con altre molecole nel suo contesto biologico. Quando parliamo di strutture proteiche, è importante notare come i gruppi idrofili tendano a trovarsi a contatto con l'acqua, mentre i gruppi idrofobici si orientano verso l'interno, lontano dall'ambiente acquoso. Questo comportamento è fondamentale per la stabilità e la funzionalità della proteina La conformazione corretta è essenziale affinché la proteina possa svolgere la propria funzione. Tuttavia, diversi fattori ambientali possono influenzare questa conformazione. pH, temperatura, e la presenza di solventi organici possono alterare le interazioni che stabilizzano la struttura terziaria. Questi cambiamenti possono portare alla denaturazione, un processo in cui la proteina perde la sua forma originale e, di conseguenza, la sua funzionalità. La denaturazione può essere reversibile o irreversibile. In alcuni casi, una proteina denaturata può ripristinare la sua conformazione nativa se le condizioni ambientali tornano alla normalità. Tuttavia, in altri casi, il danno subito può essere permanente, portando alla perdita definitiva della funzione proteica. Struttura Quaternaria La struttura quaternaria riguarda l'associazione di due o più catene polipeptidiche (sub-unità) che si uniscono attraverso legami deboli e/o covalenti. Non tutte le proteine presentano una struttura quaternaria, ma esempi includono l’emoglobina e gli anticorpi, dove diverse catene peptidiche si aggregano per formare una proteina completa. Classificazione delle Proteine Le proteine possono essere classificate in base alla loro composizione chimica: Proteine semplici: si idrolizzano per rilasciare singoli amminoacidi (es. insulina, ossitocina). Proteine complesse: legate a un gruppo prostetico non proteico, come lipidi (lipo-proteine), fosfati (fosfo-proteine) o zuccheri (glico-proteine). Le proteine possono essere classificate in base a diversi criteri, tra cui la struttura tridimensionale e la funzione. A. Struttura 3D (Forma e Morfologia) 1. Proteine Globulari: o Hanno una forma approssimativamente sferica. o Sono generalmente idrosolubili e dotate di attività intrinseca. o Esempi: Insulina, emoglobina, lattasi. Queste proteine svolgono funzioni specifiche e sono coinvolte in reazioni metaboliche. 2. Proteine Fibrose (o Filamentose): o Hanno una struttura lineare e sono poco idrosolubili. o Svolgono funzioni strutturali e meccaniche. o Esempi: Collagene (presenti nei tessuti connettivi), cheratina (componenti di capelli e unghie). Queste proteine forniscono resistenza ed elasticità, fondamentali per la struttura muscolare e ossea. B. Funzione 1. Enzimi: Catalizzano e velocizzano le reazioni chimiche. Sono essenziali per quasi tutte le reazioni metaboliche nel corpo. 2. Proteine Contrattili: Svolgono un ruolo nella contrazione muscolare, contribuendo al movimento. 3. Proteine di Trasporto: Esempio: Emoglobina, che trasporta l'ossigeno nel sangue. 4. Proteine Protettive: Comprendono gli anticorpi, che difendono l'organismo da agenti patogeni. 5. Proteine di Supporto Meccanico: Costituiscono la matrice extracellulare, fornendo supporto strutturale ai tessuti. 6. Proteine di Comunicazione: Esempi: Integrine e giunzioni comunicanti, che fungono da ancoraggio tra cellule e matrice extracellulare, facilitando la comunicazione cellulare. 7. Proteine di Riserva: Svolgono funzioni di immagazzinamento di nutrienti o molecole energetiche Enzimi Gli enzimi sono proteine che agiscono come catalizzatori biologici, accelerando le reazioni chimiche all'interno degli organismi viventi senza essere consumati o alterati in modo permanente. Svolgono un ruolo cruciale in quasi tutte le funzioni biologiche, come: Digestione Sintesi del DNA Respirazione cellulare Attività metaboliche in generale. Esempio: Lattasi La lattasi è un enzima specifico che digerisce il lattosio (lo zucchero presente nel latte), trasformandolo in glucosio e galattosio. La mancanza di lattasi può portare all'intolleranza al lattosio, rendendo difficile la digestione del latte e dei suoi derivati. Collagene Il collagene è la proteina più abbondante nei vertebrati, costituendo il 25-30% della massa proteica totale, in particolare nei tessuti connettivi. Funzioni del Collagene: Fornisce forza, elasticità e resistenza ai tessuti. È una componente chiave di strutture come: Pelle, Ossa, Tendini, Legamenti, Cartilagine, Vasi sanguigni Esistono 28 tipi di collagene, ognuno con funzioni e caratteristiche specifiche, che si adattano a diverse esigenze strutturali e funzionali nel corpo. Collagene Il collagene è la proteina più abbondante nei vertebrati, costituendo tra il 25 e il 30% della massa proteica totale, con particolare concentrazione nei tessuti connettivi. La sua struttura è filamentosa e si organizza in fibre che si compattono in forme più complesse. Struttura del Collagene Il collagene è composto da tropocollagene, che si forma quando tre filamenti di collagene si raggruppano per creare una tripla elica. Questa tripla elica è formata da: Due catene α1 Due catene α2 Le sequenze aminoacidiche di queste catene seguono un modello ripetitivo, generalmente rappresentato come [Gly-Pro-X]ⁿ o [Gly-X-Hyp]ⁿ, dove: Gly = glicina Pro = prolina X = un altro aminoacido, spesso lisina o idrossiprolina. Formazione delle Fibre I filamenti di collagene sono coesi grazie all'enzima LOX (lisil ossidasi), che catalizza la formazione di legami covalenti tra i residui di lisina di filamenti diversi, creando ponti che uniscono i tropocollageni. Questa struttura è particolarmente resistente e non si sfalcia durante la trazione, grazie alla presenza di cross- links (legami crociati) che conferiscono stabilità e capacità di resistere a sforzi meccanici. Il LOX catalizza la formazione di legami crociati tra i residui di lisina e idrossilisina, rafforzando ulteriormente la rete di collagene nei tessuti, garantendo la loro resistenza e integrità strutturale. Lisil Ossidasi (LOX) La lisil ossidasi (LOX) è un enzima fondamentale nella formazione del collagene e dell'elastina. Viene prodotto in quantità maggiori durante la crescita, contribuendo a creare una rete di legami covalenti tra le fibre di collagene. Questo processo porta a tessuti più rigidi e meno elastici, che sono adatti a sostenere le strutture corporee in crescita, come nella pelle. Elastina L'elastina è un'altra proteina presente nei tessuti connettivi e gioca un ruolo cruciale nell'elasticità e nella resistenza dei tessuti che devono estendersi e contrarsi frequentemente, come: Pelle Vasi sanguigni Polmoni La presenza di cross-links nell'elastina conferisce elasticità ai tessuti, creando punti di richiamo che permettono al tessuto di tornare alla sua forma originale dopo uno stiramento, simile a una molla. Questa proprietà di bioelastomero è essenziale per il funzionamento di molte strutture corporee. Matrice Extracellulare (MEC o ECM) La matrice extracellulare (MEC) è la componente acellulare di un tessuto e fornisce supporto alle cellule. Ha una composizione che varia in base al tipo di tessuto, ma generalmente è ricca di proteine, carboidrati e biopolimeri. La MEC svolge diverse funzioni, tra cui: Supporto strutturale: mantiene la forma e la stabilità del tessuto. Crescita cellulare: facilita il processo di crescita e differenziazione delle cellule. La MEC può essere suddivisa in due categorie principali: 1. Matrice interstiziale: presente nel tessuto connettivo, circonda e sostiene le cellule. 2. Membrana basale: presente nell'epitelio e nell'endotelio, separa i tessuti dai fluidi corporei (come nel caso del sangue) e funge da base su cui le cellule epiteliali si poggiano, creando una barriera tra lo spazio interno ed esterno (ad esempio, nell'intestino e nella pelle). Matrice Extracellulare (MEC o ECM) La matrice extracellulare (MEC) è una componente fondamentale dei tessuti che svolge un ruolo attivo nella comunicazione cellulare e nel comportamento delle cellule. Ecco alcuni concetti chiave: 1. Sostanza Bioattiva: La MEC è composta da molecole bioattive che inviano segnali alle cellule, inducendo risposte specifiche. Questi segnali influenzano il comportamento cellulare, come crescita, duplicazione e differenziamento. 2. Supporto Meccanico: Funziona come un'impalcatura, fornendo supporto meccanico alle cellule. Questa struttura è cruciale per mantenere l'integrità e la funzionalità del tessuto. 3. Influenza sul Destino delle Cellule Staminali: Gli ambienti extracellulari, mediati dalla MEC, possono influenzare il destino delle cellule staminali. Le cellule staminali ricevono segnali chimici e meccanici dalla matrice che determinano come e in che tipo di cellule si specializzeranno. 4. Percezione dei Segnali: Le cellule staminali possiedono recettori che riconoscono i segnali provenienti dalla MEC. Questi segnali possono attivare vie di trasduzione che portano alla produzione di proteine specializzate, permettendo così la differenziazione in tipi cellulari specifici. 5. Adattamento ai Cambiamenti: La MEC è dinamica e può modificarsi in risposta a vari stimoli. Le cellule staminali percepiscono questi cambiamenti e, in base ai segnali ricevuti, possono decidere se proliferare, rimanere indifferenziate o differenziarsi. LA CELLULA Tipi di Organismi Iniziamo con la distinzione tra i due principali tipi di organismi: procarioti ed eucarioti. I procarioti sono organismi che possono vivere autonomamente, mentre gli eucarioti necessitano di vivere in associazione con altre cellule e non possono sopravvivere da soli. Gli eucarioti rappresentano l'unità morfo-funzionale minima degli organismi pluricellulari, cioè la più piccola parte classificabile come vivente. Dimensioni delle Cellule Le cellule eucarioti variano in dimensione, tipicamente da 10 a 100 micron. Un esempio interessante è l'uovo, che presenta dimensioni macroscopiche rispetto alle normali cellule. Struttura della Cellula All'interno della cellula, abbiamo la membrana cellulare, che funge da confine. Sotto di essa troviamo il citosol, un fluido che insieme agli organelli costituisce il citoplasma. Tra gli organelli più importanti ci sono il nucleo, i mitocondri, l'apparato del Golgi e i lisosomi. Membrana Cellulare La membrana cellulare è un elemento chiave. Il modello che la descrive è noto come mosaico fluido. Questo modello suggerisce che la membrana è composta da un mosaico di diverse parti, tra cui proteine, fosfolipidi e colesterolo. Le proteine e gli enzimi all'interno della membrana non sono fissi; possono muoversi liberamente, conferendo alla membrana una struttura dinamica. Dettagli sulla Membrana Questo modello fu proposto nel 1972 da Singer e Nicholson. Secondo questa teoria, la membrana cellulare è formata da un doppio strato lipidico fluido, ricco di acidi grassi, in cui sono immerse le proteine. La fluidità della membrana consente ai suoi componenti di spostarsi e di formare diverse configurazioni. Componenti della Membrana La membrana cellulare contiene: Fosfolipidi: o Sfingolipidi: a base di sfingosina (es. sfingomielina). o Fosfolipidi a base di glicerolo: esempi includono fosfatidilcolina, fosfatidiletanolammina e fosfatidilserina. Il glicerolo, un poli alcol, è legato a due catene alifatiche (le code lipidiche) e a un gruppo fosfato. Questa struttura conferisce alla membrana una carica parziale negativa, influenzando le sue proprietà. Funzioni delle Proteine nella Membrana Le proteine svolgono ruoli cruciali, come: Glicoproteine: coinvolte nel riconoscimento e nel vincolo tra le cellule. Proteine canale: facilitano il passaggio di ioni, essenziali per il mantenimento dell'omeostasi. Membrana Cellulare La membrana cellulare (nota anche come membrana plasmatica o plasmalemma) svolge funzioni vitali per la cellula. Le principali caratteristiche e funzioni della membrana includono: Funzioni della Membrana 1. Barriera Semipermeabile: o La membrana non è permeabile a tutte le sostanze. o Permeabili: molecole polari possono attraversarla. o Debolmente permeabili: piccole molecole apolari passano con difficoltà. o Impermeabili: ioni e grandi molecole apolari non possono attraversarla. o Questa selettività è dovuta alla struttura a doppio strato fosfolipidico, che consente un controllo dell'ingresso e dell'uscita delle molecole. 2. Trasporto di Metaboliti e Ioni: o La membrana regola il passaggio di nutrienti e sostanze ioniche essenziali per la cellula. 3. Ricezione e Riconoscimento di Segnali: o Le glicoproteine nella membrana sono coinvolte nel riconoscimento di segnali esterni, permettendo alla cellula di reagire all'ambiente. Interazione Cellula-Ambiente La cellula non vive isolata, ma interagisce costantemente con il suo ambiente. Un elemento chiave in queste interazioni è rappresentato dalle integrine, proteine transmembrana che ancorano la cellula all'ambiente circostante, simili alle radici di un albero. Le integrine sono collegate al nucleo e interagiscono con le componenti del citoescheletro. Si estendono dalla membrana e fungono da ancoraggi alle strutture esterne. L'adesione della cellula è attivata da più integrine, creando un legame forte con il substrato. Tipi di Interazioni Cellula-Ambiente Le interazioni tra cellule e ambiente possono essere classificate in due categorie: 1. Interazioni Passivi: o La cellula non controlla questi eventi. La struttura fluida della membrana consente contatti casuali e indipendenti. 2. Interazioni Attive: o La cellula esercita il controllo su queste interazioni. Eventi Passivi e Fasi di Interazione 1. Contatto: o La cellula stabilisce un contatto con il substrato in modo indipendente dal controllo diretto. 2. Ancoraggio: o Le integrine si attaccano al substrato. Se non sono presenti, la cellula può produrle autonomamente. Questo porta l'cellula ad appiattirsi. 3. Appiattimento Tardivo: o La cellula modifica attivamente la sua forma, aumentando il numero di legami con le integrine. Quando avviene l'ancoraggio, il nucleo riceve segnali dal citoscheletro per incrementare la produzione di integrine, creando adesioni focali più forti. 4. Distribuzione (Gattonamento): o La cellula si muove nello spazio, colonizzando il substrato. Le modificazioni meccaniche e gli stimoli chimici risultano nel differenziamento delle cellule staminali. I Tessuti Cosa Sono i Tessuti? I tessuti sono definiti come un insieme di cellule simili che collaborano per assolvere una funzione comune. Questa organizzazione cellulare consente di eseguire attività specifiche all'interno dell'organismo. Esistono quattro principali tipi di tessuti, ognuno con caratteristiche e funzioni uniche: Tipi di Tessuti 1. Tessuto Epiteliale: o Funzione: rivestimento. o Forma uno strato protettivo che riveste superfici interne ed esterne del corpo, contribuendo anche a processi come l'assorbimento e la secrezione. 2. Tessuto Muscolare: o Funzione: contrazione. o È responsabile del movimento del corpo e delle sue parti. Si suddivide in tessuto muscolare scheletrico, cardiaco e liscio. 3. Tessuto Nervoso: o Funzione: trasmissione di informazioni e ricezione di stimoli. o Composto da neuroni e cellule gliali, è fondamentale per la comunicazione tra diverse parti dell'organismo. 4. Tessuto Connettivo: o Funzione: comprende tutti i tessuti che non rientrano nelle altre tre categorie. o Ha vari ruoli, come supporto, protezione e connessione tra gli altri tessuti. Collaborazione tra Tessuti I vari tipi di tessuti non operano isolatamente; collaborano per svolgere funzioni complesse e integrate. Ad esempio, il tessuto muscolare e il tessuto connettivo lavorano insieme per permettere il movimento. Matrice Extracellulare (ECM) Un aspetto fondamentale da considerare è la matrice extracellulare (ECM), che è una componente strutturale dei tessuti e rappresenta la parte acellulare. La ECM fornisce supporto e ancoraggio alle cellule, influenzando anche la loro crescita e differenziazione. Importanza dell'Associazione tra Tessuti È importante notare che, sebbene ogni tessuto abbia una propria funzione, nessun tessuto può sopravvivere autonomamente senza considerare l'associazione e l'interazione con gli altri tessuti. Questa collaborazione è essenziale per il funzionamento complessivo dell'organismo. Matrice Extracellulare (ECM) La matrice extracellulare (ECM) è una componente strutturale fondamentale dei tessuti. Essa è acellulare e svolge un ruolo cruciale nel supporto e nella connessione tra le cellule. La ECM è composta da proteine fibrose, glicoproteine e polisaccaridi, che forniscono resistenza, elasticità e comunicazione tra le cellule. Funzioni della ECM Supporto strutturale: fornisce un’impalcatura per le cellule. Adesione cellulare: facilita l'attacco delle cellule alla matrice e tra di loro. Comunicazione: trasmette segnali chimici e meccanici, influenzando il comportamento cellulare. Tessuto Epiteliale Struttura e Funzione Il tessuto epiteliale riveste le superfici interne ed esterne del corpo ed è costituito da cellule polarizzate, strettamente unite e con scarsa ECM. Le principali funzioni includono: Trasporto selettivo: regola il passaggio di sostanze. Formazione di barriere: protegge gli organi e i tessuti sottostanti. Polarizzazione Le cellule epiteliali non sono simmetriche; presentano una superficie apicale e una superficie basolaterale. Queste due superfici differiscono morfologicamente e funzionalmente. Dominio Apicale: o Si affaccia verso l'esterno o il lume di una cavità (es. lume intestinale). o È specializzata nell’assorbimento di sostanze e nella secrezione di enzimi e muco. Dominio Basolaterale: o Si affaccia verso il tessuto connettivo o il flusso sanguigno. o È coinvolto nell’adesione alla ECM e nelle comunicazioni intercellulari tramite giunzioni specifiche. Nota: La matrice extracellulare sotto forma di membrana basale funge da barriera, ma non esiste una vera e propria membrana. riveste la superficie esterna e interna del corpo, a seconda della morfologia e distribuzione cellulare, è classificato in: Tessuto Muscolare Struttura e Tipologie Il tessuto muscolare è composto da cellule contenenti filamenti contrattili e si suddivide in tre tipologie principali, ognuna con differenze strutturali e funzionali: 1. Tessuto Muscolare Liscio: o Caratteristiche: non striato, involontario. o Funzione: controllato da segnali autonomici; le contrazioni non sono immediate. 2. Tessuto Muscolare Cardiaco: o Caratteristiche: striato, involontario, auto contrattile. o Funzione: forma un sincizio funzionale, con contrazioni più durature rispetto al tessuto liscio. 3. Tessuto Muscolare Striato (Scheletrico): o Caratteristiche: striato, volontario. o Funzione: controllato dal sistema nervoso centrale, consente contrazioni rapide e immediate. Meccanismo di Contrazione Le contrazioni muscolari avvengono attraverso meccanismi che coinvolgono le giunzioni neuromuscolari. Quando un neurone motore attiva la giunzione, attraverso il PDA , rilascia neurotrasmettitori. Le cellule muscolari post-sinaptiche ricevono questi segnali, attivando i filamenti contrattili. Questo processo porta alla contrazione della fibra muscolare. Tessuto Nervoso Struttura e Composizione Il tessuto nervoso è composto principalmente da due tipi di cellule: 1. Neuroni: o Cellule eccitabili con numerosi prolungamenti (assi e dendriti), fanno parte del sistema nervoso. o Responsabili della trasmissione degli impulsi nervosi. o I neuroni non si riproducono e non si rigenerano, il che rende difficile curare le degenerazioni nervose. 2. Cellule della Glia (Gliali): o Svolgono funzioni di supporto e protezione per i neuroni, non sono parte del sistema nervoso. o Alcune cellule gliali producono mielina, CELLULE DI SCHOWMANN, che isola gli assoni e facilita la conduzione del segnale nervoso. o Tumori come il glioblastoma colpiscono queste cellule, poiché sono in grado di proliferare, mentre i neuroni non possono farlo. Funzioni Il tessuto nervoso è essenziale per la comunicazione tra le diverse parti del corpo e per il controllo delle funzioni corporee. Tessuto Connettivo Composizione e Funzioni Il tessuto connettivo è considerato un "tessuto di supporto" e si caratterizza per la presenza di cellule separate da una notevole quantità di sostanza intercellulare (ECM). La specificità funzionale delle cellule determina il tipo di tessuto connettivo. Componente della ECM La matrice extracellulare è prodotta dalle cellule e può essere suddivisa in due componenti: 1. Componente Fibrillare: o Include fibre collagene (I, II, III, IV, V, IX e XII) e fibre elastiche (elastina e fibrillina). o Resistente alla trazione. 2. Sostanza Fondamentale o Amorfa: o Include proteoglicani (polisaccaridi anionici), glicoproteine e acqua. o Resistente alla compressione e ricca di acido ialuronico, che trattiene acqua e contribuisce alla consistenza della matrice. È costituito da cellule separata da una notevole quantità di sostanza intercellulare (ECM) ▪ vengono classificati in base alle caratteristiche della ECM presente in: Tipologie di Cellule nel Tessuto Connettivo Le cellule del tessuto connettivo si classificano in: 1. Cellule Fisse (Autoctone): o Sempre presenti e costanti in numero. o Esempi: fibroblasti, osteoblasti, adipociti. 2. Cellule Migranti (Mobili): o Appaiono transitoriamente in risposta a necessità, come le reazioni infiammatorie. o Provengono dai vasi sanguigni. Cellule Fisse Fibroblasti: Producono ECM e sono coinvolti nella sua omeostasi, dell’osso. Possono differenziarsi in miofibroblasti per la contrazione durante la guarigione delle ferite. Sottospecifici segnali e condizioni, i miofibroblasti possono contrarsi, tirando le fibre della matrice extracellulare. Questo processo contribuisce alla chiusura della ferita, facilitando la coagulazione del sangue. Successivamente, i miofibroblasti generano nuova matrice extracellulare, formando così la cicatrice. In base agli stimoli ricevuti, queste cellule possono svolgere diverse funzioni, adattandosi alle esigenze del tessuto durante il processo di guarigione. Osteoblasti: Cellule che producono matrice ossea (osteoide) ricca di collagene. Osteoclasti: sono cellule altamente specializzate coinvolte nei processi di riassorbimento osseo, essenziali per il rimodellamento dell'osso. Queste cellule riassorbono la matrice ossea rilasciando enzimi e acidi che degradano i componenti minerali e proteici. In risposta a variazioni nelle condizioni e nei segnali chimici, gli osteoclasti possono decidere di sintetizzare nuova matrice ossea o di degradare quella esistente, contribuendo così all'equilibrio e alla salute del tessuto osseo. Adipociti: Cellule specializzate nel deposito di lipidi. Mastociti: Attivatori dell'infiammazione, rilasciano istamina e eparina. Mastociti (o mastcellule) sono cellule specializzate che svolgono un ruolo cruciale nell'attivazione della flogosi (infiammazione) attraverso la secrezione di molecole bioattive. Partecipano allo sviluppo di reazioni allergiche, ipersensibilità e shock anafilattico, producendo sostanze come istamina, eparina e fattori chemiotattici.Quando stimolati, i mastociti rilasciano queste molecole attraverso un processo chiamato degranulazione. L'istamina, in particolare, agisce come vasodilatatore e aumenta la permeabilità dei vasi sanguigni, causando manifestazioni come arrossamenti cutanei e rinite. Inoltre, i mastociti sono coinvolti nei processi di riassorbimento associati al rimodellamento dell'osso, contribuendo all'equilibrio del tessuto osseo. Macrofagi: Fagociti del sistema immunitario, derivano dai monociti e hanno attività fagocitaria. Macrofagi (o istociti) sono cellule del sistema immunitario classificate come fagociti, simili a monociti e granulociti neutrofili. Presentano un nucleo centrale e tondeggiante e sono specializzati nell’attività fagocitaria, ovvero nell'ingestione e nella digestione di patogeni e detriti cellulari. I macrofagi non sono in grado di dividersi; invece, possono migrare nel tessuto connettivo dove si trasformano in cellule macrofagi mature. Questo processo avviene quando i monociti, che circolano nel sangue, entrano nei tessuti e si differenziano in macrofagi residenti, pronti a svolgere funzioni di difesa immunitaria e riparazione tissutale, in base alle necessità Cellule Giganti Cellule Giganti (Foreign Body Giant Cells): Si formano dalla fusione di più macrofagi e sono coinvolte nella risposta a corpi estranei. Processi Cellulari Importanti Endocitosi L'endocitosi è il processo cellulare mediante il quale la cellula internalizza molecole o corpuscoli presenti nello spazio extracellulare attraverso la formazione di una vescicola endocitica. Questo processo può essere attivo, in quanto la cellula decide di effettuare l'internalizzazione. Durante l'endocitosi, la membrana cellulare si invagina, formando una vescicola che può trasportare diverse sostanze, come avviene nella fagocitosi (per particelle solide) e nella pinocitosi (per fluidi). Processo Schematizzato della Fagocitosi: 1. Riconoscimento e Adesione: o La cellula riconosce una particella estranea (es. batterio). o La membrana cellulare si avvicina alla particella. 2. Invaginazione: o La membrana si invagina, formando una vescicola chiamata fagocita. 3. Formazione della Vescicola: o La vescicola si stacca dalla membrana e entra nella cellula. 4. Fusione con Lisosoma: o La vescicola fagocitaria si fonde con un lisosoma, che contiene enzimi litici e un pH acido. 5. Digestione: o Gli enzimi lisosomali degradano la particella inghiottita attraverso scissione e digestione. 6. Risultati: o Se la particella viene completamente digerita, i prodotti possono essere conservati dalla cellula. o Se non viene digerita, può essere espulsa tramite esocitosi, un processo di escrezione che determinato da espulsione ed eliminazione. Secrezione La secrezione è il processo cellulare di produzione e rilascio di biomolecole che svolgono funzioni specifiche nell'ambiente extracellulare. A differenza delle sostanze di scarto, queste biomolecole sono essenziali per varie funzioni biologiche, come la comunicazione cellulare, la regolazione di processi fisiologici e la risposta immunitaria. I neurotrasmettitori poi si legano ai recettori che stanno sulla membrana della cellula o neurone adiacente al precedente. ◼ secrezione= rilascio di neurotrasmettitori per compiere delle azioni ◼ escrezione = espulsione ed eliminazione sostanze di scarto o di digestione. Processi cellulari importanti Tra i processi cellulari più rilevanti troviamo la secrezione, che coinvolge cellule mobili all'interno del tessuto connettivo. Queste cellule non rimangono sempre all'interno del tessuto, ma possono migrare in determinate situazioni. Chemiotassi La chemiotassi è il processo di direzionamento delle cellule verso specifiche sostanze chimiche, chiamate segnali o stimoli chemiotattici, presenti nell’ambiente extracellulare. Le cellule si muovono secondo un gradiente di concentrazione della molecola stimolante nello spazio e nel tempo. Ad esempio, i monociti possono trasformarsi in macrofagi come parte di questo processo. Un ruolo importante è giocato dai chemioattrattori, che guidano il movimento cellulare in modo direzionale, processo noto come chemioatassi. Tessuto connettivo Il tessuto connettivo fluido, come il sangue, include cellule migranti come i leucociti, che sono anche conosciuti come globuli bianchi. Questi leucociti si trovano nel sangue in percentuali diverse. Ad esempio, i neutrofili sono tra i leucociti più diffusi. Quando si effettuano analisi istologiche del sangue, attraverso la microscopia, si può osservare la presenza di granuli all'interno dei granulociti, mentre i leucociti agranulari non ne presentano. I globuli rossi, rappresentati come palline rosse, sono i maggiori costituenti del sangue e i leucociti si trovano immersi tra di essi. È difficile isolare i leucociti dai globuli rossi a causa della loro bassa concentrazione. Classificazione dei leucociti I leucociti (globuli bianchi, o White Blood Cells - WBCs) si classificano in due categorie principali basate sulla presenza o meno di granuli nel citoplasma: 1. Leucociti granulari Questi leucociti presentano granuli visibili all'interno del loro citoplasma, che sono strutture contenenti enzimi o altre sostanze utili per il loro ruolo difensivo. I leucociti granulari si dividono in: o Granulociti basofili o Granulociti neutrofili (i più diffusi) o Granulociti eosinofili 2. Leucociti agranulari A differenza dei granulociti, i leucociti agranulari non presentano granuli evidenti nel loro citoplasma. Questi comprendono: o Linfociti o Monociti Differenza tra leucociti granulari e agranulari I leucociti granulari contengono granuli citoplasmatici visibili che possono essere rilasciati per combattere patogeni o infiammazioni. I leucociti agranulari non hanno questi granuli visibili e si basano su altri meccanismi per difendere l'organismo, come la produzione di anticorpi (linfociti) o la fagocitosi (monociti). Tessuto Connettivo: Il Sangue Il sangue è un tessuto connettivo liquido con funzioni fondamentali di trasporto, regolazione e protezione. È costituito principalmente da due componenti: 1. Plasma (~ 55% del volume): Il plasma è una complessa soluzione acquosa che rappresenta la matrice fluida del sangue. Contiene acqua, ioni e proteine, ma non cellule. La sua funzione principale è quella di trasportare sostanze nutritive, ormoni e rifiuti metabolici attraverso l'organismo. 2. Elementi figurati (~ 45% del volume): Gli elementi figurati includono diversi tipi cellulari e frammenti di cellule, come i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine. Sono responsabili della viscosità del sangue. Funzioni del Sangue 1. Trasporto: Il sangue trasporta sostanze come proteine, ioni e cellule in tutto il corpo, garantendo il corretto funzionamento dei tessuti e organi. 2. Regolazione: Partecipa alla risposta immunitaria e contribuisce al mantenimento dell'omeostasi dell'organismo, regolando la temperatura corporea e il pH. 3. Protezione: Il sangue contiene cellule, come i linfociti, che difendono l'organismo da infezioni e agenti patogeni. Nota Bene: L'ematocrito è un parametro che misura la percentuale (in volume) di globuli rossi (eritrociti, RBCs, o emazie) nel sangue. È un indicatore fondamentale per valutare la salute del sangue e può fornire informazioni cruciali sulla ossigenazione dei tessuti e sullo stato del sistema circolatorio. Un ematocrito elevato o ridotto può indicare condizioni come disidratazione o anemia. Inoltre, l'ematocrito ci dà informazioni sulla viscosità del sangue, che è rilevante per la fatica del cuore. I globuli rossi sono presenti in gran numero rispetto alle altre cellule, con una concentrazione di circa 4-6 milioni di globuli rossi per microlitro di sangue. Ematopoiesi L'ematopoiesi è il processo di maturazione di tutti i tipi cellulari del sangue a partire da precursori situati nel midollo osseo rosso. Le cellule staminali ematopoietiche si differenziano in globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, rispondendo ai bisogni dell'organismo. Tessuto Connettivo: Leucociti Granulari I leucociti granulari sono un tipo di globuli bianchi che presentano granuli visibili nel citoplasma, i quali contengono sostanze chimiche che giocano un ruolo nelle risposte immunitarie. Si classificano in tre sottogruppi principali: I. Granulociti basofili Sono leucociti granulari che contengono granuli in grado di colorarsi con coloranti basici, come l'ematossilina. Queste cellule sono non fagocitiche (non inglobano o distruggono patogeni direttamente) e lavorano insieme ai mastociti nella risposta allergica, legandosi agli anticorpi IgE. I basofili producono sostanze vasoattive come l'istamina, che causa vasodilatazione e aumenta la permeabilità dei vasi sanguigni, permettendo ai patogeni di fuoriuscire più facilmente (ad esempio nelle reazioni allergiche). Sono chiamati basofili perché si colorano con coloranti basici, blu. II. Granulociti neutrofili o polimorfonucleati (PMN) I neutrofili sono cellule fagocitiche, ovvero inglobano e digeriscono patogeni o particelle estranee tramite la fagocitosi. Contengono numerosi granuli con lisosomi e sostanze antibatteriche. Sono il tipo più numeroso di leucociti e forniscono una prima linea di difesa contro le infezioni batteriche. Sono chiamati neutrofili perché non incorporano coloranti acidi o basici, ma si legano a coloranti neutri, non colori. III. Granulociti eosinofili o acidofili Gli eosinofili sono cellule non fagocitiche con un nucleo bilobato. Rilasciano granuli contenenti sostanze che partecipano alla risposta infiammatoria e proteggono contro parassiti, oltre a intervenire nelle manifestazioni allergiche. Vengono chiamati eosinofili perché i loro granuli si colorano di rosso con l'eosina, un colorante acido, colore rosso. Tessuto Connettivo: Leucociti Agranulari I leucociti agranulari non contengono granuli visibili nel loro citoplasma. I principali tipi sono: IV. Linfociti Si dividono in due sottotipi principali: ▪ Linfociti B: Sono responsabili dell'immunità acquisita umorale, cioè quella mediata dagli anticorpi (Ab). Maturano nel midollo osseo e riconoscono gli antigeni presentati dai macrofagi. Una volta attivati, i linfociti B si differenziano in: 1. Plasmacellule, che producono anticorpi. 2. Cellule B memoria, che ricordano l'antigene per future esposizioni. ▪ Linfociti T: I linfociti T sono cruciali per l'immunità acquisita e possono agire sia tramite anticorpi che mediando risposte cellulari. Sono coinvolti nella difesa contro virus, cellule tumorali e cellule trapiantate. Si classificano in: T-helper: Attivano i linfociti B per produrre anticorpi. T-citotossici (o T killer): Distruggono cellule infettate da virus o cellule tumorali. T-soppressori: Regolano e spengono la risposta immunitaria una volta che l'infezione è sotto controllo. Emostasi Definizione: L'emostasi è un insieme di reazioni biochimiche e cellulari, che avvengono in modo sequenziale e sinergico. Questo significa che le reazioni si susseguono in una sequenza temporale precisa e agiscono insieme per massimizzare l'efficacia del processo, al fine di arrestare spontaneamente un'emorragia tramite la coagulazione localizzata. Tuttavia, contemporaneamente, l'emostasi assicura che il sangue rimanga fluido nelle zone non lesionate, mantenendo le condizioni fisiologiche e il corretto flusso sanguigno. Funzioni principali: 1. Coagulazione: Formazione di un coagulo di sangue nel sito della lesione per prevenire la perdita eccessiva di sangue. 2. Formazione del tappo piastrinico: Le attsi aggregano nella zona della lesione formando un tappo per bloccare l'emorragia. 3. Mantenimento del flusso sanguigno altrove: In altre aree del corpo non lesionate, l'emostasi mantiene il sangue fluido e circolante. Ruolo dell'endotelio: L'unico materiale anticoagulante naturale all'interno del corpo è l'endotelio, lo strato di cellule che riveste i vasi sanguigni. Questo strato protegge il sangue dal contatto con superfici pro-coagulative. In presenza di una lesione, l'endotelio danneggiato espone i tessuti sottostanti che innescano il processo di coagulazione. Al contrario, nelle zone non danneggiate, l'endotelio impedisce l'attivazione della coagulazione. L'endotelio è un tessuto epiteliale pavimentoso semplice che riveste la superficie interna dei vasi sanguigni, dei vasi linfatici e del cuore. Ha un ruolo cruciale nella regolazione della coagulazione e nella funzione vascolare. È l'unico tessuto che in condizioni normali inibisce la coagulazione, mentre tutti gli altri tessuti circostanti possiedono potenziali effetti coagulanti. Funzioni dell'endotelio: 1. Inibizione della coagulazione in condizioni fisiologiche: o In condizioni normali, le cellule endoteliali (EC) mantengono il sangue fluido e prevenendo la coagulazione. o L'endotelio intatto invia costantemente segnali che confermano lo stato fisiologico, comunicando che il flusso di sangue può procedere senza ostruzioni. Le cellule endoteliali producono sostanze come la prostaciclina e ossido nitrico (NO), che aiutano a dilatare i vasi e inibire l'aggregazione delle piastrine. 2. Attivazione della coagulazione in condizioni patologiche: o Quando l'endotelio viene danneggiato da una lesione, soprattutto se il danno è profondo, il tessuto endoteliale cambia la sua funzione. Il danno all'endotelio provoca un allarme che attiva il processo di coagulazione. o Le cellule endoteliali danneggiate comunicano con le cellule muscolari lisce, che iniziano a secernere sostanze vasocostrittive, come l'endotelina, e fattori che avviano la cascata coagulativa. o Le piastrine e la fibrina sono le due componenti principali che partecipano alla formazione del coagulo. Le piastrine si attivano per formare un tappo piastrinico temporaneo, mentre la fibrina stabilizza il coagulo, formando una rete proteica che blocca la fuoriuscita di sangue. Risposta dell'endotelio al danno: Endotelio integro: Manda segnali di conferma che le condizioni sono fisiologiche, mantenendo il sangue fluido e inibendo la coagulazione. Endotelio danneggiato: Quando si verifica una lesione profonda che coinvolge l'endotelio, le cellule endoteliali danneggiate inviano segnali di allarme. Questo porta all'attivazione del processo di coagulazione per fermare l'emorragia e ristabilire l'integrità vascolare. In sintesi, l'endotelio è fondamentale per mantenere l'equilibrio tra fluidità del sangue e coagulazione. Quando è integro, inibisce la coagulazione, ma in caso di danno, attiva una serie di meccanismi che portano alla formazione del coagulo per fermare l'emorragia. Terapie anticoagulanti: Durante interventi chirurgici o in pazienti a rischio di trombosi, vengono somministrate terapie anticoagulanti come l'eparina. L'eparina aiuta a prevenire la coagulazione del sangue, contrastando il rischio di formazione di coaguli in eccesso durante l'operazione. In sintesi, l'emostasi è un processo vitale che garantisce l'arresto delle emorragie quando necessario, preservando al contempo il flusso sanguigno fisiologico in tutto il corpo. L'emostasi è un processo complesso che coinvolge tre componenti fondamentali: 1. Parete vascolare Cellule endoteliali (EC): Il rivestimento interno dei vasi sanguigni è costituito da cellule endoteliali, che formano un epitelio pavimentoso semplice. Questo strato è cruciale per mantenere il sangue fluido e impedire l'adesione delle cellule del sangue e la formazione di coaguli in condizioni normali. Inoltre, previene la fuoriuscita del sangue da eventuali lesioni. Cellule muscolari lisce vascolari (vSMC): Queste si trovano nella tonaca media dei vasi sanguigni. Hanno un ruolo importante nel regolare la contrazione dei vasi in risposta a lesioni, un processo chiamato vasocostrizione, che riduce temporaneamente il flusso di sangue nel sito della lesione per facilitare l'emostasi. Strati della parete vascolare: o Tonaca intima: Strato più interno, costituito dalle cellule endoteliali. o Tonaca media: Strato intermedio, composto principalmente da cellule muscolari lisce, che contribuiscono alla regolazione del diametro vascolare. o Tonaca avventizia: Strato più esterno, formato da fibroblasti e matrice extracellulare (ECM), che fornisce supporto strutturale e ancoraggio al vaso. 2. Piastrine Le piastrine sono piccoli frammenti cellulari che svolgono un ruolo essenziale nella formazione del tappo piastrinico. Le loro principali funzioni sono: Adesione: Le piastrine aderiscono al collagene esposto nella lesione del vaso sanguigno. Aggregazione: Si attivano e si aggregano tra di loro, formando un tappo piastrinico che blocca temporaneamente la fuoriuscita di sangue. Attivazione di proteine coagulanti: Le piastrine rilasciano fattori che attivano altre proteine della cascata coagulativa, innescando una reazione a catena che porta alla formazione del coagulo stabile. Svolgono anche un ruolo catalitico, accelerando le reazioni della coagulazione. 3. Enzimi della cascata coagulativa La cascata coagulativa è una serie di reazioni enzimatiche che convertono i fattori della coagulazione in una forma attiva. Questo processo porta alla trasformazione del fibrinogeno in fibrina, che stabilizza il tappo piastrinico. Queste tre componenti – la parete vascolare, le piastrine e gli enzimi della cascata coagulativa – collaborano in modo sinergico per arrestare il sanguinamento, riparare la lesione e mantenere il flusso sanguigno in altre parti del corpo. FASI OMEOSTASI L'emostasi è un processo complesso che si articola in quattro fasi consecutive, ognuna delle quali gioca un ruolo cruciale nel controllo e nella riparazione delle ferite. Ecco un riepilogo dettagliato delle quattro fasi: 1. Fase Vascolare Contrazione del Vaso (Vasocostrizione): o Quando si verifica una lesione, il vaso sanguigno si contrae per ridurre il flusso di sangue. Questo processo è mediato dall'azione di sostanze vasocostrittrici come l'endotelina, che viene rilasciata dalle cellule endoteliali danneggiate. o La vasocostrizione aiuta a limitare la perdita di sangue e dirige il flusso verso altri vasi sanguigni con resistenza più bassa. 2. Fase Piastrinica o primaria Formazione del Trombo Piastrinico (Trombo Bianco): o Le piastrine aderiscono al sotto-endotelio esposto, che contiene collagene e altre proteine trombogeniche. o Si attivano e si aggregano formando un trombo piastrinico instabile, noto come trombo bianco. Questo trombo è composto principalmente da piastrine, che si legano tra di loro tramite il fibrinogeno, una proteina che funge da ponte. o Durante questa fase, le piastrine rilasciano mediatori chimici (degranulazione), come serotonina e ADP, che attraggono altre piastrine sul sito della lesione. 3. Fase Coagulativa o Plasmatica o secondaria. Formazione della Rete di Fibrina (Trombo Rosso): o In questa fase, viene attivato il sistema della coagulazione, che porta alla formazione di trombina, un enzima chiave. La trombina converte il fibrinogeno, presente nel plasma, in fibrina. o La fibrina forma una maglia proteica che ingloba le piastrine e i globuli rossi, stabilizzando il trombo e creando il trombo rosso. Questa rete di fibrina rappresenta una protezione contro ulteriori perdite di sangue e contribuisce a unire le piastrine e le cellule. o Il trombo rosso è caratterizzato da una rete polimerica che rende il coagulo più stabile. 4. Fase Retrattiva e Fibrinolitica Contrazione e Dissoluzione del Coagulo: o Una volta che la ferita è stata riparata, è fondamentale evitare che il trombo continui a crescere e potenzialmente causi danni. Le piastrine contengono trombosthenina, una proteina che consente loro di contrarsi, riducendo le dimensioni del coagulo e spremendo il siero sanguigno. o La fibrinolisi è il processo attraverso il quale il coagulo viene demolito. Questo è mediato da enzimi come la plasmina, che degrada la fibrina e dissolve il trombo. o È essenziale eliminare il trombo per prevenire occlusioni e garantire che il flusso sanguigno torni alla normalità. Importanza del Processo di Emostasi L'emostasi è vitale per il controllo delle emorragie e la guarigione delle ferite. Ogni fase è interconnessa e regolarmente monitorata per garantire che il processo di coagulazione avvenga in modo efficace e che il trombo venga eventualmente rimosso quando non è più necessario. Un'equilibrata regolazione di queste fasi è fondamentale per mantenere la salute cardiovascolare e prevenire complicazioni come trombosi o emorragie eccessive. ANALISI DELLE FASI 1. Fase vascolare: vasocostrizione (tentativo di "tamponare" la fuoriuscita di sangue) Quando il vaso sanguigno subisce una lesione, si verifica una contrazione del vaso nota come vasocostrizione. Questo è il primo tentativo del corpo di ridurre la perdita di sangue: Danno alla parete vascolare: La discontinuità del tessuto endoteliale permette al sangue di filtrare attraverso la parete. Endotelina: Le cellule endoteliali rilasciano endotelina, un potente vasocostrittore, che induce la contrazione del vaso lesionato. Muscolatura liscia: Le cellule muscolari lisce circostanti rispondono alla lesione, aumentando la resistenza vascolare e riducendo il flusso di sangue nel vaso danneggiato. Deviazione del flusso ematico: Il flusso di sangue viene deviato verso vasi paralleli con resistenza minore, riducendo temporaneamente il sanguinamento. Funzione della Vasocostrizione La vasocostrizione è un processo fondamentale per limitare l'ampiezza del foro nel tessuto danneggiato. Ecco una sintesi delle sue funzioni e meccanismi: Riduzione del Foro: La vasocostrizione serve a ridurre la dimensione del foro nel vaso sanguigno lesionato, diminuendo così la perdita di sangue. Aumento della Resistenza al Flusso: Contrarre il vaso aumenta la resistenza al flusso sanguigno, il che provoca un cambiamento nella direzione del flusso verso vasi adiacenti che presentano una resistenza inferiore. Questo aiuta a ridurre il passaggio di fluido nel vaso danneggiato, poiché la resistenza in quest'ultimo è molto alta. Rilascio di Endotelina: Le cellule endoteliali danneggiate rilasciano endotelina, una sostanza che induce la contrazione delle cellule muscolari lisce della parete vascolare. Riconoscimento del Danno: Le cellule muscolari lisce rispondono al danno riconosciuto e si attivano per contrarsi, contribuendo ulteriormente alla vasocostrizione. Questo meccanismo di vasocostrizione è cruciale per limitare le perdite ematiche e facilitare le fasi successive del processo emostatico. 2- FASE PIASTRINICA O PRIMARIA La fase Piastrinica o primaria dell'emostasi è fondamentale per la formazione del trombo piastrinico (detto anche trombo bianco). Questa fase coinvolge le piastrine, cellule del sangue specializzate che rispondono rapidamente al danno vascolare. Il trombo piastrinico è definito "bianco" perché composto principalmente da piastrine, e in questa fase risulta ancora un trombo instabile, suscettibile di spostamento e incompleto fino all'intervento della cascata coagulativa successiva. 1. Esposizione del connettivo sottoendoteliale trombogenico: o Quando l'endotelio è danneggiato, il connettivo sottoendoteliale, che è trombogenico (cioè in grado di attivare la coagulazione), viene esposto al sangue circolante. o Questa esposizione segnala l'inizio della fase piastrinica e attira le piastrine al sito della lesione. 2. Adesione delle piastrine e degranulazione: o Le piastrine, riconoscendo l'esposizione del connettivo sottoendoteliale, aderiscono rapidamente alla membrana basale e alla matrice extracellulare. o Dopo l'adesione, le piastrine subiscono un cambiamento morfologico e avviano il processo di degranulazione, liberando serotonina (che favorisce la vasocostrizione) e altri mediatori chimici, tra cui l'ADP e il trombossano A2, che promuovono ulteriormente l'aggregazione piastrinica e la stabilizzazione del tappo iniziale. 3. Reclutamento di nuove piastrine e formazione del tappo piastrinico: o I mediatori rilasciati dalle piastrine degranulate favoriscono il reclutamento di altre piastrine circostanti, che si uniscono al sito della lesione. o Queste piastrine si aggregano, contribuendo alla formazione di un tappo piastrinico BIANCO temporaneo, il quale però rimane instabile fino a quando la fase coagulativa non lo rafforza con la deposizione di fibrina. Ruolo dell'endotelio: In condizioni normali, l'endotelio rilascia endotelina, che favorisce la vasocostrizione riducendo temporaneamente il flusso di sangue nel vaso danneggiato, minimizzando la perdita di sangue. Quando l'endotelio non è integro, le componenti del sangue, come le piastrine, percepiscono la presenza della membrana basale e del tessuto sottoendoteliale, attivandosi e avviando la formazione del tappo piastrinico. Le piastrine, quindi, svolgono un ruolo chiave nella prima risposta al danno vascolare, permettendo una rapida riduzione dell'emorragia attraverso la formazione di questo trombo piastrinico iniziale. 3-FASE COAGULATIVA O SECONDARIA La fase Coagulativa o Plasmatica o Secondaria dell'emostasi è responsabile della formazione del trombo rosso, stabilizzato e permanente. Questo trombo è composto da una rete di fibrina, che ingloba non solo le piastrine ma anche altre componenti del sangue, come i globuli rossi e i leucociti. Passaggi della fase Coagulativa: 1. Attivazione del sistema della coagulazione: o La coagulazione è innescata da una serie di reazioni enzimatiche a cascata che culminano nell'attivazione della trombina, un enzima chiave che converte il fibrinogeno in fibrina. o La trombina (fattore IIa) è prodotta in seguito all'attivazione dei fattori della coagulazione e rappresenta un punto di convergenza delle vie intrinseca ed estrinseca del sistema coagulativo. 2. Conversione del Fibrinogeno a Fibrina: o Il fibrinogeno, una glicoproteina solubile prodotta dal fegato, viene trasformato in fibrina dalla trombina. o Questo processo avviene in due fasi: ▪ ii-a. Conversione del Fibrinogeno in monomero di Fibrina: ▪ La trombina idrolizza il fibrinogeno tagliandone i fibrinopeptidi A e B dalle estremità della molecola, creando così il monomero di fibrina. ▪ I monomeri di fibrina, inizialmente instabili, si organizzano in strutture di tipo "testa-coda", formando dimeri e poi polimeri deboli grazie a interazioni non covalenti. ▪ ii-b. Conversione del monomero di Fibrina in polimero stabile di Fibrina: ▪ I monomeri di fibrina si legano per formare polimeri attraverso interazioni testa- coda, che creano una rete di fibrina instabile. ▪ Entra quindi in gioco il fattore XIIIa (attivato dalla trombina), una transglutaminasi che stabilizza il polimero di fibrina creando legami covalenti tra residui di glutammina e lisina, generando una rete forte e stabile. ▪ Questa rete di fibrina ingloba e stabilizza le piastrine e altre cellule del sangue, come globuli rossi e leucociti, che conferiscono struttura e integrità al trombo rosso. 3. Formazione del coagulo permanente (trombo rosso): o Il trombo coagulativo diventa permanente grazie alla formazione della rete di fibrina stabilizzata. o La fibrina funge da scheletro su cui si depositano le piastrine, i leucociti e gli eritrociti, creando un tappo solido che arresta definitivamente la perdita di sangue. Ruolo del fattore XIIIa e stabilizzazione del trombo: Il fattore XIIIa, attivato dalla trombina, è essenziale per rendere stabile la rete di fibrina, trasformando un polimero inizialmente instabile in una struttura resistente, grazie alla formazione di legami covalenti. Questo processo garantisce che il coagulo sia sufficientemente robusto da resistere alla pressione del flusso sanguigno. Funzione della trombina: La trombina ha un ruolo centrale nel processo coagulativo, poiché non solo converte il fibrinogeno in fibrina, ma attiva anche altri fattori cruciali come il fattore XIII e contribuisce alla stabilizzazione del coagulo. Componenti del trombo rosso: Il trombo rosso è formato da fibrina, piastrine, eritrociti (globuli rossi) e leucociti (globuli bianchi), che insieme formano un coagulo solido e permanente necessario per chiudere la lesione vascolare. Questa fase è essenziale per la stabilizzazione definitiva del coagulo, impedendo ulteriori perdite di sangue e facilitando la guarigione del tessuto lesionato. Il sistema della coagulazione è composto da una serie di precursori inattivi (chiamati pro-enzimi o zimogeni), che vengono attivati solo in determinate situazioni, come in risposta a un danno vascolare. Questi precursori circolano costantemente nel sangue, ma non svolgono alcuna funzione finché non vengono attivati da stimoli specifici, scatenando la cascata coagulativa. Fattori e Cascata Coagulativa 1. Fattore XIII: o Precursore inattivo del fattore XIIIa, che svolge un ruolo chiave nella stabilizzazione della fibrina. o Il fattore XIII viene attivato dalla trombina (fattore IIa) e, una volta attivato come fattore XIIIa, stabilizza il coagulo attraverso la creazione di legami covalenti tra i monomeri di fibrina. 2. Fattore X: o È un punto di convergenza tra la via estrinseca e la via intrinseca della coagulazione. o Precursore inattivo del fattore Xa. Una volta attivato, svolge un ruolo cruciale nella conversione della protrombina in trombina. o L'attivazione del fattore X può avvenire attraverso: ▪ Via estrinseca: Rapida e scatenata dal danno tessutale, che attiva il fattore tissutale (fattore III), che a sua volta attiva il fattore VII e infine il fattore X. ▪ Via intrinseca: Più lenta e scatenata da superfici esposte o danno endoteliale, che attiva una serie di fattori (fattore XII, XI, IX, VIII) fino ad arrivare al fattore X. 3. Fattore II (Protrombina): o Precursore inattivo della trombina (fattore IIa), un enzima chiave nella coagulazione. o La trombina è prodotta grazie all'attivazione della protrombina da parte del fattore Xa, insieme a cofattori come il fattore V. o La trombina attivata converte il fibrinogeno in fibrina, promuovendo la formazione del coagulo. Via Intrinseca e Via Estrinseca 1. Via Estrinseca (rapida): o Viene attivata da un danno tessutale. Le cellule danneggiate rilasciano il fattore tissutale (fattore III), che attiva il fattore VII. Questo fattore attivato (VIIa) attiva rapidamente il fattore X, iniziando la cascata di coagulazione. 2. Via Intrinseca (lenta): o Inizia con l'attivazione del fattore XII (a seguito di un danno al tessuto endoteliale), che a sua volta attiva una serie di altri fattori (fattore XI, IX, VIII) fino all'attivazione del fattore X. o Questa via è più lenta ma permette un'amplificazione e un controllo fine del processo coagulativo. o Schema del Processo Coagulativo: 1. Danno tissutale o endoteliale → attivazione della via estrinseca o intrinseca. 2. Attivazione del fattore X (sia dalla via estrinseca che intrinseca). 3. Fattore Xa converte la protrombina in trombina. 4. Trombina: o Converte il fibrinogeno in fibrina. o Attiva il fattore XIII, che stabilizza il polimero di fibrina. 5. Fibrina forma una rete stabile e blocca il sanguinamento. Ruolo della trombina: La trombina non solo trasforma il fibrinogeno in fibrina, ma attiva anche altri fattori della cascata coagulativa, come il fattore XIII per stabilizzare il coagulo e il fattore V, che amplifica ulteriormente il processo di coagulazione. In sintesi, la coagulazione è un processo altamente regolato, basato sull'attivazione sequenziale di fattori inattivi presenti nel sangue, che vengono attivati in risposta a un danno vascolare per arrestare il sanguinamento e stabilizzare il coagulo. Per bloccare la cascata coagulativa ed evitare una coagulazione eccessiva, il corpo utilizza diversi meccanismi inibitori e enzimi regolatori che impediscono la formazione incontrollata di coaguli. Due tra i principali meccanismi di regolazione sono l'antitrombina e l'eparina: 1. Antitrombina: Antitrombina III (AT III) è una proteina plasmatica che inibisce attivamente diversi enzimi della cascata coagulativa. Il suo bersaglio principale è la trombina (fattore IIa), che è essenziale per convertire il fibrinogeno in fibrina. L'antitrombina blocca l'attività della trombina, impedendo la formazione di fibrina e, quindi, arrestando la coagulazione. Oltre alla trombina, l'antitrombina inattiva anche altri fattori della coagulazione, in particolare il fattore Xa e il fattore IXa. Il meccanismo principale dell'antitrombina consiste nella degradazione della trombina e del fattore Xa, che sono cruciali per la formazione del coagulo. 2. Eparina: L'eparina è un polisaccaride carico negativamente, che funge da cofattore naturale dell'antitrombina. Non ha di per sé un'attività inibitoria, ma aumenta notevolmente l'attività dell'antitrombina (fino a 1000 volte). Quando si lega all'antitrombina, provoca un cambiamento conformazionale che permette all'antitrombina di inattivare più efficacemente la trombina e altri fattori della coagulazione, in particolare il fattore Xa. Eparina viene spesso utilizzata clinicamente come anticoagulante in pazienti a rischio di formazione di coaguli, ad esempio durante e dopo interventi chirurgici o in pazienti con trombosi venosa profonda. 3. Sistema della Proteina C: Un altro sistema regolatorio fondamentale è il sistema della proteina C, che include la proteina C e la proteina S. o La proteina C attivata (APC) inattiva i fattori Va e VIIIa, inibendo ulteriormente la cascata coagulativa. o La proteina S funge da cofattore per la proteina C, amplificando l'inibizione dei fattori Va e VIIIa. 4. Fibrinolisi: Oltre a bloccare la formazione di coaguli, il corpo dispone di un sistema per dissolvere i coaguli già formati attraverso la fibrinolisi. o Plasminogeno, un precursore inattivo, viene convertito in plasmina (enzima attivo) che degrada la fibrina e dissolve il coagulo. o Questo processo è regolato da attivatori come il tPA (attivatore tissutale del plasminogeno), che favoriscono la conversione del plasminogeno in plasmina, e da inibitori come il PAI-1 che bloccano l'attivazione eccessiva della plasmina. In Sintesi: Antitrombina: Blocca la trombina e il fattore Xa, limitando la formazione di fibrina. Eparina: Potenzia l'azione dell'antitrombina, aumentando l'inibizione della trombina e del fattore Xa. Proteina C e S: Inattivano i fattori Va e VIIIa, regolando la cascata coagulativa. Fibrinolisi: Dissolve i coaguli attraverso l'azione della plasmina. Questi meccanismi consentono di mantenere un equilibrio tra la coagulazione e la prevenzione di trombosi, limitando la coagulazione al sito del danno e impedendo che si diffonda in altre parti del sistema circolatorio. 4- FASE RETRATTIVA E FIBRINOLITICA La fase Retrattiva e Fibrinolitica dell'emostasi riguarda la contrazione e la dissoluzione del coagulo, consentendo la rimozione del tappo emostatico una volta che il danno è stato riparato. Si articola in due momenti principali: la retrazione del coagulo e la fibrinolisi. 1. Retrattiva (Contrazione del coagulo): In questa fase, i filamenti di fibrina che formano la rete del coagulo subiscono un processo di accorciamento e contrazione. Questo avviene grazie all'azione delle piastrine che, attraverso una proteina contrattile chiamata trombostenina, esercitano trazione sui filamenti di fibrina. La trombostenina consente alle piastrine di contrarsi, riducendo le dimensioni del coagulo e “spremendo” il siero sanguigno (plasma senza fibrinogeno) fuori dal coagulo. La retrazione aiuta a stabilizzare il coagulo e a ridurre la dimensione del tappo, avvicinando i margini della ferita e facilitando il processo di riparazione del tessuto. 2. Fibrinolitica (Dissoluzione del coagulo): Fibrinolisi è il processo che porta alla dissoluzione del coagulo di fibrina una volta che non è più necessario. Il principale protagonista della fibrinolisi è l'enzima plasmina, che deriva dalla forma inattiva, il plasminogeno. Questo viene convertito in plasmina attiva per effetto di attivatori come il tPA (attivatore tissutale del plasminogeno). La plasmina è responsabile della degradazione della fibrina. Essa taglia i filamenti di fibrina e rompe i legami covalenti creati dal fattore XIIIa, che avevano stabilizzato la rete fibrinica, portando alla formazione di piccoli frammenti di fibrina. 3. D-dimero: Uno dei prodotti della degradazione della fibrina è il D-dimero, un frammento proteico che si forma quando la plasmina rompe la fibrina stabilizzata. Il D-dimero è un marcatore clinico utilizzato per valutare se si è verificata una coagulazione eccessiva seguita dalla fibrinolisi. È particolarmente utile nella diagnosi di condizioni trombotiche come trombosi venosa profonda (TVP) o embolia polmonare. La presenza di D-dimeri nel sangue è un segno che il corpo sta cercando di dissolvere un coagulo, rendendoli un utile indicatore nei test clinici per monitorare l'attività emostatica. P

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