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Prof.ssa Paola Signorelli

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biochemistry biological processes organic chemistry human biology

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This document is a biochemistry lecture from the first chapter, touching on the historical roots of the field. The document examines the concept of vitalism, comparing it with the laws of chemistry as learned by the notable study of substances like molecules in urine. The text details the study of biochemical processes, examining the role of enzymes and different types of energy.

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Biochimica lezione1 Prof.ssa Paola Signorelli S1: Ferdori Francesca 6/3/2024 S2: Quinto Maria Giulia R: Bresciani Francesca COME NASCE LA BIOCHIMICA Inizial...

Biochimica lezione1 Prof.ssa Paola Signorelli S1: Ferdori Francesca 6/3/2024 S2: Quinto Maria Giulia R: Bresciani Francesca COME NASCE LA BIOCHIMICA Inizialmente non esisteva questa conoscenza, esistevano la chimica con le sue leggi e la teoria vitalistica: esiste qualcosa che succede inaspettatamente, non si sa esattamente perché, con una forza vitale che fa avvenire le reazioni dentro un organismo. Siamo nell’Ottocento e un importantissimo chimico svedese, Berzelius, ancora suddivideva la chimica organica e la chimica inorganica in due grandi branche, si conoscevano le leggi della chimica inorganica ma non quelle della chimica organica, poiché quest’ultima era legata a queste forze vitali. Berzelius studiò soprattutto la teoria dei radicali, fu il primo a esprimere il concetto che un radicale, cioè uno ione, una parte della molecola, possa essere trasferito integralmente durante una reazione per formare un’altra molecola. Si tratta di una teoria molto importante che poi ebbe ampio seguito andando avanti fino ai giorni nostri. In un suo trattato, Berzelius, dice “la chimica organica ci presenta adunque de’ radicali, che fanno la stessa parte che i metalli”. All’epoca era molto studiato quello che è contenuto nelle urine e si pensava che esso potesse in qualche maniera rispecchiare lo stato di salute dell’organismo. Si andava quindi a investigare i componenti delle urine per poter visualizzare le diverse malattie. Su questo percorso si instaura il lavoro di Liebig e poi di Wohler, due studiosi che lavoravano con Berzelius. Wohler di fatto era un medico che però poi si appassionò di chimica e si spostò nel laboratorio di Berzelius, dove cominciò a lavorare ad una reazione particolare che utilizzava il cianato di ammonio: si rese conto che da questo cianato di ammonio era possibile sintetizzare in laboratorio (in vitro) urea, un composto organico. Questa scoperta ha aperto un mondo, permettendoci di capire che effettivamente questa forza vitale era qualcosa che poteva essere riprodotta con delle leggi conosciute, prese in prestito dalla chimica; comincia a nascere il concetto di una chimica biologica, una chimica vitale, una biochimica. Siamo nel 1828, agli inizi del secolo, e incomincia quindi ad essere attaccata la teoria vitalistica che ci trascinavamo dal 1700 in poi. Più avanti Lavoisier scopre le leggi della fermentazione e poi Pasteur scopre che per ottenere la fermentazione alcolica dagli zuccheri sono necessari degli esseri viventi, i lieviti. Una ventina di anni più tardi Buchner riprese il lavoro di Pasteur e scoprì che questa stessa reazione è possibile ottenerla anche con cellule lisate, uccise. Ciò significa che esiste qualche principio attivo contenuto nelle cellule, che non c’entra nulla con la vitalità di questi organismi, in grado di portare avanti la reazione. Questi due grandi personaggi sono stati i primi che hanno dato il là all’idea dell’esistenza di leggi specifiche per la chimica biologica che spiegano tutte le reazioni che avvengono in una cellula, tessuto, organismo. 1 Biochimica lezione1 Prof.ssa Paola Signorelli S1: Ferdori Francesca 6/3/2024 S2: Quinto Maria Giulia R: Bresciani Francesca LO STUDIO DELLA BIOCHIMICA 1. L’organismo umano è composto da 4 componenti biologiche della materia: zuccheri, lipidi, proteine e acidi nucleici. 2. Dinamismo dell’organismo umano: tutto il nostro organismo evolve, qualunque biomolecola è destinata a cambiare. 3. Regolazione delle trasformazioni: ad esempio, cosa permette al glucosio di diventare glicogeno? Diverse condizioni consentono questo processo. Le trasformazioni sono tutte altamente regolate da condizioni particolari dettate da: - Tempo: Ci sono trasformazioni che avvengono in tempo brevissimo in cui non appena la molecola entra nella cellula viene subito trasformata, ed è come se questa molecola non ci fosse. Ad esempio, se sono in una cellula metabolicamente attiva, il glucosio non lo vedo mai poiché appena entra verrà trasformato in qualcosa di più utile. Ci sono invece trasformazioni più lente, per cui quella molecola rimarrà volutamente presente e verrà trasformata soltanto quando si crea una particolare situazione tale per cui è possibile trasformarla. Per esempio, metto da parte riserve di energia soltanto quando ho delle condizioni specifiche per poterle mettere da parte; formeremo dei NADPH soltanto in certi particolari frangenti, altrimenti lo trovo nella cellula in concentrazioni veramente bassissime perché è uno dei coenzimi che, nel suo stato ridotto, mi servono per le biosintesi riduttive. - Spazio: La cellula ha una definizione precisa, ovvero la sua parete cellulare, perché quello che c’è dentro e che consente la vita alla cellula è molto diverso da quello che c’è fuori. Ambiente extracellulare deve essere completamente diverso dall’ambiente intracellulare affinché nella cellula avvengono tutte le reazioni che devono avvenire. All’interno della cellula troviamo i vari organuli e ognuno di questi compartimenti contiene proprie determinate sostanze, diverse da quelle degli altri compartimenti e da quelle del citosol, e questo consente di far avvenire delle reazioni soltanto lì e soltanto quando all’interno di quel compartimento c’è la condizione giusta. La compartimentalizzazione consente di differenziare; per esempio, la sintesi degli acidi grassi che avviene nel citosol dal loro consumo (quando brucio i grassi per ottenere energia da essi) che avviene principalmente nei mitocondri: se non ci fosse la differenziazione in due compartimenti diversi, queste due reazioni potrebbero avvenire contemporaneamente. La suddivisione spaziale consente anche di creare dei gradienti di sostanze: se metto una membrana, ovvero qualcosa di apolare che interrompe un fluido a base acquosa (che contiene molecole polari), posso creare ai due lati di questa membrana delle differenti concentrazioni di 2 Biochimica lezione1 Prof.ssa Paola Signorelli S1: Ferdori Francesca 6/3/2024 S2: Quinto Maria Giulia R: Bresciani Francesca quelle che sono le molecole polari che non attraversano la membrana. Questo fatto mi consentirà di immagazzinare energia sfruttando dell’energia per creare una concentrazione di una sostanza dall’altra parte della membrana, permettendo così la formazione di ATP. Quindi la compartimentalizzazione serve per distinguere ambienti e metabolismi e per creare gradienti di sostanze, e quindi una forma di energia sfruttabile. - Dimensioni: Molte molecole piccole hanno un ruolo di segnale, molecole più complesse possono avere invece un ruolo strutturale, come i glicerofosfolipidi che si incastrano nella membrana, o di conservazione. Ad esempio, posso rompere le molecole di questi lipidi (glicerofosfolipidi) con degli enzimi e rilasciare piccole porzioni, come la testa polare, che acquisiranno un ruolo di segnale. Quindi io avevo una molecola complessa con ruolo strutturale che diventa una porzione più piccola che va ad attivare PKC, protein chinasi C, la quale dirà alla cellula di proliferare. Un altro esempio: ho il glucosio, una molecola piccola, che posso bruciare per fare energia in glicolisi ma se sono in benessere me la voglio mettere da parte, aspetto a bruciarla, soprattutto se sono nel fegato, l’organo deputato a prendersi cura di tutto l’organismo: il fegato in genere tenta di bruciare poco glucosio, utilizza altro per le proprie necessità energetiche, e lo mette da parte, assemblando tra loro tante molecole di glucosio formando così la catena del glicogeno. La dimensione, perciò, indica il ruolo: una molecola complessa ha un certo tipo di ruolo, una molecola più piccola e più semplice ne ha un altro. Tutte queste operazioni che abbiamo descritto sono ovviamente regolate da enzimi che creano l’ambiente adatto affinché la reazione possa avvenire con il minor dispendio energetico, cioè abbassano l’energia di attivazione, quell’energia in più rispetto al deltaG che servirebbe per portare la reazione ad avvenire in un ambiente acquoso normale. 4. Gli enzimi, essendo proteine, vengono dall’espressione di geni specifici; quindi, tutte le reazioni del nostro metabolismo sono previste nell’informazione genetica iniziale; quest’ultima non si limita a creare enzimi ma crea anche dei regolatori, per esempio gli ormoni che gestiscono i richiami dell’organismo verso le necessità. Poi ci sono le cascate di segnale che vengono attivate dagli enzimi stessi. 5. Energia: Tutto il metabolismo si basa su dei passaggi energetici e quindi ogni reazione avverrà perché c’è una quantità di energia maggiore all’inizio e si va verso uno stato più stabile, c’è sempre un flusso energetico che ci detta la condizione di reazione. 3 Biochimica lezione1 Prof.ssa Paola Signorelli S1: Ferdori Francesca 6/3/2024 S2: Quinto Maria Giulia R: Bresciani Francesca L’IMPORTANZA DELLA BIOCHIMICA La biochimica è alla base delle patologie umane: dobbiamo capire a livello molecolare quale percorso si è interrotto o alterato. Possono esserci delle origini genetiche, delle mancanze di una certa vitamina, un eccesso di un certo tipo di substrato e così via. Andremo a studiare l’alterazione delle biomolecole che ha determinato una modifica del percorso metabolico che quindi causa la patologia; nel momento in cui determiniamo qual è l’alterazione iniziale possiamo intervenire con una cura e magari anche con un sistema di prevenzione. Quando una reazione chimica tra molecole biologiche è modificata da una qualsiasi forma di stress (mutazione genetica, agente inquinante, …), le modifiche si ripercuotono sul metabolismo, sul fenotipo cellulare, sulla fisiologia, sulla funzione dell’organo. IL METABOLISMO ENERGETICO Tutte le trasformazioni partono da un concetto di energia che attraversa la materia e che è in grado di portarla a trasformazione. Il deltaG è la variazione di energia libera di Gibbs, che si chiama libera proprio perché è libera di trasformarsi in altre forme di energie: l’energia dei legami del pane e della pasta si trasformerà in energia redox, ad esempio in NADH, vettore di potere riducente, e NADPH. Questo vettore di energia (NADH) andrà a trasformarsi in un’altra forma di energia, l’energia di legame: ATP. Energia contenuta nell’ATP viene poi resa all’ambiente quando il fosfato si stacca. Il gruppo fosfato che si è staccato formerà altra energia di legame nell’attaccare, per esempio, un altro substrato. Noi vedremo quindi la trasformazione da energia di legame dei nutrimenti a energia del muscolo. RISERVE ENERGETICHE Le nostre riserve energetiche non sono dei pacchetti energetici pratici: facciamo riserva di macromolecole che tramite i processi ossidativi possono di nuovo, trasformando l’energia da energia di redox a energia di legame, ridare energia all’organismo. Questo fa sì che il nostro grande deposito di energia sarà nei lipidi (principalmente trigliceridi), circa il 20% appartiene al mondo delle proteine mentre una parte veramente piccola è invece l’energia legata alla riserva di zuccheri; sono tante le riserve di glucosio nel muscolo ma se le tiene per sé, non influiscono sulla glicemia (quindi la componente di glucosio muscolare non serve all’organismo ma al muscolo stesso, in quanto deve agire velocemente), mentre una piccolissima parte di riserve di glucosio è nel fegato e basterà a mantenere tutto il bilanciamento della glicemia dell’organismo (ciò è possibile perché questo organo lavora costantemente a produrre nuovo glucosio, infatti l’ormone glucagone è sempre prodotto nell’organismo). 4 Biochimica lezione1 Prof.ssa Paola Signorelli S1: Ferdori Francesca 6/3/2024 S2: Quinto Maria Giulia R: Bresciani Francesca CONTROLLO DELLE REAZIONI METABOLICHE 1. Controlli immediati: fanno sì che l’enzima si accenda e si spenga, che la reazione avvenga e non avvenga. Appena arriva la condizione, il segnale, il momento giusto, deve avvenire la reazione. Questo controllo dipende in primo luogo dal flusso del substrato, cioè la concentrazione di substrato presente, e dal consumo del prodotto (tutte le reazioni sono reversibili ammesso che esista la condizione energetica, quindi se il prodotto rimane lì e non viene consumato la reazione torna indietro), e in secondo luogo dalla presenza di un enzima attivo, garantita da controlli strutturali (controlli allosterici). Vengono regolati da un punto di vista strutturale perché il legame di un substrato è un attivatore/inibitore alla molecola enzimatica e la attiva/disattiva: ad esempio, l’ATP va a legarsi alla fosfofruttochinasi e comunica uno stop alla glicolisi, quindi l’ATP funziona da effettore allosterico negativo sulla fosfofruttochinasi. 2. Controlli a breve termine: sono controlli un po’ più specifici che rendono gli enzimi attivi o inattivi in modo stabile tramite modifiche covalenti. La maggior parte degli enzimi che sono modificati in questo modo sono modificati attraverso una fosforilazione/defosforilazione (non è l’unico modo, ci sono anche acetilazione, metilazione, legami con altre molecole che fanno da fattore di controllo): questo semplice meccanismo è attivato e disattivato dalle chinasi e dalle fosfatasi, quindi gli enzimi che partecipano alla reazione vengono controllati da altri enzimi che andranno a mettergli un fosfato per attivarli (chinasi) oppure a rimuoverglielo per disattivarli (fosfatasi). Sono chiamate modifiche covalenti perché creo un legame forte e stabile, ovvero un legame fosfoestere, sull’OH della serina o della tirosina. Questi controlli sono importantissimi, sono un on/off in maniera decisiva, sono stabili (i controlli rapidi sono invece labili) e attivano un percorso. Un esempio di questo tipo di controllo riguarda l’insulina e il glucagone. 3. Controlli a lungo termine: modifiche da stress lungo, tipo quelle legate all’azione del cortisolo, o le modifiche ambientali. Ci comportano l’aumentata o diminuita trascrizione di alcuni geni. Ad esempio, l’intolleranza al lattosio, in alcuni casi, siamo noi a provocarla perché pian piano andiamo perdendo l’utilizzo di alimenti contenenti lattosio. Siccome si tratta di enzimi inducibili, e quindi la loro espressione aumenta in funzione di quanto substrato è presente nel tratto digerente, se io faccio a meno di quel tipo di alimenti a poco a poco ne perdo l’espressione. Rivedremo tutto questo concetto con la glucochinasi, un enzima epatico, alter ego dell’esochinasi: essa fosforila il glucosio appena entra nella cellula attivandolo per poter essere trasformato in qualcosa di utile; la glucochinasi interviene nel fegato quando c’è tanto glucosio e quindi lo spinge verso la formazione del glicogeno; la presenza e attività di questo enzima viene regolata a livello trascrizionale, quindi ci sarà più o meno glucochinasi a seconda che io abbia raggiunto una condizione di benessere da formazione del glicogeno e 5 Biochimica lezione1 Prof.ssa Paola Signorelli S1: Ferdori Francesca 6/3/2024 S2: Quinto Maria Giulia R: Bresciani Francesca questa sarà l’insulina, che in questo caso andrà ad attivare questo enzima dal punto di vista trascrizionale. Domanda: anche la percentuale troppo alta di lattosio può causare l’intolleranza? No, quello che può succedere è una situazione, diversa purtroppo patologica, per cui l’eccessiva concentrazione di isoforme di lattasi non particolarmente funzionali non lavorano abbastanza bene e non smaltendo molecole di lattosio che fermentano dando la problematica. IL CORPO UMANO Figura 1 Il copro umano è immerso in un ambiente esterno e comunica con esso, prende energia, la lavora, la utilizza per compiere le proprie reazioni vitali e butta fuori degli scarti. Prende come forma di energia i nutrienti (carboidrati, lipidi e proteine, sali, vitamine, alcol) dagli alimenti, che una volta entrati devono essere digeriti. Inoltre, dall’ambiente esterno prende l’acqua e l’ossigeno. Quest’ultimo si trova in rosso in un’altra posizione nello schema (Figura1) perché, oltre ad essere essenziale per la respirazione, è l’accettore finale della catena di trasporto degli elettroni, ci serve per estrarre l’energia dagli alimenti, è il motore essenziale di questo meccanismo. Quando introduciamo gli alimenti, per prima cosa dobbiamo scomporre le macromolecole in molecole più piccole che siano veicolabili nell’organismo e assorbibili, la digestione è un processo complicato con tutta una serie di enzimi che poi vedremo. 6 Biochimica lezione1 Prof.ssa Paola Signorelli S1: Ferdori Francesca 6/3/2024 S2: Quinto Maria Giulia R: Bresciani Francesca C’è poi il problema dell’assorbimento perché tutte queste sostanze devono passare dal lume intestinale al sangue e dal sangue arrivare alle cellule dei vari tessuti per essere utilizzabili. Tutto questo è un grosso insieme di processi che avvengono attraverso tanti trasportatori sia di membrana che sistemici. Esistono molte patologie che sono legate non solo alla digestione ma anche al mancato trasporto delle sostanze, come per esempio il morbo di Hartnup, patologia legata alla mancanza di trasportatori di amminoacidi e per questo, visto che gli amminoacidi costituiscono alcuni neurotrasmettitori, ha delle implicazioni neurologiche importanti. Finalmente le nostre semplici molecole raggiungono le singole cellule ed entrano a far parte di un sistema, per cui o vengono utilizzate o vengono messe da parte; vengono utilizzate ad esempio per dare energia o per creare strutture importanti per la cellula. Possiamo avere: - Anabolismo (sintesi): utilizzo la piccola molecola per comporre molecole più grandi con ruoli strutturali o di riserva. Quando? In condizioni di benessere energetico, quando ho ATP. - Catabolismo (degradazione): queste molecole più grandi tornano indietro e le scompongo: o per riutilizzare le molecole piccole di cui sono composte: per esempio, la fosfatidilcolina che mi ridà la colina indietro con cui vado a fare la sfingomielina oppure posso scomporle per andare a fare energia: rompo i legami di queste molecole e trasferisco gli elettroni sull’ossigeno. Quando? In condizioni di malessere energetico, devo accumulare energia. Quindi per arrivare all’ultimo stadio del processo di produzione di energia dai legami chimici delle biomolecole mi servirà l’utilizzo dell’ossigeno. Mi rimangono solo gli scarti, come la CO2 (scarto del carbonio) e l’urea (scarto dell’azoto), che verranno eliminati nell’ambiente; in tutto questo lungo processo produco acqua metabolica mentre l’ATP prodotta viene riutilizzata per le funzioni vitali. Questo processo non serve solo a produrre ATP ma in tutto questo percorso la quantità di energia che è entrata e la quantità di energia che ho prodotto sono diverse, c’è un divario perché c’è sempre uno spreco energetico che però serve all’organismo per produrre calore che mantiene la temperatura. 7 Biochimica lezione1 Prof.ssa Paola Signorelli S1: Ferdori Francesca 6/3/2024 S2: Quinto Maria Giulia R: Bresciani Francesca LIVELLI DI COMPLESSITÀ MOLECOLARE Figura 2 Il livello di complessità molecolare di ciascuna molecola è un parametro fondamentale: la strutturazione delle molecole è strettamente connessa al ruolo che queste svolgono. A seconda della molecola presa in considerazione si andranno a costituire strutture polimeriche differenti con ruoli completamente diversi (figura 2). - Acidi nucleici Gli acidi nucleici hanno un certo livello di variabilità: presentano sempre lo stesso zucchero (ribosio per RNA, desossiribosio per DNA), un fosfato e quattro diverse basi azotate che si intercambiano. Cambiando la loro sequenza, cambia l’informazione del gene. Questo tipo di variabilità ci permette di costituire l’intero genoma umano; pertanto, è sicuramente un livello di variabilità elevato, tuttavia limitato poiché si tratta di strutture molto semplici. Sono dunque catene lineari con andamenti regolari. - Proteine Con la traduzione, il messaggio passa da triplette di basi azotate ad amminoacido (una vera e propria molecola), e successivamente a catena di amminoacidi. Se negli acidi nucleici ciò che cambia è la sequenza delle basi azotate, nelle proteine cambia la sequenza di amminoacidi, ma il livello di complessità della molecola è notevolmente superiore poiché bisogna considerare l’altissimo numero di interazioni che questi amminoacidi fanno tra di loro. Queste interazioni sono fondamentali perché cambiano la funzionalità e la struttura della proteina in dipendenza dall’ambiente in cui si trova (si pensi a come cambia il comportamento di una proteina in base al pH, per esempio: quando digerisco le proteine, infatti, nel nostro stomaco l’ambiente presenta valori di pH molto bassi). Inoltre, con l’aggiunta di residui glucidici (posso aggiungere un residuo per volta oppure delle catene preformate) e modificando le proteine dopo la loro sintesi, la variabilità di queste molecole diventa altissima, e altrettanto numerose sono le funzioni che queste possono svolgere. Sono, pertanto, catene lineari di amminoacidi con andamento irregolare. 8 Biochimica lezione1 Prof.ssa Paola Signorelli S1: Ferdori Francesca 6/3/2024 S2: Quinto Maria Giulia R: Bresciani Francesca - Glucidi I glucidi sono in grado di costituire catene lineari o di ramificarsi. Sono catene ramificate e irregolari, pertanto il livello di variabilità di queste molecole è ancora superiore. ENERGIA NELLE BIOMOLECOLE Figura 3 Quanta energia siamo in grado di ricavare da ciascuna classe di biomolecole? Il valore calorico è differente tra glucidi, lipidi e proteine. Quando necessitiamo di una grande quantità di energia, infatti, ci rivolgiamo subito ai lipidi: l’ossidazione di questi è tuttavia molto lenta, tanto che, se abbiamo bisogno di un apporto immediato di energia, la fonte a cui facciamo riferimento è il glucosio perché la trasformazione in energia a partire da questo è molto più rapida. Il processo di ossidazione dei lipidi è molto più lento ed è a carico solo di alcuni organi; l’ossidazione dei glucidi è immediata, serve a portare in giro l’ossigeno ed è fondamentale. Le kilocalorie per grammo che possiamo ricavare dagli zuccheri e dalle proteine sono abbastanza simili, mentre sono quasi il doppio quelle che ricaviamo dai grassi (4 Kcal/g per glucidi e protidi e 9 Kcal/g per lipidi) perché i carboni dei lipidi sono più ridotti e quindi più ossidabili (figura 3). Cambia anche notevolmente la quantità di ossigeno consumata per l’ossidazione dei lipidi e l’ossidazione di carboidrati e proteine: i lipidi richiedono molto più ossigeno, ed ecco perché il processo è più lungo e complicato. Questo fa capire perché i neuroni, ad esempio, prediligono utilizzare il glucosio rispetto ai grassi: avendo un metabolismo molto veloce e ricco di reazioni ed essendo molto sensibili a stress ossidativo, se utilizzassero una quantità ingente di ossigeno si formerebbero numerosi radicali liberi. I radicali liberi sono tossici, la cellula li ha sempre di default e li tiene a bada attraverso una serie di meccanismi di controllo di detossificazione. In queste cellule, poiché sensibili a stress ossidativo e poiché si tratta di cellule che non si rigenerano, la produzione di questi radicali liberi deve essere quanto più limitata possibile, pertanto i neuroni prediligono l’utilizzo di glucosio. Cellule, invece, come gli epatociti, sono meno 9 Biochimica lezione1 Prof.ssa Paola Signorelli S1: Ferdori Francesca 6/3/2024 S2: Quinto Maria Giulia R: Bresciani Francesca sensibili alla produzione di radicali; pertanto, ossideranno lipidi più facilmente dei neuroni, proprio a causa di questa enorme differenza di quantità di ossigeno necessaria all’ossidazione tra lipidi e glucidi. Perché c’è questo grande divario energetico tra lipidi, glucidi e proteine? I lipidi sono più ridotti: in queste molecole i carboni sono legati solo ad altri carboni o ad atomi di idrogeno; quindi, ad atomi che dal punto di vista energetico sono simili. Se invece, un carbonio è legato ad un atomo di ossigeno, questo carbonio sarà più ossidato, meno ridotto, pertanto meno energetico. Quello che cambia è quindi il livello di ossidazione del carbonio: il carbonio di un lipide è molto ridotto, quello di un carboidrato è molto più ossidato, mentre negli amminoacidi si ha una via di mezzo. Più i carboni sono ridotti, più possono essere ossidati e quindi più energia può essere estratta da essi (ΔG maggiore nei lipidi). Diversi linguaggi dell’energia metabolica Partendo da un livello di energia alto, attraverso reazioni di ossido-riduzione, creo prodotti ossidati con energia inferiore (figura 4). Gli elettroni, quindi, si trasferiscono, andando a creare al contempo dei prodotti ridotti. Figura 4 Esiste quindi un dislivello di energia tra reagenti e prodotti, energia che viene incamerata nei prodotti ridotti di questa reazione: questi prodotti ridotti sono “vettori di energia”, i coenzimi (NADH e FADH2 nella loro forma ridotta), i quali diventano trasportatori di energia. Tranne che nella gluconeogenesi, questi vettori di energia donano i loro elettroni all’ossigeno, liberando energia (in parte dissipata sotto forma di calore). Questa energia, quindi, passa da energia come potere riducente a energia di legame instabile: si creano molecole instabili che contengono legami instabili al loro interno (come ad esempio l’ATP), e quindi sono molecole ad alta energia. 10 Biochimica lezione1 Prof.ssa Paola Signorelli S1: Ferdori Francesca 6/3/2024 S2: Quinto Maria Giulia R: Bresciani Francesca Figura 5 Quanta energia consuma l’organismo? (figura 6) Attività fisica: un certo quantitativo di energia viene impiegato nell’attività fisica che il nostro organismo compie quotidianamente; DIT (Diet Induced Thermogenesis): la termogenesi indotta dalla dieta è la quantità di energia che viene utilizzata per introdurre le macromolecole ricche di energia attraverso l’alimentazione, digerirle e trasportarle come fonte di energia alle singole cellule. Questo valore cambia a seconda delle sostanze che vengono introdotte: sarà minimo per gli zuccheri, massimo per le proteine. Figura 6 Metabolismo basale: quantità di energia che l’organismo necessita per sopravvivere, per far avvenire tutte le reazioni vitali fondamentali in condizioni di riposo, lontano dai pasti e in una situazione termoregolata (a temperatura controllata). Questo, chiaramente, comanda sull’energia complessiva che il nostro organismo richiede in ogni momento, e determina le caratteristiche fisiche del nostro organismo (quanto siamo in grado di dimagrire o ingrassare, quanto siamo in grado di mangiare, ecc). L’organo che incide maggiormente sul metabolismo basale è il fegato (al suo interno avvengono numerose reazioni), subito dopo il muscolo poi cervello e reni. 11 Biochimica lezione1 Prof.ssa Paola Signorelli S1: Ferdori Francesca 6/3/2024 S2: Quinto Maria Giulia R: Bresciani Francesca COMPOSIZIONE DEL CORPO UMANO Figura 7 (figura 7) Gli elementi essenziali di composizione del nostro organismo sono carbonio, ossigeno e idrogeno. Quello più rappresentato tra questi è l’idrogeno. A livello di macromolecole, l’acqua è la componente più rappresentata (60-70%), seguita da lipidi e proteine e glucidi. La massa cellulare è la massa più importante dell’organismo, seguita da una grande componente di fluidi extracellulari (maggior parte della componente acquosa è localizzata nelle cellule e nei fluidi extracellulari). Dal punto di vista degli organi, la massa più importante è rappresentata dal muscolo scheletrico, poi dall’adipe, dal sangue, dalle ossa, e poi troviamo tutto il resto. Una giusta dieta prevede l’apporto di circa 10% di proteine, 15% lipidi e 65% di glucidi (figura 8). Figura 8 Proteine e lipidi svolgono ruolo strutturale, ma anche i glucidi svolgono lo stesso ruolo (si pensi alle proteine glicate o ai lipidi glicati nelle membrane, come gli sfingolipidi). Tutte e tre le classi di macromolecole possono essere ossidate per ricavare energia: oltre al ruolo strutturale hanno anche ruolo energetico (figura 9). PS. Gli acidi nucleici (più specificatamente le basi azotate) derivano dal metabolismo Figura 9 (catabolismo) degli amminoacidi, quindi non hanno ruolo energetico e metabolico. Pertanto, non li consideriamo in questa classificazione. 12 Biochimica lezione1 Prof.ssa Paola Signorelli S1: Ferdori Francesca 6/3/2024 S2: Quinto Maria Giulia R: Bresciani Francesca I carboidrati e le proteine si appoggiano all’ossidazione degli zuccheri. Quindi, posso trasformare proteine in carboidrati e carboidrati in proteine (mi serve solo un azoto in più). Sono interconvertibili. Quando, ad esempio, introduco pane e pasta li “smonto” fino ad ottenere una struttura base con la quale andrò, spostando di posizione il gruppo amminico, a formare tutte le tipologie diverse di amminoacidi di cui ho bisogno in modo tale da avere un continuo rimodellamento di tutte le proteine. Quando sono in ipoglicemia l’organismo sfrutta le proteine per l'approvvigionamento di glucosio: se non introduco con la dieta abbastanza glucosio, deperisco, poiché “smonto” prima massa lipidica per avere energia, ma poi ricavo dalla massa magra gli scheletri base per la gluconeogenesi per mantenere costante il livello di glicemia, che deve rimanere tale e non scendere sotto il valore di soglia. I carboidrati possono essere convertiti in lipidi: se mangio troppa pasta, ingrasso. Anche le proteine possono essere trasformate in lipidi, ma queste frecce (in blu, figura 9), non sono reversibili: se trasformo carboidrati e proteine in lipidi, non posso tornare indietro. Questo avviene perché la trasformazione di carboidrati e proteine in lipidi è un processo estremamente controllato che avviene esclusivamente quando l’organismo è in eccessivo benessere (cioè il valore di ATP va oltre la dose soglia) e ho necessità di mettere da parte delle riserve, che devono rimanere tali perché io devo poter avere una fonte che mi da solo ATP quando serve. I lipidi sono quindi la riserva energetica che deve essere mantenuta tale. Nel momento in cui arrivo a sintetizzare lipidi non posso tornare indietro, posso ricavare solo energia. Il bilanciamento tra carboidrati e proteine, quindi, è fondamentale per garantire all’organismo un corretto funzionamento. Da cosa è composto il nostro organismo? Il nostro organismo è composto da due tipologie di massa (figura 10): - Massa grassa: lipidi; - Massa magra: principalmente proteine ma anche da una più piccola componente lipidica fondamentale per riserva energetica, protezione fisica e termica degli organi (ogni organo è avvolto da una sorta di “cuscinetto lipidico”). La massa magra, quindi, contiene una quantità di grasso fondamentale per la funzione dei singoli organi, diversa in base al sesso (maggiore nell’organismo femminile). Figura 10 13 Biochimica lezione1 Prof.ssa Paola Signorelli S1: Ferdori Francesca 6/3/2024 S2: Quinto Maria Giulia R: Bresciani Francesca Figura 11 L’aumento di questa massa grassa può aumentare o diminuire fisiologicamente o determinando condizioni patologiche (figura 11). Aumenta sia la massa magra che la massa grassa: situazione normale di crescita, o gravidanza, o sovralimentazione e obesità; Diminuisce la massa grassa e aumenta la massa magra: situazione di esercizio fisico o un periodo di crescita maschile; Diminuisce la massa magra e aumenta la massa grassa: invecchiamento, o danno da ischemia, o danno neuronale con disfunzione ormonale; Diminuisce sia la massa magra che la massa grassa: situazione di anoressia o sottonutrizione/malnutrizione. QUATTRO VIE DEL METABOLISMO Figura 12 Il metabolismo quindi si costituisce di queste quattro strade (figura 12) che individuano: 14 Biochimica lezione1 Prof.ssa Paola Signorelli S1: Ferdori Francesca 6/3/2024 S2: Quinto Maria Giulia R: Bresciani Francesca ➔ Anabolismo: da molecole più piccole a molecole più grandi, utilizzabili come riserva energetica o con ruolo strutturale; ➔ Catabolismo: costruzione di molecole di diverso tipo, ossidazione e ricavo di energia in termini di ATP, produzione di scarti e molecole di smaltimento (es. ciclo dell’urea: metabolismo essenziale che avviene nel fegato che mi permette di raccogliere gli scarti di azoto e di costruirci una molecola che poi vado a eliminare con le urine). 15 Biochimica 2 Prof. PAOLA SIGNORELLI S1: Alessia Calzavara 07/03/2024 S2: Ivan Cafà R: Emma Preatoni I METABOLISMI DI BASE Attraverso l’alimentazione introduciamo tre classi fodmentali di macromolecole: i carboidrati (e i disaccaridi), i lipidi e le proteine. Queste sono tutte mlecole complesse formate da una grande quantità di atomi di carbonio (indicati con nC). A queste tre categorie vanno aggiunti gli acidi nucleici, che però sono pochi in massa negli alimenti e le basi azotate che contengono vengono utilizzate o eliminate (urati). CARBOIDRATI E DISACCARIDI Immagine 1 I carboidrati vengono immediatamente digeriti e trasformati in disaccaridi che vengono poi scomposti principalmente in tre monosaccaridi fondamentali che sono glucosio, galattosio e fruttosio. Il glucosio è l'unico monosaccaride che metabolizziamo, perciò esistono vie alternative, attraverso l’utilizzo di specifici enzimi, per trasformare il galattosio e il fruttosio in glucosio. Il glucosio viene trasportato attraverso il circolo sanguigno fino ad arrivare alle singole cellule nelle quali entrerà, grazie a trasportatori specifici. La molecola di glucosio, per poter entrare in qualsiasi reazione, dovrà essere attivata; l’attivazione avviene grazie al conferimento di energia sotto forma di fosfato (P) che si legherà al glucosio formando il glucosio-6-fosfato (Glc-6P). Il glucosio-6-fosfato ha 6C e può essere utilizzato per sintetizzare il glicogeno (anabolismo). Nel momento in cui il glucosio-6-fosfato viene polimerizzato in glicogeno si consuma energia. Naturalmente il glicogeno può essere scisso e ridare molecole di glucosio (catabolismo), queste molecole saranno già attivate. L’anabolismo (scorta/deposito di glucosio) avviene in una situazione di benessere, ovvero quando siamo in presenza di una sufficiente quantità di energia, ovvero di ATP e NADH. Pagina 1 di 11 Biochimica 2 Prof. PAOLA SIGNORELLI S1: Alessia Calzavara 07/03/2024 S2: Ivan Cafà R: Emma Preatoni L’ATP non si accumula nelle cellule, la sua concentrazione è molto controllata e quando aumenta di poco, questo quantitativo in eccesso blocca allostericamente alcuni enzimi chiave dei percorsi di produzione di ATP impedendo che ne venga formata di nuova. Domanda: L’aggiunta del gruppo fosfato al glucosio è lo stesso concetto dell’enzima che viene fosforilato per essere attivato? Risposta: Si, però l’enzima è colui che permette di formare il glucosio-6P e l’enzima, ovvero la chinasi, che andrà a formare il glucosio-6-fosfato è regolato a sua volta. Quindi l’enzima che deve attivarsi nel momento di benessere, verrà a sua volta attivato attraverso fosforilazione. Le chinasi avranno due tipologie di substrato: il primo è il substrato vero e proprio, ovvero la molecola semplice che viene attivata; il secondo è l’enzima che deve andare ad attivare le molecole. Sempre in presenza di una situazione di benessere, esiste una via alternativa di anabolismo del glucosio, lo Shunt dei Pentosi: un percorso ossidativo che libererà 1 molecola di CO2, (uno scarto) grazie al passaggio da 6C del glucosio a 5C dei pentosi. La formazione di pentosi (5C) con liberazione di CO 2 serve per produrre un vettore di potere riducente, ovvero il NADPH che serve per fare le biosintesi riduttive anaboliche in una situazione di benessere (per esempio sintesi dei lipidi o delle proteine). Quando invece abbiamo bisogno di produrre energia, ossidiamo il glucosio attraverso la glicolisi. La glicolisi è l’ossidazione del glucosio (6C) che comporta la lisi del glucosio in due molecole di piruvato (3C) con produzione di ATP (catabolismo). La glicolisi è un processo citosolico, avviene nel citosol. [NON confondere acido piruvico con piruvato; in biochimica si ha quasi sempre il PIRUVATO. Acido piruvico: molecola non in ambiente acquoso; piruvato: quando l’acido piruvico viene messo in ambiente acquoso, quindi in qualsiasi ambiente biologico, essendo un acido debole si dissocia] Successivamente il piruvato verrà trasportato dal citosol nei mitocondri e verrà decarbossilato ad acetil-CoA (2C). Questa è una decarbossilazione ossidativa importante poiché crea un legame ad alta energia tra Acetil (2C) e CoA che è un coenzima (già attivato). Questo legame ad alta energia attiva l’acetil permettendogli di entrare nel ciclo di Krebs. Nel Ciclo di Krebs i due carboni (2C) dell'Acetil-CoA verranno ossidati a 2 molecole di CO2 (in ogni ciclo entra un Acetil-Coa che viene ossidato a CO2). In questo ciclo si libera energia sia direttamente sotto forma di 1 molecola di GTP, sia indirettamente attraverso la formazione di trasportatori riducenti (NAD+ → NADH, FAD → FADH2) che attraverso la fosforilazione ossidativa scaricheranno protoni, accettati dall’ossigeno con formazione di H2O (catena di trasporto degli elettroni) e libereranno ulteriore ATP. Il ciclo di Krebs avviene nei mitocondri. Pagina 2 di 11 Biochimica 2 Prof. PAOLA SIGNORELLI S1: Alessia Calzavara 07/03/2024 S2: Ivan Cafà R: Emma Preatoni Tutto il processo che avviene nei mitocondri è devoluto a formare ATP e avviene solo se è necessario produrre energia (ovvero in una situazione di non benessere). Trasforma in modo irreversibile ogni carbonio organico, l’Acetil, in carbonio inorganico, cioè CO2. Immagine 2: ATTENZIONE: La CO2 è HCO3- oppure CO3-- perché la CO2 in ambiente acquoso diventa acido carbonico che è un acido debole e si dissocia. [CO2 + H2O → H2CO3 che si dissocia] Immagine 2 LIPIDI Con l’alimentazione introduciamo principalmente glicerofosfolipidi e trigliceridi, il colesterolo ha un suo metabolismo particolare. I trigliceridi vengono scissi nei loro componenti che sono glicerolo (alcol) e acidi grassi. - Il glicerolo (3C) verrà trasportato al fegato e riciclato nella glicolisi (con reazioni che lo ossideranno): il glicerolo ossidato diventerà un’aldeide o un chetone (gliceraldeide o diidrossiacetone -> intermedi della glicolisi); il glicerolo potrà inoltre diventare un substrato per la gluconeogenesi (percorso inverso della glicolisi). - La componente lipidica propriamente detta è l’acido grasso (acil). Gli acidi grassi, essendo catene molto lunghe, devono essere trasportati: usufruiscono di carrier oppure, in via alternativa, appena entrano in una cellula vengono attivati grazie al legame con il coenzima A (CoA), una molecola altamente polare che consentirà loro di essere trasportati e di ottenere un legame ad alta energia. L’acido grasso attivato si trasforma da acil ad Acil-CoA con un consumo di energia. [ATTENZIONE: acetile non è acile: l’acetile deriva dall’acido acetico (2C); acile è la desinenza per definire il radicale dell'acido grasso (nC)]. In una situazione di benessere, in presenza di una grande quantità di acidi grassi, dall'Acil-CoA verranno sintetizzati i trigliceridi (anabolismo) grazie all’utilizzo di un enzima specifico: questi acidi grassi verranno assemblati su uno scheletro di glicerolo. Tutte le cellule hanno delle piccole goccioline di lipidi che utilizzano come riserva. Nel processo inverso, in carenza di acidi grassi, avviene la scomposizione dei trigliceridi (catabolismo), si riottiene l’acil-CoA attivato che viene trasportato nei mitocondri dove viene ossidato. Nei mitocondri avviene la β-ossidazione: l'acil-CoA viene ossidata ad acetil-CoA (2C); le unità vengono staccate a 2 a 2 dalla catena di acido grasso (acil- CoA) per ottenere un numero di molecole di acetil-CoA (es. se l’acido grasso era composto da 16C, otterrò 8 molecole di acetil-CoA). L'acetil-CoA, successivamente, riprende il percorso ossidativo nel ciclo di Krebs verso la CO 2. Tutta l’ossidazione è sostenuta da intermedi che si riducono e doneranno protoni (H +) all'ossigeno, permettendo la produzione di ATP. Non si possono trasformare gli acidi grassi in glucosio. Pagina 3 di 11 Biochimica 2 Prof. PAOLA SIGNORELLI S1: Alessia Calzavara 07/03/2024 S2: Ivan Cafà R: Emma Preatoni PROTEINE Le proteine vengono digerite sotto forma di amminoacidi. L’amminoacido ha un gruppo amminico/azotato e una catena carboniosa (scheletro carbonioso). - Il gruppo amminico viene utilizzato per scopi non energetici. L’azoto viene riciclato e riutilizzato (negli amminoacidi o nelle basi azotate) poiché non esiste un deposito di azoto all’interno dell’organismo; se è presente in quantità eccessive viene scartato attraverso il ciclo dell’urea che comporta un grande consumo energetico. - La parte riutilizzabile per scopi energetici è lo scheletro carbonioso/catena carboniosa che può essere trasformato in intermedi del ciclo di Krebs per poi essere ossidato a CO2. Gli amminoacidi possono dare origine a chetoacidi, molecole che hanno un gruppo carbossilico (COOH) e un gruppo chetonico e questi chetoacidi vengono utilizzati per il ciclo di Krebs. In particolare, dallo scheletro carbonioso posso ottenere sia ossalacetico, intermedio del ciclo di Krebs, sia piruvico (chetoacido). All’interno dell’organismo esistono due tipi di amminoacidi: Amminoacidi glucogenici: da questi origineranno tre chetoacidi importanti: ossalacetico, piruvico e α-chetoglutanico Amminoacidi chetogenici: daranno origine ad acetil-CoA oppure a due acetil-CoA condensati (corpi chetonici) Normalmente non vengono utilizzati gli amminoacidi quando bisogna produrre energia perché prima di poter ossidare lo scheletro carbonioso bisogna dividerlo dal gruppo amminico, il quale contiene azoto che per essere smaltito (ciclo dell’urea) consuma un’elevata quantità di energia. Energia ricavate da carboidrati o proteine= 4Kcal per grammo Energia ricavata dai lipidi= circa 9Kcal per grammo (il doppio) Pagina 4 di 11 Biochimica 2 Prof. PAOLA SIGNORELLI S1: Alessia Calzavara 07/03/2024 S2: Ivan Cafà R: Emma Preatoni Domanda: da glicerolo a glucosio Risposta: in uno stato di deperimento, ossido i lipidi per ricavare energia; se ci troviamo in uno stato di ipoglicemia, bisogna sintetizzare glucosio: serve energia e materia prima, la materia prima che può essere trasformata in glucosio è il glicerolo, un importante risorsa del fegato per fare la gluconeogenesi. Il glicerolo è l’unica parte dei lipidi che può essere trasformata in glucosio, gli acidi grassi non possono essere trasformati in glucosio. Partendo da carboidrati, lipidi, proteine, si può arrivare ad ottenere acetil-CoA o intermedi del ciclo di Krebs con il fine di produrre CO 2 e ATP. In una situazione di benessere energetico, ovvero in presenza di tanta ATP e tanto NADH, i carboni vengono conservati in uno stato organico come riserva: il ciclo di Krebs viene rallentato o fermato, per poter fare delle biosintesi. Deve esserci un meccanismo che trasforma il glucosio in acidi grassi: esisterà un controllo che riattiverà la glicolisi: il glucosio si trasformerà in piruvato, produrrà poi acetil-CoA che non entrerà nel ciclo di Krebs (al momento è inattivo) ma uscirà dal mitocondrio e a due a due gli acetil-CoA ricostruiranno la catena dell’acido grasso (Acil-CoA); questo processo è una riduzione, l’inverso della β-ossidazione. È una riduzione perché l’acile deriva dall’acido acetico che è CH3COOH: COOH è ossidato, mentre CH3 no; se creassimo una catena di acetili avremo 1 carbonio ogni 2 ossidato, mentre l’acido grasso deve avere tutti i carboni CH2, servirà quindi una grande quantità di energia per ridurre tutti i carboni e creare la catena ridotta. Immagine 3 Questa è la sintesi degli acidi grassi, che potrà avvenire solo nel momento in cui il ciclo di Krebs sarà inibito (frecce verdi immagine 3), ovvero in una situazione di benessere. Immagine 4 Pagina 5 di 11 Biochimica 2 Prof. PAOLA SIGNORELLI S1: Alessia Calzavara 07/03/2024 S2: Ivan Cafà R: Emma Preatoni Osservando lo schema (immagine 4) notiamo anche che c’è una mono freccia (in giallo da piruvato ad acetil-coA) che indica che quella reazione è irreversibile. In generale tutte le reazioni sono reversibili e dipendono dalle condizioni che le caratterizzano, se una reazione è endoergonica allora dipende dalla quantità di energia che riceve, se però ci sono le condizioni che permettono di avere la reazione inversa allora si passa da prodotto a reagente. L’unica reazione che è irreversibile è quella da piruvato ad Acetil-CoA. L’enzima che catalizza questa reazione è la piruvato deidrogenasi, un enzima mitocondriale che libera una CO2. Questa è la prima CO2 che si forma nel processo ossidativo del glucosio: la molecola di glucosio viene scissa in due piruvati che entrano nei mitocondri dove viene eliminata la CO2, ad opera della piruvato-deidrogenasi, che ossida il piruvato formando Acetile, CO2 e l’energia che viene utilizzata per formare il legame col coenzima A (un legame tioestere). Quando siamo in ipoglicemia cerchiamo di ricavare il massimo di energia possibile dai grassi e alcuni organi, in particolare il fegato e il rene, si mettono a costruire glucosio attraverso il processo di gluconeogenesi. L’energia necessaria per questo processo proviene dall’ossidazione dei grassi che però producono CO2 e quindi non possono essere utilizzati come scheletro carbonioso; perciò, lo scheletro carbonioso viene preso dai chetoacidi, dei componenti del ciclo di Krebs che escono delle molecole e fanno gluconeogenesi. In termini pratici, gli intermedi del ciclo di Krebs trovano possibilità diverse di uscire dal mitocondrio e andare nel citosol dove tornano ad essere intermedi della glicolisi. Nella glicolisi si hanno dei passaggi che sono reversibili e quindi posso avere la formazione di glucosio. In questa situazione di ipoglicemia in cui si deve fare gluconeogenesi si devono usare degli scheletri carboniosi provenienti dagli amminoacidi, poco ossidati, che riduco per fare glucosio. Il ciclo di Krebs quindi possiamo considerarlo come un punto cardine, dal momento che se siamo in una situazione di benessere darà un prodotto mentre se siamo in malessere servirà come mezzo per passare alla gluconeogenesi. Tutto quello che è in eccesso arriva lì, mentre tutto quello che manca viene da lì. Posso convertire tra di loro carboidrati e proteine e da questi due posso avere i lipidi, ma non esiste la reazione inversa: non si può passare da acidi grassi a carboidrati e/o proteine, gli acidi grassi servono per dare energia in termini di ATP venendo bruciati. I lipidi funzionano come riserva energetica e questa funzione è importante come frutto dell’evoluzione. C’è una differenza tra il sistema di accumulo di energia che avviene nei trigliceridi e quello che si usa in caso di emergenza che è la gluconeogenesi. Il livello di glucosio all’interno del corpo deve infatti esser mantenuto costante per svariate funzioni fisiologiche, soprattutto per gli eritrociti che non hanno possibilità di ricavare energia se non dal glucosio (non hanno mitocondri e non fanno il ciclo di Krebs). Pagina 6 di 11 Biochimica 2 Prof. PAOLA SIGNORELLI S1: Alessia Calzavara 07/03/2024 S2: Ivan Cafà R: Emma Preatoni L’ACQUA NEL CORPO UMANO Immagine 5 La composizione del nostro organismo corrisponde per circa il 70% ad acqua. La maggior parte di quest’acqua si trova nei fluidi intracellulari ed extracellulari e non nel sangue come si potrebbe pensare. La quantità di acqua cambia con l’età, è maggiore nei bambini e diminuisce negli anziani. La massa solida va aumentando col crescere dell’età, mentre la massa liquida diminuisce: il fluido cellulare, extracellulare, interstiziale e il plasma vanno diminuendo col crescere dell’età. (Vedi grafico immagine 6) Immagine 6 Introduciamo acqua tramite bevande ma anche tramite cibo solido perché l’acqua è contenuta nelle cellule del mondo vivente. L’acqua viene eliminata in vari modi: urine, feci, sudore, traspirazione polmonare etc. L’organismo produce acqua metabolica tramite le reazioni ossidative che facciamo. Noi introduciamo, con l’alimentazione, carbonio, idrogeno e ossigeno e, con la respirazione, l’ossigeno; da questi tramite il metabolismo formiamo anidride carbonica (acido carbonico) e acqua, più o meno 300 ml. In base agli alimenti che si introducono si consuma più o meno ossigeno e si produce più o meno acqua, quelli che producono più acqua sono i lipidi, quelli che ne producono di meno sono i carboidrati. Quando gli animali si svegliano dal letargo vanno a bruciare grassi e la produzione di acqua da questo processo ossidativo è quello che risveglia le reazioni metaboliche dal periodo di letargo. È logico pensare che un’eccessiva quantità di acqua o una scarsa quantità di acqua siano pericolose: l’ipoidratazione è pericolosa perché causa un’alterata termoregolazione, malessere ed allucinazioni o in alcuni casi può essere letale in tempi brevi; anche l’iperidratazione può essere pericolosa, poiché provoca edemi (accumulo di liquidi). Domanda: se si beve di più il metabolismo basale aumenta? Risposta: non credo, il metabolismo basale non dovrebbe dipendere dalla quantità di acqua che introduco con la dieta. Pagina 7 di 11 Biochimica 2 Prof. PAOLA SIGNORELLI S1: Alessia Calzavara 07/03/2024 S2: Ivan Cafà R: Emma Preatoni La circolazione Vi sono due circolazioni: la piccola, con i polmoni, e la grande. Il cuore spinge il sangue che esce tramite il sistema delle arteriole e viene riassorbito dalle venule. Questi sistemi variano in funzione della pressione che c’è nel sangue rispetto ai tessuti interstiziali. Nelle arteriole sarà vincente la pressione in uscita (pressione del cuore sarà maggiore rispetto alla spinta di rientro) mentre nelle venule ci sarà la situazione opposta. Questo concetto si basa sull’osmosi e, quindi, sulla concentrazione di soluti nel plasma e nel liquido interstiziale. Immagine 7 DOMANDE RIEPILOGATIVE Riassunto di argomenti di chimica utili: Se considerate in ambiente acquoso, posso dividere le molecole in due tipi: apolari (si aggregano) e polari (vanno solvatate singolarmente) e, quindi, insolubili e solubili. Sulla base di questo si costituiscono le membrane perché se ho dei lipidi anfipatici, che hanno una porzione che ama l’acqua e una che la rifugge, questi si aggregano e si dispongono in una struttura che consente di esporre all’acqua solo la superficie che ama l’acqua. Quindi, se sono pochi, formano una micella con le gambe apolari a contatto tra loro all’interno; però, se ho tanti di questi lipidi si dispongono in un doppio strato creando una compartimentazione. (Nell’immagine 8 si vedono entrambe queste disposizioni). Pagina 8 di 11 Biochimica 2 Prof. PAOLA SIGNORELLI S1: Alessia Calzavara 07/03/2024 S2: Ivan Cafà R: Emma Preatoni Immagine 8 Immagine 9 I tensioattivi o detergente sono molecole anfipatiche che comunicano da una parte con il grasso e con l’altra con l’acqua e portano via le molecole di grasso e le sciolgono in acqua. (Immagine 9) Questo ci servirà per vedere come interrompiamo la soluzione di continuità della membrana. Bisogna avere un’idea dei rapporti dimensionali tra i vari “oggetti”, illustrata nel grafico nell’immagine 10. Immagine 10 LE MEMBRANE BIOLOGICHE La cellula è in continuo rimodellamento, diversamente dalla rappresentazione che diamo noi di cellula come entità sferica. La membrana comunica costantemente con l’interno e con l’esterno ed è continuamente rimodellata. La membrana ha diverse funzioni: Trattenere e conservare dentro la cellula una serie di sostanze che devono essere diverse rispetto a quelle che ci sono all’esterno (ATP, sali, glucosio, etc) Comunicare con l’esterno per scambiare degli elementi (come glucosio, ossigeno, acido lattico) La funzione di conservare e chiudere crea una diversa concentrazione di elementi tra dentro e fuori. Per il principio dell’osmosi, dove si ha una maggiore concentrazione quella sostanza tenderà a spingere per uscire dalla cellula. Questa proprietà è fondamentale per fare ATP nei mitocondri: la membrana interna mitocondriale viene Pagina 9 di 11 Biochimica 2 Prof. PAOLA SIGNORELLI S1: Alessia Calzavara 07/03/2024 S2: Ivan Cafà R: Emma Preatoni spinta dai protoni finché non riescono ad entrare tramite un canale e questo canale utilizza l’energia di passaggio per fare sintesi di ATP. Le membrane possono aprire e chiudere passaggi: posso avere dei passaggi che sono sempre aperti ma sono molto stretti perché solo ciò che deve passare può farlo, tutti gli altri per determinate caratteristiche (come dimensioni o cariche) non riescono a passare. Questo passaggio avviene solo quando le molecole che possono passare sono in sovrabbondanza. Posso anche avere il caso in cui la membrana non ha un passaggio specifico ma raccoglie, invaginandosi, una serie di contenuti e forma una sorta di protuberanza facendoli passare da una parte all’altra. Questa modalità è quella di esocitosi ed endocitosi. Nel caso dell’endocitosi e dell’esocitosi abbiamo un passaggio molto “grezzo” in cui non c’è un controllo specifico di quello che viene fatto entrare o uscire; invece, con i canali e i trasportatori vengono selezionati accuratamente gli elementi che possono passare. La membrana, inoltre, nonostante i passaggi specifici e questi eventi di esocitosi ed endocitosi, riesce a mantenere all’interno tutto quello che deve mantenere. La membrana cambia continuamente la struttura e le sue proprietà perché la cellula interagisce, per esempio quando deve muoversi con il meccanismo di diapedesi, oppure nel caso di adesione, di protezione o di crescita. Nella cellula e al suo esterno ci sono molti ioni. Gli ioni più importanti sono sodio e potassio; il sodio è mantenuto alto fuori dalla cellula, nel liquido interstiziale, mentre il potassio è mantenuto alto all’interno della cellula; sono entrambi ioni positivi Immagine 11 ma vengono scambiati in maniera diseguale per garantire un gradiente elettrico negativo verso l’interno della cellula. La pompa sodio- potassio è uno dei consumi di energia più grandi per la cellula. Non soltanto gli ioni ma anche la componente lipidica della cellula determina una differenza di carica netta sui due lati della membrana plasmatica e, quindi, un potenziale della membrana. Quando alla membrana arriva uno stimolo inizia un percorso a cascata di cambiamenti. Per esempio, arriva uno stimolo e dapprima da un glicerofosfolipide, tramite azione della fosfolipasi, viene staccato un acido grasso e si forma un lisofosfolipide e un acido grasso, che è un acido arachidonico che va a mediare una risposta infiammatoria o antinfiammatoria. Un altro esempio è quando una sfingomielina viene attaccata dalla sfingomielinasi che fa rilasciare il ceramide, una molecola tossica, che va a creare dei buchi nei mitocondri, da cui esce il citocromo C e si attiva il processo apoptotico. Pagina 10 di 11 Biochimica 2 Prof. PAOLA SIGNORELLI S1: Alessia Calzavara 07/03/2024 S2: Ivan Cafà R: Emma Preatoni Questi processi specifici non sono da sapere. Il concetto da ricordare è che ogni input che arriva alla membrana attiva un enzima piuttosto che un’altra sostanza e si innesta una reazione a catena che può dare anche conseguenze molto grandi. Immagine 12 Pagina 11 di 11 Biochimica n. 3 Prof. Paola Signorelli S1: Alessio Rambaldini 11/03/2024 S2: Chiara Zandron R: Giada Ronco Le membrane biologiche Le membrane hanno tante funzioni e sono formate da molecole con una doppia natura: polare e apolare. Le proteine si strutturano all’interno del bilayer di fosfolipidi. Le membrane, a partire dalla membrana del nucleo fino alla membrana degli organelli e a quella di altre cellule, hanno tutte una somiglianza: si tratta di un bilayer che ha uno spessore massimo di 50-80 Å, è asimmetrica sui due lati, è soggetta a dinamismo grazie a continui rimodellamenti attuati da una serie di enzimi. Le membrane sono impermeabili o selettivamente impermeabili perché creano una discontinuità tra i due ambienti acquosi (intra ed extra cellulare), difatti si dice che “la membrana naviga nell’acqua ma la esclude”. La struttura è formata da lipidi anfipatici e proteine anfipatiche. L’immagine è la prima fotografia di una 1 membrana, è stata ottenuta al TEM che bombarda con elettroni il preparato che è stato colorato con tetrossido di osmio che colora selettivamente i gruppi amminici degli amminoacidi. Siccome vengono in questo modo evidenziate le proteine, era diffusa l’idea che la doppia membrana fosse composta da proteine. Come si è arrivati alla definizione di membrana? Nel 1774 Benjamin Franklin ha effettuato studi sul “sapere comune” dei marinai che versavano in mare dell’olio quando il mare era particolarmente mosso per impedire l’infrangersi delle onde che avrebbero potuto ribaltare la barca. Franklin aveva notato anche che i marinai che praticavano la pesca con l’arpione cercavano sulla superficie dell’acqua alcuni punti in cui la superficie del mare era particolarmente immobile: pensavano che ciò fosse causato dal rilascio di grasso che avviene quando un pesce ne preda un altro. A seguito di queste osservazioni ha formulato l’ipotesi che il grasso formasse una sorta di tratto sopra la superficie dell’acqua e ne abbassasse la tensione superficiale. Riguardo le biomembrane, i primi a porsi il problema che esistessero delle membrane a compartimentalizzare il tessuto vivente furono lo zoologo Schwann ed il botanico Schleden nel 1839. Questi due scienziati furono i primi a definire la cellula come “unità fondamentale biologica”, ciò comporta che dovesse essere racchiusa da una struttura che la compartimentalizzasse. Nel 1890 Rayleigh e Pockels ripresero gli studi di Franklin cercando di capire come fossero le interazioni tra le molecole di acqua e quelle di grasso. Riuscirono a dimostrare che i lipidi si dispongono in un monostrato sulla superficie dell’acqua. Langmuir vinse nel 1932 il premio Nobel per la chimica perché, riprendendo gli studi precedenti, scoprì la struttura dei lipidi e quindi la loro natura anfipatica. Pagina1di10 Biochimica n. 3 Prof. Paola Signorelli S1: Alessio Rambaldini 11/03/2024 S2: Chiara Zandron R: Giada Ronco Overton nel 1895 unifica le due strade che avevano preso gli studi precedenti: quella delle interazioni tra molecole e la strada biologica delle membrane. In particolare si rende conto che le membrane che isolano le cellule potrebbero somigliare allo strato di lipidi che si forma sulla superficie dell’acqua. È arrivato a questa conclusione perché le membrane non fanno passare acqua ma fanno passare i lipidi, non fanno passare le cariche elettriche e hanno tutta una serie di proprietà. Ipotizza quindi che l’interazione acqua-lipide potrebbe essere esattamente quel tipo di struttura che crea la membrana delle cellule. Nei primi anni del 1900 Bernstain, studiando i potenziali d’azione dei neuroni, capisce che esistono momenti e punti in cui la cellula è polarizzata e altri in cui la cellula è depolarizzata. La membrana quindi non è tutta uguale, deve poter cambiare. Nel 1925 Gorter e Grendel contano un certo numero di eritrociti, li lisano e dopo averne ricavato il materiale di membrana lo stratificano sull’acqua. Si rendono conto che lo strato che si viene a formare è il doppio di ciò che si aspettavano. Ne deducono quindi che la membrana è un doppio strato lipidico. Nel 1932 Cole e Arvey si rendono conto che la membrana non può essere costituita solo da lipidi perché altrimenti la tensione superficiale della stessa a contatto con l’acqua sarebbe diversa: la tensione reale è infatti inferiore a quella che si aspettavano. Comincia a svilupparsi l’idea che ci potessero essere altri componenti oltre ai lipidi. Davson e Danielli nel 1935 scrissero un trattato proprio riguardante le membrane biologiche. Nel frattempo era nata la tecnica del 2 “freeze-fracture and etching” che consiste nell’isolare le membrane e congelarle per poi fratturarle a metà e cospargerne la superficie con un metallo pesante per poi osservare il calco al SEM. con questa tecnica i due scienziati concettualizzano che la membrana è un doppio strato lipidico su cui si poggiano le proteine sui due lati. Si spiegano così anche gli studi di Cole e Arvey perché le proteine, essendo polari, si interfacciano con l’acqua abbassando la tensione superficiale della membrana. Nel 1959 Robertson capisce che tutte le biomembrane di qualsiasi cellula hanno lo stesso tipo di struttura. Nel 1972 Singer e Nicolson teorizzano il modello a “mosaico fluido”. Si è così arrivati ad individuare la vera struttura delle membrane: ci sono proteine che si incastrano nel bilayer lipidico, attraversandolo completamente o sporgendo solo da una parte le, che si muovono. Sempre nel 1972 il medico Palade associa per la prima volta alcune malattie con base genetica a traslocatori di membrana mancanti. Nel 1984 Anderson, studiando la struttura delle proteine di membrana, si rende conto che quasi tutte le proteine di membrana hanno una struttura ad alfa-elica. Pagina2di10 Biochimica n. 3 Prof. Paola Signorelli S1: Alessio Rambaldini 11/03/2024 S2: Chiara Zandron R: Giada Ronco Rapporto proteine-lipidi nella membrana Il rapporto tra la quantità di proteine e quella lipidi dipende dal tipo di membrana: se la membrana quella che riveste gli assoni dei neuroni questa deve essere altamente impermeabile e ciò comporta la prevalenza di materiale lipidico (1:70); se invece la membrana ha tantissime funzioni come quella interna mitocondriale sarà costituita da molte più proteine (1:15). Il rapporto normalmente si aggira intorno a 1 proteina ogni 25 molecole lipidiche. Membranando Solitamente si pensa che le membrane 3 del nucleo, dell’endoplastico e quella plasmatica non interagiscono le une con le altre. È sbagliato perché c’è un sistema unico per cui le membrane cominciano a prodursi nel nucleo, evaginano raggiungendo l’endoplasmico per poi andare al Golgi e poi raggiungono i lisosomi e la membrana plasmatica. È quindi un sistema integrato che man mano evolve ed è costantemente in cambiamento. 4 Le membrane sono composte da lipidi, proteine e carboidrati. Questi ultimi si “attaccano” a lipidi e proteine alterandone la funzione. Questi 3 componenti sono presenti in rapporti diversi. Struttura lipidica In questa classificazione spannometrica dei lipidi principali si notano i lipidi di riserva, ovvero i trigliceridi che hanno il glicerolo e 3 catene di acido grasso, e quelli di membrana che a differenza degli altri hanno 5 un punto di polarità. I fosfolipidi vengono divisi in glicerofosfolipidi e sfingolipidi. Nei glicerofosfolipidi c’è il glicerolo che si lega a 2 acidi grassi e un gruppo fosfato. Accanto al gruppo fosfato può esserci un’altra molecola polare o carica. Negli sfingolipidi, il glicerolo e una catena di acido grasso sono sostituiti dalla sfingosina (catena a 18 atomi di carbonio che funziona sia come scheletro portante sia da catena laterale). Pagina3di10 Biochimica n. 3 Prof. Paola Signorelli S1: Alessio Rambaldini 11/03/2024 S2: Chiara Zandron R: Giada Ronco I glicerofosfolipidi 6 Strutturalmente il lipide ha la caratteristica di avere legami carbonio-carbonio e carbonio-idrogeno che risultano essere particolarmente apolari e stabili. Sono poi presenti il glicerolo e una testa polare che è responsabile dell’idrofilicità della molecola. Si ha lo scheletro di glicerolo legato agli acidi grassi perché bisogna formare una parte della molecola idrofobica che si deve inserire all’interno del bilayer. La parte idrofobica è formata dalle lunghe catene degli acidi grassi che però presentano il gruppo carbossilico che risulta essere particolarmente reattivo. Riuscendo a schermare il gruppo carbossilico, si riesce a formare una molecola la cui unica proprietà osservabile è la apolarità. Si forma quindi un legame tra glicerolo e acido grasso che esclude una molecola d’acqua e usa un ossigeno a ponte formando un legame estere che lega le due parti. La testa polare è composta da un acido fosforico, che si lega al glicerolo con un legame esterofosforico, cui può legarsi una molecola variabile. La molecola variabile più semplice è l’amminoacido serina il cui gruppo R è un alcol. Essa perde l’idrogeno sul carbonio alfa e si lega al fosfato formando così la fosfatidilserina. Se la serina viene decarbossilata (con la rimozione del gruppo carbossilico dell’amminoacido) rimane il gruppo amminico e si forma in questa maniera la fosfatidiletanolammina. Metilando 3 volte l’azoto con un coenzima trasportatore di gruppi metilici (SAM), l’etanolammina diventa colina. L’enositolo deriva da due reazioni che trasformano il glucosio 6-fosfato nell’alcol inositolo. Gli sfingolipidi 7 Gli sfingolipidi hanno un lungo alcol al posto del glicerolo, che ha 18 atomi di carbonio e prende il nome di sfingosina che deriva dalla fusione di una serina e di un acido palmitico a 16 atomi di carbonio. Il carbonio presente in eccesso viene eliminato con una decarbossilazione, unendo il carbonio alfa e il gruppo amminico della serina con l’acido grasso. Si ottiene così un alcol il cui gruppo alcolico deriva dalla serina iniziale. La sfingosina lega un acido grasso con legame carbonilico tra il gruppo carbossilico e quello amminico. Pagina4di10 Biochimica n. 3 Prof. Paola Signorelli S1: Alessio Rambaldini 11/03/2024 S2: Chiara Zandron R: Giada Ronco Sul gruppo –OH si può mettere un “cappello” unendo il fosfato e la colina andando a formare la sfingomielina, uno dei più abbondanti lipidi di membrana. Se al posto del “cappello” di fosfato e colina si mettesse sul ceramide avente un –OH libero uno zucchero, si formano i glicosfingolipidi che, invece di essere componenti strutturali e di signaling, si trovano solo sulla parte esterna della membrana per interagire con l’ambiente extracellulare (la matrice, i patogeni, ecc). Costruzione della membrana I lipidi, se mescolati in ambiente acquoso, cercano di associare tra di loro le parti idrofobiche andando a formare una micella. Continuando ad aggiungere all’ambiente acquoso molecole lipidiche e agitando (fornendo energia!), le micelle si amalgamano cercando di presentare all’acqua meno superficie possibile, formando un doppio strato che si richiude su se stesso 8 a formare un compartimento. 7 I principali fosfolipidi 9 L'acido fosfatidico (PA), ha solo il gruppo fosfato, quindi si presenta con una carica netta negativa La fosfatidiletanolammina (PE): l’etanolammina porta la sua carica positiva, l’acido fosfatidico ha carica negativa; nell’insieme, la molecola, ha carica netta 0 La fosfatidilcolina (PC): la carica positiva dell’azoto annulla quella negativa sul gruppo fosfato, quindi la molecola è neutra Pagina5di10 Biochimica n. 3 Prof. Paola Signorelli S1: Alessio Rambaldini 11/03/2024 S2: Chiara Zandron R: Giada Ronco La fosfatidilserina (PS), ha una carica netta: la serina ha una carica positiva che bilancia la carica negativa del fosfato, quindi rimane la carica negativa di COO- Il fosfatidilinositolo (PI), ha carica netta negativa: l’inositolo non ha carica, quindi rimane la carica negativa del gruppo fosfato La sfingomielina (SM) è neutra Le molecole più importanti, dal punto di vista quantitativo nella membrana, sono la PC e la SM La componente apolare dei fosfolipidi è formata da acidi grassi Il remodeling delle membrane e l’utilizzo di acidi grassi corti o lunghi ha un significato particolare. Gli acidi grassi possono essere corti o lunghi , saturi o insaturi. Le insaturazioni sono tutte cis, per quanto riguarda le biologiche , quindi creano un andamento flesso nella catena , nel punto di instaurazione la catena si flette. Se ci sono “n” insaturazioni ho “n” curve. Se immaginiamo di prendere una struttura e allineare le catene di acido grasso per farla compatta affinché non passi niente attraverso, più le catene di acido grasso sono lineari più si compattano ed escludono tutto ciò che è polare. Più hanno pieghe, più non si compattano bene e non fanno legami tra loro e quindi si creeranno degli spazi vuoti. Come si chiamano gli acidi grassi? Possiamo chiamarli in diversi modi a partire dal carbonio alfa o a partire dall’ultimo carbonio in fondo dalla parte opposta del gruppo carbossilico, omega. Vengono chiamati omega3 e omega6 la classe di acidi grassi che hanno insaturazioni al carbonio 3 o 6 a partire da omega. Gli acidi grassi sono corti o lunghi e il primo acido grasso che sintetizziamo è l’acido palmitico con 16 atomi di carbonio. In seguito siamo in grado di tagliare via una coppia di atomi e ridurlo a 14 , l’acido grasso più piccolo di sintesi. Dal punto di vista della lunghezza andiamo avanti e attraverso una serie di meccanismi mitocondriali o citoplasmatici (non più citosolici ) possiamo allungare queste catene e passare a 24,26,28 fino a 32 atomi di C. Dopo queste dimensioni cominciano ad unirsi le catene testa testa , come per quanto riguarda gli acidi grassi della parte esterna della pelle. La maggior parte dei nostri acidi grassi rientra tra i 14 e i 24/36 atomi di C. Nel nostro organismo ci sono acidi grassi più corti ma sono o metaboliti o metaboliti di azione batterica per esempio durante la digestione nell’intestino. Pagina6di10 Biochimica n. 3 Prof. Paola Signorelli S1: Alessio Rambaldini 11/03/2024 S2: Chiara Zandron R: Giada Ronco Che caratteristiche hanno gli acidi grassi? In merito alla loro lunghezza e saturazione, possono essere più o meno reattivi. - CORTO – LUNGO Un acido grasso corto è più facilmente scioglibile in ambiente acquoso quindi più facilmente trasportabile. Un acido grasso lungo si muove a malapena , tende a precipitare o legarsi ad altre molecole grasse. - SATURO – INSATURO Un acido grasso saturo è poco reattivo perché ha tutti quei legami forti tra C-C e C-H. Un acido grasso insaturo è molto reattivo perché se trova un radicale, (cioè una molecola con un elettrone dispari), essa gli strappa via un elettrone del doppio legame, rimane un elettrone spaiato. Questo elettrone spaiato, poiché ci sono delle insaturazioni vicine, gira e si disloca sulla molecola. Significa che se riesco a dislocare quell’unica carica dispari rendo la molecola più stabile. Di fatto il processo di radicalizzazione avviene in un lampo ed è innegabile perché evolve verso una sua intrinseca stabilità, ecco perché sono molto reattivi e in un certo senso pericolosi perché quando si radicalizzano diventano il principio radicalizzante per altre molecole che diventeranno radicali. La sintesi di acidi grassi: Noi sintetizziamo il palmitico e lo sintetizziamo saturo, poi dopo o lo accorciamo e abbiamo così l’acido miristico o lo allunghiamo ma sempre andando di 2 in 2 atomi di carbonio, ( da 16 a 18 a 20..), perché mi muovo con degli acetili. Una volta fatta la catena di acidi grassi saturi siamo in grado di creare acidi grassi insaturi attraverso enzimi che lavorano del reticolo endoplasmatico. Però non siamo in grado di denaturare in tutti i punti della catena, in particolare su alcune catene lunghe non sono in grado di introdurre dei doppi legami verso il carbonio omega. Quello che succederà quindi è che in alcuni particolari acidi grassi, la posizione 3 e la posizione 6 insatura non riescono ad essere introdotte dal nostro organismo. Tuttavia sono essenziali per il nostro organismo perché le usa come precursore di alcune molecole. Esse sono l’acido linolenico con 18 C e 3 insaturazioni ( ha carbonio 3 a partire da omega insaturo) e l’acido linoleico che ha sempre 18 C ma ha solo due insaturazioni e una di queste due insaturazioni sul carbonio 6. Questi due acidi grassi sono i capostipiti di tre famiglie. Attraverso delle trasformazioni, ( date da enzimi ), possiamo trasformarli in varie molecole: - Prostaglandine - Leucotrieni - Trombossani Pagina7di10 Biochimica n. 3 Prof. Paola Signorelli S1: Alessio Rambaldini 11/03/2024 S2: Chiara Zandron R: Giada Ronco Sono molecole che fanno parte dei meccanismi infiammatori, è quell’infiammazione immediata e aspecifica che sale e deve immediatamente scendere , serve a richiamare quella specifica. Quindi noi produciamo delle molecole a carattere antinfiammatorio e anche quelle a carattere infiammatorio. Nella stessa tipologia, le prostaglandine, ci sono sia quelle infiammatorie sia quelle antinfiammatorie. Dalla famiglia degli omega 6 vengono fuori lipidi pro infiammatori, mentre dalla famiglia degli omega 3 vengono fuori lipidi anti infiammatori. Degli squilibri nel pool di acidi grassi che introduco può alterare gli equilibri tra molecole pro e anti infiammatorie. In particolare l’introduzione alimentare di troppi acidi grassi trans, può andare a scompensare a livello pro e anti infiammatorio andando ad agire sull’enzima che trasforma omega 3 in omega 6. Impedendo l’attività di questo enzima si può alterare questo equilibrio. Che cosa succede a questi acidi grassi all’interno delle strutture di membrana? Per prima cosa c’è uno stimolo che agisce sulla membrana e attiva degli enzimi. Se attiva delle fosfolipasi, queste andranno ad intaccare dei legami estere e andranno a staccare l’acido arachidonico che c’è sulla fosfatidilcolina e sarà lavorato da altri enzimi per fare le prostaglandine. I FANS sono una categoria di farmaci antinfiammatori che vanno a bloccare questo meccanismo , a valle del rilascio dell’ acido grasso quando esso viene metabolizzato a formare una molecola antinfiammatoria. Invece il cortisone va a bloccare a monte l’azione delle fosfolipasi. Gli acidi grassi li sintetizzo e li modifico a catena pari ma esistono anche acidi grassi dispari nel nostro organismo come C13, C15, C17 che vengono da prodotti di decarbossilazione anomali, o per eccesso di presenza di acido grasso, o per azione di alcuni batteri. La presenza di acidi grassi a catena dispari è oggetto di studi e si comincia a pensare che la presenza di questi acidi grassi possa avere una azione positiva. Gli acidi grassi TRANS permettono di trasformare l’olio liquido, attraverso il processo di saturazione, a creme più o meno di consistenza solida. Questo ha permesso un boom economico notevole. Pagina8di10 Biochimica n. 3 Prof. Paola Signorelli S1: Alessio Rambaldini 11/03/2024 S2: Chiara Zandron R: Giada Ronco Durante il processo di saturazione degli oli si ha un “buy product “che crea acidi grassi trans che sì sono solidi ma di fatto hanno un’instaurazione che i nostri enzimi non riconoscono, per cui elevare in quantità eccessive la presenza di queste molecole anomale nell’alimentazione ha creato una serie di dubbi e perplessità. Consiglio dalla prof.: Una delle possibili ricerche potrebbe essere “gli acidi grassi in generale: le diverse tipologie di acidi grassi alimentari, come entrano e vengono usate dall’organismo”. Domanda: è vero che se si mantiene il rapporto tra omega 6 e omega 3 stiamo tranquilli per quanto riguarda eventuali patologie? Risposta: l’omega index oggi è diventato un indice di riferimento e qui nasce una questione fondamentale di etica. Da una parte c’è la medicina e dall’altra parte c’è la nutrizione e sono due mondi un po' paralleli che a volte si toccano e a volte no. Si chiama nutraceutica. Quindi l’omega index mi da un livello di benessere nutritivo ma non è detto che questo sia foriero di patologie. La struttura della membrana è talmente importante che la cellula si rende conto se questa struttura cambia e può andare a compensare i cambiamenti. Vediamo al centro dell’immagine un gene che viene attivato e la sua produzione di l’RNA messaggero che poi produrrà una proteina, la Heat Shock Protein, proteine che sono attivate da segnali di stress. Chi va ad attivare queste proteine? 1) Per esempio, il fatto che una proteina si denaturi e non venga degradata quindi si accumula in forma denaturata e può essere pericoloso. Si attiva, quindi, questa proteina che fa da Chaperone , che la prende e la porta al lisosoma e la fa mangiare via. 2) Oppure può essere una forma di stress che va ad attivare questa espressione genica. Pagina9di10 Biochimica n. 3 Prof. Paola Signorelli S1: Alessio Rambaldini 11/03/2024 S2: Chiara Zandron R: Giada Ronco 3) Oppure il cambiamento della fluidità della membrana. La membrana all’improvviso diventa fluida, può essere pericoloso quindi si attiva questo sistema trascrizionale (fattore di trascrizione e trascrizione del gene) e produzione di questa proteina che va a stabilizzare la membrana. Si va a legare la membrana nel punto in cui è stato lanciato il segnale e va a stabilizzarla. Gli eritrociti sono dei piccoli contenitori quasi vuoti, non hanno organelli; sono delle cellule preziosissime e la loro membrana è molto ricca di proteine (sono cellule biconcave che devono infilarsi in pertugi molto piccoli e quindi devono essere in grado di deformarsi), in particolare hanno una componente particolare di lipidi. Studiare la tipologia dei lipidi delle membrane degli eritrociti ci dà un’idea e ci fornisce una predizione rispetto a problemi cardiovascolari e obesità. Pagina10di10 Biochimica 4 Prof. PAOLA SIGNORELLI S1: BENEDETTA AIESI 12/03/2024 S2: ELISA PALLAVICINI R: ELISA MURGIA Eritrociti: Una delle analisi di biochimica clinica non ancora così note, ma proposte ed utilizzate in alcuni ambiti consistono nel valutare il profilo lipidico degli eritrociti e quanto ogni individuo si allontana da questo regolare profilo. Queste osservazioni possono darci un’indicazione di alcune situazioni patologiche. Nella lezione precedente sono state citate: l’ω-index, il rapporto totale tra saturi e insaturi e l’attività delle desaturasi che creano i legami insaturi. Letture consigliate: https://doi.org/10.1016/j.jlr.2021.100131: i trigliceridi presenti negli eritrociti sono un pool da considerare, per potersi relazionare con quello che è lo stato di salute dell’organismo. Journal of Clinical Lipidology (2019) 13, 70-79: analisi delle modifiche del pool lipidico delle membrane eritrocitarie in pediatria normale e in obesità pediatrica. Nell’immagine sono visibili trigliceridi che presentano degli acidi grassi saturi, a sinistra e dei trigliceridi che presentano acidi grassi insaturi, a destra. La differenza di una catena satura è la geometria che essa assume nello spazio. Le catene sature sono lineari, così come gli acidi grassi trans e la linearità consente un compattamento di queste molecole. La presenza di acidi grassi insaturi comporta necessariamente una piega nella catena carboniosa, la quale occuperà uno spazio più grande e impedirà l’impaccamento. Quando la cellula sintetizza dei nuovi trigliceridi o glicerofosfolipidi sceglie in maniera accurata come comporre queste molecole: Se le molecole devono andare a costruire dei grassi di riserva, stipati dentro i vacuoli, le conviene utilizzare degli acidi grassi a catena più lunga possibile e più satura possibile. Normalmente il pool di trigliceridi è più ricco di acidi grassi saturi. Se le molecole devono andare a costruire una membrana (un fluido addensato, soggetto a modellazioni costanti, con molecole vicine che interagiscono tra loro attraverso interazioni polari e apolari, ma non attraverso legami forti, per cui possono muoversi nell’ambito della membrana) per garantirne la sua fluidità, esistono degli spazi dovuti all’arricchimento in acidi grassi insaturi. Nella maggior parte dei glicerofosfolipidi una catena è satura, ma l’altra è sempre insatura. C’è una logica nel collocare gli acidi grassi saturi e insaturi in posizione 1 (esterna) e 2 (intermedia): generalmente l’acido grasso insaturo è in seconda posizione Pagina 1 di 17 Biochimica 4 Prof. PAOLA SIGNORELLI S1: BENEDETTA AIESI 12/03/2024 S2: ELISA PALLAVICINI R: ELISA MURGIA (non sempre). Un esempio è l’acido arachidonico (insaturo) che spesso viene tagliato da un enzima che agisce sulla seconda posizione. FOSFATIDILCOLINA E FOSFATIDILSERINA: Fosfatidilcolina: è un glicerofosfolipide costituito dal glicerolo, un gruppo fosfato, la testa polare formata dalla colina e i due acidi grassi, uno saturo e l’altro insaturo (in seconda posizione) Sfingomielina: è uno sfingolipide costituito da uno scheletro di sfingosina (18C), il gruppo fosfato con la colina legata all’OH dell’alcol sfingosina e il gruppo amminico che lega l’unico acido grasso. La fosfatidilcolina e la sfingomielina sono le più rappresentative nell’ambito della membrana e nel plasma sanguigno. Molecole da saper disegnare: Glucosio Fruttosio Glicerolo Acido palmitico (16C) Fosfatidilcolina Sfingomielina Pagina 2 di 17 Biochimica 4 Prof. PAOLA SIGNORELLI S1: BENEDETTA AIESI 12/03/2024 S2: ELISA PALLAVICINI R: ELISA MURGIA Per saper disegnare la colina e la sfingomielina è importante ricordarsi della struttura della serina (è un amminoacido) per questi motivi: 1. La serina reagisce con l’acido palmitico mediante una reazione di decarbossilazione e forma la sfingosina (struttura base degli sfingolipidi). 2. Inoltre ricordiamo che decarbossilando la serina ottengo l’etanolammina e metilando quest’ultima 3 volte, mediante l’enzima SAM, ottengo la colina un componente della fosfatidilcolina. La serina è un amminoacido che mi è servito per formare la colina e gli sfingolipidi. Il mondo dei lipidi ha un elemento anomalo: il gruppo amminico che lo prendo dagli amminoacidi. Gli amminoacidi entrano nel nostro organismo e regalano il loro gruppo amminico: ai lipidi per sviluppare dei legami particolari, alle basi azotate e ad altre molecole. GLICOSFINGOLIPIDI: Come modifico i lipidi con l’aggiunta di zuccheri? Il ceramide deriva dalla sfingosina: un alcol che ha due gruppi ossidrilici uno in testa e uno nella catena e un gruppo amminico che va a legare una catena di acido grasso. Aggiungendo la testa polare (fosfato + colina =fosfocolina) creiamo la sfingomielina: una componente abbondante di membrana. Il ceramide, anziché legare la testa polare per andare a costruire la sfingomielina, può legare n zuccheri diversi per andare a formare una nuova famiglia: i glicosfingolipidi, in cui non è presente il fosfato, ma solo degli zuccheri. La polarità rimane perché ha molte molecole ricche di OH e eventualmente anche altri atomi. L’alcol sfingosina con l’acido grasso (ceramide) può legare o glucosio o galattosio e lega glucosio o galattosio a seconda di dove va questa struttura. Tutti i lipidi vengono sintetizzati sull’ER (gli acidi grassi vengono sintetizzati nel citosol, ma con enzimi che sono agganciati al reticolo endoplasmico), le molecole formate devono essere trasportate: una possibilità è che si leghino a delle proteine (proteine trasportatrici di lipidi), le quali solubilizzano il lipide; la seconda possibilità è che vengano trasportate all’interno dell’ER, attraverso dei traslocatori, poi dall’ER con un sistema di vescicolazioni i lipidi se ne vanno altrove e nell’andarsene altrove possono essere ulteriormente Pagina 3 di 17 Biochimica 4 Prof. PAOLA SIGNORELLI S1: BENEDETTA AIESI 12/03/2024 S2: ELISA PALLAVICINI R: ELISA MURGIA modificati. Ad esempio possono fondersi con le membrane di un altro compartimento come il Golgi e lì subiranno ulteriori modifiche. Domanda: il ceramide essendo idrofobo viene trasportato da delle proteine? Risposta: Si, il ceramide e qualunque lipide sintetizzato vengono legati e solubilizzati da delle proteine oppure sono introitati all’interno dell’ER, successivamente lasciano l’ER attraverso un sistema di vescicolazione, andando a costruire la membrana che vescicola dall’ER. Il lipide ha un unico punto di reattività, un OH, il resto è una catena idrofobica, che svicola dall’acqua e cerca altre sostanze lipidiche come lui o un ambente proteico con un sito idrofobico. Gli acidi grassi piccoli, i corpi chetonici possono essere solubili, ma quando si ha una catena di atomi superiore ai 8-10C non è più possibile renderla solubile, se non legando al lipide una molecola polare molto grande come il CoA Domanda: questo vale anche per i glicosfingolipidi? Rispost: Si, ma i glicosfingolipidi diventano anfipatici, hanno la coda che rimane incastrata nella membrana, ma poi avranno anche un albero glucidico che dovrà sporgere in un ambiente polare. Sintesi e glicazione dei lipidi: Se siamo nell’ER il primo zucchero che viene attaccato è il galattosio, se stiamo già trasportando il ceramide nel Golgi gli verrà attaccato un glucosio. Questo piccolo passaggio definisce due tipologie diverse di molecole che si formano: Quando continuo la glicazione direttamente nell’ER, andranno ad attaccarsi degli zuccheri che contengono principalmente dei solfati e vado a formare dei galattosidi, dei lipidi caratteristici del cervello. Se vado a fare nel Golgi la formazione del glucosil-ceramide, il glucosil-ceramide poi prosegue legando un galattosio e diventa lactosil-ceramide, che evolve verso due mondi diversi: globosidi: rimangono tutti neutri. gangliosidi: carichi negativamente, perché hanno uno zucchero modificato e perciò possiedono una carica netta negativa. Pagina 4 di 17 Biochimica 4

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