Appunti T3 - Tracheostomia (PDF)
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Summary
Questo documento fornisce appunti sulla tracheostomia, un intervento chirurgico che crea uno stoma nella trachea per permettere la respirazione in pazienti con difficoltà alle alte vie respiratorie. Viene descritto l'anatomia della trachea, le indicazioni alla tracheostomia, le procedure e le complicanze possibili. L'importanza della gestione infermieristica della tracheostomia è evidenziata, focalizzandosi su strumenti, procedure di manutenzione e prevenzione di complicazioni.
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Appunti T3 Tracheostomia Cenni anatomici: la trachea è un tubo rigido di circa 12 cm di lunghezza e 2,5 cm di diametro, posto anteriormente all’esofago. è sostenuta da 16-20 anelli di cartilagine ialina, alcuni dei quali sono palpabili in corrispondenza della laringe; questi rafforzano la trachea e...
Appunti T3 Tracheostomia Cenni anatomici: la trachea è un tubo rigido di circa 12 cm di lunghezza e 2,5 cm di diametro, posto anteriormente all’esofago. è sostenuta da 16-20 anelli di cartilagine ialina, alcuni dei quali sono palpabili in corrispondenza della laringe; questi rafforzano la trachea e ne impediscono il collasso durante l’inspirazione. I muscoli tracheali si contraggono o si rilassano per regolare il flusso d’aria. La tracheostomia è il confezionamento di uno stoma che permette la comunicazione tra la parte superiore della trachea e l’ambiente esterno andando ad escludere il tratto delle vie aeree che si trova a monte (naso, bocca, faringe). Lo spazio scelto per effettuare la tracheostomia è quello tra il secondo e il quarto anello tracheale. Indicazioni alla tracheotomia - masse tumorali o neoformazioni delle alte vie aeree→ queste possono andare a compromettere la normale ventilazione andando a ridurre lo spazio delle vie aeree superiori e di conseguenza diventa necessario confezionare una tracheostomia. È possibile, in tal modo, rimuovere in un secondo momento la massa e tentare di far richiudere la tracheostomia. - intubazione prolungata→ un paziente può essere intubato con tubo endotracheale per non più di 7/10 gg perché può dare complicanze come lesioni e non sarà più in grado di funzionare correttamente, per tanto se non viene organizzata una rimozione del tubo endotracheale entro 7 massimo 10 gg, si deve valutare l'idea di posizionare una tracheostomia. - edema della glottide→ nel caso in cui in pronto soccorso arrivi un paziente con un importante edema della glottide, dopo alcuni tentativi falliti di intubazione oro o naso-tracheale, l'unico modo che l'equipe ha per garantire un'adeguata ventilazione al paziente è la tracheotomia d'urgenza. L'edema della glottide è una reazione allergica che causa il gonfiore della glottide. - interventi maxillo-facciali che non permettono un’intubazione classica orofaringea o nasofaringea. Quando il paziente è intubato sarà necessario assisterlo per quanto riguarda la rimozione di tutte le secrezioni, vomito, sangue e corpi estranei che si vanno a formare perché in quel momento il riflesso della tosse, della deglutizione e i restanti saranno compromessi. L’infermiere è, quindi, l’operatore che deve garantire la funzionalità e la pervietà della tracheostomia, qualsiasi cosa che comprometta la funzionalità di scambio della tracheostomia è di responsabilità infermieristica perché il paziente può essere in coma e quindi non sarà in grado di chiamare l’operatore per effettuare un’aspirazione. Per cui la gestione, il corretto allestimento e la funzionalità della tracheostomia è responsabilità infermieristica. (Ad esempio, se si è in sala rossa e giunge un codice rosso per incidente stradale con trauma del massiccio facciale, l’aspiratore è fondamentale e deve funzionare perfettamente, perché è possibile che il paziente possa avere materiale da rimuovere nelle vie aeree). Tracheotomia→ si posiziona tramite un intervento chirurgico e si confeziona nei pz in cui si ha come obiettivo la rimozione in breve tempo. Tracheostomia→ è un intervento chirurgico più invasivo e probabilmente il pz dovrà tenerla per un periodo di tempo più lungo o a vita. Con questo presidio cambia l’intervento e il confezionamento. Il pz potrà essere autonomo senza il supporto di ossigeno per cui inala aria ambiente oppure può avere supporto di ossigeno con: maschera per O2 terapia da tracheostomia, tubo a T, nasello o ventilatore. Il nasello è un presidio che viene connesso alla contro-cannula e permette di umidificare l’aria, per cui esegue un’azione filtrante ed inoltre controlla l’umidità (se ambiente sarà FiO2 21%), temperatura dell’aria. Si può collegare all’aspiratore oppure collegare l’ossigeno. Cricotiroidotomia→ è un intervento che viene eseguito in emergenza come nel caso dell’edema della glottide, quando il pz non risponde a farmaci come cortisone e adrenalina. Viene utilizzato questo metodo in pz non ossigenabili e non ventilabili. è una soluzione temporanea (max 30 minuti). Si realizza con tecnica percutanea con un ago di 14 Gauge da posizionare sotto la cricoide (cartilagine della laringe, 2 anello cartilagineo). L’ago sarà connesso ad una siringa piena di soluzione fisiologica, poiché tramite la formazione di bollicine si valuta se si è in sede, l’ago si fisserà con una fascetta, successivamente si smandrina e si collega al presidio di ventilazione (catether mount) che permette di collegare ventilatore e altri presidi. Tale metodica non assicura l’eliminazione di anidride carbonica con rischio di ipercapnia e dunque un quadro di acidosi respiratoria. Si può ossigenare il pz tramite l’agent ventilation, ma non ventilarlo a causa delle dimensioni piccole della cannula che non permette di far fuoriuscire l’aria. Le complicanze possono essere: 1. immediate→ lesione dei tessuti circostanti, emorragie o sanguinamenti, enfisema sottocutaneo (raccolta anomala di gas o di aria nei tessuti sottocutanei), dislocazione della contro-cannula, paralisi delle corde vocali. Sono delle complicanze strettamente legate all’intervento chirurgico di inserimento. 2. tardive→ infezioni, polmonite ab ingestis, LDP. Importante sapere che è un apparato che nasce sterile, dunque la gestione infermieristica dovrà risultare appropriata. I vari kit per la tracheostomia si differenziano per le loro caratteristiche strutturali: - la lunghezza della cannula→ le cannule possono presentare diverse lunghezze, a partire da quelle pediatriche, fino ad arrivare alle cannule per adulti, generalmente aventi una lunghezza compresa tra i 65 e gli 81 mm; - il diverso diametro della cannula→ il diametro interno della cannula è l'ampiezza del lume funzionale, ovvero l'ampiezza della zona attraverso cui passa l'aria; mentre il diametro esterno della cannula è la misura esterna del tubicino. Nell'adulto il calibro varia tra i 9,4 mm e i 13,8 mm; - il materiale→ che può essere plastica, PVC, (ipoallergenico, nonché il più usato, in quanto previene eventuali lesioni tracheali) o il metallo (in particolare l'argento, usato principalmente in passato e oggi quasi in disuso perché crea infiammazione). Il kit monouso per tracheostomia contiene: 1. scatola e libretto che il pz deve portare con sé ovunque. 2. cannula rigida tracheostomica→ ovvero la parte più esterna del tubicino, mantiene la tracheostomia pervia consentendo una normale respirazione; possono essere di diverso materiale, diametro e lunghezza in base al motivo per il quale si posiziona e in base al pz (adulto o bambino). Può presentare anche un'apertura che permette la fonazione del pz. Ed infine si può presentare non cuffiata e cuffiata. Quest'ultima permette un maggior ancoraggio e fa sì che le secrezioni non "scendano" nelle vie aeree inferiori. La cannula contiene all'interno una cuffia che si appoggia alle pareti della trachea che successivamente viene gonfiata senza superare la pressione interna dei capillari che è di 20 cmH2O. Ogni kit ha un suo quantitativo di aria che va inserito all'interno attraverso una siringa luer- look e per controllare se la cuffia interna è gonfiata correttamente si utilizza il manometro. Con la cannula cuffiata il pz non può né bere, né mangiare; per cui si valuta periodicamente il pz, la sua capacità di deglutizione e ventilazione. 3. Cuffia→ sia interna che esterna, ma è presente solo in alcuni tipi di tracheostomia. Le tracheostomie cuffiate hanno appunto una cuffia interna che si gonfia dall’esterno tramite un piccolo deflussore, utilizzando una siringa Luer-Lock. La pressione dei capillari tracheali è di circa 20 cm d’acqua, per cui quando si va a gonfiare la cuffia interna è necessario ricordarlo. Solitamente, all’interno del kit per tracheostomia è scritto il quantitativo d’acqua che deve essere inserito nella cuffia per il gonfiaggio. In più è possibile connettere un manicotto che permette di controllare che siano sempre presenti i 20 cm d’acqua nella cuffia interna, in modo tale che questa sia sempre ben aderente al tessuto interno della trachea, senza però andare a comprimerlo eccessivamente, tanto da mandarlo in ischemia. La cuffia è estremamente utile, poiché evita che le secrezioni non scendano nelle vie aeree basse (questo sarebbe dannoso, in quanto il paziente non è in grado di deglutire autonomamente, in particolar modo se è in coma farmacologico o se è privo di riflessi). Compito dell’infermiere è proprio quello di monitorare costantemente la cuffia per evitare complicanze. Durante l’intervento chirurgico è compito del medico decidere se posizionare o meno la cuffia (per esempio se abbiamo un paziente che deve mantenere la tracheostomia per molto tempo è preferibile posizionare la cuffia per evitare episodi di aspirazione mentre se abbiamo un paziente pediatrico è preferibile non usare la cuffia perché questa potrebbe provocare traumatismi alla trachea a causa di una rimozione accidentale della tracheostomia e di conseguenza della cuffia). La cuffia va gonfiata ad un valore compreso tra i 18 ed i 22 mmHg oppure tra i 20 e i 30 cmH2O e deve mantenere costanti tali valori che vengono considerati il “range terapeutico”. Questi valori di gonfiaggio sono gli stessi indicati dalla letteratura scientifica internazionale; 4. Controcannula→ ovvero il connettore di chiusura, inserita durante l’intervento chirurgico (verrà poi cambiata o lavata dall’infermiere durante la fase di medicazione). È la porzione interna della cannula tracheostomica; si agganciano l’una all’altra con un sistema luer-look, quindi avvitandola e svitandola. È l’unica parte che si può sbloccare e rimuovere per essere pulita e visionata, poiché questa è trasparente e si controlla che non ci siano secrezioni adese alla parete interna. Infine, presenta un connettore universale alla sua estremità che permette di collegarla ai vari presidi, come il ventilatore o il nasello. Essa è inserita all’interno della cannula e dotata di sistema di chiusura Luer- Lock (ruotandola a sinistra si chiude e ruotandola a destra si apre). 5. Controcannula chiusa, non forata→ si utilizza nei pz che hanno come obiettivo quello di ripristinare la respirazione fisiologica. Questa viene utilizzata per effettuare degli esercizi respiratori; in pratica tappa la trachea e la isola così che il pz possa effettuare gli esercizi senza il supporto della tracheostomia. Per cui valutiamo la capacità del di ventilazione del pz senza il supporto della tracheo. 6. Flangia→ sono due porzioni laterali esterne alla cannula; presentano due aperture laterali alle quali si connette la fascetta che fissa la cannula, evitando il dislocamento della tracheostomia. La flangia a differenza della cannula esterna è formata da una plastica morbida che è invece fabbricata con una plastica più dura (per permettere di aderire completamente al collo del paziente, senza creare lesioni o fastidi). 7. Fascette→ che servono per l’ancoraggio della tracheostomia passando dietro al collo del paziente; 8. Spazzolino→ serve ad effettuare la pulizia della controcannula. 9. Palloncino→ quando si gestisce una tracheostomia cuffiata è fondamentale la valutazione esterna del palloncino questo presidio ci permette di capire se il palloncino è sgonfio o gonfio, qualora il palloncino non appaia gonfiato adeguatamente tutte le secrezioni possono entrare nelle vie aeree (per esempio se il paziente ha vomito e il palloncino non è gonfiato adeguatamente questo potrebbe entrare all’interno delle vie aeree). Il palloncino ha anche una funzione di ancoraggio insieme alla fascetta esterna ancorata alla flangia. Altra caratteristica della tracheostomia è la fenestratura; non tutte le cannule la posseggono, ma essa è utile per permettere al paziente di parlare, proprio attraverso un’apertura, dalla quale passa aria, presente nella parte distale della tracheostomia. Sulla tracheostomia si può posizionare un filtro da connettere alla cannula tracheostomica. La tracheostomia è, dunque, un presidio dotato di cannula tracheostomica e una controcannula che viene inserita nella cannula tramite un sistema luer-lock senza venire disconnessa. Solo la controcannula ha una parte bianca definita connettore universale, utilizzato per applicare dispositivi per ossigenoterapia. Se la controcannula viene rimossa per effettuare ad esempio una medicazione, è necessario sapere che non si può applicare ossigeno, in quanto manca la controcannula dotata di un connettore (raccordo) universale. In realtà la controcannula non deve mai essere rimossa a meno che non la si debba sostituire o pulire. Per la sostituzione della contro cannula portarsi il catetere per aspirazione, in quanto l’aspirazione non prevede necessariamente la medicazione ma la medicazione prevede necessariamente l’aspirazione in quanto devi accertarti che internamente si pulito, e poi si pulisce la parte esterna. Tutti i kit che possono essere connessi alla cannula tracheostomica sono: - Nasello→ umidificatore che viene connesso direttamente alla controcannula e permette al paziente di respirare aria umidificata, riscaldata, che quindi non secchi le mucose, e filtrata in quanto il paziente tracheostomizzato non dispone dei filtri naturali, quali naso e bocca. Il nasello può essere utilizzato così come lo troviamo, quindi con una FiO2 pari al 21%, cioè la percentuale di ossigeno presente nell’aria atmosferica; oppure può essere connesso al deflussore dell’ossigeno (massimo 6 litri/minuto) o al ventilatore, regolando i litri/minuto e aumentando così la percentuale di ossigeno fino al 100%. Per ogni percentuale di FiO2 si sceglie il presidio più idoneo al paziente. Dal nasello è possibile inserire anche il catetere di aspirazione, grazie ad una membrana posta sulla parte superiore, che si solleva proprio per far passare il catetere. Il nasello andrebbe cambiato ogni 24h. - tracheomasck (maschera per ossigeno terapia)→ posizionata orizzontalmente anziché verticalmente come la normale maschera. Nella maschera riportata in figura, l’erogazione di ossigeno viene regolata dall’erogatore posto al muro e non dagli ugelli della Venturi in quanto sistema unico. È possibile però trovare anche quella che la normale maschera di Venturi con gli ugelli che regolano il flusso di ossigeno. La maschera per tracheostomia è dotata anche di fascette che ne permettono l’ancoraggio e la tenuta. Ha un piccolo foro per lo scambio di ossigeno e anidride carbonica e un piccolo tubo che permette il collegamento con l’erogatore di ossigeno. Alcune maschere sono dotate di una parte terminale che ruota quando il paziente muove la testa affinché la mascherina non si sposti e rimanga dunque adesa. - un ulteriore presidio è la maschera per aerosol terapia. Può avvenire in due differenti modalità: allo stesso modo della maschera di ossigeno, inserendo l’ampolla nella parte finale della maschera, in questo modo si effettua un’aerosolterapia indiretta. oppure utilizzando un tubo a T, il quale permette da un lato di ancorare la controcannula, nella parte sottostante di connettere il nebulizzatore e da una parte di rimanere aperto permettendo lo scambio tra aria inspirata e aria espirata. In questo modo si effettua un’aerosolterapia diretta. - Infine, si può avere il ventilatore al quale il pz è connesso. Il primo presidio dell’intero circuito del ventilatore è il catheter mount. Esso ha da un lato un sistema di commessione universale al quale viene connessa la controcannula; la porzione posteriormente ha un piccolo foro che permette in alcuni casi, l’aspirazione delle vie aeree per evitare ogni qualvolta si debba aspirare di scollegare l’intero circuito dal ventilatore. è dotato inoltre di un tubo flessibile che consente uno spostamento agevolato e di un filtro che blocca le eventuali abbondanti secrezioni. Il circuito infine termina con due tubi, di cui uno viene connesso alla valvola inspiratoria e l’altro alla valvola espiratoria. Alcuni ventilatori possiedono inoltre dei filtri. L’assistenza al paziente varia in base al presidio a cui è connesso. A seconda del tipo di paziente portatore di tracheostomia che ci troviamo davanti, cambiano i piani di assistenza e le priorità. La gestione della tracheostomia consiste in: 1. aspirazione delle vie aeree 2. raccolta di un campione (se necessario) 3. medicazione della tracheostomia Queste procedure possono essere effettuate nello stesso momento seguendo quest’ordine oppure in momenti differenti. La medicazione può essere effettuata una volta al giorno quando il paziente non presenta secrezioni abbondanti che fuoriescono dallo stoma, se non ha un’infezione oppure se non ha una tracheostomia confezionata da poco in quanto si andrebbe a sporcare frequentemente di sangue. L’aspirazione viene, invece, effettuata al bisogno per esempio quando il ventilatore indica che il paziente non ventila bene oppure quando si avvertono dei rumori. Non esiste un numero preciso di volte in cui bisogna effettuare l’aspirazione per tale motivo sono molto importanti le consegne infermieristiche. Un paziente può essere aspirato senza numero minimo o massimo, perché dipende da esso stesso e dai meccanismi da attuare. Ad esempio, se il paziente ha una polmonite e le secrezioni provengono dai polmoni (basse vie respiratorie) è necessario aspirare più volte in poco tempo (anche 3 volte in 2 ore). Il paziente manifesterà rumori respiratori, secrezioni, il ventilatore segnalerà la presenza di problematiche e l’EGA risulterà con valori alterati dei gas (02 e CO2) nonostante le mobilizzazioni, la terapia e tutte le attività infermieristiche di supporto. Si deve evitare che il paziente arrivi alla fine del turno con 50 ml o più di secrezioni. Se le secrezioni, invece, si accumulano perché provengono dalle alte vie aeree (saliva) a causa della cuffia che non è gonfiata correttamente, possiamo per ridurre le aspirazioni applicando due tecniche: applicare dei sondini nel cavo orale per aspirare continuamente saliva riducendo l’accumulo, o controllare il corretto cuffiaggio della cuffia, in questo modo si possono rimuovere le secrezioni senza attivare l’aspiratore delle vie aeree. Come si fa a controllare il cuffiaggio della cannula della tracheostomia? Quando si ha un kit da tracheostomia si ha un piccolo manometro che va connesso nella porzione indicata nell’immagine. Se la casa produttrice dice di cuffiare con 10 cc d’aria e dopo due ore si voglia valutare se è ben adesa alla parte interna della trachea, si connette il manometro che misura quanti mmHg ci sono all’interno e si può valutare se la cuffia è cuffiata correttamente o sgonfiata. Se si trovano 12 cc calcolando che la cuffia preme sul tessuto interno della trachea è possibile che debba andare a sgonfiare un pochino perché potrebbe andare in ischemia e poi in necrosi la parte dove poggia la cuffia della tracheostomia. Una delle complicanze è proprio il prolungato mantenimento della tracheostomia in modo non corretto con conseguente lesione dei tessuti. Aspirazione delle vie aeree Si effettua nei pz che presentano i presidi che non permettono la rimozione autonoma delle secrezioni. Quindi lo scopo dell’aspirazione è quello di rimuovere le secrezioni che ostruiscono le vie aeree. L’aspirazione di un pz con GCS=15 ricoverato in otorinolaringoiatria per rimuovere la tracheostomia rispetto all’aspirazione di un pz in terapia intensiva/rianimazione connesso al ventilatore risulteranno differenti in quanto dovremmo disporre di presidi diversi da usare durante la procedura poiché anche il tipo di pz sarà diverso: il primo parla e comunica per richiedere l’aspirazione di eventuali secrezioni, il secondo ovviamente non comunica per cui saremo noi a capire quando è necessaria. Lo capiremo tramite la lettura del ventilatore, dall’EGA, dall’espansione toracica e dalla SpO2. Inoltre andremo a monitorare prima, durante e dopo i pv (PA, FR, FC, SpO2 e dolore). Questo perché essendo una procedura invasiva il pz può andare incontro a tosse, dolore, vomito, tachicardia, desaturazione e picco pressorio. L’aspirazione si effettua almeno una volta al giorno e al bisogno. Si tratta di una procedura che dovrebbe essere effettuata in modo sterile perché stiamo gestendo un sito sterile (per esempio se siamo in un reparto di terapia intensiva e abbiamo un politrauma, in questo caso andremo a gestire il sito in modo sterile per non arrecare ulteriore danno al paziente, mentre se siamo in un reparto di otorino e gestiamo un paziente portatore di stomia da diverso tempo, a quel tipo di paziente non verrà effettuata un’aspirazione in modo sterile in quanto probabilmente lui la gestisce in autonomia utilizzando delle tecniche non sterili o al massimo no touch). Procedura materiali: DPI telino garze reniforme Guanto sterile impacchettato singolarmente per mano dominate catetere di aspirazione soluzione fisiologica o acqua sterile per lavaggio del sistema d’aspirazione. Si utilizza una soluzione fisiologica sigillata con un tappo in modo sterile, perché se si andasse ad utilizzare un flacone semplice di soluzione fisiologica questo dovrebbe essere tagliato con delle forbici non sterili e quindi la procedura non risulterebbe più tale. Kit di aspirazione a muro: è una sacca di raccolta monouso che viene inserito nel contenitore di raccolta rigido e quando viene collegato all’aspiratore si crea il sottovuoto. Poi troviamo il tubo di aspirazione collegato alla sacca di raccolta da un lato e dall’altro alla pinza di aspirazione che a sua volta è connessa al catetere d’aspirazione sterile. Quest’ultimo si sceglie in base alla grandezza del presidio della cannula tracheostomica dove andrà introdotto; il sondino/catetere d’aspirazione deve essere di due terzi il diametro della cannula tracheostomica. (sacca di raccolta, tubo a bolle di aspirazione connesso alla pinza di aspirazione, contenitore con soluzione fisiologica). (Per questa procedura non è necessario l’utilizzo di un campetto sterile perché potrebbe essere effettuata più volte nell’arco della giornata (spesso è il ventilatore stesso che ce lo indica con quello che viene definito il “polmone rosso” cioè il disegno del polmone con l’albero bronchiale che si illumina di rosso nel momento in cui si presentano secrezioni abbondanti nell’albero bronchiale) quindi sarebbe uno spreco di materiale non necessario). Procedura identificare il pz, garantisco privacy, comfort e sicurezza e spiego la procedura preparare il materiale, lavo le mani e indosso guanti e DPI posizionare il pz in posizione di fowler (semiseduta) posizionare il telino e la reniforme affianco al pz aprire la confezione del catetere d’aspirazione e collegarlo alla pinza di aspirazione, senza contaminare il resto del sondino (lasciarlo dentro la busta aprendo solo la parte iniziale). posizionare il catetere sul telino posizionando il tubo d’aspirazione sotto al cuscino del pz in modo tale da renderlo stabile ed evitare che cada. rimuovere il guanto monouso. Aprire la confezione del guanto sterile, lo indosso senza contaminare la parte delle dita e il palmo (vado a toccare solo il bordo perché non si presenta piegato come i guanti sterili ad un paio). rimuovere l’involucro esterno del catetere e lo smaltisco nella reniforme. la busta esterna verrà rimossa con la mano non dominate ovvero quella con il guanto non sterile e mano mano che sfilo la busta andrò a prendere/fermare il catetere interno con la mano dominante (guanto sterile). Se necessario lubrificare il catetere all’interno della soluzione fisiologica aspirando. avvicinare il catetere alla tracheostomia e lo inserisco nella tracheo senza aspirare per 1 cm in più rispetto di lunghezza rispetto al presidio. Fuoriuscire con il catetere in aspirazione e fare dei movimenti circolari. Se si deve ripetere l’aspirazione, si può fare una seconda volta ma senza far fuoriuscire completamente il catetere dal presidio la prima volta. Se la procedura non è andata a buon fine, ed è necessario ripeterla, si può eseguire una seconda aspirazione. È possibile utilizzare lo stesso catetere se la punta non viene completamente rimossa dalla cannula della tracheostomia. In tal caso, inserire nuovamente il catetere e uscire in aspirazione con movimenti circolari. Se, invece, viene estratto completamente il catetere dalla cannula e, solo successivamente ci si accorge che l’aspirazione non è andata buon fine, bisogna sostituire il catetere. È importante tenere in considerazione che, nel caso di paziente critico, il tempo impiegato per effettuare la procedura è tempo in cui viene tolto l’ossigeno al paziente, pertanto, nel caso di sostituzione del catetere, bisogna riconnettere il paziente al ventilatore e ripetere tutta la procedura. Dunque, fare attenzione! In caso di occlusione del catetere a causa di secrezioni molto dense, per aspirare nuovamente, bisogna, ovviamente, sostituirlo e ripetere la procedura. Una volta terminato, smaltisco il sondino all’interno del guanto sterile e smaltisco il tutto. Posizionare la pinza d’aspirazione collegandola con il contenitore che serve per lavare (con SF) il tubo. smaltire il materiale nella parte inferiore del carrello sistemare il pz e ricoprirlo registrare la procedura in cartella. La pinza di aspirazione presenta un ingresso superiore e uno inferiore: quello inferiore viene connesso al tubo a bolle, in quello superiore viene inserito il catetere di aspirazione. Lateralmente presenta un altro piccolo foro che durante l’aspirazione va occluso per creare un vuoto, quando quel foro è aperto l’aspirazione non avviene. Durante l’aspirazione bisogna occludere il foro in modo alternato, in modo tale da ridurre il rischio di lesioni della parete della trachea. In passato i cateteri prodotti erano molto traumatici e, quindi, andavano necessariamente lubrificati con la crema anestetica (Luan) in modo sterile. Attualmente, i cateteri prodotti sono termosensibili e maggiormente flessibili, basta usare semplicemente la soluzione fisiologica. Si tratta di cateteri che a contatto con la mucosa umida e calda sono loro stessi che si auto lubrificano e scorrono facilmente all’interno della mucosa in cui vengono inseriti. Vengono lubrificati solo nel caso di secrezioni secche o sanguinamento per andare a ridurre il traumatismo. Il valore della pressione di aspirazione dipende dal paziente che abbiamo davanti, dovrebbe essere compresa tra 150 e 200 mmhg. Il guanto sterile confezionato singolarmente può essere indossato con entrambe le mani, a differenza del paio di guanti sterili in cui è specificato quello da utilizzare per la mano sinistra e quello per la mano destra. Un’ altra differenza è che non presenta il risvolto sul polso dato che le uniche parti che devono rimanere necessariamente sterili sono le dita e l’interno della mano; dunque, viene inserito prendendo il bordo del guanto che non è importante che rimanga sterile. Per quanto riguarda la scelta delle dimensioni del catetere, è importante sapere che il calibro del catetere deve essere 2/3 il diametro della cannula. Per quanto riguarda le dimensioni delle cannule, invece, vengono scelte dal chirurgo in base al motivo per il quale viene effettuata la tracheostomia e al tipo di paziente. Inoltre, nelle prime 24h dall’intervento, per evitare ulteriore sanguinamento di quel minimo che sicuramente è già presente, viene utilizzato un catetere di calibro inferiore. Successivamente, quando anche il lieve sanguinamento legato all’intervento sarà scomparso, si utilizza il catetere della giusta misura per quella cannula. Il kit di aspirazione si collega nel seguente modo: - L’aspiratore va connesso alla ghiera gialla (a vuoto mentre quella bianche serve per l’O2 e quella nera per l’aria medicata) un manometro in mmHg che permette di impostare la forza di aspirazione (per la tracheostomia è 120 mmHg se presenta secrezioni abbondanti, altrimenti anche 100 mmHg). - Al manometro connesso al muro a sua volta va connesso il tubo a bolle o tubo di aspirazione che ha una lunghezza di circa 10 cm (prima veniva chiamato tubo a bolle perché era un tubo trasparente molto lungo che ad ogni metro circa aveva una bolla che rendeva più grande il tubo, in quel punto veniva tagliato per poter essere connesso sia alla pinza di aspirazione che al manometro al muro. Ad oggi i tubi sono già tagliati e presentano un cono di colore blu che facilita l’ingresso di questo tubo sia nella pinza sia nel manometro al muro). - Al tubo di aspirazione va connessa la sacca di raccolta monouso, attraverso la pinza di aspirazione, che è contenuta in un contenitore rigido di plastica perché nel momento in cui si apre la valvola del manometro si crea un vuoto che spinge le pareti della sacca sul contenitore rigido e quindi quel contenitore può ricevere il materiale aspirato. Nell’ambito ospedaliero il manometro non è connesso direttamente alla sacca bensì ad una piccola curva di aspirazione che si connette al contenitore trasparente che a sua volta si collega alla sacca di raccolta. Nell’ambito domiciliare, invece, abbiamo tutto un circuito collegato. Una volta utilizzato il kit può essere disinfettato attraverso un contenitore che contiene una soluzione di lavaggio alla quale la pinza si connette senza nessun problema. controindicazioni È una procedura invasiva e il catetere si introduce nelle vie aeree che hanno una parete sensibile. Si ha il rischio di lesione (introduzione ed aspirazione) ed infezione (uso inappropriato dei presidi). Si effettua solamente se si conosce la procedura, il perché e il tipo di pz. Aspirazione pz con ventilatore Prima di effettuare la procedura effettuare una iperventilazione di 2 min con O2 al 100% per evitare (e nel frattempo compensare) una desaturazione del pz. Per cui con la mano non sterile metto in pausa il ventilatore, disconnetto il catheter mount che rimane sospeso al braccio del ventilatore. Effettuo l’aspirazione e una volta terminato riconnetto il catheter mount ed avvio il ventilatore. Controllo i PV del pz. Se il pz invece presenta il filtro (no ventilatore), bisogna disconnettere, smaltire, aspirare e posizionare quello nuovo. Se il filtro è stato già cambiato oppure non ne ho nuovi, posso poggiarlo su delle garze nella reniforme e poi collegarlo al termine della procedura. Se infine il pz presenta la mascherina per l’ossigeno, sposto la mascherina, aspiro e riposiziono la mascherina. Raccolta tracheo-aspirato sterile Serve per valutare la presenza di infezione delle vie aeree; è un esame più approfondito del tampone. Il tubo di aspirazione non si lava perché le secrezioni si bloccano nel contenitore di raccolta e non vi passano nel tubo. Viene prelevato un campione di secrezioni attraverso la tracheo-aspirazione, per poi essere analizzato in modo tale da valutare l'eventuale presenza di infezioni e l'agente patogeno. Inoltre, viene individuato, mediante l'antibiogramma, l'antibiotico a cui il patogeno è sensibile. materiali DPI telino reniforme contenitore sterile: verrà posizionato tra il catetere e il tubo d’aspirazione, ha un tappo di chiusura definitivo e un contenitore di raccolta kit di aspirazione guanto sterile singolo soluzione fisiologica per lubrificare procedura identificare il pz, garantire privacy comfort e sicurezza e spiegare la procedura preparare il materiale, lavare le mani e indossare i guanti posizionare il pz in posizione di fowler il telino e la reniforme affianco al pz aprire la busta del sondino senza contaminare l’interno aprire la busta del guanto sterile ancorare il catetere nella via più bassa e rigida al contenitore sterile. Nella parte superiore inserire la pinza di aspirazione posizionandolo sul telino del paziente. inserire nella parte superiore del contenitore la pinza di aspirazione. posizionare tutto sul telino e il tubo d’aspirazione sotto al cuscino per evitare la caduta di quest’ultimo. indossare il guanto sterile e rimuovere il catetere dall’involucro (smaltire nella reniforme). inserire il catetere nella tracheo senza aspirare fuoriuscire aspirando con movimenti circolari, se necessario ripetere l’operazione una volta raccolta la quantità idonea del campione (2cc oppure 5-10ml), fuoriuscire e smaltire il catetere nella reniforme. disconnettere la pinza d’aspirazione temporaneamente posizionare la parte lunga sulla parte corta del campione a chiudere il contenitore posiziono il tappo definitivo del campione smaltisco i materiali e sistemo il pz. applicare un’etichetta sul contenitore di raccolta del campione sulla quale bisogna inserire nome e cognome del pz, data e luogo di nascita, codice del reparto e la data. compilare il modulo di richiesta dell’esame del tracheoaspirato e la richiesta dell’antibiogramma. registrare tutto in cartella specificando la quantità di tracheo-aspirato e descrivendone le caratteristiche. Bisogna prelevare almeno 2 ml di secrezioni. Nel caso in cui vi fossero secrezioni eccessivamente dense, è consentito (una volta terminata l’aspirazione), lavare il catetere di aspirazione in modo sterile, senza contaminare, con acqua sterile o soluzione fisiologica (le uniche sostanze che non alterano le secrezioni delle vie aeree che dovranno essere analizzate) per poter raccogliere le secrezioni che si sono bloccate all’interno del catetere di aspirazione. Se il lavaggio venisse effettuato con iodiopovidone o soluzione glucosata, il campione verrebbe invalidato dal laboratorio di analisi. Dopo aver disconnesso la pinza e il tubo a bolle dal contenitore di raccolta, non è necessario che questi vengano lavati poiché le secrezioni finiscono direttamente nel contenitore di raccolta del campione e, dunque, non sono contaminati. complicanze Le principali complicanze sono: sanguinamenti, lesioni della parete tracheale, ipossia. Durante la procedura di aspirazione bisogna costantemente rilevare i parametri vitali prima, durante e dopo. In particolar modo nel paziente critico in cui il monitoraggio dei parametri è continuo. In generale, durante tutta la procedura, bisogna rilevare la saturazione mediante pulsossimetria. BAL Il bal è il broncolavaggio delle vie aeree e viene effettuato in sala operatoria, spesso durante la fibroscopia con il fibroscopio (valutazione delle vie aeree con una sonda dall’interno). Questa procedura permette di prelevare anche un campione tramite endoscopia delle vie aeree. Il liquido di lavaggio che si utilizza è l’acqua sterile oppure la soluzione fisiologica. Viene introdotta attraverso la tracheostomia o tubo endotracheale. Il lavaggio passa su tutte le pareti e lava le secrezioni che si raccolgono nel liquido con l’aspiratore. Si effettua con il supporto del vai e vieni. Il campione raccolto viene definito BAL, in quanto il chirurgo o l’otorino lava, ispeziona e raccoglie un campione. La procedura di cui parliamo invece (svolta dall’infermiere), viene definita raccolta di un campione di tracheo-aspirato. È una procedura di aspirazione che termina in un contenitore sterile per mandarlo in analisi.) Indicazioni: disturbi della ventilazione, aumentate secrezioni, esami ematochimici alterati, febbre, secrezioni di colore gialle, verdi, rosse. pz in TI Il pz in terapia potrebbe avere un tubo endotracheale oppure una tracheostomia; a loro volta sono collegati a dei presidi, quali: - Catheter mount: se il pz è collegato al ventilatore, oltre al catheter mount presenterà anche il filtro e il circuito di ventilazione. Il sistema del catheter mount di aggancia al braccio del ventilatore e rimane sospeso per non essere contaminato. È fondamentale perché evita che il presidio sia in continua trazione e quindi un dislocamento (lesioni), ed evita contaminazioni durante le varie procedure. - Filtro tracheostomico: viene cambiato ogni 24 h e ci si può collegare la O2. È un deumidificatore per particelle e della temperatura d’aria inspirata. - Maschera ossigeno per tracheostomia: forma ovale, ci si può collegare il tubo per ossigeno con le valvole di venturi. Questa verrà usata per una GCS=15. - Circuito ventilatore: presenta due tubi (uno per l’espirazione e l’altro per l’inspirazione) che vanno a formare una Y dove si ricollegano al filtro e al catheter mount. GCS=8. medicazione tracheostomia È una tecnica sterile no touch che si effettua una volta al giorno. Se posizionata recentemente e perde ancora sangue si effettua più volte al giorno ad orari prestabiliti. Prima si androà ad aspirare per valutare la pervietà e infine si medicherà la tracheo. materiali DPI (2 paia di guanti monouso) campetto sterile pinza servitrice telino reniforme metallina (la medicazione va cambiata ogni 24h che si posiziona tra la cute e la cannula tracheostomica) acqua ossigenata soluzione fisiologica tampone (se infetta) fascetta nuova per ancoraggio tracheostomia controcannula sterile o pulita di ricambio (se pz ventilato) NB: Nelle prime 48h si fanno meno medicazioni possibili, invece, nelle prime 24h non si devono assolutamente effettuare, perché si vengono a creare dei coaguli e delle secrezioni che favoriscono la guarigione dello stoma, quindi, se tolte, ne rallentano la guarigione. procedura identificare il pz, garantire privacy, comfort e sicurezza e spiegare la procedura preparare il materiale, lavare le mani, mettere i guanti allestire il campetto sterile versando a caduta l’acqua ossigenata in un contenitore e soluzione fisiologica nell’altro. Essendo una procedura no touch gli occhielli delle clamp vanno posizionate fuori dal campetto. avvicinarsi al pz, controllare che la cuffia sia cuffiata adeguatamente, posizionare telino e reniforme allentare la fascetta e rimuovere la medicazione sporca, valutando la parte interna e ispezionando la zona per valutare la presenza di secrezioni ematiche e purulente (nel caso di secrezioni purulente, di colore anomalo, di odore anomalo, di quantità anomala, si effettuerà un tampone per mandarlo in coltura). se presente materiale purulento si procede con l’esecuzione del tampone del sito e lo si manda in laboratorio al termine della medicazione, con richiesta di antibiogramma. In questo caso se i guanti si sporcano vanno cambiati. Oltre al tampone si possono eseguire anche delle medicazioni avanzate (biofilm, creme, ossido di zinco) a livello dello stoma nel caso di cute peristomale lesionata e perennemente umida, l’importante è evitare il contatto diretto con le vie aeree interne. smaltire la medicazione precedente nella reniforme ispezionare lo stoma della tracheo per valutare se ci sono lesioni causate dal presidio stesso o dalle secrezioni. prendere la pinza dal campetto, inibisco uno gnocchetto nella soluzione fisiologica e detergo la parte superiore del sito di inserzione con un movimento e smaltire. prendere un altro gnocchetto con soluzione fisiologica e lo si passa nella parte inferiore proseguire con la detersione finché tutte le secrezioni sono state rimosse. prendere la metallina con la pinza, aprire leggermente la parte tagliata con le mani e inserire sotto la flangia senza contaminare la parte interna. posizionare la vecchia fascetta verso il basso e posizionare la nuova pulita ancorando l’estremità alla flangia senza far toccare le due dita tra loro. Per far passare la fascetta dietro la testa del pz la si solleva leggermente. Quando si stringe deve poter passare un dito. rimuovere la fascetta sporca smaltendola nella reniforme rimuovere tutto il materiale sporco e riordinare il carrello una volta terminata la medicazione si passa a pulire la controcannula. se il pz è connesso al ventilatore: effettuare la tracheoaspirazione, valutare e pulire la parte interna prima di effettuare la medicazione disconnettere il ventilatore dal catheter mount rimuovere il connettore del catheter mount che rimane sospeso vicino al pz al braccio del ventilatore (in laboratorio si posiziona sul telino perché non c’è il braccio del ventilatore) rimuovere la controcannula e posizionarla nell’acqua ossigenata prendere la controcannula di ricambio (pulita o sterile) e la si posiziona nella cannulla tracheostomica. Questo perché il pz non può stare per troppo tempo staccato dal ventilatore. Nel caso di pz ventilato, non può stare senza controcannula, perché questo è l’unico presidio che ha l’attacco universale dove si collega il ventilatore. Bisogna per forza avere necessariamente una controcannula di ricambio. riconnettere il ventilatore e avviare la ventilazione effettuare la medicazione il pz è stabile, la procedura è terminata senza complicanze smaltire il materiale, sistemare il pz. pulire la controcannula sporca nell’acqua ossigenata con lo spazzolino e la risciacquo nella soluzione fisiologica e la si asciuga con le garze sterili. questa controcannula appena lavata la si può lasciare in una bustina pulita nell’unità del pz oppure la si manda in sterilizzazione (scrivendo i dati del pz) che poi ritorna nell’unità del pz, oppure esistono delle cannule monouso da gettare ad ogni fine utilizzo. a procedura terminata si registra tutto in cartella. Se il pz non è connesso a ventilatore/ossigeno terapia il pz respira autonomamente, si posiziona sul letto, si aspira e poi si esegue la medicazione rimuovere la controcannula posizionare la controcannula nell’acqua ossigenata e la pulisco con lo spazzolino una volta pulita la posiziono nella soluzione fisiologica per detergerla asciugare la controcannula con le garze sterili riposizionare la controcannula nella cannula tracheostomica e si fissa col sistema luer-lock smaltire tutto, sistemare il pz e registrare tutto in cartella Nel caso in cui il paziente non è collegato a nessun dispositivo di ventilazione, ovvero con una FiO2 del 21%, abbiamo tutto il tempo per lavare la controcannula senza alterare la sua FiO2. La controcannula può essere lavata all’interno del campetto per medicazione. (Questa procedura ovviamente va eseguita al termine della medicazione, per non sporcare la fisiologica con cui si andrà a bagnare lo gnocchetto per fare la disinfezione). L’acqua ossigenata si usa poiché rimuove efficacemente le secrezioni all’interno della controcannula e poi si risciacqua con SF perché l’acqua ossigenata è isto-lesiva. E non si usa sulla cute (stoma). I disinfettanti sono si usano perché: - iodopovidone→ vicino alla tiroide ed è isto-lesivo - clorexidina→ si usa solo su cute integra ed è isto-lesiva - amuchina→ si usa solo su cute integra ed è isto-lesiva si deterge solo con la soluzione fisiologica o con acqua sterile Se la tracheo è infetta si fa il tampone per esame colturale e si richiede antibiogramma, si deterge con soluzione fisiologica (non disinfetto) e si effettuano medicazioni ripetute nelle 24 h in base al piano d’assistenza stabilito. Terapia antibiotica sistemica dopo risultati dell’antibiogramma. Per evitare LDP del presidio si usa tra la cute e la tracheostomia la metallina (assorbe le secrezioni). Si usano dei film ad effetto barriera che prevengono la macerazione e si posizionano tra cute e metallina con un pennarello monodose. È importante il braccio del ventilatore che mantiene il catheter mount dritto e sospeso ed evita pressioni sui punti specifici della trachea facili per le LDP. Quando si disconnette il paziente per effettuare il cambio della controcannula si può sfruttare un tasto sul ventilatore chiamato “Iper-ossigenazione”: questa funzione ci permette, per 2 minuti, di ossigenare il paziente ad una FiO2 del 100%. Viene utilizzata, prima del cambio della controcannula, quando ci troviamo davanti ad un paziente molto sensibile alla de-connessione dal ventilatore, ovvero un soggetto ventilatore- dipendente. In questo modo, andando a somministrare una FiO2 a livelli così elevati, per circa 3/5 minuti, ci assicuriamo che la saturazione non scenda a livelli critici (30atti/min Incapacità di mantenere la saturazione arteriosa di ossigeno >90%, con FiO2>0.60 Il rilievo di una PaCO2>50mmHg con un pH90%, la riduzione della frequenza respiratoria, il mantenimento di uno stato di coscienza normale ed anche un miglioramento soggettivo. A questi criteri va aggiunta una diminuzione dei valori di PaCO2 se il soggetto era inizialmente ipercapnico. La PEEP può essere aumentata gradualmente a 10-15cmH2O, controllando attentamente se queste variazioni sono tollerate dal paziente e se si accompagnano ad un ulteriore miglioramento dei parametri clinici, tenendosi pronti a ritornare sui passi se la pressione dovesse risultare eccessiva. La comparsa di segni quali affaticamento del paziente SaO20.5, aumento dell’ETCO2, oppure di deterioramento della coscienza, aerofagia, inalazione, problemi con l’interfaccia, impone il passaggio all’assistenza ventilatoria a pressione positiva, con modalità non invasiva oppure dopo controllo avanzato delle vie aeree. Per quanto riguarda, invece, la ventilazione meccanica si utilizza una metodica che ha bisogno di un ruolo del ventilatore meccanico (nella ventilazione spontanea non partecipa attivamente). La ventilazione non invasiva (NIV) consiste nell’erogazione di una respirazione meccanicamente assistita, senza posizionamento o alcuna via aerea artificiale come tubi endotracheali. La NIV presenta il potenziale vantaggio di fornire un’assistenza ventilatoria caratterizzata da maggiore praticità, comfort e sicurezza, e a costi inferiori rispetto alla ventilazione invasiva. La NIV viene erogata attraverso una maschera o un casco che aderiscono ermeticamente a naso, viso o testa. Praticamente, il ventilatore meccanico sente gli atti respiratori compiuti dal paziente e su ogni atto respiratorio lo aiuta. Quando il paziente inizia l’inspirazione, il ventilatore lo capta e invia una pressione positiva in modo da aiutare il paziente; quando l’inspirazione finisce, il ventilatore smette. Il vantaggio di utilizzare un casco è che il sistema si ancora con delle bretelle o un collare. Il casco è dotato di un tappo che consente l’accesso del personale dentro al casco senza sfilarlo. Inoltre, si trova anche una valvola di sicurezza per cui se dovesse esserci un crollo pressorio all’interno del casco, si apre la valvola per far entrare l’aria. ventilazione meccanica Tutti i ventilatori moderni dispongono di rilevatori che permettono una registrazione continua dei parametri meccanici ventilatori. Essi forniscono informazioni analogiche sotto forma di curve e valori numerici grezzi. L’approccio fisiologico passa attraverso l’analisi e l’interpretazione di tali curve e valori. Ogni tipo di ventilatore ha la sua interfaccia, ma comunque danno tutti gli stessi parametri. In un ventilatore troviamo numeri (ci danno le misure) e curve (da delle informazioni sulle interfacce tra paziente e ventilatore). Una modalità di ventilazione meccanica può essere definita da quattro componenti di base che l’operatore sanitario deve impostare. Modalità della ventilazione meccanica non invasiva In una prima distinzione possiamo avere principalmente due modalità: pressometriche e volumetriche: modalità pressometrica→è la più utilizzata nella meccanica non invasiva in quanto si tende al principio: “più pressione che volume” (ad esempio nel paziente con BPCO, è fondamentale che raggiunga una saturazione del 90% e che abbia la pressione tale da eliminare quanta più anidride carbonica). Il ventilatore meccanico è impostato in modo da garantire sempre le stesse pressioni positive scelte dall’operatore, a prescindere dal volume corrente che sarà poi sviluppato dal paziente. Modalità volumetrica→ in questo caso il ventilatore meccanico viene impostato in modo tale che il paziente mantenga un volume corrente costante stabilito dall’operatore, a prescindere dalle pressioni erogate dal ventilatore; in questo caso è importante somministrare tanti volumi così da garantire l’ossigenazione della persona Per quanto riguarda l’interazione tra paziente e ventilatore meccanico, si avrà: ventilazione assistita→quando il ventilatore si adegua in maniera sincrona alla ventilazione autonoma del paziente (il ventilatore attraverso degli appositi meccanismi, capta il deficit respiratorio del paziente e subentra ad esso). La scelta dipende ovviamente dalle condizioni del paziente, dal grado di sedazione e dalla fase della malattia. Ventilazione controllata→ quando il ventilatore lavora in maniera indipendente dall’attività respiratoria del paziente; il paziente non fa sforzi respiratori e il ventilatore si sostituisce completamente erogando gli atti respiratori secondo una frequenza al minuto prestabilita. È una modalità di ventilazione utilizzata ad esempio in un paziente in coma profondo per lesioni cerebrali, o nel caso di paralisi dei muscoli respiratori (anche secondario all’utilizzo di curaro). Questa metodica è più utilizzata in una ventilazione invasiva. Al ventilatore si imposterà: Volume corrente/tidal volume →quantità di aria (gas) che entra ed esce dai polmoni ad ogni atto respiratorio. Normalmente è stimato tra i 7-8 ml/kg di peso corporeo; frequenza respiratoria→ è il numero di atti respiratori che una persona compie ogni minuto. Il valore si modifica con l’età; in un adulto si attesta tra 12 e 20 atti/min. All’aumentare della frequenza respiratoria, si associa normalmente una ventilazione poco efficace, in quanto i polmoni non riescono a svuotarsi completamente. A volte vengono impostati ventilatori con numerosi atti respiratori che però risultano controproducenti per il paziente in quanto non riesce a compiere un’adeguata respirazione e l’alveolo trattiene anidride carbonica. volume su minuto→ è la quantità di gas inspirata ed espirata ogni minuto. Si calcola moltiplicando la frequenza respiratoria e il volume corrente; tempo inspiratorio ed espiratorio→ Un ciclo respiratorio è composto dalla fase inspiratoria (I) e dalla fase espiratoria (E) ed il rapporto I: E esprime il rapporto tra la durata dell'inspirazione e quella dell'espirazione. Quindi un rapporto I: E di 1:2 sta a significare che la durata dell'inspirazione I è la metà della durata dell'espirazione E, mentre un I: E di 1:1 ci dice che inspirazione ed espirazione hanno una uguale durata. Data la frequenza respiratoria (cioè la durata del ciclo respiratorio), l'impostazione di I: E, ha l'unica conseguenza di definire la durata di inspirazione ed espirazione. Molto importante in quanto se ad esempio abbiamo un paziente con PCO2=80, possiamo incentivare il tempo espiratorio, così da permettere di espellere più anidride carbonica. Ovviamente minore è il tempo inspiratorio impostato e maggiore è l’espirazione. Un altro metodo utilizzato è quello di aumentare gli atti respiratori anche se ciò risulta controproducente dal momento in cui espelle più ossigeno e ritiene anidride carbonica. Alcuni ventilatori più performanti, sono dotati di “ciclaggio”, ovvero Il passaggio del ventilatore dall’inspirazione all’espirazione (ciclaggio) dovrebbe corrispondere alla fine dello sforzo inspiratorio neurale. FiO2→ è la frazione inspirata di ossigeno, ovvero la quantità di O2 inspirata da un paziente; si esprime in percentuale. La FiO2 ambientale è al 21% Trigger inspiratorio→ è una funzionalità del VM utilizzata quando il ventilatore è in modalità assistita: permette al paziente di dare inizio ad un atto inspiratorio che viene poi supportato dalla macchina, migliorando la sincronizzazione tra macchina e paziente. Il trigger è una valvola posta sulla branca inspiratoria del ventilatore (quindi un dispositivo/sensore posto all’interno della macchina), che riconosce un deficit respiratorio del paziente e fa partire l’atto respiratorio per incentivarlo. I trigger possono essere: a pressione o a volume. Per il primo, va a valutare esclusivamente se c’è una caduta di pressione da parte del paziente in modo da compensare la pressione, al contrario quello a volume incentiva l’atto quando rileva una perdita di volume. Anche il trigger va impostato (il classico è impostato a 3) e dipende in base alla situazione clinica del paziente, e sono molto utilizzati soprattutto quando si vuole svezzare il paziente dal ventilatore in modo da farlo respirare autonomamente “mettendolo alle strette”. PEEP (pressione positiva di fine espirazione)→ è̀ una pressione che il ventilatore applica durante le pause tra la fine dell’espirazione e l’inizio dell’inspirazione successiva, impedendo il ritorno della pressione al livello atmosferico (in quanto è una pressione maggiore di quella atmosferica). La PEEP è utilizzata per migliorare l’ossigenazione dei pazienti che non rispondono agli incrementi di FiO2 e per evitare l’atelettasia polmonare (ovvero il collasso degli alveoli). si parla di disadattamento quando il pz non riesce a ventilare in maniera sincrona col VM. situazione che comporta scambi non efficaci e una ventilazione inadeguata. Tra le modalità ventilatorie quelle che più di tutte si sono affermate per l'utilizzo non invasivo sono la Pressione positiva Continua delle vie Aeree (C-PAP). La C-PAP non è un dispositivo ma una metodica di ventilazione; consiste nell'erogazione di una pressione positiva costante e non invasivo durante il ciclo respiratorio; in questo caso è il paziente a generare il flusso e il ventilatore insuffla solo pressione positiva. La ventilazione a supporto di pressione (PSV) consiste nell'erogazione di una pressione superiore a quella di fine espirazione, che viene selezionata dall'operatore al fine di supportare i muscoli del paziente durante l’inspirazione. La ventilazione sincronizzata obbligata intermittente (SIMV)→ è la modalità di ventilazione utilizzata in fase di svezzamento dal ventilatore. Gli atti erogati dal respiratore si sincronizzano con l’inspirazione del paziente. Se il paziente non dà inizio ad un atto respiratorio spontaneo, il ventilatore interviene erogando un atto respiratorio. Il volume corrente varia in base agli sforzi del paziente, ma il ventilatore garantisce che il paziente effettui un numero minimo prestabilito di atti al minuto. Criteri per l’utilizzo della NIV nell’insufficienza respiratoria acuta secondaria ad una riacutizzazione della BPCO (gold standard); edema polmonare cardiogeno→ la pressione positiva spinge il trasudato, che impedisce la normale respirazione, fuori dall’albero respiratorio. [spesso, a livello emergenziale, si applica una pressione positiva (micro PEEP: pressione positiva di fine espirazione) anche con l’utilizzo dell’ambu o il “vai e vieni”]; insufficienza respiratoria ipossemica; paziente con patologie neuromuscolari→ SLA; paziente politraumatizzato→ nel paziente politraumatizzato si possono verificare le cosiddette fratture costali multiple e una pressione positiva nelle vie aeree andrebbe ad aggravare l’infrazione costale già esistente generando una frattura costale e di conseguenza un barotrauma; dunque importante evitare la pressione positiva nell’albero bronchiale di un politraumatizzato, in quanto non si sa la condizione interna della persona, potrebbe esserci ad esempio una bolla enfisematosa che a causa della pressione positiva entra in circolazione provocando delle ostruzioni, ragione per cui non bisogna iniziare un trattamento con ventilazione positiva al politraumatizzato, a meno che non abbia fatto tutti i controlli radiologici per cui risulta essere ipossico per altre ragioni ed ha dunque bisogna della ventilazione non invasiva, o presenta un PNX (pneumotorace) che si risolve con il drenaggio, ma qualora avesse bisogno dopo la risoluzione della problematica, si può effettuare una ventilazione non invasiva. in presenza di requisiti fondamentali La NIV ha bisogno di un’assistenza particolare, di un luogo appropriato sia per il monitoraggio (che necessita di un monitor multiparametrico) sia per l’assistenza infermieristica (in quanto necessita di personale preparato), per la possibilità di effettuare un emogas arterioso (per lo stato metabolico e respiratorio) e tutti i sistemi annessi per il corretto utilizzo. CONDIZIONI PER IL NON UTILIZZO DELLA NIV Coma o stato neurologico gravemente compromesso (Kelly>4) il principio dell’utilizzo della NIV è che il paziente resti parte attiva della metodica, sia sveglio e cosciente, riesce a parlare e soprattutto mantiene il riflesso della deglutizione (quindi con meno rischio di inalazione). La valutazione neurologica si effettua somministrando una Glasgow Coma Scale, che, nel paziente portatore di NIV, deve avere un punteggio che non coincida con una grave sofferenza cerebrale. Pz non collaborante, agitato e confuso Ostruzione delle vie aeree superiori Secrezioni bronchiali importanti Pneumotorace se non drenato Instabilità emodinamica e severe aritmie Anormalità anatomiche facciali→essendo un device esterno, va a creare una pressione sul viso, e in caso di una morfologia deturpata ciò non è possibile Interventi alle vie aeree superiori e del tratto gastrointestinale in quanto non è possibile procedere con la corretta ventilazione Vomito→la via aerea non è protetta e c’è rischio di inalazione Epistassi importanti sanguinamenti possono ostruire la via aerea Scala di Kelly Scala di valutazione dello stato di coscienza, utilizzata in caso di disturbi metabolici, come l'ipossiemia e/o l'ipercapnia nel caso di insufficienza respiratoria acuta, che inducono alterazioni diffuse della funzione del SNC senza focalità di lato ed evoluzione rostro- caudale (definibili invece con il Glasgow Coma Scale, adatto a pazienti traumatici). È più sensibile per valutare variazioni della vigilanza nei livelli fra 1 e 3, corrispondenti a GCS = 15 -14. I pazienti con Kelly 5 e 6, con riflessi del tronco encefalico corneale, pupillare faringeo, oculo-cefalici, oculo-vestibolari conservati o no, sono eleggibili solo alla ventilazione meccanica invasiva. I pazienti con Kelly 4 sono potenzialmente trattabili con ventilazione non invasiva solo se si identifica l'ipossiemia e /o l'ipercapnia come causa dell'alterazione della coscienza. La ventilazione non invasiva basa la sua performance sulle pressioni positive che vengono innescate nella via aerea costantemente. Un polmone a respiro spontaneo è circondato da una ventilazione a pressione negativa, mentre applicando una pressione supplementare (quella della metodica non invasiva) si va ad applicare un’ulteriore pressione positiva all’esterno, la quale serve a ridurre la fatica respiratoria ma anche la fatica cardiaca. Vi sono due tipologie di pressione positiva che agiscono sia nella metodica invasiva che non invasiva: pressione di supporto (è una pressione positiva che il ventilatore emana, al fine di ridurre lo spazio morto e aiuta a ridurre la fatica cardiaca e respiratoria incentivando quindi l’atto respiratorio. È una ventilazione assistita pressometrica con l’obiettivo di appplicare una pressione costante (chiamata pressione di supporto) durante l’inspirazione, solo se il paziente inizia la propria attività respiratoria. Pressione positiva di fine espirazione (PEEP) (all’interno degli alveoli c’è una pressione positiva intrinseca che normalmente corrisponde a 5cm di acqua; con questo tipo di ventilazione si va a creare un’ulteriore pressione positiva, da aggiungere allo scambio di fine espirazione, in particolare per i pazienti con atelettasia degli alveoli, questa pressione aiuta ad evitare la chiusura alveolare e incentivare così l’atto respiratorio successivo. È una pressione che il ventilatore applica durante le pause tra la fine dell’espirazione e l’inizio dell’inspirazione successiva, impedendo il ritorno della pressione al livello atmosferico. La PEEP è utilizzata per migliorare l’ossigenazione dei pazienti che non rispondono agli incrementi di FiO2 e per evitare l’atelettasia polmonare (ovvero il collasso degli alveoli). Effetti emodinamici Queste pressioni positive si esplicano anche sull’aspetto emodinamico del paziente, in quanto la pressione di fine espirazione (quindi una pressione positiva) va ad incidere sul ritorno venoso; quindi, se abbiamo un ritorno venoso compromesso con un post carico aumentato, cosa può succedere al paziente? Il paziente va incontro ad ipotensione, dal momento in cui non ha la gittata cardiaca giusta tale da creare una pressione accettabile. Quindi ad un paziente ipoteso non va applicata la NIV, dato che la NIV può ridurre la pressione arteriosa sistemica, aumentando la pressione intratoracica e riducendo il precarico Quali accortezze diamo ad un paziente sottoposto ad una ventilazione meccanica non invasiva? In particolare, cos’è che ci aiuta a supportare la volemia, ovvero il volume circolante? I liquidi. Tutte le persone che iniziano una ventilazione meccanica non invasiva è necessario che abbiano un minimo supporto di liquidi (basta una quantità di 80 ml/h), anche perché bisogna ricordare che questi pazienti vanno facilmente incontro ad edema polmonare in quanto vengono meno i meccanismi compensatori. dal punto di vista infermieristico Dal punto di vista infermieristico è importante predisporre il paziente nel corretto utilizzo di tale metodica, emetterlo nelle condizioni più idonee nell’accettare tale procedura. 1. Come primo passo che ci permette l’accettazione della metodica da parte del paziente, è essenziale valutare la POSIZIONE, che deve corrispondere ad una posizione semi-fowler per la durata di tutto il trattamento 2. Monitoraggio: monitor multiparametrico che rifletta: pressione, saturazione, frequenza, ecg... 3. Emogasanalisi: l’applicazione della NIV necessita di controlli seriali che possiamo ottenere attraverso l’esecuzione di più emogas svolti in modo costante. La valutazione degli scambi respiratori è consigliata con emogasanalisi prima del trattamento e 30 – 60 minuti dopo l’inizio. Il miglioramento di SpO2, pH e PaCO2 entro 1-2 ore dal supporto del ventilatore di solito indicano il successo della NIV, e dopo 4-6 ore se la prima mostra solo lievi miglioramenti. Qualora non si verificassero dei miglioramenti significativi entro questo range temporale, si procederebbe a valutare la possibilità di una ventilazione invasiva. 4. Controlli effettuati al circuito: è importante che la maschera sia sempre adesa alla persona, in quanto eventuali perdite d’aria vanno ad incidere sulla ventilazione desiderata; controllare le zone a rischio di lesioni da pressione: Interporre morbide guarnizione in silicone o idrocolloidi nelle sedi di maggior pressione, considera l’uso di una maschera nasale, pause di trattamento da 30 a 90 minuti ogni 3-4 ore. Evita di stringere eccessivamente il sistema di fissaggio; controllare la diuresi (si consiglia di applicare un catetere per il corretto monitoraggio) 5. Se un soggetto non migliora entro un’ora: Predisporre il materiale per l’intubazione. Il ritardo nell’intubazione aumenta il rischio di complicanze respiratorie o cardiache con morbilità e mortalità correlate 6. Claustrofobia: considera l’utilizzo di una maschera nasale 7. Umidificazione delle vie aree: L’umidificazione attiva potrebbe ridurre il lavoro respiratorio e accumulo di anidride carbonica rispetto agli scambiatori di calore e umidità, riducendo lo spazio morto e la resistenza al flusso 8. Distensione gastrica: non è clinicamente significativa finché le pressioni delle vie aeree rimangono al di sotto della pressione di apertura esofagea; tuttavia, vomito e aspirazione sono possibili complicazioni 9. In corso di sedazione: monitorare l’ipoventilazione alveolare e la perdita della protezione delle vie aeree 10. Attivazione muscoli respiratori: monitorare l’attivazione dei muscoli inspiratori accessori (sternocleidomastoideo e muscoli scaleni) e l’attivazione della muscolatura espiratoria 11. Valutazione oggettiva: frequenza respiratoria e cardiaca, pressione sanguigna, livello di coscienza, uso muscolatura accessoria, riduzione/assenza di asincronie, valutazione emogasanalitica, lesioni cutanee. 12. Valutazione soggettiva: riduzione o assenza di dispnea, comfort device utilizzati per la ventilazione non invasiva Maschera oro-nasale→coinvolge solo il naso ed è utilizzata maggiormente come ventilazione non invasiva a domicilio (ad esempio nei pazienti che soffrono di gravi apnee notturne, obesità...); è un tipo di device che ha un alto grado di tollerabilità in quanto esclude la cavità orale, quindi “intrappola” solo il naso, ed ha anche una maggiore compliance da parte del paziente. casco o scafandro→ è un dispositivo in PVC trasparente, la cui tenuta è garantita da un collare estensibile che si adatta al collo del paziente e viene fatto indossare in modo da circondare l’intera testa; Il flusso di gas può essere erogato all’interno dello scafandro attraverso l’utilizzo di due dispositivi che permettono di conoscere con esattezza la FiO2 erogata: una scatola flussometrica con miscela di aria compressa-ossigeno oppure un sistema Venturi con alimentazione ad ossigeno. Uno degli elementi del discomfort del paziente durante la ventilazione con questo presidio è rappresentato dal rumore dovuto alla turbolenza dei flussi d’aria nel circuito. Per questo motivo, al fine di ridurlo, possono essere utilizzati alcuni accorgimenti quali l’applicazione di tappi per le orecchie al paziente. Infine, quando si utilizza questo sistema, è necessario il posizionamento nel circuito inspiratorio di un umidificatore attivo per pazienti che necessitano dell’applicazione dell’elmetto per lungo periodo. Maschera total-face→ è una maschera facciale totale, progettata per ridurre il fastidio della pressione sulle aree sensibili del viso. L'ampio campo visivo permette ai pazienti di sentirsi maggiormente a proprio agio indossando questa maschera. Si consiglia di posizionarla in due operatori, per la corretta gestione del dispositivo. Maschera facciale→ Questi dispositivi sono dotati di due tubi, alla cui fine hanno un raccordo ad X a cui sono raccordati altri due tubi, di cui uno va collegato alla branca inspiratoria de ventilatore e l’altro alla branca espiratoria (sono intercambiabili, l’importante è che sia rispettato l’ordine delle valvole). Quella espiratoria va cambiata per ogni paziente e mandata in sterilizzazione. fase di svezzamento La ventilazione inizia nel momento in cui il paziente è nella fase critica, in cui le funzioni vitali sono compromesse. Superata la fase critica del paziente, l’obiettivo è quello di “svezzare” il paziente, ovvero passare da una fase in cui il ventilatore si sostituisce totalmente al paziente, ad una fase in cui il paziente torna ad essere autonomo. Come si capisce? EGA Sensorio della persona Fatica respiratoria Mancanza di dispnea In queste circostanze il trattamento di ventilazione non invasiva può essere sospeso. Con un miglioramento della FiO2, del PH e della riduzione della CO2, si può sospendere il trattamento. Questa fase di svezzamento, detta weaning, è tanto più lunga quanto più è lungo il tempo in cui il paziente rimane ventilato. Cosa si può fare oltre alla ventilazione meccanica? Quando la ventilazione meccanica fallisce possiamo fare una serie di cose, tra cui la pronazione che permette di far arrivare aria in zone dove magari in posizione supina non arriva; quindi, girerò il pz facendolo alternare tra posizione prona e supina impedendo che si richiudano delle parti. Non è una manovra facile (effettuata con anestesista al capo e quattro infermieri) in quanto il paziente va ruotato con tutto ciò che presenta, quindi tubo e accessi vascolari. Uno dei problemi della pronazione sono i decubiti, infatti al di sotto del paziente viene posizionato un cuscino, questo perché anche per una questione anatomica non siamo fatti per stare per un lungo tempo in questa posizione (esempio donna con il seno che tende facilmente a lesionarsi). Le pronazioni implicano in media almeno 20 ore in posizione prona alternate ad altre 10/12 ore in posizione supina. Se per un errore si estuba il paziente, questo va immediatamente reintubato altrimenti lo perderemo, quindi prima di effettuare tale manovra, bisogna tener pronto anche il materiale per l’intubazione. L’altro problema è controllare gli accessi vascolari, perché se il paziente sta facendo tutto un supporto farmacologico, e questi si sfilano il paziente potrebbe avere un arresto e ipotendersi. Un paziente pronato è profondamente sedato. Quando anche questa fallisce, ci rimane solo una circolazione extracorporea (ECMO) che è un sistema che presenta una pompa, degli accessi vascolari e un ossigenatore che rimuove anidride carbonica e ossigena il paziente. Si usa nelle condizioni più gravi, è una manovra molto invasiva in quanto si va a incannulare due vene femorali dove una arriva fino all’atrio di destra, mentre l’altra rimane più bassa; se ne utilizzano due perché una immette sangue e l’altra aspira e proprio per questo sono delle cannule molto grandi. Può anche essere fatto un accesso in succlavia e l’altro in femorale. Il circuito viene attivato da una pompa con una console su cui viene regolato il flusso. A seguito di ciò la speranza è che il polmone si riprenda anche se solitamente la sopravvivenza è molto bassa perché per arrivare a ciò la situazione polmonare è molto compromessa. Rischi della ventilazione meccanica la VM, come tutte le procedure terapeutiche può comportare dei rischi sul pz. tra le complicanze: - barotrauma→ si manifesta con PNX, pneumomediastino o enfisema sottocutaneo. i pz più soggetti a sviluppare questa complicanza sono le persone affette da BPCO, da ARDS e asma acuto. - infezioni→ si parla di VAP (ventilation associated pneumonia→ polmonite associata a ventilatore) evento direttamente proporzionale alla durata della ventilazione meccanica. - Alterazioni emodinamiche BLS La morte cardiaca è un evento naturale, inatteso e rapido, colpisce 1 adulto su 1000 all’anno: in Italia circa 60.000 eventi/anno, circa 50 eventi/anno in età compresa tra 0-14 anni. è fondamentale agire tempestivamente poiché il paziente è privo di parametri vitali, di conseguenza dopo circa 3-4 minuti andrà incontro a un danno anossico cerebrale che crescerà del 10% ogni minuto nei restanti 10 minuti. Questo perché il cervello è l’unico organo che non può immagazzinare ossigeno quindi, in assenza di ossigeno, le cellule cerebrale andranno incontro a necrosi. Il BLS si prefigge di prevenire/ritardare il danno anossico cerebrale con la RCP di base. Anossico identifica una situazione in cui sia necessaria una rianimazione e attivare in maniera adeguata il sistema d'emergenza. In caso di arresto cardiaco le cause patologiche possono essere respiratorie, neurologiche, dovute a intossicazioni (che portano a IR e arresto respiratorio), cardiopatie, disidratazione, emorragie, infezioni e anafilassi (che portano a ipovolemia e shock). In età pediatrica l’arresto cardiaco non è quasi mai primitivo, quasi sempre secondario ad un’insufficienza respiratoria. Fino ad oggi nessuno è stato punito per una rianimazione cardiopolmonare effettuata male, infatti, secondo la legge 54 del Codice penale, non è punibile chi arreca un danno alla persona che soccorre se quel danno è servito ad un fine superiore, ovvero servito a salvare la vita a quella persona. Dopo il massaggio cardiaco si procede con l’utilizzo del defibrillatore, ma è fondamentale che il ritmo sia defibrillabile. Gli unici due ritmi defibrillabili sono fibrillazione ventricolare e tachicardia ventricolare senza il polso. Nel 59-65% dei casi tali ritmi sono la causa di arresto cardiaco improvviso. Nel caso in cui un soccorritore si trovi di fronte a una situazione di arresto cardiaco causata da un ritmo defibrillabile, le probabilità di rianimare il soggetto sono maggiori. La fibrillazione ventricolare è un ritmo caotico, disorganizzato che batte a più di 300-350 bpm, però dal momento che le contrazioni sono così rapide e irregolari, ne deriva una severa compromissione della gittata cardiaca che comporta una stasi del sangue. Tra i ritmi non defibrillabili vi è l’asistolia (assenza di sistole cardiaca che comporta il blocco della circolazione sanguigna) e la PEA (attività elettrica senza polso, è un collasso circolatorio che si verifica anche se sussiste la presenza di un’attività elettrica registrabile all’ECG). In caso di ritmo non defibrillabile è più problematico risolvere un arresto cardiaco, poiché, anche se il defibrillatore è pronto ad essere utilizzato, non erogherà lo shock, ma indicherà di continuare con il massaggio cardiaco per cercare di rendere il ritmo defibrillabile. In caso di ritmo non defibrillabile si interviene farmacologicamente. In caso di morte cardiaca improvvisa esistono due linee guida: le linee guida americane (American Heart Association) e le linee guida europee (European Resuscitation Council). L’unica differenza tra l’AHA e l’ERC è che gli americani sono più proiettati al risultato, tengono meno conto dei danni che potrebbero arrecare al paziente e risultano essere meno conservatori rispetto agli europei. La rianimazione cardiopolmonare è suddivisa in categorie: lattante, 0-1 anno con un peso sotto i 10kg e con un’altezza sotto i 75 cm. bambino, 1 anno-pubertà* con un peso superiore ai 10kg e con un’altezza sopra i 75 cm. *la pubertà viene identificata, secondo le linee guida, tra gli 8-9 anni. adulto Nel caso in cui non riusciamo a capire l’età della persona da soccorrere, nella rianimazione cardiopolmonare è sempre meglio classificarla in una categoria superiore. Il BLS è una procedura di primo soccorso che comprende la rianimazione cardiopolmonare e una sequenza di azioni di supporto di base alle funzioni vitali che viene effettuata in caso di arresto respiratorio e/o cardiaco. Lo scopo è quello di ripristinare, tramite il massaggio cardiaco, un flusso parziale di sangue ossigenato verso cervello, cuore e polmoni, sarà poi il defibrillatore a ripristinare l’attività elettrica. Pertanto, il massaggio cardiaco consiste in una compressione ritmica del torace, indispensabile a garantire la funzione meccanica (di pompa) del cuore. In caso di malore, ad esempio arresto cardiaco o ostruzione delle vie aeree da corpo estraneo, bisogna procedere seguendo quella che viene denominata la catena di sopravvivenza. Nella fibrillazione ventricolare e nella tachicardia ventricolare senza polso la terapia efficace è la defibrillazione. Con la defibrillazione si avrà l’interruzione della fibrillazione ventricolare e la ripresa di un ritmo cardiaco organizzato (ritmo sinusale). Nei primi 2 minuti il defibrillatore è efficace all’80- 90 %, quindi erogando una scarica elettrica ripristina nell’80-90% dei casi un ritmo sinusale perché il cuore non è ancora del tutto danneggiato. Più passa il tempo, più il cuore diventa ipossico e andrà pian piano in necrosi; di conseguenza la ripresa del circolo sarà più difficile. La sequenza è composta da fasi operative organizzate in sequenza. 1. A (airway)→ vie aeree 2. B (breathing)→ respirazione 3. C (circulation)→ circolazione 4. D (defibrillation)→ defibrillazione Questa sequenza è utilizzata sempre meno soprattutto in America perché la manovra di apertura delle vie aeree in molti casi risulta essere inappropriata: secondo gli americani, effettuare questa manovra su un adulto caduto per terra porterebbe ad uno spreco di tempo necessario per ripristinare la sua attività cardiaca. Se una persona cade per terra qual è la probabilità che questa abbia un corpo estraneo nel cavo orale? Una persona che cade non sta soffocando perché, se ci fosse un soffocamento in atto, la persona non cadrebbe a terra: il soffocamento comporta un’ostruzione delle vie aeree a causa della quale la persona non respira; il cervello non riceverà più l’ossigeno (mantiene quello che ha), ci sarà uno stato di incoscienza e se questa condizione dura per più di 2-3 minuti porterà all’arresto cardiaco (in questo caso la persona cade a terra). In Europa però si mantiene ancora il controllo del cavo orale prima di effettuare le altre manovre. Il respiro si valuta insieme al circolo (attraverso il polso carotideo) in 10 secondi. L’arteria carotide è uno dei tronchi arteriosi più grandi e importanti dell’organismo ed è la principale responsabile della vascolarizzazione della testa e del collo. Si valuta il polso carotideo perché è quello più vicino al polso apicale, ed è l’ultimo a scomparire. Quando la pressione è al di sotto dei 90mmHg (tra 75-80mmHg) scompare il polso radiale e quello pedideo, successivamente scomparirà quello femorale e infine il carotideo. Quando scompare il polso carotideo il paziente si considera in arresto cardiaco. La diagnosi di arresto cardiaco è clinica (visiva). Fasi del BLSD Sicurezza della scena (valutazione della scena, sicurezza del soccorritore e sicurezza del luogo). Airway→Valutazione dello stato di coscienza (chiamare e scuotere, non cosciente, chiamare aiuto, posizionare il pz, aprire le vie aeree). Nelle persone incoscienti la lingua occlude le vie aeree, dunque si iperestende il capo, si solleva il mento e si apre la bocca per verificare la presenza di corpi estranei (si rimuovono i corpi estranei solo se ben visibili e raggiungibili). Se il pz presenta un trauma non si effettuano manovre di mobilizzazione del capo. Nei primi 2 minuti il defibrillatore è efficace all’80- 90 %, quindi erogando una scarica elettrica ripristina nell’80-90% dei casi un ritmo sinusale perché il cuore non è ancora del tutto danneggiato. Più passa il tempo, più il cuore diventa ipossico e andrà pian piano in necrosi; di conseguenza la ripresa del circolo sarà più difficile. Si posiziona, poi, la vittima su un piano rigido, si allinea testa, corpo ed arti e si scopre il torace. Una manovra alternativa per l’apertura delle vie aeree è la sublussazione della mandibola (anche chiamata “Jaw Thrust”). (Sollevare la mandibola verso l'alto con le dita, almeno fino a quando gli incisivi inferiori sono più alti degli incisivi superiori. Questa manovra solleva la lingua insieme alla mandibola, alleviando così l'ostruzione delle vie aeree superiori. Assicurarsi di tirare o spingere verso l'alto solo sulle parti ossee della mandibola. La pressione esercitata sui tessuti molli del collo può ostruire le vie aeree). Si va a valutare la pervietà delle vie aeree, se necessario si posiziona una cannula orofaringea (misurazione rima buccale/lobo orecchio, o tra i denti incisivi e l’angolo della mandibola). Se la cannula è troppo piccola non è utile, se troppo grande occlude le vie aeree. Posizionamento: - la parte concava va verso l’alto: “posizione di partenza” - entro fino a toccare il palato duro - la giro di 180° - la posiziono in “posizione d’arrivo” Questa cannula va posizionata in un paziente che non ha riflessi (non cosciente), altrimenti vomiterebbe. Breathing/circulation→ valutazione dei segni di vita GAS (guarda→ascolta→senti), ricerca polso arterioso per dieci secondi. Se il paziente respira normalmente, si mette in posizione laterale di sicurezza, importante per la stabilità del paziente, per evitare di inalare (nel caso siano presenti secrezioni nel cavo orale), per iperestensione della testa; se il paziente non ha né polso, né respiro si effettua DAE e ALS secondo protocollo locale. Circulation (circolazione)→ se il circolo è presente si effettua un’insufflazione ogni 6”, se il circolo è assente si chiama il 118 e si prende un DAE. Si effettua RCP 30:2, appena è pronto il DAE si seguono le indicazioni vocali del defibrillatore. RCP→ ventilazione artificiale 1. Bocca-bocca/naso→ 𝑂216% 𝑐𝑖𝑟𝑐𝑎 2. Bocca-maschera→ 𝑂216% 𝑐𝑖𝑟𝑐𝑎 3. Pallone di ventilazione→ 𝑂221% 𝑐𝑖𝑟𝑐𝑎 𝑖𝑛 𝑎𝑟𝑖𝑎, 𝑂250% 𝑐𝑖𝑟𝑐𝑎 𝑐𝑜𝑛 𝑓𝑜𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝑜𝑠𝑠𝑖𝑔𝑒𝑛𝑜 𝑂2 80 − 90% 𝑐𝑖𝑟𝑐𝑎 𝑐𝑜𝑛 𝑓𝑜𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝑜𝑠𝑠𝑖𝑔𝑒𝑛𝑜 e 𝑟𝑒𝑠𝑒𝑟𝑣𝑜𝑖𝑟 Se il presidio barriera per la ventilazione bocca a bocca non è a disposizione, per motivi di igiene, posso effettuare la rianimazione cardio polmonare hands only (solo con compressioni) fino a quando non arrivano i soccorsi che, con presidi adeguati, gestiscono le vie aeree. I polmoni sono organi spugnosi che vengono coinvolti quando si esercita una pressione sullo sterno e sulle coste: anche se minimo, un passaggio di aria c’è. RCP→ compressioni toraciche esterne Ci deve essere uguale rapporto tra compressione e rilasciamento, nell’adulto l’abbassamento dello sterno deve essere di 5-6cm nell’adulto con una frequenza di 100/120 min (30 compressioni in 18”). Nell’adulto si comprime al centro del torace, le braccia del soccorritore devono essere bene tese con le spalle perpendicolari alle mani, per le compressioni si utilizza il “calcagno” della mano. Esistono dei dispositivi di feedback che si inseriscono tra la mano ed il torace del paziente che indicano con una luce verde ed un suono la giusta misura della spinta da effettuare sul torace per garantire un’espansione e un rilassamento ottimale di esso. La sequenza 30:2 è eseguita fino a quando non viene posizionato il defibrillatore. Nel kit di rianimazione, insieme al defibrillatore si trovano: Pocket Mask o Shilds face, rasoio, guanti. Il rasoio è presente per radere il torace del paziente nel caso di abbondante peluria perché gli elettrodi potrebbero non aderire adeguatamente o potrebbero essere sprecati nel caso in cui non vi siano molti a disposizione. Presidi idonei per la ventilazione Pallone di Ambu→ insuffla una FiO2 del 21% senza un collegamento con una sorgente di O2; insuffla una FiO2 del 50% con un collegamento ad una sorgente di O2. Pallone di Ambu con resevoir→ insuffla una FiO2 dell’80-90% con una fonte di ossigeno e un resevoir (riserva di ossigeno presa dalla bombola). Il reservoir è una sacca (circa 1.600ml di capacità) che ha lo scopo di accrescere la percentuale di ossigeno presente nella miscela in arrivo al paziente tramite quello fornito dalla bombola, in modo che la ventilazione risulti maggiormente efficace. Il reservoir viene impiegato solo in presenza di una fonte di ossigeno senza la cui pressione non sarebbe in grado di espandersi ed esercitare la propria funzione. Solo con l’intubazione endotracheale (a circuito chiuso) raggiungo il 100% della FiO2. Se non si iperestende la testa, l’aria dove va a finire? L’aria finisce nello stomaco, il quale si espande sempre di più fino ad indurre il vomito, che peggiora la situazione. In questo caso è necessario avere a portata di mano un aspiratore per evitare l’inalazione del vomito e le complicanze legate a questo. Defibrillazione Il defibrillatore è composto da una scatola con delle batterie e può avere 1 o 2 pulsanti (i defibrillatori che si trovano dentro una scatola che si apre e si accendono in maniera automatica, hanno un solo pulsante). Più il defibrillatore è laico (apparecchio poco professionale e ospedaliero) più saranno i passaggi da effettuare: in ospedale basta collegare le piastre e connettere il connettore. Il connettore potrebbe essere già inserito (dipende dal tipo di defibrillatore utilizzato). (Il defibrillatore è un dispositivo salvavita che riconosce le alterazioni del ritmo e della frequenza cardiaca e permette di erogare - se necessario e possibile - una scarica elettrica al cuore, azzerandone il battito e, successivamente, ristabilendone il ritmo). Il defibrillatore non ha una scarica elettrica così forte da mettere in serio pericolo l’operatore. Statisticamente, una percentuale di pazienti con arresto cardiaco o con ritmo defibrillabile che ricevono una scarica elettrica con il defibrillatore, possono avere un’alterazione del ritmo cardiaco. Esso ha un’accensione automatica, un’analisi automatica e una scarica manuale. Sequenza operativa 1. Accensione 2. Applicazione piastre 3. Avvio analisi 4. Scarica (se indicata) Si prosegue RCP fino ad inizio analisi DAE. Applicazione delle placche→ sotto claveare destra (l’impulso elettrico del cuore parte dal nodo seno atriale (in alto a destra), arriva in basso a sinistra e poi torna indietro; i defibrillatori sono bifasici: la corrente va e torna), medio ascellare sinistra o laterale-laterale o antero posteriore (sconsigliata perché potrebbe spostarsi ma spesso utilizzata per il pacing. Il pacing transcutaneo esterno è una procedura temporanea che serve per gestire determinate tipologie di ritmi cardiaci trattate nella maggior parte dei casi in situazioni di emergenza- urgenza. Il Pacing è una stimolazione costante ed efficace della depolarizzazione cardiaca in sincronia con il ritmo naturale del cuore. Può essere di diversi tipi: Transcutaneo, Transesofageo, Transvenoso, Epicardico). In base alla dimensione del torace del bambino ci possono essere due modalità di applicazione PADS pediatrici (sotto claveare destra/medio ascellare sinistra, antero posteriore). In tutti i casi il cuore deve essere al centro degli elettrodi. Le piastre del defibrillatore non si devono toccare e devono avere almeno una distanza di 10cm. Bambino (età da 1-8 anni) → DAE con adattatore pediatrico (o, se non disponibile adattatore, DAE per adulti). Bambino (età>8 anni) → DAE per adulti Bambino (età