Revisione Aziendale PDF
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These notes describe corporate audit, distinguishing between internal and external audits, and exploring consolidated and individual financial statements. Italian accounting regulations (OIC/IAS) and their application are also discussed.
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REVISIONE AZIENDALE L’attività di revisione viene svolta sulla base di principi di revisione codificati, gli “ISA ITALIA” (unità standard della revisione), introdotti in Italia come nome di comportamento di riferimento dei revisori. Tuttavia la codifica...
REVISIONE AZIENDALE L’attività di revisione viene svolta sulla base di principi di revisione codificati, gli “ISA ITALIA” (unità standard della revisione), introdotti in Italia come nome di comportamento di riferimento dei revisori. Tuttavia la codificazione delle procedure comporta il rischio che l’attività di revisione si sostanzi nell’adempimento di “check-list” (liste di controllo), ovvero che il revisore si limiti ad effettuare una serie di verifiche pre-codificate senza calarsi nella realtà dell’impresa che sta valutando. Differenza tra revisione interna e revisione esterna Si possono distinguere due tipologie di revisione: REVISIONE INTERNA (o INTERNAL AUDIT) REVISIONE ESTERNA (o REVISIONE LEGALE) Che cosa è la revisione legale, qual è la funzione svolta all’interno del nostro ordinamento e qual è l’oggetto della revisione legale? La revisione legale è l’attività che conduce alla formazione di un giudizio professionale sul bilancio e la funzione che svolge, all’interno del nostro ordinamento, è quella di assicurare la tutela degli stakeholders dell’impresa, garantendo l’attendibilità del bilancio, ovvero fornire una rappresentazione veritiera e corretta del bilancio stesso. L’oggetto della revisione legale è il bilancio*, costituito da: conto economico, stato patrimoniale, nota integrativa, rendiconto finanziario e, per quanto riguarda il bilancio redatto con i principi contabili internazionali, il prospetto delle variazioni di patrimonio netto, su cui si svolge una “revisione piena”. Sono oggetto di revisione anche i documenti che accompagnano il bilancio, quali: relazione sulla gestione e dichiarazione non finanziaria, su cui si svolge però una “revisione limitata”. Il bilancio viene redatto secondo principi diversi di cui il revisore deve tenere conto: principi contabili nazionali e principi contabili internazionali. *Il bilancio deve essere redatto obbligatoriamente dalle società di capitali, le quali hanno l’obbligo di deposito e pubblicazione, quindi, queste sono soggette all’obbligo di revisione; le altre società non hanno invece l’obbligo di redigere il bilancio (sebbene predispongano un documento simile), quindi non sono soggette all’obbligo di revisione. Tuttavia, la società potrebbe comunque decidere di avvalersi dell’attività di revisione in determinate circostanze ma, in tal caso, non si tratta più di “revisione legale”, bensì di “revisione volontaria”. Spesso, i revisori legali, per lo svolgimento della propria attività, hanno l’esigenza di coinvolgere una serie di altri professionisti, che non sono revisori, ma che svolgono un’attività strettamente correlata all’attività di revisione (es. esperti legali, fiscalisti ecc.). Che cosa è la revisione interna? La revisione interna è quell’insieme di attività che vengono poste in essere per verificare il corretto funzionamento del sistema di controllo interno adottato dalla società. Mentre la revisione legale (o revisione esterna) è obbligatoria e sottoposta alle norme, la revisione interna (o internal audit) è facoltativa e non è sottoposta alle norme. La revisione esterna e la revisione interna hanno obiettivi diversi: l’obiettivo della revisione esterna è quello di emettere un giudizio sul bilancio d’esercizio; mentre l’obiettivo della revisione interna è quello di monitorare il Sistema di Controllo Interno, in quanto il revisore interno ha il dovere di verificare che la società stia rispettando tutte le procedure da lei stessa definite. Dopo aver disegnato il sistema di controlli, il revisore interno procederà ad effettuare una serie di test sul sistema di controllo interno (fase dei test), cui il revisore esterno potrà decidere se affidarsi o meno per svolgere la sua attività, dal momento che alcune attività svolte dal revisore interno possono essere utili al revisore esterno. Il focus che ha il revisore interno è diverso da quello che ha il revisore esterno: il revisore esterno è tenuto a garantire la correttezza del bilancio nel suo complesso, quindi la sua attività dovrà avere ad oggetto tutti i fenomeni del bilancio; il revisore interno non è tenuto a garantire la correttezza del bilancio nel suo complesso, quindi la sua attività potrà avere ad oggetto anche solo alcuni fenomeni specifici del bilancio: il livello di dettaglio della revisione interna è quindi più ampio e approfondito rispetto al livello di dettaglio della revisione esterna. Differenze tra bilancio consolidato e bilancio d’esercizio Il giudizio professionale del revisore può avere ad oggetto due diverse tipologie di bilancio: BILANCIO CONSOLIDATO “Bilancio del gruppo”: bilancio che viene redatto dalla capogruppo e che rappresenta la situazione economica, finanziaria e patrimoniale di un gruppo di imprese, infatti, tutte le società controllate, anziché essere oggetto di valutazione autonoma, vengono “consolidate” all’interno di un unico bilancio. “Consolidate” significa che la capogruppo non iscrive le partecipazioni nel proprio stato patrimoniale, ma iscrive direttamente tutte le attività e passività che appartengono a quel bilancio e, allo stesso modo, non iscrive il saldo di rivalutazione (nel caso del metodo del patrimonio netto) o il dividendo che deriva dalla partecipazione nel proprio conto economico, ma iscrive direttamente i costi e i ricavi, come se fossero direttamente di pertinenza della capogruppo. Il bilancio consolidato ha una funzione prettamente informativa, in quanto ha lo scopo di informare i diversi investitori. La normativa europea stabilisce che tutte le società quotate che detengono partecipazioni controllate hanno l’obbligo di redigere, oltre al bilancio d’esercizio, anche il bilancio consolidato. Il bilancio consolidato viene redatto con gli stessi criteri utilizzati per il bilancio d’esercizio, ad eccezione della valutazione delle partecipazioni: infatti la valutazione delle partecipazioni presuppone che le partecipazioni stesse siano “consolidate”. Invece, la normativa italiana impone la redazione del bilancio consolidato, oltre che del bilancio d’esercizio, a tutte le società che superano due dei tre limiti dimensionali previsti dal decreto 127/1991: 40 milioni di fatturato, 20 milioni di attivo e 250 dipendenti. BILANCIO D’ESERCIZIO “Bilancio della capogruppo”: bilancio…. Il bilancio può essere redatto con due sistemi di regole diversi: con i principi nazionali (OIC) o con i principi internazionali (IAS). Quali sono le differenze tra gli OIC e gli IAS? Ormai i principi contabili nazionali (OIC) si sono avvicinati molto ai principi contabili internazionali (IAS), motivo per il quale non vi sono differenze sostanziali tra i due sistemi di regole. Infatti, sotto il profilo della disciplina generale, i principi generali dell’ordinamento contabile sono identici per entrambi i sistemi di regole: i destinatari primari del bilancio sono gli stessi, la funzione che il bilancio svolge è la stessa, i principi di rappresentazione veritiera e corretta, il principio di rilevanza, il principio di competenza e gli altri principi, vigono per entrambi i sistemi. La differenza tra i due sistemi di regole sta nel fatto che gli IAS sono molto più dettagliati e completi rispetto agli OIC, infatti, nel sistema degli OIC è più facile trovare fattispecie non regolate dal punto di vista contabile (es. in precedenza, negli OIC non si aveva nessuna regola che disciplinasse la competenza dei ricavi, a differenza degli IAS; negli OIC non si ha nessuna regola che disciplini il trattamento contabile dei conferimenti, a differenza degli IAS). Ovviamente, l’attività del revisore cambia a seconda del sistema di regole che si utilizza per redigere il bilancio. Il decreto 38/2005 prevede che le società quotate, indipendentemente dalla loro dimensione, hanno l’obbligo di redigere, sia il bilancio consolidato sia il bilancio d’esercizio, adottando gli IAS (ad eccezione delle compagnie di assicurazione, per le quali, anche quando quotate, l’obbligo di adottare gli IAS sussiste solo per la redazione del bilancio consolidato, mentre per la redazione del bilancio d’esercizio, è possibile adottare gli OIC); mentre le società non quotate che superino due delle tre condizioni di cui all’art. 2435-bis: 8 milioni di fatturato, 4 milioni di attivo e 50 dipendenti, hanno la facoltà di scegliere se adottare gli OIC o gli IAS nella redazione del bilancio. Sempre secondo quando stabilito dal decreto 38/2005, quando una società sceglie di redigere il bilancio adottando gli IAS, la scelta è tendenzialmente irreversibile, ad eccezione di alcuni casi (es. nel caso di operazioni straordinarie, nel caso in cui una società quotata torni ad essere non quotata ecc.). Nel caso in cui una società quotata torni ad essere non quotata, il revisore deve monitorare che sussistano le condizioni per poter praticare il cambio da un set di principi contabili all’altro. Decreto 39/2010 Articolo 1: “Nel presente decreto legislativo si intende per “revisione legale”: la revisione dei bilanci di esercizio o dei bilanci consolidati effettuata in conformità alle disposizioni del codice civile e del presente decreto legislativo”. L’art. 1 d.lgs. 39/2010 stabilisce che per “revisione legale” si intende la revisione di bilanci d’esercizio o di bilanci consolidati effettuati in conformità delle disposizioni di legge. In particolare, l’obbligo di effettuare la revisione legale deriva, ancora prima che dal decreto 39/2010, dall’art. 2409-bis c.c. L’art. 2409-bis c.c. stabilisce che la revisione legale dei conti è esercitata: o da un revisore legale dei conti (persona fisica) o da una società di revisione legale (persona giuridica) iscritti nell’apposito registro. Quali sono i soggetti obbligati alla revisione legale? Dalla lettura dell’art. 2409-bis, si deduce implicitamente che la revisione legale dei conti, esercitata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale, sia obbligatoria sia per le società per azioni sia per le società in accomandita per azioni. Lo stesso articolo prevede la possibilità, per le società per azioni o in accomandita per azioni che non sono obbligate a redigere il bilancio consolidato (ovvero quelle che non superano due dei tre limiti dimensionali di cui al decreto 127/1991: 40 milioni di fatturato, 20 milioni di attivo e 250 dipendenti), di affidare l’attività di revisione legale al collegio sindacale (costituito da revisori legali iscritti nell’apposito registro); al contrario, le società per azioni o in accomandita per azioni obbligate a redige il bilancio consolidato, non possono avvalersi della facoltà di attribuire al collegio sindacale l’obbligo di esercitare la revisione legale e saranno quindi tenute a nominare un revisore o una società di revisione legale. Invece, l’art. 2477 c.c. stabilisce che le società a responsabilità limitata hanno l’obbligo di nominare il l’organo di controllo o il revisore solo se ricorrono tre condizioni: sono tenute alla redazione del bilancio consolidato; controllano una società obbligata alla revisione legale dei conti (es. se una S.r.l. ha un pacchetto di controllo di una società quotata); ha superato, per due esercizi consecutivi, almeno uno di questi tre limiti: 4 milioni di attivo, 4 milioni di ricavi delle vendite, 20 dipendenti). Per quanto riguarda le società quotate e gli enti di interesse pubblico, la normativa di riferimento stabilisce che: per le società quotate, l’attività di revisione deve per forza essere svolta da una società di revisione; per gli enti di interesse pubblico, l’attività di revisione non può essere svolta dal collegio sindacale, ma solo dal revisore legale o da una società di revisione. *Collegio sindacale = organo di controllo che vigila sull’operato degli amministratori, svolge un controllo di conformità della gestione allo statuto e vigila anche sull’adeguatezza del sistema di controllo, del sistema informativo e del sistema di contabilità di cui la società si avvale. Articolo 2: Abilitazione all’esercizio della revisione legale L’art. 2 d.lgs. 39/2010 stabilisce che per poter svolgere l’attività di revisione bisogna essere iscritti in un apposito registro che fornisce l’abilitazione a svolgere tale attività. Lo stesso articolo prevede che possano chiedere l’iscrizione al registro le persone fisiche che: siano in possesso dei requisiti di onorabilità; siano in possesso di una laurea almeno triennale; abbiano svolto il tirocinio; abbiano superato l’esame di idoneità professionale. Lo stesso articolo prevede ancora che possano chiedere l’iscrizione al registro le società che soddisfino le seguenti condizioni: i componenti del consiglio di amministrazione o del consiglio di gestione siano in possesso dei requisiti di onorabilità, la maggioranza dei componenti del consiglio di amministrazione o del consiglio di gestione è costituita da persone fisiche abilitate all’esercizio della revisione legale, i responsabili della revisione legale siano persone fisiche iscritte al registro. Articolo 3: Tirocinio L’art. 3 d.lgs. 39/2010 stabilisce che il tirocinio: è finalizzato all’acquisizione delle capacità di applicare concretamente le conoscenze teoriche per il superamento dell’esame di idoneità professionale e per l’esercizio dell’attività di revisione legale; ha durata triennale; è svolto presso un revisore legale o una società di revisione legale che assicurino la formazione pratica del tirocinante; comporta l’obbligo per il tirocinante di collaborare allo svolgimento di incarichi del revisore legale o della società di revisione presso i quali il tirocinio è svolto. Inoltre, lo stesso articolo prevede che il tirocinio possa essere svolto contestualmente al biennio di studi finalizzato al conseguimento di laurea specialistica o magistrale. Articolo 4: Esame di idoneità professionale L’art. 4 d.lgs. 39/2010 stabilisce che il Ministero dell’economia e delle finanze indice l’esame di idoneità professionale almeno una volta l’anno e che tale esame verte su diverse materie: contabilità generale, contabilità analitica e di gestione, disciplina del bilancio di esercizio e del bilancio consolidato, principi contabili nazionali e internazionali, analisi finanziaria, gestione del rischio e controllo interno, principi di revisione nazionale e internazionali, disciplina della revisione legale, deontologia professionale ed indipendenza, tecnica professionale della revisione, diritto civile e commerciale, diritto societario, diritto fallimentare, diritto tributario, diritto del lavoro e della previdenza sociale, informatica e sistemi operativi, economia politica, aziendale e finanziaria, principi fondamentali di gestione finanziaria, matematica e statistica. Tuttavia, l’art. 4 specifica che, per le materie che vanno dal diritto civile e commerciale alla matematica e statistica, l’accertamento delle conoscenze teoriche e della capacità di applicarle concretamente è limitato a quanto necessario per lo svolgimento della revisione dei conti. Articolo 5: Formazione continua 1° comma: “Gli iscritti nel registro sono tenuti al rispetto degli obblighi di formazione continua”. L’art. 5 d.lgs. 39/2010 stabilisce che i revisori legali sono tenuti a rispettare gli obblighi di formazione continua, cioè devono svolgere una formazione su base continuativa. Articolo 9: Deontologia e scetticismo professionale 1° comma: “I soggetti abilitati all’esercizio dell’attività di revisione legale rispettano i principi di deontologia professionale elaborati da associazioni e ordini professionali congiuntamente al Ministero dell’economia e delle finanze e alla Consob e adottati dal Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Consob”. Il 1° comma dell’art. 9 d.lgs. 39/2010 stabilisce che l’attività di revisione deve rispettare i principi deontologici (anche definiti “norme deontologiche” o “norme di comportamento”). Tuttavia, questi principi mal si prestano ad essere codificati in maniera rigida con delle norme di legge, in quanto si tratta di principi che: devono essere mutuati dalla prassi professionale e devono essere aggiornati in maniera continuativa e ciò può essere fatto solo demandando l’attività di predisposizione delle norme di comportamento a strutture più flessibili. In virtù di ciò, il legislatore demanda la predisposizione di tali principi a soggetti terzi (anche di natura privata), quali: associazioni e ordini professionali. I principi deontologici cui fa riferimento l’art. 9 del decreto, vengono previsti dal “codice etico” e sono: 1) INTEGRITÀ presuppone che il soggetto abilitato alla revisione sia trasparente e onesto in tutte le relazioni professionali. In linea più generale, il principio di integrità si traduce nel divieto di associare il nome del professionista che svolge la revisione a informazioni o comunicazioni, diffuse sul mercato, che possano essere: false, fuorvianti, non adeguatamente ponderate o che occultino notizie che, ove conosciute, permetterebbero al destinatario dell’informazione di assumere un giudizio diverso. 2) OBIETTIVITÀ presuppone che il revisore legale o la società di revisione, quando esprime il proprio giudizio sul bilancio, non si faccia condizionare da pregiudizi, conflitti d’interesse o pressioni da parte di soggetti terzi, ma esprima un giudizio “senza compromessi”. In proposito, l’art. 10 d.lgs. 39/2010 evidenzia tutte le situazioni che potrebbero compromettere tale principio. 3) COMPETENZA PROFESSIONALE E DILIGENZA impone, da un lato, che il professionista mantenga le sue conoscenze e le sue capacità professionali nel campo della revisione legale, in maniera tale da poter garantire al cliente prestazioni caratterizzate da competenza e professionalità (competenza professionale) e, dall’altro, impone di agire con diligenza in conformità ai principi tecnici e professionali (diligenza). 4) RISERVATEZZA presuppone che tutte le informazioni e i documenti ai quali hanno accesso il revisore legale o la società di revisione, ai fini dello svolgimento dell’attività di revisione, siano coperti dall’obbligo di riservatezza e dal segreto professionale (art. 9-bis d.lgs. 39/2010). Tuttavia, potrebbero capitare delle situazioni in cui il revisore o la società di revisore debba divulgare informazioni di carattere riservato, ma si tratta di situazioni eccezionali (es. il revisore potrebbe fornire informazioni di carattere riservato qualora ricorrano motivi di carattere giudiziario o qualora si interfacci con la Consob che sta svolgendo controlli e ispezioni inerenti la società sottoposta a revisione). 5) COMPORTAMENTO PROFESSIONALE impone di rispettare leggi e regolamenti applicabili ma anche di astenersi dall’adottare comportamenti non professionali, come gettare discredito sull’attività di revisione nel suo complesso. Il principio di obiettività è il principio che assume più rilevanza tra quelli previsti dal codice etico. 2° comma: “Il revisore legale o la società di revisione legale che effettua la revisione legale dei conti esercita nel corso dell'intera revisione lo scetticismo professionale, riconoscendo la possibilità che si verifichi un errore significativo attribuibile a fatti o comportamenti che sottintendono irregolarità, compresi frodi o errori”. Il 2° comma dell’art. 9 d.lgs. 39/2010 stabilisce che il revisore legale o la società di revisione esercita, nel corso dell’attività di revisione, lo “scetticismo professionale”, cioè riconosca la possibilità che possano verificarsi errori significativi rispetto all’attività stessa, che derivino: o da errori materiali involontari o da vere e proprie frodi da parte della società oggetto di revisione. 3° comma: “Il revisore legale o la società di revisione legale che effettua la revisione legale esercita lo scetticismo professionale in particolare durante la revisione delle stime fornite dalla direzione riguardanti: il fair value (valore equo), la riduzione di valore delle attività, gli accantonamenti, i flussi di cassa futuri e la capacità dell'impresa di continuare come un'entità in funzionamento”. Lo scetticismo professionale è un atteggiamento di carattere generale, in quanto il revisore o la società di revisione devono sempre esercitare un certo grado di scetticismo professionale rispetto a tutto ciò che gli viene comunicato dalla società oggetto di revisione, tuttavia il 3° comma dell’art. 9 d.lgs. 39/2010 stabilisce che lo scetticismo professionale deve essere esercitato dal revisore o dalla società di revisione in modo particolare sulle stime che riguardano: 1) Fair value nel sistema OIC, il ricorso al fair value come criterio di valutazione è poco diffuso, infatti è previsto solo per i contratti derivati e non anche per gli strumenti finanziari (titoli ibridi, partecipazioni), che invece devono essere iscritti al costo; al contrario, nel sistema IAS, il ricorso al fair value come criterio di valutazione è più diffuso, infatti è previsto anche per gli strumenti finanziari oltre che per i derivati. Il problema del fair value è che se il valore dello strumento finanziario non è determinato dal mercato, allora va calcolato sulla base di stime. In proposito, gli IAS stabiliscono che, per stimare il fair value dello strumento finanziario, in mancanza del mercato, si può: ancorare, quanto più possibile, la stima del fair value a dati oggettivi (es. esistenza di transazioni recenti sullo strumento finanziario da cui sia emerso un valore) oppure ricorrere alla tecnica valutativa/modelli valutativi. In proposito, il revisore deve verificare sia che la tecnica valutativa scelta dalla società per calcolare il fair value sia ragionevole sia il modo con cui la tecnica valutativa viene applicata. 2) Riduzione di valore delle attività (svalutazione delle immobilizzazioni o “impairment”) l’impairment è la riduzione per perdite durevoli di valore di un’immobilizzazione, infatti, il codice civile stabilisce che le immobilizzazioni non possono essere iscritte al valore netto contabile se tale valore risulta superiore al valore recuperabile dell’immobilizzazione. 3) Accantonamenti gli accantonamenti si stanziano quando gli amministratori ritengano probabile il manifestarsi di un certo evento. In proposito, il revisore deve verificare tutta la base informativa che ha consentito all’amministratore di assumere la decisione di stanziare il fondo (es. se un amministratore ha stanziato un fondo per rischi legali, il revisore dovrà verificare tutta la documentazione che ha permesso all’amministratore di arrivare a considerare probabile il manifestarsi dell’evento). 4) Flussi di cassa futuri il fair value di uno strumento finanziario o l’impairment di un’immobilizzazione vengono stimati sulla base della prospettazione dei flussi di cassa futuri che l’impresa sarà in grado di produrre nel tempo. In proposito, il revisore deve verificare anzitutto che le ipotesi su cui sono state formulate le proiezioni dei flussi di cassa futuri siano ragionevoli. Deve poi verificare che le assunzioni che sono alla base del “piano strategico” (piano finanziario di lungo termine che fornisce una prospettazione di quali saranno i flussi di cassa che ci aspetta l’impresa produrrà in futuro), predisposto e approvato dagli amministratori, siano ragionevoli (es. assunzioni sull’andamento dei tassi d’interesse, dell’inflazione, del PIL ecc.) ed effettuare una “verifica di coerenza” tra le stime che vengono presentate ai fini del calcolo di valori da inserire in bilancio e le stime che gli amministratori hanno rappresentato in sede di definizione del piano strategico. 5) Capacità dell’impresa di continuare come un’entità in funzionamento (principio di continuazione dell’attività o “principio del going concern”) attestare da parte degli amministratori che la società sia un complesso “in funzionamento”, cioè che la società abbia la capacità di sopravvivere almeno per i successivi 12 mesi, autorizza gli amministratori a redigere il bilancio in una “prospettiva di funzionamento” e non in una “prospettiva di liquidazione”. In proposito, il revisore deve verificare che la società abbia la capacità di sopravvivere per i successivi 12 mesi, riscontrando che la stessa non produca perdite ripetute, non abbia una situazione debitoria in difficoltà ecc. Il tema del “going concern” rappresenta la questione di maggiore importanza rispetto agli altri temi sottoposti all’attenzione del revisore e questo perché, dalla stima del going concern, dipende la complessiva correttezza del bilancio, in quanto non si tratta di una valutazione specifica della singola posta ma di una valutazione complessiva dell’azienda. Ciò che accomuna questi 5 elementi è che riflettono momenti valutativi fondamentali ai fini della predisposizione del bilancio, in cui gli amministratori sono chiamati ad effettuare delle “stime”, da cui dipenderanno i valori che dovranno essere poi iscritti in bilancio e, proprio perché i valori iscritti in bilancio dipendono fortemente da tali stime, il legislatore impone che il revisore utilizzi una particolare cautela nella verifica di questi elementi. In generale, per redigere un bilancio corretto, non è sufficiente disporre di un sistema di contabilità generale efficiente che registri rigorosamente tutte le operazioni che la società pone in essere, ma è necessario che la stessa sia in grado di monitorare i fenomeni che si verificano nel contesto in cui opera, effettui delle stime e sappia tradurre queste stime in valori ragionevoli, che possano costituire la base per la determinazione dei valori di bilancio. 4° comma: “Ai fini del presente articolo, per “scetticismo professionale” si intende un atteggiamento caratterizzato da un approccio dubitativo, dal costante monitoraggio delle condizioni che potrebbero indicare una potenziale inesattezza dovuta a errore o frode, nonché da una valutazione critica della documentazione inerente alla revisione”. Il 4° comma dell’art. 9 d.lgs. 39/2010 stabilisce che per “scetticismo professionale” debba intendersi un atteggiamento caratterizzato da un approccio dubitativo e da una valutazione critica della documentazione relativa alla revisione. Articolo 10: Indipendenza e obiettività 1° comma: “Il revisore legale e la società di revisione legale che effettuano la revisione legale, nonché qualsiasi persona fisica in grado di influenzare direttamente o indirettamente l’esito della revisione legale, devono essere indipendenti dalla società sottoposta a revisione e non devono essere in alcun modo coinvolti nel suo processo decisionale”. Il 1° comma dell’art. 10 d.lgs. 39/2010 stabilisce che il soggetto che svolge l’attività di revisione (o chiunque abbia la possibilità di influenzare il giudizio professionale sul bilancio), deve essere indipendente rispetto alla società sottoposta a revisione; ciò significa, in primo luogo, che il revisore o la società di revisione non possono essere in alcun modo coinvolti nel processo decisionale, ossia nell’amministrazione della società revisionata, in quanto la loro obiettività potrebbe venire compromessa (infatti capita spesso che i revisori legali svolgano il ruolo di amministratori nei Consigli di Amministrazione). 1-bis comma: “Il requisito di indipendenza deve sussistere durante il periodo cui si riferiscono i bilanci da sottoporre a revisione legale e durante il periodo in cui viene eseguita la revisione legale stessa”. Il 1-bis comma dell’art. 10 d.lgs. 39/2010 stabilisce che il requisito dell’indipendenza debba sussistere sia durante il periodo in cui viene svolta l’attività di revisione sia nel periodo antecedente (es. l’Assemblea nomina il revisore a marzo 2022 al fine di svolgere l’attività di revisione per il bilancio che chiuderà al 31 dicembre 2022: il requisito dell’indipendenza deve sussistere non solo dal momento in cui avviene la nomina, cioè a marzo, ma anche per i mesi antecedenti la nomina). 1-ter comma: “Il revisore legale o la società di revisione legale deve adottare tutte le misure ragionevoli per garantire che la sua indipendenza non sia influenzata da alcun conflitto di interessi, anche soltanto potenziale, o da relazioni d’affari o di altro genere, dirette o indirette, riguardanti il revisore legale o la società di revisione legale e, laddove applicabile, la sua rete, i membri dei suoi organi di amministrazione, i suoi dirigenti, i suoi revisori, i suoi dipendenti, qualsiasi persona fisica i cui servizi sono messi a disposizione o sono sotto il controllo del revisore legale o della società di revisione”. Il 1-ter comma dell’art. 10 d.lgs. 39/2010 stabilisce che l’indipendenza del revisore o della società di revisione non debba essere influenzata da “conflitti d’interessi” (anche potenziali) o da relazioni d’affari, dirette o indirette, riguardanti il revisore legale o la società di revisione legale (es. dipendenti, membri del Consiglio di Amministrazione, dirigenti della società sottoposta a revisione), infatti, un elemento fondamentale dell’attività di revisione è l’“INDIPENDENZA DEL REVISORE”. A tal proposito, la normativa Consob impone una “rotazione delle società di revisione” per evitare che, nel tempo, si consolidino i rapporti tra la società di revisione e la società revisionata, col rischio di ledere il principio dell’indipendenza. 2° comma: “Il revisore legale o la società di revisione legale non effettua la revisione legale di una società qualora sussistano dei rischi di autoriesame, di interesse personale o rischi derivanti dall’esercizio del patrocinio legale, o da familiarità ovvero una minaccia di intimidazione, determinati da relazioni finanziarie, personali, d’affari, di lavoro o di altro genere instaurate tra tale società e il revisore legale o la società di revisione legale”. Il 2° comma dell’art. 10 d.lgs. 39/2010 elenca una serie di rischi che potrebbero compromettere l’obiettività e l’indipendenza del soggetto che svolge l’attività di revisione, stabilendo che il revisore legale o la società di revisione non possano effettuare la revisione di una società qualora sussistano rischi di: Auto-riesame rischio che il revisore legale o la società di revisione emettano un giudizio su dei dati che loro stessi hanno contribuito a determinare (es. il revisore legale che effettua la revisione ha concepito il sistema informativo interno della società sottoposta a revisione); Interesse personale rischio che può assumere una varietà estrema di forme anche se quella tipica è quella dell’“interesse finanziario” (es. il revisore legale che effettua la revisione possiede un certo numero di quote della società sottoposta a revisione); Derivanti dall’esercizio del patrocinio legale rischio che il revisore legale o la società di revisione assistano legalmente la società sottoposta a revisione (es. il revisore legale che effettua la revisione assiste legalmente la società sottoposta a revisione per un contenzioso ancora in essere); Derivanti da familiarità rischio che si instauri un rapporto di familiarità tra il revisore legale o la società di revisione e la società sottoposta a revisione che, anche in assenza di interessi economici, potrebbe minare la loro indipendenza (es. il revisore legale che effettua la revisione è un familiare stretto dell’Amministratore della società sottoposta a revisione); Derivanti da una minaccia di intimidazione rischio che il revisore legale o la società di revisione vengano minacciati dalla società sottoposta a revisione (es. la società sottoposta a revisione minaccia il revisore legale di citarlo in giudizio o di non rinnovargli l’incarico di revisore qualora emetta un giudizio negativo sul bilancio); che possono essere determinati da relazioni (finanziarie, personali, di lavoro) instaurate tra la società sottoposta a revisione e il soggetto che svolge l’attività di revisione. Articolo 10-bis: preparazione della revisione legale e valutazione dei rischi per l’indipendenza “Il revisore legale o la società di revisione legale, prima di accettare o proseguire un incarico di revisione legale, deve valutare e documentare: a) il possesso dei requisiti di indipendenza ed obiettività di cui all’articolo 10 e, ove applicabile, all’articolo 17; b) l'eventuale presenza di rischi per la sua indipendenza e, nel caso, se siano state adottate idonee misure per mitigarli; c) la disponibilità di personale professionale competente, tempo e risorse necessari per svolgere in modo adeguato l’incarico di revisione; d) nel caso di società di revisione legale, l’abilitazione del responsabile dell’incarico all’esercizio della revisione legale ai sensi del presente decreto”. L’art. 10-bis d.lgs. 39/2010 stabilisce che il revisore legale o la società di revisione, prima di accettare o proseguire un incarico di revisione legale, deve valutare: il possesso dei requisiti di indipendenza ed obiettività di cui all’art. 10 e all’art. 17 del decreto, l’eventuale presenza di rischi per la sua indipendenza e le misure adottate per mitigarli, personale professionale competente, tempi e risorse necessari per svolgere l’incarico e, nel caso di società di revisione legale, l’abilitazione del responsabile dell’incarico all’esercizio della revisione legale. Le fasi in cui si articola l’attività di revisione sono: accettazione, pianificazione, esecuzione delle procedure di validità, completamento. FASE DI ACCETTAZIONE: La prima fase dell’attività di revisione è quella dell’accettazione dell’incarico. La fase di accettazione dell’incarico è quella fase che riguarda la capacità del revisore o della società di revisione di affrontare l’incarico. In proposito, il revisore o la società di revisione deve prima valutare se è in grado o meno di affrontare l’incarico, ovvero garantire il possesso di competenze tecniche e risorse adeguate rispetto alla complessità dell’incarico da svolgere: se il revisore non è in grado di garantire il possesso di competenze tecniche e risorse adeguate necessarie a svolgere l’incarico di revisione, allora dovrà rifiutare l’incarico affidatogli dalla società. Le informazioni generali da chiedere in fase di accettazione dell’incarico di revisione sono: ragione sociale del cliente, Paese d’origine, appartenenza o meno a black-list/sanctions list (il revisore deve verificare che il cliente non sia un soggetto colpito da sanzioni), beneficial owner o “titolare effettivo” (il revisore deve effettuare una verifica sul “titolare effettivo” che concede l’incarico di revisione, al fine di contrastare eventuali attività di riciclaggio), appartenenza ad un gruppo, servizi offerti al cliente dal network del revisore (le società di revisione non svolgono solo l’attività di audit, ma offrono numerosi altri servizi, quali: servizio legale, servizio fiscale, consulenza informatica e altri: il network è estremamente composito di vari servizi. Inoltre, nel momento in cui la società di revisione accetta l’incarico di revisione, cioè inizia a lavorare per il suo cliente, le due entità, ai sensi del decreto 39/2010, sono considerate appartenenti allo stesso network anche se, giuridicamente, si tratta di due entità separate), se il cliente ha partecipazioni in Paesi stranieri (in quanto si potrebbe porre un problema fiscale, come una partecipata estera che ha sede in un paradiso fiscale), legale rappresentante (quindi bisogna ottenere una visura catastale), settore in cui opera il cliente, se si tratta: di un ente di interesse pubblico (EIP), se ha strumenti di capitale quotati in un mercato regolamentato o non regolamentato, se è registrato presso la SEC, se è un Ente sottoposto a regime intermedio (ESRI). Nella fase di accettazione dell’incarico per revisionare un’entità che redige il bilancio consolidato (gruppo), vengono analizzate delle grandezze di bilancio “chiave”, al fine di verificare se il team di revisione è in grado di acquisire elementi probativi sufficienti ed appropriati per svolgere l’attività di audit (ISA ITALIA 600). Invece, le valutazioni da eseguire in fase di accettazione dell’incarico di revisione sono: contesto normativo, aspetti della persona giuridica (il revisore deve valutare il modello di governance, la forma giuridica), complessità delle operazioni, rischi di frode identificati, integrità, competenza e reputazione del management, incentivi e pressioni per il raggiungimento di certi risultati finanziari, economici e patrimoniali, analisi dei rischi AML (analisi dei rischi antiriciclaggio), risonanza mediatica del cliente, going concern (il problema si pone nel momento in cui amministratori e revisori hanno prospettive contrastanti sulla capacità dell’impresa di continuare come un’entità in funzionamento), tax risk, attitudine dell’organizzazione nei confronti del controllo esterno, controversie o discussioni con i regulator (il problema si pone perché può sorgere un conflitto d’interessi tra i revisori e i regulators (o Autorità di Vigilanza) da un lato, e Fisco, dall’altro: le Autorità di vigilanza e i revisori pretendono che gli Amministratori, nel redigere il bilancio, siano prudenti; mentre il Fisco pretende che gli Amministratori, nel redigere il bilancio, siano meno prudenti e cioè che non sottostimino l’utile poiché, così facendo, sottrarrebbero base imponibile al Fisco). Tutte queste informazioni consentiranno al revisore di effettuare una valutazione dei rischi, decidere se accettare l’incarico o continuare i rapporti con il cliente e, qualora sia necessario, implementare delle misure di salvaguardia affinché egli possa eseguire il lavoro rimanendo obiettivo e indipendente verso il cliente. FASE DI PIANIFICAZIONE: La seconda fase dell’attività di revisione è quella di pianificazione. La pianificazione rappresenta un processo continuo che inizia in coincidenza con la conclusione del precedente incarico di revisione e termina con la conclusione dell’incarico di revisione in corso e consiste nel pianificare il lavoro affinché la revisione venga svolta in maniera efficace. La pianificazione consente di: prestare la dovuta attenzione alle aree importanti della revisione; identificare e risolvere tempestivamente eventuali problemi; organizzare e gestire in modo adeguato l’incarico di revisione, per svolgerlo efficacemente; assegnare in maniera appropriata il lavoro ai membri del team di revisione; facilitare la supervisione ed il riesame del lavoro; consentire (ove applicabile) di coordinare il lavoro svolto da altri revisori su altre società del gruppo ed il lavoro degli esperti. Nel corso della revisione, vengono pianificate, ad esempio: Riunioni tra i membri del team di revisione Procedure di analisi comparativa preliminare (o procedure analitiche) Le attività da svolgere per la comprensione del quadro normativo e regolamentare di riferimento e di come l’impresa ne garantisca il rispetto Il coinvolgimento di esperti Lo svolgimento di altre procedure di valutazione dei rischi prima di definire e valutare i rischi di errori significativi e di svolgere le procedure conseguenti in risposta a tali rischi, a livello di asserzioni per classi di operazioni, saldi contabili ed informativa La determinazione del livello di significatività La determinazione del livello di significatività/materialità Il concetto di “significatività” (o “materialità”) è stato espresso sia nel sistema dei principi contabili nazionali (4° comma dell’art. 2423 c.c.) sia nel sistema dei principi contabili internazionali sia nei principi ISA. In particolare, ai sensi dell’ISA 320: “gli errori, incluse le omissioni, sono considerati significativi se ci si possa ragionevolmente attendere che essi, considerati singolarmente o nel loro insieme, siano in grado di influenzare le decisioni economiche prese dagli utilizzatori sulla base del bilancio”. Ciò significa che gli effetti della mancata applicazione di una norma possono essere considerati “non rilevanti” o “non significativi” quando tali effetti non modificano il giudizio che potrebbe esprimere un investitore che, leggendo il bilancio, è chiamato ad assumere una decisione di investimento. Quindi, il giudizio di significatività si esprime nella prospettiva dei destinatari dell’informazione del bilancio: gli investitori. La significatività può avere un carattere: qualitativo (riguarda l’informativa) o quantitativo (riguarda i numeri). L’ISA 320 stabilisce che, in fase di definizione della strategia generale, il revisore deve determinare la significatività per il bilancio nel suo complesso. Infatti, le soglie di significatività non sono previste da alcun principio ISA, ma devono essere determinate dal revisore seguendo le linee guida fissate dai manuali di audit della società di revisione per cui lavora. Solo i principi contabili a volte stabiliscono delle soglie di rilevanza (es. l’OIC 15 stabilisce che l’applicazione del criterio del costo ammortizzato dei crediti e dei debiti è derogabile quando crediti e debiti abbiano meno di 12 mesi di scadenza). Come calcolano le soglie di significatività i revisori? Il revisore, seguendo le procedure di calcolo previste dai manuali di audit della società di revisione per cui lavora, individua il “parametro” più significativo per la platea di stakeholder (es. banche, azionisti, investitori). Su questo parametro applica una percentuale, definita “Overall Materiality” (o “Materialità Complessiva” – OM): questa percentuale sarà tanto più alta quanto più il revisore considera affidabile la società sottoposta a revisione; viceversa sarà bassa. Successivamente, sulla materialità complessiva, il revisore applicherà altre due percentuali: la “Performance Materiality” (o “Materialità Operativa” – PM) e la “Clearly Trivial Treshold” (o “Soglia di errore chiaramente trascurabile” – CTT), ovvero la soglia al di sotto della quale, se il revisore trovasse errori, dovrebbe ignorarli). Esempio: per la banca il parametro più significativo è la solidità patrimoniale, cioè il patrimonio netto. Supponiamo che una banca abbia un patrimonio netto di € 100.000: OM = 1 – 5% di PN 100.000 x 2% = € 2.000 PM = 40 – 80% di OM 2.000 x 50% = € 1.000 CTT = 2 – 5% di OM 2.000 x 5% = € 50 Principi di revisione ISA di riferimento per la pianificazione I principi di revisione ISA Italia di riferimento per la pianificazione del lavoro sono principalmente: (ISA Italia) 300 – Pianificazione della revisione contabile del bilancio (ISA Italia) 315 – L’identificazione e la valutazione dei rischi di errori significativi mediante la comprensione dell’impresa e del contesto in cui opera (ISA Italia) 320 – Significatività nella pianificazione e nello svolgimento della revisione contabile Oltre questi, occorre considerare anche: i principi di revisione a cui questi tre elencati rimandano e altri principi che, nonostante non disciplino in maniera diretta la fase di pianificazione, vanno tenuti in considerazione. FASE DI COMPLETAMENTO: L’ultima fase dell’attività di revisione è quella del completamento. La fase di completamento si ha con la formulazione del giudizio professionale sul bilancio da parte del revisore. L’emissione del giudizio di revisione si basa su una serie di elementi probativi: il revisore emette il giudizio di bilancio sulla base degli elementi probativi che ha raccolto. Dopo aver svolto tutte le procedure di audit necessarie*, il revisore, mettendo insieme tutti gli esisti di tali procedure, può verificare se siano emerse o meno delle “criticità” e valutare natura e dimensione di tali criticità. Successivamente, il revisore dovrà cercare di capire quando la presenza di una criticità è tale da spostare un “giudizio di investimento” e questa valutazione dovrà essere fatta nella prospettiva dei destinatari primari dell’informazione del bilancio che utilizzano il bilancio stesso al fine di assumere le loro decisioni di investimento. Effettuata questa valutazione, il revisore potrà procedere alla formulazione di un giudizio professionale sul bilancio. *A volte può capitare che il revisore abbia dovuto subire delle limitazioni della sua attività di audit per diversi motivi (es. non è riuscito a raccogliere gli elementi probativi necessari nelle tempistiche previste). Il giudizio (o opinion), espresso dal revisore, può essere: GIUDIZIO POSITIVO giudizio che si ha quando il revisore ha acquisito elementi probativi sufficienti e non riscontra errori significativi e pervasivi per il bilancio, quindi il bilancio fornisce una rappresentazione veritiera e corretta. In questo tipo di giudizio esiste la possibilità che il revisore faccia un “richiamo d’informativa”, ovvero sottolinei alcuni aspetti su cui deve essere prestata particolare attenzione, senza però pregiudicare la positività del giudizio stesso. GIUDIZIO POSITIVO CON RILIEVI giudizio che si ha quando il revisore riscontra errori significativi, ma non pervasivi per il bilancio o quando non riesce ad acquisire elementi probativi sufficienti. GIUDIZIO NEGATIVO giudizio che si ha quando il revisore riscontra errori significativi e pervasivi per il bilancio, quindi il bilancio non fornisce una rappresentazione veritiera e corretta. IMPOSSIBILITÀ DI ESPRIMERE UN GIUDIZIO il revisore si trova nell’impossibilità di esprimere un giudizio perché non ha acquisito elementi probativi sufficienti (es. capita spesso quando il revisore ha dubbi sul going concern perché non ha raccolto elementi probativi sufficienti a riguardo). Successivamente all’opinion, il revisore procede alla “formalizzazione della documentazione dell’attività di audit” da lui svolta, in maniera tale da dimostrare: che ha effettivamente svolto il suo lavoro e che le conclusioni che ha tratto con il giudizio sul bilancio sono corrette e coerenti rispetto agli elementi probativi raccolti e documentati nelle carte di lavoro. Le “carte di lavoro” sono documenti che attestano tutta l’attività di audit che è stata svolta e che devono indicare una serie di informazioni: il soggetto che ha svolto l’attività di revisione, la società oggetto di revisione, l’oggetto dell’attività di revisione, l’esercizio di riferimento. Le carte di lavoro sono soggette ad un “riesame” sia interno che esterno: il riesame interno viene svolto all’interno delle società di revisione, dai diversi soggetti che firmano le opinion, i quali vengono sorteggiati, ogni anno, dalla parte della struttura della società di revisione che si occupa di effettuare controlli interni; il riesame esterno, invece, viene svolto dalla Consob per quanto riguarda le società quotate e dal Ministero per quanto riguarda le società non quotate. Ogni carta di lavoro deve essere catalogata secondo un criterio che ne consenta l’immediato accesso da parte dell’utilizzatore della documentazione. Attualmente, tutto questo avviene telematicamente attraverso una piattaforma. Dal punto di vista delle carte di lavoro, si possono distinguere due tipologie di file: “Permanent file” = file che contiene tutte le “informazioni storiche” della società oggetto di revisione e che devono essere acquisite in ogni incarico di audit (es. dati anagrafici, partita IVA, numero di iscrizione alla camera di commercio, organigramma della società, dichiarazione dei redditi ecc.). “Temporary file” = file che contiene tutte le “informazioni specifiche” della società oggetto di revisione e che devono essere acquisite solo relativamente all’incarico di audit in corso (es. circolarizzazione delle banche, dei legali ecc.). Tipologie di rischi nel contesto della revisione Il rischio di revisione è il rischio che il bilancio tenda ad errori significativi, intenzionali e non intenzionali, che sfuggono al revisore. I rischi nel contesto della revisione possono essere: RISCHI A LIVELLO DI BILANCIO (o ENTITY LIVEL RISK) rischi che investono tutto il bilancio nel suo complesso (es. rischio di going concern, rischio di frode, rischio di management override of control, ovvero il rischio, da parte del management, di scavalcare il controllo). RISCHI A LIVELLO DI ASSERZIONI rischi che investono aree specifiche del bilancio o classi di operazioni (es. rischio di contenzioso riguarda parte del fondo rischi e oneri sull’asserzione fondo rischi oneri, accantonamenti netti). Le asserzioni sono attestazioni della direzione (esplicite e non), contenute nel bilancio, utilizzate dal revisore per prendere in considerazione le diverse tipologie di errori potenziali che possono verificarsi. Le asserzioni sono: esistenza, completezza, valutazione, accuratezza, presentazione, competenza, diritti e obblighi. I rischi a livello di bilancio e a livello di asserzioni vengono valutati più dettagliatamente ai fini della revisione. In particolare, per ogni rischio a livello di bilancio e a livello di asserzioni, viene effettuata una valutazione dei seguenti rischi: Rischio intrinseco = rischio che vi sia un errore significativo nella voce di bilancio, indipendentemente dal sistema di controllo interno implementato dall’entità. Rischio di controllo = rischio che il sistema di controllo interno dell’entità non riesca a prevenire, individuare o correggere un errore significativo. Rischio di individuazione = rischio che le procedure di revisione non riescano a rilevare un errore significativo quando presente. Il rischio di revisione è il prodotto tra: rischio intrinseco, rischio di controllo e rischio di individuazione. Rischio di revisione = Rischio intrinseco x Rischio di controllo x Rischio di individuazione Una volta individuati i rischi (a livello di asserzione e a livello di bilancio), si procede a definire le procedure di revisione da adottare per mitigare tali rischi. Ai sensi dell’ISA 330, è possibile distinguere due tipologie di procedure di revisione: Procedure di validità (“test di sostanza”) procedura di revisione definita per individuare errori significativi a livello di asserzioni. Esse comprendono: verifiche di dettaglio (su classi di operazioni, saldi contabili e informativa) e procedure di analisi comparativa utilizzate come procedure di validità. Procedure di conformità (“verifiche sul sistema di controllo interno”) procedura di revisione definita per valutare l’efficacia operativa dei controlli nel prevenire o correggere errori significativi a livello di asserzioni. L’impresa e il contesto in cui opera La prima attività che il revisore deve svolgere consiste nella comprensione dell’impresa sottoposta a revisione e del contesto in cui opera. Ai sensi dell’ISA 315, il revisore deve acquisire una comprensione di quanto segue: a) settore di attività, regolamentazione ed altri fattori esterni rilevanti (questo riguarda principalmente la revisione delle società che operano nei settori a tariffa regolamentata, come, per esempio, Autostrade, Acea ecc. Le tariffe regolamentate sono accordi che prevedono, a fronte di investimenti concordati col gestore pubblico, che la società privata che gestisce l’infrastruttura abbia il diritto di ricevere una tariffa aggiuntiva. Per questi settori, il bilancio pone enormi problemi di valutazione, in quanto la quantificazione dei numeri in bilancio è resa complessa dalla dialettica che c’è tra la società privata che opera nel settore a tariffa regolamentata e l’Autorità di riferimento), incluso il quadro normativo sull’informazione finanziaria applicabile (il revisore deve capire quali principi contabili – nazionali o internazionali – sono stati adottati dall’impresa per redigere il bilancio e vigilare sull’eventuale cambio di principi); b) la natura dell’impresa, che include: le attività operative (implica la comprensione del modello di business: cioè capire quali sono i vantaggi competitivi dell’impresa e quali sono i punti di debolezza del business dell’impresa rispetto ad altre imprese che operano nello stesso settore); l’assetto proprietario (il revisore deve capire chi sono i soci, quali sono le maggioranze e le minoranze, se vi sono conflitti tra gli azionisti) e la struttura di governance (infatti, sulla base del modello di governance adottato dall’impresa, il revisore capisce che tipo di controlli ha attivato l’impresa al proprio interno); le tipologie degli investimenti in essere e quelli pianificati per il futuro, inclusi gli investimenti in imprese a destinazione specifica; il modo in cui l’impresa è strutturata e finanziata (cioè il revisore deve valutare: l’adeguatezza della struttura finanziaria e del fabbisogno finanziario che la gestione genera e se l’indebitamento sia adeguatamente ripartito tra debito a breve e debito a medio/lungo termine rispetto agli investimenti in essere). Tale conoscenza permette al revisore di comprendere le classi di operazioni, i saldi contabili e l’informativa che ci si attende siano presenti nel bilancio; c) la scelta e l’applicazione dei principi contabili da parte dell’impresa, incluse le ragioni per una loro eventuale modifica. Il revisore deve valutare se i principi contabili dell’impresa siano appropriati per l’attività svolta dalla medesima e coerenti con il quadro normativo sull’informativa finanziaria applicabile e con i principi contabili utilizzati nello specifico settore di attività (il revisore deve capire quali sono i principi contabili che l’impresa ha specificatamente adottato per gestire le poste di bilancio e come applicare questi principi ad operazioni particolari che la stessa ha posto in essere: quest’ultimo problema viene risolto dall’impresa attraverso la creazione di un manuale contabile interno sulla base del quale, ogni contratto tipico che l’impresa sottoscrive, viene gestito contabilmente in un determinato modo; queste procedure vengono definite “policy contabili”); d) gli obiettivi e le strategie dell’impresa ed i relativi rischi connessi all’attività svolta, che possono comportare rischi di errori significativi; e) la misurazione e l’esame della performance economico-finanziaria dell’impresa (in proposito, il piano finanziario è lo strumento principale per misurare la performance finanziaria dell’impresa). Il sistema di controllo interno La seconda attività che il revisore deve svolgere consiste nell’individuazione e valutazione dei rischi. In proposito assume rilevanza il “sistema di controllo interno”. Ai sensi dell’ISA 315, il “CONTROLLO INTERNO” è definito come “il processo configurato, messo in atto e mantenuto dai responsabili delle attività di governance, dalla direzione o da altro personale dell’impresa, al fine di fornire una ragionevole sicurezza sul raggiungimento degli obiettivi aziendali con riguardo all’attendibilità dell’informativa finanziaria, all’efficacia e all’efficienza della sua attività operativa ed alla conformità alle leggi e ai regolamenti applicabili. Il termine controlli si riferisce a qualsiasi aspetto di una o più componenti del controllo interno”. Ai sensi dell’ISA 315, il sistema di controllo interno viene suddiviso in cinque componenti: Ambiente di controllo fa riferimento: ai valori etici aziendali (o cultura aziendale), alla qualità dei soggetti responsabili delle attività di governance dell’impresa, alla competenza dei soggetti che compongono la direzione aziendale o il management (es. verificare la competenza dei soggetti che compongono il Consiglio di Amministrazione o il Collegio Sindacale), alla struttura gerarchica dell’impresa (riguarda i livelli gerarchici dell’impresa e, a tal proposito, l’atteggiamento dell’impresa si può posizionare su due estremi: un atteggiamento accentratore, dove la responsabilità non è distribuita tra i vari livelli gerarchici - essendo racchiusa nelle mani di un solo soggetto - o un atteggiamento decentratore, dove la responsabilità è distribuita tra i vari livelli gerarchici), alla gestione delle risorse umane (es. verificare le procedure per gestire i piani di incentivazione e gli avanzamenti di carriera dei dipendenti). Processo adottato dall’impresa per la valutazione del rischio il revisore deve verificare che la società si sia dotata di un sistema di procedura di valutazione del rischio: se la società non ha un sistema di procedura di valutazione del rischio, il revisore potrebbe dichiararsi impossibilitato di fornire un giudizio sull’attendibilità del bilancio oppure, se la mancanza delle procedure non è tale da compromettere l’attendibilità del bilancio, potrebbe decidere di effettuare delle procedure di verifica aggiuntive al fine di fornire comunque un giudizio sull’attendibilità del bilancio. Sistema informativo fa riferimento, principalmente, al sistema di contabilità generale, il quale produce i dati contabili automaticamente (non è necessario l’intervento del personale dell’impresa per alimentare il sistema) o manualmente (è necessario l’intervento del personale dell’impresa per alimentare il sistema). Tuttavia, nelle imprese di grandi dimensioni, il sistema informativo si sta progressivamente ampliando, in quanto si estende dal sistema di contabilità generale, al sistema di contabilità industriale fino ad arrivare ad un sistema che rileva la reportistica non strettamente contabile (es. reportistica sull’ambiente, sul rispetto dei diritti umani ecc.). In proposito, il revisore deve verificare che il sistema informativo utilizzato dall’impresa funzioni correttamente e sia in grado di rilevare tutti i fenomeni che accadono all’interno dell’impresa e tutti i fenomeni che, al contrario, non vengono rilevati dal sistema informativo. Attività di controllo procedure che la società definisce per garantire la correttezza dei dati, quali: autorizzazioni (es. controllare che chi opera nel sistema contabile sia autorizzato a farlo), conte fisiche (es. contare le rimanenze a fine periodo), segregation of duties (segregazione dei ruoli). Monitoraggio dei controlli fa riferimento all’automonitoraggio delle procedure di controllo, cui si aggiungono i controlli del revisore. Modello ERM (Enterprise Risk Management – Gestione del rischio d’impresa) Il modello ERM, proposto da CoSo, rappresenta il modello di riferimento a livello internazionale per la gestione del rischio ed è rappresentato da un cubo le cui dimensioni sono costituite da: 8 componenti dell’ERM, 4 tipologie di obiettivi e 4 componenti aziendali. Le componenti del controllo interno sono: Ambiente interno = comprende i valori etici aziendali, le competenze del personale, lo stile manageriale, i modi in cui sono assegnati poteri e responsabilità, la filosofia della gestione del rischio. Per verificare l’ambiente interno il revisore deve intervistare il management e il personale della società. Definizione degli obiettivi = devono essere definiti gli obiettivi aziendali in quanto ciò consente di identificare gli eventi rischiosi. Per la definizione degli obiettivi il revisore deve verificare le delibere assembleari, le quali risultano dai verbali redatti in occasione dell’Assemblea. Identificazione degli eventi = devono essere identificati gli eventi che potrebbero influenzare le performance aziendali, sia positivamente (opportunità) che negativamente (rischi), pregiudicando il conseguimento degli obiettivi aziendali. Per l’identificazione degli eventi il revisore deve verificare che la società si sia dotata di un sistema in grado di rilevare tutti gli eventi. Valutazione del rischio = i rischi identificati devono essere valutati e classificati sia in termini di probabilità di accadimento che in termini di impatto sull’organizzazione, al fine di stabilire come devono essere gestiti: i rischi che hanno un impatto potenzialmente basso, generalmente, non meritano di essere presi in considerazione, mentre i rischi che hanno un impatto significativo, richiedono particolare attenzione. Risposta al rischio = devono essere sviluppate delle strategie che consentano di gestire i rischi precedentemente identificati. Attività di controllo = devono essere definite le attività di controllo, ossia le procedure e le politiche necessarie per far sì che le risposte al rischio siano effettive, eseguite in modo efficace e nei tempi previsti. Per le attività di controllo il revisore deve verificare sia i sistemi di controllo automatici adottati dalla società sia i controlli effettuati dal personale specifico. Informazione e comunicazione = devono essere comunicate efficacemente tutte le informazioni inerenti i rischi in essere. Per quanto riguarda l’informazione e la comunicazione il revisore deve verificare che la società si sia dotata di un sistema informativo adeguato alle dimensioni della società stessa. Monitoraggio = deve essere monitorato continuamente nel tempo l’intero processo di ERM al fine di permettere, se necessario, di operare delle correzioni. Gli obiettivi aziendali che devono essere perseguiti si distinguono in: Strategici = definiti a supporto della mission aziendale. Operativi = riguardano l’efficacia e l’efficienza delle attività operative dell’impresa. Reporting = riguardano l’affidabilità delle informazioni fornite dal reporting. Conformità = riguardano l’osservanza delle leggi e dei regolamenti in vigore. Le componenti aziendali sono: Controllata = riguarda una controllata di un’azienda (nel caso di Gruppo). Business unit = riguarda una business unit dell’azienda. Divisione = riguarda una divisione dell’azienda. Azienda = riguarda l’azienda nel suo complesso. Il revisore verificherà principalmente le componenti del controllo interno rilevanti ai fini della revisione, ovvero quelle componenti che consentono all’azienda di raggiungere gli obiettivi di reporting e gli obiettivi di conformità alle norme di redazione del bilancio, e questo poiché al revisore interessa comprendere se l’azienda rappresenta i fatti di gestione correttamente, non se raggiunge gli obiettivi operativi o gli obiettivi strategici (questo potrebbe interessargli nella misura in cui sta valutando il rischio di frode o il rischio di going concern). Le attività di revisione che consistono nella comprensione dell’impresa e del contesto in cui opera e nell’ individuazione e nella valutazione dei rischi vengono svolte già in fase di accettazione dell’incarico. Procedure di audit La terza attività che il revisore deve svolgere consiste nell’effettuare delle attività di indagine (o procedure di audit) al fine di raccogliere tutti gli elementi probativi necessari sia sul sistema di controllo interno (cioè verificare che il sistema di controllo interno funzioni correttamente) sia direttamente sulle voci di bilancio (cioè verificare direttamente che il valore inserito in bilancio sia corretto). Le procedure di audit sono tutte tese a raccogliere elementi probativi necessari. A tal proposito, si distinguono due diverse procedure di audit: PROCEDURE DI CONFORMITÀ (o TEST DI CONFORMITÀ) procedure volte a verificare l’esistenza, l’implementazione e il corretto funzionamento del sistema di controllo interno. Tutte le indagini che il revisore effettua per raccogliere elementi probativi sull’effettiva esistenza e implementazione del sistema di controllo interno vengono detti “test di conformità” (es. in relazione alla gestione dei reclami, il revisore può verificare che i reclami vengano realmente presi in carico entro un certo numero di ore, stabilito dalle procedure della società; in relazione al ciclo acquisti, il revisore può controllare che, per ogni fattura di acquisto da lui stesso selezionata mediante specifici criteri, corrisponda un ordine e che l’effettuazione di tale ordine sia stata autorizzata dalla persona competente; in relazione ai sistemi informativi, il revisore può verificare gli accessi ai sistemi informativi al fine di monitorare che tutti coloro che accedono al sistema e registrano dati e informazioni siano autorizzati a farlo). PROCEDURE DI VALIDITÀ (o TEST DI VALIDITÀ) procedure volte a verificare direttamente che i valori inseriti in bilancio siano corretti (es. il revisore può verificare i saldi di bilancio, effettuando la conta fisica delle rimanenze; il revisore può effettuare le procedure comparative). In alcuni casi, questa distinzione tra procedure di validità e procedure di conformità non è così netta, in quanto, talvolta, le procedure di validità possono implicare le procedure di conformità e viceversa (es. verificare se la società si è dotata di un sistema di controllo interno che gli garantisce di gestire i reclami entro un certo numero di ore – procedura di conformità – comporta anche la verifica della correttezza dei ricavi inseriti in bilancio – procedura di validità –). La maggior parte delle procedure di conformità possono anche essere svolte prima della chiusura del bilancio, invece, le procedure di validità devono essere svolte necessariamente dopo la chiusura del bilancio. Le procedure di validità, a loro volta, possono essere distinte in: PROCEDURE COMPARATIVE/ANALITICHE procedure di analisi dei bilanci che consistono nel confrontare le grandezze del bilancio d’esercizio relativo all’anno precedente con le grandezze del bilancio d’esercizio relative all’anno corrente, al fine di verificare se vi sono scostamenti anomali tra di esse oppure quelle che riguardano determinati “ricalcoli” (es. il revisore effettua il ricalcolo degli interessi moltiplicando l’indebitamento medio per il tasso di indebitamento atteso; il revisore effettua il ricalcolo del costo del personale moltiplicando il numero medio dei dipendenti per la retribuzione). Le procedure comparative possono essere effettuate o in sede di pianificazione o in sede di chiusura del bilancio d’esercizio. PROCEDURE DIAGNOSTICHE procedure che riguardano il sistema di contabilità generale. La contabilità è estremamente proceduralizzata e, uno dei documenti essenziali a tal fine (che il revisore deve verificare), è il “piano dei conti” (o sistema dei conti), ovvero un documento utilizzato per registrare tutte le transazioni che la società pone in essere (es. a tal proposito, il revisore deve effettuare una verifica di coerenza tra il piano dei conti e gli schemi di bilancio, cioè il sistema dei conti deve essere in grado di far confluire ciascun mastrino dentro la voce di bilancio corretta; il revisore deve verificare il corretto funzionamento del trasferimento dei saldi da un esercizio all’altro, cioè deve verificare che il saldo di un conto riferito all’esercizio precedente venga epilogato in un conto riferito all’esercizio corrente: da questo punto di vista assume rilevanza il “sistema dei conti transitori”, ovvero un sistema di conti in cui le transazioni vengono registrate temporaneamente per poi essere trasferite nei conti definitivi; il revisore può effettuare la verifica dei “saldi anomali”: il saldo del mastrino crediti v/clienti deve essere un saldo “dare” mentre il saldo del mastrino debiti v/fornitori deve essere un saldo “avere”, se sono posti al contrario significa che ci sono degli errori). TEST DI SOSTANZA/DETTAGLIO test/procedure dirette ad acquisire elementi probativi che garantiscono la correttezza delle voci iscritte in bilancio, mediante la verifica di stime che possono avere ad oggetto una base informativa (es. quando si tratta di stimare il fondo accantonamento rischi per contenzioso) o un metodo (es. quando si tratta di stimare il valore di uno strumento finanziario) (es. il revisore effettua la conta cassa, la quale consiste nel verificare che i soldi contenuti nella cassa siano quelli effettivamente comunicati dalla società; il revisore effettua il ricalcolo del fondo svalutazione crediti, ovvero deve verificare che la società abbia calcolato in maniera corretta la perdita sui crediti ancora in essere alla data di chiusura del bilancio: su alcune posizioni creditorie si effettua un’indagine analitica – credito per credito – con cui si elaborano delle percentuali di insolvenza in relazione allo specifico cliente, mentre, su altre posizioni creditorie, si effettua un’indagine statistica con cui si elaborano delle percentuali di insolvenza in relazione alle diverse tipologie di clienti; il revisore effettua il ricalcolo delle stime, come per esempio, l’imparment: i principi contabili - nazionali e internazionali - stabiliscono che il test di impairment va effettuato soltanto se si sono manifestati degli indicatori in perdita come, ad esempio, il rialzo dei tasso di interesse, che viene considerato un indicatore di perdita poiché, in seguito all’aumento dei tassi d’interesse, gli investimenti che prima avevano un valore positivo potrebbero avere un valore negativo). Tra i test di sostanza/dettaglio più importanti, si possono distinguere: L’“inventario di magazzino”, ovvero l’ispezione volta alla verifica dell’effettiva esistenza delle rimanenze di magazzino (mediante la conta fisica delle rimanenze stesse) e della loro valutazione, al fine di verificare che siano state valorizzate in maniera corretta. In particolare, è possibile distinguere non solo l’inventario di magazzino, ma anche l’inventario dei cespiti. La “circolarizzazione”, ovvero delle procedure consistenti nell’invio di lettere di conferma a terzi, quali: legali (il revisore circolarizza i legali per chiedergli l’elenco delle cause in corso della società cliente e gli esiti economici che potrebbero derivare da tali cause, al fine di verificare la correttezza della stima del fondo accantonamento rischi per contenzioso), banche (il revisore circolarizza le banche per chiedergli gli estratti dei conti correnti o la lista di tutte le linee di credito attivate dalla società cliente), clienti e fornitori (il revisore circolarizza clienti e fornitori per chiedergli la conferma del saldo di crediti e debiti). Come seleziona il revisore i soggetti a cui chiedere una conferma esterna? Per quanto riguarda i legali e le banche, il revisore li circolarizza tutti, ovvero invia la lettera a tutti i legali e a tutte le banche della società cliente; mentre, per quanto riguarda i clienti e i fornitori, il revisore ne circolarizza solo alcuni, ovvero invia la lettera solo ad alcuni clienti e fornitori della società cliente e, quindi, effettua una selezione sulla base di determinati criteri (es. il revisore potrebbe utilizzare un “criterio logico”, ossia effettuare una selezione tra clienti e fornitori per rilevanza di importi, cioè selezionare clienti e fornitori i cui saldi siano superiori ad una determinata soglia oppure utilizzare un “criterio randomico/casuale”, e in proposito, occorre dimostrare due cose: che si tratti effettivamente di un processo randomico e che il numero di soggetti che si sta circolarizzando e la tecnica scelta per selezionarli assicura che quel campione sia un campione rappresentativo dell’universo). Le procedure di audit relative alla continuità aziendale Il tema della “prospettiva di continuazione dell’attività” è posto dall’art. 2423-bis c.c., il quale stabilisce che “la valutazione delle voci di bilancio deve essere fatta nella prospettiva della continuazione dell’attività” e, quindi, tenendo conto che l’azienda costituisce un complesso economico funzionante (destinato alla produzione di reddito). In generale, tutte le volte che un’impresa decide di dismettere un ramo d’azienda o una linea di attività, per alcune voci, si pone il problema di non avere più una prospettiva di continuazione dell’attività. Tuttavia, il bilancio dispone di strumenti contabili appositi per gestire la perdita di continuità, infatti, sono previsti dei criteri “ad hoc” per la gestione di tale fenomeno (es. la società vende un’immobilizzazione e la riclassifica nell’attivo circolante; la società vende una partecipazione, che prima era immobilizzata, e la porta nell’attivo circolante perché è destinata ad essere dismessa entro pochi mesi). Cosa succede quando viene meno la prospettiva della continuazione dell’attività? La riposta viene fornita dall’OIC 11, il quale stabilisce che, nel caso in cui venga meno la prospettiva di continuazione dell’attività, il bilancio continua ad essere redatto con i criteri generali che valgono per le imprese che hanno una prospettiva di continuazione dell’attività, in quanto, tali criteri sono perfettamente in grado di gestire la perdita di continuità. Quindi, tra le due tipologie di criteri non ci sono differenze, tranne per il fatto che, nell’applicarli, qualora venga meno la prospettiva di continuità aziendale, si deve considerare un periodo residuo più breve per il recupero degli investimenti (pochi mesi anziché anni). Criteri di funzionamento previsti dall’OIC 11 L’OIC 11 stabilisce inoltre che, nel caso in cui vengano identificate significative incertezze in merito alla capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante, gli amministratori dovranno fornire nella nota integrativa tutte le informazioni a riguardo (disclosure della nota integrativa). In tal caso, il revisore prende atto delle informazioni rese degli amministratori nella nota integrativa, esprime un giudizio positivo sul bilancio nel caso in cui sia stato redatto correttamente ma, nella sua relazione (relazione del revisore), fa un richiamo d’informativa segnalando che vi sono significative incertezze sulla capacità dell’azienda di continuare ad esistere come un complesso economico funzionante. Nel caso in cui venga meno la prospettiva di continuazione dell’attività, ci sono delle aree di bilancio che, dal punto di vista della revisione, diventano particolarmente critiche e sulle quali il revisore deve prestare particolarmente attenzione: 1) IMMOBILIZZAZIONI: se ci sono significative incertezze sulla prospettiva di continuazione dell’attività, si dovrebbe procedere a ridefinire la vita utile delle immobilizzazioni e a rimettere in discussione la capitalizzabilità di determinati costi, sostenuti in vista di un’utilità futura (es. costi di impianto e ampliamento), che non potranno più essere capitalizzati (non sussistendo più le condizioni per recuperare tali investimenti). 2) RIMANENZE E CREDITI: il venir meno della prospettiva di continuazione dell’attività, potrebbe imporre delle svalutazioni sui crediti (non avendo più il tempo di intraprendere le azioni necessarie per il recupero di quelle posizioni creditorie) o sulle rimanenze di magazzino. 3) OPERAZIONI DI COPERTURA CON CONTRATTI DERIVATI: se ci sono significative incertezze sulla prospettiva di continuazione dell’attività, si dovrebbe procedere a valutare i derivati sottoscritti con finalità di copertura al fair value ed imputare le oscillazioni del fair value (utili o perdite) nel conto economico e non in una riserva di patrimonio netto, in quanto, in assenza di going concern, viene meno la funzione di copertura del derivato. 4) CONTRATTI ONEROSI: il venir meno della prospettiva di continuazione dell’attività, comporta l’estinzione anticipata di un contratto con il conseguente pagamento di una penale, che potrebbe trasformare un contratto stipulato in utile in un contratto in perdita, ovvero in un “contratto oneroso”, per il quale potrebbe divenir necessario stanziare un fondo accantonamenti. 5) IMPOSTE ANTICIPATE: se ci sono significative incertezze sulla prospettiva di continuazione dell’attività, la società, nel caso in cui abbia subito delle perdite, non può procedere ad iscriversi le imposte anticipate* in bilancio e, quindi, di usufruire del beneficio di recuperare negli esercizi successivi queste perdite, in quanto il presupposto per iscriversi tali imposte in bilancio è che la società abbia una concreta possibilità di realizzare utili, ovvero abbia una prospettiva di continuazione. *Le imposte anticipate, ancorché imputate come crediti nello stato patrimoniale, non sono crediti che la società vanta verso il Fisco, sono delle imposte che la società ha pagato in eccesso oggi (rispetto ai numeri di bilancio) e che ritiene potrà recuperare sotto forma di future deduzioni fiscali negli esercizi successivi. *I contratti derivati sono contratti il cui valore dipende da una variabile sottostante e che, tipicamente, comportano un investimento iniziale o nullo o molto piccolo rispetto all’elevato potenziale di utile o di perdita che quel contratto è in grado di generare (effetto leva). Dal punto di vista del revisore, le valutazioni effettuate sul tema del going concern si ripropongono in diverse fasi dell’attività di revisione: accettazione dell’incarico, pianificazione dell’attività di audit, svolgimento delle procedure di audit e formulazione del giudizio di revisione. In generale, una delle procedure che il revisore può porre in essere per verificare l’esistenza della prospettiva di continuazione dell’attività (e limitare quindi il rischio di revisione), è quella di valutare i fenomeni di carattere esterno che possono mettere a rischio il principio del going concern e, a tal proposito, il revisore deve verificare sia “indicatori di carattere generico” (es. cambio di regolamento nel settore in cui opera l’impresa; evento catastrofico; perdita di un cliente o di un fornitore strategico per la società; dimissioni di massa da parte degli Amministratori o dei dirigenti della società) sia “indicatori di carattere finanziario” (es. Leverage – rapporto tra capitale di credito e capitale proprio – ; patrimonio netto negativo per effetto di perdite; Debt Service Coverage Ratio (DSCR) – rapporto tra flusso di cassa operativo del periodo e i debiti in scadenza + gli interessi di periodo –, che rappresenta il “servizio di copertura del debito”, ovvero la capacità dell’impresa di onorare il proprio debito finanziario). Le procedure di audit relative alle parti correlate Art. 2427 c.c.: “La nota integrativa deve indicare, oltre a quanto stabilito da altre disposizioni, le operazioni realizzate con parti correlate, precisando l’importo, la natura del rapporto e ogni altra informazione necessaria per la comprensione del bilancio relativa a tali operazioni, qualora le stesse non siano state concluse a normali condizioni di mercato”. L’art. 22-bis dell’art. 2427 c.c. stabilisce che, nella nota integrativa, deve essere fornita disclosure sulle operazioni realizzate con parti correlate, precisando l’importo, la natura del rapporto e ogni altra informazione relativa a tali operazioni qualora esse non siano state concluse alle normali condizioni di mercato, questo al fine di evitare che gli azionisti che esercitano un controllo o un’influenza notevole sulla società o i dirigenti della società o di una sua controllante o i loro stretti familiari si avvantaggino della propria posizione a scapito di tutti gli altri stakeholder della società (es. la società che redige il bilancio paga un affitto per la sede amministrativa che è tre volte il prezzo di mercato perché il proprietario dell’immobile è la moglie dell’Amministratore delegato della controllante). Per un maggiore dettaglio, tale articolo rinvia allo IAS 24. Le operazioni con parti correlate devono essere indicate nella nota integrativa allo scopo di evitare principalmente due rischi: rischio di mancata correttezza e completezza del bilancio (quando tali operazioni non vengono documentate nella nota integrativa o vengono documentate in maniera non corretta); rischio di frode (poiché, spesso, le operazioni con parte correlate vengono utilizzate per porre in essere operazioni fraudolente). Chi sono le parti correlate? Parte correlata persona fisica: Secondo quanto stabilito dallo IAS 24, una persona o uno stretto familiare di questa persona sono correlati ad una società che redige il bilancio se tale persona: ha il controllo o il controllo congiunto sulla società che redige il bilancio il “controllo” si ha quando un soggetto è in grado di esercitare un’influenza dominante sull’assemblea; mentre il “controllo congiunto” si ha quando un soggetto, partecipando al capitale di un’altra società, assume le decisioni strategiche di tale società assieme ad un uno o più soggetti (es. in una joint venture sono presenti due soci, quindi le decisioni strategiche devono essere prese congiuntamente in quanto ognuno ha il potere di veto sull’altro, cioè il potere di impedire all’altro che una decisione venga presa); ha un’influenza notevole sulla società che redige il bilancio il collegamento si ha quando un soggetto è in grado di esercitare un’influenza notevole sull’assemblea, in particolare, quando tale soggetto possiede: il 20% dei diritti di voto nelle società non quotate e il 10% dei diritti di voto nelle società quotate; è uno dei dirigenti con responsabilità strategiche della società che redige il bilancio o di una sua controllante (es. amministratore delegato, moglie dell’amministratore delegato). Parte correlata persona giuridica: Secondo quanto stabilito dallo IAS 24, una società è correlata ad una società che redige il bilancio se si applica una qualsiasi delle seguenti condizioni: la società e la società che redige il bilancio fanno parte dello stesso gruppo; una società è collegata ad una joint venture dell’altra società; entrambe le società sono joint venture di una stessa terza controparte; una società è una joint venture di una terza società e l’altra società è una collegata della terza società; la società è controllata o controllata congiuntamente da una persona identificata a sua volta come parte correlata; una persona identificata come parte correlata ha un’influenza significativa sulla società o è uno dei dirigenti con responsabilità strategiche della società (o di una sua controllante); la società è rappresentata da un piano per benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro a favore dei dipendenti della società che redige il bilancio o di una società ad essa correlata (es. una società ne costituisce un’altra per sostenere degli investimenti che serviranno per pagare la liquidazione dei propri dipendenti). Che sono le operazioni con parti correlate? Un’operazione con una parte correlata è un trasferimento di risorse, servizi o obbligazioni tra una società che redige il bilancio e una parte correlata, indipendentemente dal fatto che sia stato pattuito un corrispettivo. Il fatto che non ci sia un corrispettivo può rendere l’operazione non individuabile (es. comodato gratuito, cioè la società - sottoposta a revisione - mette a disposizione gratuitamente degli immobili all’amministratore delegato della holding). La rappresentazione grafica (o flow chart) della procedura che dovrebbe darsi l’Ufficio Acquisti per mappare le parti correlate è la seguente: l’Ufficio Acquisti prepara una richiesta di offerta (poiché ha bisogno di fornitura) e invia la richiesta di offerta e un questionario alle varie società fornitrici chiedendo loro se, tra di esse, ci sono soggetti che hanno rapporti che possono essere individuati come parte correlata della propria società. A questo punto, la controparte compila il questionario, il quale viene successivamente inviato all’Ufficio Legale per effettuare una valutazione: se non si tratta di una parte correlata, allora l’Ufficio Legale archivia la pratica, se si tratta di una parte correlata, allora l’Ufficio Legale aggiorna il “Registro Parti Correlate”, ovvero un registro dove vengono annotate tutte le parti correlate. Le procedure di audit che il revisore deve porre in essere per verificare la presenza di parti correlate sono: la comprensione dell’impresa e del contesto in cui opera (es. conoscere la struttura del gruppo: chi è la holding e quali sono le controllate, chi sono gli amministratori della holding o delle controllate ecc.); la verifica sul sistema di controllo interno; la lettura dei libri sociali (es. libro delle adunanze dei verbali dell’assemblea dei soci, il libro del collegio sindacale ecc.). Successivamente, dopo aver individuato la presenza di parti correlate, il revisore deve verificare, nel dettaglio, tutte le operazioni con parti correlate attraverso la lettura dei contratti al fine di verificare che il corrispettivo stabilito nel contratto da entrambe le parti (società che redige il bilancio e parte correlata) corrisponda effettivamente con i prezzi di mercato. Le operazioni con parte correlate “nascoste”, invece, sono operazioni che: o sono state deliberatamente occultate al revisore oppure sono sfuggite alla società oggetto di revisione. In proposito, al fine di raccogliere elementi probativi circa eventuali parti correlate della società oggetto di revisione, il revisore può ricorrere al “campionamento” oppure avvalersi di “software di intelligenza artificiale”, ovvero specifici software che consentono di effettuare un’analisi su un enorme quantità di dati relativi a fenomeni particolarmente sensibili dell’attività di revisione, i quali attingono le informazioni non soltanto dalla società oggetto di revisione ma anche presso fonti esterne (es. mass media). Il campionamento di revisione In molti casi, per un revisore che ha bisogno di acquisire gli elementi probativi necessari, non è possibile pensare di indagare tutti gli elementi presenti all’interno delle voci di bilancio, per questo motivo, molto spesso, anziché effettuare un “controllo a tappeto” (es. circolarizzazione dei legali e delle banche), egli procede ad effettuare un “campionamento”, cioè una selezione, all’interno delle voci di bilancio, di alcuni elementi da specifici da indagare (es. circolarizzazione dei clienti o dei fornitori, selezione di alcune parti correlate). Il campionamento (così come l’analisi, attraverso strumenti di intelligenza artificiale, della mole di dati relativi a fenomeni particolari dell’audit) rappresenta uno strumento “trasversale”, in quanto può riguardare tutte le verifiche che il revisore effettua sul bilancio al fine di acquisire gli elementi probativi necessari. CAMPIONAMENTO DI REVISIONE applicazione delle procedure di revisione su una percentuale inferiore al 100% degli elementi che costituiscono una popolazione* rilevante ai fini della revisione contabile. *Popolazione = insieme completo dei dati da cui è selezionato un campione. Come stabilito dall’ISA ITALIA 530, il campionamento di revisione si può distinguere in: CAMPIONAMENTO STATISTICO campionamento in cui la selezione degli elementi da sottoporre ad indagine viene effettuata con metodologie statistiche. CAMPIONAMENTO NON STATISTICO (o SOGGETTIVO) campionamento in cui la selezione degli elementi da sottoporre ad indagine viene effettuata dal revisore, a sua discrezionalità. In generale, ci sono delle circostanze in cui è preferibile utilizzare l’una o l’altra tecnica di campionamento (es. se una voce di bilancio è composta da una popolazione numericamente rilevante ma il saldo della voce è riconducibile a poche posizioni, il revisore dovrebbe ricorrere al campionamento soggettivo; al contrario, se la voce di bilancio è composta da una popolazione numericamente non rilevante ma il saldo della voce è riconducibile a tante posizioni, il revisore dovrebbe ricorrere al campionamento statistico), tuttavia, non necessariamente una tecnica di campionamento esclude l’altra, infatti, il revisore potrebbe anche decidere di applicare entrambe le tecniche su una stessa popolazione. L’attività di campionamento si articola in diverse fasi: selezionare il campione mediante diverse tecniche di campionamento (casuale, accidentale, sistematica ecc.), cioè determinare le dimensioni della popolazione che si vuole esaminare; eseguire le verifiche sul campione e, una volta ottenuti i risultati, capire in che misura questi risultati sono estendibili all’intera popolazione. Il campione può essere selezionato mediante apposite “tecniche di campionamento/selezione” e, a tal fine, il revisore deve capire quale tecnica di selezione è più adatta da utilizzare rispetto ad una determinata posta di bilancio. Le tecniche di campionamento/selezione previste dall’ISA 530 sono: SELEZIONE RANDOMICA/CASUALE tecnica di selezione in cui tutte le unità di campionamento comprese nella popolazione hanno la stessa probabilità di essere selezionate. SELEZIONE SISTEMATICA tecnica di selezione in cui il numero delle unità di campionamento comprese nella popolazione (dimensione della popolazione) viene diviso per la dimensione del campione (es. su una popolazione, come ad esempio l’ammontare di crediti riconducibile ad un numero di 100 controparti, il revisore decide di testarne 20; dopo di che divide 100 : 20 = 5, di conseguenza il revisore ne analizza una 1 ogni 5). SELEZIONE ACCIDENTALE tecnica di selezione il campione viene selezionato senza seguire una tecnica strutturata. SELEZIONE IN BASE ALLE UNITÀ MONETARIE tecnica di selezione in cui ogni unità monetaria viene considerata come un’unità della popolazione (es. si ha un ammontare di crediti riconducibile a 5 controparti, a cui si sono fatti finanziamenti rispettivamente per: €1000, €2000, €3000, €4000, €5000; il totale è €15.000 euro, quindi, con questo metodo la popolazione è composta da 15.000 unità statistiche e non 5 unità statistiche). Crisi d’impresa Art. 2086 c.c.: “L'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”. Erroneamente, l’ordinamento italiano tende a considerare il fallimento come una “manifestazione patologica” delle decisioni dell’attività d’impresa. In realtà, l’impresa può cessare di esistere non solo a causa di “fenomeni patologici” (es. mala gestio da parte degli amministratori) ma anche per via di “fenomeni fisiologici” (es. il business dell’impresa non è più profittevole). L’ordinamento italiano dispone che in caso di crisi venga nominato dal tribunale un “curatore fallimentare”, il quale è tenuto a prendere in carico la gestione dell’impresa e cercare di salvaguardare i creditori della stessa. Si distinguono due tipologie di crisi d’impresa in virtù delle quali il revisore deve adottare due differenti approcci: Crisi derivante dal fatto che il business dell’impresa non è più in grado di farla stare sul mercato rispetto a questo tipo di crisi l’impresa deve effettuare un’analisi di contesto per capire se modificare o meno il proprio business anche se, tuttavia, le tempistiche richieste dall’impresa per decidere di effettuare una transizione verso un nuovo business sono troppo lunghe rispetto alle tempistiche richieste dal mercato. In questo caso la responsabilità del revisore è minima: egli può solo verificare che gli amministratori abbiano considerato possibili sviluppi del modello di business dell’impresa. Crisi derivante da mala gestio o da malfunzionamenti nel sistema di governance dell’impresa In questo caso la responsabilità del revisore è rilevante: egli è tenuto a verificare che la società abbia implementato tutti i sistemi di controllo interno che gli consentano di prevenire una crisi patologica. Decreto 254/2016 Il decreto 254/2016 introduce gli “enti di interesse pubblico”, i quali hanno ulteriori obblighi di rendicontazione, infatti, sono obbligati a predisporre, oltre ai documenti che compongono il bilancio, anche la “dichiarazione non finanziaria”. La DICHIARAZIONE NON FINANZIARIA è un documento che accompagna il bilancio, fornendo una serie di informazioni su diverse tematiche che riguardano il contesto in cui l’impresa opera. Il revisore legale è tenuto a pronunciarsi, oltre che sul bilancio d’esercizio e sul bilancio consolidato, anche su questa dichiarazione, stilando una relazione separata rispetto a quella stilata per il bilancio consolidato e per il bilancio d’esercizio. Articolo 1: L’art. 1 d.lgs. 254/2016 stabilisce che per “enti di interesse pubblico” si intendono: le società quotate e le società vigilate (compagnie di assicurazione e banche). Articolo 3: L’art. 3 d.lgs. 254/2016 stabilisce che il contenuto della dichiarazione non finanziaria copre diversi temi: ambientali, sociali, attinenti al personale (es. l’Eni effettua investimenti notevoli per prevenire gli infortuni sul lavoro dato che opera in un settore ad alto rischio per il personale), al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione (attiva e passiva), che sono rilevanti tenuto conto dell’attività esercitata dall’impresa; infatti, ogni impresa che predispone la dichiarazione deve individuare, tra questi, i temi meritevoli di attenzione in relazione al tipo di attività che svolge (es. le banche svolgono un’attività che non ha un grande impatto sull’ambient