Teoria Biochimica della Cellula - PDF

Summary

This document describes the different type of cells and their constituents. It also explains the biological processes and mechanisms within cells. The document details cell functions and explains the differences between prokaryotic and eukaryotic cells.

Full Transcript

PPT 1 LA CELLULA E GLI ORGANISMI VIVENTI. Secondo l’attuale formulazione, la teoria cellulare stabilisce che: tutti gli esseri viventi sono costituiti da una o più cellule; le reazioni chimiche di un organismo vivente, compresi i meccanismi di liberazione dell’energia e le reazioni di bio...

PPT 1 LA CELLULA E GLI ORGANISMI VIVENTI. Secondo l’attuale formulazione, la teoria cellulare stabilisce che: tutti gli esseri viventi sono costituiti da una o più cellule; le reazioni chimiche di un organismo vivente, compresi i meccanismi di liberazione dell’energia e le reazioni di biosintesi, hanno luogo dentro le cellule; le cellule si originano da altre cellule; le cellule contengono le informazioni ereditarie degli organismi di cui fanno parte, e queste informazioni passano dalla cellula madre alla cellula figlia. Gli organismi costituiti da cellule procariote sono stati l’unica forma di vita sul nostro pianeta prima della comparsa di quelli formati da cellule eucariote. La teoria più accreditata sul modo in cui questo passaggio potrebbe essere avvenuto è la teoria endosimbiontica secondo cui i mitocondri e i cloroplasti deriverebbero da antichi procarioti che si sono introdotti in cellule più grandi. Qui i procarioti avrebbero dato origine a un rapporto di simbiosi, cioè uno scambio reciproco di favori. Lo strumento che ci consente di osservare le cellule più piccole di 0,1 mm è il microscopio. Distinguiamo: Il microscopio ottico composto (LM) si avvale della luce e di un sistema di lenti per ingrandire le immagini. Il limite di risoluzione è di 0,2 μm. Nel microscopio elettronico a trasmissione (TEM), il campione è investito da un fascio di elettroni (lunghezza d’onda minore della luce). Le immagini sono quindi a risoluzione più fine: il TEM più potente arriva a 0,1 nm. Il microscopio elettronico a scansione (SEM) raccoglie e mette a fuoco gli elettroni che sono dispersi dalla superficie del campione, generando un’immagine tridimensionale. COMPONENTI COMUNI A PROCARIOTI ED EUCARIOTI MEMBRANA PLASMATICA (PLASMALEMMA), struttura che circonda la cellula, racchiudendone il contenuto e definendo i confini. È composta da un doppio strato fosfolipidico e proteine, spessa 5-10 nm. CITOPLASMA, rappresenta il “corpo” della cellula, contiene gli organuli cellulari. MATERIALE GENETICO, nella cellula eucariota è contenuto nel nucleo. Il suo interno è definito come NUCLEOPLASMA. Nella cellula procariota non è presente il nucleo. Unica molecola di DNA localizzata nel NUCLEOIDE. CELLULA PROCARIOTICA I procarioti sono tutti esseri unicellulari presenti in forme di aggregazione o gruppi di più soggetti (ad esempio batteri, alghe verdi- azzurre e altre forme). Sono caratterizzati da: ampia capacità di adattamento; rapida capacità di riproduzione; processi metabolici aerobi e/o anaerobi; dimensioni ridotte (da 0,5x1,2um a 1,5x4um) e diverse forme. Presentano una parete cellulare formata da peptidoglicano (matrice di zuccheri legati trasversalmente da corte unità polipeptidiche). I batteri possono essere distinti in base alla loro parete cellulare: GRAM+ presentano una parete molto spessa, con molti strati di peptidoglicano; GRAM - hanno una parete costituita da due membrane fosfolipidiche che racchiudono un sottile strato di peptidoglicano. Possono essere distinti mediante la colorazione di GRAM. I batteri che adsorbono e mantengono la colorazione al violetto di genziana, appaiono al microscopio blu-viola e sono detti gram-positivi; quelli che perdono la colorazione e al microscopio appaiono rosa-rosso sono detti gram-negativi. I procarioti sono classificati in due gruppi principali: 1. ARCHEA, sono i procarioti piu antichi (batteri primitivi); 2. BACTERIA, sono i procarioti piu numerosi e piu diversificati (es. batteri, microplasmi). Gli archea vivono sia negli habitat comuni ma anche in condizioni estreme (estremofili) come notevoli profondità e assenza di ossigeno, temperature elevate e acque estremamente salate. Tra gli archeobatteri piu primitivi troviamo i metanogeni, ovvero batteri in grado di produrre CH4 e trasformare CO2 e H2. Del gruppo bacteria fanno parte i micoplasmi, che sono le più piccole cellule viventi prive di parete cellulare, di cui alcune specie vivono nel terreno e nelle acque di scarico, altre nelle mucose umane. All’interno dei laboratori di ricerca si riscontrano alcune problematiche nel loro utilizzo: non si vedono con il microscopio ottico non modificano la morfologia delle cellule contaminate, pur essendo presenti alterano crescita e caratteristiche biochimiche/antigeniche delle cellule in vitro visibili solo con microscopio a fluorescenza dopo colorazione del DNA o altre metodiche tipo PCR. Anche i cianobatteri fanno parte dei bacteria. Si tratta di organismi fotosintetici, che catturano energia luminosa e la trasformano in energia chimica e, grazie a questa attività, producono ossigeno. I procarioti non hanno solo aspetti negativi come batteri e patogeni, ma sono anche utili per gli organismi viventi grazie alla loro attività fotosintetica, decomposizione di organismi morti e fissaggio di azoto. Nel nostro organismo, più precisamente sulla pelle, nel cavo orale, nel tubo digerente, nelle vie respiratorie ed in minor misura sulle mucose genitali, sono presenti colonie batteriche più o meno vaste e di diverso tipo. Alcune colonie possono essere definite commensali o simbionti, come la Flora Batterica Intestinale che con la sua fermentazione consente la liberazione di moltissime vitamine del gruppo B, favorisce il mantenimento dell'integrità della mucosa intestinale e si oppone alla proliferazione di altri microorganismi patogeni. Le cellule eucariotiche e procariotiche si differenziano per alcuni aspetti: CELLULA PROCARIOTICA CELLULA EUCARIOTICA Dimensioni: 1-10 um Dimensioni 10-100 pm Nucleoide: nessun nucleo definito DNA Nucleo racchiuso da doppia membrana circolare Nel citoplasma si ha sintesi di RNA e proteine. Molecole lineari, cromosomi, complessate da istoni Ribosomi: 50S+30S Sintesi dell'RNA nel nucleo e delle proteine nel citoplasma Poche strutture citoplasmatiche: no mitocondri e cloroplasti Ribosomi 60S+40S Scissione binaria Numerose strutture racchiuse da membrane e citoscheletro; mitocondri: da 1 a diverse migliaia Mitosi e meiosi CELLULA EUCARIOTICA La COMPARTIMENTAZIONE cellulare prevede strutture delimitate da membrane dentro le quali possono avvenire molti processi chimici in modo simultaneo ma indipendente. Gli ORGANULI hanno funzioni e strutture specifiche. Esistono due principali tipi di cellule eucariotiche: cellula animale e cellula vegetale. Le cellule vegetali hanno generalmente un diametro che varia dai 10 ai 100 mm, maggiore di quello delle cellule animali che varia da 5 a 30 mm. Le struttura deI lisosoma è tipica della cellula animale, mentre le strutture del: cloroplasto, i granuli di amido, tilacoidi, parete cellulare, vacuolo, plasmodesma, gliossisoma, sono strutture tipiche della cellula vegetale. I microrganismi eucariotici (come i protisti e i funghi) hanno strutture simili a quelle delle cellule vegetali e animali, ma molti contengono anche organuli specializzati. La MEMBRANA CELLULARE, detta anche membrana plasmatica, struttura presente in entrambe le cellule, è molto sottile (spessore 5-8 nm) e avvolge completamente la cellula. Svolge funzioni di: protezione, scambio di sostanze fra cellula e ambiente o cellula e cellula, adesione fra cellule, riconoscimento di messaggeri. Essa è formata da un due strati di fosfolipidi, ossia da molecole con una testa idrofilica rivolta verso l'esterno e due code idrofobiche rivolte verso l'interno (anfipatiche). All'interno di questo doppio strato nuotano proteine di varia dimensione e collocazione: alcune attraversano completamente il doppio strato e «sporgono» verso l'esterno e verso l'interno della membrana. All’interno di questa membrana sono presenti le proteine di membrana, le quali svolgono diverse funzioni: Ancorano la membrana al citoscheletro Forniscono segnali di riconoscimento Enzimi che catalizzano l’assemblaggio di molecole Recettori di messaggi chimici Canali o trasportatori Formano giunzioni tra le cellule adiacenti. Si creano delle giunzioni occludenti, che uniscono le cellule formando una saldatura che impedisce il passaggio di qualunque materiale. Tra queste proteine di membrana ci sono i desmosomi che tengono unite le cellule tra di loro e consentono il passaggio di materiali e sostanze nello spazio tra le cellule. Infine ci sono le giunzioni comunicanti, cioè veri canali che consentono il passaggio di acqua e piccole molecole tra le due cellule. Le molecole più piccole, come l'acqua e l'anidride carbonica la attraversano liberamente, mentre molecole più grandi, quali quelle del glucosio, non sono in grado di attraversarla. La membrana compie un'azione di selezione e decide quali molecole introdurre e quali no. La membrana apre o chiude alcuni canali e utilizza proteine di trasporto per regolare l'accesso delle molecole di grandi dimensioni. Le membrane cellulari vengono definite a mosaico fluido: MOSAICO perché la forma è data da molecole proteiche inserite nel doppio strato di fosfolipidi. FLUIDO perché la maggior parte di queste proteine e dei fosfolipidi può muoversi lateralmente all’interno della membrana. Il colesterolo mantiene una certa fluidità e rigidità nella membrana plasmatica evitando che le code apolari si compattino troppo (la cellula non deve collassare e quindi non deve perdere la sua forma). TRASPORTO ATTRAVERSO LA MEMBRANA Tutte le sostanze che devono entrare o uscire dalla cellula devono passare la barriera della membrana plasmatica. Le membrane biologiche sono selettivamente permeabili: più la molecola è piccola e liposolubile e più facilmente attraversa la membrana, mentre le molecole grandi e polari (ioni) non diffondono attraverso la membrana. In particolare le molecole piccole non polari (O2, CO2, N2, ecc) attraversano rapidamente la membrana (la permeabilità ai gas è necessaria per la respirazione cellulare), mentre le molecole neutre polari diffondono solo se sono piccole. Ioni e grandi molecole non diffondono. La concentrazione regola il movimento delle sostanze (diffusione). Il movimento delle particelle va dalla zona a concentrazione più alta a quella a concentrazione più bassa, fino a raggiungere una condizione di equilibrio. Il trasporto può essere di diversi tipi: osmosi: se c’è una barriera semipermeabile non si spostano le sostanze (soluti), ma l’acqua (solvente), fino a che non si raggiunge l’equilibrio; l’acqua si sposta da una zona a C minore ad una a C maggiore, perché dove è il soluto rispetto al solvente. La pressione che deve essere esercitata per contrastare il movimento dell’acqua è la pressione osmotica. La soluzione a concentrazione maggiore si dice ipertonica, minore si dice ipotonica, se invece sono uguali si ducono isotoniche. trasporto attivo: muove un soluto contro un gradiente di concentrazione e richiede enzimi e consumo di energia (ATP); trasporto passivo (piccole molecole): diffusione semplice o facilitata, segue il gradiente di concentrazione e le molecole si muovono in “discesa libera”; trasporto vescicolare: il trasporto attraverso la membrana plasmatica di grandi molecole avviene tramite meccanismi che richiedono ampi movimenti della membrana plasmatica e la formazione di micro-contenitori detti vescicole di trasporto. diffusione semplice e facilitata: è una forma di trasporto passivo (non consuma energia); usata da molecole non liposolubili, quindi non in grado di attraversare le membrane; utilizza trasportatori (carrier) o canali di membrana (proteine intrinseche di membrana); diffusione favorita dal gradiente di concentrazione; trasporto selettivo e saturabile; trasporta glucosio, acidi grassi, amminoacidi e nucleotidi secondo gradiente di concentrazione. Per questo tipo di diffusione si attivano: proteine trasportatrici o carrier: trasportano molecole polari e ioni (piccola o media grandezza) e devono subire un cambiamento conformazionale; proteine canale: formano un poro idrofilico, trasportano principalmente ioni o acqua (molecole piccole) e sono regolabili, infatti possono essere aperti o chiusie sono regolati da ligandi, variazioni di potenziale, pressione o stiramenti. Tra queste troviamo le acquaporine consentono il trasporto rapido dell’acqua (importanti per i processi osmotici), TRASPORTO ATTIVO Il trasporto attivo primario o diretto: usa direttamente l’energia per ottenere il trasporto; il trasporto attivo secondario o indiretto: il trasporto di una sostanza è reso possibile dal trasporto primario di un’altra. È un tipo di trasporto contro gradiente di concentrazione che permette alla cellula di avere alcune sostanze a concentrazione più alta rispetto all’esterno. È svolto da proteine di membrana specializzate le quali “pompano” le particelle utilizzando energia (ATP). Inoltre, è selettivo e saturabile. TRASPORTO ATTIVO PRIMARIO (pompe ioniche) Sono proteine trans-membrana che lavorano modificando la loro conformazione in maniera ATP dipendente. Possono creare una differenza di potenziale tra i due lati della membrana e possono regolare la pressione osmotica della cellula. TRASPORTO SECONDARIO (proteine carrier) Sono coinvolte proteine carrier e non pompe. Non viene speso direttamente ATP, ma viene sfruttata la differenza di potenziale elettrochimico creata dalle pompe ioniche. Una molecola si sposta secondo gradiente, l’altra contro gradiente. Uniporto (diffusione facilitata): Una sola sostanza che si muove sfruttando la differenza di concentrazione Simporto (trasporto secondario): Trasporto contemporaneo di due specie ioniche o di altri soluti che si muovono nella stessa direzione attraverso la membrana Antiporto (trasporto secondario): Trasporto contemporaneo di due specie ioniche o di altri soluti che si muovono in direzioni opposte attraverso la membrana TRASPORTO VESCICOLARE Materiali di maggiri dimensioni rispetto agli ioni o alle piccole molecole) per entrare o uscire dalla cellula sfruttano il processo di endocitosi o di esocitosi. ESOCITOSI (a): Nel caso in cui una vescicola proveniente dalla cellula si fonda con la membrana plasmatica, il suo contenuto è espulso all’esterno. ENDOCITOSI (b): Nel caso in cui la vescicola origini dalla membrana plasmatica, materiale di origine cellulare si trova a essere incluso in una vescicola intracellulare. GEMMAZIONE (c): In qualche caso la liberazione di materiale citoplasmatico può avvenire con un processo di gemmazione: la vescicola contenente materiale citoplasmatico si distacca dalla membrana plasmatica e si libera all'esterno. Esempi: secrezione apocrina delle ghiandole esocrine, liberazione di particelle virali in cellule infettate da virus. I diversi meccanismi di endocitosi si classificano in base alla dimensione del materiale endocitato (e quindi alla dimensione della vescicola che si forma) o in base alle modalità con cui il materiale viene internalizzato. In questo secondo caso, si distinguono tre tipi di endocitosi: 1 1. Pinocitosi (letteralmente: la cellula beve): quando molecole di varia natura sono internalizzate in maniera aspecifica; importo di fluidi che vengono rilasciati nel citosol (non selettivo); micropinocitosi (vescicole con diametro fino a 65nm) e macropinocitosi (vescicole con diametro fino a 200nm); compensazione variazioni della superficie della membrana; 2 2. Endocitosi mediata da recettori, quando il materiale da internalizzare è riconosciuto da specifici recettori di membrana. C’è importo specifico di molecole (ligandi) legate a proteine di membrana 3 (recettori). Mediato da vescicole rivestite, il cui rivestimento permette di concentrare i recettori e di invaginare la membrana; 3. Fagocitosi (letteralmente: la cellula mangia): quando cellule specializzate del sistema immunitario internalizzano particelle di grosse dimensioni (per particelle di materiale > 250nm). Alcune cellule sono specializzate nell’attività fagocitaria: granulociti neutrofili, macrofagi e cellule dendritiche. Permette l’internalizzazione di patogeni o cellule morte. È un processo selettivo mediato da diverse classi di recettori: recettori Toll-like, recettori immunoglobuline, recettori del complemento,recettori fosfatidilserina (cellule morte). Il suo scopo è di degradare materiale ingerito e produrre antigeni per la risposta immune. L’esocitosi prevede la fusione di vescicole intracellulari con la membrana plasmatica per il rilascio del loro contenuto all’esterno. Vari contenuti: matrice extra cellulare, prodotti di scarto, enzimi, ormoni, neurotrasmettitori… NB: La fusione delle vescicole con la membrana plasmatica determina accrescimento e quindi deve essere compensata da endocitosi/pinocitosi. Ci sono 2 tipi di esocitosi: 1. COSTITUTIVA: in cui la fusione non è regolata delle vescicole con la membrana plasmatica; Rivestite da proteine COP-I Esempi: Componenti della ECM da parte di fibroblasti, Anticorpi da parte dei linfociti B 2. REGOLATA: Indotta in cellule specializzate quali le ghiandole endocrine e esocrine, o cellule nervose o da un ligando esternolega un recettore di membrana e attiva la fusione delle vescicole per il rilascio di ormoni, neurotrasmettitori, etc. Questo è possibile perché il recettore attiva una cascata di eventi intracellulare (es.: aumento concentrazione ioni calcio) che stimola la fusione. Rivestite da clatrina. I diversi compartimenti cellulari sono caratterizzati da pH diversi, il nucleo ha un PH di 7,2, reazioni che avvengono in certi compartimenti non avvengono in altri. Se ci sono disequilibri all’interno della cellula, gli organelli perdono le loro capacità, per questo in una cellula é molto importante il controllo degli elementi. IL NUCLEO È un organulo dotato di membrana contenente la maggior parte del patrimonio genetico Sede di meccanismi indispensabili alla riproduzione cellulare e alla sintesi proteica Organulo più ampio e facilmente evidenziabile all’interno della cellula Normalmente le cellule eucariote sono mononucleate. CELLULE POLINUCLEATE CILIATI: sono presenti più nuclei ma uno solo (micronucleo) garantisce l’ininterrotta continuità del genoma; i macronuclei sono delle “copie di lavoro” il cui genoma non si replica con accuratezza. SINCIZI: fusione di cellule. PLASMODI: cellule in cui le divisioni nucleari non sono state seguite dalla divisione cellulare. CELLULE PRIVE DI NUCLEO GLOBULI ROSSI: (dei mammiferi) perdono il nucleo in seguito al loro differenziamento, infatti il loro unico scopo è quello di trasportare i gas coinvolti nella respirazione. PIASTRINE SQUAME CORNEE DELLA PELLE La forma del nucleo è correlata con quella della cellula: sferica, ellittica, lobulata o completamente irregolare. Le dimensioni sono variabili, ma spesso proporzionali a quelle della cellula; la posizione è variabile ma caratteristica di ogni tipo cellulare (cellule embrionali: nucleo centrale, cellule secernenti: nucleo eccentrico). Il nucleo costituisce la sede dell’informazione genetica, al suo interno ci sono i cromosomi, formati da cromatina (DNA+proteine). All’interno del nucleo di tutte le cellule, è presente, unico o multiplo, il nucleolo, corpuscolo di forma sferica, sede di sintetizzazione dell’rRNA o ribosomiale, che, insieme a proteine strutturali, forma i ribosomi. I nucleoli scompaiono durante la divisione cellulare. Il nucleo è ricoperto dall’involucro nucleare, che non è continuo ma diviso in pori nucleari; è formato da una doppia membrana, una interna e una esterna, opportunamente separate dallo spazio perinucleare e racchiudono il nucleoplasma. La membrana esterna è continua con il sistema di membrane interno al citoplasma (RE). Il citoplasma o citosol è una soluzione acquosa di consistenza gelatinosa, che occupa quasi tutto il volume della cellula. In questa soluzione sono sciolte piccole molecole come sali, aminoacidi, zuccheri e ATP, oltre molecole più grandi quali le proteine. Circa metà del citoplasma è occupato da organelli gran parte dei quali circondati da membrane. Dentro il citosol alcuni organuli possono muoversi, ma la maggior parte di essi è ancorato a proteine strutturali appartenenti al citoscheletro che ne limitano i movimenti. Il citoscheletro mantiene la forma della cellula, fissa gli organelli e permette alla cellula di muoversi. È una struttura dinamica di sostegno che si modifica a seconda delle esigenze della cellula. Con il termine organelli o organuli cellulari, intendiamo tutti quegli elementi racchiusi dalla membrana; molti dei quali, presenti nel citoplasma, consentono alla cellula di svolgere tutte le funzioni necessarie per vivere. I principali organelli sono: mitocondri, reticolo endoplasmatico liscio e rugoso, apparato del Golgi, ribosomi, vacuoli, lisosomi e centrioli. MITOCONDRI I mitocondri sono corpuscoli di forma allungata, simili ad un fagiolo, avvolti da una doppia membrana. Quella esterna è liscia, quella interna, pieghettata, forma le ”creste mitocondriali” che aumentano la superficie funzionale. Le due membrane delimitano uno spazio detto ”spazio intermembrana”. Internamente si trova una soluzione di enzimi, acqua, coenzimi, fosfati e altre molecole denominata “matrice mitocondriale”. I mitocondri hanno propri DNA, RNA e ribosomi dunque sono capaci di auto riprodursi e di sintetizzare le proprie proteine. Si pensa siano procarioti che hanno stabilito una relazione endocellulare di tipo simbiontica con organismi coevi. I mitocondri svolgono la funzione di fornire energia alla cellula. Quasi tutto il cibo e l'ossigeno che immettiamo nell'organismo, dopo essere stati elaborati, sono inviati ai mitocondri, che li convertono in una particolare molecola (ATP). Gli organismi eucariotici producono energia (ATP) attraverso il processo della respirazione cellulare, che consente di liberare l’energia immagazzinata nel glucosio usando ossigeno. Il glucosio viene demolito nella matrice, mentre nelle creste si produce l’ATP. RETICOLO ENDOPLASMATICO LISCIO Si trova nel citoplasma ed è collegato al reticolo endoplasmatico rugoso. È costituito da un insieme di cisterne comunicanti tra loro ma non associate a ribosomi. Spesso è invece associato a perossisomi e all’Apparato del Golgi. La sua funzione è legata alla sintesi dei lipidi, delle lipoproteine, del glicogeno, detossificazione etc. RETICOLO ENDOPLASMATICO RUGOSO È costituito da un insieme di sacchi membranosi comunicanti tra loro che si sviluppano attorno al nucleo. Deve il suo nome all’elevato numero di grani di ribosomi che tappezzano le sue pareti. Dentro le sue cisterne, le proteine, prodotte nei ribosomi, subiscono un processo di rielaborazione strutturale che le rende funzionanti. APPARATO DI GOLGI È costituito da 5-6 cisterne appiattite, impilate tra loro e slargate ai bordi dalle cui estremità si staccano vescicole e vacuoli. La funzione di questo organulo è quella di trasportare, racchiuse in vescicole, le proteine sintetizzate nei ribosomi del reticolo endoplasmatico rugoso ai vari distretti cellulari: lisosomi, membrana cellulare o verso l’esterno della cellula. RIBOSOMI Il ribosoma è una particella del citoplasma cellulare, contenente RNA ribosomiale (RNAr) e diverse proteine; svolgono un ruolo chiave nella sintesi proteica. Il loro numero varia da 20.000 a 50.000 a seconda di quanto la cellula è attivamente impegnata nella sintesi proteica e hanno un diametro di 250-350 nm. Nelle cellule eucariotiche i ribosomi possono essere liberi nel citoplasma o legati al margine esterno delle membrane che costituiscono il reticolo endoplasmatico. I ribosomi liberi sono così denominati perchè si trovano liberi nel citoplasma o fanno parte dei mitocondri o dei cloroplasti. Generalmente sono deputati alla sintesi di proteine che verranno rilasciate ed utilizzate nel citoplasma o nella parte interna della membrana degli organuli ove i ribosomi sono presenti ed anche nei perossisomi. Più ribosomi sono in grado di unirsi tra loro utilizzando come legame una stessa molecola di RNA messaggero, attraverso la quale si muovono dal codone iniziale fino a quello finale in direzione 3', a formare un poliribosoma (o polisoma). Gli altri tipi di ribosomi (legati) si trovano legati alle membrane costituenti il nucleo cellulare od il reticolo endoplasmatico ruvido. Si occupano di sintetizzare e rilasciare proteine all'interno delle membrane di queste strutture, dove poi saranno condotte alla loro destinazione finale che può essere sia intra- che extracellulare (in tal caso vengono spesso espulse per esocitosi). È da segnalare che i ribosomi adesi alle membrane sono una sezione dell'insieme dei ribosomi liberi, la quale viene poi reclutata non appena iniziano a sintetizzare proteine specifiche. VACUOLI I vacuoli sono vescicole contenenti acqua e sostanze necessarie alla cellula. Svolgono il ruolo di accumulo e magazzino delle sostanze utili per la cellula. Nelle cellule vegetali possono rappresentare gran parte del citoplasma. LISOSOMI I lisosomi sono delle piccole vescicole contenenti proteine (enzimi idrolitici) in grado di distruggere tutte le sostanze che si trovino al loro interno. Svolgono la funzione di digestione endocellulare, cioè smaltire i rifiuti della cellula. Sono importanti nella fagocitosi e nell’autofagia. CENTRIOLI Appaiono come due corpiccioli sferoidali vicini al nucleo, costituiti da 9 gruppi di 3 microtubuli. Durante la “mitosi” si duplicano e danno origine alla fibre del fuso. Agganciano i cromatidi di ciascun cromosoma per il centromero e li separano. CITOSCHELETRO Il citoscheletro non è da considerarsi un organulo cellulare in quanto non è racchiuso da una membrana. Non bisogna però pensare che esso sia di scarsa importanza per la cellula: infatti, esso costituisce la muscolatura e l’ossatura della cellula. Le sue funzioni sono di tipo strutturale (sostegno e forma alla cellula), di protezione, di movimento (sia intercellulare che intracellulare), adesione e contatti con cellule adiacenti o ECM, mantenimento del nucleo e gli organelli cellulari nella loro sede, trasporto di vescicole, divisione cellulare, movimento delle cellule o nelle fibre muscolari. È costituito da 3 tipi di filamenti proteici che si distinguono per funzione e composizione proteica: Filamenti actinici o microfilamenti, Filamenti intermedi e Microtubuli. MATRICE EXTRACELLULARE La matrice extracellulare è una struttura dinamica ricca di proteine multimodulari altamente glicosilate e di polisaccaridi che sorreggono meccanicamente e orientano le cellule che vi poggiano, ma soprattutto modulano e pilotano ad ogni momento il loro comportamento (metabolismo, proliferazione, differenziamento, migrazione, apoptosi). A loro volta le cellule condizionano la composizione e la dinamica della matrice. Essa è costituita da proteine e polisaccaridi secreti da quasi tutti i tipi cellulari (eccezione: eritrociti). Fra le varie funzioni troviamo il riempimento degli spazi cellulari e il collegamento delle cellule e tessuti. È abbondante nei tessuti connettivi. Una sottile lamina basale sostiene meccanicamente e metabolicamente le cellule epitaliali, muscolari, adipose e i nervi periferici. Nonostante la matrice sia composta soltanto da cinque classi di macromolecole (collagene, elastica, acido ialuronico, proteoglicani e glicoproteine), essa può assumere una ricca varietà di forme con proprietà meccaniche altamente differenziate. La proteolisi della matrice in situazioni normali e patologiche induce varchi che facilitano la migrazione cellulare e provoca il rilascio in soluzione nel liquido interstiziale di frammenti peptidici o la comparsa sulla superficie proteica di moduli precedentemente situati in posizione criptica, che sono riconosciuti da interagine sulla superficie cellulare comportandosi da fattori di crescita o di differenziamento. I proteoclicani e l'acido ialuronico permettono una concentrazione localizzata di tali segnali contribuendo alla diversificazione del microambiente cellulare. MORTE CELLULARE Il concetto di morte cellulare programmata è stato introdotto per spiegare la risposta delle cellule vegetali all'infezione fungina. La morte cellulare non corrisponde temporalmente con la morte dell'individuo. Con "morte cellulare" non si intende la mancanza di segni vitali caratteristici nella cellula (es. la respirazione), ma ci si riferisce al momento in cui la sua organizzazione funzionale viene irreversibilmente compromessa. Questo fenomeno può verificarsi in modo rapido, quando lo stimolo che lo determina ha notevole intensità, o essere il risultato di un lento processo involutivo. Vi sono 3 sistemi essenziali per il mantenimento dell’organizzazione funzionale della cellula: membrane cellulari, metabolismo energetico e sintesi proteica. Questi 3 sistemi rappresentano le principali, anche se non le uniche, vie comuni attraverso cui i fattori ambientali biotici (ad es. patogeni) e abiotici (ad es. stress chimico-fisico) provocano il danno e la morte cellulare. Esistono due modalità, distinte e ben riconoscibili, di morte cellulare: necrosi e apoptosi. La NECROSI: è la morte cellulare accidentale, passiva che si verifica come conseguenza ad un'ampia varietà di stress (accumulo di specifiche molecole tossiche o evento traumatico) ed è purtroppo in grado di danneggiare anche le cellule adiacenti. È caratterizzata da una progressiva perdita di integrità della membrana che si traduce nel rigonfiamento del citoplasma e rilascio dei componenti cellulari. Negli animali, la necrosi comporta, in primo luogo, ingresso di ioni sodio con aumento del volume cellulare, rottura della membrana plasmatica e delle endomembrane con il conseguente rilascio di enzimi idrolitici ed altro materiale citosolico, provocando un processo infiammatorio nel tessuto circostante. Nelle piante i due eventi di morte non sono così ben distinti e sembra esserci maggiore sovrapposizione tra le caratteristiche fenotipiche e molecolari della necrosi e apoptosi. L’APOPTOSI è un processo biologico che procede in modo ordinato e regolato, richiede consumo di energia e generalmente porta ad un vantaggio durante il ciclo vitale dell'organismo, difatti è stata definita morte altruista. Essa presenta significative differenze morfologiche rispetto alla necrosi: Comporta diminuzione di volume della cellula con efflusso di ioni cloro e potassio, Comporta attivazione di enzimi che determinano gli eventi di morte in modo controllato, Rappresenta un evento rapido (poche decine di minuti) che impedisce una risposta infiammatoria dannosa. Si tratta di un processo essenziale per un corretto sviluppo embrionale, per una corretta organogenesi e per mantenere l’omeostasi cellulare che, se alterata, può essere la prima causa dello sviluppo di patologie. Negli animali, morte cellulare programmata ed apoptosi sono spesso usati come sinonimi, ma i termini non sono identici. Infatti la morte cellulare programmata è un processo definito geneticamente durante lo sviluppo degli organismi multicellulari, l'apoptosi è la sua manifestazione. L'apoptosi è contraddistinta da una serie di eventi morfologici facilmente distinguibili: riduzioni delle dimensioni della cellula, condensazione della cromatina, frammentazione del DNA, formazione di evaginazioni della membrana plasmatica e della membrana nucleare, formazione di corpi apoptotici che vengono rapidamente fagocitati e digeriti dai macrofagi. La cellula scompare senza lasciare traccia, cioè senza dar luogo a fenomeni infiammatori o necrotici. PPT 2 BIOMOLECOLE. Le biomolecole sono macromolecole presenti negli organismi viventi che svolgono funzioni vitali. Sono caratterizzate da aspetti essenziali (tipo di gruppo funzionale o forze intermolecolari) che modulano le loro funzionalità. Le principali classi di biomolecole sono: Carboidrati: Forniscono energia e costituiscono riserve energetiche (glucosio, amido e cellulosa) Proteine: Composte da amminoacidi, svolgono una vasta gamma di funzioni, tra cui catalisi (enzimi), trasporto (emoglobina), struttura (collagene) e regolazione (ormoni). Lipidi: Comprendono grassi, oli e steroidi. Sono componenti delle membrane cellulari, riserve energetiche e partecipano alla segnalazione cellulare. Acidi nucleici: DNA e RNA, contengono l'informazione genetica necessaria per la crescita, sviluppo e funzionamento degli organismi viventi. Vitamine: liposolubili ed idrosolubili hanno funzioni di specifiche che fungono da fattori di crescita. Minerali: svolgono un ruolo importante nella costruzione e nel funzionamento del corpo umano. Le biomolecole sono molecole complesse che possono esistere sia come monomeri, le unità costitutive di base, sia come polimeri, formati dall’unione di più monomeri. Una cellula batterica è composta dal 70% d’acqua e il restante 30% è costituito da ioni, piccone molecole, fosfolipidi, DNA, RNA e proteine (15%). La maggior parte delle funzioni vengono svolte dalle macromolecole, che a differenza dell’acqua, che ha un solo tipo per ciascuna molecola, hanno più di 3000 tipi. Noi abbiamo 20 monomeri diversi e la cellula può combinarli in diversi modi per dare origine a polimeri, cioè a proteine, tutte le macromolecole sono polimeri di monomeri. Nella cellula ci sono dei processi da controllare, che devono essere eseguiti correttamente perché una disfunzione comporterebbe un risultato non corretto. Ad esempio gli eritrociti devono controllare che la concentrazione di emoglobina (proteina che trasporta ossigeno nei globuli rossi) rimanga costante. La velocità di sintesi deve essere uguale alla velocità di degradazione, e se le due velocità sono diverse insorgono dei problemi; mantenendo tale uguaglianza, la la concentrazione resta costante. Stesso ragionamento per la concentrazione del glucosio nel sangue: tramite i carboidrati assumiamo glucosio, il quale circola nel sangue e viene utilizzato per eliminare CO2, riserva di grassi e altri prodotti; le velocità di assunzione e utilizzo devono essere uguali per mantenere la concentrazione di glucosio costante. AMMINOACIDI, PEPTIDI E PROTEINE Le proteine mediano praticamente tutti i processi che hanno luogo nelle cellule e svolgono un numero enorme di funzioni. Si tratta delle macromolecole biologiche più abbondanti, presenti in tutti i tipi di cellule, e costituite da unità monomeriche che sono la base della loro struttura: gli amminoacidi. AMMINOACIDI Tutti i 20 amminoacidi presenti nelle proteine sono α-amminoacidi. Essi hanno un gruppo carbossilico, un gruppo amminico e un idrogeno legati allo stesso atomo di carbonio (chirale), e differiscono l’uno dall’altro per la catena laterale, o gruppo R, che si differenzia per struttura, dimensioni e carica. I gruppi amminici e i gruppi carbossilici degli amminoacidi si comportano come acidi e basi deboli, infatti in dipendenza da ph gli amminoacidi possono presentarsi in forma ionizzata o meno. In particolare, a ph=7, sia il gruppo amminico sia quello carbossilico sono ionizzati e l’amminoacido si trova in soluzione sotto forma di ione dipolare, potendosi comportare come acido o come base (anfoterico). Definiamo punto isoelettrico il valore di pH al quale l’amminoacido risulta neutro. Il carbonio-α è un centro chirale e, a causa della disposizione tetraedrica degli orbitali di legame, i quattro gruppi differenti possono disporsi nello spazio in due modi diversi, quindi per ogni amminoacido sono possibili due stereoisomeri: D e L. Nel nostro organismo vengono utilizzate solo proteine composte da amminoacidi di tipo L. I 20 amminoacidi sono distinti assegnando ad ognuno abbreviazioni di una o tre lettere (ad esempio alanina=Ala=A). Gli amminoacidi vengono raggruppati in base alle proprietá delle catene laterali, che possono essere: acide, basiche, neutre, polari, non polari. CATENE LATERALI ALIFATICHE: Queste catene laterali sono non polari, alifatiche, idrofobiche e possono formare con le catene laterali della stessa natura legami idrofobici o di Van der Waarls. Ne fanno parte: glicina, alanina, valina, leucina e isoleucina (isomeri), metionina. L’amminoacido più semplice è la glicina: contiene come catena laterale R un H, quindi il carbonio è legato ai gruppi amminico, carbossilico e a 2 idrogeni. Il C non è chirale perché i 4 sostituenti non sono tutti diversi. CATENE LATERALI AROMATICHE (benzene): caratterizzati da idrofobicità. Ne fanno parte tirosina, triptofano e fenilalanina. CATENE LINEARI POLARI: Le catene laterali non sono cariche ma sono polari, infatti c’è una parziale distribuzione delle cariche. Tra queste ci sono: serina e cisteina. CATENE LATERALI NON POLARI Tra le catene laterali non polari troviamo la prolina, la cui catena laterale non è lineare, ma ciclica, nel senso che c’è la formazione di una struttura a 5 atomi di carbonio che coinvolge il gruppo amminico, ciò concede una maggiore stabilità. CATENE LATERALI BASICHE Caratterizzate dalla presenza del gruppo amminico. LISINA (Lys o k): catena carica e basica, ARGININA (Arg o R): catena molto basica poiché è stabilizzata per risonanza ISTIDINA (His o H): ha una struttura ciclica in cui gli atomi di azoto hanno un’affinità relativamente debole con H+ e sono solo parzialmente positivi a pH neutro. CATENE LATERALI ACIDE Caratterizzate dalla presenza del gruppo carbossilico. ACIDO ASPARTICO (Asp o D) ACIDO GLUTAMMICO (Glu o E) I residui di cisteina, se si trovano nelle giuste condizioni, possono formare un legame covalente che si chiama ponte disolfuro, è un legame forte, la cui formazione è ottenuta per reazione ossidativa di due molecole di cisteina. Gli umani non riescono a sintetizzare tutti gli amminoacidi in base a questa proprietà vengono classificati in amminoacidi essenziali: acquisiti con l’alimentazione, in quanto il nostro corpo non li produce; amminoacidi non essenziali: il corpo non deve acquisirli da fonti esterne in quanto possono essere sintetizzati Le quantità da produrre/assumere variano a seconda dell’età, in particolare diminuiscono con l’avanzare dell’età. Gli amminoacidi hanno svariate funzioni, tra cui la sintesi delle proteine. Nelle proteine intervengono 20 amminoacidi, tra questi 12 sono sintetizzati dal corpo umano, i restanti 8 sono non essenziali, pertanto vanno ingeriti con l’alimentazione. Le proteine sono formate da amminoacidi che si legano tra loro attraverso un legame tra il gruppo amminico di un amminoacido e il gruppo carbossilico dell’altro. Chimicamente è una reazione di deidratazione, in cui viene rimossa una molecola d’acqua; il legame che si forma è amminico e prende il nome di legame peptidico. In questo legame, il doppio legame C-O risulta mediamente più lungo di un doppio legame e i legami C-C e quello C-NH risultano più corti di un singolo; si genera un doppio legame nei punti del legame singolo. Le proteine sono caratterizzate da uno scheletro polipeptidico (sequenza amminoacidi), in cui è ripetitivo lo schema di legame: c’è un inizio e una fine, per convenzione le sequenze delle proteine vengono riportare dalla posizione 1 dall’N-terminale fino all’ultima posizione che prende il nome di C-terminale. Il legame peptidico individua un piano, in cui le catene laterali si dispongono per evitare l’ingombro sferico, alternandosi da un lato all’altro in modo da minimizzare i contatti e le repulsioni dovute alle cariche dei gruppi vicini. Alcune proteine sono costituite da una singola catena, altre da più catene polipeptidiche, come l’insulina che è formata da 2 catene legate da ponti disolfuro. Ciò che differenzia le proteine è la sequenza degli amminoacidi, che vanno da un numero di 100, per le proteine più piccole (oligopeptidi) fino a migliaia di amminoacidi per quelle più articolate (polipeptidi). Il legame peptidico può avere isomeria -CIS (disposizione dei costituenti dallo stesso lato) o –TRANS (lato opposto). La forma trans è altamente favorita, in quanto nella forma cis è presente l’ingombro sferico che destabilizza la struttura. Nel caso della prolina, la transizione non è bloccata dal punto di vista energetico e quindi si possono avere entrambe le forme. La struttura di ciascun amminoacido in un polipeptide può essere regolata mediante rotazione attorno a due singoli legami: Attraverso l’angolo ϕ, che è l'angolo di rotazione attorno al legame tra gli atomi di azoto e gli atomi di carbonio α ; Attraverso l’angolo ψ , che è l'angolo di rotazione attorno al legame tra gli atomi di carbonio α e quelli di carbonio carbonilico. Gli angoli di dotazione della catena sono riportati nelle mappe di Ramachandran. Non tutte le situazioni sono possibili a causa della dimensioni stessa degli atomi (le dotazioni avvengono solo con i legami semplici). Non tutti i valori di ϕ e ψ sono possibili senza collisioni tra gli atomi. Le regioni più favorevoli sono mostrate in verde scuro; le regioni di confine sono mostrate in verde chiaro. La struttura a destra è sfavorita a causa degli ingombri sferici. Le proteine hanno 4 livelli di organizzazione di complessità crescente: STRUTTURA PRIMARIA La struttura primaria è la sequenza di amminoacidi da cui è costituita la proteina, più precisamente è l’ordine con il quale si succedono gli amminoacidi legati tra loro attraverso il legame peptidico. Una proteina è sempre caratterizzata dalla stessa struttura primaria codificata da un gene, essa infatti è una caratteristica costante e non può cambiare, infatti piccole variazioni possono rendere la proteina inattiva causando un malfunzionamento. Le proteine che svolgono funzioni simili, in organismi diversi, hanno strutture primarie abbastanza simili. STRUTTURA SECONDARIA Gli amminoacidi possono formare delle interazioni tra di loro (interazioni a beveraggio), che identificano la struttura secondaria della proteina, le interazioni si hanno tra elementi che distano 5-6 posizioni. Le strutture secondarie sono sostenute dalla formazione di legami deboli, che differiscono dai legami covalenti per la bassa energia di legame, per cui possono essere facilmente rotti. In particolare, sono stabilizzate dalla formazione di legami ad idrogeno, che si formano ogni volta che l’H è legato ad un elemento più elettronegativo (N o O) e quindi, c’è una parziale delocalizzazione della carica, in cui l’H può formare un legame particolare dipolo dipolo con un atomo accettore. I legami deboli sono necessari in quanto una della proprietà delle proteine è di adattare la propria struttura nel riconoscimento cellulare; la bassa energia di legame ne consente la rottura per poter cambiare localmente la struttura. Esistono due tipi di strutture secondarie: α-helic: gli amminoacidi assumono una disposizione spaziale a forma di elica. Lo scheletro carbonioso polipeptidico si avvolge strettamente intorno ad un asse immaginario, mentre i gruppi R dei residui amminoacidi sporgono al di fuori dello scheletro elicoidale; la ripetitività nella formazione conferisce la forma elicoidale che presenta una cavità centrale. Ogni giro d’elica contiene 3,6 residui e ciascun giro è collegato a quelli adiacenti da tre o quattro legami ad idrogeno, in cui il carbonio dell’amminoacido 1 (CO) si lega all’idrogeno del gruppo amminico che è posizionato 4 residui più avanti (NH). La forma più comune di una 𝛼-elica è quella destrorsa. Spesso gli amminoacidi carichi positivamente si trovano distanziati di tre residui da quelli carichi negativamente, in modo che possa formarsi un’interazione ionica. β sheet: Nella disposizione a foglietto beta, i legami ad idrogeno comportano che le catene proteiche si orientino o in maniera parallela (nello stesso verso del legame carboammidico NH-CO) o in maniera antiparallela (verso opposto) a causa dei legami del gruppo carbossilico e dell'azoto. La struttura è costituita da un ripiegamento di 180° di una sequenza di quattro residui, dove il gruppo carbonilico del primo residuo forma legami idrogeno con l'idrogeno legato all'azoto del quarto residuo. Lo scheletro della catena polipeptidico si estende in una conformazione a zig-zag, dove i gruppi R di amminoacidi adiacenti sporgono in direzioni opposte, creando un'alternanza di sopra-sotto. Abbiamo quindi una disposizione più estesa della molecola proteica. Il foglietto beta ha caratteristiche di idrofobicità (es. acido grasso). Ci sono proteine che sono costituite nella stragrande maggioranza da strutture in α-elica come, ad esempio, la ferritina (proteina che serve a conservare il ferro nel nostro organismo). Nella ferritina si alternano zone ad α-elica con regioni non strutturate (zone flessibili) che sono di connessione fra queste. Le strutture ad α-elica si ritrovano generalmente nelle proteine globulari e solubili in soluzioni acquose (ambienti idrofilici, che espongono le catene laterali all’esterno). Gli acidi grassi invece sono legati da una proteina che ha una struttura prevalentemente a foglietto-β che, per come si dispongono gli amminoacidi, si ritrovano in proteine che sono presenti in ambienti idrofobici come le membrane cellulari. STRUTTURA TERZIARIA La catena polipeptidica può ripiegarsi su se stessa stabilendo delle interazioni a lungo raggio tra amminoacidi non vicini. La struttura terziaria individua la struttura complessiva della proteina, in cui la stabilità avviene perché si formano oltre ai legami a idrogeno, altri due tipi di legami deboli, che sono: interazioni elettrostatiche o ponti salini che avvengono quando nello spazio ci sono gruppi funzionali carichi, con carica opposta (forze attrattive) oppure con carica uguale (forze repulsive) vicini tra loro. Esempio: lisina, con gruppo basico e l'acido glutammico che ha un gruppo carbossilico acido. Questi avvengono fra le catene laterali degli amminoacidi. legami idrofobici che avvengono quando ci sono molecole idrofobiche vicine. La struttura terziaria è stabilizzata ancora una volta da una molteplicità di legami deboli tra le catene laterali e gli amminoacidi, per cui una proteina nascente può adottare conformazioni instabili, ma quando la proteina è funzionalmente attiva adotta una conformazione stabile, che è la conformazione a cui corrisponde la struttura. Esiste un solo legame covalente che stabilizza la struttura terziaria, che è il ponte disolfuro. Tutte le proteine sono costituite da questa struttura terziaria, la cui posizione determina una disposizione degli amminoacidi interni ed esterni, e quindi le proteine si caratterizzeranno per una disposizione diversa principalmente per la loro delocalizzazione e per la loro funzione. Un esempio sono le porine: proteine inserite nella membrana plasmatica, esse dispongono di amminoacidi in modo tale da avere una distribuzione di amminoacidi idrofobici all’esterno e una distribuzione di amminoacidi carichi all’interno; quindi, si crea proprio un canale dove vengono trasportati ioni o molecole cariche (es. Na+ o Cl-) che non potrebbe attraversare la membrana per semplice diffusione poiché non riuscirebbe affatto ad attraversare la membrana. Le porine sono quindi una classe di proteine che si comporta come canale per il passaggio di amminoacidi polari, ioni ecc... Esistono proteine che sono costituite da più di una catena polipeptidica, come ad esempio l’emoglobina che ne ha 4, le quali sono tutte uguali a due a due, due sono definite alfa e due sono definite beta; codificate da due geni diversi, uno per alfa e uno per beta. La perfetta funzione dell’emoglobina nasce dal fatto che queste catene si organizzano nello spazio stabilendo dei legami fra le zone di contatto delle catene stesse: questi legami sono della stessa tipologia delle precedenti: ponti a idrogeno e legami salini. STRUTTURA QUATERNARIA Se una proteina è costituita da due o più subunità polipeptidiche, la sua struttura è definita quaternaria. Quando abbiamo una struttura quaternaria, la rottura o la formazione delle interazioni tra le varie catene polipeptidiche può determinare degli stati conformazioni diversi, per esempio l’emoglobina può assumere uno stato più affine o meno affine all’ossigeno, e ciò permette all’emoglobina di svolgere la sua funzione di trasporto. Si parla di omopolimeri se le strutture quaternarie sono formate da stessa subunità, eteropolimeri in caso contrario. La struttura quaternaria può essere stabilizzata da ponti H come nelle immunoglobuline fra la catena pesante e quella leggera. Le immunoglobuline hanno una porzione costante ed una variabile. LA CONFORMAZIONE DI UNA PROTEINA Una cosa importante è che in una cellula non esiste un numero infinito di organizzazioni strutturali, ma esistono dei domini strutturali con forme geometriche singolari che possono essere presenti in diverse proteine che svolgono la stessa funzione. È vero che possiamo avere diverse proteine a causa della diversa combinazione di amminoacidi, ma l’organizzazione strutturale degli amminoacidi viene fatta a blocchi, cioè, esistono domini strutturali delle proteine, e che ad una certa tipologia di struttura corrisponde una certa tipologia di funzione. Ogni proteina non ha infinite strutture ma utilizza domini specifici a seconda della funzione svolta, e diverse proteine con stessi domini assolvono alla stessa funzione. La struttura terziaria o quaternaria di una proteina, a seconda che essa sia monomerica (composta da una catena di amminoacidi) o oligomerica (composta da più catene di amminoacidi), è chiamata struttura nativa. La disposizione spaziale degli atomi di una proteina, o di una porzione di una proteina, è detta conformazione. Le conformazioni possibili di una proteina, o di un segmento di una proteina, corrispondono a tutte le strutture che la proteina può assumere senza rottura di legami covalenti. Quando si trovano in uno dei loro stati conformazionali funzionali le proteine sono dette native. Dopo la sintesi della proteina attraverso il gene, avviene il processo di acquisizione della struttura nativa, che prende il nome di folding; la struttura nativa di una proteina è la struttura alla quale è associata la funzione della proteina stessa ed è quindi stabilizzata dalla formazione di legami deboli. Il processo opposto al folding si chiama denaturazione, cioè quando la proteina perde la struttura nativa (quando vengono rotte le interazioni che la stabilizzano) e ogni qual volta si ha la rottura dei legami deboli costituenti la struttura nativa stessa. Tali interazioni posso essere rotte a causa per stress termici (aumento di temperatura), tramite pH acidi o basici o tramite l’esposizione della proteina a solventi organici miscibili con l’acqua come l’alcol e l’acetone. Se il processo di denaturazione è un processo lento, per esempio riscaldando la proteina lentamente e riportandola sempre lentamente allo stato iniziale, allora il processo è reversibile, mentre se c’è un fenomeno elevato di stress termico non è reversibile. Quando lo stato nativo è caratterizzato anche dalla presenza di ponti disolfuro, il processo di folding è accompagnato anche dalla formazione di ponti S fra residui di cisteina che ricordiamo essere non casuali ma fra coppie fisse e determinate. Il meccanismo di folding parte sempre da uno stato a livello entropico maggiore, ad uno che porta all'acquisizione della struttura nativa a livello entropico minore, a causa della forza spingente che è la formazione di legami deboli. Il processo di folding è un processo assistito da proteine che prendono il nome di chaperon, attraverso le quali la cellula deve favorire il ripiegamento della proteina verso la struttura nativa, e tale processo può concludersi con una proteina totalmente o parzialmente foldata (misfolding), e nel secondo caso avremo uno stato in cui la proteina non è più prono all’aggregazione. Siccome questi processi sono paralleli e competitivi, bisogna evitare che vi siano fenomeni di interazione che determinano precipitazione, favorendo invece legami che determinino il ripiegamento della catena amminoacidica. Si evita ciò facendo in modo che la proteina unfoldata venga posta all'interno della cavità del grande complesso macromolecolare che, a spese di molecole di ATP (spendendo energia), non vede altre interazioni ed è costretta a ripiegarsi fino ad arrivare a situazioni di struttura completa o parziale. Molte patologie, fra cui il diabete di tipo 2, il morbo di Alzheimer, il morbo di Huntington e il morbo di Parkinson, hanno in comune un meccanismo di avvolgimento non corretto. In molti casi, una proteina solubile viene secreta da una cellula con un avvolgimento non corretto e convertita in una fibra extracellulare amiloide insolubile. Le malattie che ne derivano prendono collettivamente il nome di AMILOIDOSI. Quindi, gli aggregati che possono formarsi sono dette fibrille amiloide e possono formarsi quando si hanno anomalie fra gli chaperon e la catena proteica nascente, o a causa di proteina che non hanno una corretta struttura primaria e che risulta instabile e pertanto porta a fenomeni di aggregazione. Questo determina alcuni processi di protein-misfolding-diseases (un ripiegamento non corretto è alla base di molte malattie per l’uomo). Tutti gli eventi nella cellula devono essere compatibili con la vita cellulare; quindi, qualsiasi reazione in una cellula è catalizzata o assistita da proteine o da enzimi. In particolar modo se noi mettiamo una proteina in una provetta, in condizioni favorevoli, la proteina riacquisisce la struttura nativa. Due sono gli elementi che una cellula considera: la velocità di acquisizione della struttura nativa, e quindi chiaramente deve avvenire velocemente; il fatto che si deve favorire il ripiegamento della proteina rispetto ai fenomeni di aggregazione. La proteina si trova in un ambiente protetto che in qualche modo forza le regioni della proteina a interagire l’una con l’altra in modo tale da far formare i legami che stabilizzano gli elementi strutturali della proteina e quindi poi la proteina viene rilasciata in forma o totalmente foldata o parzialmente foldata e non più prono all'aggregazione dal complesso macromolecolare Chaperon. MALATTIE DA MISFOLDING DI PROTEINE Queste patologie vengono conosciute con il nome di misfolding diseases, ed includono tutte le condizioni in cui le proteine: non si ripiegano correttamente perché hanno una malformazione, oppure si ripiegano ma non sono abbastanza stabili, cioè, acquisiscono una struttura che non è propriamente quella nativa ed è meno stabile. Alcune proteine acquisiscono una struttura terziaria e poi vengono trasportate in un luogo diverso e se non sono abbastanza stabili falliscono nell’essere trasportate. Alcune patologie come il Parkinson sono caratterizzate da eventi nella cellula che portano alla formazione di proteine insolubili che si depositano e risultano tossiche. Queste proteine sono conosciute col nome di amiloidosi, le quali possono essere: sistemiche, cioè, possono verificarsi in ciascun organo e possono causare gravi cambiamenti. limitate all’accumulo in un solo organo, per esempio, nel caso di malattie neurodegenerative, esse avvengono nel cervello. fibrille amiloidi: caratterizzate dalla formazione, accumulo e deposizione di aggregati fibrillari insolubili altamente organizzati che sono simili tra loro. In alcuni casi strutture amiloidiche possono essere anche funzionali e non necessariamente si tratta di patologie che generano malattie. Le tecniche di imaging sono ad oggi gli strumenti diagnostici migliori per verificare la presenza di depositi di amiloidosi. AMILOIDOSI SISTEMICA L’amiloidisi che colpisce i tessuti in tutto il corpo è indicata come amiloidosi sistemica. È classificata in: amiloidosi sistemica primaria (amiloidosi AL): causata dalla deposizione di fibrille costituite da catene leggere di immunoglobuline piegate male o frammenti di catene leggere derivate dalla degradazione proteolitica; l’età media di insorgenza è di circa 65 anni; di solito colpisce il cuore, i reni, il fegato e i nervi. amiloidosi secondaria (amiloidosi AA): di solito è innescata da una malattia infiammatoria come l’artrite reumatoide, la tubercolosi, la fibrosi cistica e alcuni tumori; è caratterizzata da un forte aumento della secrezione di un polipeptide chiamato amiloide sierica A; è generalmente fatale entro pochi anni dalla sua insorgenza; le mutazioni nella transtiretina sono un esempio di amiloidosi sistemica secondaria, in quanto una varietà di mutazioni di questa proteina porta alla deposizione amiloide concentrata attorno a diversi tessuti, producendo così sintomi diversi. AMILOIDOSI DI UN ORGANO PARTICOLARE In alcuni casi la proteina amiloide viene prodotta dal tessuto interessato e la sua concentrazione localmente elevata porta alla deposizione di amiloide attorno a quel tessuto. Ad esempio la secrezione di polipeptide amiloide (IAPP) o amilina da parte delle cellule β del pancreas, porta a depositi di amiloide attorno agli isolotti che distruggono gradualmente queste cellule. Ciò alla fine si traduce nel diabete mellito di tipo 2. L’insorgere di questi amiloidi può provocare disturbi neurodegenerativi, tra cui: malattia di Alzheimer: si ha a causa della deposizione extracellulare del peptide amiloide-β da parte dei neuroni; Parkinsonismo: dovuto a mutazioni ereditarie nella proteina tau all’interno dei neuroni. Questa mutazione provoca demenza frontotemporale e parkinsonismo una condizione con sintomi simili alla malattia di Parkinson; malattia di Parkinson: si ha a causa dell’aggregazione della proteina α-sinucleina mal ripiegata. Questa si aggrega in masse filamentose chiamate corpi di Lewy; malattia di Huntington: provocata dall’aggregazione intracellulare della proteina huntingtina che ha una lunga ripetizione di poliglutamina. Ci sono anche altre malattie dovute alla malformazione delle proteine: fibrosi cistica: si ha a causa di una mutazione nella proteina CFTR che agisce come un canale del cloruro. CFTR sta per regolatore di conduttanza transmembrana della fibrosi cistica. La proteina si piega in modo errato, il che interferisce con il suo inserimento nella membrana plasmatica, con conseguente riduzione del movimento degli ioni di cloruro e dell’acqua attraverso le membrane plasmatiche nelle cellule epiteliali che rivestono le vie aeree, il tratto digestivo e le ghiandole esocrine (pancreas, ghiandole sudoripare, dotti biliari e vasi deferens). La diminuzione dell’esportazione di ioni di cloruro è accompagnata da una diminuzione dell’esportazione di acqua dalle cellule, causando la disidratazione, lo spessore e l’appiccico del muco sulle superfici delle cellule. Questo riduce la capacità delle ciglia di spazzare via i batteri e aumenta la probabilità di infezione causando danni progressivi ai polmoni e riduzione dell’efficienza respiratoria; malattie da prioni: sono un gruppo di disturbi neurodegenerativi che possono colpire sia gli esseri umani che gli animali. Sono causate dalla deposizione di proteine piegate in modo anomalo nel cervello, in particolare le proteine mal ripiegate chiamate prioniche (PrP). La PrP mal ripiegata inizia ad accumularsi e forma grumi all’interno del cervello, danneggiando e uccidendo le cellule nervose. Questo danno provoca la formazione di piccoli fori nel tessuto cerebrale, facendolo apparire come una spugna al microscopio. Questo è il motivo per cui le malattie da prioni sono indicate come “encefalopatie spongiformi”. Questa potrebbe essere acquisita (esposizione a PrP da fonte esterna), ereditaria (mutazioni presenti nel genere che codifica per PrP) o sporadica (PrP piegata in modo errato può svilupparsi per qualche motivo sconosciuto). Alcuni esempi di malattia prionica sono: encefalopatia spongiforme bovina (malattia della mucca pazza) o la malattia di Creutzfeld-Jabob per l’uomo. LE MODIFICHE POST-TRADUZIONALI Con le modifiche post-traduzionali, le proteine possono essere ulteriormente modificate dall’aggiunta di specifici gruppi funzionali, e ciò determina che l’ambiente in cui questo gruppo viene aggiunto cambia la sua carica. I processi di traduzione sono processi in cui la sequenza nucleotidica viene tradotta in sequenza amminoacidica. Queste modifiche determinano che l'ambiente in cui il gruppo viene aggiunto cambi la propria natura; il gruppo fosfato è ad esempio carico negativamente, pertanto, quando viene aggiunto alla catena laterale, questa diventa carica e può stabilire interazioni diverse che in caso contrario non potrebbero fare. La stessa proteina può subire anche modifiche post traduzionali diverse, in quanto esse sono reversibili, poiché la cellula, tramite specifici enzimi, può aggiungere per esempio un gruppo fosfato alla proteina e poi rimuoverlo. Tali modifiche permettono alla cellula di variare ulteriormente la conformazione locale delle proteine in base a delle specifiche esigenze; quindi, la presenza di tali modifiche aumenta la complessità del proteoma, cioè la cellula, utilizzando stessi amminoacidi e dando luogo a strutture diverse, può modificare quella struttura rendendola funzionalmente diversa. Esistono degli istogrammi che riportano il numero di volte che l’evento avviene in una proteina rispetto al tipo di modifica, e in base a questo, la modifica post traduzionale più frequente è la fosforilazione (aggiunta del gruppo fosfato), seguita dall’acetilazione. La fosforilazione avviene sui residui di serina, tirosina, trianina, in particolare avviene tra il gruppo OH e il fosfato. Gli enzimi che caratterizzano la fosforilazione si chiamano chinasi, i quali sono specifici per il substrato da fosforilare. Il donatore del gruppo fosfato è primariamente l'ATP, che subisce l'idrolisi di uno dei suoi fosfati, mentre la reazione inversa viene chiamata defosforilazione, catalizzata dall'enzima fosfatasi. Le modifiche fosforilazionali non sono eventi spontanei, e il gruppo fosfato non può essere aggiunto a caso sulle catene laterali a causa della reattività delle molecole. La fosforilazione infatti, avviene sulle catene laterali di tre residui che contengono un gruppo OH, che sono: il residuo di serina, treonina e citosina. Le zone che contengono questi residui possono essere riconosciute dalle chinasi per catalizzare la fosforilazione e laddove non ci sono tali residui non può avvenire la fosforilazione. Andiamo a considerare proteine abbastanza piccole come gli istoni, i quali sono proteine che si assemblano agli acidi nucleici nella cromatina dando luogo alle strutture di conservazione degli acidi nucleici, e tali strutture devono oscillare tra una forma compatta e una forma aperta per permettere la replicazione del DNA; quindi le modifiche post traduzionali degli istoni vengono utilizzate dalla cellula come elementi di segnalazione affinché la cromatina sia più chiusa o più aperta per iniziare la replicazione del DNA. Gli istoni, proteine basiche che costituiscono la cromatina, possono essere variamente modificati. Tutto il discorso si riassume affermando che utilizzando le modifiche post-traduzionali la stessa sequenza amminoacidica può essere trasformata dalla cellula in un oggetto che ha una funzione leggermente diversa. GENERALITÀ La struttura quaternaria è una struttura multimerica, ossia è formata da più di una catena polipeptidica, se ci sono due catene parleremo di struttura bimerica, trimerica e così via. Le proteine possono dar luogo a strutture complesse sovra-molecolari, che possono essere costitute solo da proteine oppure da elementi diversi, come per esempio strutture come la cromatina, oppure gli acidi nucleici; e possono svolgere molteplici funzioni all’interno della cellula, per esempio possono essere inserite in membrane cellulari e avere la funzione di trasporto di molecole dall’esterno all’interno della cellula, possono formare le strutture dei muscoli oppure essere coinvolte nella catalisi delle reazioni, noi infatti spenderemo tempo nello studiare le caratteristiche di specifiche proteine chiamate enzimi, che sono appunto coinvolte nella catalisi delle reazioni, e possiamo affermare infine che proteine diverse possono essere coinvolte in funzioni diverse. Il proteoma è l’insieme di tutte le proteine che caratterizza un tessuto o un organo. La struttura primaria di una proteina è codificata da una struttura che deve essere trascritta e tradotta in una sequenza di mRNA, e a seconda di come le regioni esoniche e quelle introniche si combinano, noi possiamo avere prodotti proteici diversi, e quindi la stessa sequenza genica può dare luogo a trascritti diversi. Inoltre, dato che la stessa sequenza proteica può essere ulteriormente modificata con l’aggiunta di gruppi funzionali, il numero di strutture proteiche che la cellula può sintetizzare a partire dalla stessa sequenza genica può aumentare. Tra le strutture sovramolecolari si distingue l’alfa elica della proteina che prende il nome di cheratina; la sua struttura sovramolecolare è costituita da una doppia elica, la quale si assembla dando luogo ad una struttura chiamata proto-filamento; più proto-filamenti vanno a formare proto-fibrilla. La conoscenza della struttura delle molecole permette di studiare le disfunzioni ed utilizzare sia strategie terapeutiche, sia device tecnologici per migliorarle. Nei capelli le catene sono stabilizzate da ponti disolfuro tra una fibrilla e l’altra, questi vengono ridotti e ossidati in maniera casuale in modo tale da rompere l’allineamento delle fibrille, le quali vengono slittate una verso l’altra creando un riccio. La miosina è un’altra struttura sovra molecolare formata da due catene (sovra elica); è presente nei nostri muscoli insieme all’actina. COLLAGENE Il collagene si trova nei tessuti connettivi, come i tendini, la matrice organica dell’osso, la cornea dell’occhio e la cartilagine; l’elica del collagene è una struttura secondaria unica, che si differenzia dell’alfa elica, in quanto presenta una sequenza tripeptidica ripetuta GLY-X-PRO o GLY-X-4HYP, che costituisce una struttura elicoidale sinistrorsa con tre residui per giro. I residui sono glicina, un amminoacido qualsiasi (X) e una prolina (amminoacido che “rompe l’elica” a causa della sua struttura che provoca una distorsione della struttura secondaria). Tre di queste sequenze tripeptidiche (sinistrorse) si avvolgono l’una intorno all’altra, con una torsione verso destra, per formare la struttura terziaria del collagene, costituita quindi da una tripla elica (destrorsa). Tante triple eliche unite in diversi stati tensioni (con forza diversa) hanno dunque funzioni diverse, ad esempio le fibrille di collagene sono complessi sovramolecolari costituiti molecole di collagene a tripla elica associate in vari modi, per fornire diversi gradi di resistenza a trazione. Nella molecola di collagene, le fibrille sono legate l’una all’altra dalla formazione di un legame covalente inusuale per le altre proteine, il legame covalente crociato, in cui si verifica una condensazione tra il gruppo amminico e quello aldeidico che unisce le due catene con un legame imminico. La numerosità di questi legami serve a stabilizzare la struttura, ma è anche la ragione per la quale abbiamo degli elementi di resistenza all’elasticità del collagene, infatti durante i processi di invecchiamento aumentano questi legami, di conseguenza la fragilità delle strutture in vecchiaia è dovuta proprio alla maggiore presenza di questi legami. TIPI DI COLLAGENE Tipo I (più comune): nelle ossa, nel tessuto cicatriziale, nei tendini, legamenti. Tipo II: cartilagine ialina. Tipo III: presente nella matrice extracellulare all’inizio del tessuto di granulazione (guarigione della ferita); sostituito dal tipo I nel tessuto cicatriziale maturo. Tipo IV: cristallino dell'occhio; lamina basale sotto l'epitelio (specialmente in pelle, sotto l'epidermide); capillari, compresi i glomeruli. Tipo V: tessuto interstiziale (tessuto connettivo lasso); placenta. L'elenco arriva fino a 30 Esistono patologie genetiche ereditarie legate a sequenze non corrette e quindi ad acquisizioni di struttura sovra molecolare non corretta, tra queste: l’osteogenesi imperfetta: è una patologia che si manifesta nei neonati con formazione anormala delle ossa, a causa di una mutazione del gene del collagene, che è presente in quantità ridotte o è di bassa qualità. Si riscontrano almeno 8 varianti, a seconda delle quali possono esserci mutazioni diverse, si parla di manifestazioni fenotipiche, cioè il genotipo (caratterizzazione genetica) è legato ad una manifestazione fenotipica (espressione del carattere genetico) diversa a seconda del tipo di mutazione, questo poiché non tutte le posizioni all’interno delle strutture terziarie e quaternarie hanno la stessa equivalenza. Una sostituzione di un amminoacido con uno che ha le stesse caratteristiche chimico fisiche è molto più tollerata di una con un amminoacido che invece ha caratteristiche chimico fisiche diverse, inoltre dipende anche dal luogo della sostituzione, infatti ci sono delle zone più cruciali chiamate hotspot mutazionale in cui la sostituzione crea più alterazioni nella struttura, e altre zone che invece danno meno problemi. sindrome di Ehlers-Danlos: caratterizzata da lassità delle articolazioni e iperelasticità della cute; si riscontrano almeno sei varianti, alcune delle quali possono essere letali, mentre altre causano problemi per tutta la vita. Tutte le varianti derivano dalla sostituzione di un singolo residuo di glicina con un gruppo R più grande; questi sostituenti hanno un effetto catastrofico sulla funzione del collagene poiché interrompono la ripetizione Gly-X-Y che conferisce al collagene la sua particolare struttura elicoidale. scorbuto: causato da un’assenza di vitamina C, che deriva dal glucosio, non sintetizzabile dagli umani. L’assenza di vitamina c comporta un deficit di idrossilazione del collagene, infatti nel collagene la modifica post traduttiva più importante è l’idrossidazione dei residui di lisina e prolina, che è catalizzata da enzimi che utilizzano la vitamina c come fonte. Queste sono patologie genetiche autosomiche dominanti, le patologie possono essere caratterizzate, oltre che dall’espressione di un prodotto che non è uguale a quello naturale, anche da un'espressione ridotta; quindi le mutazioni influenzano, più che la sintesi, il processo di folding (acquisizione di modiche post traduzionali e acquisizione della struttura terziaria), dando luogo ad un prodotto che è meno stabile e che quindi non riesce a raggiungere la struttura terziaria e per questo si ha una minore di quantità di collagene produttivo. La presenza di mutazioni determina dei tratti in cui c’è la perdita della tripla elica e quindi la struttura sovra molecolare non si forma correttamente come si dovrebbe formare. PPT 3 CARBOIDRATI. Un'altra classe di macromolecole è costituita dai polisaccaridi (carboidrati), le cui unità costitutive sono i monosaccaridi. Col termine carboidrati, che già dal nome ricorda il concetto di idratazione dell'acqua, indichiamo una molecola che è costituita da carbonio, idrogeno e ossigeno, la cui formula empirica è Cm(H2O)n; sono inoltre le molecole più abbondanti sulla terra. I carboidrati, in generale, possono appartenere a due classi: gli idrossialdeide e gli idrossichetoni. In figura sono presenti strutture a 6 atomi di carbonio: D-glucosio e D-fruttosio Sono preceduti dalla lettera D, perché i gruppi OH possono essere disposti in maniera diversa nello spazio, e dato che, possiamo avere diversi isomeri, è necessario precisare per caratterizzare quel determinato isomero. La definizione di isomero è importante perché determina il riconoscimento della molecola: iI glucosio è il carboidrato più importante poichè è la molecola da cui il corpo umano ricava energia, nella formazione dei polisaccaridi interviene solo il D-glucosio e gli enzimi che lo riconoscono, non sono in grado di riconoscere altri isomeri del glucosio. La funzione aldeidica è definita dalla formula CHO e contiene il gruppo carbonilico; il carbonio è legato ad un altro atomo di carbonio e ad un idrogeno e si trova sempre in posizione 1. La funzione chetonica è definita dal gruppo C=O che a differenza del legame aldeidico si trova nel mezzo della formula di struttura. lI carbonio impiegato in questo doppio legame forma a sua volta altri due legami con atomi di carbonio e quindi esso non è dipendente dalla presenza del legame con l'idrogeno. A C Quest'ultima osservazione è molto importante in quanto aldeidi e chetoni hanno una reattività diversa che dipende proprio dalla presenza o meno del legame con l'idrogeno; gli aldeidi che presentano un idrogeno nel gruppo possono essere ossidati ad acidi carbossilici, i chetoni no. Per parlare di isomeri consideriamo il carboidrato più semplice fra gli aldeidi, una molecola con 3 atomi di carbonio chiamata gliceraldeide, la cui numerazione parte dal C aldeidico. Questa molecola presenta un atomo di C chirale in quanto legato a 4 sostituenti diversi. Una molecola che contiene un atomo chirale ha la proprietà di formare due isomeri: gli stereoisomeri, ovvero l'uno l’immagine speculare dell'altro e prendono il nome di enantiomeri. Questi, a seconda della disposizione del gruppo OH, si differenziano perché hanno proprietà fisiche diverse (possono deviare la luce polarizzata a dx o sx del piano). Se all'interno della molecola è presente più di un atomo chirale si parlerà di diasteroisomeri, in cui se sovrapposti, non sono speculari, ma si avrà una diversa disposizione dei gruppi funzionali rispetto all’atomo centrale chirale. Negli organismi viventi le molecole chirali sono presenti solo in una forma chirale: gli amminoacidi nelle proteine sono L-isomeri mentre i carboidrati sono D-isomeri. FORMULE DI PROIEZIONE DI FISHER Per rappresentare questo tipo di strutture vengono utilizzate le proiezioni di Fisher, che sono rappresentazioni bidimensionali di strutture tridimensionali in cui: il punto di intersezione, che non viene evidenziato, è il carbonio chirale; i legami verticali sono quelli sotto il piano del foglio; i legami orizzontali vanno verso chi osserva la molecola. È possibile utilizzare anche linee piene e tratteggiate. MONOSACCARIDI I monosaccaridi possono avere diversi atomi di carbonio: 3,4,5,6. Per le molecole composte da 3 atomi di C si può scrivere solo un isomero, tenendo fissa la posizione dell’OH a dx (D o L). Per 4 atomi di C si possono avere due isomeri posizionando l'OH a destra o sinista dell'OH del gruppo principale Per 5 atomi di C si possono avere 4 isomeri Per 6 atomi di C si possono avere 8 isomeri: tutte le strutture hanno lo stesso gruppo a destra, si possono scrivere isomeri diversi sposando liberamente gli altri 3 gruppi ossidrili. Ad esempio, il D-glucosio e il D-galattosio, entrambi a 6 atomi di C, si differenziano solo per la disposizione del gruppo OH sul C4 (invertita). Nonostante abbiano le stesse proprietà chimico-fisiche, gli enzimi che degradano il glucosio non riconoscono il galattosio. Per i chetosi, avendo il C carbonilico in posizione 2, possiamo scrivere un numero ridotto di isomeri, ma valgono le stesse considerazioni degli aldeidi. FORMA AD ANELLO In soluzione acquosa, il gruppo aldeidico o chetonico di una molecola di zucchero, tende a reagire con un gruppo idrossilico della stessa molecola, chiudendola in un anello. In soluzione acquosa, per il glucosio e il ribosio, la struttura lineare è in equilibrio con la struttura ciclica. In queste strutture, la numerazione parte dal C aldeidico, ciò che si trovava a destra della struttura lineare si dispone sotto il piano, quello a sinistra sopra. In soluzione, l’ossidrile presente sul C5 tende a reagire con il C carbonilico, c’è l’apertura del doppio legame e l’O carico negativamente può prendere un H dall’acqua, individuando una struttura ciclica, che sarà più stabile rispetto alla struttura lineare se presenta un numero di C superiore a 5 (glucosio), meno stabile in caso contrario (ribosio). In soluzione acquosa, inoltre, per minimizzare ulteriormente la repulsione dei gruppi, la struttura ciclica del glucosio assume una struttura a sedia. Quando l'ossigeno del gruppo ossidrile OH del carbonio C5 attacca il carbonio carbonilico, il gruppo OH può adottare due disposizioni diverse: struttura-ß: disposizione del gruppo OH al di sopra del piano individuato dalla struttura ciclica; struttura-α: disposizione del gruppo OH al di sotto del piano individuato dalla struttura ciclica. Questo è un tipo di isomeria chiamata anomeria. Quando si tratta di un monosaccaride libero la disposizione del gruppo OH ha relativamente poca importanza, infatti, in soluzione, le due strutture sono interscambiabili, si parla di muta rotazione poiché possono crearsi e scambiarsi di continuo; mentre nei polisaccaridi biologici la posizione del gruppo è ben definita. Il glicogeno e la cellulosa sono entrambi polimeri di glucosio legati con un legame 1-4, il glicogeno contiene isomeri α, mentre la cellulosa isomeri β. Di conseguenza, le organizzazioni strutturali sono diverse e gli enzimi che degradano il glicogeno non riconoscono la cellulosa ed è per questo che l’organismo umano non è in grado di digerire cellulosa. DERIVATI DELLO ZUCCHERO L’α-D-Glucosio è il carboidrato precursore da cui si può generare una serie di carboidrati, derivanti dal glucosio, sostituendo il gruppo ossidrile con altri gruppi funzionali. Ad esempio gli amminozuccheri sono zuccheri in cui un gruppo ossidrile viene sostituito da ammina, nel caso della glucosamina, o dal gruppo acetile, nel caso della N-acetilglucosammina. Le proprietà chimico fisiche saranno ovviamente diverse da quelle della molecola precursore. È possibile anche avere la presenza di gruppi carbossilici nelle molecole di glucosio: come nel caso dell’acido glucuronico realizzato per rendere le sostanze più facilmente smaltibili (reazioni di detossificazione); il fegato è impegnato a smaltire sostanze esogene in eccesso come i farmaci, se un farmaco è poco idrofilico, il fegato deve aggiungere acido glucuronico affinché il gruppo carbossilico renda la molecola idrofilica e smaltibile nelle urine. Una delle determinazioni più frequenti in chimica analitica è la determinazione del glucosio nel sangue e nelle urine che si avvale di reazioni di ossidazione: il glucosio può essere ossidato ad acido gluconico dalla glucosio-ossidasi, producendo perossido di idrogeno, che trattato da una perossidasi forma un prodotto colorato; mediante un assortimento si determina la concentrazione del glucosio, che è in rapporto lineare con la quantità di prodotto colorato. Questo esempio è un accoppiamento di reazioni, in cui si accoppiano due reazioni inverse sfruttando il prodotto di una delle due. DISACCARIDI I disaccaridi sono i polisaccaridi più semplici in quanto formati dall’unione di soli 2 monosaccaridi, che reagiscono tramite un legame glicosilico. Il maltosio è un disaccaride formato per condensazione di due molecole di glucosio (α-D-glucosio e β-D-glucosio) attraverso un legame glicosilico 1-4, in cui reagisce il C1 (carbonio carbonilico) e un gruppo OH, con la perdita di una molecola di acqua. La scrittura 1-4 è specifica per questo legame, in quanto sul primo glucosio c’è un solo carbonio ossidrilico (1), mentre sulla seconda molecola ci sono 4 gruppi ossidrilici (4) e chimicamente il legame si può formare tra l’unico C carbonilico e ciascuno dei 4 ossidrili. La reazione opposta è quella di idrolisi dove si fornisce una molecola d’acqua necessaria alla rottura del legame fra il carbonio carbonilico e il gruppo OH per riformare i due monosaccaridi intervenuti nel legame glicosidico. Quando si forma il legame, la posizione (alfa) è bloccata a differenza del glucosio libero, infatti nei disaccaridi le due estremità non sono uguali dal punto di vista della reattività, per tale motivo vengono indicate con i termini riducente e non riducente: A sx estremità non riducente, perché il C carbonilico è bloccato nel legame A dx estremità riducente, perché il C è libero e può ossidarsi POLISACCARIDI I polisaccaridi sono polimeri formati da più momosaccaridi. Le funzioni principali sono: Deposito di energia chimica (glicogeno, amido) Costituenti delle strutture di sostegno delle piante (cellulosa), dei gusci dei crostacei (chitina), dei tessuti connettivi degli animali (polisaccaridi acidi); inoltre essi sono anche componenti essenziali degli acidi nucleici (d-ribosio e 2- doessi-ribosio). elementi di riconoscimento extra-cellulare che legano proteine su altre cellule. Le catene dei polisaccaridi, lineari se costituiti da una singola catena o ramificati se costituiti da più catene, sono formate da semplici subunità di zucchero ripetute: le catene corte sono chiamate oligosaccaridi, mentre le catene lunghe sono chiamate polisaccaridi. I polisaccaridi differiscono tra loro anche per il tipo di unità monosaccaridi: omopolisaccaridi=contengono soltanto un tipo di unità monomerica (es. glicogeno e amido) eteropolisaccaridi= due o più tipi di unità monomeriche. GLICOGENO: è un omopolisaccaride ramificato, costituito interamente da unità di glucosio, che le nostre cellule utilizzano come riserva di quest’ultimo. Le cellule degradano il glucosio per produrre energia (ATP), se la cellula è in uno stato di equilibrio energetico, quindi non necessita energia, il glucosio ingerito viene trasformato in glicogeno per conservarlo. La struttura ramificata è dovuta ai legami che uniscono le molecole: dalle catene lineari, tenute insieme da legami α-1,4- glicosidici, ogni 8-12 residui, si formano dei punti di ramificazione (branch points), con legami α-1,6, da cui partono le nuove ramificazioni. La struttura ramificata comporta 2 vantaggi: 1. Permette di avere più unità di glucosio nello stesso spazio 2. Quando la concentrazione del glucosio nel sangue scende al di sotto dei livelli fisiologici, c’è necessità che la cellula risponda in tempi veloci; gli enzimi che degradano il glicogeno per produrre glucosio libero, grazie alla struttura ramificata, hanno più punti di accesso, che permettono di rilasciare molte più molecole nell’unita di tempo, ripristinando velocemente la C del glucosio. AMILOSIO: omopolisaccaride lineare con legami α-1,4-glc la cui funzione è di riserva energetica nelle piante AMILOPECTINA: omopolisaccaride ramificato, legami α-1,4-glc e ogni 24-30 residui, troviamo punti di ramificazione con legami α-1,6-glc. La funzione è analoga a quella dell’amilosio ma riguarda strutture più complesse. CELLULOSA: omopolisaccaride lineare, legami α-1,4-glc, funzione strutturale nelle piante CHITINA: omopolisaccaride lineare, legami β-1,4-glcNac, funzione strutturale gusci insetti e crostacei MATRICE EXTRACELLULARE Negli organismi pluricellulari lo spazio che circonda le cellule è riempito da un materiale gel-like chiamato matrice extracellulare, che tiene insieme le cellule e forma un tessuto poroso che rende possibile la diffusione di nutrienti e ossigeno attraverso le singole cellule e gli scambi di messaggeri chimici. La matrice extracellulare che circonda fibroblasti e altri tessuti connettivi è composta da una fitta rete di eteropolisaccaridi (GAG) e proteine fibrose come collagene, elastina e fibronectina. I glicosamminoglicani (GAG) sono i componenti principali della matrice extracellulare e sono costituiti da un numero molto elevato di monosaccaridi per proteina. Essi hanno un'alta densità di gruppi negativi, quindi per minimizzare la repulsione adottano una conformazione estesa in soluzione, formando un'elica simile a un bastoncino in cui le cariche negative si trovano su lati alterni dell'elica. Alcuni tipi di GAG sono: -Acido ialuronico disaccaride ripetente È un componente della matrice extracellulare della cartilagine e dei tendini, che contribuisce alla resistenza tensoriale e all'elasticità grazie alle sue forti interazioni non covalenti con altri componenti della matrice. Esso è ad esempio il lubrificante nel liquido sinoviale delle articolazioni, oppure è responsabile della consistenza gelatinosa dell'umor vitreo degli occhi dei vertebrati. -Condroitina 4-solfato -Cheratina solfato Contribuisce alla È presente nella cornea, nella resistenza tensoriale di cartilagine, nell'osso e cartilagini, tendini, in una varietà di strutture cornee, legamenti e delle pareti corno, capelli, unghie dell'aorta Tra i glicosamminoglicani troviamo poi anche l'eparina, che è conosciuta per le sue proprietà anticoagulanti. Utilizziamo l'eparina, per esempio, come farmaco per prevenire fenomeni di coagulazione. PROTEOGLICANI Le membrane cellulari sono degli elementi idrofobici costituiti da lipidi. Questo disegno rappresenta una proteina integrale di membrana, ossia questa proteina ad α-elica è inserita all'interno della membrana (che separa l'interno della cellula dall'esterno). È possibile che la parte extracellulare della proteina si leghi covalentemente a delle catene di glicosamminoglicani, stabilendo quindi delle interazioni con gli altri elementi presenti nella matrice extracellulare. Le strutture che possono essere assunte sono molteplici, questa rappresentata si chiama syndecan (dei proteoglicani). Altre strutture di glicosamminoglicani legati alla proteina sono chiamate glyplcan e perlecan. Nel primo caso un lipide è inserito nella membrana e forma un legame covalente con la proteina, la quale quindi non si trova all'interno della membrana. Il fatto di avere un dominio intracellulare permette a queste tipologie di proteine di legare una molecola all'esterno e trasmettere qualcosa all'interno; funzionano cosi ad esempio i recettori degli ormoni (proteine che si trovano sulla membrana e che hanno una parte citosolica e una parte extracellulare). Appena arriva l'ormone, ad esempio l'adrenalina (piccola molecola che produciamo sotto situazioni di stress e forma il glucosio che ci dà energia) che si lega alla molecola, c'è un cambio conformazionale e questa parte interna produce una seconda molecola che va ad agire sugli enzimi che degradano il glucosio. Quindi, la disposizione di una proteina che ha una parte citosolica e una parte extracellulare permette una trasmissione del segnale e una traduzione del segnale; un segnale chimico (l'ormone) viene trasdotto in un altro segnale chimico (molecola all'interno del citosol). Quindi nei proteoglicani una o più catene di glicosamminoglicani fosfato sono unite covalentemente a una membrana proteica o a una proteina. Uno dei più utilizzati è l’Heparan Sulfate, la cui interazione con proteine media diverse attività biologiche tra cui: proliferazione cellulare, adesione cellulare, differenziamento cellulare, endocitosi, meccanismi di difesa, infiammazione, migrazione cellulare, omeostasi, assembramento della matrice cellulare (sono strutture molto utilizzate per la comunicazione intra cellulare). Le interazioni tra le cellule e la matrice extracellulare sono mediate da un proteina di membrana (integrina) e una proteina extracellulare (fibronectina). Così come le piante, anche molti batteri hanno pareti extracellulari rigide e spesse, che li proteggono dalla lisi osmotica. Il peptidoglicano che conferisce questa rigidità è un copolimero lineare in cui si alternano n-acetilglucosammine e acido n-acetlimuramico, legati da legami 1-4-β glicosidici, tra i quali si legano dei piccoli peptidi. I batteri si suddividono in gram+ e gram-, la cui parete esterna presenterà caratteristiche differenti siccome il contenuto di proteoglicani presenti nella membrana è completamente diverso nei due casi. I batteri gram positivi hanno la membrana plasmatica e una struttura cellulare di proteoglicani; I batteri gram negativi hanno una struttura che sembra un po' sterile ma in realtà ha molta importanza negli antibiotici dove i farmaci devono mirare a (corrodere) la parete batterica. GLICOPROTEINE Le glicoproteine sono proteine che hanno una sequenza amminoacidica a cui è legata una parte saccaridica, che a sua volta può essere legata a un residuo di serina (viene detto legame O-linked perché è impegnato l'ossigeno della serina), oppure può essere legata con un residuo di asparagina (viene detto legame N-linked perché è impegnato l'azoto dell'asparagina). Le glicoproteine sono caratterizzate dall'avere quindi, una sequenza proteica e una parte polidosaccaridica che viene aggiunta utilizzando degli enzimi. Alla proteina vine addizionata una struttura iniziale che poi viene successivamente modificata a seconda della glicoproteina. La catena oligosaccaridica è fondamentale poiché permette alla struttura di mediare l’interazione con agenti molto diversi. Esistono anche i glicosfingolipidi, che sono molecole formate da carboidrati e lipidi. PPT 4 ACIDI NUCLEICI. NUCLEOTIDI E ACIDI NUCLEICI I nucleotidi sono i monomeri che costituiscono gli acidi nucleici (DNA e RNA) e ricoprono molteplici ruoli nel metabolismo cellulare: Forniscono energia per le reazioni biochimiche Attivazione di vie di segnale nella risposta cellulare ad ormoni o a stimoli extracellulari. Componenti strutturali di cofattori enzimatici e intermedi metabolici. Gli acidi nucleici rappresentano i depositi e l'espressione funzionale dell´informazione bilogica. Essa, trasmessa da una generazione all'altra, è tra le condizioni principali alla vita di ogni specie vivente. Esistono due acidi nucleici: DNA (acido desossiribonucleico): rappresenta l’espressione STRUTTURALE (conserva l’informazione genetica) RNA (acido ribonucleico): rappresenta l’espressione FUNZIONALE (gestisce l’informazione genetica) IL DNA I segmenti di DNA che contengono le informazioni necessarie alla sintesi di un prodotto biologico (proteine o RNA) si chiamano geni. Un gene è un’unità di DNA in grado di codificare una proteina, ciascuna combinazione di nucleotidi costituisce un gene che codifica la proteina. Intorno a questa definizione è stato stabilito il dogma della proteina. Il DNA ha diverse funzioni, in particolare conserva l'informazione biologica e la trasmette alle generazioni successive. L'RNA Anche I'RNA svolge diverse funzioni e a seconda del compito ricoperto si divide in: ribosomal RNAs (rRNAs) = costituenti dei ribosomi (dove ha luogo la sintesi delle proteine) messenger RNAs (mRNAs) = servono per la traduzione dell'informazione a partire da una sequenza di DNA. transfer RNAs (tRNAs) = molecole adattatrici che aiutano a tradurre l'informazione dell' mRNA in sequenza amminoacidica noncoding RNAs (ncRNAs) = non codificano per un prodotto proteico. Varietà di funzioni note e non note associate, in quanto la loro trascrizione non è associata ad un prodotto proteico; possono avere funzioni di tipo regolatorio. Il DNA può duplicarsi DOGMA CENTRALE DELLA BIOLOGIA: L’informazione DNA +.. RNA POLIPEPTIDE genetica fluisce dal DNA all’RNA, fino ai polipeptidi. L’informazione codificata nella L’informazione dell’RNA passa ai sequenza delle basi del DNA passa un polipeptidi, ma non in senso inverso particolare sequenza di basi dell’RNA (dai polipeptidi agli acidi nucleici) STRUTTURA DEI NUCLEOTIDI Ogni nucleotide è costituito da 3 elementi: una base azotata (che può essere una purina o una pirimidina); uno zucchero pentoso (ovvero con 5 atomi di carbonio nella catena); un gruppo fosfato NUCLEOSIDE: molecola del nucleotide senza il gruppo fosfato Le basi azotate vengono chiamate così perché sono molecole fortemente basiche e costituite da tanti atomi di azoto. Le basi azotate sono 5: 2 purine (adenina e guanina) e 3 pirimidine (citosina, timina e uracile). La differenza tra le purine e le pirimidine risiede nella struttura: le purine presentano 2 anelli mentre le pirimidine hanno un solo anello. Inoltre essendo molecole aromatiche presentano entrambe un doppio legame carbonio-carbonio e in particolare i doppi legami rendono la molecola planare e ciò permette l'impilamento degli acidi l'uno sull'altro. Le basi sono complementari a due a due: l'adenina si lega alla timina (DNA) o all'uracile (RNA), mentre la guanina si lega alla citosina. La differenza fra timina ed uracile consiste, dal punto di vista strutturale, nella presenza di un gruppo metile (CH3) legato ad uno degli atomi di carbonio dell'anello di timina (che l'uracile non ha). Gli zuccheri pentosi che compaiono negli acidi nucleici sono 2: il D-ribosio (RNA) e il 2'-deossi-D-ribosio (DNA). La differenza tra i due, che rende gli zuccheri specifici per DNA e RNA, riguarda il gruppo legato al carbonio 2 dell'anello: per il ribosio è un gruppo alcolico (OH) in cui avviene la reazione che fa legare la base azotata al carbonio 1' e i gruppi fosfato al 5', per il 2'-deossi- ribosio è semplicemente un atomo di idrogeno. Entrambi gli zuccheri si trovano sottoforma di anelli negli acidi nucleici, ma in natura presentano anche strutture aperte. CONFORMAZIONE DEL RIBOSIO: In soluzione, le forme a catena aperta (aldeidica) e ad anello (β-furanosica) del ribosio sono in equilibrio. L'RNA contiene soltanto la forma ad anello. Il deossiribosio va incontro in soluzione a interconversioni simili, ma nel DNA ha solo la forma β-2'-deossi-D-ribofuranioso. Nei nucleotidi, l'anello ribofuraniosico può

Use Quizgecko on...
Browser
Browser