Sociologia Dei Media - IULM University 2024-2025 PDF
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These are lecture notes from IULM University for a Sociology of Media course in 2024-2025. The notes cover various aspects of social media, including definitions, characteristics, and their impact on society.
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SOCIOLOGIA DEI MEDIA IULM University, 2024-2025 Appunti seconda parte INFLUENCER e SOCIAL MEDIA I Social Media 1 Nati nella seconda metà degli anni ’90, i social media rappresentano reti...
SOCIOLOGIA DEI MEDIA IULM University, 2024-2025 Appunti seconda parte INFLUENCER e SOCIAL MEDIA I Social Media 1 Nati nella seconda metà degli anni ’90, i social media rappresentano reti comunitarie di persone connesse tramite relazioni interpersonali, mediate da strumenti come chat, forum e piattaforme social. Queste reti sono caratterizzate da pratiche quali la conservazione dei contenuti, l’osservazione reciproca e la condivisione. - Primo cambiamento fondamentale: la possibilità di cercare autonomamente le informazioni. Definizione di SNS (Social Network Sites) Tra le definizioni più citate di SNS troviamo: 1. Servizi web che consentono la creazione di un profilo pubblico o semi-pubblico in un sistema vincolato. 2. La possibilità di creare una lista di contatti con cui condividere un legame (amicizia, interessi comuni, ecc.). 3. La possibilità di scorrere e analizzare la lista dei propri contatti. Aspetti Centrali dei SNS - Rappresentazione del sé: costruzione riflessiva dell’identità personale. - Valore delle relazioni e della condivisione: spesso le persone condividono esperienze utili agli altri, in una sorta di “dono” online. - Confini tra pubblico e privato: la distinzione tra sfera pubblica e privata si attenua, come già accadeva in televisione. Su Internet, questi confini possono quasi scomparire, con conseguenze come il cyberbullismo e il revenge porn. - Co-costruzione della realtà: narrazione collettiva della realtà tramite le conversazioni. Dimensioni dei Social Media I social media sono piattaforme che nascono dall’integrazione di varie dimensioni: 1. Tecnologica 2. Culturale - consentono di esprimere opinioni e informarsi. 3. Sociale ed economica Tre Fasi di Sviluppo dei Social Media 1. Fase aurorale (1997-2002): nascita dei primi SNS. 2. Fase di espansione (2003-2009): proliferazione dei SNS. 3. Fase di consolidamento (2010-2016): modelli e assetti proprietari si stabilizzano e alcune piattaforme diventano dominanti. Evoluzione del Ruolo dei Social Media I social media sono passati da strumenti per connettere le persone a strumenti per pubblicare e condividere contenuti. Esempio: Facebook, nato nel 2004 per mettere in contatto gli individui e consentire loro di conoscere informazioni sugli altri utenti. Caratteristiche dei Social Media - Live-streaming: consente un’interazione più stretta tra tecnologia e spazio fisico. - Geolocalizzazione: utilizzata per profilazione commerciale e per scopi sociali. 2 - Professionalizzazione dei contenuti: introduzione di contenuti creati da professionisti della comunicazione. Le Comunità Online Le comunità online sono caratterizzate dall’assenza di un territorio fisico, ma sono relazionalmente vive, offrendo agli utenti un senso di appartenenza. Comunità Postmoderne Socialità a dominanza empatica. Michel Maffesoli nel suo libro “Il tempo delle tribù” descrive il declino dell’individualismo nelle società postmoderne, dove il “presente vissuto collettivamente” è fragile e privo di certezze. Autocomunicazione di Massa (Manuel Castells) Il pubblico ha una doppia natura: è sia consumatore che produttore e distributore di contenuti, creando una propria audience come nei media di massa. Caratteristiche delle Comunità Online - Aggregazione attorno a interessi comuni o contenuti. - Condivisione di valori, interpretazioni del mondo e fonti di informazione. - Isolamento da possibili confutazioni, rifiuto del confronto e del dialogo. Valore Commerciale delle Comunità - Importanza della personalizzazione dell’offerta di contenuti, che favorisce l’aggregazione di comunità basate su gusti, passioni e consumi. - Gli algoritmi studiano le preferenze degli utenti. L’Identità L’identità non è qualcosa di fisso ma è costruita e sostenuta continuamente tramite riflessione. - “The network is the message of the medium internet”: la rete delle relazioni è il vero messaggio della rete tecnica; l’individuo costruisce attivamente una rete sociale. - “Write oneself into being”: esprimere se stessi attraverso la performance del sé, condividendo gusti e reti sociali per ottenere visibilità e riconoscimento. Networked Individualism (Individualismo in Rete) Le persone sono connesse come individualità autonome, attivando in modo selettivo i propri network e scegliendo con chi connettersi. Tipologie di Legami - Legami forti: amici intimi che si conoscono tra loro. - Legami deboli: conoscenti che non si conoscono reciprocamente ma fungono da ponte verso nuove esperienze e incontri. I legami deboli ampliano la rete sociale. 3 Pubblici Connessi Individui che non si limitano a consumare i contenuti culturali ma producono essi stessi contenuti. Aspetti Tecnici delle Interazioni Social - Persistenza: gli scambi comunicativi online rimangono nelle memorie digitali. - Replicabilità: ogni attività comunicativa può essere duplicata e ricondivisa in contesti diversi. - Scalabilità: alto potenziale di visibilità. - Ricercabilità: facilità di reperimento dei contenuti online. Aspetti tecnici che influenzano i comportamenti dei pubblici e modellano le interazioni 1. Persistenza. Gli scambi comunicativi online rimangono memorizzati nelle infrastrutture digitali, creando tracce durevoli. 2. Replicabilità. Qualsiasi contenuto comunicativo prodotto nei social media può essere duplicato e condiviso in contesti differenti rispetto all’originale. 3. Scalabilità. Le piattaforme consentono un’ampia visibilità, spesso con un potenziale di diffusione illimitato. 4. Ricercabilità. I contenuti e le interazioni online sono facilmente reperibili attraverso strumenti di ricerca. Tre dinamiche sociali che modellano i pubblici connessi 1. Audience invisibili. Nei profili aperti, non possiamo sapere chi sta osservando o giudicando le nostre interazioni. 2. Collasso dei contesti. Persone provenienti da contesti diversi (genitori, colleghi, datori di lavoro) si trovano nello stesso spazio comunicativo, eliminando le separazioni tipiche della vita fisica. Questo fenomeno è amplificato dagli spazi digitali. 3. Confusione tra pubblico e privato. Le piattaforme incoraggiano la condivisione della vita privata, alimentando il gossip e sfumando il confine tra sfera pubblica e privata. Collasso dei contesti e sorveglianza sociale Collasso dei contesti: Diversi pubblici connessi si sovrappongono, creando un unico contesto comunicativo. Sorveglianza sociale (“interveillance”): Un fenomeno di osservazione reciproca in cui le persone raccolgono informazioni su conoscenti e amici tramite indagini o gossip. Si tratta di una sorveglianza bidirezionale. Social media come infrastrutture tecnologiche I social media sono architetture tecnologiche con regole progettate per influenzare le interazioni. 4 Affordance Le affordance sono inviti all’uso delle piattaforme, definiti dalle caratteristiche tecnologiche che orientano il comportamento degli utenti. Esempio: il design di un oggetto può stimolare specifici utilizzi. Le interfacce secondo Donald Norman Le interfacce hanno una progettualità comunicativa che incoraggia o limita certe azioni. Le piattaforme impongono regole d’uso attraverso il design, guidando le interazioni. Social media come “media connettivi” (José van Dijck) I social media codificano la socialità attraverso strutture tecnologiche, sociali ed economiche. La connettività è un’interazione socio-tecnica tra utenti, logiche delle piattaforme e interfacce. Socialità mediata dai social media La socialità digitale è determinata da: Caratteristiche tecnologiche delle piattaforme. Interfacce. Usi degli utenti. Modelli economici delle piattaforme. Questa è una tecnologizzazione della socialità, influenzata da quattro logiche: Programmabilità. Popolarità. Connettività. Datification.= processo tecnologico che trasforma vari aspetti della vita sociale o della vita individuale in dati che vengono successivamente trasformati in informazioni dotate di nuove forme di valore anche economico. Logiche dei social media 1. Programmabilità. Include il ruolo di dati, codice, algoritmi, protocolli e interfacce nel modellare le interazioni. 2. Popolarità Misurata quantitativamente (follower, like, commenti). Più si è popolari, più si ottiene visibilità. Influenza i temi di discussione sui social, come avviene nei media tradizionali. Favorisce: Attribuzione di valore agli utenti più seguiti. 5 Promozione di azioni impulsive (es. like). Maggiore attenzione a contenuti molto apprezzati. 3. Datification Le piattaforme traducono comportamenti e relazioni in dati quantificabili, come: Numero di amici, like, condivisioni. Reazioni emotive misurate tramite strumenti (es. reazioni Facebook). Tre processi alla base delle piattaforme 1. Datificazione: traduzione di attività sociali in dati. 2. Mercificazione: utilizzo dei dati per scopi economici. 3. Selezione: algoritmi che filtrano e promuovono contenuti. Platform Society Le piattaforme digitali collegano utenti, aziende e istituzioni pubbliche, creando un ecosistema complesso dove: ▪ Logiche economiche, ▪ Dinamicità politiche, ▪ Relazioni umane, Si intrecciano continuamente. Capitalismo digitale e sorveglianza Algoritmi: strumenti matematici progettati per servire gli obiettivi dei loro creatori, spesso influenzati da interessi economici. Capitalismo della sorveglianza (Shoshana Zuboff): Le piattaforme sfruttano un’asimmetria informativa: Sanno tutto degli utenti, ma questi ultimi non sanno come vengono usati i dati. I dati raccolti vengono utilizzati per predire comportamenti futuri e generare profitti. Impression management e ansia da prestazione Gli individui gestiscono costantemente la propria immagine online, presentandosi come performer su un palco digitale. La continua esposizione al giudizio genera ansia da prestazione, trasformando i social media in una “gabbia d’acciaio” dove la pressione di apparire al meglio è onnipresente. Riflessività La riflessività è razionale e rappresenta una facoltà tipicamente comunicativa. 6 Attraverso il racconto, si sviluppa nell’interazione con gli altri, contribuendo alla costruzione della realtà continuamente prodotta dagli attori sociali. Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione ha amplificato l’accesso a materiali simbolici, permettendo agli individui di organizzarsi riflessivamente anche al di fuori delle interazioni faccia a faccia. Gli Influencer e il capitalismo della rete La rete rappresenta un nuovo tipo di capitalismo: Trasferito nello spazio immateriale di Internet. Continua a produrre valore economico all’interno di uno spazio pubblico di comunicazione regolato dalle piattaforme. Definizione di Influencer L’influencer accumula un seguito tramite la narrazione testuale e visiva della propria vita quotidiana. Su questa narrazione si fondano collaborazioni pubblicitarie mascherate da opinioni personali o editoriali (Abidin, 2016). Immaginario L’immaginario si riferisce al patrimonio simbolico usato da una collettività per comunicare. Nei social network, beni di consumo e marche giocano un ruolo cruciale, accompagnando la quotidianità e trovando spazio nelle immagini condivise, che sono anche strumenti di marketing. Bio-capitalismo La digital economy ha amplificato le problematiche del post-fordismo: Flessibilità del lavoro. Precarietà contrattuale. Confusione tra vita personale e professionale. Concetti chiave nella relazione follower-influencer 1. Comunità Gli influencer creano relazioni sociali, comunitarie e affettive con i follower condividendo momenti di vita quotidiana. L’obiettivo è generare un senso di intimità, accessibilità e prossimità. Si formano comunità omofile, caratterizzate da somiglianze in: Atteggiamenti, Background, Valori, Aspetto. 2. Credibilità Come afferma Guido Gili, “nessun rapporto di influenza è immaginabile senza credibilità”. La credibilità è una costruzione sociale basata su: 7 Conoscenza e competenza. Valori condivisi. Affinità emotiva con il pubblico. Secondo Goffman, la credibilità è legata all’idealizzazione, ovvero l’offerta di un’immagine positiva di sé basata su valori socialmente riconosciuti. 3. Influenza Gli influencer sono i nuovi opinion leader, in grado di filtrare e amplificare messaggi. Due tipi di opinion leader: Market Maven: specializzato nel raccogliere informazioni su prodotti e consumi. Consumatore innovativo: incline ad acquistare nuovi prodotti o marchi appena introdotti sul mercato. Nei social media, l’influenza non deriva da un singolo messaggio ma da un immaginario co-creato con la community. Le Stories Le stories creano una partecipazione collettiva quasi simultanea, grazie alla loro durata di 24 ore. Cementano il legame con la community attraverso contenuti che premiano la partecipazione costante. 4. Le Celebrità Con lo sviluppo della modernità, l’identità personale, o “sé”, è stata sempre più influenzata dalle logiche del capitalismo, diventando essa stessa una sorta di “prodotto”. Le celebrità rappresentano un modello ideale di successo, incarnando non solo uno stile di vita agiato, ma anche un simbolo di ciò che si può ottenere attraverso visibilità e notorietà. Questo le rende strumenti di promozione sia per sé stesse che per il sistema economico e culturale di cui fanno parte. La funzione delle celebrità Offrono esempi concreti di successo, ispirando il pubblico a seguire determinati ideali. Rappresentano un mezzo attraverso cui si estraggono e misurano valori economici e culturali. Non si limitano a essere straordinarie per i loro talenti, ma funzionano come strumenti di promozione, come accadeva con lo “studio system” hollywoodiano, che utilizzava le celebrità per attrarre e mantenere il pubblico. L’evoluzione: la cultura promozionale 8 Negli anni ’90, la crescente importanza del marketing e del branding ha portato alla nascita di una cultura promozionale, in cui la celebrità è diventata un potente veicolo per conquistare: Attenzione: catturare lo sguardo del pubblico. Adesione emotiva: creare un legame affettivo con i consumatori. Quota di mercato: tradurre la visibilità in guadagni economici. Il ruolo dei reality show I reality show hanno trasformato le persone comuni in micro-celebrità, dimostrando che la fama non deriva solo dal talento o dalle abilità straordinarie, ma anche dalla capacità di mettere in scena la propria vita quotidiana. Questo ha democratizzato l’accesso alla celebrità, rendendola più accessibile e diffusa, ma sempre legata al potere della visibilità. Demotic Turn Processo di democratizzazione della celebrità, in cui persone comuni acquisiscono fama attraverso format come i reality show, basati sull’ordinarietà. Classificazione degli Influencer Gli influencer si distinguono in base alla grandezza dell’audience: Nano Influencer: meno di 10.000 follower. Micro Influencer: 10.000-50.000 follower. Mid-tier: 50.000-500.000 follower. Macro Influencer: 500.000-1 milione di follower. Mega Influencer: oltre 1 milione di follower. 5. Autenticità L’ideale dell’autenticità permea diversi ambiti sociali, mediatici ed economici. I brand sfruttano il concetto di autenticità per proporre prodotti percepiti come: veri, naturali, artigianali o originali. L’autenticità si traduce nel comandamento “Be yourself”, valorizzando l’unicità come strategia comunicativa e di marketing. Fashion Influencer: chi sono I fashion influencer sono figure che hanno acquisito una significativa influenza sui social media, soprattutto nel settore della moda, grazie alla loro creatività, passione e abilità manageriali. Collaborano con i brand per promuovere prodotti attraverso post, storie o addirittura progettando collezioni. Alcuni hanno fondato i propri marchi, come Chiara Ferragni o Jeanne Damas, consolidando il loro ruolo di “taste leader” nel diffondere idee estetiche e valori sociali. La loro origine risale ai primi fashion blog degli anni Duemila, ma il fenomeno si è sviluppato grazie a Instagram. L’influencer marketing è oggi un settore in forte crescita, con un mercato globale valutato a 16,4 miliardi di dollari nel 2022. Questa espansione è favorita dall’uso massiccio dei 9 social media e dal ruolo dell’influencer come “brand persona”, capace di creare legami profondi con i consumatori. La storia del fashion influencing: dal blogging a Instagram Il fashion influencing si è evoluto da un fenomeno amatoriale a una professione strutturata, grazie all’avvento dei social media. Nei primi anni Duemila, i fashion blog rappresentavano piattaforme indipendenti e narrative che offrivano una visione personale della moda. Dal 2003 al 2010, i blogger iniziarono a collaborare con i brand, acquisendo legittimazione e accesso ad eventi esclusivi. Successivamente, tra il 2010 e il 2015, il ruolo del fashion blogger si professionalizzò ulteriormente, trasformandosi in un’attività imprenditoriale basata sul self-branding. Con la diffusione di piattaforme come Twitter, Tumblr e soprattutto Instagram, i blogger trovarono nuovi strumenti per monetizzare e coinvolgere il pubblico. Instagram, lanciato nel 2010, non solo sostituì i blog, ma inaugurò una nuova era, quella degli influencer. Questi ultimi, più che sulla piattaforma, concentrano il loro valore sulla costruzione di un’identità personale e professionale stabile. La transizione dal blogging all’influencing ha trasformato la moda, rendendola più accessibile e dipendente dai media digitali, segnando una svolta nella democratizzazione del settore. Oggi, il fashion influencing rappresenta una professione consolidata, capace di soddisfare un pubblico sempre più coinvolto e partecipe. Brand personality: dalla marca alla persona L’Influencer marketing si basa sulla fiducia che le persone ripongono in individui più che nei brand, rendendolo uno strumento efficace per creare connessioni autentiche con il pubblico. L’idea di “umanizzare” i brand ha origini nel marketing degli anni ’20-’30, quando il packaging iniziò a rappresentare prodotti con figure umane per trasmettere familiarità e valori intangibili. Jennifer Aaker, nel 1997, definì il concetto di brand personality come l’insieme di tratti umani associati a una marca, suddivisi in cinque dimensioni principali: sincerità, entusiasmo, competenza, sofisticazione e robustezza. Questa personalità aiuta i brand a stabilire relazioni durature e uniche con i consumatori, che spesso scelgono prodotti riflettendo nei valori del brand stesso. Gli Influencer, moderni testimonial, amplificano questa umanizzazione. Diversamente dalla pubblicità tradizionale, essi coinvolgono una community interessata non solo ai prodotti promossi ma anche alla loro vita e opinioni personali. Il loro ruolo si basa su relazioni di prossimità, coerenza con i valori degli utenti e capacità di ispirare, rafforzando il legame emotivo tra brand e consumatore. L’influencer come “brand persona” e la relazione con i consumatori Negli anni, i brand hanno umanizzato la loro comunicazione utilizzando volti, testimonial e, più recentemente, Influencer, che oggi operano come veri e propri self-brand. Nelle piattaforme social, l’economia dei “like” e delle interazioni sociali rende la reputazione digitale degli Influencer misurabile attraverso metriche come follower e “mi piace”, trasformando questo capitale sociale in valore economico. Come brand, gli Influencer costruiscono una propria personalità e instaurano relazioni dirette e intime con i follower tramite piattaforme come Instagram. Queste connessioni, caratterizzate da prossimità e affettività, riflettono un’interazione comunitaria e personale. Uno studio condotto su sei donne tra i 26 e i 29 anni ha evidenziato che il fashion influencing, sebbene non fosse il focus principale, è stato spontaneamente citato per la sua rilevanza nella relazione Influencer-consumatore. I risultati, seppur limitati, forniscono spunti utili per comprendere come gli Influencer costruiscono legami significativi con il loro pubblico. 10 Relazione di prossimità: il legame tra Influencer e consumatori Le interviste evidenziano come molti utenti si affidino agli Influencer e ai magazine di settore per informarsi sulla moda, preferendoli ai brand ufficiali. Questa scelta deriva dalla percezione di una comunicazione più autentica, diretta e vicina, rispetto a quella istituzionale e spesso ritenuta poco originale delle marche. Gli Influencer, grazie a una comunicazione informale e “umana”, creano un senso di prossimità con i follower, come mostrano esempi quali Chiara Ferragni, apprezzata per il suo approccio quotidiano e personale. Tuttavia, questa autenticità è spesso costruita strategicamente attraverso tecniche estetiche (come foto non patinate o selfie) e linguistiche (uso di termini come adv per segnalare sponsorizzazioni). I social media favoriscono interazioni che, pur essendo percepite come personali, rimangono fittizie. Queste relazioni sono definite “parasociali”, poiché unilaterali e basate sull’illusione di vicinanza. La democratizzazione della moda e delle conversazioni rende gli Influencer psicologicamente più accessibili e omogenei ai loro follower, rafforzando il senso di comunità. Relazione di coerenza con gusti e valori Gli Influencer sono scelti dai brand per promuovere i propri prodotti grazie alla loro capacità di raggiungere un pubblico mirato che percepisce le loro opinioni come più affidabili rispetto alla comunicazione tradizionale dei brand. Dalle interviste emerge che gli utenti seguono gli Influencer per una forte coerenza con i propri gusti estetici e valori. Alcuni si legano a micro-Influencer che trattano tematiche specifiche come la moda vintage, in linea con l’interesse crescente per la sostenibilità tra i giovani. Inoltre, molti consumatori preferiscono seguire personalità più piccole e autentiche, distaccandosi dai grandi Influencer. Il contenuto non è più valutato solo per l’estetica, ma per la capacità dell’Influencer di offrire spunti e informazioni pertinenti. La coerenza tra l’ideologia dell’Influencer e quella dell’utente è un altro fattore chiave: se l’Influencer rappresenta valori condivisi, l’utente tende ad affezionarsi maggiormente anche al brand associato. In definitiva, i brand di moda riconoscono che associarsi a un Influencer permette di instaurare relazioni emotive più forti con il pubblico, favorendo un legame che va oltre la semplice promozione del prodotto. Relazione di ispirazione e imitazione Gli utenti dei social media traggono ispirazione dai fashion Influencer per decidere se acquistare determinati prodotti. Gli Influencer non sono solo figure di spicco, ma modelli da seguire e imitare, come emerge dalle interviste. Alcuni utenti seguono celebrità per il loro stile, ma sono consapevoli dell’inaccessibilità dei prodotti che indossano, spesso legati a un elevato status socioeconomico. Questi Influencer sono considerati “taste leader”, ovvero esperti di moda, grazie al loro capitale culturale derivante dall’accesso all’alta moda e da uno stile di vita lussuoso. Tuttavia, ci sono anche Influencer più di nicchia, come le micro-Influencer italiane, che vengono percepite come più accessibili. Gli utenti seguono questi Influencer per trarre ispirazione, non solo da un punto di vista estetico, ma anche funzionale, in quanto i prodotti promossi sono considerati più alla portata di tutti. In questo caso, la motivazione per il following non è solo edonistica, ma anche legata alla possibilità di imitare stili a prezzi più accessibili. Conclusione Negli ultimi anni, sempre più brand hanno scelto di affidare la loro comunicazione ai fashion Influencer, percepiti come più affidabili grazie alla loro credibilità e alla capacità di costruire 11 legami autentici con il pubblico. Con la loro professionalizzazione, gli Influencer sono diventati vere e proprie celebrità del settore moda, dotate di una personalità di marca che consente loro di instaurare relazioni con i follower. Le interviste hanno evidenziato tre tipi principali di legami che gli Influencer creano: una relazione di prossimità, caratterizzata da una comunicazione più trasparente e diretta; una relazione di coerenza di gusti e valori, che genera un forte legame emotivo con il pubblico; e una relazione di ispirazione e imitazione, in cui i consumatori cercano di replicare gli stili degli Influencer. Nonostante questi legami, le consumatrici intervistate riconoscono che si tratta di relazioni unilaterali e parasociali, basate su un’illusione di interazione. Di fronte alla difficoltà di creare una comunicazione autentica anche attraverso gli Influencer, i brand stanno esplorando nuove opportunità su piattaforme come Spotify e TikTok per costruire comunità più genuine e coinvolgenti, che potrebbero permettere ai fashion brand di superare la barriera dell’elitismo e stabilire legami più solidi con i consumatori, integrandosi nella loro vita quotidiana. SELFIE, DUNQUE SONO (Fine libro vetrinizzazione) Il fenomeno del selfie Il selfie è l’atto di immortalarsi attraverso una fotografia, scattata solitamente con uno smartphone. Questa pratica, ormai ampiamente diffusa, permette di fotografarsi da soli o in compagnia e, grazie ai social media, di condividere immediatamente l’immagine con una vasta rete di persone. Le origini del selfie Il selfie trova le sue radici nella storia della fotografia, sviluppandosi dal concetto di autoscatto. L’autoscatto esisteva da molto tempo, ma richiedeva procedure complesse: sistemare l’apparecchio fotografico e posizionarsi davanti ad esso in maniera precisa. Era una pratica privata, che prevedeva un rapporto intimo tra il fotografo e il soggetto, con un’immagine destinata a pochi intimi. L’avvento delle nuove tecnologie fotografiche ha rivoluzionato questo processo: Smartphone: grazie agli obiettivi frontali, è possibile scattare fotografie di qualità ovunque e in qualsiasi momento, documentando eventi personali. Applicazioni digitali: offrono la possibilità di modificare facilmente le immagini. Social media: consentono di condividere rapidamente i selfie, rendendoli uno strumento pubblico e costantemente connesso al web. Queste innovazioni supportano la tendenza alla vetrinizzazione di sé, ovvero l’uso del selfie per certificare pubblicamente la propria presenza e identità online. Il selfie e il rapporto con la fotografia 12 Il selfie rimane una forma di fotografia e, come tale, conserva la sua relazione con il concetto di morte: 1. Speranza di immortalità: la fotografia offre l’illusione di poter sfuggire alla paura della mortalità, rendendo i momenti della vita eterni. 2. Promemoria della mortalità: al tempo stesso, la fotografia ricorda che il momento catturato non esiste più, richiamando la finitezza dell’esistenza. La risposta delle società alla paura della morte Secondo i sociologi classici come Sombart, le società tradizionali garantivano un senso di immortalità ai propri membri attraverso la vita comunitaria, che offriva continuità e senso di appartenenza; monumenti e ritratti pittorici, che immortalavano solo le figure più meritevoli. Con la modernità, il senso di immortalità garantito dalle comunità si è perso. La borghesia ha cercato nuove soluzioni, come: Monumenti: originariamente riservati agli imperatori, hanno iniziato a celebrare anche figure borghesi importanti. Ritratti pittorici: con il tempo, sono diventati più accessibili e diffusi anche tra i ceti meno abbienti. La nascita della fotografia La fotografia è stata un’importante innovazione che ha democratizzato la possibilità di immortalare la propria immagine. Il 7 gennaio 1839 ci fù l’annuncio della dagherrotipia da parte di Arago all’Accademia delle Scienze di Francia. Robert Cornelius: autore del primo selfie della storia nello stesso anno della nascita della fotografia. Secondo Pierre Bourdieu, la fotografia si colloca a metà tra l’arte tradizionale e le espressioni quotidiane, rappresentando uno strumento fondamentale per documentare eventi personali e diffonderli socialmente. La natura soggettiva della fotografia La fotografia non è una rappresentazione oggettiva della realtà, ma il risultato di un’interpretazione soggettiva del fotografo. Psicologi: fotografare è simile alla caccia, un atto predatorio con cui si cattura e domina la realtà. Susan Sontag: “Fotografare una persona equivale a violarla, trasformandola in un oggetto simbolicamente posseduto. È un omicidio sublimato.” Ferrari: l’immagine fotografica porta sempre con sé un grado di non riconoscibilità, apparendo falsa o estranea. La fotografia isola un momento specifico all’interno della continuità della vita, rendendolo irreale e simulando un’esistenza che non è più presente. 13 Roland Barthes: “La fotografia mostra ciò che non esiste più, ma prova che ciò che vediamo è realmente esistito.” Dall’analogico al digitale Oggi il selfie è realizzato con dispositivi digitali, trasformando la fotografia in qualcosa di “vivo” e facilmente manipolabile. Con la fotografia analogica, la manipolazione era un’eccezione; con quella digitale, è diventata una pratica comune. La fotografia digitale è rassicurante, perché le immagini possono essere corrette o modificate facilmente. Questa evoluzione ha trasformato la fotografia in un’esperienza di vita: 1. Durata estesa: il processo fotografico comprende cattura, editing, condivisione e interazione. 2. Relazioni sociali: il selfie digitale rafforza la capacità del medium fotografico di fungere da ambiente sociale per costruire e mantenere relazioni. 3. Benjamin: “Le prime fotografie rappresentano l’incontro unico tra macchina e uomo.” Lo smartphone, rispetto alla fotocamera tradizionale, è sempre connesso e conserva le tracce della vita dell’individuo. Tuttavia, il selfie si focalizza principalmente su volto e corpo, considerati nella cultura sociale come l’essenza dell’identità personale. Selfie, identità e narcisismo Il selfie è uno strumento per costruire e rafforzare l’identità personale, stabilizzandola attraverso la condivisione sul web. Ricerca di pubblico: ognuno cerca una platea con cui condividere la propria immagine. Evoluzione futura: accanto alle immagini statiche, si diffonderanno sempre di più i video e i selfie in streaming, che rappresentano l’identità in tempo reale. Critiche al selfie Il selfie è stato oggetto di diverse critiche: Comportamenti rischiosi: in alcuni casi, ha portato a incidenti gravi (259 morti documentati). Tuttavia, i comportamenti rischiosi erano presenti anche prima del selfie. Accusa di narcisismo: il selfie è visto come espressione di un individualismo crescente nelle società occidentali, che spinge le persone a preoccuparsi soprattutto della percezione di sé. Il narcisismo può essere considerato un fenomeno caratteristico delle società contemporanee, legato ai cambiamenti sociali e culturali in corso. LA POLITICA IN VETRINA 14 Politica e media La relazione tra politica e media ha subito una profonda trasformazione nel tempo, culminando in un legame sempre più stretto tra i due ambiti. Nel 2018, l’ex presidente Barack Obama ha siglato un accordo con Netflix per la produzione di contenuti audiovisivi, mentre Bill Clinton ha collaborato con James Patterson alla creazione di un romanzo e di una serie televisiva. Questo fenomeno evidenzia come la comunicazione abbia invaso la sfera politica, fino a sostituirsi alla tradizionale “ragion di Stato”. Oggi, in un contesto di crisi dei sistemi democratici e dei partiti tradizionali, i leader politici sono costretti a fare un uso massiccio dei media per costruire consenso, spesso attraverso eventi spettacolari, trascurando questioni meno visibili ma cruciali, come infrastrutture e sanità. Questa dipendenza dai media ha portato a un’enfasi sull’aspetto fisico e l’immagine dei leader, più che sui loro programmi politici. Un esempio storico è quello di Benito Mussolini, uno dei primi politici a sfruttare in modo strategico i media dell’epoca per costruire e consolidare la propria immagine pubblica. Attraverso giornali, fotografie, radio e cinema, Mussolini ha creato una propaganda efficace, gestita anche dall’Istituto Luce, che produceva cinegiornali obbligatoriamente proiettati nei cinema. Ha inoltre utilizzato i quotidiani, che iniziavano a includere fotografie, e la radio per amplificare il suo messaggio e rafforzare il legame con la popolazione. Dal 1932, con le celebrazioni per il decennale della Marcia su Roma, Mussolini ha iniziato a porre particolare enfasi sulla rappresentazione del proprio corpo. Nonostante fosse un uomo di statura media e affetto da problemi di salute, veniva ritratto come un leader onnipotente, onnipresente e virile, destinato naturalmente al comando. Il suo corpo era spesso mostrato come simbolo di forza e vitalità, talvolta paragonato alle statue dei grandi leader dell’antica Roma. Questo uso strategico dei media ha contribuito a enfatizzare la dimensione fisica e biologica della leadership politica, mettendo in secondo piano gli aspetti culturali e intellettuali. Mussolini ha saputo usare i mezzi di comunicazione per costruire un’immagine carismatica e quasi mitica di sé stesso, influenzando il modo in cui il potere veniva percepito e praticato. Il XX ha visto una crescita dell’utilizzo dei media anche negli Stati Uniti, in particolare il cinema, come strumento di propaganda politica e militare durante il Novecento, soprattutto nei primi decenni. Già negli anni ‘40, alcune star di Hollywood furono invitate a lasciare il mondo del cinema per mettere le loro abilità comunicative al servizio della politica. In generale, l’intera industria cinematografica americana fu mobilitata, producendo numerosi film di guerra con lo scopo di sostenere la propaganda. Nel 1942, il presidente Franklin Delano Roosevelt chiese esplicitamente a registi di rilievo, come John Ford e Frank Capra, di realizzare film propagandistici. Questi film dovevano incoraggiare il patriottismo, sostenere lo sforzo bellico e rafforzare il morale dei cittadini durante la Seconda Guerra Mondiale. L’obiettivo principale era utilizzare il potere emotivo e visivo del cinema per influenzare l’opinione pubblica e promuovere gli interessi politici e militari del Paese. Hollywood divenne uno strumento cruciale per comunicare messaggi di grande impatto, mostrando come i media potessero essere usati con successo anche in una democrazia per sostenere la politica e plasmare la percezione pubblica. Secondo studiosi come McLuhan e Freud, i media visivi hanno favorito una “tribalizzazione” delle società avanzate, sostituendo il pensiero razionale con reazioni emotive e simboliche, avvicinandosi così all’inconscio. Questo cambiamento ha ridisegnato la politica, trasformandola in una vetrina mediatica dominata dalla spettacolarità e dall’immediatezza del linguaggio visivo. Il leader politico dalla televisione al Web 15 L’arrivo della televisione ha rivoluzionato la politica, spingendola a valorizzare la figura del leader e a semplificare il linguaggio per adattarsi alla forza persuasiva del mezzo. Questo cambiamento si è manifestato per la prima volta negli Stati Uniti nel 1952, con la campagna elettorale di Dwight D. Eisenhower, che utilizzò spot televisivi ideati da Rosser Reeves, investendo oltre un milione di dollari. Al contrario, il suo avversario Stevenson investì molto meno, perdendo le elezioni. La televisione, già diffusa in quasi la metà delle case americane, dimostrò così il suo impatto decisivo, spingendo i politici a sfruttare l’immagine personale per attrarre gli elettori. Tuttavia, questo comportò una maggiore esposizione della loro vita privata, con il pubblico interessato non solo alle idee, ma anche a dettagli personali come famiglia, tempo libero e perfino aspetti della sfera intima. Nel 1960, i dibattiti televisivi tra John F. Kennedy e Richard Nixon segnarono un ulteriore punto di svolta. Kennedy vinse tra i telespettatori grazie al suo carisma e sicurezza davanti alle telecamere, mentre Nixon, più convincente alla radio, perse terreno visivo a causa della scarsa presenza scenica. Questo episodio dimostrò come la televisione non solo influenzasse l’immagine dei politici, ma instaurasse una connessione intima e psicologica con gli spettatori, modificando radicalmente il rapporto tra politica e pubblico. Negli anni successivi, leader come Ronald Reagan, ex attore di Hollywood, sfruttarono appieno le tecniche del marketing politico, applicando le regole dello spettacolo per conquistare l’elettorato. Reagan diventò un modello per i successivi presidenti, grazie alla sua capacità di coniugare esperienza attoriale e abilità comunicative. Analogamente, Arnold Schwarzenegger seguì lo stesso percorso, diventando governatore della California nel 2003. In Italia, Bettino Craxi negli anni ’80 rese centrale la personalizzazione della politica, mentre Silvio Berlusconi, grazie al controllo diretto dei media, perfezionò una strategia comunicativa che univa emotività e sensorialità. In Francia, François Mitterand vinse le elezioni presidenziali del 1981 grazie alla campagna ideata da Jacques Séguéla, che lo trasformò in un “marchio” attraverso slogan visivi ed emotivi come La forza tranquilla. L’innovazione raggiunse il culmine con Barack Obama, che nelle campagne elettorali del 2008 e 2012 unì mezzi tradizionali e digitali. Utilizzò spot innovativi, come un finto discorso dallo Studio Ovale trasmesso in prima serata, e una strategia social che sfruttava enormi quantità di dati personali per creare messaggi su misura. La sua narrazione, basata sul simbolismo del melting pot americano, catturò l’immaginario collettivo, dimostrando come il successo politico richieda narrazioni emotive che risuonino con l’elettorato. La televisione, insieme ai social media, ha così trasformato la politica, riducendo il ruolo dei partiti e dei corpi intermedi. Sebbene crei un’apparenza di dialogo diretto tra elettori e politici, il rapporto è unidirezionale e basato su emozioni più che su analisi razionali. Di conseguenza, i progetti politici di lunga durata sono stati in parte soppiantati da messaggi immediati ed emotivi, favoriti dalla velocità dei nuovi mezzi di comunicazione. Il divo come modello In politica, il potere carismatico, come sostenuto da Max Weber, ha un ruolo cruciale, e i leader spesso si ispirano ai divi per gestire efficacemente il rapporto con i media. Questo si riflette nell’attenzione crescente all’estetica personale, con i politici che adottano strategie come la chirurgia estetica per migliorare la propria immagine. Esempi emblematici includono Berlusconi, Putin, Gheddafi, e leader internazionali come Dilma Rousseff e Arnold Schwarzenegger. Oltre all’estetica, molti politici enfatizzano la loro fisicità attraverso attività sportive, da Clinton golfista a Obama cestista, fino al multisportivo Putin. Tuttavia, l’esposizione del corpo e della vita privata porta a un paradosso: da un lato, rafforza l’immagine di energia e affidabilità; dall’altro, 16 rende i leader vulnerabili, esponendoli a scandali e critiche, come nel caso delle vicende personali di Berlusconi, Clinton e Sarkozy. La politica ha assorbito il linguaggio del gossip, avvicinando i leader alla sfera quotidiana delle persone comuni, ma ciò ha anche eroso la fiducia nella politica stessa, spostando il focus dalle idee ai dettagli personali. Politici come Matteo Renzi hanno saputo sfruttare i media tradizionali e digitali per costruire un’immagine vicina agli elettori, adottando un linguaggio semplice e gesti simbolici come la camicia bianca. Renzi, come altri, ha perseguito un effetto di autenticità, cercando di distinguersi dalla politica tradizionale, enfatizzando spontaneità e vicinanza. I politici di oggi, proprio come i divi, non cercano più di manipolare l’opinione pubblica attraverso la propaganda tradizionale. Invece, si concentrano sulla costruzione di una “brand image”, ovvero un’immagine di sé che sia autentica e capace di generare emozioni nel pubblico. L’obiettivo è stabilire una connessione più personale e diretta con gli elettori, utilizzando i media in modo da apparire vicini e trasparenti. Tuttavia, questo approccio ha dei rischi: anche se aiuta a rafforzare il legame con gli elettori, può diventare fragile nel tempo. Il continuo bisogno di apparire autentici e “vicini alla gente” può portare a una saturazione, riducendo l’efficacia della comunicazione politica e facendo perdere consensi. In altre parole, l’immagine costruita con fatica può, con il tempo, diventare meno convincente e più difficile da mantenere. LA TELEVISIONE CAMBIA IL DIVISMO (Fine libro divismo televisivo) Il presentatore Il presentatore televisivo svolge il ruolo di mediatore, avvicinando il pubblico al programma. In generale, a eccezione di figure particolari come Mina, che era anche una cantante, il presentatore non possiede doti artistiche o estetiche straordinarie. Questa assenza di tratti eccezionali favorisce l’identificazione degli spettatori con la figura del conduttore, rendendolo più vicino alla persona comune. Tra i presentatori che hanno segnato la storia della televisione italiana, spicca Mike Bongiorno. Simbolo di “normalità”, Mike era una persona comune, priva di una cultura superiore rispetto al cittadino medio. Nel 1954, conduce Lascia o raddoppia?, il primo quiz della storia televisiva italiana, e la sua carriera riflette l’evoluzione stessa della televisione, passando dalle reti RAI alle reti commerciali. La sua mediocrità, intesa come assenza di eccellenza in un senso specifico, è considerata una chiave del suo successo e di quello di altri protagonisti televisivi. La storia della televisione italiana può essere suddivisa in due periodi principali: paleotelevisione e neotelevisione. La paleotelevisione aveva un modello pedagogico, mentre la neotelevisione si concentra sull’intrattenimento, mettendo lo spettatore al centro. In questo nuovo modello, il pubblico si identifica con figure televisive che rappresentano esperienze ed emozioni condivisibili, senza necessità di particolari competenze culturali o professionali. Tra i presentatori iconici, oltre a Mike Bongiorno, si annoverano Pippo Baudo, Corrado e Raffaella Carrà, figure che incarnano il ruolo tradizionale del conduttore televisivo. Tuttavia, con l’avvento dei reality show, il ruolo del “divo” televisivo subisce una trasformazione significativa. 17 Il reality show e il divismo Il reality show rappresenta un punto di svolta nella televisione, enfatizzando un elemento fondamentale delle società contemporanee: il desiderio di essere ripresi da una telecamera. Il format dei reality si basa sulla competizione e mette in luce una natura ambivalente del divo: una figura ordinaria, simile agli spettatori, ma che possiede qualità straordinarie. Il protagonista del reality si colloca tra l’ordinario e lo straordinario, creando un forte legame con il pubblico. I reality show catturano e restituiscono la realtà mentre si svolge, ponendo gli spettatori sia davanti che dentro lo schermo. Questa partecipazione diretta è resa possibile dalla condivisione di un elemento comune: il corpo biologico. Inoltre, i reality si distinguono per l’imprevedibilità. Le regole non sono completamente definite, creando un parallelismo con la quotidianità degli spettatori, che trovano piacere nel controllare l’imprevedibilità attraverso lo schermo. La televisione diventa così uno specchio: non è più il mezzo che parla allo spettatore, ma quest’ultimo che riflette su di sé. Nel reality, il vero protagonista è anche lo spettatore, che trova nuove forme di comunità e coinvolgimento emotivo. Questo fenomeno è stato descritto da Zygmunt Bauman (2001) come la “voglia di comunità”, il bisogno di condividere situazioni intime in un contesto di crescente solitudine. Il mito del successo facile I reality e i talent show (come Amici, X-Factor, The Voice of Italy, Italia’s Got Talent) incarnano il mito del successo facile, secondo cui chiunque può diventare famoso senza sforzo o competenze particolari. Partecipare a un reality significa dimostrare abilità nella competizione, nella gestione pubblica dell’immagine e nella trasformazione della propria vita in spettacolo. Questo fenomeno riflette la decentralizzazione della produzione della celebrità (DIY: do it yourself), dove un semplice tweet o un video virale può trasformare una persona comune in una star. Andy Warhol sintetizzò questa dinamica con la famosa frase: “In the future, everybody will be famous for fifteen minutes.” La televisione, e in particolare i reality show, promettono la possibilità di trasformare lo spettatore comune in una celebrità, alimentando il desiderio di essere visti, riconosciuti e applauditi, anche solo per pochi istanti. Musica e divismo Anche nel mondo della musica si afferma un divismo specifico, che esercita una forte attrattiva sui giovani. I divi musicali forniscono modelli di riferimento, soprattutto per gli adolescenti, che si identificano nei racconti e nelle storie proposte dai cantanti, cercando in essi un’identità personale. I divi musicali, come tutte le figure di spicco, hanno sviluppato la necessità di costruire un rapporto sempre più stretto con il loro pubblico. La loro presenza è diventata multimediale, grazie alla gestione diretta dei social media, che consentono un’interazione costante e immediata con i fan. Questo ha portato a un allineamento tra identità pubblica e mediale, rafforzando l’idea del “divo come marca”. Un elemento cruciale del successo è la capacità di costruire un effetto di autenticità, dando l’impressione di conoscere il “vero” artista, come nel caso di Jovanotti, Bono Vox o Fedez. Gli anni ‘50 e ‘60: l’importanza dell’immagine visiva Il rapporto tra i divi musicali e il loro pubblico ha iniziato a svilupparsi significativamente già negli anni Cinquanta, quando l’immagine diventa un elemento fondamentale quanto la voce. Elvis Presley è uno dei primi esempi: non solo cantante, ma anche icona televisiva. Negli anni Sessanta, 18 i Beatles ampliano questa strategia, combinando concerti, videoclip e film, gestendo così in modo multimediale la propria immagine. Gli anni ’70 e ’80: identità visiva e tecnologia Negli anni Settanta, l’identità visiva assume un ruolo ancora più rilevante. In Inghilterra, il movimento punk, pur contestando le industrie discografiche, mantiene una forte attenzione all’immagine e all’identità visiva. Negli anni Ottanta, i progressi tecnologici, come l’introduzione di strumenti elettronici e nuove tecniche di registrazione, rivoluzionano le performance musicali. Diventa comune l’uso di basi preregistrate per le esibizioni dal vivo, e il videoclip emerge come strumento essenziale per il successo commerciale. Con l’avvento di MTV nel 1981, il videoclip diventa centrale: per la prima volta, un video può trainare una canzone verso il successo commerciale. Questo nuovo modello si rivolge principalmente ai giovani bianchi e suburbani di età compresa tra i 12 e i 14 anni, trasformando MTV in un fenomeno di massa e rendendo il videoclip indispensabile per il mercato discografico. Gli anni ’90 e il divismo pop Negli anni Novanta, la “videoclipizzazione” della musica raggiunge il suo apice, con esempi di successo come il “pop inglese” (Oasis, Blur) e le boy band (Take That). I cantanti diventano performer completi, mescolando canto, danza e spettacolo, come Jennifer Lopez, Britney Spears, Shakira, Christina Aguilera, Rihanna e Beyoncé. Madonna e Lady Gaga: l’evoluzione del divo musicale Due figure emblematiche del divismo musicale sono Madonna e Lady Gaga. Madonna ha costruito la sua carriera sull’assenza di un’identità fissa, reinventandosi continuamente grazie a uno staff di creativi e stilisti, noti come la Haus of Gaga. Ha trasformato la spettacolarizzazione dei concerti in un’arte, rendendoli eventi curati in ogni dettaglio. Lady Gaga, il cui nome d’arte si ispira alla canzone Radio Ga Ga dei Queen, è considerata da molti l’erede di Madonna, sia per le origini italiane sia per l’approccio innovativo al divismo. Si è distinta per la spettacolarità delle sue performance e per il concetto di Mother Monster, un’immagine simbolica che rappresenta la mostruosità insita in ciascuno di noi, stabilendo una relazione con la parte più oscura dell’essere umano. Conclusioni Il divismo musicale si evolve nel tempo, passando dalla centralità della voce alla cura dell’immagine e alla gestione multimediale, fino alla spettacolarizzazione estrema delle performance. I divi musicali non solo intrattengono, ma incarnano modelli culturali, costruendo un legame emotivo con il pubblico attraverso autenticità, creatività e continua reinvenzione. I divi dello sport Negli ultimi decenni, lo sport ha assunto una crescente rilevanza sociale, anche grazie alla sua trasmissione televisiva. Questo fenomeno ha trasformato lo sport in un settore sempre più professionalizzato, strettamente connesso al sistema industriale e di consumo. Le televisioni investono ingenti risorse per acquisire i diritti delle principali manifestazioni sportive, considerando questi eventi una fonte di profitto: non solo attraverso gli abbonamenti a pagamento, ma anche grazie alla vendita di spazi pubblicitari inseriti durante le trasmissioni. Le grandi squadre di calcio, come Bayern Monaco, Real Madrid o Juventus, sono ormai veri e propri marchi globali. Sebbene la vendita dei biglietti per le partite sia in calo, i principali guadagni 19 derivano dalla cessione dei diritti televisivi e dal merchandising. Questo processo di integrazione tra media, sport e consumo è stato intensificato da figure come Rupert Murdoch, proprietario di giornali e reti televisive, che è riuscito a portare i suoi programmi sportivi a oltre due terzi delle famiglie nel mondo dotate di un televisore. Dallo spettatore al tifoso: lo sport come stimolo al consumo Lo sport non si rivolge più a semplici spettatori, ma a tifosi appassionati, disposti a pagare per assistere agli eventi più importanti. Questi spettatori sono molto appetibili per gli inserzionisti, che trovano nello sport una piattaforma ideale per promuovere i propri prodotti. Ad esempio, negli sport come la Formula 1, i marchi delle aziende e gli slogan pubblicitari occupano posizioni centrali, dove è concentrata l’attenzione del pubblico. Lo sport, sempre più spettacolarizzato, ha visto la sua natura trasformarsi sotto l’influenza della televisione. La regia televisiva frammenta l’unitarietà del gioco, enfatizzando solo alcune scene particolarmente spettacolari attraverso replay e rallenty. Questo processo ha narrativizzato e reso più emozionante lo sport, introducendo momenti di pausa per creare suspense e intrattenimento. Di conseguenza, la pratica sportiva è diventata non solo un’attività fisica, ma anche un fenomeno mediatico e consumistico. Michael Jordan: il simbolo del divismo sportivo Tra gli anni Ottanta e Novanta, Michael Jordan è diventato il più importante simbolo dello sport mondiale. La Nike lo ha reso il fulcro delle sue strategie pubblicitarie, creando per lui la linea di scarpe Air Jordan e legando il suo nome al concetto stesso di eccellenza atletica. Il contratto firmato nel 1984 con Nike ha trasformato Jordan in un brand globale. Il suo soprannome, “Air”, è stato tradotto efficacemente in un’immagine che ha rivoluzionato il marketing sportivo. Le partite di Jordan, trasmesse in 35 paesi già nel 1986, hanno contribuito a rafforzare la sua figura iconica. Atleti e celebrità: tra sport e cultura pop Lo sport moderno dipende sempre più dalla celebrità degli atleti, che sono al centro del sistema sportivo e consumistico. I calciatori, ad esempio, non sono solo testimonial di prodotti, ma anche “merci” liberamente scambiabili nel mercato. Tuttavia, gli atleti devono garantire prestazioni elevate per mantenere il loro valore. Lo sport si è intrecciato con la cultura pop, entrando a far parte dei fenomeni giovanili e musicali. Molti atleti conducono ormai la loro vita pubblica più fuori dai campi di gioco che dentro, diventando icone globali. Un esempio emblematico è David Beckham, simbolo di una mascolinità moderna e “metrosexual”, caratterizzata da una grande attenzione alla moda e alla cura del corpo. Beckham rappresenta un’icona astratta, facilmente riconoscibile e consumabile in tutto il mondo. Conclusioni Il divismo sportivo è il risultato di un processo di integrazione tra sport, media e consumo. Gli atleti non sono più solo protagonisti delle competizioni, ma veri e propri prodotti culturali, in grado di influenzare stili di vita, mode e consumi. La loro celebrità si estende ben oltre le loro performance sul campo, trasformandoli in simboli di una società sempre più mediatizzata. LA MORTE DELLA CULTURA DI MASSA 20 L’intervista al sociologo Vanni Codeluppi, autore del saggio La morte della cultura di massa, affronta il declino e la trasformazione della cultura di massa in Italia, analizzandone cause, effetti e implicazioni. Una cultura che negli anni ’60 e ’70 era stata un fenomeno fecondo e emancipatore per il Paese è oggi frammentata e polarizzata, segnata dalla diffusione di contenuti superficiali e dall’impatto del digitale. 1. Le cause della crisi della cultura di massa Secondo Codeluppi, la crisi della cultura di massa è stata determinata principalmente da: Cambiamenti sociali ed economici: Durante il boom economico degli anni ’60, l’Italia vide la nascita di una vasta classe media che rappresentò un terreno fertile per la cultura di massa, sostenuta dall’industrializzazione della cultura, come la televisione, l’editoria economica (Oscar Mondadori) e la lettura popolare. Tuttavia, dagli anni ’80, questa struttura sociale iniziò a frammentarsi in numerose subculture, un fenomeno osservato dal sociologo Niklas Luhmann, che descrisse una società sempre più divisa e differenziata. Erosione della classe media: La riduzione della classe media italiana ha contribuito alla sparizione di una “cultura intermedia”, ossia un compromesso tra qualità e accessibilità, sostituita da una polarizzazione tra cultura elitaria e prodotti di massa semplificati. 2. Gli effetti della frammentazione culturale Codeluppi evidenzia come la polarizzazione abbia colpito diversi ambiti: Televisione e cinema: I programmi di divulgazione culturale, come quelli di Piero Angela o la Rai 3 di Angelo Guglielmi, sono diventati una nicchia, spesso relegati a canali a pagamento. La maggior parte delle risorse è ora destinata a reality show e contenuti di massa. Nel cinema, l’equilibrio tra qualità artistica e successo commerciale, un tempo incarnato da registi come Woody Allen, è scomparso. Restano solo due estremi: film d’autore per pochi e blockbuster come quelli sui supereroi o Barbie. Disinteresse per la qualità: Si privilegiano contenuti veloci e poco impegnativi, ignorando il pubblico che richiede prodotti culturali intelligenti, come dimostra il successo dei festival culturali in estate. 3. L’impatto del digitale sulla cultura L’avvento del digitale ha ulteriormente accelerato questo processo: Frammentazione e superficialità: I contenuti sono consumati più velocemente, spesso in modo superficiale. Come ha osservato il critico Lee Siegel, il digitale ci dà l’illusione di essere connessi al mondo, ma in realtà ci isola, riducendo la nostra appartenenza alla società. Non esistono più le masse, ma “sciami”, unioni temporanee di individui diversi. Simulacri e perdita del reale: Riprendendo il filosofo Baudrillard, Codeluppi sottolinea che viviamo in un mondo dominato da copie e rappresentazioni mediate. Una fotografia digitale, ad esempio, può essere completamente costruita senza necessità di un originale. Anche strumenti come ChatGPT sono definiti “simulacri”, poiché rielaborano contenuti umani senza legami diretti con la fonte originaria. 4. L’integrazione dei media nella vita quotidiana 21 La “naturalizzazione” dei media digitali ha reso questi strumenti parte integrante della vita moderna: Uso inconsapevole: Oggi usiamo i media in modo automatico, come una “protesi” del nostro corpo e della mente. McLuhan aveva previsto questo rischio, sottolineando che l’uso costante di tali strumenti può atrofizzare le capacità cognitive e fisiche. Effetti sui giovani: Psicologi e pedagoghi mettono in guardia sull’uso precoce degli smartphone, che favoriscono un approccio più emotivo e impulsivo, a scapito delle capacità razionali. 5. La velocità e la crisi della forma culturale Codeluppi, richiamandosi a Bauman, descrive il consumatore moderno come “sempre disponibile”, costretto a non affezionarsi ai prodotti. Questo ha portato a una “crisi della forma”: la qualità del contenuto è meno rilevante rispetto alla rapidità con cui può essere prodotto e consumato. Contenuti banali e immediati: Lo spazio digitale è invaso da materiale poco originale, come video di persone che cantano in macchina o foto virali come l’“uovo di Instagram”. Quest’idea di banalità, introdotta dall’arte di Duchamp e Warhol, è diventata oggi totalizzante. Codeluppi parla di una “ipermodernità” caratterizzata da un’intensificazione dei processi già esistenti, in cui l’accelerazione, la frammentazione e la perdita del contatto con la realtà hanno impoverito la cultura di massa. La “marvelizzazione” della cultura rappresenta l’apice di questa tendenza, evidenziando il culto del banale e l’abbandono di un equilibrio tra qualità e accessibilità. TEORIA DEL MEDIUM Il libro “No Sense of Place” del sociologo americano Meyrowitz è un’opera fondamentale che esplora l’interazione tra media e ambiente fisico. Fin dall’inizio, Meyrowitz riconosce l’influenza di due studiosi: Erving Goffman, noto per l’analisi delle interazioni sociali nei contesti quotidiani, e Marshall McLuhan, che ha dato grande rilevanza ai media come strumenti che influenzano l’organizzazione sociale. Da entrambi, Meyrowitz prende ispirazione, adattando sia le loro intuizioni che i limiti delle loro teorie per elaborare una propria visione. Il nucleo del suo pensiero si basa sull’idea che le situazioni sociali siano influenzate dai sistemi di informazione, cioè dagli ambienti mediali che modificano la percezione e l’organizzazione degli spazi fisici e sociali. Il titolo “No Sense of Place” riflette questo concetto, indicando come i media abbiano dissolto i confini tradizionali tra gli spazi fisici e quelli sociali. “Sense” si riferisce sia alla percezione sensoriale sia al significato o senso logico. “Place” denota sia la collocazione fisica sia la posizione sociale. Meyrowitz collega questa teoria all’era biomediatica, ovvero un’epoca in cui i media digitali sono così integrati nella vita quotidiana da risultare indistinguibili dall’esperienza personale degli 22 individui. Questo cambiamento ha trasformato le forme di socialità, mescolando costantemente interazioni online e offline, con profonde ripercussioni sul modo in cui viviamo gli spazi fisici e mediatici. Un punto centrale della sua teoria, ripreso da McLuhan, è che i media non sono strumenti neutrali: essi non si limitano a trasmettere contenuti, ma li plasmano, influenzando profondamente le strutture sociali e le relazioni interpersonali. I media diventano estensioni del corpo umano, ridefinendo il rapporto tra l’uomo e il mondo, e alterano l’organizzazione spaziale e temporale della vita sociale. Da Goffman, invece, Meyrowitz eredita l’interesse per le dinamiche delle interazioni sociali e per i contesti in cui queste avvengono. Egli osserva come i media creino nuovi spazi sociali che riorganizzano le relazioni interpersonali, i ruoli sociali e la percezione della realtà stessa. In sintesi, Meyrowitz sostiene che i media non siano semplici strumenti di comunicazione, ma agenti trasformativi che cambiano radicalmente le dinamiche sociali tradizionali, ristrutturando il potere e le interazioni sociali. Questo processo porta a una maggiore democratizzazione dell’informazione e a una nuova concezione della socialità, in cui i confini tra spazio fisico e mediale si dissolvono. I punti principali del libro 1. La teoria dello spazio sociale: Una delle idee fondamentali di Meyrowitz è che i media modificano gli spazi sociali in cui avvengono le interazioni. Prima dei media di massa (come la televisione), le persone avevano accesso a spazi separati per il loro comportamento pubblico e privato. La televisione, ad esempio, abbatté le barriere tra i vari contesti sociali, come quello pubblico e quello domestico, consentendo alle persone di partecipare a esperienze collettive senza dover essere fisicamente presenti. 2. Il concetto di "spazio visibile" e "spazio invisibile": Meyrowitz fa una distinzione tra spazi visibili (dove le persone possono osservare e partecipare) e spazi invisibili (dove certe informazioni o dinamiche rimangono nascoste). I media, secondo lui, abbattono queste divisioni. ES: la televisione rende visibili in modo immediato eventi che normalmente sarebbero lontani, come la politica o gli eventi privati, riducendo la distanza tra la sfera privata e quella pubblica. La telecamera come "occhio sociale". 3. Le modifiche sulle identità sociali: I media modificano anche le identità sociali, spingendo le persone a riconsiderare le proprie posizioni e ruoli. Meyrowitz suggerisce che la telecamera e il microfono non solo trasmettono contenuti, ma creano nuove forme di consapevolezza sociale. Ad esempio, con la televisione, diventa possibile osservare in tempo reale le reazioni dei politici, dei leader e dei cittadini, cambiando la loro percezione pubblica e privata. 4. Interazione tra media e strutture sociali: i media non sono entità separate, ma sono intimamente legati alle strutture sociali e culturali. I media influiscono sulle strutture di potere e sulle gerarchie sociali, in quanto modificano ciò che le persone possono vedere, conoscere e comprendere. 5. Media e cambiamento sociale: Meyrowitz sottolinea come i media influenzino i cambiamenti sociali e culturali, in particolare in relazione ai ruoli di genere, razza, classe e 23 autorità. I media possono, ad esempio, contribuire a ridefinire i ruoli tradizionali di genere, cambiando la percezione sociale di ciò che è considerato "normale" o "accettabile". MEME e POLITICA La Trasformazione della Politica attraverso i Media La politica ha subito tre grandi svolte, segnate da cambiamenti nei mezzi di comunicazione e nelle modalità di interazione tra politici e cittadini: 1. La Televisione al Potere (1994 - Berlusconi) Caratteristiche principali: La televisione diventa uno strumento centrale per la politica, trasformandola in intrattenimento. La figura del leader diventa cruciale, incarnata da Silvio Berlusconi, che mescola politica, gossip e spettacolo. Infotainment: Informazione e intrattenimento si fondono nei telegiornali delle reti televisive, dove i politici costruiscono la propria immagine. Politica Pop: La televisione estende il “corpo” del leader, presentandolo in ogni aspetto della vita pubblica e privata. Linguaggio semplificato per raggiungere un pubblico più ampio. 2. L’Autocomunicazione di Massa (1993-1995 - Internet e Social Media) Transizione dal modello “uno-a-molti” a quello “molti-a-molti”. Caratteristiche principali: Disintermediazione: I politici si rivolgono direttamente ai cittadini, bypassando i media tradizionali. Equalizzazione: La rete offre uguali opportunità ai piccoli partiti, compensando il potere dei grandi media. Sistema Mediale Ibrido: Vecchi media (TV, stampa) e nuovi media (social network) convivono, influenzando reciprocamente la politica. Ruolo degli Algoritmi: Definiscono cosa è popolare, creando bolle ideologiche e condizionando l’accesso ai contenuti. 3. Il Grillismo e l’Utopia della Democrazia Diretta (2005 - Blog di Beppe Grillo) Caratteristiche principali: 24 Logica dell’Azione Connettiva: L’azione collettiva diventa connettiva, senza leadership centralizzate. movimenti che hanno una durata breve perchè manca figura che coordini strategia a lungo termine Slacktivism: Attivismo superficiale che si limita a interazioni online (like, condivisioni). attivismo pigro, azione di impulso che si esaurisce lì Sciami Digitali: Aggregazioni temporanee di individui, spesso volatili e disimpegnate. manifestzioni che hanno vita breve, assembramenti occasionali (sciami di api, mosche) I Meme e la Politica Coniato da Richard Dawkins in The Selfish Gene (1976), i meme rappresentano “unità culturali” che si replicano e diffondono. Definizione moderna: Immagini, video o testi umoristici che si diffondono rapidamente online, spesso modificati dagli utenti. Caratteristiche principali: Fedeltà: Mantengono una connessione all’idea originale. Fecondità: Possono essere replicati facilmente. Longevità: Alcuni resistono nel tempo e si adattano all’attualità. Iter Memetico Processo di creazione e trasformazione: Idee culturali riprese, variate e condivise in un sistema aperto. Richiedono una base comune di conoscenze (es. film, eventi). Ruolo dei Meme nella Cultura Digitale Cultura Partecipativa: Aperta e decentralizzata. Dipende dagli usi degli utenti. Imitazione e Differenziazione: Quando un meme diventa “normale”, i creatori professionisti introducono nuove strategie narrative. Meme e Politica Usi principali: 1. Personale: Partecipazione leggera e divertente. 2. Connettivo: Propaganda politica o movimenti grassroot (#MeToo). Agenda Setting: Facilitano la comprensione dei temi grazie all’umorismo, che aumenta la diffusione. Meme e Politica: Criticità I meme, pur avendo un ruolo importante nella comunicazione politica, presentano alcune problematiche che ne limitano l’efficacia e l’equità: 1. Divario Digitale 25 Non tutti hanno le stesse risorse o competenze per partecipare attivamente al dibattito online. Questo divario si manifesta in tre forme principali: Capitale tecnologico: Accesso limitato a dispositivi e connessione internet. Capitale sociale: Mancanza di reti o contatti che facilitino la partecipazione. Capitale culturale: Differenze nelle competenze digitali e nella capacità di interpretare i contenuti online. 2. Disfunzione Narcotizzante L’eccesso di informazioni online può avere un effetto paralizzante: invece di spingere all’azione concreta, genera passività. Gli utenti si sentono sopraffatti dal volume di contenuti e finiscono per non agire. 3. Disuguaglianza Partecipativa La produzione di contenuti politici online è altamente sbilanciata: Una piccola minoranza di utenti (circa l’1%) crea la maggior parte dei contenuti. Il restante 90% si limita a consumare passivamente le informazioni, senza contribuire attivamente. Queste criticità rendono la partecipazione politica mediata dai meme meno democratica e rappresentativa di quanto possa sembrare, nonostante la loro diffusione su larga scala. Effetti della Politica Digitale Leaderizzazione e Politica Lifestyle Intimizzazione: Uso di foto personali per avvicinare il pubblico. Celebrity Politics: Il politico assume i tratti di una celebrità, condividendo aspetti quotidiani o hobby. Selfie Politico: Strumento di self-promotion. Crea un senso di prossimità con i sostenitori. Politainment e Showmanship Spettacolarizzazione della Politica: Politici come intrattenitori. Produzione di narrazioni alternative attraverso i social. Hypermimetica: Ogni evento pubblico genera meme, amplificando l’interazione. Nuove Forme di Partecipazione Politica Attività online: Petizioni. Consultazioni. Discussioni e opinioni sui social. Silly Citizenship: Coinvolgimento con temi pubblici attraverso contenuti divertenti. 26 Social Media: Nati negli anni '90, facilitano la connessione e la condivisione tra utenti. SNS: Rappresentano l'identità personale e le relazioni sociali, con confini tra pubblico e privato sempre più sfumati. Evoluzione: Da strumenti di connessione a piattaforme di contenuti. Influencer: Creano comunità e relazioni basate su credibilità e autenticità, influenzando le decisioni d'acquisto. Selfie: Strumento di costruzione dell'identità personale, ma criticato per il narcisismo. Politica: Trasformata dai media, con leader che diventano celebrità. 27