Ancient Greek History PDF
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This document provides a concise overview of ancient Greek history, focusing on significant developments in theatre, philosophy, and the reconstruction of the Athenian Acropolis during the Pericles era. It explores the transition from mythological explanations to rational inquiries, emphasizing the role of Athenian leadership in shaping Greek culture.
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### 5. La nascita del teatro L'età d'oro del teatro greco Nell'Atene di Pericle anche il teatro conobbe una straordinaria fioritura. Le origini del teatro una forma d'arte in cui una vicen-da, anziché essere semplicemente narrata, viene rappresentata da attori che fin-gono di essere i personaggi so...
### 5. La nascita del teatro L'età d'oro del teatro greco Nell'Atene di Pericle anche il teatro conobbe una straordinaria fioritura. Le origini del teatro una forma d'arte in cui una vicen-da, anziché essere semplicemente narrata, viene rappresentata da attori che fin-gono di essere i personaggi sono antichissime e strettamente legate ai riti reli-giosi. Per quanto possa apparire sorprendente, gli altri popoli dell'antichità nonconoscevano questa forma espressiva cosi raffinata e complessa. Il teatro visse però una straordinaria fioritura nell'Atene di Pericle e i testicomposti dai drammaturghi greci tra la fine del VI e l'inizio del IV seco-lo a.C. fanno parte del patrimonio culturale dell'intera umanità. Le rappresentazioni si tenevano all'interno di teatri a forma di se-micerchio, situati lungo il fianco di una collina: le pendici ospitavanogradinate su cui sedevano gli spettatori, mentre la scena era posta inbasso, in modo da garantire a tutti una buona visuale. A recitare erano solo gli uomini, che ricoprivano dunque anche i ruoli femminili. Gli attorierano soliti coprire il volto con maschere e la recitazione era accompagnata da musici e da un coro, che interveniva nei momenti di maggiore impatto emotivo dell'opera per commentare quanto gli spettatori stavano vedendo. Tragedia e commedia, esempi di vita Nel mondo greco le rappresentazioni tea-trali non erano considerate puro intrattenimento: erano, allo stesso tempo, uno spettacolo e una cerimonia religiosa e civile, e avevano una fondamentale fun-zione educativa. Le forme teatrali principali erano la tragedia e la commedia. Le tragedie ave-vano un contenuto drammatico e affrontavano temi complessi, come la necessitàdi osservare le leggi o i doveri dell'individuo verso la comunità e verso gli dei. Il legame con la religione era evidente, perché spesso la loro trama rielaborava mitie leggende eroiche. Altre volte, lo spunto veniva da vicende storiche contem-poranee: I Persiani di Eschilo, per esempio, racconta della guerra dei Greci contro ### 6. La filosofia e le conquiste culturali dei Greci La filosofia: indagare attraverso le ragione Come il teatro, anche la filosofia-letteralmente "amore per la sapienza"-è una peculiarità del mondo greco. Gli uomini si sono sempre interrogati sulla natura e sull'origine dell'universo o sulle ragioni della nostra esistenza. Nelle società più antiche le risposte a queste do-mande venivano fornite attraverso il mito, un racconto di carattere sacro basato sulla fantasia e che conteneva elementi superstiziosi. I Greci furono i primi a in-dagare l'uomo e il mondo che lo circonda con l'ausilio della ragione e senza ri-correre a spiegazioni soprannaturali. Nacque in questo modo la filosofia. Il ruolo di Atene Il pensiero filosofico nacque nelle poleis greche dell'Asia Mino-re nel VII secolo a.C. e da li si irradio nel resto del mondo greco. Fu però nel V se-colo a.C., al tempo del governo di Pericle, che la filosofia greca subi una radicale trasformazione: l'uomo «misura di tutte le cose nelle parole del filosofo Pro-tagora-e il suo vivere sociale divennero il fulcro dell'indagine filosofica. Atene, centro culturale vivace anche grazie alla politica culturale di Pericle, era il luogo ideale per lo sviluppo del pensiero filosofico e costitui un polo di attrazione per tutto il mondo greco. Lo stesso Pericle si interessò di filosofia, chiamò ad Atene filosofi e pensatori e divenne amico personale di molti di loro. Si arriva a mettere in dubbio l'esistenza degli dei L'esercizio del pensiero razio-nale condusse i filosofi greci a mettere in dubbio persino l'esistenza degli dei e la veridicità delle leggende che facevano parte del sapere tradizionale. Inoltre, i nuo-vi metodi furono applicati anche alla società umana, nel tentativo di definire le norme che guidano il comportamento sulla base dell'educazio-ne e della virtù e senza farle discendere dal volere degli deie per questo motivo molti filosofi furono accusati di empietà dagli ambienti più tradizionalisti della società. Lo sviluppo delle scienze e la nascita della medicina Una delle più importanti conseguenze dell'impiego della ragio-ne nello studio dei fenomeni naturali fu la nascita della scienza medica. Fino a quel momento le malattie erano considerate conseguenze dell'azione di un demone o di un dio e, quindi, alla guarigione concorrevano tanto la sommi-nistrazione di farmaci quanto i sacrifici offerti agli dei. Se-guendo un metodo di indagine razionale, Ippocrate (nato attorno al 460 a.C.) fu il primo a sostenere che le malattie dipendono esclusivamente da fattori fisici e non ### 4. La ricostruzione dell'acropoli e il Partenone Atene è la capitale commerciale del mondo greco... Durante l'età di Pericle, Atene conobbe un notevole sviluppo economico. Il porto del Pireo fu ingran-dito con la costruzione di nuove banchine e depositi per le merci e divenne lo scalo più importante del Mediterraneo. Gli abitanti della città si dedicarono con intraprendenza al commercio e alle attività artigianali: nelle botteghe ateniesi si realizzavano manufatti pregiati (vasi, armi, stoffe), esportati insieme al vino e all'olio dell'Attica in tutto il mondo allora conosciuto. Gli scambi commerciali portarono in città un notevole flusso di denaro. e la sua capitale culturale Pericle utilizzò queste ricchezze per abbellire Ate-ne e per chiamare in città artisti, filosofi e scrittori che, con le loro opere, resero Atene un punto di riferimento culturale per l'intera Grecia. Pericle era senza dubbio interessato all'arte e al sapere, ma aveva capito che il primato di Atene non poteva essere solo politico. Da questo punto di vista la politica estera di Pericle e la sua politica culturale si proponevano lo stesso obiettivo. La più importante opera avviata da Pericle fu la riedificazione dell'acropoli, che era stata incendiata dai Persiani nel 480 a.C. La ricostruzione era già stata avviata dai precedenti governanti ateniesi ma Pericle diede a questa impresa un significato particolare: i nuovi edifici, con il loro splendore, dovevano testimo-niare ai Greci e alle generazioni future la grandezza e la potenza di Atene. A sovraintendere i lavori - costosissimi e in gran parte pagati utilizzando il tesoro della Lega di Delo - fu chiamato Fidia, il più grande scultore della Grecia antica. L'acropoli: simbolo della potenza di Atene L'inizio dello spazio dedicato agli dei era segnato dai Propilei: un vasto portico formato da sei ordini di colonne, presso il quale si concludeva la Via Sacra, ossia la via percorsa dalle processioni religiose. A destra dei Propilei sorgeva un piccolo tempietto costruito attorno al 420 a.C. e dedicato ad Atena Nike, ossia Atena vittoriosa: ancor prima di entrare, al visitatore era chiaro che l'acropoli era dedicata ad Atena, la divinità poliade, e alle vittorie che Atene aveva conseguito grazie alla sua protezione. Al centro, sulla grande spianata della nuova acropoli, si ergeva il Partenone, il tempio dedicato ad Atena. Il Partenone misurava 70 metri per 31 ed era decorato con statue e fregi che narravano, tra gli altri temi, la lotta tra uomini e giganti e tra uomini e centauri: due motivi iconografici che simboleggiavano la vittoria della civiltà sulla barbarie e, quindi, la vittoria dei Greci guidati da Atene sui Persiani. La dea Atena protegge la città Nella cella del Partenone, Fidia pose una gigan-tesca statua crisoelefantina (ossia ricoperta di oro e avorio) di Atena che reg-geva in mano una vittoria alata. Una seconda statua della dea armata di lan-cia e altrettanto monumentale era in bronzo e alta 9 metri-fu posta al di fuori del tempio, in direzione del mare, in modo che fosse visibile a tutte le navi che arrivavano in città. La statua era quindi un avviso ai viaggia-tori: Atene era protetta dalla sua dea guerriera ed era pertanto invincibile. Dietro il Partenone sorgeva l'Eretteo. Secondo la leggenda Eretteo era stato il primo re dell'Attica ed era stato allevato da Atena: anche questo edificio era quindi dedicato al rapporto della dea con la città. Larchitrave dell'Eretteo è sorretta da sei statue femminili che rappre-sentano le donne della regione della Caria (sono infatti chiamate ca-riatidi), fatte schiave dagli Ateniesi per punire l'appoggio dato dai loro mariti all'esercito persiano. L'intera acropoli aveva dunque un chiaro significato politica mo-strare il primato economico, politico e culturale di Atene e, di conse-guenza, il suo diritto a essere la potenza egemone del mondo greco. ### MICROSTORIA La ricchezza dell'Atene di Pericle dipendeva dal lavo-ro dei suoi artigiani e, in particolare, dai vasai che, nel demo di Keramos (in greco "terracotta"), realizzavano le coppe e i crateri che venivano poi commercializzati alizzati in tutto il bacino del Mediterraneo. Eppure, malgrado la prosperità delle città greche nascesse dal loro lavoro, gli uomini liberi dovessero evitare il lavoro manuale per dedicarsi alle arti militari, alla politica o alla cultura. Le attività artigianali andavano lasciate agli schiavi e a chi apparteneva alle fasce più basse della popolazione: i la-vori cosiddetti manuali, scriveva Senofonte, a ragione non godono nelle città di alcuna stima»; mentre Aristotele sosteneva che i cittadini non devono esercitare mestie-ri da operaio o commerciante [], occupazioni ignobili e contrarie alla virtù. Malgrado godessero di uno scarso prestigio sociale, gli artigiani erano spesso orgogliosi della propria abilità e del proprio lavoro. Cosi, per esempio, i vasai firmavano le loro opere apponendo il proprio nome seguito dai verbi epdiesen (fece») o egrapsen (disegno»): era un modo per rivendicare la propria importanza in un mondo che ama-va l'arte ma si curava poco di chi la produceva. Sono inol-tre state ritrovate ceramiche che raffigurano fabbri, fab-bricanti d'armi, vasai o calzolai intenti al lavoro nelle loro botteghe: anche se sono molto poche (proprio perché il lavoro non era considerato un soggetto artistico "nobile"), esse costituiscono una chiara manifestazione di orgoglio professionale. ### Gli artigiani Un vaso del V secolo a.C., conservato oggi in musei dimostra bene quanto alcuni artigiani fossero fieri del proprio mestiere. A rendere quest'opera degna di nota non è solo la sua eccezionale qualità artistica ma, soprattutto, la sua decorazione: essa mostra infatti un vasaio che lavora con i suoi aiutanti, viene incoronato da Atena e da due Nike (vittorie) alate. Fra gli assistenti del vasaio possiamo notare anche una donna: grazie alle fonti scritte sappiamo che non era un fatto insolito e che molte donne (spesso le figlie dell'artigiano o, spesso, delle schiave) lavoravano nelle botteghe artigianali, Il loro lavoro era però meno considerato di quello degli uomini, tanto che nelle ceramiche greche oggi note, quelle che raffigurano scene artigianali sono appena tre. ### 3. La politica imperialista di Pericle Atene impone la propria supremazia Nei rapporti con le altre città greche, Peri-cle proseguì lungo la strada tracciata da Temistocle e adottò una politica aggres-siva e imperialistica, ossia cercò di estendere l'autorità di Atene sulle altre poleis della Grecia. Lo strumento che Pericle utilizzo per affermare l'autorità di Atene fu la Lega di Delo, l'alleanza militare tra le poleis greche creata da Temistocle. La Lega di Delo era stata creata per contrastare la minaccia persiana, ma ormai gli equilibri nell'Egeo si erano volti nettamente a favore dei Greci grazie alle vittorie conseguite da Cimone. Inoltre i Persiani erano impegnati a fronteggiare rivolte scoppiate in diverse parti del loro impero. Nel 449 a.C. la situazione favorevole permise ad Atene di firmare con la Persia la pace di Callia-così chiamata dal nome del negoziatore ateniese che si occupò delle trattative, in base alla quale la Persia si impegnava a rispettare l'autonomia delle poleis dell'Asia Minore e a non entrare con le sue navi nell'Egeo: in tal modo la Persia riconosceva il controllo dell'Egeo ad Atene. Atene assume il controllo della Lega di Delo In teoria la fine della minaccia per-siana avrebbe dovuto portare allo scioglimento della Lega di Delo, ma Pericle la mantenne in vita, trasformandola nello strumento con cui dominare le città al-leate. Vediamo come questo avvenne. In primo luogo, il consiglio della Lega smise di essere convocato: se fino ad allora le decisioni erano concordate collegialmente da tutti gli alleati, ora a decidere erano solo gli Ateniesi. Per finanziare l'alleanza ogni città doveva versare una somma annuale, che co-stituiva il tesoro della Lega. Pericle trasferì il tesoro da Delo ad Atene e impiegò una parte di esso per ricostruire l'Acropoli. In questo modo, la somma versata annualmente dalle città greche si trasformò in un tributo dovuto ad Atene. Il tributo, inoltre, fu progressivamente aumentato e passo dagli originari 430 talenti d'argento ai 600 del 431 a.C. fino a toccare i 1460 durante le prime fasi della guerra del Peloponneso. Atene intervenne sempre più spesso nella politica interna delle singole poleis, imponendo governi democratici e stanziando nelle città meno fidate delle guarnigioni militari. Infine, Pericle impedi alle poleis allea-te di abbandonare la Lega e, anzi, im-pose ad alcune città di entrare a farne parte. Ogni tentativo di ribellione fu duramente represso. In questo modo la Lega di Delo cesso di essere un'alleanza difensiva e divenne uno strumento di dominio grazie al quale, secondo Tucidide, Atene «stran-golava e divorava gli alleati». ### 2. Pericle e il rafforzamento della democrazia Cimone riprende la guerra contro la Persia Nel 471 a.C. Temistocle fu accusato di voler instaurare la tirannide ad Atene e venne ostracizzato: il vincitore di Salamina fu cosi costretto a prendere la via dell'e-silio e non fece mai più ritorno ad Atene. La caduta di Temisto-cle favori il ritorno al potere degli aristocratici, guidati dal loro nuovo leader Cimone, figlio di Milziade, il vincitore di Maratona. In politica estera Cimone adottò una linea opposta a quella di Te-mistocle: cercò infatti l'accordo con Sparta e riprese la guerra con-tro la Persia. Sotto la sua guida, la Lega di Delo allontano i Persiani dalla Tracia e distrusse la flotta e l'esercito persiani nella battaglia del fiume Furimedonte (466 a.C.) una vittoria decisiva, che pose fine ai tentativi persiani di tornare nell'Egeo. L'affronto di Sparta determina l'allontanamento di Cimone Nel 464 a.C. un terremoto colpi la Laconia, causando migliaia di morti. Gli iloti della Messenia, ap-profittando della catastrofe, si ribellarono a Sparta che, per far fronte alla rivolta (detta anche terza guerra messenica), fu costretta a chiedere l'aiuto di Atene. Cimone, malgrado l'opposizione del partito democratico, decise di inviare un corpo di ben 4000 opliti, i quali però, giunti nel Pelopon-neso, vennero congedati e rimandati in patria: forse gli Spartani dubitavano delle capacità degli Ateniesi ma, più probabilmente, erano preoccupati per la presenza di truppe attiche nel loro terri-torio. Si trattava di un affronto gravissimo, che ebbe immediate ripercussioni sulla politica ateniese: Cimone fu ostracizzato e i democratici ripresero il potere, guidati dal loro leader Efialte. Efialte toglie i poteri all'areopago Efialte riprese la politica antispartana di Te-mistocle ma, soprattutto, rafforzò la democrazia ateniese. Le riforme di Efilate limitarono le prerogative degli aristocratici, riducendo i poteri dell'areopago, il consiglio degli ex arconti composto esclusivamente da cittadini della prima classe. L'areopago fu privato delle funzioni legislative e di controllo sulle altre magistrature e gli rimase solo il compito di giudicare i colpevoli dei reati di san-gue. I poteri che erano stati dell'areopago furono distribuiti tra la bule dei Cin-quecento e l'elica, ossia le assemblee a cui partecipavano tutti i cittadini di Atene. Alla perdita di importanza dell'areopago si accompagno quella degli arconti: il governo della città passò nelle mani dei dieci strateghi, ossia dei dieci genera-li, uno per tribù, che guidavano l'esercito e la flotta cittadina e che erano eletti dall'ecclesia. Agli strateghi spettava anche la conduzione della politica estera della polis. Pericle, alla guida di Atene per trent'anni Queste riforme portarono a una ripresa degli scontri interni alla polis e all'uccisione dello stesso Efialte do-po un solo anno dalla sua ascesa. Il suo posto alla guida di Atene e del parti-to popolare fu preso da Pericle, che avrebbe dominato la vita pubblica atenie-se per più di trent'anni: dal 460 a.C. fino alla sua morte, avvenuta nel 429 a.C. Sebbene appartenesse al partito popolare, Fericle discendeva da parte di madre dalla potente famiglia aristocratica degli Alcmeonidi, la stessa cui era apparte-nuto Clistene. Da ragazzo si distinse negli studi e dai suoi maestri, tra i quali vi furono alcuni dei migliori retori del tempo, apprese non solo l'arte di parlare in pubblico ma anche l'importanza della moderazione: Pericle visse sempre in ma-niera sobria e questo stile di vita controllato alimentò la sua fama di persona in-corruttibile, che aveva sempre e solo in mente il bene di Atene. Dai suoi maestri Pericle ricevette anche l'amore per il sapere: amava circondarsi di persone colte con cui conversare di arte e filosofia e tra i suoi amici più stretti vi furono Ero-doto, il filosofo Anassagora, il drammaturgo Sofocle e lo scultore Fidia. Non a caso uno dei suoi primi atti pubblici fu assumere la liturgia (detta coregia) per la messa in scena della tragedia di Eschilo I persiani. La sua vita privata fu segnata dall'amore per un'etera di nome Aspasia, che le fonti descrivono particolarmente intelligente e colta. Questo legame fu utiliz-zato dai suoi nemici per attaccarlo: Aspasia venne accusata di comportamenti immorali e di empietà e sottoposta a un processo al quale scampò solo grazie a un appassionato discorso di Pericle. ### 1. La Grecia dopo le guerre persiane Cinquant'anni di apparente tranquillità La vittoria contro i Persiani era stata ottenuta grazie alla collaborazione fra le principali poleis greche ma era eviden-te che il merito spettava soprattutto ad Atene e Sparta, le due città che avevano guidato i Greci alle vittorie di Salamina e Platea. Benché fossero state alleate contro il comune pericolo, Atene e Sparta incarna-vano due modelli politici contrapposti. Sparta era la polis aristocratica per eccel-lenza: la città in cui una ristretta minoranza di spartiati dominava sul resto della popolazione. Il suo esercito era il migliore del mondo greco e la sua economia era prevalentemente agricola, anche perché gli spartiati erano obbligati a dedicarsi esclusivamente alle attività militari. Atene, che al contrario si era avviata verso la democrazia, era una città dinamica, la cui ricchezza dipendeva dai commerci e la cui potenza risiedeva nella flotta. Negli anni che seguirono la fine delle guerre persiane, Atene e Sparta divenne-ro i modelli di riferimento per le altre città della Grecia. Sparta, alla guida della Lega del Peloponneso, attrasse nella sua orbita le poleis guidate dagli aristocra-tici. Atene, al contrario, estese la sua influenza alle città che avevano un ordina-mento democratico. Era dunque facile immaginare che l'alleanza tra Sparta e Atene non sarebbe durata a lungo e che, prima o poi, tra le due poleis sarebbe scoppiata la guerra. Questo periodo di pace, interrotto solo da piccoli conflitti locali, fu di estrema importanza per Atene: fu in questi decenni che gli Ateniesi-come scrive Tucidide - <<resero più saldo il loro domi-nio e giunsero a un alto grado di potenza.>>> Temistocle fonda la Lega di Delo Atene continuo a combattere contro i Persiani anche dopo la vittoria di capo Micale e riuscì a conquistare il controllo delle Ci-cladi e delle rotte commerciali che attraversavano l'Egeo. In breve tempo diven-ne la polis più ricca di tutta la Grecia e il Pireo, il porto voluto da Temistocle, di-ventò uno dei più importanti scali del Mediterraneo. Temistocle si rendeva però conto che i Persiani costituivano ancora una mi-naccia. Per questa ragione nel 478 a.C., forte del prestigio acquisito da Atene, promosse la nascita della Lega di Delo, un'alleanza politica e militare fra Atene e numerose poleis della Grecia e dell'Asia Minore. In base agli accordi, ogni città si impegnava a mettere a disposizione un certo numero di triremi per formare una flotta comune, il cui comando sarebbe spet-tato ad Atene. La sede della Lega, ossia il luogo dove si tenevano le riunioni e dove era custodito il tesoro dell'alleanza, era il santuario di Apollo sull'isola di Delo. Sparta non aderi all'alleanza: il timore di una rivol-ta degli iloti sconsigliava agli spartiati di impegnarsi nell'Egeo, un'area in cui la città non aveva interessi di retti. In assenza di Sparta, la Lega di Delo, nata per far fronte alla futura lotta contro i Persiani, divenne uno strumento per accrescere l'influenza ateniese sulla Grecia, controbilanciando il peso politico e militare di Sparta e della Lega del Peloponneso. Le Lunghe mura servono a difendersi Temistocle si rendeva conto di come lo scontro con Sparta fosse ine-vitabile. Temistocle aveva ben compreso come un con-flitto tra Atene e Sparta poneva anzitutto un problema logistico e tattico: se sul mare gli Ateniesi erano imbat-tibili, sulla terraferma l'esercito spartano era netta-mente superiore. Dal momento che il Pireo, il porto di Atene, sorgeva lontano dalla città, in caso di guerra gli spartiati avrebbero potuto porre sotto assedio Atene, isolandola dal mare e costringendola ad arrendersi. Per questa ragione Temistocle fece costruire le cosid-dette Lunghe mura, una muraglia, lunga 6 chilometri e difesa da torri, che proteggeva la strada che congiun-geva Atene al Pireo. In questo modo la città avrebbe po-tuto ricevere viveri e rifornimenti via mare e resistere anche a un lungo assedio. ### A Salamina si decide il futuro della Grecia Tra i comandanti greci c'era incertez-za su come organizzare la difesa, ma Temistocle-capendo che, grazie alla mag-gior conoscenza del territorio, la flotta ateniese poteva sconfiggere quella persia-na, che pure era numericamente superiore-li convinse ad affrontare i Persiani nella baia di Salamina, un braccio di mare poco distante da Atene. La baia offriva due grossi vantaggi: in primo luogo, era uno spazio ristretto, in cui le navi persiane non avrebbero potuto eseguire quelle manovre che le rendevano temibili in mare aperto. In secondo luogo, i marinai greci, a differenza di quelli persiani, conoscevano le correnti che attraversavano la baia, per esem-pio sapevano a che ora la marea cambiava direzione, e sapevano come sfruttare queste conoscenze per ottenere la vittoria. La battaglia si svolse nel settembre del 480 a.C. e per i Greci fu un trionfo: sotto gli occhi di Serse, che assistette allo scontro da un'altura vicina, la flotta persiana fu quasi interamente distrutta. ### La battaglia di Platea e la sconfitta dei Persiani Serse si ritrovò quindi priva-to della flotta che doveva assicurare i rifornimenti alle truppe terrestri. Inoltre, c'era il rischio che le città della Ionia si rivoltassero nuovamente contro di lui: per queste ragioni fu costretto a tornare in Persia con una parte del suo esercito. Per quanto fondamentale la battaglia di Salamina non era stata però risolutiva: in Grecia restava sempre il grosso dell'esercito persiano che Serse aveva affida-to al generale Mardonio. Nel 479 a.C., Mardonio invase nuovamente l'Attica: lo scontro decisivo si svolse quello stesso anno nella piana di Platea. Questa volta furono gli Spartani, comandati dal loro generale Pausania, a guidare l'esercito greco alla vittoria contro gli invasori. Pochi giorni dopo la flotta ateniese sconfisse nuovamente quella persiana nel-la battaglia di Capo Micale. Anche le città della lonia si ribellarono al dominio persiano e riconquistarono la libertà. La guerra era davvero finita: per la seconda volta i Greci avevano sconfitto il più grande impero della terra. ### Le conseguenze della vittoria La vittoria sui Persiani ebbe importanti conse-guenze sulla Grecia. La più rilevante fu ovviamente la sopravvivenza della polis, ossia del modello da cui nascerà poi la nostra democrazia. Una seconda conseguenza fu la crescente importanza di Atene e Sparta: le due città, che si erano poste alla guida della resistenza e avevano condotto i Greci alle vittorie di Salamina e Platea, divennero sempre più il punto di riferimento dell'intera Grecia. Atene, in particolare, negli anni successivi alla battaglia di Capo Micale, continuò a guerreggiare contro i Persiani e riuscì a strappare loro il controllo delle Cicladi e delle rotte commerciali che attraversavano l'Egeo. In breve tempo Atene divenne la polis più ricca di tutta la Grecia e il Pireo, il porto voluto da Temistocle, diventò uno dei più importanti scali del Mediterraneo. Benché alleate contro il comune perico-lo, Atene e Sparta incarnavano due modelli politici contrapposti: Sparta era una polis aristocratica, Atene una polis democratica. In tutta la Grecia, gli aristocratici guardava-no a Sparta come a un modello da imitare e lo stesso facevano i democratici con Atene. Nei decenni successivi il confronto tra le due città sarebbe esploso con conseguenze devastanti per l'intera Grecia. ### 4. La seconda guerra persiana Serse prepara l'invasione della Grecia Nel 485 a.C., alla morte di Dario, salı sul trono il figlio Serse, che decise di riprendere l'espansione verso la Grecia e di ven-dicare la sconfitta subita a Maratona. Serse allesti un colossale esercito, formato da più di 100000 soldati - cinque volte più di quanti ne avesse avuti Dario-ed affiancato da una flotta di 600 navi che doveva assicurare appoggio logistico e rifornimento alle truppe di terra. Nel 480 a.C. l'esercito persiano guidato personalmente da Serse attraverso su un ponte di barche l'Ellesponto, lo stretto di mare che divide l'Asia dall'Europa. Contemporaneamente, ambasciatori persiani si recarono nelle città greche per intimare la resa: la seconda guerra persiana era iniziata. La Grecia si unisce contro i Persiani Alcune città si dichiararono neutrali, altre accettarono di sottomettersi al Gran Re, ma la maggior parte delle poleis caccio gli ambasciatori persiani e si preparò alla gu guerra contro l'invasore. Questa volta i Greci compresero la gravità della minaccia, decisero di superare le rivalità e si coalizzarono contro l'impero persiano: fu così costituita un'alleanza comune, la Lega ellenica, e ogni poleis richiamò in patria i propri esuli, affinché partecipas-sero alla lotta contro il nemico comune. La guida della resistenza fu assunta dalle due più importanti città della Grecia: Sparta, che grazie agli spartiati aveva l'esercito migliore, e Atene, che poteva contare sulla nuova e potente flotta voluta da Temistocle. Il modello delle poleis è in pericolo Ai Greci era chiaro quale fosse la reale posta in gioco. Se Serse avesse vinto, il modello della polis sarebbe stato distrutto e tut-ti i Greci avrebbero cessato di essere dei cittadini che possono decidere il futuro della loro città per diventare dei sudditi, tenuti a obbedire alle decisioni del re. La battaglia delle Termopili e il sacrificio di Leonida 1 Greci non erano in grado di schierare un esercito numeroso come quello persiano. Era dunque necessario ingaggiare battaglia in un punto in cui il vantaggio dato dalla preponderanza nu-merica dei Persiani fosse almeno parzialmente vanificato. Vennero identificati due punti strategici: il primo era nella Grecia settentrio-nale, al passo delle Termopili, uno stretto varco fra le montagne e il mare che era il passaggio obbligato per chi arrivava in Grecia da Nord. Il secondo all'istmo di Corinto, la sottile linea di terra che collegava il Peloponneso al resto della Grecia. Attestarsi all'istmo di Corinto avrebbe però significato abbandonare ai Persiani l'intera regione dell'Attica, motivo per cui gli Ateniesi premevano perché la difesa fosse organizzata alle Termopili. Alla fine, nel luglio del 480 a.C., si decise di rallentare l'avanzata persiana al passo delle Termopili: agli ordini del re spartano Leonida si schierarono a difesa del passo 4000 uomini provenienti da diverse poleis, tra cui 300 spartiati. Allo stesso tempo la flotta si attestava nel vicino Capo Artemisio, cosi da bloccare i Persiani anche per mare. I Greci riuscirono a resistere per giorni agli attacchi dei nemici, ma alla fine i Persiani trovarono il modo di aggirare le loro posizioni con una manovra di accerchiamento. Il grosso dell'esercito greco decise di ritirarsi, mentre Leonida-solo con i suoi 300 soldati rimase a combattere fino all'ultimo uomo, preferendo la morte alla resa. Contemporaneamente, la flotta greca riuscì a rallentare quella persiana a capo Artemisio, grazie anche a una tempesta che provocò l'affonda-mento di diverse navi nemiche. ### La distruzione dell'acropoli Il sacrificio di Leonida diede il tempo agli Ateniesi di prepararsi ad affrontare il nemico. Di fronte al pericolo, le divisioni tra aristo-cratici e popolari furono accantonate e Aristide-richiamato dall'esilio - parte-cipò al fianco di Temistocle all'organizzazione della resistenza. Vista l'impossibilità di difendere l'Attica, Atene fu evacuata: la popolazione civile fu messa in salvo su due isole vicine, mentre gli uomini abili a combattere furono arruolati sulle navi. Solo un piccolo drappello di Ateniesi, asserragliato sull'acropoli, restò a difendere la città. Al loro arrivo i Persiani uccisero tutti i difensori, incendiarono la città e rasero al suolo i templi dell'acropoli. ### 3. La politica ateniese dopo Maratona Continuano i contrasti tra aristocratici e popolari Negli anni successivi alla fine della prima guerra persiana, Atene attraversò un periodo di forte sviluppo eco-nomico e divenne uno dei più importanti centri commerciali del Mediterraneo. I due partiti che si contendevano il governo della città, quello aristocratico e quello popolare, avevano però opinioni diverse su quale dovesse essere il futuro di Atene. Gli aristocratici, guidati da Aristide, erano proprietari terrieri: avevano per questo una visione della città più conservatrice e statica e avrebbero voluto che l'economia della polis continuasse a essere basata sull'agricoltura. Al contra-rio, il partito popolare, guidato da Temistocle, tutelava gli interessi di mercanti e artigiani, propendeva per una visione più dinamica di Atene e per un'economia basata sui traffici commerciali e sulla produzione manifatturiera. Temistocle mira all'espansione nel Mediterraneo Il diverso orientamento dei due schieramenti si rifletteva anche in una diversa linea di politica estera: Ari-stide e gli aristocratici erano a favore di un accordo con la Persia che assicuras-se la pace e mantenesse l'ordine esistente. Al contrario, Temistocle e i popolari erano intenzionati a rafforzare la flotta ateniese, così da portare Atene a control-lare le rotte commerciali che attraversavano l'Egeo. Una scelta che avrebbe ine-vitabilmente riacceso il conflitto con la Persia. Una nuova flotta per Atene Lo scontro tra popolari e aristocratici divenne più aspro quando l'ecclesia, l'assemblea aperta a tutti i cittadini, fu chiamata a decidere su come utilizzare l'argento di alcune miniere scoperte proprio in quel periodo nella regione attica del Laurio. Aristide propose di distribuire l'argento tra tutti i cittadini, ma Temistocle obiettò che in tal modo a ognuno sarebbe spettata una quota irrisoria e sostenne che sarebbe stato di maggior giovamento per la città se quell'argento fosse stato utilizzato per finanziare l'allestimento di una flotta di triremi. La trireme era un nuovo tipo di nave da guerra caratterizzata da tre file di rematori (invece di due) su ogni fian-cata: si trattava di imbarcazioni partico-larmente potenti e veloci e, con esse, la flotta ateniese avrebbe potuto assumere il controllo dell'Egeo. Temistocle riusci a convincere l'ecclesia ad approvare sia la realizzazione della nuova flotta, sia la costruzione di un nuovo porto, il Pireo, che sarebbe sorto in una posi-zione più facilmente difendibile rispetto al porto del Fa-lero usato fino ad allora. ### Le conseguenze sul piano politico La decisione di raf-forzare la flotta ebbe pesanti conseguenze sul piano po-litico. Ai temi delle navi, infatti, vi sarebbero stati i teti: la quarta classe nell'ordinamento timocratico di Solone, quella composta da manovali e piccoli contadini che non potevano permettersi l'equipaggiamento da oplita e che quindi non facevano parte dell'esercito. Con la costruzione delle triremi, i teti as-sunsero un ruolo fondamentale nell'esercito ateniese e, di conseguenza, crebbe anche il loro peso nelle istituzioni della polis. Nel 482 a.C., pochi mesi dopo la decisione di costruire la flotta, i popolari riu-scirono inoltre a far ostracizzare Aristide, che fu costretto