Schemi PEI 2024-2025 - Politiche Economiche per l'Innovazione e Regolazione - PDF

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Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano (UCSC MI)

2025

M. A. Maggioni

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politiche economiche innovazione economia ricerca e sviluppo

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These are lecture notes on economic policies for innovation and regulation, covering topics such as the concept of economic policy, innovation, and public intervention. The document includes various models, formulas, and figures to illustrate the topics discussed.

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I Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano Facoltà di Scienze politiche e sociali POLITICHE ECONOMICHE PER L'INNOVAZIONE E REGOLAZIONE A.A. 2024-2025 Prof. M. A. Maggioni Indice 1 Introduzione: concetto di politica economica e problema dell’efficienza sociale 1.1 Cause di inefficie...

I Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano Facoltà di Scienze politiche e sociali POLITICHE ECONOMICHE PER L'INNOVAZIONE E REGOLAZIONE A.A. 2024-2025 Prof. M. A. Maggioni Indice 1 Introduzione: concetto di politica economica e problema dell’efficienza sociale 1.1 Cause di inefficienza sociale 1.1.1 Esternalità positive di produzione e di consumo............................................ p. 1 1.1.2 Innovazione come bene pubblico 1.1.3 Monopolio 2 L’innovazione 2.1 Caratteristiche dell’innovazione 2.1.1 non si deteriora 2.1.2 fenomeni di apprendimento 2.1.3 incertezza 2.1.4 concentrazione 2.1.5 inefficienza del mercato del lavoro 3 L’innovazione di processo 3.1 Introduzione: modello di Solow (1957) – contabilità della crescita –........................ p. 3 3.2 Innovazione di processo comporta un miglioramento della produttività 3.3 Innovazione di processo: casistica dei benefici....................................................... p. 6 3.4 Innovazione di processo e politiche commerciali strategiche: il modello di Brander e Spencer (1985)..................................................................................................... p. 10 4 Incentivo pubblico e privato all’innovazione di processo 4.1 Il modello di Arrow (1962).................................................................................... p. 13 4.2 Critiche al modello di Arrow................................................................................... p. 16 4.2.1 Il modello di Demsetz (1969)...................................................................... p. 17 4.2.2. Modello di Tirole (1989)............................................................................ p. 20 4.2.3. Schema riassuntivo della teoria oligopolista................................................. p. 23 4.2.3.1. Concorrenza à la Bertrand............................................................. p. 24 II 4.2.3.2. Concorrenza à la Cournot.............................................................. p. 25 5 L’intervento pubblico 5.1 Criteri delle politiche innovative............................................................................. p. 32 5.2 Meccanismi di allocazione delle risorse innovative delle imprese 5.2.1 Definizione di Metcalfe sul rapporto tra input e output innovativi 5.2.1.1 Problemi della definizione di Metcalfe a. Misurazione input e output b. Incertezza del processo innovativo 6. La frontiera delle possibilità innovative 6.1 Introduzione: concetto di frontiera delle possibilità produttive 6.2 Il processo produttivo dell’innovazione.................................................................. p. 33 6.2.1 Caratteristiche 6.2.2 Rappresentazioni grafiche 7. Scopi delle politiche economiche innovative............................................... p. 37 7.1 Diminuire le spese di ricerca (spostamento a sinistra della frontiera delle possibilità innovative) 7.1.1 Alternative concrete del decisore pubblico 7.2 Diminuire i costi di produzione (spostamento a destra lungo la frontiera delle possibilità innovative) 7.2.1 Scelta del livello ottimo di spesa in R&S da parte delle imprese: Modello di Nordhaus (1969).............................................................................................. p. 38 7.2.1.1 Problema dell’incertezza (tassonomia di Dosi 1988) e dell’avversità al rischio.................................................................................................... p. 43 7.2.1.2 Modello di Stiglitz-Weiss sul razionamento del credito (1983)............ p. 44 8. Gli strumenti dell’intervento pubblico 8.1 I sussidi 8.1.1 Matching grants...................................................................................... p. 45 8.2. Sgravi fiscali....................................................................................................... p. 50 8.3. Contratti 8.4. Brevetti 8.4.1. Lunghezza 8.4.2. Ampiezza 8.4.3 Durata dei brevetti (utilizzando il modello di Nordhaus)............................... p. 52 8.5. Premi III 8.6. Standard (voce "Standard", in Atlante della Comunicazione, Colombo F. (a cura di), 2005, Hoepli, Milano, pp. 327-329.) 9. Modello di Nelson e Winter (1982)................................................................... p. 58 10. Modello di Arora e Gambardella (1997)..................................................... p. 60 1 1.1.1 Esternalità positive di produzione e di consumo “Innovazione” come ReS (Ricerca e Sviluppo), bene caratterizzato da esternalità positive di produzione Cmg Cmg privati Cmg’privati CmgSociali p p q*privata q*’privata q*sociale q Nei beni con esternalità positive di produzione Cmgprivati > Cmgsociali L’impresa privata non è dunque incentivata a produrre innovazione al livello dell’ottimo sociale, infatti q*privata < q*sociale Mission: le politiche volte allo spostamento dei costi marginali privati si caratterizzano dall’introduzione di sussidi alla ricerca e sviluppo. In questo caso tali politiche hanno lo scopo di stimolare direttamente l’investimento in attività di ricerca e sviluppo e, indirettamente, l’ottenimento di innovazioni da parte delle imprese. L’operatore pubblico può intervenire per il raggiungimento di q*sociale attraverso l’uso di sussidi all’attività innovativa abbassando Cmgprivati fino a Cmg’privati, cercando di avvicinare la q*privata alla q*sociale. 2 “Innovazione” come adozione di bene caratterizzato da esternalità positive di consumo Cmg, Bmg Cmg, Bmg Bmg’privati Bmgprivati Bmgprivati Bmgsociali Bmgsociali Cmg cmg Cmg’ q*privata q*’privata q*sociale q*’sociale q q*privata q*’privata q*sociale q Figura A Figura B Nei beni con esternalità positive di consumo Bmgprivati < Bmg sociali. L’impresa privata non è dunque incentivata a produrre innovazione a livello dell’ottimo sociale q*privata < q*sociale Diffusion (Figura A): le politiche volte allo spostamento dei benefici marginali si caratterizzano dall’introduzione di sussidi all’adozione dell’innovazione (riducendo i costi marginali da Cmg a Cmg’). In questo caso tali politiche hanno come effetto quello di aumentare l’adozione delle innovazioni da parte delle imprese e dunque, a livello macro, la diffusione delle innovazioni. Questa variazione dei costi marginali provoca un aumento sia della quantità ottima privata che della quantità ottima sociale (q*’privata> q*privata e q*’sociale> q*sociale). L’operatore pubblico può intervenire per il raggiungimento di q*sociale: Appropriability (Figura B): aumentando Bmgprivati (ad esempio aumentando l’appropriabilità con i brevetti) fino a Bmg’privati, finché q*’privata si avvicini a q*sociale. Il rafforzamento della tutela della proprietà intellettuale (o più in generale dell’appropriabilità di un’innovazione) permette all’impresa di ottenere profitti positivi per un certo periodo di tempo, onde rientrare delle spese per l’acquisizione delle nuove tecnologie sostenute nei periodi precedenti. 3 3.1 Introduzione: modello di Solow (1957) – contabilità della crescita – Una generica funzione di produzione con 2 fattori di produzione, K e L, e progresso tecnico esogeno è la seguente: Yt = A ⋅ f (K t , L t ) (1) dove Kt è la quantità di capitale disponibile nell’economia al tempo t, Lt è la quantità di lavoro disponibile nell’economia al tempo t, ed A è un parametro di scala che rappresenta la tecnologia. Per calcolare il tasso di crescita di Y si calcola inizialmente la variazione nel seguente modo: Δ Y = PMK ⋅ Δ K + PML ⋅ Δ L + f (K t , Lt ) ⋅ Δ A Dividendo tutto per Y t = Af (K t , N t ) si ottiene il tasso di crescita: ΔY PMK PML f (K t , L t ) ⋅ Δ A PMK PML ΔA = ⋅ ΔK + ⋅ ΔL + = ⋅ ΔK + ⋅ ΔL + Yt Yt Yt A ⋅ f (K t , L t ) Yt Yt A Ora dividendo e moltiplicando il primo termine a destra dell’uguale per K e dividendo e moltiplicando il secondo termine a destra dell’uguale per L si ottiene la seguente scomposizione: ΔY PMK ⋅ K Δ K PML ⋅ L Δ L Δ A = ⋅ + ⋅ + Y Y K Y L A E’ possibile riscrivere la precedente eguaglianza nel seguente modo: ΔY K ΔK L ΔL ΔA = PMK ⋅ ⋅ + PML ⋅ ⋅ + (2) Y Y K Y L A Quota di reddito Quota di reddito che va al capitale che va al lavoro tasso di crescita tasso di tasso di crescita cambiamento del capitale del lavoro tecnologico In altre parole: il tasso di crescita del PIL è funzione del tasso di crescita del capitale, del tasso di crescita del lavoro e del tasso di cambiamento tecnologico. È possibile riprodurre il calcolo del tasso di crescita utilizzando una funzione di produzione à la Cobb-Douglas: Y = A ⋅ K α ⋅ Lβ dove A, K ed L hanno il consueto significato e α e β sono rispettivamente l’elasticità di Y rispetto a K e L. Cioè se K aumenta dell’1% , Y aumenterà del α % , mentre se L aumenta dell’1% , Y aumenterà del β %. In particolare, se assumiamo β = 1 − α e 0 < α < 1 , si ottiene: Y = A ⋅ K α ⋅ L1−α 4 È utile ricordare le proprietà di questa particolare funzione: quando 0 < α < 1 la funzione di produzione mostra rendimenti di scala costanti. Cioè se K e L aumentano del 30% ognuno, anche Y aumenterà del 30%; le produttività marginali dei fattori (PMK e PML) sono decrescenti (si veda nelle successive equazioni (3) e (4) in cui entrambe sono funzioni decrescenti rispettivamente di K e L, come si può notare dall’esponente negativo ( α − 1 < 0; - α < 0) di queste variabili); se i mercati dei fattori di produzione sono di concorrenza perfetta, allora i fattori stessi vengono remunerati secondo le produttività marginali ( r = PMK e w = PML ). Allora la produttività marginale del capitale, PMK, si può scrivere come segue: ΔY Y PMK = = α ⋅ A ⋅ K α −1 ⋅ L1−α = α (3) ΔK K Verifichiamo che questo è vero: Y K α 1−α α = αA ⋅ ⋅ L = α ⋅ A ⋅ K α ⋅ K −1 ⋅ L1−α = α A ⋅ K α −1 ⋅ L1−α c.v.d. K K Similmente la produttività marginale del lavoro, PML, si può scrivere come segue: ΔY PML = = (1 − α ) ⋅ A ⋅ K α ⋅ L(1−α ) −1 = ΔL (4) = (1 − α ) ⋅ A ⋅ K α ⋅ L1−α ⋅ L−1 = (1 − α ) Y L Riprendiamo ora l’espressione generica (2): ΔY K ΔK L ΔL ΔA = PMK ⋅ ⋅ + PML ⋅ ⋅ + (2) Y Y K Y L A sostituendo la (3) e la (4) nella (2) si ottiene: ΔY Y K ΔK Y L ΔL ΔA =α ⋅ ⋅ ⋅ + (1 − α ) ⋅ ⋅ ⋅ + ⇒ Y K Y K L Y L A ΔY ΔK ΔL ΔA =α ⋅ + (1 − α ) ⋅ + Y K L A 5 ΔA Empiricamente viene calcolato attraverso la seguente espressione: A ΔA ΔY ⎡ ΔK ΔL ⎤ = − ⎢α ⋅ + (1 − α ) ⋅ A Y ⎣ K L ⎥⎦ ΔA viene, per questo motivo, definito “residuo di Solow”, o anche “la misura della nostra A ignoranza”, come definito da Abramovitz (1956). Il tasso di crescita del PIL dipende dal tasso di crescita dei fattori (pesati per la loro elasticità ΔA rispetto al prodotto) e da , che esprime il tasso di cambiamento tecnologico, anche detto crescita A della PTF (produttività totale dei fattori). Le stime originali di Solow, con dati relativi ai fattori di produzione non aggiustati per la qualità, ΔA indicavano che il contributo di ammontava a circa l’80% della crescita del PIL. Successivi A esercizi empirici in cui la crescita dei fattori teneva conto dell’aumento di qualità degli stessi hanno ridotto tale contributo, che però resta compreso tra il 20 ed il 50% della crescita del PIL. ,; I ,.. TAB.2.3. Contributi percentu.c:li alla cresrjta del prodotto CAPITALE LAVORO TFP TOTALE Brasile (1940-80) 50,8 20,3 28,9 100 Messico (1940-80) 46,5 23,0 30,5 100 Giappone (1947-73) 34,S 23,3 42,2 100 USA (1947-73) 42,7 23,7 33,6 100 Canada (1947-73) 49,2 17,0 33,8 100 Francia (1947-73) 41,S 3,9 100 Germania (1947-73) 40,6 2,8 100 Italia (1947-73) ft 34,0 2,0 100 K(1947-73) 47,2 0,9 100 Sud Corea (1966-90) 46,2 42,2 11,6 100 Taiwan (1966-90) 46,5 39,8 13,7 100 Giappone (1960-90) 56,9 14,3 28,8 100 USA (1960-90) 45,2 41,5 13,3 100 Canada (1960-90) 55,9 32,8 11,3 100 Francia (1960-90) 58,1 0,5 41,4 100 Germania (1960-90) 58,7 -8,1 49,4 100 Italia (1960-90) 49,3 2,8 47,9 100 UK (1960-90) 52,3 -4,2 51,9 100 Nota: Si noti che gli input di lavoro e capitale considerati sono aue/iry ediustF~' ciò comporta che il contributo di TFP è da intendersi al netto degli effetti del progresso tecnico e organizzati­ vo che possono essere colti dal miglioramento della qualificazione ed istruzione dei lavoratori e dall'ammodernamento degli impianti. Fonte: Elaborazioni su dati di Barro e Sala-i-Martin (1995,380-381]. 6 3.3 Innovazione di processo: casistica dei benefici a) Caso in cui la curva di offerta sia perfettamente elastica p a c b≡p S SdC1 c1 b ≡p 1 1 S1 D q q1 q L’innovazione di processo favorisce il consumatore. Uno spostamento della curva di offerta verso il basso (da S a S1) provoca:  Quantità domandata: un aumento della quantità domandata, che passa da q a q1;  Prezzo: una riduzione del prezzo, che scende da p a p1;  Surplus del consumatore: un aumento del surplus del consumatore che passa dall’area abc all’area pari a ab1c1, con una variazione pari all’area bcc1b1;  Surplus del produttore: il surplus del produttore era nullo e resta nullo. 7 b) Caso in cui la curva di domanda sia perfettamente elastica p S S1 b b1 D a≡p SdP SdP1 c c1 q q1 q L’innovazione di processo favorisce il produttore. Uno spostamento della curva di offerta verso l’esterno (da S a S1) provoca:  Quantità domandata: un aumento della quantità domandata, che passa da q a q1;  Prezzo: il prezzo resta invariato, pari a p;  Surplus del consumatore: il surplus del consumatore era nullo e resta nullo;  Surplus del produttore: il surplus del produttore aumenta, passando dall’area abc, all’area ab1c1, con una variazione pari all’area cbb1c1. 8 c) Caso generale con una curva di domanda inclinata negativamente e una curva di offerta inclinata positivamente p a S S1 b≡p c b1 ≡ p1 c1 d d1 q q1 q Se la curva di offerta è inclinata positivamente e la curva di domanda è inclinata negativamente, uno spostamento della curva di offerta verso l’esterno (da S a S1) provoca una diminuzione del prezzo (da p a p1), un aumento della quantità (da q a q1) ed un aumento sia del surplus del consumatore che quello del produttore. Il surplus del consumatore passa dall’area abc all’area ab1c1 ⇒ ∆SdC = ab1c1 – abc = bcc1b1 Il surplus del produttore passa dall’area bcd all’area b1c1d1 ⇒ ∆SdP = b1c1d1 – bcd 9 d) Caso di un’economia “piccola” e aperta per cui il prezzo del bene mondiale prodotto sia pari a PW p S S1 PW D qS qD qS1 q importazioni esportazioni L’innovazione di processo può avere effetti sulla bilancia dei pagamenti, trasformando un paese da importatore ad esportatore netto di un bene nella cui produzione si è verificata l’innovazione. Prima dell’innovazione, in corrispondenza del prezzo mondiale PW la quantità domandata è pari a qD, mentre la quantità offerta è pari a qS. Date queste condizioni, la quantità domandata è maggiore della quantità offerta, qS < qD. La distanza tra qS e qD rappresenta le importazioni necessarie a colmare l’eccesso di domanda. Dopo l’innovazione, in corrispondenza del prezzo mondiale PW la quantità domandata è sempre pari a qD, mentre la quantità offerta è pari a qS1. Date queste condizioni, la quantità offerta è maggiore della quantità domandata, qS1 > qD. La distanza tra qS1 e qD rappresenta le esportazioni rese possibili grazie all’eccesso di offerta. 10 3.4 Innovazione di processo e politiche commerciali strategiche: il modello di Brander e Spencer (1985) Analizziamo il modello di Brander e Spencer (1985) per vedere come una politica di sostegno all’innovazione possa essere utilizzata strategicamente come sostegno alla produzione ed esportazione dei prodotti di imprese nazionali a danno di produttori esteri. Questa trattazione semplificata (basata principalmente sulla voce “strategic trade policy” del New Palgrave Dictionary of Economics compilata dagli stessi autori) evidenzia come una politica per l’innovazione – che si concretizzi in un sussidio pubblico corrisposto all’impresa solo nel caso questa produca ed immetta sul mercato il bene – possa alternativamente rivelarsi: efficace (quando ottiene il risultato di impedire l’entrata dell’impresa rivale), efficiente (quando il profitto dell’impresa sia superiore al sussidio). Risolviamo il modello di Brander e Spencer utilizzando la teoria dei giochi in forma matriciale in cui i payoffs rappresentano i profitti o le perdite (se il valore è negativo) delle imprese considerate. Il gioco descrive (in forma molto semplificata) le interazioni fra due grandi imprese che competono a livello globale per il mercato dei jet e che possono essere oggetto di politiche di sostegno da parte dei rispettivi governi. Le strategie a disposizione dei giocatori sono: produrre (P) o non produrre (N). Caso I. Imprese simmetriche Due imprese, Airbus (A) e Boeing (B), che hanno la stessa tecnologia e le stesse dimensioni e competono in oligopolio. Airbus P N P -5 0 -5 50 Boeing N 50 0 0 0 Equilibrio: ci sono 2 equilibri di Nash simmetrici. Intuizione: Qualsiasi vantaggio di entrata è decisivo perché seleziona una soluzione invece che l’altra. L’impresa che entra per prima costringe l’altra a stare fuori dal mercato. Caso II. Imprese simmetriche – solo una sussidiata Due imprese simmetriche, Airbus (A) e Boeing (B), che hanno la stessa tecnologia e le stesse dimensioni e competono in oligopolio. L’EU sussidia Airbus qualora questa produca (SA = +20). Airbus P N P -5+20=15 0 -5 50 Boeing N 50+20=70 0 0 0 11 Equilibrio: c’è solo 1 equilibrio di Nash con un solo produttore (Airbus) che entra e fa profitti. Intuizione: Produrre è la strategia dominante per Airbus, qualsiasi sia la scelta di Boeing. Dunque Airbus produce e Boeing non entra nel mercato. Il sussidio è efficace (in quanto si è evitata l’entrata della rivale) ed efficiente (in quanto i profitti totali sono maggiori del sussidio: 70 > 20). Limiti: Si tratta di un equilibrio parziale perché non si considerano gli altri mercati; problema di lobbying degli altri produttori. Caso IIbis. Imprese simmetriche – entrambe sussidiate Due imprese simmetriche, Airbus (A) e Boeing (B), che hanno la stessa tecnologia e le stesse dimensioni e competono in oligopolio, ma gli USA reagiscono al sussidio EU sussidiando a loro volta in eguale misura (SB = +20) l’impresa Boeing, se questa produce. Airbus P N P -5+20=15 0 -5+20=15 50+20=70 Boeing N 50+20=70 0 0 0 Equilibrio: c’è 1 solo equilibrio di Nash con entrambi i produttori che producono, entrano nel mercato e fanno profitti. Intuizione: I sussidi emanati da entrambi i governi (USA e EU) favoriscono l’entrata delle imprese, A e B. Tuttavia il sussidio è sia inefficace (in quanto non si impedisce all’impresa rivale di entrare) che inefficiente (in quanto i profitti totali sono inferiori al sussidio: 15 < 20). Caso III. Imprese a-simmetriche Due imprese asimmetriche con Boeing (B) che è più efficiente (cioè ha costi minori e dunque profitti maggiori di un ammontare pari a 10, ΠB=60 > ΠA=50) di Airbus (A) e competono in oligopolio. Airbus P N P -5 0 +5 60 Boeing N 50 0 0 0 Equilibrio: si realizza 1 solo equilibrio di Nash. Intuizione: Solo l’impresa più efficiente, Boeing, produce e resta sul mercato. 12 Caso IV. Imprese a-simmetriche – solo una sussidiata Airbus (A) è l’impresa meno efficiente e viene sussidiata (SA=+10) dalla EU per colmare lo svantaggio – in termini di efficienza – che questa ha nei confronti di Boeing (B). Airbus P N P -5+10=5 0 +5 60 Boeing N 50+10=60 0 0 0 Equilibrio: si tratta di 1 solo equilibrio di Nash in cui entrambe le imprese producono. Intuizione: Il sussidio è inefficace (in quanto entrambe le imprese entrano nel mercato e producono) ed inefficiente (in quanto i profitti totali sono inferiori al sussidio, 5 ? < ∆Π concorrenza Per rispondere a tale quesito si possono sostituire gli incentivi individuati in precedenza, come esplicitato qui di seguito: P’ – P < P’ ΔΠ in monopolio = P’- P ∆Π in concorrenza = P’ Æ ΔΠ monopolio < ∆Π concorrenza Come si evince chiaramente anche dal grafico precedente. Secondo il modello di Arrow (1962) possiamo concludere che la concorrenza è la forma di mercato più adatta all’innovazione. Questo risultato può essere interpretato come un “effetto rimpiazzo” del monopolista, che ha meno incentivi ad innovare dell’industria concorrenziale perché anche prima di introdurre l’innovazione realizzava un profitto positivo. II) Confronto tra i benefici dell’industria concorrenziale e i benefici ottenibili da un pianificatore pubblico il cui scopo è massimizzare il benessere della società Prima dell’innovazione: i benefici sociali coincidono con il surplus del consumatore, cioè il triangolo ABC nella figura 4.1. Dopo l’innovazione: i benefici sociali coincidono il surplus del consumatore, cioè con il triangolo ADE della figura 4.1. L’incentivo pubblico è perciò pari alla variazione dei benefici sociali, in termini grafici si tratta del trapezio BCED nella figura 4.1, la cui area è certamente maggiore di P’, area corrispondente ai profitti post-innovazione del monopolista. (BCED > P’) Il mercato di concorrenza perfetta alloca una quantità di risorse socialmente sub-ottima all’innovazione. 16 4.2 Critiche ad Arrow (1962) 1. Demsetz (1969) a) Asimmetria dimensionale del modello di Arrow: Demsetz propone un modello alternativo. b) Asimmetria innovativa del modello di Arrow (innovatore esterno in concorrenza). Si veda la sezione 4.2.1 Il modello di Demsetz (1969) 2. Dasgupta e Stiglitz (1980) Dasgupta e Stiglitz (1980) propongono modelli con cui dimostrano che, date n imprese identiche che competono per introdurre un’innovazione, il loro incentivo può essere: UGUALE all’ottimo sociale Æ non serve intervento dello Stato; MINORE dell’ottimo sociale Æ servono investimenti pubblici; MAGGIORE dell’ottimo sociale Æ serve una regolamentazione da parte dello Stato, per evitare che la somma degli investimenti delle imprese sia superiore al beneficio sociale. Questo può accadere se tutte le imprese investono molto (nella speranza di aggiudicarsi il brevetto sull’innovazione e fare maggiori profitti), ma non esiste grande differenza tra le cifre investite. In questo caso, anche se un’impresa riuscirà ad aggiudicarsi il brevetto, il beneficio che l’innovazione porterà sarà inferiore al volume di investimenti complessivo, generando inefficienza. Dasgupta e Stiglitz concludono perciò che non è possibile rispondere con certezza ai quesiti di Arrow. 3. Kamien & Schwartz (1982) e Stoneman (1983) a) Si dovrebbero analizzare anche le imprese che producono innovazione (non solo quella che la utilizzano, come fa Arrow); per esse i costi dell’innovazione sarebbero endogeni e dipenderebbero dalla forma di mercato, a differenza di quanto sostenuto nel modello di Arrow. b) Arrow considera solo equilibri parziali, ovvero non tiene conto degli effetti che l’innovazione, in un mercato, può avere anche su altri settori interrelati (per esempio si consideri l’introduzione dell’alta velocità ferroviaria. Questa innovazione ha effetti non solo in questo mercato, ma anche nel mercato del trasporto aereo). 4. Tirole (1989) Asimmetria innovativa del modello di Arrow: propone un modello alternativo. Si veda la sezione 4.2.2 Modello di Tirole (1989) 17 4.2.1 Il modello di Demsetz (1969) Il modello di innovazione proposto da Arrow (1962) considera una curva di domanda identica sia per l’industria concorrenziale che per il monopolio. Questa ipotesi implica che la quantità di equilibrio venduta in concorrenza risulti doppia rispetto a quella venduta in monopolio, in quanto la curva dei Rmg in monopolio è sempre “inferiore” rispetto alla curva di domanda (nella figura 4.1 q*M = 2q*CP). Secondo Demsetz (1969) questa ipotesi teorica relativa alla curva di domanda può aver condizionato i risultati di Arrow. Quindi Demsetz nel suo modello propone una correzione di questa asimmetria dimensionale. Ipotesi: CF = 0 ⇒ CT=CV(q) e per semplicità i costi variabili sono lineari. Innovazione di processo radicale: dopo l’innovazione, i costi marginali diminuiscono notevolmente da Cmg a Cmg’, e il prezzo di monopolio post - innovazione p’ scende al di sotto del prezzo concorrenziale pre - innovazione (che coincide con Cmg) ⇒ p**M < Cmg I costi d’innovazione sono uguali sia per il monopolio che per l’industria concorrenziale, in altre parole non influiscono nel confronto tra i benefici, i costi d’innovazione non dipendono dalla forma di mercato. Presenza di un innovatore esterno (IE) che si comporta come un monopolista nel concedere l’utilizzo della produzione alle imprese in concorrenza perfetta. Si considerano due curve di domanda differenti: DM = Curva di domanda del monopolio e la curva di domanda della concorrenza perfetta, che coincide con la funzione dei ricavi marginali del monopolista, DCP = RmgM Date queste ipotesi, le quantità ottime prodotte in monopolio ed in concorrenza nel caso pre- innovazione sono le stesse (q*M = q*CP), e questo permette di eliminare l’asimmetria dimensionale presente nel modello di Arrow (1962). 18 p A p*M P p*CP B C Cmg p**CP=p**M P’ P’’ DM D E Cmg’ RmgIE RmgM = DCP q q*M = q*CP q**CP q**M Figura 4.2.1: Modello di Demsetz (1969) Secondo le ipotesi poste nel modello di Demsetz, i quesiti possono essere così riproposti: I) Confronto fra gli incentivi in monopolio e nell’industria concorrenziale II) Confronto tra i benefici dell’industria concorrenziale e i benefici sociali I) Confronto fra gli incentivi in monopolio e nell’industria concorrenziale Prima dell’innovazione: Π del monopolista = Πpre-innovM = RT – CT = (p*M · q*M) – (Cmg · q*M) = P Dato che DCP = Rmgm ⇒ q*CP = q*M Π delle imprese in concorrenza = Πpre-innovCP = RT – CT = (p*CP · q*CP) – (Cmg · q*CP) = 0 Dopo l’innovazione: Π del monopolista = Πpost-innovM = RT – CT = (p**M · q**M) – (Cmg1· q**M) = P’’ Π delle imprese in concorrenza = Πpost-innovCP = RT – CT = (p**CP · q**CP) – (Cmg1· q**CP) = P’ = royalties che l’industria concorrenziale paga all’IE. 19 Dunque analizziamo gli incentivi ad innovare nei due mercati: L’incentivo ad innovare del monopolista è pari a: ∆ΠM = Πpost innovM – Πpre-innovM = P’’ – P L’incentivo ad innovare dell’industria concorrenziale è pari a: ∆ΠCP = Πpost innovCP - Πpre-innovCP = P’ – 0 = P’ Secondo il modello di Demsetz quale forma di mercato ha maggiore incentivo per l’attività innovativa? In termini analitici: ΔΠ monopolio > ? < ∆Π concorrenza Per rispondere a tale quesito si possono sostituire gli incentivi ad innovare individuati in precedenza, come esplicitato qui di seguito, cioè come variazione dei profitti: P’’ – P > P’ ΔΠ monopolio = P’’- P Æ ∆Π concorrenza = P’ P’’– P’ > P ΔΠ monopolio > ∆Πconcorrenza (confrontare le aree del grafico 4.2.1) In conclusione secondo il modello di Demsetz la forma di mercato più adatta all’innovazione è il monopolio. II) Confronto tra i benefici dell’industria concorrenziale e i benefici ottenibili da un pianificatore pubblico il cui scopo è massimizzare il benessere della società Prima dell’innovazione, i benefici sociali coincidono con il triangolo ABC nella figura 4.2.1. Dopo l’innovazione, i benefici sociali coincidono con il triangolo ADE nella figura 4.2.1. L’incentivo pubblico è pari al trapezio BCED nella figura 4.2.1, la cui area è maggiore dell’ incentivo del monopolista: BCED > (P’’ - P). In conclusione è possibile affermare che il monopolio alloca una quantità di risorse socialmente subottima all’innovazione. 20 4.2.2 Il modello di Tirole (1989) Ipotesi di Arrow: 1. Asimmetria innovativa: nell’industria innovativa l’innovatore è esterno, mentre in monopolio coincide con l’impresa monopolista; 2. Forme di mercato esogene, non dipendenti dal processo innovativo; 3. Effetto rimpiazzo causa un maggiore incentivo per l’industria concorrenziale. Ipotesi di Tirole: 1. Esistenza di due tipi di imprese, entrambi incentivate ad innovare: I = Insediata (monopolista in un mercato) VI = incentivo di I ad innovare E = Entrante (esterna al mercato) VE = incentivo di E a innovare 2. Forma di mercato dipende dall’adozione di innovazione: 2.a. Se VI > VE I adotta l’innovazione, E resta fuori dal mercato. Dunque l’innovazione rafforza il monopolio 2.b. Se VI < VE I non adotta l’innovazione, E potrebbe entrare nel mercato innovando. Dunque l’innovazione riduce la concentrazione di mercato, si afferma il duopolio (o oligopolio, considerando E come gruppo di imprese). 3. Esistenza di due tipi di incentivi all’innovazione (l’esempio è riferito all’impresa I): 3.a. Incentivo puro per I (che non tiene conto della presenza dell’altra impresa, E) è dato dalla differenza tra i profitti post-innovazione ed i profitti pre-innovazione. I tiene conto che dopo l’innovazione è ancora l’unico produttore presente sul mercato, in un certo senso sostituisce se stesso (“Effetto rimpiazzo”). 3.b. Incentivo strategico per I (che tiene conto della presenza dell’altra impresa, E) è dato dalla differenza tra i profitti se I innova ed E resta esterno ed i profitti se I non innova ed E entra. In questo caso l’innovazione è un’arma concorrenziale, I può scegliere di innovare per alzare le barriere all’entrata nei confronti di E (“Effetto efficienza”). 21 Secondo queste ipotesi, le risposte di Tirole ai quesiti di Arrow si pongono nel seguente modo: I) Confronto fra incentivi dell’insediata (I) e dell’entrante (E); II) Confronto tra i benefici del monopolista e i benefici sociali. I) Confronto fra incentivi dell’insediata (I) e dell’entrante (E) §. a) Incentivi dell’insediata (I) Se I non innova, E innova ed entra nel mercato. Dunque I resta nel mercato come duopolista con uno svantaggio di costo, poiché produce a costi maggiori (pari a C), mentre E entra nel mercato e produce a costi inferiori (pari a c). I profitti saranno dunque: ΠI = Πd (C, c) Se I innova, impedisce ad E di entrare nel mercato perché, a parità di tecnologia, I gode dei vantaggi di posizione, e realizzerà profitti da monopolista pari a: Π’I = Πm (c) In conclusione l’incentivo di I (VI) ad innovare è pari a: VI = Π’I - ΠI = Πm (c) - Πd (C, c) §. b) Incentivi dell’entrante (E) Se E non innova, non entra nel mercato (perché I gode di vantaggi di posizione), quindi i suoi profitti saranno nulli: ΠE = 0 Se E innova ed I non innova, E entra nel mercato come duopolista con vantaggio di costo, poiché E produce a costi minori (pari a c), mentre I continua a produrre con la vecchia tecnologia a costi elevati (pari a C). In questo mercato duopolista i profitti saranno i seguenti: Π’E = Πd (c, C) In conclusione l’incentivo di E (VE ) ad innovare è pari a: VE = Π’E - Π E = Πd (c, C) – 0 = Πd (c, C) 22 §. c) Confronto degli incentivi dell’insediata (I) e dell’entrante (E) Quale impresa ha incentivi maggiori ad innovare? In altre parole, gli incentivi di I sono maggiori o minori degli incentivi di E? Quale forma di mercato si affermerà? VI > ? < VE Ovvero Πm(c) - Πd (C, c) > ? < Πd (c, C) VI > VE Πm(c) - Πd (C, c) > Πd (c, C) ⇒ Πm(c) > Πd (c, C) + Πd (C, c) I profitti di un monopolista sono sempre maggiori della somma dei profitti di due duopolisti; se così non fosse, al monopolista converrebbe non restare più tale ma dividere in due la propria attività. La disuguaglianza VI > VE è vera, perciò si rafforza il monopolio (punto 2.a dell’ipotesi di Tirole). Esiste un effetto efficienza del monopolista, a cui conviene innovare per innalzare le barriere all’entrata e mantenere la propria posizione (incentivo strategico). Potrebbe anche accadere che accada il contrario, e cioè che VE > VI. Questo si verifica solo nel caso in cui l’impresa entrante E possieda un’innovazione così radicale tale da eliminare dal mercato l’impresa insediata I. Anche in tal caso il mercato resterà monopolistico, ma con E al posto di I come unica impresa sul mercato. II) Confronto tra i benefici del monopolista e i benefici sociali Vedere il modello di Demsetz (4.2.1). 23 4.2.3 Schema riassuntivo della teoria oligopolista L’oligopolio è caratterizzato da Esplicita Cartello COLLUSIONE Leadership di prezzo Tacita Riferimento al costo medio Prezzo di riferimento INTERDIPENDENZA È efficace? Dilemma del prigioniero STRATEGICA Leadership di prezzo Azione sequenziale Leadership di quantità CONCORRENZA Competizione sul prezzo (concorrenza à la Bertrand) Azione simultanea Competizione sulla quantità (concorrenza à la Cournot) 24 4.2.3.1 Concorrenza à la Bertrand Scelta simultanea del prezzo in oligopolio. Equilibrio: p = Cmg, una condizione simile alla concorrenza perfetta. Dimostrazione Ipotesi: I beni prodotti sono “indifferenziati” ⇒ Se p < Cmg, alle imprese conviene alzare il prezzo, oppure non produrre affatto. In altre parole non si tratta di una situazione di equilibrio. ⇒ Se p > Cmg, un’impresa che abbassasse il prezzo anche di un ε minimo, data l’omogeneità dei prodotti e la perfetta informazione dei consumatori, si aggiudicherebbe tutto il mercato. Dunque ogni impresa sarebbe incentivata ad abbassare il prezzo. Ma in tal caso, qualunque impresa abbassasse ulteriormente il prezzo si aggiudicherebbe tutto il mercato. Quindi le imprese sarebbero incentivate ad abbassare ulteriormente il prezzo. In breve, si innescherebbe un circolo vizioso, che si fermerebbe solo quando non è più possibile abbassare ulteriormente il prezzo, ovvero quando p = Cmg. In conclusione p = Cmg è l’unico equilibrio stabile ed i profitti sono nulli. Verifica del risultato di Tirole nel caso di oligopolio à la Bertand In oligopolio: p = Cmg Æ Π = 0 In monopolio: p > Cmg Æ Π > 0 Perciò il monopolista avrà sempre più incentivo a rimanere tale; l’impresa insediata I adotterà innovazioni per innalzare le barriere all’entrata. 25 4.2.3.2 Concorrenza à la Cournot Scelta simultanea della quantità. Variabili del modello imp1 = impresa 1 imp2 = impresa 2 y1 = quantità prodotta dall’impresa 1 y2 = quantità prodotta dall’impresa 2 Y = y1 + y2 = quantità prodotta sul mercato pari alla sommatoria della quantità prodotta dalle imprese 1 e 2 y1e = aspettativa dell’impresa 2 sulla produzione dell’impresa 1 y2e = aspettativa dell’impresa 1 sulla produzione dell’impresa 2 Determinazione della Funzione di reazione dell’impresa 1 Ye = y1 + y2e Ye corrisponde alla quantità “attesa” prodotta sul mercato. Si definisce “attesa” in quanto funzione della produzione dell’impresa 1 (y1) e dell’aspettativa dell’impresa 1 sulla produzione dell’impresa 2 (y2e) p(Y) = p(y1 + y2e) il prezzo è dunque anche una funzione di y2e RTe1= p(Y) · y1 = p(y1 + y2e) · y1 = RTe1( y1, y2e) Πe1 = RTe1 – Costi effettivi = RTe1 ( y1, y2e) – CT (y1) La funzione di massimizzazione dei profitti attesi si dice funzione di reazione, ed indica la quantità ottima da produrre per l’impresa 1 date le aspettative sulla produzione dell’impresa 2. Determinazione della Funzione di reazione dell’impresa 2 Ye = y1e + y2 Ye corrisponde alla quantità “attesa” prodotta sul mercato. Si definisce “attesa” in quanto funzione della produzione dell’impresa 2 (y2) e dell’aspettativa dell’impresa 2 sulla produzione dell’impresa 1 (y1e) p(Y) = p(y1e + y2) il prezzo è dunque anche una funzione di y1e RTe2= p(Y) · y2 = p(y1e + y2) · y2 = RTe2 (y1e, y2) Πe2 = RTe2 – Costi effettivi = RTe2 (y1e, y2) – CT (y2) Similmente alla funzione di reazione dell’impresa 1, la funzione di massimizzazione dei profitti attesi dell’impresa 2 è la funzione di reazione ed indica la quantità ottima da produrre per l’impresa 2 date le aspettative sulla produzione dell’impresa 1. 26 Dunque le funzioni di reazione per l’impresa 1 e per l’impresa 2 sono speculari e per individuare la quantità prodotta sul mercato Y è necessario risolvere un sistema: y1 = f1 (y2e) y2 = f2 (y1e) Il sistema è in equilibrio per una coppia di valori (y1, y2) tali per cui: y1 = y1e =y1* y2 = y2e =y2* ovvero l’equilibrio di Cournot si ha quando la quantità effettivamente prodotta dall’impresa 1 (y1) corrisponde alla quantità ottima (y1*) per l’impresa 1 ed alla quantità attesa che massimizza i profitti dell’impresa 2 (y1e). E viceversa per l’impresa 2. Se così non fosse, cioè se le aspettative non coincidessero con la realtà, ogni impresa cambierebbe la propria quantità prodotta. Caratteristiche dell’equilibrio di Cournot 1. In equilibrio si realizzano le aspettative e si massimizzano i profitti di entrambe le imprese max Π1 = f1 (y2e) = f1 (y2) max Π2 = f2 (y1e) = f2 (y1) (poiché y1 = y1e e y2 = y2e) 2. L’equilibrio così realizzato è stabile Non c’è incremento di profitto per incremento di quantità prodotta da parte di nessuna delle due imprese. 27 Esempio di oligopolio à la Cournot per la verifica dei risultati del modello di Tirole Ipotesi √ Funzione di domanda lineare del tipo: p = a – bY, in cui Y indica la quantità prodotta sul mercato e definita come segue Y = y1 + y2 √ Funzione dei costi totali è nulla (CT = 0) Æ CMg = 0 Dunque la condizione di massimizzazione dei profitti può essere così definita ΠT = RT a) Mercato oligopolistico Impresa 1 Y = y1 + y2e p = a – bY → p = a – b(y1 + y2e) RT1 = p(Y) · y1 = [a – b(y1 + y2e)] · y1 = ay1 – by12– by1y2e dRT max Π = max RT ⇒ condizione di massimizzazione =0 dy e dRT1 d (ay1 − by1 − by1 y2 ) 2 =0 ⇒ = 0 ⇒ a –2by1 – by2e = 0 ⇒ 2by1 = a –– by2e ⇒ dy1 dy1 e a − by 2 y1 = ⇒ funzione di reazione dell’impresa 1 2b Impresa 2 Y = ye1 + y2 p = a – bY → p = a – b(ye1 + y2) RT2 = p(Y) · y2 = [a – b(ye1 + y2)] · y2 = ay2 – bye1y2 – by22 dRT max Π = max RT ⇒ condizione di massimizzazione =0 dy e dRT2 d (ay2 − by1 y2 − by22 ) =0 ⇒ = 0 ⇒ a –by e1 – 2by2 = 0 ⇒ 2by2 = a – by e1 ⇒ dy2 dy2 e a − by1 y2 = ⇒ funzione di reazione dell’impresa 2 2b 28 Graficamente l’equilibrio di Cournot si può rappresentare come segue: y2 a y1 = f1 (y2e) FUNZIONE DI REAZIONE DELL’IMPRESA 1 b a 2b y2* FUNZIONE DI REAZIONE DELL’IMPRESA 2 y2 = f2 (y1e) y1* a a y1 2b b Figura 4.2.3.2a: funzioni di reazione delle imprese 1 e 2 Mettendo a sistema le funzioni di reazione dell’impresa 1 e dell’impresa 2 è possibile individuare la quantità prodotta sul mercato (Y): e a − by 2 y1 = 2b e a − by1 y2 = 2b In equilibrio di Cournot vale la seguente eguaglianza: y1 = y1e =y1* y2 = y2e =y2* perciò si può sostituire y1* a y1e e ad y1 e y2* a y2e e a y2, e riscrivere il sistema: a − by 2 * y1 * = (1) 2b a − by1 * y2 * = (2) 2b sostituire l’equazione (2) nella (1) e si ottiene: 29 ⎛ a − by1* ⎞ ⎛ a − by1* ⎞ a b a b * a − b⎜⎜ ⎟⎟ a − ⎜⎜ ⎟⎟ a − + y1* + y1 ⎝ 2 b ⎠ ⇒ y *= ⎝ 2 ⎠ ⇒ y *= 2 2 y1 * = 1 1 ⇒ y1 * = 2 2 ⇒ 2b 2b 2b 2b ⎛a b ⎞ 1 a b * 1 a 3 * a a y1 * = ⎜ + y1* ⎟ ⋅ ⇒ y1 * = + y1 ⇒ y1* − y1* = ⇒ y1 = ⇒ y1* = ⎝ 2 2 ⎠ 2b 4b 4b 4 4b 4 4b 3b a adesso sostituire y1* = nell’equazione (2): 3b a 1 3a − a a −b a− a 3b ⇒ y * = 3 2a 1 a y2 * = 2 ⇒ y2 * = 3 ⇒ y2 * = ⋅ ⇒ y2 * = 2b 2b 2b 3 2b 3b Risolvendo questo sistema le quantità di equilibrio che massimizzano i profitti dell’impresa 1 e dell’impresa 2 sono uguali e pari a: a y1 * = y 2 * = 3b Dunque la quantità totale ottima prodotta nel mercato oligopolista (ed effettivamente prodotta essendo equilibrio di Cournot) sarà uguale a: a a 2a Y = y1 * + y 2 * = + = 3b 3b 3b b) In monopolio y = Y la quantità prodotta sul mercato è esattamente pari a quella prodotta dall’unico produttore, cioè il monopolista p = a – bY → p = a – by RT = (a – by) · y = ay – by2 dRT max Π = max RT ⇒ condizione di massimizzazione =0 dy dRT a = 0 ⇒ a – 2by = 0 ⇒ y* = Y = (quantità totale in monopolio) dy 2b 30 c) Confronto tra oligopolio e monopolio Y in oligopolio > ? < Y in monopolio 2a a > oppure < 3b 2b 2a a 4a 3a > perché > 3b 2b 6b 6b Y in oligopolio > Y in monopolio La disuguaglianza mostra che la quantità totale prodotta in oligopolio è maggiore rispetto alla quantità prodotta in monopolio, quantità che già assicura i massimi profitti possibili (si veda la figura 4.2.3.2b). Perciò il monopolista avrà sempre maggiore incentivo a rimanere tale; mentre l’insediata I adotterà innovazioni per innalzare le barriere all’entrata. Graficamente p pM* pM*-δ Rmg D qM* qM*+γ q Figura 4.2.3.2b: effetto di una variazione di prezzo sulla quantità domandata 31 Se la quantità prodotta passa da qM* a qM*+γ, il profitto del monopolista diminuisce (infatti ci si trova sul tratto anelastico della curva di domanda): qM* < qM*+γ ⇒ Π(qM*) > Π(qM*+γ) NOTA: si ricordi che l’elasticità della domanda è pari a: Δq q Δq p ε= = ⋅ Δp Δp q p il valore di ε è sempre negativo, dunque lo si prende in valore assoluto. In una curva di domanda come quella descritta nella figura 4.2.3.2b, il valore dell’elasticità varia tra 0 (se p è pari a 0) ed infinito (se q è pari a 0), ed in corrispondenza della quantità tale per cui il rmg è nullo, l’elasticità ha volare unitario (infatti in questo punto variazioni di prezzo sono compensate da uguali variazioni di quantità). 32 5.1 Criteri delle politiche innovative a) ADDIZIONALITÀ (incremento delle risorse destinate alla produzione di innovazione) innovazione post-politica > innovazione pre-politica b) EFFICACIA (incremento di benessere) benessere post-innovazione > benessere pre-innovazione Ma cosa si intende per benessere? c) EFFICIENZA (convenienza della politica) benefici della politica > costi delle politiche costi diretti + costi indiretti costi puri spiazzamento, distorsione di altri mercati 33 6.2 Il processo produttivo dell’innovazione 1) Funzione di produzione dell’innovazione Output innovativo M livello massimo 0 x Input innovativo Caratteristiche della funzione di produzione dell’innovazione: Evidenzia il rapporto tra input e output innovativo. E’ inclinata positivamente Non è lineare Æ l’incremento marginale di output rispetto all’input immesso è decrescente (all’aumentare dell’input, le conoscenze di base - fattori fissi - al tempo t restano costanti, perciò l’output cresce via via sempre meno). [Legge dei rendimenti marginali decrescenti]. x è il livello minimo di input innovativo, al di sotto del quale non si hanno risultati. M è il livello massimo di output innovativo raggiungibile a cui la curva tende in maniera asintotica. Anche utilizzando una quantità di input innovativo estremamente elevato (al limite infinita) non si può ottenere un output innovativo maggiore di M. La relazione tra input e output innovativo è dunque definibile come segue: output = f ( x, T ) cioè una funzione che dipende dall’input impiegato (x) e dal tempo (T). Se definiamo l’output come la riduzione del costo c, dove c = f ( x, T ) , dovremo rappresentare queste due relazioni in uno spazio tridimensionale (c, x e T), oppure in due diagrammi cartesiani: c( x) = f ( x) dato T e T ( x) = f ( x) dato c. 34 2) Frontiera delle possibilità innovative (FPI) Definizione di FPI: curva dei risultati innovativi ottenibili utilizzando in modo efficiente gli input (R&S). 2.a) Relazione tra livello di R&S e costi di produzione dato T C(x) f f’ C x x Caratteristiche della frontiera delle possibilità innovative di produzione: E’ inclinata negativamente: all’aumentare di R&S, diminuiscono i costi di produzione. Non è lineare Æ il miglioramento marginale della performance della produzione è decrescente. x è il livello minimo di R&S necessaria ad ottenere risultati. C è il minor costo di produzione ottenibile, ossia la miglior performance possibile dato un livello di conoscenze. Per ottenere miglioramenti in un periodo t’ < t è necessario aumentare la spesa in R&S Æ spostamento della frontiera verso destra (f’). Æ C resta invariato Æ x aumenta cioè il miglior risultato possibile non cambia, ma aumenta la quantità minima di risorse necessarie ad attenere un risultato in un tempo minore. Per avere proporzionalità tra spesa in R&S e risorse effettivamente acquisite, è necessario che la curva di offerta delle risorse innovative sia perfettamente elastica (lavoratori in R&S privi di potere di mercato) (come si evince confrontando i due grafici successivi). 35 Grafico A: Mercato delle risorse innovative: curva di offerta perfettamente elastica w D D’ w S q q’ q Grafico B: Mercato delle risorse innovative: curva di offerta non perfettamente elastica ma inclinata positivamente w D D’ S w’’ w q q’’ q Si noti che: o nel grafico B, con una curva di offerta non perfettamente elastica, ad uno spostamento della curva di domanda D verso destra (identico a quello del grafico A), aumentano sia il salario dei lavoratori (che passa da w a w’’) che la quantità (che passa da q e q’’); o inoltre la variazioni delle quantità sono diverse nei grafici A e B, in particolare la variazione della quantità che si ottiene nel grafico A à maggiore di quella che si ottiene nel grafico B: (q’- q) > (q’’- q) 36 2. b) Relazione tra tempo impiegato nello sforzo innovativo e spesa cumulata in R&S (sostenuta durante quel periodo) T f f’ t X* X cumulata Caratteristiche della frontiera delle possibilità innovative di produzione E’ inclinata negativamente: all’aumentare della lunghezza del periodo considerato, la spesa in R&S diminuisce, perché l’innovazione si ottiene spendendo molto, o impiegando più tempo alternativamente. Non è lineare Æ il miglioramento marginale della performance della produzione è decrescente. t è il periodo minimo entro cui è possibile ottenere risultati, e dunque la miglior performance possibile. X* è il livello minimo di spesa necessaria ad ottenere risultati. Per ottenere una maggiore innovazione (cioè una maggiore riduzione del costo unitario di produzione) nello stesso periodo di tempo è necessario aumentare la spesa in R&S Æ spostamento della frontiera verso destra (f’). Per avere proporzionalità tra spesa in R&S e risorse effettivamente acquisite, è necessario che la curva di offerta delle risorse innovative sia perfettamente elastica. 37 7. Scopi delle politiche economiche innovative a) Sistema di incentivi (per esempio sussidi o brevetti). Modifica del comportamento delle imprese in modo tale che esse aumentino la spesa in R&S ed ottengano una riduzione dei costi unitari di produzione. Æ spostamento verso sud-est lungo la frontiera delle possibilità innovative C(x) A C C’ B x x x’ b) Sovvenzione della ricerca di base (ampliamento della base di conoscenze scientifiche su cui le imprese possono sviluppare autonomamente le proprie applicazioni) Æ spostamento verso sud-ovest della frontiera delle possibilità innovative C (x) f’ f x 38 7.2.1 Modello di Nordhaus (1969) Il modello di Nordhaus è finalizzato alla ricerca del livello ottimo di spesa in R&S per le imprese. Variabili q = quantità prodotta x = quantità di R&S (con offerta di R&S elastica) C (x) = costo unitario di produzione (diminuisce al crescere dell’input innovato, R&S) Obiettivi dell’impresa Trovare la quantità ottima di bene (q*) da produrre e vendere per massimizzare i profitti  dC ( x) Cmgproduzione = Rmg, ovvero da = Rmg dx Trovare la quantità ottima di input innovativi (x*) tali da massimizzare i profitti  Cmg R&S = Profittabilità marginale La profittabilità marginale misura l’incremento di profitti conseguente ad un incremento unitario ∆Π della quantità di R&S (cioè dello sforzo innovativo), analiticamente Πmg =. ∆x a) Versione uniperiodale (con t = unico periodo di tempo considerato) Ipotesi: Funzione di produzione  q = F (K, L, x) con K = capitale, L = lavoro Possiamo esplicitarla come  q = a (x) · f (K, L) dove a(x) indica una funzione che misura la performance del processo innovativo (a = parametro dell’efficacia della R&S) K f(K, L) = assumendo che il rapporto sia costante si può L esprimere la funzione di produzione attraverso il solo input lavoro. La quantità di K può infatti essere determinata con un semplice calcolo matematico. q = a(x) · L N.B.: La forma moltiplicativa indica che la produzione non dipende solo dall’efficacia del processo innovativo, né solo dalla forza lavoro (se uno dei due fattori è nullo, q va a 0). 39 Massimizzazione del profitto RT = p · q  p· a(x) · L CT = costi di produzione + costi di ricerca (salario = costo unitario del lavoro · numero di occupati) + (costo unitario della R&S · sforzo nella R&S = quantità di R&S) = WL + Sx Π(t) = RT(t) – CT(t) = p(t) · a(x)L(t) – W(t)L(t) – S(t)x(t) Per semplicità da qui innanzi omettiamo il riferimento al tempo (t). dΠ Il profitto è massimo quando = 0 così come rappresentato graficamente qui di seguito: dx Π Πmax x* x dΠ =0 dx d ( p ⋅ a ( x) L − WL − Sx) =0 dx da ( x) L p⋅ −0−S = 0 dx pa ' ( x) L − S = 0 equazione 1 40 S  a' ( x) L = p dove a’(x) indica la profittabilità marginale della R&S, L indica il numero di occupati, quindi riflette la dimensione dell’impresa, S indica il costo della ricerca e p il potere di mercato. Osservazioni dΠ Poiché x* cresce al crescere di , ovvero al crescere dell’espressione (1), il livello ottimo di dx spesa in R&S è: 1. funzione crescente di L (che misura la dimensione dell’impresa)  più cresce la domanda di mercato, più, per rispondervi, l’impresa deve crescere in dimensioni e aumentare la propria spesa in R&S; 2. funzione crescente di a’(x) (produttività marginale della R&S)  tanto più la R&S è produttiva, tanto più vi si investirà; 3. funzione decrescente di S  più sono alti i costi di R&S, meno vi si investirà; 4. funzione crescente di p (che dipende dal potere di mercato)  più l’impresa ha potere di mercato, più investirà in R&S, essendo sicuro di poter scaricare le spese in R&S sui consumatori. b) Versione multiperiodale (con T = t1+t2+t3+…+tn: si considera una successione di periodi) Ipotesi vedere le ipotesi precedenti Massimizzazione del profitto V = flusso scontato di profitti  tiene conto dell’accumularsi dei profitti e della variazione del tasso di sconto (r) da un periodo all’altro. V=Π·φ dove Π = p · a(x)L – WL – Sx e φ indica il tasso di preferenza intertemporale. 1 − e − rt ϕ= r Dunque φ è una variabile che dipende positivamente da T e negativamente da r. Perciò: V = p · a(x)L· φ – WL· φ – Sx N.B.: Non moltiplichiamo Sx per φ in quanto si tratta di una spesa sostenuta una sola volta nel periodo iniziale. 41 dV V è massimo quando =0 dx d ( p ⋅ a ( x) L ⋅ ϕ − WL ⋅ ϕ − Sx =0 dx da ( x) p⋅ Lϕ − 0 − S = 0 dx p ⋅ a ' ( x ) Lϕ − S = 0 equazione 2 S  a' ( x) = pLϕ Osservazioni dV Poiché x* cresce al crescere di = 0 (dove V indica il flusso scontato dei profitti), il livello dx ottimo di spesa in R&S è: 1. Funzione crescente di L; 2. Funzione crescente di a’(x); 3. Funzione decrescente di S; 4. Funzione crescente di p; 5. Funzione crescente di φ, che dipende positivamente da T e negativamente da r; 5.1 Funzione crescente di T  all’aumentare dell’orizzonte temporale, V aumenta, e aumenta l’incentivo a investire in R&S; 5.2 Funzione decrescente di r (tasso di sconto)  all’aumentare del tasso d’interesse richiesto dalle banche, diminuisce l’incentivo delle imprese a chiedere prestiti, e quindi ad investire in R&S a lungo termine (si preferirà investire in attività produttive a breve termine). 42 Quando non conviene investire in R&S? Cmg Πmg Πmg Cmg = S Πmg’ x m x x* Πmg = Profittabilità marginale della R&S xm = livello minimo di spesa in R&S per ottenere effetti su profittabilità marginale x* = livello ottimo di spesa in R&S. scarse aspettative di domanda oppure Πmg’< S la scelta ottima è non investire in R&S ricerca poco produttiva 43 7.2.1.1 Tassonomia di Dosi (1988) basata su Knight (1921) Rischio Situazione in cui è possibile un’attribuzione di probabilità oggettive ad una lista esaustiva di eventi futuri. Es. gioco d’azzardo (roulette, ogni numero ha 1/37 di probabilità di uscire). Incertezza Situazione in cui è possibile un’attribuzione di probabilità soggettive ad una lista esaustiva di eventi futuri. Es. corse di cavalli, ogni cavallo ha diverse probabilità di vincere. Incertezza forte Situazione in cui è possibile un’attribuzione di probabilità soggettive ad una lista non esaustiva di eventi futuri. Æ esistono eventi non prevedibili e diventa impossibile attribuire probabilità. 44 7.2.1.2 Modello di Stiglitz-Weiss sul razionamento del credito (1983) r S R D’ r D M M* MR M’ r = tasso d’interesse M = credito erogato D = domanda di credito S = offerta di credito Problema: Selezione avversa della domanda di credito Se D cresce e diviene pari a D’, le banche alzano il tasso da r a R. Le uniche imprese che chiederanno prestiti (MR) saranno allora quelle che si aspettano maggiori profitti, ovvero quelle che affrontano maggiori rischi e, dunque, che presentano maggiori probabilità di fallimento. La reazione delle banche sarebbe quella di alzare il tasso di interesse per compensare il maggior rischio degli investimenti, ma questo selezionerebbe imprese con progetti ancora più rischiosi. Creando così un circolo vizioso. Soluzione: Razionamento del credito Il tasso viene mantenuto a r anche dopo la crescita di D, ma continuano ad erogare M* credito, soddisfacendo solo le imprese più “sicure”. M’ – M* corrisponde all’entità di credito non erogato. 45 8.1.1 Matching Grants Definizione: tipo di sussidio in cui l’impresa riceve dall’operatore pubblico q euro per ogni euro di investimento in R&S autofinanziato. In seguito a questo sussidio il costo iniziale S della R&S diventa il seguente: S S= 1+ q Ipotizzando che lo sforzo innovativo dipenda solo dal capitale umano impiegato, S coincide col salario dei ricercatori W. Quindi si può scrivere: W W = 1+ q E’ possibile dare rappresentazione grafica dei sussidi matching grants. Data la curva della profittabilità marginale, indicata con Π, che effetto ha su di essa il sussidio? Πmg, W Πmg’’ Πmg Πmg’ W W ED EI 1+ q ET X0 X1 X2 X 46 W Effetto diretto (ED): grazie al sussidio il costo della R&S diminuisce, divenendo pari a , e la 1+ q quantità di R&S aumenta, passando da X0 a X1. Effetto indiretto (EI): se la quantità di R&S aumenta, i costi unitari di produzione diminuiscono; questo rende possibile un aumento della quantità prodotta e venduta e un conseguente aumento dei profitti. Effetto totale (ET): il sussidio induce un aumento di R&S da X0 a X2. Fattori di successo dei sussidi 1. Elasticità della profittabilità marginale 1.a. Caso generale in cui l’elasticità della profittabilità marginale sia maggiore di 0 [|EΠ| > 0] Πmg, W Πmg a b b’ W d d’ W 1+ q o c c’ X0 X1 X Area del rettangolo abco = spesa in R&S dell’impresa prima del sussidio Area del rettangolo dd’c’o = spesa in R&S dell’impresa dopo il sussidio Area del rettangolo ab’d’d = sussidio 47 1.b. Casi particolari della funzione della profittabilità 1.b.1. |EΠ| = 1 Πmg, W Πmg a b b’ W d d’ W 1+ q o c c’ X0 X1 X Area del rettangolo abco = Area del rettangolo dd’c’o spesa in R&S dell’impresa prima del sussidio = spesa in R&S dell’impresa dopo il sussidio 1.b.2. |EΠ| = 0 Πmg, W Πmg a b ≡ b’ W d d’ W 1+ q o c ≡ c’ X0 ≡ X1 X Area del rettangolo abd’d >> Area del rettangolo dd’co Sussidio in R&S >> Spesa in R&S dell’impresa dopo il sussidio L’aumento della quantità di R&S (X) è praticamente inesistente; inoltre il sussidio (area abd’d) è molto maggiore rispetto alla spesa in R&S post sussidio (area dd’co). 48 Esiste un forte “spiazzamento”: l’unico effetto del sussidio è quello di ridurre i costi preesistenti dell’impresa senza che questa sia stimolata ad autofinanziarsi. In altre parole si tratta dell’effetto peggiore possibile. 1.b.3. |EΠ| → ∞ Πmg, W Πmg a b b’ W W d d’ 1+ q o c c’ X0 X1 X Area del rettangolo ab’d’d ? < STZU STYU > STZU Dal grafico risulta che la disuguaglianza è vera: in presenza di brevetto, la variazione del benessere sociale è minore, ovvero si crea perdita secca di monopolio pari all’area del triangolo TZY. La perdita secca corrisponde ad un aumento dell’appropriabilità dell’innovazione, e dunque ad un aumento dell’incentivo privato a produrne. L’innovazione prodotta, però, non massimizza il benessere sociale, per la presenza di perdita secca. Secondo la formulazione di Nordhaus Xw costituisce la spesa in R&S, in cui w è il costo marginale della R&S (salario del lavoratore/scienziato) a. L’innovatore realizzerà la sua innovazione se Π > Xw (non più semplicemente se Π > 0, come per Arrow) b. l’innovazione aumenta il beneficio sociale se ΔW > Xw (non più semplicemente se ΔW > 0 come per Arrow) LEGGERE In una prospettiva multiperiodale il profitto (Π) dell’innovatore è in realtà un flusso scontato di profitti dal momento dell’innovazione brevettata che continua per tutta la durata del brevetto T: ⎛ 1 − e − rT ⎞ VΠ = Π ⋅ ⎜⎜ ⎟⎟ ⎝ r ⎠ VΠ = Π ⋅ ϕ esso dipende positivamente da T e negativamente da r (vedere modello di Nordhaus); perciò dVΠ >0 dT più lunga è la durata dei brevetti, più elevato è il flusso scontato dei profitti dell’innovatore. Il produttore, infatti, è monopolista per tutta la durata dei brevetti e farà profitti da monopolista per tutto il periodo di durata dei brevetti. Ma se i profitti aumentano, aumenta anche la perdita secca di monopolio; di conseguenza, il surplus del consumatore diminuisce. 55 Graficamente C C Π Π p R p R S U C S U C Π Y Z X C’ Π Y Z X C’ q q al crescere di T, il valore di ΔSdC diminuisce dVΔSdC VΠ (ΔSdC > Π) ⇒ ⇒ in generale VΔW decresce al crescere di T Stando a quanto detto sopra, produttore e operatore pubblico hanno interessi contrastanti: l’operatore pubblico preferisce brevetti a breve durata, mentre l’innovatore vuole brevetti a lunga durata. 56 Durata ottima dei brevetti (T*) Assumiamo che la forma di VΠ e VΔW siano le seguenti: VΠ VΔW VΔW VΠ T* T Ovvero VΠ sia Funzione positiva di T (vedi sopra) Non lineare (concava)Æ all’aumentare della sua durata, il profitto per l’innovatore derivante dal brevetto cresce ad un tasso sempre minore a causa del tasso di sconto, degli spillover di conoscenza, dell’attività di “inventing around” e della saturazione del mercato. VΔW sia Funzione negativa di T (vedi sopra) Non lineare (convessa) Æ all’aumentare della durata del brevetto, il benessere sociale decresce ma in modo meno che proporzionale a causa della progressiva perdita di rilevanza dell’innovazione brevettata. La durata ottima T* è tale per cui ad una riduzione del benessere sociale corrisponde un uguale aumento dei profitti per l’innovatore. ⇒ Per T < T*, si privilegia il benessere sociale; ⇒ per T > T*, si privilegia l’innovatore, ma in questa parte del grafico l’aumento di profitto è meno che proporzionale alla riduzione del benessere sociale. Da cosa dipende T*? a. T* dipende in modo inversamente proporzionale dall’elasticità della domanda a1. Se la domanda è anelastica (|ε| = 0) non esiste perdita secca di monopolio, poiché i consumatori sono disposti a pagare qualsiasi prezzo per avere la stessa quantità di innovazione. In tal caso, anche una situazione di monopolio non sarebbe socialmente inefficiente; un brevetto, quindi, può avere durata “infinita” (T* Æ ∞ ). a2. Se la domanda è elastica (|ε| = molto grande) il danno al benessere sociale sarebbe rilevante e la durata ottima del brevetto dovrebbe tendere a zero. 57 b. T* dipende in modo inversamente proporzionale dalla produttività della ReS [a’(x)] (facilità dell’innovazione) b1. Se l’innovazione è facile (la R&S è molto produttiva) (a’(X) Æ ∞), l’innovazione richiederà meno fatica, e quindi meno remunerazione sotto forma di lunghezza della durata del brevetto, che potrà essere breve (T* Æ 0). b2. Se l’innovazione è difficile (la R&S è poco produttiva), e l’innovazione più faticosa, la durata ottima del brevetto aumenterà. VΠ VΔW VΔW VΠfacile VΠ VΠdifficile T* T*facile T*difficile T In realtà Il modello di Nordhaus applicato ai brevetti è astratto, perché in realtà T* non è calcolabile, dato che non si conoscono precisamente le forme di VΠ e VΔW. Nordhaus prova perciò delle simulazioni per verificare cosa accadrebbe se la T applicata dall’operatore pubblico fosse maggiore o minore all’ottimo, e scopre un valore soglia, di 6/10 anni, oltre il quale una T > T* non reca particolare danno sociale, in quanto ci si collocherebbe in quella parte del grafico VΠ – VΔW in cui non si ha rilevante diminuzione di benessere sociale, né rilevante aumento di profitti per l’innovatore. 58 9. Modello di Nelson e Winter (1982) Questa sezione costituisce un utile aiuto alla lettura del capitolo 4 del Malerba Il modello di Nelson e Winter (1982) spiega la relazione tra dimensione dell’impresa e cambiamento tecnologico. Al periodo iniziale l’industria è composta da n imprese tutte uguali; i costi medi di produzione dipendono dalla produttività dell’impresa ajt; l’impresa usa tecnologie a coefficienti fissi (ad una quantità di capitale impiegato corrisponde sempre la stessa quantità di altri input, ad esempio lavoro) ; la produttività è data dal rapporto Q jt a jt = ⇒ Q jt = a jt K jt K jt ovvero, quanto prodotto corrisponde ad una certa quantità di capitale impiegato moltiplicato per la sua produttività. Al variare del tempo, ajt può variare perché: a. l’impresa è diventata più efficiente grazie ad una attività di innovazione; b. l’impresa è diventata più efficiente grazie ad una attività di imitazione. Per potere innovare l’impresa deve necessariamente investire in due tipi di specifici di R&S: a. R&S innovativa; b. R&S imitativa. La probabilità di successo dell’imitazione e dell’innovazione dipende in modo diretto dall’ammontare delle risorse impiegate nella relativa tipologia di R&S (innovativa o imitativa). In sostanza si presentano quattro casi: 1. Successo della R&S innovativa + successo della R&S imitativa Æ l’impresa sceglie la tecnologia migliore (più efficiente) tra quella ottenuta per via innovativa e quella ottenuta per via imitativa (che è la migliore tecnologia disponibile sul mercato in quel momento). 2. Successo della R&S innovativa + insuccesso della R&S imitativa Æ l’impresa utilizza la tecnologia risultato dello sforzo innovativo (se essa è migliore di quella che sta utilizzando correntemente). 3. Insuccesso della R&S innovativa + successo della R&S imitativa Æ l’impresa imita la migliore tecnologia disponibile sul mercato in quel momento. 4. Insuccesso della R&S innovativa + insuccesso della R&s imitativa Æ l’impresa continua ad utilizzare la tecnologia precedente. Il raggiungimento di una maggiore efficienza nel tempo (cambiamento tecnologico) dipende perciò dalle probabilità di successo degli investimenti in R&S imitativa o innovativa. Tale 59 probabilità è tanto maggiore quanto maggiore è l’investimento in R&S, che dipende dal capitale dell’impresa, e, perciò, dalla sua dimensione. Æ Imprese di maggiore dimensione hanno più probabilità di raggiungere una maggiore efficienza produttiva. Un aumento dell’efficienza produttiva dell’impresa si può tradurre in due diverse strategie: mantenimento di K impiegato e aumento di Q prodotta diminuzione di K impiegato e Q prodotta invariata. Il livello di K al periodo finale del processo determina perciò la Q prodotta, che a sua volta determina i prezzi (assumendo una curva di domanda di mercato ad inclinazione negativa) e i profitti dell’impresa. La decisione di investire in R&S innovativa o imitativa e poi la decisione di investire o meno in espansione della capacità produttiva devono tenere conto dell’obiettivo dell’impresa in termini di profitti. N.B. Oltre alla produttività delle imprese, esiste una produttività latente dell’intera industria, che aumenta (anche se lentamente) anche nel caso in cui nessuna impresa decidesse di innovare, preferendo imitare. Ciò per l’esistenza di fenomeni di learning by using. N.M.B. si indirizza l’attenzione dello studente allo studio da pagina 114 a 116, dedicato alla sintesi dei risultati del modello e alle sue conclusioni. 60 10. Modello di Arora e Gambardella (1997) Questa sezione costituisce un utile aiuto alla lettura del capitolo 5 del Malerba ed in particolare le pagine 148-151 Problema: Confronto fra gli incentivi del soggetto pubblico e del soggetto privato al finanziamento di progetti di ricerca condotti da ricercatori di cui è incerta (almeno parzialmente) l’abilità. Prima esposizione di Callon (1994): “Le imprese non hanno convenienza a finanziare ricerche la cui probabilità soggettiva di successo ex ante è bassa; mentre l’operatore pubblico sì.” Dimostrazione di A&G (1997): due tipi di ricercatori: G (good) e B (bad); risultato della ricerca condotta con successo (o profitto π = 1); costo della ricerca C < 1; probabilità di successo per un ricercatore del tipo G > probabilità di successo per un ricercatore del tipo B. X è la probabilità soggettiva che un ricercatore sia G; la probabilità di successo ex ante per ciascun ricercatore viene aggiornata dopo l’ottenimento di un successo; problema bi-periodale: o può succedere che, nonostante non convenga finanziare un ricercatore, se si guardasse al solo primo periodo – perché il profitto atteso (cioè il risultato positivo della ricerca moltiplicato per la probabilità di successo) è minore del costo –, convenga finanziarlo guardando anche al secondo periodo (ed evidentemente se non fosse stato finanziato nel primo, non esisterebbe neanche il secondo periodo); o il risultato atteso per i due periodi è uguale alla somma, sui due periodi, della somma dei due eventi (successo e non successo) moltiplicati per le rispettive probabilità; o tale risultato (espresso nell’espressione V ≡ P( S , X ) − C + [P( S ' , Y ) − C ]P( S , X ) pag. 149 del Malerba) è evidentemente una funzione crescente di X: vi è un valore x tale per cui il valore atteso sui due periodi è non negativo, che costituisce la soglia (cioè per X > x il finanziatore finanzierà la ricerca nel primo periodo). Tutto ciò assume che il finanziatore sia grado di appropriarsi interamente del risultato della ricerca (π). Se così non fosse dobbiamo introdurre un paramento q, che esprime la probabilità di assicurazione dei servizi del ricercatore nel lungo periodo. Se dunque esiste la possibilità che, dopo il primo periodo il ricercatore (di successo) abbandoni il primo finanziatore, allora è chiaro che si introduce una esternalità informativa fra le imprese. Tale esternalità si configura come una “esternalità positiva di produzione” che comporta una sottoproduzione del bene in oggetto, cioè un sottofinanziamento della ricerca. 61 ⇒ Dunque le imprese tenderanno a finanziare progetti di ricerca solo di ricercatori noti e famosi; mentre l’operatore pubblico potrebbe considerare il finanziamento di giovani. ⇒ Similmente i privati tenderanno a privilegiare aree di ricerca la cui “fertilità” è gia nota, mentre l’operatore pubblico finanzierà anche ricerche in aree con minori probabilità ex-ante di successo.

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