Storia della comunicazione moderna PDF - Collezione e ricordo: fotografia e fonografia
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Questo documento è un riassunto del libro 'Storia della Comunicazione Moderna', focalizzato sui capitoli che trattano la fotografia e la fonografia, esaminando la loro evoluzione e il loro impatto sulla società. Vengono analizzate le tecniche di riproduzione delle immagini e dei suoni, ed il loro ruolo nel cambiamento della vita privata. Il riassunto fornisce una panoramica completa di questi importanti sviluppi.
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STORIA DELLA COMUNICAZIONE MODERNA: SFERA PUBBLICA E DIMENSIONE PRIVATA CAPITOLO 4: COLLEZIONE E RICORDO: FOTOGRAFIA E FONOGRAFIA L’immagine svelata Nel 1802 Wedgwood pubblicò un articolo in cui spiegava cosa speravano di ottenere gli inventori della fotografia. Gli obiettivi eran...
STORIA DELLA COMUNICAZIONE MODERNA: SFERA PUBBLICA E DIMENSIONE PRIVATA CAPITOLO 4: COLLEZIONE E RICORDO: FOTOGRAFIA E FONOGRAFIA L’immagine svelata Nel 1802 Wedgwood pubblicò un articolo in cui spiegava cosa speravano di ottenere gli inventori della fotografia. Gli obiettivi erano due: - Descrizione di un procedimento per copiare i quadri su vetro; - Descrizione di un procedimento per profilare delle sagome mediante la luce sul nitrato d’argento. Wedgwood, però, non riuscì a raggiungere il suo scopo. Alcuni anni dopo Niepce, neofita della litografia (una tecnica di stampa), tentò di creare un modo per automatizzare la copia e la riproduzione dei disegni o delle incisioni. Mise a punto un procedimento chiamato eliografia, che prevedeva l’uso di bitume fotosensibile (una sostanza che reagisce alla luce) su una lastra. Quando la lastra veniva esposta alla luce solare, il bitume induriva nelle zone colpite dalla luce. Le aree che non erano state illuminate si potevano poi lavare via, lasciando dietro di sé un'immagine. Copia unica o multipla Niepce, all'inizio, stava cercando un modo per riprodurre immagini usando la camera oscura, ma poi decise di concentrarsi sulla creazione di immagini naturali senza l’intervento di un disegnatore. Fu Daguerre a incoraggiarlo a puntare sulla perfezione dell’immagine, piuttosto che sulla possibilità di riprodurla in copie multiple. Dopo la morte di Niepce, Daguerre perfezionò la sua invenzione e la chiamò "dagherrotipo". Il dagherrotipo era un metodo per ottenere immagini molto precise, ma ogni singolo scatto era unico e non riproducibile. Anche l'inventore Bayard lavorò sulla fotografia, sviluppando un metodo per ottenere immagini positive su carta, pur mantenendo l’idea dell’unicità dell’immagine. Altri inventori, invece, si interessarono alla questione della riproduzione delle immagini. Talbot inventò il calotipo, un processo che utilizzava negativi da cui si potevano fare stampe positive su carta, permettendo di ottenere più copie della stessa immagine. Nel frattempo, in Francia, due inventori svilupparono metodi simili per la riproduzione delle immagini, come la fotolitografia e l’elioincisione. Alla fine, si è quindi creato un doppio filone nella storia della fotografia: - La copia unica, dove la fotografia è vista come uno strumento artistico ed espressivo. - La copia multipla, che apre la strada alla produzione in serie delle immagini fotografiche. Queste due opzioni si sviluppano parallelamente fino all’invenzione di Eastman della fotografia di massa, che ha permesso a tutti di scattare e riprodurre fotografie in grandi quantità. Lo stato come promotore della fotografia Nel 1839, il governo francese approvò una legge che consentiva allo Stato di acquisire il procedimento fotografico di Daguerre e Niepce per usarlo a beneficio della collettività. Daguerre ricevette una somma di denaro per la sua invenzione, e in cambio la società ottenne il diritto di utilizzare la scoperta per scopi pubblici, senza che fosse limitata da un brevetto. Il governo giustificò questa scelta dicendo che sarebbe stato impossibile per Daguerre e Niepce rendere il loro procedimento un prodotto industriale da proteggere con un brevetto. Questa giustificazione, però, sembrava un po’ strana, considerando che molti altri inventori che miglioreranno la fotografia, nel tempo, brevettarono i loro dispositivi. La verità è che Daguerre non aveva intenzione di avviare un’industria. Piuttosto, come Chappe, proponeva la sua invenzione alla nazione per il bene delle scienze e delle arti. Non cercava di ottenere il massimo profitto dalla sua scoperta, ma chiedeva allo Stato di fare in modo che l'intera nazione potesse beneficiare del nuovo processo tecnico. Questa scelta pubblica di non brevettare l’invenzione ebbe diverse conseguenze: - Talbot, che invece aveva brevettato il suo processo fotografico, non riuscì a far rispettare i suoi diritti in Francia e in Inghilterra, e presto i suoi brevetti furono vanificati. - Il dagherrotipo, grazie all’intervento pubblico, si diffuse molto rapidamente, diventando popolare in tutta Europa e negli Stati Uniti. Premete il pulsante, noi facciamo il resto Verso la metà del XIX secolo, la tecnica fotografica si stabilizzò con l’introduzione del negativo su vetro al collodio umido. Tuttavia, la fotosensibilità di questa soluzione svaniva non appena asciugava, quindi il fotografo doveva preparare il negativo subito prima della ripresa. Tra il 1880 e il 1890, cominciarono ad apparire lastre di gelatina secca, che si potevano conservare per parecchi mesi e, quindi, erano industrializzabili. Negli Stati Uniti, la giovane impresa di Eastman riuscì ad acquisire una solida fama sul mercato. Qualche anno dopo, Eastman mise a punto la pellicola flessibile, ma questa si rivelò un fallimento, poiché solo alcuni tra coloro che usavano le lastre di vetro si orientarono verso la pellicola. Per raggiungere un volume di affari elevato, però, il prodotto doveva avere successo presso il grande pubblico. Per raggiungere questo scopo, Eastman trasformò il suo prodotto: immise sul mercato una fotocamera semplice da usare, propose una pellicola e organizzò un servizio industriale per lo sviluppo e la stampa, operazioni molto complesse fino a quel momento. Alla fine del 1888, lanciò il nuovo prodotto: la Kodak, che riscosse un enorme successo. Eastman entrò così a far parte di quella corrente di consumo di massa che cominciava a fare capolino negli Stati Uniti. Il suono conservato Nel 1856, Nadar, un importante fotografo, ebbe l’idea di un dagherrotipo acustico, che sarebbe stato il precursore del fonografo. Lo descrisse come una scatola in cui si potevano fissare e conservare le melodie, proprio come la camera oscura fissava le immagini. Questa visione dimostrò che le ricerche sulla registrazione delle immagini e dei suoni procedevano parallelamente, con l’obiettivo comune di conservare il ricordo degli scomparsi. Nel 1857, Scott de Martinville costruì un dispositivo per la registrazione grafica del suono, con l'intento di realizzare una trascrizione diretta e studiare i meccanismi della parola. Contemporaneamente, Edison negli Stati Uniti e Cros in Francia sviluppavano dispositivi che aggiungevano una funzione in più: la registrazione. Edison Nel 1876, Edison aprì un laboratorio di ricerca in cui si dedicò alla ricerca su sistemi telegrafici e, successivamente, telefonici. I suoi appunti di laboratorio hanno permesso di ricostruire con grande precisione il percorso delle sue ricerche: - Nel 1877, depositò un brevetto per un ripetitore telegrafico: un disco ricoperto di carta girava su un piatto, mentre uno stiletto incisore, sospeso a un braccio, tracciava una serie di punti e linee disposti a spirale. - Scoprì che, superata una certa velocità di rotazione del piatto, lo stiletto emetteva vibrazioni che ricordavano la voce umana. Da questa osservazione, ebbe l’idea di un ripetitore telefonico, pensando che se le vibrazioni della voce umana fossero state registrate, sarebbe stato possibile riprodurre la voce, dando vita al fonografo. Cros Nel frattempo, in Francia, Cros, poeta e inventore, lavorava alla sua versione di una macchina parlante. Tuttavia, le informazioni sulla sua ricerca sono scarse. Privo di risorse finanziarie e di un interesse particolare per la realizzazione tecnica, non costruì mai un prototipo. La sua macchina, chiamata paleofono, era, prima di tutto, una macchina della memoria, un elemento che rappresentava un sogno comune nell’immaginario della comunicazione alla fine del XIX secolo. Nonostante le differenze tra Edison, inventore-imprenditore, e Cros, inventore solitario e sognatore, entrambi concepirono la macchina parlante come uno strumento che, attraverso registrazioni automatiche, avrebbe permesso alla parola di essere ripetuta all’infinito. Macchina d'ufficio o macchina da casa Le ricerche che portarono alla creazione del fonografo di Edison erano inizialmente orientate verso il telegrafo e successivamente il telefono. Per Edison, il passaggio dal telefono al fonografo sembrava quindi del tutto naturale. La principale funzione del fonografo era quella di permettere di "scrivere lettere" e "dettare testi". Su questa base, Edison cercò di commercializzare il fonografo, ma senza successo. Nel 1890, però, alcune società americane che si occupavano della vendita di fonografi trovarono un nuovo utilizzo per la macchina, che riscosse un enorme successo: il juke-box. Questa macchina venne installata in luoghi pubblici e permetteva alle persone di ascoltare brani musicali per pochi centesimi. Così, il fonografo venne utilizzato per scopi ludici e ricreativi, diventando una sorta di "giocattolo" per adulti. Edison, però, non approvò questa trasformazione: pensava che l’uso del fonografo come macchina a soldi avrebbe distrutto la sua immagine pubblica e fatto sembrare la macchina troppo banale, impedendo di riconoscerne il valore tecnologico. Tuttavia, Edison dovette arrendersi all’evidenza. L’idea di trasformare la macchina parlante in un apparecchio musicale venne anche a un altro inventore, il tedesco Berliner. Il suo approccio consisteva nel riscoprire invenzioni dimenticate e migliorarle per renderle più pratiche. Così, mise a punto il grammofono, un dispositivo che trasformò il disco in uno strumento di diffusione musicale. La sua innovazione permetteva la duplicazione delle registrazioni sonore su larga scala a partire da una matrice, rendendo possibile una produzione di massa di dischi. Edison, invece, continuò a commercializzare il suo fonografo come uno strumento per il divertimento, vendendo cilindri preregistrati, ognuno dei quali era una registrazione originale. Solo nel 1901 si riuscì a introdurre la duplicazione industriale dei cilindri, ma ormai era troppo tardi. Il disco, progettato specificamente per la riproduzione industriale, aveva già prevalso tra gli utenti. Questo conflitto tra le tecniche e i diversi usi del fonografo e del grammofono evidenziò un punto importante: anche se le tecnologie non erano necessariamente migliori dal punto di vista tecnico, la macchina che riusciva a soddisfare le aspettative del mercato e gli usi più popolari prevaleva su quella che non lo faceva, anche se tecnicamente più avanzata. Un nuovo spazio familiare Il fonografo giocò un ruolo importante nel cambiamento della vita privata in America e Inghilterra nella seconda metà del XIX secolo, contribuendo al fiorire della famiglia vittoriana. Secondo Coontz, nel suo studio sull’origine sociale della vita privata negli Stati Uniti, gli ultimi trent’anni del XIX secolo rappresentano "l’apogeo della sfera privata". Questo concetto di privacy segna una separazione tra la famiglia e l'attività produttiva capitalista che avveniva al di fuori della casa. Tuttavia, la separazione tra vita privata e vita pubblica non era vista come un conflitto, ma come un rapporto reciproco: la famiglia era la fonte di motivazione e fascino per il lavoro, mentre il lavoro stesso forniva i mezzi per il benessere e la salute della famiglia. A questa divisione tra sfera pubblica e privata corrispondeva una rigida separazione dei ruoli di genere: l'uomo lavorava fuori casa, mentre la donna rimaneva in casa. Tra il 1830 e il 1860, questo modello della sfera privata influenzò anche l'organizzazione delle città americane. L’individuo era considerato principalmente un membro della sua famiglia, e la comunità era vista come una rete di famiglie che accumulano capitale. La vita sociale si frammentava in gruppi distinti, che raramente formavano una vera e propria zona urbana integrata. Nel periodo tra il 1870 e il 1890, si osservò una tendenza a ridurre la vita sociale esterna al focolare domestico: la casa cominciò a sostituire i circoli sociali come principale punto di incontro. Dopo cena, le persone non si recavano più al pub, ma si ritiravano nel salotto di casa. Questo cambiamento era, in parte, dovuto alla paura della città e alla durezza del capitalismo, che spingevano le persone a cercare rifugio e sicurezza in casa. Inoltre, il focolare divenne anche il luogo in cui esprimere la creatività personale. Questa valorizzazione della sfera privata e della famiglia si manifestò inizialmente nelle classi medie, mentre nelle classi operaie questa trasformazione avvenne più tardi. In generale, il fonografo, come simbolo di intrattenimento domestico, contribuì a rafforzare il ruolo della famiglia come centro della vita sociale e culturale. La musica in famiglia Nel ceto medio, la musica occupava un posto importante nelle case, e il pianoforte divenne un simbolo di status sociale. Si stima che nel 1910, in Gran Bretagna, il 25% delle case e negli Stati Uniti il 20% avessero un pianoforte. Il pianoforte, quindi, fu uno dei primi strumenti di svago di massa. Questo fenomeno fu reso possibile dall’organizzazione industriale della produzione musicale, che abbassò i prezzi e introdusse nuove modalità di commercializzazione, come il noleggio e il mercato dell'usato. Verso la fine del XIX secolo, nel mercato di massa della musica, emersero nuove tecnologie, come: I pianoforti meccanici (le pianole) Le orchestre sinfoniche registrate Le opere liriche registrate Ciò portò a una vera e propria trasformazione nella vita musicale: l’ascolto di strumenti automatici iniziò a sostituire la pratica di cantare accompagnati dal pianoforte, e le grandi orchestre sinfoniche divennero enormemente popolari, anche se il loro pubblico si stava spostando sempre più dalle aree centrali delle città verso le periferie. In questo contesto, si fece sentire la domanda per il fonografo, una riflessione che oggi ci sembra ovvia, ma che i primi inventori non riuscirono a comprendere appieno. Infatti, inizialmente non si rendevano conto che la macchina parlante avrebbe potuto essere utilizzata come strumento di intrattenimento familiare. Alla fine del XIX secolo, quindi, assistemmo per la terza volta in cento anni a una nuova rappresentazione della comunicazione: - Le macchine iniziarono come strumenti per comunicare, poi come strumenti di controllo, legati allo Stato. - Le macchine per comunicare furono anche utilizzate per lo sviluppo di un nuovo mercato finanziario, legato al capitalismo. - Infine, le macchine per comunicare si trasformarono in strumenti ludici, destinati all’uso domestico, nella famiglia. Per Edison, l’uso del fonografo come macchina di intrattenimento fu un errore fatale, poiché avrebbe ridotto il valore della macchina parlante a un semplice giocattolo, distogliendone l'attenzione dal suo potenziale più serio. Il fonografo domestico Alla fine, Edison ammise di aver commesso un errore. Intorno al 1895, i produttori di fonografi e grammofoni iniziarono a realizzare apparecchi pensati per l'uso domestico. La diffusione nelle case fu rapida, ma la vera produzione e consumo di massa del fonografo iniziò solo all'inizio del XX secolo. Dopo la Prima Guerra Mondiale, fonografo, telefono e automobile diventarono oggetti comuni nelle case, ma il fonografo risultò essere il più diffuso e, dopo la stampa, il primo mezzo di comunicazione di massa. Per entrare nelle case post-vittoriane, il fonografo dovette adattarsi all’arredamento domestico, diventando non solo uno strumento musicale, ma anche un oggetto decorativo. Nei primi anni, i cataloghi del fonografo offrivano canzoni popolari, ballate e marce, eseguite da artisti anonimi. Poco dopo, venne introdotto un secondo catalogo con brani lirici, seguito da uno con le registrazioni dei più grandi cantanti del mondo. Per il pubblico colto, l’ascolto a domicilio rappresentò l'inizio di un nuovo rapporto con la musica, che ebbe grande successo perché permetteva di ascoltare brani che rispecchiavano il proprio stato d’animo. Alla vigilia della Grande Guerra, venne introdotto un terzo catalogo, dedicato al jazz. Nato come musica per il pubblico afroamericano, il jazz si diffuse anche tra i bianchi, accompagnato da una passione travolgente per la danza. Questo fenomeno stimolò un’impennata nelle vendite di dischi, con un successo commerciale senza precedenti. Il fonografo divenne, quindi, non solo un mezzo di comunicazione, ma anche uno strumento di intrattenimento e di cultura popolare, capace di unire diverse classi sociali attraverso la musica. Per aiutare a ricordare: collezioni e fotografia Nel XIX secolo, il gusto per il collezionismo, che nel secolo precedente era prerogativa dell'aristocrazia, si estese alla borghesia. Il collezionismo divenne una forma di "memoria pratica", e queste pratiche erano già presenti nel XVIII secolo, spesso accompagnate dalle prime forme di turismo, in particolare dal Grand Tour. Durante questi viaggi, molti si facevano accompagnare da un disegnatore per documentare i luoghi visitati, mentre altri acquistavano incisioni come souvenir. Nel XIX secolo, alcune di queste collezioni assunsero dimensioni enciclopediche, ma il collezionismo divenne anche una sorta di ossessione per alcuni, che si ritrovavano circondati da un accumulo di oggetti, una vera e propria nevrosi. Alla fine del secolo, il fenomeno si diffuse ulteriormente, includendo collezioni di cartoline postali, medaglie e altri ricordi, diventando così un modo per definire e arricchire lo spazio privato. In questo contesto, la fotografia trovò un posto centrale nella raccolta di ricordi. La fotografia amatoriale divenne un modo per immortalare non solo il mondo esterno, ma anche la vita familiare, suscitando un grande entusiasmo tra il pubblico. Fino a quel momento, la fotografia era stata utilizzata principalmente dai professionisti per democratizzare il ritratto, ma ora, con la possibilità di scattare foto amatoriali, il ricordo si standardizzò. L’album fotografico divenne uno strumento fondamentale per preservare e trasmettere la memoria familiare. Permetteva di avere una visione delle generazioni passate e rinforzava la coesione all'interno della famiglia. All'inizio, negli album si trovavano spesso fotografie della famiglia reale e di celebrità, mescolando così lo spazio pubblico e quello privato. Tuttavia, le foto che ritraevano momenti della vita familiare erano ancora relativamente poche. Tra le famiglie dei ceti popolari, la pratica fotografica era più limitata. Con la diffusione della fotografia dilettantistica, però, gli album diventano molto più ricchi, contenendo numerose immagini della vita familiare e dei viaggi. La fotografia non era più solo un surrogato del ritratto, ma divenne un mezzo per "catturare" il passato e il mondo esterno, trasformandosi in un modo concreto di ricordare e preservare la propria storia familiare e personale. L’immagine viene alla luce Nel XIX secolo, la fotografia cominciò a essere utilizzata non solo come mezzo per immortalare immagini statiche, ma anche come strumento scientifico per studiare il movimento, in particolare quello degli animali. Le prime ricerche sull’immagine animata vennero intraprese con finalità scientifiche, ma l'idea di "animare l'immagine" cominciò a circolare anche in ambito tecnico e industriale. Thomas Edison, dopo aver inventato il fonografo, pensò a un apparecchio che potesse svolgere per l’occhio ciò che il fonografo faceva per l’orecchio. Il suo primo prototipo prevedeva foto disposte su un cilindro a spirale, ma successivamente iniziò a usare una pellicola flessibile di Eastman. Nel 1891, brevettò il cinetoscopio, un dispositivo che consentiva di guardare un film in modo individuale. Seguendo la stessa strategia commerciale del fonografo, Edison installò questi dispositivi a pagamento in negozi pubblici. Nel frattempo, in Francia, il fotografo Louis Le Prince stava sviluppando una macchina fotografica e un proiettore, ma scomparve misteriosamente prima che potesse completare il suo lavoro. Negli Stati Uniti, già nel 1894, alcuni concessionari di cinetoscopi cominciarono a esplorare la possibilità di proiettare immagini su schermo. Tuttavia, Edison si oppose, temendo che se fosse stata messa sul mercato una macchina dotata di schermo, pochi dispositivi avrebbero permesso a tutti di vedere le immagini, mettendo fine rapidamente al mercato. Nonostante questa opposizione, vari inventori continuarono a lavorare sulla proiezione delle immagini. Tuttavia, la qualità dell’immagine non era ancora soddisfacente, finché i fratelli Lumière, con il loro approccio tecnico, risolsero il problema facendo scorrere la pellicola a scatti e sincronizzando l’arresto della pellicola con l’apertura dell'otturatore. La loro innovazione, pur modesta, creò un nuovo mezzo di comunicazione. La differenza tra il cinematografo di Lumière e il cinetoscopio di Edison stava nel contenuto e nel rapporto con il pubblico. I film di Edison erano privi di scenari, rappresentando semplici sagome bianche su sfondo nero, e l’aspetto estetico enfatizzava l’idea che "l’immagine venisse alla luce". Al contrario, i Lumière immaginavano un effetto spettacolare derivante dalle registrazioni della vita quotidiana, sia pubblica che privata, e riuscirono a creare un’esperienza cinematografica più ricca e coinvolgente. All'inizio, i produttori di cinema in Francia vendevano i loro film ai mercanti di fiera, che li proiettavano in eventi pubblici. Questo modello presentava però alcuni svantaggi, come la separazione tra produttori ed esercenti, e la difficoltà di raccogliere dati sulla circolazione dei film o sulle reazioni del pubblico. Nel 1905, Pathé decise di aprire proprie sale di proiezione, un passo strategico per avere il controllo diretto sulla diffusione dei film e, più in generale, sulla gestione dell'industria cinematografica. Per integrare meglio le diverse fasi del processo, Pathé introdusse anche un sistema di noleggio dei film. Questi sviluppi tecnici e commerciali portarono alla creazione di un sistema più strutturato per il cinema, che oggi vediamo nei modelli di distribuzione e proiezione. Un mezzo di comunicazione, infatti, è costituito da tre componenti fondamentali: contenente (il supporto, come il film), contenuto (il film stesso), e un dispositivo di commercializzazione che regola la distribuzione e permette la creazione di un mercato culturale. Questo sistema, se ben progettato, è essenziale per il successo del mezzo di comunicazione. Se il sistema di collaborazione tra le diverse parti non funziona, il mezzo non riesce a decollare. Così come Edison abbandonò la sua visione del fonografo per concentrarsi sulla produzione di cilindri, anche nel caso del cinema Edison abbandonò il suo cinetoscopio e si dedicò alla produzione cinematografica, cercando di creare un monopolio attraverso i suoi brevetti e con il supporto di Eastman, unico produttore di pellicola negli Stati Uniti. Questa "guerra dei brevetti" occupò gran parte delle energie dei produttori cinematografici americani. In Francia, invece, il cinema si sviluppò con maggiore libertà, e diversi inventori, anche se con approcci differenti, contribuirono alla nascita del cinema francese, che dominò la produzione mondiale fino alla Prima Guerra Mondiale. Negli Stati Uniti, gli indipendenti furono responsabili di molte delle innovazioni più eclatanti e, infine, ottennero lo scioglimento del trust Edison, dando vita alle grandi case di produzione di Hollywood. Fu solo negli anni Venti che alcuni ingegneri delle telecomunicazioni riuscirono a mettere a punto il cinema parlato, un passo fondamentale per l’evoluzione del cinema. In sintesi, gli ultimi decenni del XIX secolo segnano una trasformazione fondamentale nella produzione industriale, che si orienta verso il mercato domestico grazie ai progressi nei mezzi di comunicazione: - La stampa diventa un medium di massa con tirature di centinaia di migliaia di copie. - La musica si industrializza, con la produzione di pianoforti su scala massiva e, successivamente, la musica che arriva nelle case grazie ai fonografi. - Fonografo e telefono penetrano nelle case, segnando l'inizio di un'era di comunicazione domestica. CAPITOLO 5: DAL COMMERCIO DEI BENI AL COMMERCIO DELLE ANIME: IL TELEFONO La ricerca della paternità di un’invenzione si basa sulla convinzione che un sistema tecnologico abbia un solo inventore. È compito del ricercatore istruire questo processo davanti al tribunale della storia scegliendo il vero inventore. La comunicazione della parola attraverso l’elettricità Il telefono è l’esempio più evidente di come la parola possa essere trasmessa attraverso l’elettricità. - Bell e Gray: Entrambi presentano la richiesta di brevetto per il telefono il 14 febbraio 1876. - Edison: Già nel 1875 progettava un sistema simile. - Meucci: Nel 1850 inizia i primi esperimenti e presenta un brevetto negli Stati Uniti nel 1871. - Reis: Nel 1861 mostra il suo apparecchio per trasmettere la voce, noto come telefono musicale, all'associazione dei fisici di Francoforte. - Bourseul: Nel 1854 presenta una relazione in cui descrive il principio di trasmissione delle vibrazioni sonore tramite elettricità. Nonostante tutte queste invenzioni precedenti, la storia ufficiale riconosce Bell come l’inventore del telefono. Tuttavia, esistono diverse sovrapposizioni tra i vari inventori, con Gray, Bell e Edison che sono a conoscenza delle ricerche di Reis. Analizzando la questione dal punto di vista sociale e tecnologico, è importante confrontare i vari dispositivi per capire se abbiano raggiunto lo stesso livello di maturità. Infatti, l'invenzione non consiste solo nell'ideare un dispositivo, ma nel realizzare un prototipo che sia efficace, affidabile e pronto per l’uso commerciale. Bell non fu il primo a presentare un prototipo del telefono, ma fu colui che riuscì a perfezionarlo e a commercializzarlo, con la prima rete telefonica attiva solo un anno dopo la registrazione del suo brevetto. Per progettare un dispositivo come il telefono, era fondamentale comprendere la relazione tra suono ed elettromagnetismo. Il fisico americano Page scoprì che un’asta magnetica, sottoposta a rapidi cambiamenti di magnetizzazione, poteva emettere suoni in base alle correnti che la attraversavano. Queste scoperte scientifiche erano note a Reis, Gray e Bell, che capirono che i suoni potevano essere trasformati in vibrazioni, trasmesse lungo un filo elettrico e poi riconvertite in suoni. Dal punto di vista culturale, i francesi vedevano il telefono come uno strumento di potere, mentre gli inglesi lo consideravano principalmente un mezzo commerciale. Tuttavia, non tutti condividevano l’idea che il telefono fosse una rivoluzione tecnologica. Un giornale di Boston, per esempio, parlava di un uomo arrestato per frode, accusato di raccogliere fondi per creare una compagnia telefonica, sostenendo che fosse impossibile trasmettere la voce umana attraverso un filo, e che anche se fosse stato possibile, non avrebbe avuto alcun valore. Anche i telegrafisti erano scettici riguardo all'idea di trasmettere la voce. Per un telegrafista, la comunicazione a distanza non sarebbe mai stata diretta, ma sempre mediata da un operatore umano. Bell, invece, concepiva il telefono come un mezzo di comunicazione diretta, senza intermediari, cercando di superare i limiti del telegrafo. Immaginava il telefono come uno strumento che avrebbe reso obsoleto il telegrafo, permettendo una comunicazione più semplice e immediata. Quando i telegrafisti si rifiutarono di interessarsi al suo dispositivo, Bell fondò una società per gestire e sviluppare il telefono. Senza il suo patrimonio personale, che gli permise di avviare l'impresa, le sue idee non sarebbero mai riuscite a prendere forma e a diffondersi. Le telefonate Il telefono sul lavoro Per un lungo periodo, il telegrafo rappresentò una sorta di "corriere postale elettronico", consentendo unicamente l'invio di messaggi scritti. Tuttavia, nel 1860 si iniziò a usare il telefono per conversazioni dirette. Successivamente, nel 1867, a Philadelphia venne creata la prima centrale telegrafica in grado di convertire le linee private per usi telefonici. Prima dell'arrivo del telefono, nel settore finanziario e commerciale, si iniziò a passare dal messaggio telegrafico alla conversazione telefonica. In questo contesto, nel 1877, a Boston, nacque la prima rete telefonica. Il telefono, pur offrendo inizialmente gli stessi servizi del telegrafo, divenne però un sistema più rapido ed efficace. Alla fine del XIX secolo, le applicazioni del telefono erano prevalentemente professionali. La Western Union, quasi-monopolista del telegrafo, percepì correttamente le potenzialità del nuovo strumento e stipulò un accordo con Bell che: - Riconosceva la priorità dei brevetti di Bell sulla telefonia. - Limitava l'uso del sistema alle conversazioni personali. Tuttavia, la seconda clausola non venne rispettata, e il telefono iniziò a trovare il suo primo mercato nel settore commerciale. La prima comunità ad adottarlo su larga scala fu quella dei banchieri, con la borsa che cominciò a utilizzare il telefono in modo capillare. Nonostante l'interesse iniziale, la diffusione del telefono incontrò alcune difficoltà, principalmente legate al fatto che si trattava di un dispositivo di rete: era utile solo se diffuso tra un numero sufficientemente elevato di utenti. Questo collegamento non era solo fisico, ma anche sociale. Per questo motivo, inizialmente, il telefono venne adottato soprattutto in determinati ambiti professionali. Con il tempo, però, il telefono si espanse gradualmente, collegando vari settori dell'attività economica, e divenne uno strumento di scambio intersettoriale. Nonostante ciò, cinquant'anni dopo la sua invenzione, il telefono rimase ancora prevalentemente legato a professionisti e utilizzi specializzati. Il telefono privato Anche se nel diciannovesimo secolo l’uso del telefono era prevalentemente professionale, iniziarono a manifestarsi i primi segni di uso privato all’interno della borghesia. Nel 1860, ci furono già alcune utilizzazioni private del telefono in luoghi pubblici. Ad esempio, in una quindicina di club londinesi, ogni mezz'ora arrivava un resoconto dei dibattiti in Parlamento, permettendo ai deputati di seguirli anche quando erano fuori con amici. Tra il 1870 e il 1880, una compagnia americana introdusse a New York un servizio di chiamata telegrafica. Gli utenti, tramite una piccola manovella, inviavano un segnale alla centrale, e il numero di giri indicava il tipo di servizio richiesto, come fattorino, polizia, pompieri, medico, ecc. Questo sistema di chiamata telegrafica rappresentò il primo servizio di telecomunicazione destinato al grande pubblico. Furono proprio questi primi servizi telegrafici privati a rispondere alla domanda iniziale degli utenti. Nel 1876, Bell installò la prima linea telefonica permanente tra la sua casa e il suo studio, segnando l'inizio della diffusione delle linee telefoniche anche nelle zone di villeggiatura, sebbene la maggior parte di queste linee venisse utilizzata per scopi professionali. Il primo modello di utilizzo del telefono, quindi, fu quello dell’ubiquità: l’uomo d’affari poteva essere contemporaneamente nel suo ufficio e nella sua residenza estiva, rimanendo in contatto continuo con la sua famiglia e con il lavoro. Sia nel mondo domestico che in quello professionale, il telefono fu inizialmente utilizzato per impartire ordini, motivo per cui si diffuse soprattutto negli alberghi. All'inizio del XX secolo, le utilizzazioni telefoniche cominciarono a diversificarsi. Un’inchiesta realizzata nel 1909, su un campione di conversazioni telefoniche domestiche, rilevò i seguenti dati: - 20% delle chiamate erano casa-ufficio - 20% erano ordinazioni a commercianti - 15% erano inviti - 30% erano chiacchiere (l’autore dell’inchiesta considerò quest’ultimo tipo di utilizzo come inutile) Un’altra indagine sulle pubblicità telefoniche precedenti alla Prima Guerra Mondiale evidenziò due funzioni prevalenti: - Comunicazione professionale - Gestione familiare In queste pubblicità, l’interazione sociale tra individui aveva un ruolo marginale. In effetti, fu solo negli anni Trenta che il tema della comunicazione familiare e amicale, così come le cosiddette visite telefoniche, cominciò a emergere nelle campagne pubblicitarie. Nel frattempo, i concessori del telefono continuarono a focalizzarsi soprattutto sul mercato aziendale. Le visite per telefono Il telefono in campagna La differenza tra i due modi di usare il telefono si manifestò per la prima volta nell’ambito del mondo rurale. Nel 1907, negli Stati Uniti, venne effettuato un censimento telefonico, che registrò la presenza di 2 milioni di agricoltori muniti di telefono. Alcuni stati della parte centrale del paese erano quasi completamente coperti dalla rete telefonica. L’utilizzo principale del telefono era di tipo professionale: gli agricoltori lo utilizzavano principalmente per ricevere informazioni sui prezzi, quotazioni in borsa e previsioni meteo. Il telefono contribuì alla costruzione di un’identità locale: il centralinista assunse un ruolo centrale all’interno di una rete di comunicazioni, fornendo notizie sugli avvenimenti locali. Inoltre, informava il medico, durante i suoi spostamenti, delle chiamate dei pazienti. Tuttavia, l’uso del telefono rurale non si limitava solo all’attività economica o a situazioni di emergenza, ma contribuiva anche a dare un senso alla vita comunitaria. La solitudine e l’insicurezza precedentemente vissute dalle donne nel mondo agricolo cominciarono a sparire, e si sviluppò una solidarietà più forte nei piccoli borghi rurali. Il telefono in città I sociologi di inizio secolo si occuparono anche del ruolo del telefono nelle città. Con l’arrivo di tram, biciclette e telefoni, i rapporti tra città e campagna cambiarono drasticamente, in quanto vi fu un importante sviluppo delle periferie. Moyer analizzò in modo molto preciso i rapporti tra la crescita urbana e lo sviluppo del telefono a Boston. Contrariamente a quanto si pensava, il telefono non giocò un ruolo centrale nel decentramento urbano di Boston; piuttosto, rafforzò il movimento di trasferimento dal centro verso la periferia, che iniziò con lo sviluppo dei mezzi di trasporto pubblici. I tram elettrici ebbero un ruolo determinante nello sviluppo degli agglomerati urbani e furono una delle invenzioni più rapidamente accettate nella storia della tecnica. In soli 10 anni, la rete divenne completamente elettrica e la lunghezza delle linee raddoppiò. A questa evoluzione dell’offerta corrispose una forte crescita della mobilità degli utenti. Inoltre, l’aumento del trasporto urbano andò di pari passo con una fortissima espansione urbana. Schema di crescita: - Linee tranviarie impiantate oltre i confini dell’agglomerato urbano. - Intorno a queste linee di trasporto pubblico sorsero i quartieri residenziali. Questa nuova organizzazione delle città rientrava in un modello di rappresentazione dell’habitat comune a metà Ottocento negli Stati Uniti: l’idealizzazione della casa monofamiliare in ambito bucolico. In questi periodi di vaste trasformazioni urbane, le reti di rapporti sociali uscirono sconvolte, e il telefono rappresentò un mezzo per attivarle. Ad esempio, risultò fondamentale per il reinserimento di persone che si erano trasferite in un nuovo quartiere. I censimenti del 1907 e del 1927 fornirono alcune indicazioni sull’uso del telefono: - Comunicazione di vicinato in campagna. - Comunicazione di agglomerato in ambiente urbano. - Raddoppio del traffico locale: da 10 a 20 comunicazioni al mese. - Traffico telefonico 6 volte più cospicuo della corrispondenza locale. Questa intensità nella comunicazione telefonica divenne parte integrante della rete di rapporti sociali locali. Un’altra inchiesta, commissionata da un movimento femminista, rivelò che le donne preferivano l'automobile e il telefono a un impianto di servizi igienici. La testimonianza di un rappresentante di commercio che vendeva abbonamenti telefonici offrì ulteriori chiarimenti sull’uso del telefono al femminile. Questo riteneva che le donne si abbonassero principalmente per: - Conversare con genitori e amici. - Prendere appuntamenti e fare la spesa. - Avvisare in caso di emergenza. Gli uomini, invece, mettevano al primo posto i motivi professionali. All’inizio del ventesimo secolo, il telefono non era più soltanto un apparecchio lavorativo, ma anche uno strumento familiare che consentiva di gestire veri e propri rapporti sociali. Il telefono in Europa Il telefono in Europa si diffuse più lentamente che negli Stati Uniti. Nel 1901, il ministro britannico dichiarò che il telefono non fosse adatto alla mentalità rurale. La sua posizione era abbastanza condivisa: il Times sosteneva che il telefono non fosse per le masse, e che la stragrande maggioranza della popolazione non avrebbe dovuto utilizzarlo se non per alcuni messaggi occasionali. In Francia, vi era lo stesso atteggiamento da parte dell'élite, che riteneva il telefono uno strumento non destinato alle famiglie e alle masse. Inoltre, lo stallo non riguardava tanto l’offerta, quanto la domanda. Per cercare di attirare nuovi abbonati, l’amministrazione decise di abbassare i prezzi e di incentivare la vendita porta a porta. Nel 1950-60, l’offerta era ampiamente insufficiente, e si crearono liste d’attesa; al contrario, tra le due guerre si verificò una crisi della domanda. L’ambiente rurale francese degli anni '20 era meno modernizzato e meno produttivo: le aziende erano più piccole, i mercati erano organizzati a livello locale, e quindi gli agricoltori non avevano un grande interesse a conoscere l’andamento dei prezzi nazionali o internazionali. Il telefono era, quindi, meno necessario e non considerato indispensabile per la gestione dei rapporti sociali, che continuavano ad avvenire tramite canali tradizionali: incontri nei casali, nei borghi, ai lavatoi o nei campi. Le domande di allacciamento telefonico provenivano soprattutto dalla grande borghesia e dall’aristocrazia. Solo negli anni Cinquanta, con la crescita delle periferie, la domanda di allacciamenti telefonici subì un forte aumento, estendendosi a tutte le classi sociali. Una rete universale Contemporaneamente allo sviluppo dei modelli analizzati fino a quel momento, le linee telefoniche vennero ampliate fino a costruire una vera e propria rete. Secondo Bell, si poteva fare in modo che le linee si collegassero sia in maniera sotterranea che aerea, e sperava di riuscire presto a trasmettere la sua voce attraverso l'Atlantico. I progettisti cominciarono gradualmente a mettere a punto questo progetto di telefonia universale. I collaboratori di Bell installarono un primo collegamento interurbano tra Boston e Providence nel 1880, mentre in Europa, nel 1882, ci fu un primo tentativo di collegamento sulla tratta Bruxelles- Parigi. Tuttavia, l’indebolimento del segnale telefonico impedì per lungo tempo la creazione di collegamenti su distanze più lunghe, e fu necessario aspettare il 1956 quando l'ATT installò la prima linea transatlantica. L'innovazione, infatti, non si limitava al terminale e ai collegamenti, ma mirava a integrare queste componenti tecniche in un sistema. Benché l’uomo chiave nell’invenzione del telefono fosse sicuramente Bell, l'idea del sistema telefonico va attribuita a Vail. Vail, responsabile della rete postale ferroviaria americana, ricevette la proposta dai finanziatori di Bell di dirigere la prima società telefonica, carica che mantenne fino al 1887. Nel 1907 fu chiamato per dirigere l'ATT. Vail definì il telefono come un sistema in grado di assicurare la comunicazione con ogni corrispondente possibile in qualsiasi momento e precisò che il valore di questo strumento dipendeva dal numero di potenziali connessioni. Tuttavia, i soci di Bell, che si erano rivolti a lui, non disponevano del capitale necessario per costruire una grande rete telefonica unificata sul territorio americano. Si tentò, dunque, di attirare finanziatori locali. La società di Bell cedette la licenza dei brevetti per determinati territori a società locali, ma questo principio si rivelò totalmente inadeguato per garantire una rete telefonica uniforme. Per assicurare omogeneità tecnica, Bell perseguì una politica di ricerca e fissò le specifiche dei materiali utilizzati dalle sue affiliate. Per rafforzare questo controllo tecnico, Vail riscattò un’impresa costruttrice di materiale telegrafico e telefonico, che divenne la principale fornitore delle società locali. In questo modo, Vail ottenne un insieme di reti omogenee ma scollegate. Per unificarle in una grande rete, fu necessario dar vita a collegamenti interurbani. Nel 1879, Bell era in trattativa con la Western Union per definire i campi di attività delle due società. I dirigenti della Western Union proposero di assumere la conduzione del traffico a lunga distanza, ma Vail rifiutò, avendo intuito che ciò avrebbe costituito una delle basi di un sistema di telecomunicazioni. Rientrando in affari, nel 1907, Vail rafforzò i meccanismi di cooperazione. Per fare in modo che il telefono diventasse il sistema nervoso dell’organizzazione sociale ed economica del paese, occorreva accentrare la ricerca, la produzione dei materiali, i consigli tecnici e i collegamenti di lunga distanza, mentre la gestione locale poteva svolgersi fruttuosamente in modo decentrato. I principi del sistema Bell erano: - Interdipendenza - Intercomunicazione - Universalità Vail insistette molto sull’universalità della rete e la giustificò con una sorta di missione sociale del telefono. Accettarono, quindi, il controllo da parte dello Stato, ma in cambio Bell chiese il quasi- monopolio e auspicò che lo Stato lo difendesse da una concorrenza aggressiva sui segmenti di mercato più proficui. I legami tra ATT e le società locali furono poco alla volta rafforzati. Nel 1893, i brevetti di Bell divennero di pubblico dominio e iniziarono a svilupparsi numerose società indipendenti. Vail si adoperò per riscattare alcune di queste società, impedendo loro di creare una rete concorrente. La strategia monopolista dell’ATT si consolidò nel 1909, quando l'azienda assorbì la Western Union. Vail si presentò, quindi, come l’inventore di una moderna rete di telecomunicazioni. Durante gli anni Venti, l'ATT lasciò le stazioni radio alla RCA per ottenere il monopolio dei collegamenti a lunga distanza, privilegiando la rete rispetto all’attività locale. A metà degli anni Ottanta, l'ATT fu coinvolta in un difficile processo anti-trust e decise di abbandonare parte delle sue attività, dedicandosi principalmente alla ricerca, alla costruzione di materiali e ai collegamenti a lunga distanza. Alcuni commentatori si meravigliarono di questa scelta, ma fu la stessa che, cento anni prima, aveva preso Vail. CAPITOLO 6: SPARGERE AI QUATTRO VENTI: LA RADIO Gli storiografi della radio hanno cercato di stabilire chi avesse la vera paternità di questa invenzione. Il risultato di tale ricerca dipende, in buona parte, dalla nazionalità dell’autore. Le grandi enciclopedie, quindi, attribuiscono l’invenzione della radio a 5 persone diverse: - Germania: Hertz - Russia: Popov - Francia: Branly - Inghilterra: Lodge - Italia: Marconi In realtà, come molte altre tecnologie moderne, la radio ha avuto un andamento parallelo nei diversi paesi e riunisce in sé le scoperte di numerosi inventori. In prima fila si colloca Maxwell, matematico inglese che unifica le conoscenze del periodo sul carattere ondulatorio della luce e quelle su elettricità e magnetismo. La conferma sperimentale di questa teoria arrivò solo successivamente, grazie al fisico tedesco Hertz, che riuscì a produrre sperimentalmente delle onde elettromagnetiche. Analizzando la storia della radio, si possono individuare due analisi contrastanti: 1. Invenzione forgiata in toto dalla scienza, che progredisce solo se illuminata dalla teoria. 2. Invenzione pratica precede l’elaborazione teorica. Ci si accorge, però, che non si può scegliere tra queste due analisi contraddittorie, perché non esiste un modello univoco per strutturare in modo organico scienza e tecnica. La successione delle varie tappe della storia della radio non avviene in modo automatico. Quelle che oggi appaiono come fasi che si articolano in modo naturale sono, in realtà, la storia del difficile passaggio da un ambito all’altro: dalla scienza alla tecnica, dalle applicazioni militari alle telecomunicazioni, dall’informazione commerciale al divertimento. Da Maxwell a Marconi Gli storici della scienza solitamente contrappongono Maxwell a Hertz: il primo formula la teoria del campo elettromagnetico e la teoria elettromagnetica della luce, mentre il secondo le verifica. Hertz, però, non si accontenta di controllare che certe predisposizioni della teoria di Maxwell si realizzino, ma elabora una teoria strumentale, di cui analizza le correlazioni con il sistema di Maxwell. Il rapporto Maxwell-Hertz è, dunque, più complesso di come spesso lo si presenta: si tratta, infatti, di una vera e propria costruzione intellettuale nuova che si contrappone alla teoria del fisico inglese. Secondo una visione finalistica della storia delle scienze, si scrive che Branly apporta alla scoperta di Hertz uno strumento efficace di rilevazione delle onde. Branly nota che, sotto l’effetto di una scintilla, un tubo di limatura di ferro diventa alternativamente conduttore o isolante; spostando l’emettitore di scintille in un altro ambiente, l’effetto, chiamato in seguito “effetto Branly”, permane. Branly spiega tale effetto con le onde hertziane, e integra, dunque, la scoperta di Hertz nei suoi lavori sulla conduttività, ma rimane essenzialmente un fisico e non l’inventore della telegrafia senza fili. L'effetto Branly trova la sua prima destinazione d'uso nei laboratori: infatti, il fisico inglese Lodge costruisce un ricevitore d’onde hertziane con un tubo in limatura. L’apparecchio ha solo una funzione pedagogica e serve a dimostrare in modo chiaro l’esistenza di onde hertziane. Tuttavia, non è nei laboratori di fisica che nasce la TSF, ma si tratta, invece, di un progetto tecnico: come trasmettere informazioni a distanza senza fili. Marconi osserva gli esperimenti di Righi, che aveva perfezionato quelli di Branly e Lodge. Sapendo, dunque, dell’esistenza delle onde hertziane, Marconi elabora il progetto di trasmettere queste onde su grandi distanze. Costruisce un dispositivo sperimentale ed effettua delle prove a Villa Grifone. Il suo obiettivo è quello di incrementare la distanza di propagazione delle onde così da farle uscire dai laboratori. All’epoca, gli studiosi ritenevano che per immaginare ciò bisognasse avere scarse informazioni scientifiche sulla natura delle onde. Le loro proprietà di dispersione sembravano condannarle a una reclusione definitiva. È, dunque, questa relativa ignoranza di Marconi che gli consente di realizzare questa appropriazione di una teoria scientifica ai fini di un progetto tecnico di teletrasmissione senza fili. L’invenzione della TSF fa, quindi, parte di una lunga serie di ricerche tecnologiche che mirano a liberare la telegrafia dal vincolo dei fili. Si conferma il principio per cui l’inventore non inventa mai da solo, e Marconi si inserisce in un flusso di ricerca tecnologica che mira a realizzare la TSF. La sua superiorità rispetto agli altri inventori sta nell’aver raggiunto l’obiettivo un po’ in anticipo e, soprattutto, nel fatto che ha proceduto nelle sue ricerche tecniche nell’ottica di una maggior affidabilità e di migliori prestazioni del sistema. Marconi si reca a Londra, dove tiene la sua prima conferenza sulla radiotrasmissione dei segnali e riscuote appoggio. Le potenzialità della radiotelegrafia non passano inosservate, e le onde escono, così, dai laboratori ed entrano a far parte di un progetto tecnico. Ora, bisogna attribuire all’uso tecnico anche un uso sociale. La comunicazione marittima Per rendere più affidabile il suo sistema e metterlo sul mercato, Marconi ebbe bisogno di finanziamenti. La famiglia gli propose di dar vita a una società commerciale. Non riuscendo a convincere l’amministrazione a riscattare il brevetto di Marconi, la TSF divenne monopolio dello Stato. Tuttavia, l’azienda di Marconi ottenne finanziamenti pubblici sotto altre forme. Una delle prime transazioni della nuova società riguardò l’equipaggiamento di alcuni fari isolati in mare. Tuttavia, fu la comunicazione militare a dare vita all’uso sociale della radiotelegrafia. Nel 1898, l’esercito britannico effettuò un primo ordine di sistemi di telecomunicazioni a Marconi in occasione della guerra. Coordinare le imbarcazioni di una flotta moderna era un’operazione molto più complessa rispetto alla vecchia marina a vela: le navi erano più rapide, più mobili, e la grande quantità di fumo le rendeva più difficili da distinguere. Marconi collaborò con Jackson, e da questa collaborazione nacquero equipaggiamenti radio adatti al settore navale. Nel 1901, furono attivate 100 stazioni radio. Parallelamente all’uso militare, Marconi ampliò l’impiego commerciale della TSF in collaborazione con la compagnia di assicurazioni marittime Lloyd’s. A partire dal 1898, installò un primo sistema che consentì di trasmettere informazioni sull’avvicinamento delle navi alle coste britanniche. La collaborazione non finì lì: le due società sottoscrissero un accordo di collaborazione esclusiva. I Lloyd’s disponevano dei più grandi porti del mondo, di una rete di oltre mille agenti incaricati a raccogliere informazioni sull’arrivo e la circolazione delle navi e di trasmetterle a Londra via cavo telegrafico. Alla fine del 1902, 70 navi mercantili furono dotate di radio, in grado di comunicare con 25 stazioni costiere. La trasmissione tra navi rappresentò, quindi, il primo uso sociale della radiotelegrafia. Il monopolio naturale delle radiotelecomunicazioni Quando Marconi decise di abbandonare il mercato limitato, ma protetto, dell’impiego militare, dovette escogitare un’altra modalità di immissione sul mercato. Ai militari poteva vendere i materiali, mentre gli armatori civili volevano semplicemente utilizzare un servizio. Marconi propose alle navi mercantili di noleggiare i suoi equipaggiamenti con un addetto per farli funzionare e assicurò anche la gestione delle stazioni via terra. Gli operatori di Marconi trasmettevano marconigrammi applicando due tariffe: una per i passeggeri e una ridotta per armatori ed equipaggio. Questa nuova strategia di Marconi si rivelò fondamentale anche per la nuova legislazione inglese sul telefono. La legge stabiliva che le navi non avevano diritto di comunicare con la costa, ma gli operatori potevano comunicare tra loro. Il monopolio telegrafico offrì quindi a Marconi, involontariamente, la base legale del suo futuro monopolio commerciale sulla TSF. Indipendentemente dallo sviluppo commerciale della sua società, Marconi si preoccupò di dare seguito alle sue ricerche tecnologiche. Era ossessionato dal progetto di raggiungere lunghissime distanze. Nel 1901, riuscì a trasmettere attraverso l’Atlantico un brevissimo messaggio telegrafico: la lettera "S". Anche in questo caso, aspirava a realizzare il suo progetto senza l’ausilio di precise conoscenze scientifiche. Ci vollero 6 anni affinché Marconi perfezionasse il suo dispositivo e riuscisse a trasmettere telegrammi attraverso l’Atlantico. Nel 1907, risultò evidente la definizione degli obiettivi tecnici e sociali di Marconi, grazie all’istituzione di un servizio regolare di telegrafia tra Irlanda e Canada, servizio che poi si sarebbe espanso in tutta Europa, negli Stati Uniti e in Australia. Passando dalla comunicazione marittima a quella terrestre, la TSF passò da un ambito in cui era l’unico mezzo di comunicazione possibile a un settore in cui rappresentava un’alternativa rispetto alla tecnica precedente: il cavo sottomarino. Entrò in concorrenza con una grande società inglese che operava su cavi sottomarini. Marconi propose di costruire la rete dell’Impero Britannico. Nel 1899, installò una filiale negli Stati Uniti e, nonostante numerose difficoltà, acquisì una posizione di monopolio. Con il naufragio del Titanic, la TSF divenne il mezzo di comunicazione in grado di gestire i soccorsi. Qualche mese dopo, una conferenza internazionale impose agli armatori di dotare le loro navi di apparecchiature per la TSF. Marconi ne uscì avvantaggiato e, alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, di fatto deteneva il monopolio della radiocomunicazione. Durante la guerra, la TSF riguardò sostanzialmente l’ambito militare. Nel 1919, il Segretario di Stato americano propose di affidare alla sua amministrazione il controllo della radio, in quanto, essendo un monopolio naturale, riteneva che fosse meglio che fosse affidato allo Stato. Il progetto non venne approvato dal Congresso, ma spiegò perfettamente cosa fosse diventata la TSF 25 anni dopo la sua invenzione: un nuovo sistema universale di telecomunicazioni. Dalla radiotelegrafia alla radiotelefonia Durante tutto il periodo in cui si cercava di individuare l'uso sociale della TSF, anche la ricerca tecnica faceva passi avanti. Negli Stati Uniti, Fessenden iniziò a lavorare sulla trasmissione della voce. Per realizzare il progetto, fu necessario sostituire le onde attutite, utilizzate per la radiotelegrafia, con onde più potenti e sostenute. Nel 1906, Fessenden riuscì a mettere a punto la sua stazione emittente e a realizzare i primi esperimenti di successo. Nel frattempo, De Forest, un ricercatore americano, si pose due obiettivi principali: - Sostituire il coesore di Branly con un dispositivo ricevente più efficiente. - Trasmettere il suono, cioè passare dalla radiotelegrafia alla radiotelefonia. Tra il 1902 e il 1903, i suoi apparecchi telegrafici cominciarono a riscuotere un buon successo, competendo con quelli di Marconi. Durante le sue ricerche, De Forest scoprì il brevetto del diodo, un tubo a vuoto con due elettrodi che permetteva di rilevare le onde elettromagnetiche. Sperimentando per migliorare la sensibilità del diodo, nel 1906 De Forest fece una scoperta fondamentale: aggiungendo un terzo elettrodo, il tubo poteva agire sia da rilevatore che da amplificatore (triodo). Lo chiamò "audion", un passo decisivo per lo sviluppo dell’elettronica. Questa invenzione fu cruciale per la diffusione della radio e delle telecomunicazioni, rappresentando l’inizio di un nuovo campo: l’elettronica. Tuttavia, a causa di difficoltà finanziarie, De Forest fu costretto a vendere i brevetti all'ATT. Gli inventori americani della radiotelefonia arrivarono, quasi spontaneamente, all'idea della radiodiffusione. Gli esperimenti di Fessenden portarono, alla Vigilia di Natale del 1906, alla storica trasmissione di una voce umana captata da un operatore radio su un'imbarcazione. De Forest, che nutriva una visione quasi profetica dell’uso della radio, scrisse qualche mese dopo aver depositato il brevetto che il suo compito era diffondere "dolci melodie" in tutte le città e mari. Cominciò così a dedicarsi anche agli esperimenti di radiodiffusione. Nel 1908, partì con la moglie, pianista, per Parigi, dove organizzò un evento spettacolare usando come antenna la Tour Eiffel. La trasmissione fu ascoltata a 800 km di distanza. L’anno successivo trasmise un appello per il diritto di voto alle donne e, nel 1910, uno spettacolo. Realizzò anche dei "giornali radio" e trasmise in diretta i risultati delle elezioni. Tuttavia, questi esperimenti restarono marginali, in parte perché gli apparecchi riceventi non erano ancora diffusi e, soprattutto, perché mancava un modello di monetizzazione per i programmi radiofonici. L’importanza di De Forest come inventore fu pari a quella di Marconi: entrambi misero a punto le tecniche di base della radio e definirono i suoi usi sociali. Tuttavia, mentre Marconi riuscì a inventare un sistema di commercializzazione, De Forest non ci pensò nemmeno, e così gli sviluppi successivi della radio gli sfuggirono di mano. Un nuovo mezzo di comunicazione di massa Il primo a individuare l’aspetto economico dello sviluppo della radiodiffusione fu Sarnoff, uno dei responsabili tecnici dell’American Marconi. Il suo progetto mirava a rendere la radio un bene di consumo domestico, come il pianoforte o il fonografo. L’idea era di portare la musica nelle case attraverso la TSF. Inizialmente, la proposta venne considerata piuttosto bizzarra, ma nel 1920 Sarnoff ripresentò il suo progetto, arricchendolo con alcune nozioni di carattere economico: propose che gli acquirenti degli apparecchi radio pagassero un abbonamento mensile per accedere ai palinsesti. L’investimento nei programmi, secondo lui, sarebbe stato sostenibile grazie agli incassi derivanti dalla vendita degli apparecchi riceventi e dalla stampa. Così, dopo meno di un anno, nacque ufficialmente la radiodiffusione. Spargere ai quattro venti In soli dieci anni, la TSF si trasformò in un sistema broadcast. Questa evoluzione, che passò da un uso tecnico a uno sociale, fu funzionale a due principali correnti di sviluppo: 1) Il carattere industriale della TSF Dopo la Prima Guerra Mondiale, la TSF assunse un carattere industriale. Durante il conflitto, infatti, la TSF si rivelò uno strumento di telecomunicazione particolarmente adatto alla situazione bellica. In Francia, un colonnello, venuto a conoscenza dei principi della valvola di De Forest, si interessò alle possibilità offerte da questa nuova tecnologia. Si occupò attivamente dello sviluppo su scala industriale del triodo, che chiamò "valvola T.M." (tipo militare). Nel 1917, si cominciò a usare il triodo anche nelle radiotrasmittenti e, alla fine della guerra, la produzione di valvole divenne industriale. Durante il conflitto si risolsero molte controversie riguardanti la proprietà industriale, ma approfittando dell’ingresso in guerra degli Stati Uniti, l’amministrazione americana cancellò l’intero contenzioso sui brevetti. L'ATT, la General Electric e l’American Marconi decisero di collaborare per soddisfare una prima fornitura militare di 80.000 valvole. Al termine della guerra, la marina mercantile tentò di far approvare una legge che attribuiva il monopolio delle radiocomunicazioni, ma la legge non passò. Gli ambienti militari e politici americani temevano che, attraverso Marconi, gli inglesi avrebbero acquisito il controllo delle radiocomunicazioni marittime. Si decise quindi di neutralizzare la filiale di Marconi negli Stati Uniti. Sotto forte pressione, Marconi vendette i suoi interessi a una nuova società, di cui ATT e General Electric divennero azionisti. Grazie a questo nuovo assetto, cessarono le controversie sui brevetti. 2) L'emergere della radio come spazio di comunicazione sociale Oltre agli sviluppi industriali e tecnici legati alla guerra, fu la nascita di un movimento sociale che realmente determinò l’avvento di un nuovo uso della radio negli anni Venti. La TSF attirò l'attenzione dell'opinione pubblica negli Stati Uniti, venendo descritta come il mezzo ideale per una comunicazione istantanea. Per i primi decenni, vi fu un notevole scarto tra l’uso commerciale della radio e gli usi sperimentati dai radioamatori, che cominciarono a fare la loro comparsa già nel 1906. Il loro numero crebbe rapidamente, alimentato da stampa ed editoria: giornali, manuali tecnici, libri per adolescenti e persino corsi universitari. Nonostante la loro operatività fosse modesta e i professionisti si lamentassero del fatto che i dilettanti intasavano la rete, questi radioamatori ampliarono comunque il loro ambito di diffusione. La loro passione e le loro conoscenze, anche se ancora acerbe, contribuirono a far crescere l'interesse verso la radio come mezzo di comunicazione di massa. Per trasformare la radio in un vero e proprio mezzo di comunicazione di massa, fu necessario avviare una produzione industriale e una commercializzazione su larga scala degli apparecchi riceventi. La Westinghouse, intorno al 1920, intraprese questo cammino: trasferì l'emittente radiofonica creata da uno dei suoi ingegneri, Conrad, da un garage agli uffici, e durante le elezioni presidenziali iniziò a trasmettere quotidianamente. Contemporaneamente, la Westinghouse iniziò a produrre e immettere sul mercato un apparecchio ricevente civile. Il progetto decollò velocemente, e già l’anno successivo aggiunse altre due stazioni. Nel 1922, le stazioni radio negli Stati Uniti erano cinque, ma da dicembre di quello stesso anno si verificò un boom radiofonico: in soli otto mesi nacquero 450 nuove stazioni. Questo incremento fu possibile solo grazie all'esistenza di un "vivaio" di radioamatori in grado di gestire e gestire queste nuove stazioni. L’uso sociale della radio cambiò radicalmente: da mezzo esclusivo per un uso tecnico e bellico, la radio divenne uno strumento di comunicazione di massa, accessibile e di largo impiego. Per uso commerciale Questo nuovo uso della TSF, per stabilizzarsi, aveva bisogno di una base economica solida. Il finanziamento dei programmi divenne così un investimento commerciale, ma questa soluzione funzionò solo nel periodo iniziale della radiodiffusione. Successivamente, si prospettarono due grandi categorie di finanziamento: - Prelievo fiscale - Pubblicità Le società telefoniche, in particolare l'ATT, avevano una visione completamente diversa dell’aspetto economico della radio. Non erano interessate a fornire contenuti, ma volevano far pagare chiunque desiderasse trasmettere un messaggio al pubblico o proporre un intrattenimento. Da questa idea di far pagare l’autore del messaggio a quella del finanziamento tramite pubblicità, il passo fu breve, e l'ATT si adattò rapidamente. All'inizio, tuttavia, l’opposizione alla pubblicità fu molto forte. Il ministro del Commercio Hoover, particolarmente contrario al sistema pubblicitario, cambiò idea l’anno successivo, sostenendo che dovessero essere gli stessi industriali a risolvere la questione del finanziamento pubblicitario. Dietro questi modelli di finanziamento contrastanti c'erano due visioni culturali a confronto: - Telephone group: vedeva la radio come una successione di messaggi finanziati da chi li forniva. Non si ponevano il problema della coerenza di tali messaggi e immaginavano di collegare le stazioni tra loro per formare un network. - Radio group: ragionava in termini di dimensione del pubblico, poiché per loro il motore del sistema era la vendita degli apparecchi radio. I programmi dovevano quindi essere attraenti per invogliare i consumatori ad acquistare l’apparecchio. Il conflitto tra il telephone group, diretto dall'ATT, e il radio group raggiunse un compromesso nel 1926: il radio group creò una società specializzata nella gestione e programmazione delle stazioni radio, proponendo programmi a livello nazionale con un palinsesto strutturato, finanziato dalla pubblicità. L'ATT si occupò invece di garantire i collegamenti tra le varie stazioni. I principi base del modello americano di radiodiffusione furono così stabiliti e non cambiarono più in seguito. La storia della radio, rispetto ad altre invenzioni digitali, è più complessa, poiché coinvolge un numero maggiore di inventori e imprenditori. Per analizzarla appieno, è necessario adottare un modello circolare, che consideri il modo in cui una teoria, un sistema tecnologico o un uso si diffondono da un continente all’altro. Il modello prende in considerazione tanto il "pilota" quanto le "correnti". I principali attori dell’innovazione si appropriarono di elementi provenienti da altri, integrando l'innovazione nei loro progetti tecnologici o sociali, fino a quando si arrivò a un sistema stabile che subì solo poche modifiche. CAPITOLO 8: IL TRIONFO DELL’ELETTRONICA: LA TELEVISIONE E L’INFORMATICA Nelle riflessioni contemporanee sulla comunicazione, un tema ricorrente è l’unificazione di tre ambiti: - Telecomunicazioni - Audiovisivo - Informatica Alcuni autori definiscono questa convergenza come l’emergere della "società digitale". Per comprendere appieno questo fenomeno, è utile tracciare una breve storia dei componenti elettronici che stanno alla base di questi tre settori delle tecnologie comunicative, e analizzare come il dibattito tra le tecnologie elettromeccaniche ed elettriche si sia evoluto nel contesto della televisione e dell’informatica. Le tecniche di base L'idea di commutazione elettronica cominciò a emergere nel 1934, ma per concretizzarsi fu necessario attendere il 1947, anno in cui fu inventato il transistor. La storia dell’audiovisivo, dell'informatica e delle telecomunicazioni è strettamente legata all'introduzione di nuove famiglie di componenti elettronici. 1) Il triodo Il triodo fu fondamentale per lo sviluppo della radiotelefonia e della radiodiffusione. La messa a punto dei tubi elettronici, però, richiese molto tempo, poiché gli ingegneri dovettero allontanarsi dal campo dell’elettricità per avventurarsi in quello dell’elettronica. Il tubo a vuoto giocò anche un ruolo cruciale nella costruzione dei primi elaboratori elettronici durante la Seconda Guerra Mondiale. 2) Il transistor Il transistor consentì di ottenere effetti di amplificazione, e rappresentò la base per la seconda generazione di elaboratori elettronici. La sua invenzione segnò una svolta fondamentale, riducendo drasticamente le dimensioni dei dispositivi e migliorando le loro performance. 3) Il circuito integrato Un ulteriore passo nell’evoluzione dei componenti elettronici fu il circuito integrato. Nel 1965 si riuscì a integrare su una superficie di soli 16 mm² alcune decine di transistor, secondo la legge enunciata da Gordon Moore. Questa integrazione permise di ridurre l'ingombro, aumentare la rapidità e ridurre il consumo energetico. Con il tempo, inoltre, il materiale usato cambiò dal germanio all’arseniuro di gallio, migliorando ulteriormente le prestazioni. 4) Il microprocessore La tappa finale dell'evoluzione dei componenti elettronici fu l’introduzione del microprocessore, che sta alla base dello sviluppo della microinformatica. Oggi, il microprocessore è utilizzato per il funzionamento di una vasta gamma di apparecchiature elettriche, dalle automobili agli elettrodomestici, dai telefoni cellulari ai computer. L’evoluzione di ciascuna di queste famiglie di componenti è stata straordinariamente rapida. I laboratori delle industrie tecnologiche, in ambito audiovisivo, informatico e delle telecomunicazioni, devono costantemente tenere conto di questi sviluppi. Per esempio, la progettazione di un sistema di telecomunicazioni richiede anni di lavoro, il che significa che è necessario concepire i futuri sistemi tenendo conto delle tecnologie più avanzate disponibili al momento. Tuttavia, spesso si deve ricorrere a tecnologie che non esistono ancora. In tali casi, si è spinti a rinunciare alla realizzazione materiale dei primi prototipi, optando invece per una progettazione assistita da computer che consente di simulare il funzionamento di futuri componenti e di fare previsioni sulla loro disponibilità. Tuttavia, bisogna fare attenzione a non anticipare troppo le previsioni sull'evoluzione tecnologica, poiché ciò potrebbe causare ritardi o, in alcuni casi, rendere impossibile l’uscita di nuove attrezzature. Questo esempio illustra perfettamente la complessità delle scelte tecniche che l’innovatore deve affrontare. Il successo o il fallimento di un sistema non dipendono solo dalla scelta del dispositivo tecnico, ma anche dalle capacità di previsione riguardo all’evoluzione di altre tecnologie, che possono essere più o meno vicine al progetto stesso. L’”elettronica integrale” nella televisione e nell’informatica La posta in gioco nelle controversie tra paradigmi tecnologici non è sempre la stessa. Nel caso della commutazione telefonica, infatti, il dibattito rimane confinato principalmente all'ambito degli ingegneri, con un impatto ristretto. La situazione è diversa, però, per la televisione e l'informatica, dove le implicazioni sono molto più ampie e coinvolgono una vasta gamma di attori, tra cui anche i settori industriali e il pubblico. I primi tentativi sperimentali per la realizzazione di questi mezzi di comunicazione furono realizzati utilizzando tecniche elettromeccaniche, che, sebbene innovative, risultavano limitate rispetto alle possibilità offerte dalle successive scoperte. Con il tempo, però, il paradigma elettronico si impose come quello dominante, portando a una rivoluzione nei modi di trasmettere e ricevere informazioni. Questo passaggio segnò una vera e propria trasformazione, in cui la tecnologia elettronica permise una maggiore efficienza, miniaturizzazione e capacità di elaborazione rispetto alle soluzioni elettromeccaniche precedenti. La televisione tra due processi esplorativi Negli anni Venti, i primi prototipi di televisione cominciarono a fare la loro comparsa. Il sistema sviluppato per la trasmissione dell’immagine si basava sull’esplorazione linea per linea, utilizzando un disco mobile attraversato da fori a spirale. La luce passava attraverso questi fori e colpiva una cellula fotoelettrica, producendo una corrente elettrica variabile. La trasmissione avveniva via radio, mentre nella stazione ricevente l’immagine veniva ricomposta tramite un meccanismo inverso rispetto a quello usato per l’emissione. Questo procedimento venne definito sistema meccanico. Contemporaneamente, un fisico inglese propose di sviluppare un sistema di televisione che analizzava l’immagine utilizzando un fascio di elettroni. Così, negli anni Dieci, comparvero sulla scena due paradigmi differenti della televisione. Televisione meccanica La televisione meccanica fu la prima a diventare operativa. Jenkins negli Stati Uniti e Baird in Inghilterra furono i pionieri di questo sistema, facendo le prime dimostrazioni pubbliche delle loro invenzioni. L’originalità di Baird risiedeva anche nel suo approccio imprenditoriale: fondò la prima società televisiva al mondo con un capitale iniziale di sole 500 sterline. Pochi mesi dopo, effettuò la sua prima dimostrazione pubblica e trovò dei finanziatori. A questo punto, scrisse al Post Office britannico per ottenere una frequenza per le trasmissioni sperimentali, ma un conflitto con la BBC gli impedì di andare avanti. Nonostante ciò, lanciò una campagna pubblicitaria che promuoveva la televisione come un medium accessibile a tutti. Nel 1930 si arrivò alla sincronizzazione di suono e immagine, ma l’entusiasmo per il progresso non fu condiviso da tutti: nel gennaio del 1931, Baird aveva venduto solo 1000 televisori. Questo non gli impedì però di realizzare i primi programmi televisivi, in collaborazione con la BBC. Televisione elettronica Parallelamente allo sviluppo della televisione meccanica, prese piede l’opzione elettronica. Dopo la Grande Guerra, Zworykin si trasferì negli Stati Uniti e divenne un fermo sostenitore della televisione elettronica. Nei laboratori della Westinghouse, iniziò a concretizzare questa visione, e alla fine del 1923 effettuò la prima dimostrazione di laboratorio che confermò la fattibilità di un sistema elettronico completo, che comprendeva sia una telecamera sia un apparecchio ricevente. Nonostante questo primo successo, Zworykin non riuscì inizialmente a convincere i dirigenti della Westinghouse, che preferirono che si concentrasse sul cinema parlato. Nel 1927, un giovane inventore realizzò un primo modello di televisione elettronica riuscendo a trasmettere alcuni disegni, ma alla fine degli anni Venti, i sostenitori della soluzione elettronica erano ancora marginalizzati. Nonostante i primi successi della televisione meccanica, Zworykin non si arrese e continuò il suo lavoro. Riesce a convincere il direttore generale della RCA, Sarnoff, a creare un laboratorio di ricerca elettronica sulla televisione. Scommettendo sulla televisione elettronica, Sarnoff scommise anche sull’indipendenza tecnica della sua azienda. Le ricerche di Zworykin divennero improvvisamente credibili: perfezionò il tubo catodico ricevente e, due anni dopo, il tubo analizzatore della telecamera. Nel frattempo, la società EMI avviò un programma di ricerca sulla televisione. Dopo aver realizzato alcuni tentativi di televisione meccanica, decise di orientarsi verso la soluzione elettronica, nonostante la scarsa qualità dell’immagine ottenuta con i primi tubi elettronici. I ricercatori della EMI ritenevano, però, che le potenzialità del tubo elettronico giustificassero il grande impegno necessario per superare le difficoltà tecniche. Baird, invece, rimase convinto della superiorità del sistema meccanico. Nel 1933, la EMI realizzò una dimostrazione del suo dispositivo elettronico, e la qualità dell’immagine era decisamente superiore rispetto al sistema di Baird: triplo delle linee per immagine e doppio delle immagini al secondo. Baird accusò l’EMI di dipendere da potenze straniere. Nel 1934, il governo britannico nominò una commissione di inchiesta per definire la posizione dello Stato sulla televisione, intensificando così la concorrenza tra Baird e EMI. La commissione sembrò orientarsi verso il sistema elettronico, poiché tutti sembravano d’accordo sul fatto che la televisione a bassa definizione di Baird fosse ormai superata. Nel 1935, la commissione propose una risoluzione minima di 240 linee e 25 immagini al secondo. Baird annunciò che avrebbe raggiunto questi livelli con un sistema misto, mentre l’EMI puntò su uno standard a risoluzione ancora più alta grazie alla tecnologia elettronica. Nel 1936, la BBC inaugurò un servizio televisivo permanente, ma per cercare di ridurre la controversia tra i due industriali, decise di alternare le trasmissioni: una settimana con il materiale di Baird e una settimana con quello dell’EMI. Ben presto, la superiorità del sistema EMI divenne evidente, e la BBC scelse definitivamente questa soluzione. Alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, la televisione britannica era già decollata, mentre negli Stati Uniti la programmazione regolare iniziò solo nel 1939. Nel bilancio del conflitto tra televisione meccanica ed elettronica, emersero alcuni punti chiave: - Baird fu criticato per la sua testardaggine, ma il suo straordinario dinamismo andava celebrato. Aveva intuito che una delle caratteristiche fondamentali della televisione sarebbe stata la capacità di trasmettere in diretta eventi significativi. - L’EMI, al contrario, entrò nel campo della televisione quando le caratteristiche tecniche del mezzo erano già sostanzialmente definite. Fece leva su una soluzione tecnica già consolidata, piuttosto che esplorare nuove possibilità. Nel ventesimo secolo, la strategia di appropriazione delle opportunità tecniche e d’uso, che era il cuore dell’innovazione, fu più facilmente alla portata di grandi aziende, piuttosto che di singoli inventori. La lenta maturazione del paradigma informatico Al momento della nascita dell’informatica, si assistette a esitazioni analoghe per quanto riguardava la definizione del nuovo paradigma e l’apparizione di dispositivi tecnici di transizione. Le macchine che diedero origine al computer derivavano direttamente dagli apparecchi meccanici di Pascal e Leibniz. Tra il 1930 e il 1950, due paradigmi di calcolatori digitali si contrapponevano: i calcolatori elettromeccanici e i calcolatori elettronici. Calcolatori elettromeccanici Il primo calcolatore elettromeccanico fu messo a punto da un telefonista. Si trattava del complex calculator, una semplice calcolatrice che addizionava due numeri decimali di 8 cifre in un decimo di secondo e che effettuava moltiplicazioni con numeri elevati in un minuto. Nello stesso periodo, in collaborazione con IBM, uno studente dell’università di Harvard realizzò un altro calcolatore elettromeccanico: l’ASCC (Automatic Sequence Controlled Calculator). Si trattava di una macchina più evoluta, controllata da un programma. La memorizzazione dei dati e delle istruzioni veniva effettuata tramite schede o nastri perforati. Nel 1948, IBM varò il SSEC (Selective Sequence Electronic Calculator), una macchina mista, in parte elettronica e in parte elettromeccanica. Calcolatori elettronici Durante la Seconda Guerra Mondiale, si affermò il paradigma del calcolatore elettronico. Tuttavia, gli industriali e gli accademici si mostravano inizialmente restii a utilizzare tecniche elettroniche per la fabbricazione dei calcolatori. Nonostante questa resistenza, alcuni ricercatori dell'Università dell’Iowa, nel 1942, misero a punto l’ABC (Atanasoff-Berry Computer), una macchina che utilizzava i triodi, ma che non era programmabile né automatica. Tra il 1943 e il 1945, un’altra università realizzò l'ENIAC (Electronic Numerical Integrator and Computer), grazie a cospicui finanziamenti militari. Questo calcolatore permetteva di effettuare varie operazioni simultaneamente, un vantaggio essenziale dell’elettronica rispetto all’elettromeccanica. Nel 1945, coesistevano quindi due paradigmi di calcolatori digitali. Sebbene l’architettura dei due sistemi fosse assai simile, la superiorità dell’elettronica derivava sostanzialmente dalla sua maggiore rapidità di calcolo. Tuttavia, questi dispositivi non erano ancora veri e propri computer, in quanto ignoravano il trattamento dell’informazione. Il processo di evoluzione dalla calcolatrice al computer si compì alla fine degli anni Quaranta, quando si incontrarono due correnti di ricerca fondamentali: quella del calcolatore elettronico e quella della ricerca matematica e logica. Il computer si distinse dalle grosse macchine calcolatrici in quanto non si trattava più soltanto di fare calcoli, ma di trattare l’informazione per mezzo di algoritmi universali registrati in precedenza. Inoltre, il computer era dotato di un’unità di comando interna, un elemento che lo separava nettamente dai precedenti dispositivi elettromeccanici. Telecomunicazioni, informatica, audiovisivi in via d’unificazione L’elettronica rappresentò la tecnica di base per la televisione, l’informatica e le telecomunicazioni contemporanee. Esistevano rapporti privilegiati tra i prodotti a monte (i componenti elettronici) e i prodotti a valle (televisori, computer, commutatori). L’insieme di questi elementi costituiva una vera e propria filiera tecnica. Tuttavia, questi rapporti divennero più complessi nel tempo. Per costruire un computer, ad esempio, erano necessari i componenti elettronici, ma la messa a punto dei componenti richiedeva l’utilizzo di progettazione assistita da computer. Così, l'interdipendenza tra le tecnologie, che si sviluppò nel corso degli anni, portò alla creazione di un sistema tecnico altamente integrato, in cui ogni fase del processo dipendeva strettamente dalla precedente. Telecomunicazioni e informatica Nel settore della comunicazione, le concatenazioni tra tecniche diverse erano già presenti da tempo, ma furono i collegamenti tra telecomunicazioni e informatica a diventare evidenti con la nascita dell'informatica stessa. Il passaggio dall’elettromeccanica all’elettronica si concretizzò infatti grazie a una collaborazione tra telecomunicazioni e informatica. La tele-elaborazione informatica cominciò ad essere utilizzata sin dagli esordi dell’informatica elettronica. Tuttavia, l’utilizzo dei computer a tempo parziale e condiviso divenne più diffuso solo negli anni Sessanta, mentre le reti informatiche iniziarono a svilupparsi nel decennio successivo. In seguito, l’adozione di uno standard di trasmissione universale permise di generalizzare la tele- informatica sotto la forma di telematica, aprendo così la strada alla diffusione di applicazioni integrate nel mondo della comunicazione moderna. Il satellite I collegamenti tra telecomunicazioni e mezzi audiovisivi risalgono agli esordi della radiodiffusione. Negli anni Venti, l’ATT rese operativa l’interconnessione delle sue stazioni radio. Da quel momento, ogni innovazione nel campo della trasmissione venne utilizzata sia per la telefonia che per la radiotelevisione. Un esempio significativo è l’installazione, da parte dell’ATT, del primo cavo coassiale per il fabbisogno della trasmissione del segnale telefonico. L’anno successivo, lo stesso cavo venne impiegato per sperimentare la trasmissione del segnale televisivo. Lo stesso accadde per i collegamenti hertziani punto a punto, utilizzati per entrambi i settori. Il satellite rappresentò un altro importante esempio di concatenazione tra telecomunicazioni e audiovisivi. Dopo alcuni esperimenti limitati nel 1962, la NASA lanciò il primo satellite a defilamento. Una delle prime applicazioni sperimentali fu la trasmissione di un'immagine televisiva ricevuta in Francia. Nel 1964, venne messo in orbita il primo satellite geostazionario, che a differenza del satellite a defilamento, rimaneva sempre operativo. Questo evento fu visto da molti come l’inizio di una comunicazione globale. Nei decenni successivi, tutti i satelliti per telecomunicazioni degli anni Sessanta e Settanta servirono simultaneamente o separatamente per la telefonia e la televisione. Nel corso degli anni Ottanta, si pensò di specializzare i satelliti, ad esempio per la trasmissione di dati tra imprese. Tuttavia, questi nuovi utilizzi non si rivelarono così rilevanti come previsto. Così, il satellite trovò il suo mercato principale nel settore della trasmissione di canali radio e televisivi. L’”elettronica integrale” Gli informatici si interessarono molto presto all’immagine. Nel 1950, per la prima volta si accoppiarono un computer e un tubo catodico: l’immagine elaborata dal computer rispondeva perfettamente ai bisogni della difesa aerea americana. Questi sistemi consentivano una visualizzazione grafica interattiva, in cui l’utente poteva manipolare tutta o parte dell’immagine. Al tempo stesso, la televisione fece alcuni passi per avvicinarsi all’informatica. A partire dal 1978, si cominciò a digitalizzare le immagini per la realizzazione di effetti speciali. Tuttavia, il passaggio dall’immagine analogica a quella digitale non rimase confinato agli effetti speciali. La tecnica digitale cominciò a diffondersi nella produzione televisiva. Ricerche dimostrarono che la diffusione di radio e televisione in formato digitale avrebbe migliorato le condizioni di ricezione e avrebbe permesso di aumentare il numero di canali disponibili per via hertziana. Per quanto riguarda il suono, la prima tappa fu superata con la diffusione dei CD. Nell’ambito della televisione, però, si aprì una controversia tra chi riteneva necessario passare al digitale immediatamente e chi, invece, pensava che fosse una scadenza lontana e che fosse meglio migliorare la tecnica analogica. La maggior parte degli specialisti riteneva che il ruolo del digitale negli audiovisivi sarebbe aumentato con il tempo. La trasformazione digitale della rete telefonica permise, infatti, di trasportare, contemporaneamente alla voce, dati e immagini. Si trattava di un intero sistema tecnico che divenne sempre più coerente grazie all'elettronica digitale, che ne assicurava l'unità. Queste tecniche digitali della comunicazione costituirono una vera e propria rivoluzione tecnologica. Ciò che caratterizza una rivoluzione tecnologica non è solo il nuovo paradigma tecnico-scientifico, ma anche la sua capacità di diffondersi in una parte rilevante dell’attività economica. Alcuni ritenevano che la crescente convergenza tecnica tra telecomunicazioni, informatica e audiovisivi avrebbe portato a un processo di fusione delle loro applicazioni. Tuttavia, questa posizione sembrava sottovalutare la specificità culturale di ciascuna di esse. Ad esempio, telecomunicazioni e informatica avevano posizioni molto diverse rispetto al problema della standardizzazione: - Telecomunicazioni: si erano sempre definite come un servizio universale, il cui primo interesse era permettere a chiunque fosse collegato alla rete di comunicare con qualcun altro. - Informatica: si sviluppava in un contesto molto più competitivo, con l’idea di fornire un servizio specifico. CAPITOLO 9: LA COMUNICAZIONE PERSONALE Lo sviluppo della comunicazione è sempre stato influenzato dalla tecnologia e dalla società. All'inizio del Diciannovesimo secolo, la comunicazione era principalmente di Stato, usata per diffondere informazioni ufficiali. Poi, con l'avvento della stampa e dei media, divenne sempre più di mercato, orientata anche alla pubblicità. Nel Novecento, la comunicazione entrò anche nella sfera familiare, con l'arrivo della radio e della televisione, permettendo una privatizzazione e una maggiore interazione personale. Nella seconda metà del Ventesimo secolo, la comunicazione coinvolse sia la sfera economica (pubblicità, marketing) che quella privata, con l’espansione di tecnologie come la telefonia mobile e i social media. La comunicazione divenne così un aspetto centrale nella vita quotidiana e nelle dinamiche economiche e sociali. Dallo spazio allo spazio pubblico L’individuazione dello spazio pubblico Sennet analizzò l'evoluzione della vita pubblica e privata negli ultimi due secoli. Osservò che i club inglesi e i caffè parigini, che in passato erano spazi di socializzazione, nel 1800 divennero luoghi dove la gente stava fianco a fianco, ma in silenzio. Lo stesso fenomeno si verificò anche a teatro, dove inizialmente non esisteva separazione tra attori e pubblico. Nel 1850, si separò nettamente lo spazio per lo spettacolo da quello per il pubblico. Tuttavia, l'interazione tra pubblico e rappresentazione continuò: gli spettatori ridevano, piangevano e parlavano tra loro. Solo vent’anni dopo, con il cambiamento delle convenzioni sociali, il silenzio divenne obbligatorio e gli applausi vennero rimandati alla fine dello spettacolo. Henriet distinse tre tipi di pubblico: - Pubblico popolare: si identificava emotivamente nella storia, partecipando attivamente con mormorii e movimenti. - Pubblico di ceto medio: più silenzioso, ascoltava con attenzione senza fare rumore. - Pubblico aristocratico: si comportava come nei salotti, in modo più distaccato. Il palco del teatro divenne un nuovo modo di collegare spazio privato e pubblico, segnando una privatizzazione dello spettacolo. Il pubblico nei palchi si metteva in mostra, guardava ed era visto. Tuttavia, come dimostrò Sennet, il vero cambiamento non avvenne nel pubblico, ma nella privatizzazione della vita stessa che si mise in scena. Nel tentativo opposto, il teatrofono cercò di portare lo spettacolo a casa, ma fallì. A differenza del fonografo, che qualche anno dopo ebbe successo, il telefono non riuscì ad attrarre un pubblico massivo per l’ascolto di opere teatrali o concerti, poiché era un’esperienza individuale, mentre la socializzazione era parte integrante dell’esperienza teatrale. A cavallo tra il XIX e il XX secolo, il teatro subì trasformazioni. La critica si concentrò sul teatro all'italiana: la disposizione circolare dei posti venne abbandonata in favore di una disposizione a gradinata che favoriva la visione. Inoltre, emerse un nuovo modo di consumare lo spettacolo, caratterizzato da una fruizione anonima e silenziosa, in cui lo spettatore era solo tra il pubblico. Anche il ruolo sociale dell’attore cambiò: nel Settecento, l’artista era visto come un servitore, mentre nel Secolo successivo divenne una figura di culto, un "divo" che non recitava per divertirsi, ma per entrare in contatto con l’arte. Il cinema: l’ultimo spettacolo collettivo A differenza del teatro, il cinema rimase per lungo tempo uno spettacolo essenzialmente popolare. Le proiezioni cinematografiche erano spesso accompagnate da commenti, risate, grida di paura e fischi, con il pubblico che partecipava attivamente. La maggior parte degli spettatori non frequentava teatri e la loro esperienza di spettacolo derivava piuttosto dai caffè-concerto. Il cinema iniziò come una forma di intrattenimento popolare e, negli anni Venti, si trasformò in un passatempo di massa. La sua frequentazione crebbe ulteriormente negli anni 1929 e 1930, grazie all'introduzione del parlato. Tuttavia, un'indagine rivelò che il 56% degli spettatori preferiva il cinema muto, ma le compagnie hollywoodiane imposero il parlato, realizzando solo film sonori. A partire dal 1931, la frequentazione dei cinema cominciò a diminuire. La crisi economica causò la chiusura di un terzo delle sale cinematografiche. In quegli anni, il pubblico del cinema si trasformò notevolmente. Durante l’era del cinema muto, gli spettatori esprimevano le loro emozioni ad alta voce, creando una connessione condivisa con l’azione sullo schermo. Con l’arrivo del parlato, questo comportamento venne represso, e l'obbligo di ascoltare in silenzio contribuì a un allontanamento da parte del pubblico popolare. Le prime ricerche sociologiche post-belliche mostrarono che il cinema non era più un intrattenimento di massa, ma un'attività rivolta in particolare al ceto medio. Questo cambiamento si rifletteva anche nella politica dei prezzi, che aumentò del 37%, limitando l'accesso alle sale per le classi popolari e riducendo le uscite familiari. L’introduzione di un ascolto silenzioso e l’aumento dei prezzi contribuirono a un modello di fruizione del cinema meno collettivo e più sporadico. Contrariamente a quanto si pensava, non fu l’arrivo della televisione a causare il declino dell’audience cinematografica; una parte del pubblico aveva già smesso di frequentare le sale. Vivere insieme separatamente L’ascolto familiare della televisione fa parte di una tradizione che aveva avuto inizio con il pianoforte e il fonografo, e che si sviluppò tra le due guerre con l’arrivo della radio. In un periodo in cui la casa e l’ambiente familiare venivano spesso trascurati a causa delle molteplici attività esterne, la radiodiffusione riuscì a reintegrare il tetto familiare nel suo ruolo abituale. Molte illustrazioni dell'epoca mostrano famiglie riunite attorno alla radio. Negli anni Cinquanta e Sessanta, in Stati Uniti e Gran Bretagna, si assistette a un vero e proprio boom del transistor. Non si trattava solo di un rinnovo dell’impianto radio, ma di una forte crescita degli equipaggiamenti multipli a partire dal 1959. Con il transistor, la radio divenne portatile e personale. Mentre negli anni Quaranta la famiglia si riuniva attorno all'unico apparecchio radio, negli anni Sessanta ognuno tendeva a isolarsi, proseguendo le proprie attività o ritirandosi in camera. L’introduzione del transistor, quindi, non solo portò maggiore libertà, ma anche la frantumazione e la dispersione del gruppo familiare. La musica dei teenager Negli anni Cinquanta, si assistette a un rilancio del disco a 45 giri e a un boom del giradischi. Questa esplosione dell'industria del disco coincise con la nascita di una nuova musica: il rock'n'roll. A differenza della musica da varietà degli anni precedenti, che era consumata in un contesto comune, il rock fu concepito per il ballo. La musica da ballo, essendo fortemente socializzata, si legava a trasformazioni sociali significative, come il valzer, che durante la Rivoluzione Francese vide l'affermarsi della coppia nei luoghi pubblici. Il rock, definito da alcuni come la musica che ha cambiato il mondo, divenne simbolo dell’adolescenza come classe autonoma, spesso in conflitto con il mondo degli adulti. Le indagini sul tempo libero degli adolescenti negli Stati Uniti e in Inghilterra evidenziarono che, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, il rock diventò la principale attività di divertimento dei giovani e alla base dei loro modelli di consumo. La loro passione per il rock influenzava la programmazione televisiva che guardavano, le riviste che leggevano, i locali che frequentavano e gli apparecchi che desideravano comprare. Se inizialmente era comune ascoltare musica nei luoghi pubblici, per esempio tramite il juke-box, successivamente questa pratica si spostò quasi completamente in casa. A proposito del successo del rock tra gli adolescenti, furono avanzate diverse ipotesi: L’aumento del denaro a disposizione degli adolescenti nel dopoguerra, che raddoppiò le spese per il piacere. Il rock permise agli adolescenti di costituirsi in un gruppo sociale autonomo, rifiutando i modelli degli adulti. Una tesi opposta sostenne che gli adolescenti non attribuivano un ruolo rilevante alla musica, mentre gli adulti sopravvalutavano il suo impatto sulla vita dei giovani. Tuttavia, analizzando i numeri, si dimostrò che la musica rock era senza dubbio uno strumento fondamentale per demarcare il mondo degli adolescenti rispetto a quello degli adulti. L’introvabile adolescenza La marca sociale rappresentata dalla musica rock, la sua iniziale difficoltà a imporsi e il suo rifiuto da parte degli adulti hanno spinto molti studiosi a interpretare il fenomeno come una manifestazione del conflitto generazionale. Diverse ricerche mostrano che, rispetto a vent’anni prima, il divario generazionale si incrementò notevolmente negli anni Cinquanta. Tuttavia, la musica è solo un sintomo di questo conflitto, che si esprime anche in ambiti come le opinioni pubbliche, le pratiche religiose e la sessualità. Al contrario, alcuni studi sociologici degli anni Cinquanta indicano una sintonia tra genitori e figli. Per decidere tra queste due visioni, è interessante esaminare il punto di vista degli storici. Gills, studiando la storia dell’adolescenza in Inghilterra nel XIX e XX secolo, evidenziò che fino a metà Ottocento, tranne per i figli della borghesia, tutti cominciavano a lavorare giovani e godevano di grande autonomia. Nel periodo victoriano, soprattutto nei ceti medi, l’adolescenza iniziò a delinearsi come una fase specifica della vita. I giovani furono sottoposti alla doppia autorità di genitori e istituzioni formative. L’invenzione dell’adolescenza fu un effetto della riforma dell’insegnamento secondario. Nel XX secolo, l’adolescenza divenne un concetto democratizzato e si estese anche ai ceti popolari, con la nascita di movimenti giovanili che si occupavano degli adolescenti fuori dal tempo scolastico, accompagnati da un sistema giudiziario particolare. La società iniziò a conferire agli adolescenti uno status specifico, riconoscendoli come individui che non erano più bambini, ma nemmeno adulti. Per Gills, gli anni Cinquanta e Sessanta segnarono la fine dell’adolescenza, con i giovani che riacquisirono un’autonomia perduta. Le frontiere tra scuola e società si aprirono, tramontò l’atteggiamento patriarcale dei genitori e la stretta sorveglianza sulle ragazze. L’educazione separata di maschi e femmine venne abolita, i rapporti sessuali divennero più precoci e l’età matrimoniale si abbassò. Anche l’attivismo politico degli anni Sessanta fu un segnale della fine dell’adolescenza, poiché i giovani avevano ottenuto l’autonomia necessaria per intervenire nel dibattito politico. Fize, studiando la famiglia francese, dimostrò che esisteva una grande ambiguità nei rapporti tra adulti e adolescenti. Molti giovani dichiaravano di stare bene, ma al contempo si sentivano troppo sorvegliati. Queste contraddizioni erano il riflesso di una lunga evoluzione verso una democrazia familiare. La trasformazione nei rapporti adulto-adolescente aveva anche un’altra componente: l’immagine della gioventù iniziò a diventare l’immagine ideale di tutta la società. In questo contesto, il successo del transistor non fu solo dovuto alla nuova musica, ma anche alla profonda mutazione della vita privata. La bolla comunicazionale Il nuovo modello di fruizione individuale della musica, nato con il transistor, trova una nuova modalità d'uso con il walkman, che appare in Giappone nel 1979 e si diffonde rapidamente in Europa e negli Stati Uniti. Questo dispositivo diventa molto popolare, soprattutto tra i giovani: il 67% dei ragazzi tra i 15 e i 19 anni possiede un walkman. Non è solo un apparecchio per ascoltare musica all'esterno; viene utilizzato anche in casa, e diventa una nuova pratica adolescenziale. L'introduzione del walkman incontra però forti opposizioni da parte degli adulti, che tendono a usarlo solo in casa. Questo cambiamento nella fruizione della musica modifica i rapporti tra genitori e figli, in quanto elimina il "suono collettivo", un tempo fondamentale per la vita familiare. Quando utilizzato all'esterno, il walkman si trasforma quasi in una protesi, creando un nuovo tipo di rapporto con la musica: permette di fare un'attività solitaria anche in mezzo alla folla. L’uso del walkman è stato descritto come una "bolla comunicazionale". L'immagine è corretta, ma va sottolineato che questa bolla consente al contempo un ripiegamento su sé stessi e la gestione di interazioni sociali con le persone circostanti. Il comportamento dell'utente del walkman è ambivalente, molto simile a quello degli utenti di messaggistica telematica, che cercano di partecipare a un "carnevale permanente", pur restando al tempo stesso totalmente sinceri nelle loro interazioni. La televisione personale Proprio come il fonografo e la radio, la televisione nasce come mezzo di comunicazione familiare. Tuttavia, a metà degli anni Settanta, gli specialisti dell'audience americana iniziano a interrogarsi se si stia andando verso una televisione sempre più personale. Questa visione si ispira in modo un po' meccanico all’evoluzione della radio, ma si rivela parzialmente errata. Il possesso di più televisori in famiglia cresce lentamente e gli apparecchi secondari vengono utilizzati in orari diversi rispetto a quello principale. In Francia, un’indagine mostra che la presenza di più televisori è maggiore nelle abitazioni con adolescenti, suggerendo che gli adolescenti adattano un modello di consumo individualizzato della televisione. Con l'ampliamento della programmazione televisiva, ognuno può trovare programmi più adatti ai propri interessi. Anche l'uso del registratore (per registrare i programmi) contribuisce a questo cambiamento, permettendo una fruizione più personalizzata. Un altro dispositivo che favorisce l'uso individuale è il telecomando. Una ricerca francese sul fenomeno dello zapping distingue tra lo stacco occasionale, dove il telespettatore cambia canale per aspettare un programma o evitare le pubblicità, e il vero e proprio zapping, che diventa un comportamento intensivo e solitario. Chi pratica lo zapping personalizza talmente tanto la propria visione che ogni "costruzione" della programmazione ha senso solo per lui, senza più il bisogno di condividere la scelta con gli altri. In modo simile a come gli utenti di messaggistica cercano di recuperare rapporti sociali simili a quelli che un tempo si vivevano nei caffè, gli spettatori che fanno zapping sembrano nostalgici di un'epoca in cui esisteva solo una rete televisiva. Con lo zapping, infatti, non d